Il 16/09/2023 16:57, Elio Fabri ha scritto:
> Come fai a scrivere una cosa del genere?
> Io una frase come questa che hai scritto il 14, alle 23:11
> > In realtà quello che sappiamo è che l'ente che viene detto delta t,
> > in sincronizzazione standard, viene posto *per definizione* pari a
> > delta t = Sqrt[(delta s/c)^2+(deltaTau)^2]
> non l'ho mai trovata in nessun libro.
Non mi stupisce che tu non l'abbia trovata scritta in nessun libro.
Anche io non l'ho trovata scritta in alcun libro. D'altra parte, tutti i
libri scrivono la relazione in esame (in altra forma) chiamando quel
delta t intervallo di tempo invece che distanza percorsa dalla luce
(fratto c) come, a mio avviso, sarebbe opportuno.
Ti rammento che, nel mio post del 14 ore 23:11, in prima istanza mi sono
adeguatamente dilungato a spiegare a Davide che non era il caso che
cercasse da me un aiuto su come presentare la RR in classe. Gli ho detto
che io avevo fatto un tentativo (non in classe ma in un corso di
potenziamento indirizzato a studenti volontari) per provare a presentare
ad alcuni studenti di liceo la RR fatta *a modo mio*.
Gli ho poi detto che quel delta t è una semplice definizione che
andrebbe chiamata lunghezza ma *tutti* i testi di relatività lo chiamano
intervallo di tempo. Quindi direi di aver dato a Davide sufficienti
strumenti per capire che il "modo mio" è abbastanza diverso dalle
trattazioni della RR che si trovano in tutti i libri. Poi deciderà lui
se ha voglia di seguirmi o meno.
Ciò nonostante, insisto con quanto ti dicevo in precedente post. Non me
ne sono strafregato di Davide. Ai miei occhi è vero l'opposto.
Capisco che io possa apparire presuntuoso nel dire quanto segue (lo dico
giusto per rendere l'idea di come "sento" io la cosa) ma, ai miei occhi,
sono tutti i libri che se ne strafregano di Davide dando trattazioni
della RR che sorvolano sull'ineludibile tema della convenzionalità della
simultaneità (non si può presentare la RR evitando di spiegare
chiaramente cosa *è* la discesa del tempo dall'olimpo dell' a priori,
cioè senza spiegare che la relatività *nasce*, o, almeno, viene
concepita, con la presa di coscienza del fatto che *non esiste* la
risposta alla domanda "Che ora è adesso a Parigi"?) per poi infarcire la
trattazione con un ente (delta t) al quale lo studente ingenuo associa
in modo del tutto naturale significati inopportuni (d'altro canto, se
nessuno glielo spiega, per lui il tempo continua a starsene bello bello
nell'olimpo).
Il "modo mio" si rivolge innanzitutto proprio allo studioso "ingenuo"
(tutti gli studiosi sono "ingenui" quando approcciano un nuovo argomento
o quando lo riprendono dopo tanto tempo; di sicuro lo sono gli studenti
liceali).
Allo studioso ingenuo il "modo mio" fornisce una trattazione nella quale
al concetto che abbiamo capito non esistere (come detto, il capirlo è
l'atto di nascita della relatività) non sostituisce *nulla*, così lo
studioso ingenuo è proprio impossibilitato a lanciarsi in elucubrazioni
inopportune. L'oggetto di quelle elucubrazioni (il delta t)
semplicemente non c'è. Non solo non c'è in senso concettuale, ma non c'è
proprio nel senso che non compare nemmeno nel formalismo.
Se lo studioso ingenuo dicesse "Ma io vorrei sapere quanto tempo ci
mette la pallina a percorrere quel tragitto" risponderei "abbiamo detto
che questa domanda è mal posta. Se cambi la domanda in "che intervallo
di tempo ha misurato l'orologio in moto con la pallina mentre la stessa
percorre quel tragitto?", allora la risposta c'è. Ricordati che abbiamo
detto che *ogni volta* che pronunciamo le parole "intervallo di tempo"
dobbiamo avere chiaro a quale orologio ci stiamo riferendo".
> Non una parola sulla convenzionalità di questa sincronizzazione, sulla
> differenza tra velocità one-way e two-way.
> Dopo di che dice tranquillamente che un evento è definito dalle sue 4
> coordinate x,y,z,t.
Spero sia chiaro che è esattamente perché le cose stanno in questi
termini che io ritengo che tutti i testi se ne strafregano degli
studiosi "ingenui".
> Se non erro, tu non vuoi fare uso delle 4 coordinate (che è la ragione
> principale per cui sono sicuro che non riuscirai mai a costruire un
> pezzetto anche molto piccolo della fisica relativistica attuale).
> Se c'è qualche libro che sia vicino al tuo approccio, faccelo sapere.
> Io faccio una scommessa al buio: non ne troverai.
Il libro, come dicevo, dubito che esista. Aggiungo qua che, quando
temevo che di lì a qualche mese avrei dovuto dire qualcosa di relatività
in classe, avevo iniziato a buttare giù delle dispensine. Ho scritto
poca roba, poi, come ho detto in altro post, arrivò quella manna dal
cielo che mi evitò lo strazio e lasciai largamente incomplete le
dispensine. Il titolo comunque lo avevo già scelto. Era "Manuale di
sopravvivenza".
Per il resto, per quanto io ritenga che non potrei ritenere di aver
vinto la sfida se non completassi tutti gli aspetti essenziali della RR,
dipende da cosa intendi con "pezzetto anche molto piccolo della fisica
relativistica attuale". Al momento, sulla base dei postulati della RR e
senza usare in alcun modo la delta t, ho le seguenti cose:
1) determinazione delle trasformazioni di Lorentz che ovviamente non
hanno la "quarta componente" cioè hanno la forma
vec{dx'}=F{vec{U},vec{dx},dTau}
con vec{U}=Velocità di K rispetto a K' (Velocità=vec{dx_O}/dtau_O);
2) tutto ciò che deriva immediatamente dalle T. di Lorentz, tipo formule
dell'aberrazione, paradosso gemelli, composizione delle Velocità ... da
ciò segue che potrei risolvere "a modo mio" tutti gli esercizi che
compaiono in un qualsisi testo di liceo per quanto, ovviamente, quasi
ogni esercizio andrebbe preventivamente "tradotto" perché quegli
esercizi fanno larghissimo uso di enti che nel "modo mio" sono vietati
(esempio, tutte le velocità andrebbero "tradotte" in termini delle
Velocità);
3) dimostrazione che, posto che un certo corpo C fisso in K generi un
certo campo vettoriale statico vec{E}(vec{x}) tale che una particella di
prova fissa in vec{x_p} sarà soggetta a una forza proporzionale a
q*vec{E}(vec{x_p}) dove q è una certa costante specifica della
particella di prova, se C si muovesse a Velocità vec{U} rispetto a K
allora in K oltre a un campo vec{E} (diverso dal precedente e ovviamente
non più statico), si genererà anche un campo vec{B};
4) dimostrazione del fatto che, nel caso descritto al punto 3), se la
particella di prova fosse in vec{x_p} non fissa in K ma in moto a una
certa Velocità vec{U_q}, allora la forza sulla particella di prova sarà
quella nota come forza di Lorentz;
5) dimostrazione delle relazioni che danno le trasformazioni dei campi
vec{E} vec{B} nel passaggio da un riferimento K a un riferimento K';
6) i punti 3)-6) valgono in generale cioè con vec{E} non si intende
necessariamente un campo elettrico, potrebbe, ad esempio, essere anche
un campo gravitazionale. Da ciò segue che, così come una sfera carica
elettricamente in rotazione attorno a un suo asse genererà, oltre a un
campo elettrico, anche un campo magnetico, anche una sfera dotata di
massa in rotazione attorno a un suo asse (es. la Terra) genererà oltre a
un campo gravitazionale (identico al campo elettrico suddetto previa
modifica dei parametri in gioco) anche un campo gravitomagnetico
(identico al campo magnetico suddetto previa modifica dei parametri in
gioco). Cioè segue l'effetto Lense-Thirring. Forse ricorderai che, circa
un anno fa, quando "scoprii" la cosa, ne rimasi molto stupito in quanto
la ignoravo totalmente. Chiesi nel gruppo e imparai dal gruppo che
l'effetto si chiama Lense-Thirring. Mi stupii anche del fatto che
Einstein non parlasse della cosa nel 1905. Tu mi dicesti che comunque
Einstein da subito dopo il 1905 (o, forse, già da prima) cominciò a
riflettere sulla gravitazione (e anche a scriverne) e che comunque, se
ben ricordo, sembrava strano anche a te che Einstein non avesse parlato
dell'effetto già nell'articolo del 1905;
7) determinazione delle Equazioni di Maxwell omogenee. Qui però la
maniera in cui scrivo il gradiente non mi piace. Cioè, mentre per quanto
detto nei punti 1)-6) ho la sensazione di scrivere le cose nella maniera
"giusta", i gradienti che scrivo nelle equazioni di Maxwell omogenee non
mi danno quella sensazione. Ho la sensazione che si debbano poter
scrivere meglio. Sta di fatto comunque che, per quanto scritto in
maniera che non mi soddisfa, le cose tornano, cioè le eq. di Maxwell mi
vengono come devono venire.
Mancano le equazioni di Maxweell non omogenee per quanto non dovrebbero
dare grossi problemi ma prima dovrei rivedermi la teoria delle
distribuzioni, che ho fatto un po' di decenni fa con Cicogna, onde
evitare di aggiungere ai gradienti scritti in maniera schifosa anche
altra roba scritta in maniera schifosa perché, siccome non mi ricordo
più come si trattano le funzioni delta, le sostituirei con accrocchi
strani che le simulano.
Il progetto che mi ero proposto arriverebbe fin qua. Non mi sono mai
proposto di riscrivere la "fisica relativistica attuale" la quale
comprende tanti aspetti che, come sai, ignoro.
Cioè so bene che, se anche completassi tutto ciò che mi sono proposto
(magari anche scritto tutto in maniera non schifosa), si potrebbero
(meglio, si dovrebbero) porre questioni tipo "E la RG come la
riscriveresti? E la QFT come la riscriveresti? E la ...?"
Nel caso risponderei che io di sicuro non posso riscrivere una cosa che
non conosco. Però, almeno per quanto riguarda la RG, ho l'impressione di
non conoscerla perché non riesco a capirla e mi pare di non capirla
proprio perché non è scritta a "modo mio". Può darsi che a quel punto,
una volta che io abbia finito di spiegare per bene cosa intendo con le
parole "RR a modo mio", spunti un'anima gentile in grado di spiegarmi
perché la RG a "modo mio" non ci si può proprio scrivere. Tipo come
quando io, allo "studente ingenuo", ho provato a spiegare che alla
domanda "quanto tempo ha impiegato la pallina a percorrere il tragitto?"
non si può rispondere perché la domanda è priva di senso se non si
specifica prima a quale orologio ci riferiamo.