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Doppia laurea

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Roby '82 Offear

unread,
Oct 26, 1999, 3:00:00 AM10/26/99
to

Ciao a tutti....io volevo chiedervi una cosa:

Il corso di Ingegneria Informatica e Fisica hanno di sicuro qualche esame in
comune....se quindi io per caso riuscissi a laurearmi in Ing. Informatica e
poi a tempo perso studiassi per la seconda laurea in Fisica dovrei dare
tutti gli esami oppure dovrei dare solo quelli specifici?

Grazie per la risposta;-)

P.S= Qualcuno fa' Ing Inf qui?
Se si' mi potrebbe dire gli esami che la compongono?

Another Thanx!

--

Byez By Roby "Offear" '82

Visit my personal Home-Page: http://surf.to/HPOffear
And Sign My Guestbook!

Coming Soon: http://surf.to/Blindguardian


Luca Polo

unread,
Oct 27, 1999, 3:00:00 AM10/27/99
to

--> "R'O" == Roby '82 Offear <off...@tiscalinet.it> writes:

R'O> se quindi io per caso riuscissi a laurearmi in Ing. Informatica e poi
R'O> a tempo perso studiassi per la seconda laurea in Fisica dovrei dare
R'O> tutti gli esami oppure dovrei dare solo quelli specifici?

La fisica e la matematica studiate ad ingegneria sono in genere molto piu`
"leggere" (ma non banali) dei corrispettivi corsi di fisica, per cui e`
probabile che ti passino al piu` Analisi e magari un corso o due di in-
formatica (che serve anche ai fisici, e quindi "aggiustando" il piano di
studi riesci a farceli stare). Molto dipende anche dalle politiche dell'
ateneo e della facolta`: c'e` chi ha la manica piu` larga, chi ce l'ha piu`
stretta.

Facendo il percorso inverso, invece, e` piu` facile che gli esami di mate-
matica e fisica ti vengano "passati" senza problemi. In compenso, in en-
trambi i casi potresti soffrire di un certo disorientamento da cambio di
mentalita` (il solito contrasto tra approccio teorico/formale e approccio
pratico/utilitaristico).

R'O> Se si' mi potrebbe dire gli esami che la compongono?

Ogni ateneo ha una certa autonomia nella scelta degli insegnamenti per i
propri corsi di laurea, per cui non sono tutti uguali, specie nel triennio.

Ad ogni modo, all'URL http://www.dei.unipd.it/corsi/if.html trovi gli in-
segnamenti del corso di laurea in Ing. Inf. a Padova (c'e` anche il
diploma, per il momento: dal prossimo anno, invece, si dovrebbe passare al
nuovo modello di corso di tipo anglosassone, ossia con il primo livello di
laurea [~ diploma], seguito dal master [~ laurea attuale], ecc.).

Troverai maggiori informazioni sui siti web delle universita` e (forse...)
sul newsgroup it.discussioni.universita.

Saluti,
Luca Polo.
--
|~~~~~~~~~~~~~~~ Luca...@gest.unipd.it (http://www.gest.unipd.it/~jake)
\_________________________________________________________________________
Associazione Astrofili del Basso Vicentino "Edmund Halley" - Sossano (VI)
http://www.gest.unipd.it/~jake/aabv o http://astrolink.mclink.it/ass/aabv

Adriano Amaricci

unread,
Oct 27, 1999, 3:00:00 AM10/27/99
to

Roby '82 Offear ha scritto nel messaggio
<7v3r37$4kk$1...@draco.tiscalinet.it>...


>
>Ciao a tutti....io volevo chiedervi una cosa:
>
>Il corso di Ingegneria Informatica e Fisica hanno di sicuro qualche esame
in

>comune....se quindi io per caso riuscissi a laurearmi in Ing. Informatica e
>poi a tempo perso studiassi per la seconda laurea in Fisica dovrei dare


>tutti gli esami oppure dovrei dare solo quelli specifici?
>

>Grazie per la risposta;-)
>
>P.S= Qualcuno fa' Ing Inf qui?

> Se si' mi potrebbe dire gli esami che la compongono?
>

>Another Thanx!
>
>--
>
> Byez By Roby "Offear" '82

Qui a "la Sapienza" le abbreviazioni del corso di laurea non sono metodiche,
ma vengono discusse di volta in volta dal CCL che si regola in base al
curriculum dello studente. Il passaggio inverso (fisica --> ingegneria) mi
risulta essere più facile, infatti gli esami del biennio (escluse ovviamente
fisichetta1 e 2) a fisica vengono, sempre qui a Roma, convalidati. Quest'
ultimo fatto mi ha permesso di " aggirare" mio padre: gli ho detto che mi
iscrivevo a fisica e poi al 2° anno sarei passato ad ingegneria, cosa che
non ho nessunissima intenzione di fare ( come srisse S.Tamaro << Va' dove ti
porta il cuore>>).

Una domanda interna: c'è qualcuno sul NG che studia o lavora a "la
Sapienza"?


Ciao Adriano Amaricci
amar...@tiscalinet.it


Antonello

unread,
Nov 4, 1999, 3:00:00 AM11/4/99
to

che i corsi di matematica e fisica siano più leggeri in ingegneria che in
fisica è una grossa balla!!!!!!!!!!!


Davide

unread,
Nov 9, 1999, 3:00:00 AM11/9/99
to

> che i corsi di matematica e fisica siano più leggeri in ingegneria che in
> fisica è una grossa balla!!!!!!!!!!!

Francamente spero non si riaccenda questa stupida polemica
fisici-ingegneri.A quanto ne so io gli ingegneri non fanno nemmeno
l'integrale di lebesgue...

Antonello

unread,
Nov 10, 1999, 3:00:00 AM11/10/99
to

Penso sia importante considerare esami paralleli, cioè confrontare analisi 1
con analisi 1, analisi 2 con analisi 2, geometria con geometria, matematica
applicata con matematica applicata, calcolo numerico con calcolo
numerico......


Davide <dwo...@hotmail.com> wrote in message
3822CE91...@hotmail.com...

Paolo B.

unread,
Nov 11, 1999, 3:00:00 AM11/11/99
to

On 9 Nov 1999 11:36:14 +0100, Davide <dwo...@hotmail.com> wrote:


>Francamente spero non si riaccenda questa stupida polemica
>fisici-ingegneri.A quanto ne so io gli ingegneri non fanno nemmeno
>l'integrale di lebesgue...

Segui Analisi Matemaitica III a Catania in Ing. Elettronica e vedrai
se l'integrale di Lebesgue lo fai... te lo fanno uscire anche dalle
orecchie ^___^


============================
pa...@linuxfan.com
pao...@videobank.it
============================

rosalux...@my-deja.com

unread,
Nov 11, 1999, 3:00:00 AM11/11/99
to

In article <3822CE91...@hotmail.com>,
Davide <dwo...@hotmail.com> wrote:

> Francamente spero non si riaccenda questa stupida polemica
> fisici-ingegneri.A quanto ne so io gli ingegneri non fanno nemmeno
> l'integrale di lebesgue...
>

E questo non e' il modo piu' intelligente per impedire che una
stupida polemica si riaccenda.

ciao.


Sent via Deja.com http://www.deja.com/
Before you buy.

Joe Oblivian

unread,
Nov 15, 1999, 3:00:00 AM11/15/99
to

On 4 Nov 1999 17:11:49 +0100, "Antonello" <ac...@tiscalinet.it> wrote:

>
>che i corsi di matematica e fisica siano più leggeri in ingegneria che in
>fisica è una grossa balla!!!!!!!!!!!

Analisi 1 e 2 sono molto simili, con la differenza che spesso i poveri
ingegneri vengono sottoposti a clausole vessatorie perche' sono tanti
e ai primi anni i professori "devono fare selezione"...
Per quanto riguarda la fisica, le differenze sono notevoli, proprio
per l'approccio alla materia: inevitabilmente in un CL in Fisica serio
un esame di fisica, pur trattando gli stessi argomenti del
corrispondente corso di Ingegneria approfondira' maggiormente i
fondamenti concettuali e teorici delle teorie. L'esempio piu'eclatante
in questo senso e' Meccanica Razionale, che a Fisica ha un programma
teorico piu' che doppio rispetto ad ingegneria, dove pero' lo studio
delle applicazioni e' mooolto piu' approfondito e dove quindi lo
scritto risulta ben piu' ostico.

Mi sembra percio' inutile fare degli stupidi confronti del tipo "e'
piu' bello/pesante/difficile/tremendo il CL in Fisica che quello in
Ingegneria" (o viceversa). Basta ricordarsi tutti di non pretendere di
parlare di cio' di cui si occupano gli altri con fare protervo.

Joe
------------------------------------------
Perchè il treno tra Parma e Roma viaggia a
150 km/h e tra Roma e Palermo a 80??? :-(
Per rispondermi togli la b di troppo.
ICQ #50163220
----------------------------------------

Truth

unread,
Dec 13, 1999, 3:00:00 AM12/13/99
to

Davide <dwo...@hotmail.com> wrote in message
3822CE91...@hotmail.com...
>

> > che i corsi di matematica e fisica siano più leggeri in ingegneria che
in
> > fisica è una grossa balla!!!!!!!!!!!
>

> Francamente spero non si riaccenda questa stupida polemica
> fisici-ingegneri.A quanto ne so io gli ingegneri non fanno nemmeno
> l'integrale di lebesgue...


In generale e' vero, anzi verissimo: i programmi per ingegneria sono a volte
assai ridotti.
Specie ora, coll' ordinamento del 1989.
Ed io sono un ingegnere, quindi al di sopra di ogni sospetto.
Non si deve, pero', generalizzare: io ho avuto la fortuna di seguire dei
corsi matematici molto approfonditi
e colgo l'occasione per ringraziare i miei prof di Pisa a meta' anni 80:
Sebastiano Francaviglia, Fabio Uccelli (un uomo, un mito), Mario Poletti,
Sandro Faetti, Tristano Manacorda ed i loro assistenti , soprattutto il
mitico
Marziano Dozio.

Conosco personalmente degli ottimi ingegneri che fanno i matematici a
livello internazionale.

Preciso pero' ( siamo a natale ed e' brutto fare differenze ;) ) che conosco
dei fisici e degli ingegneri e dei matematici teste di rapa a cui io non
avrei fatto superare piu' di mezzo quarto di decimo di modulo e

Raccolta di perle rarissime da me sentite da laureati in queste 3
nobilissime facolta'
ed una da un dottore di ricerca:

"ma x^3 -1=0 ha una sola radice !"
"che vuol dire dx ?"
"io analisi due l'ho imparata a memoria"
"che differenza c'e' tra gradi celsius e gradi kelvin ?"


> A quanto ne so io gli ingegneri non fanno nemmeno
> l'integrale di lebesgue...

e' vero, non sempre.
e' anche vero che, fino a pochi anni orsono, non sempre a fisica si studiava
l'opera del buon Lebesgue.
io avrei scritto, pero':
<< gli ingegneri non fanno nemmeno la _misura_ e l'integrale di
Lebesgue......>>

particolare non trascurabile: o certe cose si studiano bene oppure.....
meglio non studiarle ;))))))


Enrico SMARGIASSI

unread,
Dec 14, 1999, 3:00:00 AM12/14/99
to

Truth wrote:

> Davide <dwo...@hotmail.com> wrote

> > A quanto ne so io gli ingegneri non fanno nemmeno
> > l'integrale di lebesgue...

> e' vero, non sempre.
> e' anche vero che, fino a pochi anni orsono, non sempre a fisica si studiava
> l'opera del buon Lebesgue.

Personalmente non sono affatto convinto che a Fisica debba essere
obbligatorio studiare l'int. di Lebesgue, figuriamoci ad Ingegneria...
Mi permetterete di ripetere un mio post di qualche tempo fa:

In realta' devo ancora trovare un fisico che ha usato l'integrale di
Lebesgue per un calcolo "vero", nel senso che quando nella pratica ci si
trova a dover calcolare un integrale si puo' sempre usare Riemann (e se
non si puo', non si usa nemmeno Lebesgue). L'integrale di Lebesgue si
usa solo per dimostrare teoremi: in particolare l'importantissimo
teorema che gli spazi L2 sono completi, senza di cui il formalismo
della Meccanica Quantistica non funziona. Anzi, direi che per il 99%
dei fisici questo teorema e' l' unico punto in cui s'incontra l' i. di
L..

Devo dire che trovo questo stato di cose abbastanza insoddisfacente.
Data la compressione dei programmi universitari, passare un mese o due
per dimostrare un solo teorema mi sembra uno spreco. Tanto piu' che il
problema si puo' aggirare: esiste una formulazione della MQ, non molto
diversa dalla solita, in cui l'i.di L. non si vede mai (in compenso si
deve introdurre la teoria delle distribuzioni, ma questa andrebbe
studiata comunque). Vedi Richtmyer, "Principles of Advanced Mathematical
Physics", edito Springer.

Queste almeno sono le mie impressioni. Ogni commento e' gradito...


--
To reply, replace "smartassi@triste" with "smargiassi@trieste"
in my e-mail address

Enrico Smargiassi
http://www-dft.ts.infn.it:6163/~esmargia

Andrea Francinelli

unread,
Dec 14, 1999, 3:00:00 AM12/14/99
to

Truth <dor...@fasolla.si> wrote in message
iWy44.15463$Bg7.1...@typhoon.libero.it...

> > Francamente spero non si riaccenda questa stupida polemica

> > fisici-ingegneri.A quanto ne so io gli ingegneri non fanno nemmeno
> > l'integrale di lebesgue...
>
>


> In generale e' vero, anzi verissimo: i programmi per ingegneria sono a
volte
> assai ridotti.

Vorrei riportare la mia esperienza di laureato in Ingegneria Elettronica ad
indirizzo MicroElettronico, col vecchio ordinamento.

Io l'integrale di Lebesgue l'ho fatto in due corsi. In "Complementi di
Matematica" (che e' un fondamentale - credo ora si chiami "Analisi 3")
e' stato introdotto come puro ente matematico, basato sulla teoria
della misura di Lebesgue; in "Metodi Matematici per l'Ingegneria"
(complementare) e' stato introdotto come elemento che rende completo
lo spazio delle funzioni C([a,b]), (in analogia al completamento dei
razionali con i reali) e tutte le applicazioni a spazi funzionali vari,
funzioni di Green, equazioni integrali, metodi variazionali etc...

Quindi l'affermazione che gli ingegneri non facciano l'integrale di
Lebesgue non mi sembra generalizzabile. Eventualmente esistono
corsi di ingegneria che non prevedono lo studio dell'integrale di
Lebesgue, come non prevedono lo studio di molte altre cose
utili ed interessanti (ad esempio la teoria dei gruppi o l'algebra
astratta).

Il fatto che poi un determinato argomento non venga svolto
in un corso significa forse che il futuro professionista sara'
condannato ad essere eternamente digiuno di quella particolare
teoria o materia? O forse, rovesciando la questione, il fatto di
aver svolto un determinato argomento implica che la persona
che lo segue sia un esperto di quell'argomento?

Esperienze personali mi hanno dimostrato come come la risposta
alle domande sopra sia decisamente negativa. Ho conosciuto
colleghi ingegneri, completamente digiuni di conoscenze verso
determinate materie, che si sono messi sotto a studiarle fino a
padroneggiarle completamente e a metterle in pratica per i loro
scopi. Ho conosciuto anche esempi all'opposto: un fisico
"prestato" all'ingegneria elettronica (espertissimo, a suo dire,
di "Fisica della alte Energie") cadere in crisi davanti semplici
circuitini che uno studente di Istituto Tecnico saprebbe
risolvere o applicare.

Questi esempi derivano da mie esperienze dirette e, tengo
a precisarlo, non sono generalizzabili (sebbene ne possegga
ancora molti altri).

> Specie ora, coll' ordinamento del 1989.
> Ed io sono un ingegnere, quindi al di sopra di ogni sospetto.
> Non si deve, pero', generalizzare: io ho avuto la fortuna di seguire dei
> corsi matematici molto approfonditi

C.V.D. :-)

>[...]


> Conosco personalmente degli ottimi ingegneri che fanno i matematici a
> livello internazionale.

L'errore comune che compiono moltissimi e' quello di credere che
una laurea di un determinato indirizzo obblighi una persona ad una
determinata disciplina e la vincoli ad essa in maniera indissolubile.

Ho sempre ritenuto falso questo assunto, soprattutto in discipline
come matematica - fisica - ingegneria, che hanno moltissimo in
comune (a partire da un certo rigore metodologico e formale) e
che offrono una formazione tale da poter operare egregiamente
nei tre ambiti sopra, con un minimo di integrazione.

Non ho quindi alcuna difficolta' a credere che esistano ingegneri
che operino in ambito matematico a livello internazionale, anzi
lo ritengo una cosa naturale. Diro' di piu': contrapponendomi
all'esempio sopra riportato del fisico "malamente" prestato
all'ingegneria elettronica, porterei come contro esempio
quello del sig. P. Vinciarelli, fisico e presidente della Vicor
(per chi non lo sapesse la Vicor e' una delle piu' prestigiose
ditte di alimentatori elettronici in tecnologia switching)

Questo e' un ottimo esempio di come un fisico abbia applicato
le sue capacita' e potenzialita' in un campo non di sua pertinenza
(e con successo). Forse che il sig. Vinciarelli ha mai studiato,
in un corso universitario, qualcosa come "elettronica di potenza
ad alta frequenza" ? E il fatto di non averlo, eventualmente, mai studiato
gli ha forse impedito di fare quello che ha fatto?


> Preciso pero' ( siamo a natale ed e' brutto fare differenze ;) ) che
conosco
> dei fisici e degli ingegneri e dei matematici teste di rapa a cui io non
> avrei fatto superare piu' di mezzo quarto di decimo di modulo e
>
> Raccolta di perle rarissime da me sentite da laureati in queste 3
> nobilissime facolta'
> ed una da un dottore di ricerca:
>
> "ma x^3 -1=0 ha una sola radice !"
> "che vuol dire dx ?"
> "io analisi due l'ho imparata a memoria"
> "che differenza c'e' tra gradi celsius e gradi kelvin ?"
>

Conclusione: come dimostrano le frasi sopra, non e' il corso fatto
in piu' o in meno che, IMHO, differenzia
Che esistano differenze metodologiche e culturali tra laureati in
ingegneria e laureati in fisica o matematica e' innegabile, ma bisogna
anche avere l'onesta' di ammettere che tali differenze non sono
abissali e possono essere superate. Tenuto anche conto del fatto
che questa differenza consiste in una manciata di esami universitari.
Il tutto, sempre secondo me, dipende solo ed esclusivamente
_dall'individuo_.

Io, ad esempio, non ho mai studiato a fondo la "teoria dei gruppi"
(per dirne una) perche' non era nei miei corsi di studio.
Eppure sono sicuro che con le basi che posseggo, con un
paio di buoni testi, con buona volonta' e soprattutto con sincero
desiderio di conoscenza riuscirei a saperne meglio di molti altri
che la hanno frequentata in un corso universitario, magari di malavoglia,
e poi non la hanno mai applicata. Ovviamente non ne sapro' mai
quanto un esperto, ma forse potrei essere al livello di un mediocre
matematico o fisico che all'universita' ci prese anche un bel voto.

>[...]


> particolare non trascurabile: o certe cose si studiano bene oppure.....
> meglio non studiarle ;))))))
>

Su questo non concordo. Cosa significa studiare bene?
Che devo padroneggiare l'argomento a fondo? Fino
a che livello di complessita'? Secondo questo metro
anche uno studente universitario da 30 e lode potrebbe
"non aver studiato bene" un determinato argomento.

Uno studente di elettronica ad ingegneria con un esame
da 30 e lode conosce forse l'elettronica? Perche' allora
quando si mette davanti ad un circuito cercando di
applicare tutto quello imparato non funziona quasi mai
o non funziona come dovrebbe?

Forse era meglio non studiare?


Andrea Francinelli
a.fran...@libero.it

Valter Moretti

unread,
Dec 16, 1999, 3:00:00 AM12/16/99
to

Enrico SMARGIASSI wrote:
>
> In realta' devo ancora trovare un fisico che ha usato l'integrale di
> Lebesgue per un calcolo "vero", nel senso che quando nella pratica ci si
> trova a dover calcolare un integrale si puo' sempre usare Riemann (e se
> non si puo', non si usa nemmeno Lebesgue). L'integrale di Lebesgue si
> usa solo per dimostrare teoremi: in particolare l'importantissimo
> teorema che gli spazi L2 sono completi, senza di cui il formalismo
> della Meccanica Quantistica non funziona. Anzi, direi che per il 99%
> dei fisici questo teorema e' l' unico punto in cui s'incontra l' i. di
> L..
>

Dato che hai chiesto commenti ecco i miei :-)

In realta' ci sono almeno due altre situazioni standard dove si usa
la teoria di Lebesgue e i fisici si imbattono molto spesso con tali
situazioni senza accorgersene.

1) Tutte le volte che si lavora con integrali "impropri", nel senso che
o la funzione diverge in qualche punto, oppure il dominio e' infinito,
se uno volesse usare il povero integrale di Riemann "improprio" dovrebbe
anche dimostrare che il risultato non dipende dal modo con cui si
"invade" il dominio di integrazione. Ora, se la funzione e'
sommabile SECONDO LEBESGUE, il teorema della convergenza dominata
di Lebesgue ti assicura che tale indipendenza sussiste. Di fatto i
fisici se ne fregano di dimostrare l'indipendenza, ma solo perche'
in realta' stanno lavorando con funzioni sommabili secondo Lebesgue.
Quando questo non succede ci sono quasi sempre delle patologie di
carattere fisico nel problema (parlo per esperienza personale)

2) Quando si passano i segni di limite e di derivazione rispetto a
qualche parametro o si scambiano simboli si serie con integrali e
maleffatte simili... I fisici fanno molto spesso queste cose,
l'unica teoria decente che permette di avere delle ipotesi ragionevoli
per fare queste cose e' quella dell'integrale di Lebesgue (+ teoremi
annessi come Fubini-Tonelli). Dimostrare queste cose con l'integrale di
Riemann e' una fatica immensa e in genere si riesce a dire qualcosa
con ipotesi troppo forti inutili in pratica. Anche qui i fisici non lo
sanno, ma l'integrale che in realta' stanno usando e' quello di Lebesgue
perche' se le funzioni usate fossero integrabili SOLO secondo Riemann
tante belle cose del tipo di quelle di sopra non si farebbero proprio.


Io nel mio lavoro di fisico-matematico uso in pratica sempre e solo
l'integrale di Lebesgue, senza di esso non potrei lavorare!


C'e' poi un altro caso molto interessante, che si dimostra usando
l'integrazione di Lebesgue in cui mi sono imbattuto spesso.
Mi metto nel caso piu' semplice,
se tu hai una funzione continua f(x,y) di due variabili definita su un
aperto di R^2 che e' infinitamente differenziabile SEPARATAMENTE nelle
due variabili in tutti i punti (cioe' tieni fissa una variabile e
esistono le derivate ad ogni ordine nell'altra in tutti i punti e
viceversa) allora e' infinitamente differenziabile
(cioe' esistono anche tutte le derivate *miste* di ogni ordine).
Questo fatto non e' per niente ovvio e mi e' capitato di usarlo un
mucchio di volte. La dimostrazione si basa su un lemma di Sobolev che
usa pesantemente l'integrabilita' di Lebesgue locale della funzione.
Il teorema si puo' indebolire abbassando l'ordine di esistenza delle
derivate e considerando derivate in senso distribuzionale che pero'
devono risultare essere funzioni localmente integrabili secondo
Lebesgue!


> Tanto piu' che il problema si puo' aggirare: esiste una formulazione
> della MQ, non molto
> diversa dalla solita, in cui l'i.di L. non si vede mai (in compenso si
> deve introdurre la teoria delle distribuzioni, ma questa andrebbe
> studiata comunque). Vedi Richtmyer, "Principles of Advanced
> Mathematical Physics", edito Springer.
>


Questo e' molto interessante! Cerchero' il libro, grazie dell'
informazione. Di che anno e'?

Ciao, Valter Moretti

Enrico SMARGIASSI

unread,
Dec 19, 1999, 3:00:00 AM12/19/99
to

Valter Moretti wrote:

> In realta' ci sono almeno due altre situazioni standard dove si usa
> la teoria di Lebesgue e i fisici si imbattono molto spesso con tali

> situazioni senza accorgersene. [etc.]

Ti ringrazio per l'intervento sempre preciso e puntuale. Non credo
pero' che muti la sostanza di quello che ho detto: sono perfettamente
d'accordo che bisogni avere sotto controllo gli strumenti con i quali si
opera, ma quando si va ad insegnare agli studenti bisogna
necessariamente fare delle scelte. Queste scelte sono implicitamente
fatte moltissime volte nel corso di laurea: tanto per fare un esempio,
quando si dimostra l'equivalenza della formulazione differenziale o
integrale delle eq. di Maxwell, passando come schiacciasassi sopra tutte
le ipotesi ed i punti sottili di tale dimostrazione. Certo sarebbe bello
conoscere quando e perche' si puo' fare, ma quanto durerebbe il corso di
Fisica II?

Il fatto che l'int. di Lebesgue si usi "senza accorgersene" mi dice che
e' un candidato per essere lasciato da parte. Un problema dei corsi
universitari, soprattutto di Scienze e affini, e' che si dice spesso
"non e' ammissibile che uno che si laurea in X non sappia gli argomenti
Y,Z, ecc.". Il risultato e' (certo non causato solo da questo, ma anche
da questo) che il tempo di laurea medio in Fisica e' quasi il doppio
della durata nominale, e *questo* certo non e' ammissibile.

> > Tanto piu' che il problema si puo' aggirare: esiste una formulazione
> > della MQ, non molto
> > diversa dalla solita, in cui l'i.di L. non si vede mai (in compenso si
> > deve introdurre la teoria delle distribuzioni, ma questa andrebbe
> > studiata comunque). Vedi Richtmyer, "Principles of Advanced
> > Mathematical Physics", edito Springer.

> Questo e' molto interessante! Cerchero' il libro, grazie dell'
> informazione. Di che anno e'?

1978 il primo volume, che e' quello rilevante qui (il secondo e'
dell'81).

Postilla: ma il caso degli integrali impropri non e' uno di quelli in
cui esistono funzioni integrabili secondo Riemann ma non secondo
Lebesgue?

Valter Moretti

unread,
Dec 20, 1999, 3:00:00 AM12/20/99
to

Enrico SMARGIASSI wrote:
>
> Valter Moretti wrote:
>
> > In realta' ci sono almeno due altre situazioni standard dove si usa
> > la teoria di Lebesgue e i fisici si imbattono molto spesso con tali
> > situazioni senza accorgersene. [etc.]
>
> Ti ringrazio per l'intervento sempre preciso e puntuale. Non credo
> pero' che muti la sostanza di quello che ho detto: sono perfettamente
> d'accordo che bisogni avere sotto controllo gli strumenti con i quali si
> opera, ma quando si va ad insegnare agli studenti bisogna
> necessariamente fare delle scelte. Queste scelte sono implicitamente
> fatte moltissime volte nel corso di laurea: tanto per fare un esempio,
> quando si dimostra l'equivalenza della formulazione differenziale o
> integrale delle eq. di Maxwell, passando come schiacciasassi sopra tutte
> le ipotesi ed i punti sottili di tale dimostrazione. Certo sarebbe bello
> conoscere quando e perche' si puo' fare, ma quanto durerebbe il corso di
> Fisica II?
>

Hai ragione, infatti non credo che bisogna dirlo in fisica II, ma in
metodi matematici della fisica.

> Il fatto che l'int. di Lebesgue si usi "senza accorgersene" mi dice
> che e' un candidato per essere lasciato da parte.

Non sono d'accordo: si usa "senza accorgersene" in casi
ben noti dove e' ben noto che tutto funziona, ma quando uno fa ricerca
si imbatte spesso in casi non-standard dove bisogna rimboccarsi le
maniche e capire a fondo quello che e' possibile fare e quello che non
e' possibile fare. Certo, esistono molti modi di procedere, normalmente
(ma NON semmpre) quando si prendono scorciatoie matematiche sbagliate
in un problema fisico, alla fine si trovano delle patologie fisiche
evidenti, ma ripeto, non e' sempre cosi'.
Quindi, secondo me, uno studente futuro fisico teorico dovrebbe sapere
almeno gli enunciati esatti o almeno che esistono da qualche parte.
Certo lasciare tutta la didattica di queste cose ai matematici e' un po'
pericoloso perche' loro non sanno molto bene cosa serva ad un fisico
e tendono ad insegnare tutto a tappeto e ponendo l'accento (o usando
approcci) su cose diverse da quelle su cui porrebbe l'accento un fisico,
e i corsi tenderebbero ad esplodere. Ma non e' nemmeno corretto
l'atteggiamento del "fisico quadratico medio" che pensa che "tutto puo'
andare bene" in matematica.
Per questo motivo dicevo che certe cose si divrebbero fare *seriamente*
nei corsi di Metodi Matematici della Fisica. Purtroppo pero' da diversi
anni c'e' la tendenza in Italia ad usare questo corso come parcheggio
per i fisici teorici (campisti o particellari) che NON sono fisici
matematici e tendono un po' a fare le cose nel modo di cui sopra, piu'
per esperienza personale che per cultura matematica acquisita, insegnado
cose che nel loro campo funzionano, ma che in generale sono sbagliate e
non e' detto che gli studenti lavoreranno nello stesso campo, per cui
alla fine avranno imparato per lo piu' "pregiudizi". (Non voglio fare
nomi qui, ma c'e' un libro italiano di "metodo matematici per la fisica"
scritto da fisici non fisici-matematici, che contiene qualche
castroneria che sarebbe da incorniciare, anche su argomenti elementari
come la teoria delle funzioni a variabile complessa...)


> > Questo e' molto interessante! Cerchero' il libro, grazie dell'
> > informazione. Di che anno e'?
>
> 1978 il primo volume, che e' quello rilevante qui (il secondo e'
> dell'81).
>

Ti ringrazio dell'informazione.


> Postilla: ma il caso degli integrali impropri non e' uno di quelli in
> cui esistono funzioni integrabili secondo Riemann ma non secondo
> Lebesgue?
>


Per qullo che conosco, la questione e' la seguente: ci sono funzioni non
integrabili secondo Riemann, ma integrabili secondo Riemann se se ne
estende la definizione considerando *limiti* di veri integrali di
Riemann ben definiti. Tuttavia in tali casi e' necessario provare che il
limite non dipende dalla procedura usata, SOLO SE tale *indipendenza*
sussiste allora si parla di "integrale improprio alla Riemann".

Pero' se la funzione e' sommabile secondo Lebesgue (e per verificarlo
bisogna *conoscere* ed applicare la definizione di sommabilita' secondo
Lebesgue), si puo' essere certi (sotto comuni ipotesi) che il limite di
cui sopra N0N dipende dalla procedura (e coincide con l'integrale di
Lebesgue).

Ci sono casi in cui una funzione NON e' integrabile secondo Lebesgue, ma
qualche tipo di limite dell'integrale di Riemann esiste finito e serve
in fisica. Si otterrebbero pero' risultati diversi usando altre
procedure. Il tipico caso e' il calcolo "nel senso del valore principale
(di Cauchy)". La funzione 1/x in [-1,1] non e' sommabile secondo
Lebesgue, ma il suo calcolo dell'intrgrale (improprio) di Riemann nel
senso del valore principale esiste ed e' nullo. E' facilissimo pero'
provare che il risultato dipende da come si esegue il limite...

Non conosco situazioni in cui una funzione e' impropriamente integrabile
secondo Riemann (cioe' tutte le procedure di limite dell'integrale di
Riemann forniscono lo stesso risultato), ma non e' sommabile secondo
Lebesgue. Ma forse esistono!

Ciao, Valter

Darth Vader

unread,
Dec 20, 1999, 3:00:00 AM12/20/99
to

Il 13 Dec 1999 21:42:53 +0100, "Truth" <dor...@fasolla.si> ha scritto:

>> Francamente spero non si riaccenda questa stupida polemica
>> fisici-ingegneri.A quanto ne so io gli ingegneri non fanno nemmeno
>> l'integrale di lebesgue...

Nemmeno io a fisica faccio l'integrale di Lebesgue :))
Ma se e' per questo gli ingegneri ora che smanettano con un Oscilloscopio ne
passa di tempo.... ^___^

>In generale e' vero, anzi verissimo: i programmi per ingegneria sono a volte
>assai ridotti.

Questo si' :)

>Conosco personalmente degli ottimi ingegneri che fanno i matematici a
>livello internazionale.

Guarda caso mi pare che Mencuccini-Silvestrini siano di Ingegneria (cosa che non
potro' mai mandare giu'), idem per Silvestroni... Anche i vari Marcellini
Sbordone Cecconi Stampacchia (Analisi)...


--
>Darth Vader
ICQ: 6486772 | FidoNet: 2:335/801.79
[Darth.Vader(at)TiscaliNetDOTit]

kakutani

unread,
Dec 26, 1999, 3:00:00 AM12/26/99
to


Valter Moretti wrote:

> Ci sono casi in cui una funzione NON e' integrabile secondo Lebesgue, ma
> qualche tipo di limite dell'integrale di Riemann esiste finito e serve
> in fisica. Si otterrebbero pero' risultati diversi usando altre
> procedure. Il tipico caso e' il calcolo "nel senso del valore principale
> (di Cauchy)". La funzione 1/x in [-1,1] non e' sommabile secondo
> Lebesgue, ma il suo calcolo dell'intrgrale (improprio) di Riemann nel
> senso del valore principale esiste ed e' nullo. E' facilissimo pero'
> provare che il risultato dipende da come si esegue il limite...

Ci sono funzioni che sono integrabili impropriamente secondo Riemann
ma non integrabili secondo Lebesgue. Sono pero' integrabili
impropriamente secondo Lebesgue

>
>
> Non conosco situazioni in cui una funzione e' impropriamente integrabile
> secondo Riemann (cioe' tutte le procedure di limite dell'integrale di
> Riemann forniscono lo stesso risultato), ma non e' sommabile secondo
> Lebesgue. Ma forse esistono!

sin x / x su R


saluti

Valter Moretti

unread,
Dec 28, 1999, 3:00:00 AM12/28/99
to

kakutani wrote:

> > Non conosco situazioni in cui una funzione e' impropriamente integrabile
> > secondo Riemann (cioe' tutte le procedure di limite dell'integrale di
> > Riemann forniscono lo stesso risultato), ma non e' sommabile secondo
> > Lebesgue. Ma forse esistono!
>

> sin x / x su R
>
> saluti

Si e' vero, grazie dell' esempio,
questo non dipende da come fai il limite dell'estremo superiore
d'integrazione (integrando in [0,+oo) ) perche' siamo in una dimensione
e se f(x) -> l per x ->+oo e g(x) -> +oo per x -> +oo, allora
f(g(x)) ->l per x-> +oo

in piu' di una dimensione pero' le cose si complicano perche'non si
puo' usare sempre il teorema di sopra...

Ciao, Valter

Valter Moretti

unread,
Dec 29, 1999, 3:00:00 AM12/29/99
to

Valter Moretti wrote:

>
> kakutani wrote:
>
> > > Non conosco situazioni in cui una funzione e' impropriamente integrabile
> > > secondo Riemann (cioe' tutte le procedure di limite dell'integrale di
> > > Riemann forniscono lo stesso risultato), ma non e' sommabile secondo
> > > Lebesgue. Ma forse esistono!
> >
> > sin x / x su R
> >
> > saluti
>
> Si e' vero, grazie dell' esempio,
> questo non dipende da come fai il limite dell'estremo superiore
> d'integrazione (integrando in [0,+oo) ) perche' siamo in una dimensione
> e se f(x) -> l per x ->+oo e g(x) -> +oo per x -> +oo, allora
> f(g(x)) ->l per x-> +oo
>
> in piu' di una dimensione pero' le cose si complicano perche'non si
> puo' usare sempre il teorema di sopra...
>
> Ciao, Valter


Mi devo ricredere, la questione diventa di "lana caprina" certo,
ma l'esempio che hai dato non mi pare piu' corretto. Infatti la richista
per l'integrabilita' impropria secondo Riemann e' che il risultato non
deve dipendere da come *invadi il dominio d'integrazione* che e' un po'
diverso dalla richiesta dell'indipendenza da come esegui il limite.
Vediamo esplicitamente.

Se il dominio e' l'insieme A su cui f non e' integrabile in senso
proprio, devi considerare una classe di insiemi misurabili secondo
Riemann (Peano-Jordan) {E_n} dove n e' un indice qualsiasi (reale
o intero) tale che E_n e' incluso in E_n' se n'>n e l'unione degli
E_n e' tutto A. Inoltre ovviamente f deve essere integrabile secondo
Riemann (in senso proprio!) su ogni E_n.

L'integrale improprio e', con la condizione che diro' sotto, se esiste,
il limite dell'integrale su E_n quando n tende al sup del suo insieme di
variabilita' (tipicamente +oo).

La condizione e' che il limite ottenuto NON deve dipendere da come
scegli la classe {E_n} con le caratteristiche dette.

Solo in questo caso l'integrale *improprio* di Riemann di f su A esiste
ed e' il limite detto.


Consideriamo la tua funzione (sin x)/x, uno puo' prendere, supponendo
l'integrale da 0 a +oo (l'altra parte non fornisce piu' problemi che
questa), una classe di insiemi misurabili invadente [0, +oo) del tipo

{ [0,f(X)] | X in [0, +oo) }

dove f(X) -> +oo monotonicamente per X->+oo

In questo caso, indipendentemente da f, il risultato
del limite dell'integrale di (sinx)/x su [0, f(X)] per X->+oo
non dipende da f, tuttavia uno puo' prendere classi di insiemi
invadenti diverse. Anzi DEVE prenderle per dimostrare l'indipendenza
del risultato dalla classe invadente.

Per esempio prendiamo insiemi del tipo E_n con n naturale e
E_n = A_n U B_n dove (pi e' pi greco):

A_n =
[0,pi]U[2pi, 3pi]U[4pi, 5pi]U[6pi, 7pi]U...U[(2n)^2 pi,((2n^2)+1)pi]

B_n =
[pi, 2pi]U[3pi, 4pi]U[5pi,6pi]U....U [(2n+1)pi, (2n+2)pi]

E' chiaro che U_n E_n = [0, +oo) e che E_n+1 include E_n, ma

mi pare pero' che valga

lim_{n->+oo} integrale su E_n di (sin x)/x dx = +oo

questo perche' ad ogni passo rimane una parte positiva di integrale
che non e' controbilanciata da una parte negativa e la parte positiva
diventa sempre piu' grande fino a divergere per n-> +oo.
(Infatti mi pare che si possa facilmente provare che l'integrale e'
dello stesso ordine di infinitezza della sommatoria da {2n+1} a (2n)^2
di 1/(2n+1) che diverge con ordine ln n .)

Quindi a rigore, la funzione che citi NON e' integrabile
secondo Riemann in senso proprio e nemmemno improprio (anche se
l'integrale di sinx / x come compare diverse volte in fisica).

Ciao, Valter Moretti

kakutani

unread,
Jan 9, 2000, 3:00:00 AM1/9/00
to

Valter Moretti wrote:


> Mi devo ricredere, la questione diventa di "lana caprina" certo,
> ma l'esempio che hai dato non mi pare piu' corretto. Infatti la richista
> per l'integrabilita' impropria secondo Riemann e' che il risultato non
> deve dipendere da come *invadi il dominio d'integrazione* che e' un po'
> diverso dalla richiesta dell'indipendenza da come esegui il limite.
> Vediamo esplicitamente.
>

> ..........

L'integrale *improprio* secondo Riemann non e'
definito come tu sostieni. Per esempio l'integrale
improprio di una funzione localmente integrabile
su R (come sin x/x) e' definito come il limite
per a->-inf e b->+inf di int_{a,b}f.
La tua definizione equivale a richiedere l'integrabilita'
(impropria) del *modulo* della f (che implica l'integrabilita'
secondo Lebesgue).
Quetsa almeno e' la definizione standard che si trova sui testi di
analisi.

ciao


Valter Moretti

unread,
Jan 10, 2000, 3:00:00 AM1/10/00
to

Ciao, io sul vecchio Swirner o come si scrive, avevo trovato la
definizione che ho dato in n-dimensioni e la applicavo banalmente a
n=1. In piu' di una dimensione il problema dell'insieme invadente
diventa evidente.
Comunque e' solo questione di definizioni. Non sono cosi' sicuro che la
mia definizione equivalga all'integrabilita' del modulo ecc... e quindi
di Lebesgue, come dici tu. Puoi dimostrarmelo?
Forse tu dici che posso usare come insiemi invadenti i supporti di
sottoinsiemi misurabili in cui la funzione e' solo non negativa o solo
positiva? E quindi usare il teorema della convergenza monotona o
simili... Forse ci vuole qualche altra ipotesi sulla funzione, uhm
ci dovrei pensare, se lo fai tu al posto mio te ne saro' grato, perche'
ho molto da fare al momento.

Ciao, Valter

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