pcf ansiagorod ha scritto:
> Penso che tu la stia trattando come una vera variabile
> indipendente con i problemi del caso. Probabilmente c'è
> differenza tra una vera variabile indipendente e un simbolo che
> si comporta come una variabile indipendente anche se mi è
> difficile metterlo a fuoco (se non me lo chiedono lo so, se me
> lo chiedono non lo so, eccetera).
Quello che hai scritto è incomprensibile, ma sotto, nell'inconscio,
c'è l'idea giusta :-)
> e così una volta scritta la lagrangiana la riscrivevo per ognuno dei
> tre passaggi sostituendo il simbolo-variabile indipendente con la
> lettera 'u' o altra abbastanza neutra che non ricordasse né il tempo
> né le coordinate generalizzate e mi aiutava a vedere tutto come una
> funzione di più variabili del tutto normale e anonima. E in quel
> momento la mia variabile indipendente era u.
Appunto: senza saperlo hai preso la strada giusta, ma a marcia
indietro :-D
Vedi appresso.
> Mi resta però il mistero di come si sia riusciti a scoprire una cosa
> del genere, e parliamo dell'epoca dell'Illuminismo, non del 1950.
Beh, ma era gente che si chiamava d'Alembert, Eulero, Lagrange...
> Con ogni probabilità non posso :D Nel senso che non conosco
> LaTex e non ricordo se il regolamento richiede LaTex in modo
> 'rigoroso'. Per provo a rispondere, se passa il post vedrai la
> mia risposta; ho scelto appositamente l'esempio più semplice
> per non rendere indispensabile LaTex o almeno spero.
Due parole sulla questione LaTeX (che poi dovresti dire TeX, di cui
LaTeX è un derivato).
Seguendo questo NG dovresti aver appreso
1) Che TeX non è *affatto* obbligatorio, amzi, visto che molti
purtroppo non lo conoscono.
2) Che ci si arrangia, nel senso che prevale una notazione pseudo-TeX
con altri caratteri presi dai più comuni linguaggi di programmazione
(es. l'uso di * per indicare la moltiplicazione).
3) Che si usano alcune astuzie, come ad es. evitare di scrivere per
disteso le lettere greche. Ad es. io spesso uso g per gamma, dopo
averlo dichiarato, magari th per theta, e simili.
4) Che c'è un uso simil-TeX per indici in alto e in basso: a_k, a^k.
5) Che qualcuno ha inventato di usare @ per la derivata parziale.
6) E' anche comune scrivere D al posto di Delta (maiuscola), sempre
dichiarandolo esplicitamente.
Ci sarà altro che non mi viene in mente.
Sugggerimento generale: evitare come la peste espressioni complicate,
spec. con troppe parentesi.
**********************************
E veniamo al sodo.
I libri che trattano la questione come si deve ci sono.
Uno per es. è quello di Arnol'd: "Metodi matmatici della meccanica
classica".
Peccato che non si sforzi molto a farsi capire...
Quando lo studiai, oltre 40 anni fa, faticai alquanto.
In compenso mi divertii parecchio con le numerose frecciatine che
manda a Landau.
A quel tempo avevo anche concepito un progetto che poi non prese
forma: scrivere una versione leggibile della stessa materia.
Adesso qui proverò a darne un velocissimo sunto.
Si parte dallo spazio delle configurazioni M, che può essere il
semplice R^3 o altro: per es. per il pendolo è una circonferenza,
indicata spesso con S^1 (sfera unidimensionale).
Tralascio di specificare altri requisiti tipo "varietà
differenziabile").
Su M si possono definire in infiniti modi delle coordinate, ossia una
n-pla di reali che permette d'identificare i punti di M. Il numero n è
la dimensione di M.
Spesso un dato sistema di coord. non permette di rappresentare in modo
biunivoco e continuo *tutti* i punti di M: succede già col pendolo!
Sorvolo sulla soluzione (carte, atlante). Teniamoci un sistema di
coord. come si può...
In ogni punto di M si possono definire infiniti *vettori tangenti*.
Una definizione rigorosa non è banale e si può dare in più modi.
(completo il discorso tra poco).
E' importante introdurre il concetto di *curva* di M. In questo
contesto le curve sono sempre *parametrizzate*.
Ossia una curva è un'applicazione differenziabile da R (o da un suo
aperto) in M: P(punto di M) = f(t).
A questo punto non sarebbe obbligatorio leggere t come il tempo, ma
non fa male: in tal modo f(t) è la *legge oraria* di un qualche moto e
si può intendere f'(t) come velocità istantanea di quel moto.
Quindi lo spazio tangente a M in P (TM_P) è l'insieme delle possibili
velocità di tutti i possibili moti che passano per P-
Si dimostra che tutti i TM_P (qualunque sia P) sono spazi vettoriali
(reali) di dimensione n
Va da sé che in ogni TM_P potremo definire un sistema di coordinate:
anche queste sono n.
Un modo naturale di definire le coordinate in TM_P è questo: un
vettore di TM_P è la "velocità" di una qualche curva f(t).
Dato in M un sistema di coord, (q_1 ...q_n), la curva (non l'avevo
detto prima) può essere rappresentata con le n funzioni R-->R
u_1 = (dq_1/dt)_{t=0} ... u_n = (dq_n/dt)_{t=0}.
Metto t=0 perché sono libero di assumere che la curva soddisfi f(0)=P,
ossia che il moto passi per P al tempo 0.
Vale la pena di notare che quando scrivo q_1(t) ecc. sto facendo una
*composizione* di funzioni: passo prima da R a M (P = f(t)) poi da M a
R^n: (u_1 ...u_n) = g(P). Il risultato è la funzione composta che
fornisce le coordinate (q_1(t) ... q_n(t)) al tempo t.
Ed ecco la sommità di queste astrazioni: il *fibrato tangente* a M
(detto TM).
E' semplicemente l'unione di tutti i TM_P.
E' una varietà di dimensione 2n, e in conseguenza di quanto detto un
sistema di coord. in TM è (q_1 ... q_n; u_1 ... u_n).
A che cavolo serve tutto ciò?
Semplicemente a definire la lagrangiana come una funzione
L: TM --> R.
ossia, col linguaggio più ottocentesco della gran parte dei testi:
L(q_1 ... q_n; u_1 ... u_n).
La cosa assolutamente cruciale da capire è che L è definita su TM,
quindi non è vincolata a perticolari moti: il suo valore è dato quando
si conosca il punto P di M (le coord. q_1...q_n) e quelle su TM_P
(u_1...u_n).
E' vero che nell'interpretazione isica stiamo parlando di un moto con
data velocità, ma il valore di L dipende solo dal punto (P) e dalla
velocità (u = (u_1...u_n)).
Del moto non occorre sapere altro.
> Come esempio di quel che volevo dire, e appunto, non so se
> passerà, prendiamo il pendolo semplice con:
>
> L = T - U = (1/2)ml^2 (th')^2 + mgl[1-cos(th)]
(Ho cambiato la notazione per snellirla un po'.)
> Ora la mia difficolà era per esempio (d è derivata parziale
> ovviamente) dL/d(tetapunto).
Scriviamo @L/@th'.
> Per sbarazzarmi di tetapunto che in quel pomeriggio mi dava fastidio
> perché appunto non sapevo con chiarezza chi variasse e chi no, ho
> posto tetapunto=u.
Un Lagrange del 21-mo secolo! :-)
(Ma in effetti il modo che ho descritto sopra non ha più di un secolo
di vita.)
Secondo l'approccio che ho descritto, M per l pendoloha dimensione 1,
TN ha dim. 2; le coord. in TM sono (th,u).
(Incidentalmente, TM è un cilindro infinito.)
Riscrivo la tua L:
L = (1/2)m*l^2*u^2 + mgl*[1-cos(th)]
Quindi
@L/@u = m*l^2*u.
Così si capisce che quando si deriva rispetto a u il tempo non c'entra
niente: u è una normale coordinata in TM.
Poi, scrivendo il principio variazionale, si farà un altro passo: si
prenderà una curva di prova f, ossia delle funzioni (q_1(t) ...
q_n(t)), si specificherà che le coord. (u_1...u_n) sono le componenti
del vettore tangente ossia le compon. della velocità lungo quella
curva:
(u_1...u_n) = (q'_1 ... q'_n)
dove ' significa derivata rispetto a t e quindi nell'integrale di
azione comparirà
L(q_1(t) ... q_n(t), q'_1(t) ... q'_n(t)).
Che succede quando si va a variare la curva?
Invece della f avremo una F = f + h (preferisco, per alleggerire le
formule, scrivere h invece di delta f). Nell'integrale d'azione
figurerà
L(Q_1(t) ... ; Q'_1(t) ... )
dove Q_1 ... Q_n sono le coordinate variate. Chiamerò r_1 ...r_n la
variazioni: Q_1 = q_1 + r_1 ecc.
Analogamente la coordinate u_1 ... u_n diventeranno delle U_1 ... U_n
con U_1 = u_1 + v_1 ecc.
Anzi u_1 = q'_1, U_1 = Q'_1, quindi
v_1 = Q'_1 - q'_1 = dr_1/dt = r'_1.
Dato che interessa la variazione prima, questa si approssima con
L + del L dove
del L = (@L/@q_1)*r_1(t) + ... ; (@L/@u_1)*r'_1 + ...).
Dunque l'integrale di del L, che è una funzione di t, si può integrare
per parti, ecc.
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Elio Fabri