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Indeterminazione

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Angelo M.

unread,
Dec 26, 2021, 9:10:03 AM12/26/21
to
Un aspetto della natura che, a mio avviso, è affascinante è quello descritta dalla relazione (o principio) d'indeterminazione.
Non riesco, dall'enunciato, a coglierne l'aspetto fisico.
La relazione si applica alle coppie di osservabili caratterizzate dal fatto che i corrispondenti operatori autoaggiunti non commutano.
In primo luogo non so farmi un elenco di tali coppie.
A parte la "Posizione / Quantità di moto", che è largamente citata, di quali altre grandezze si parla?
Spesso si cita anche la coppia Angolo/Azione, o Tempo/Energia.

Ma ciò è strano, visto che l'Azione è spesso quantizzata, e che al tempo (che non è una grandezza fisica) non è possibile associare alcun operatore autoaggiunto.

Ma al di là di questa considerazione, qual è il significato fisico collegato alla non commutabilità di due grandezze incompatibili?
Non esiste un criterio fisico per capire se due grandezze sono incompatibili?

Questa relazione pare consegnarci un mondo sfumato, dove l'estrazione di un'informazione di un parametro fa evaporare l'informazione su altri parametri .

Sembra quasi che l'atto di misurare determini una freccia del tempo: se misuro prima X perdo la precisione nella successiva misura di P. Pare ci sia un collegamento con l'entropia, anche se non l'ho visto mai, nella letteratura.


Un secondo punto bizzarro: nessuna delle due quantità di una coppia incompatibile può essere nulla (perchè, se lo fosse, l'imprecisione sul valore sarebbe zero, e nulla si potrebbe dire sul valore dell'altra)
Ciò porta a pensare che se confino in una scatola un oggetto, questo deve necessariamente incominciare a muoversi.
Sembra contrastare con la conservazione dell'energia, sempre che, per confinare, non occorra sempre spendere energia. Così stanno le cose?

Alberto Rasà

unread,
Dec 26, 2021, 10:25:03 AM12/26/21
to
Il giorno domenica 26 dicembre 2021 alle 15:10:03 UTC+1 giannim...@gmail.com ha scritto:
...
> Sembra quasi che l'atto di misurare determini una freccia
> del tempo: se misuro prima X perdo la precisione nella
> successiva misura di P.
>


No, il tempo non c'entra nulla, anche se, purtroppo, in molti testi di meccanica quantistica si parla della impossibilità di precisione arbitraria (o altra formulazione, ora quella corretta, lunga, non la dico qui perché non è il punto centrale) in "misure simultanee". In realtà quel "simultanee" significa *nello stesso stato quantistico* e non "nello stesso istante"!
E' difficile combattere contro questa ambiguità di interpretazione, che si è radicata nella comunità fisica.


Per quanto riguarda la precisione di una misura di x contrapposta a quella di una misura di p_x, si intende "precisione statistica" ovvero la deviazione standard, e non "precisione di una singola misura" (altra cosa spesso origine di malinteso).

--
Wakinian Tanka

Angelo M.

unread,
Dec 26, 2021, 5:45:03 PM12/26/21
to


> Per quanto riguarda la precisione di una misura di x contrapposta a quella di una misura di p_x, si intende "precisione statistica" ovvero la deviazione standard, e non "precisione di una singola misura" (altra cosa spesso origine di malinteso).

Non sono certo si tratti di "precisione statistica".

Bohr ricavò la relazione di indetermin. partendo dalla relazione di Fourier
delta x delta n = 1
dove delta x è l'imprecisione sulla posizione, e delta n è l'imprecione sul numero d'onda (inverso della lunghezza d'onda)
e applicando poi la formula di DeBroglie
Lamda=h/p (p è la qdm in una direzione)
e quella di Einstein
E=hn (n è il numero d'onda)
ricavando direttamente la relazione di indeterminazione di Heisemberg.

Ciò sembra espressione del principio di complementarità. L'incertezza è intrinseca e non operazionale.

Elio Fabri

unread,
Dec 26, 2021, 5:50:03 PM12/26/21
to
Angelo M. ha scritto:
> A parte la "Posizione / Quantità di moto", che è largamente citata,
> di quali altre grandezze si parla?
> Spesso si cita anche la coppia Angolo/Azione, o Tempo/Energia.
Di quelle che citi, solo la prima ha senso.
Non so se riuscirò a spiegarlo in uno spazio ragionevole...

Il primo esempio è l'unico in cui si possa fare un discorso pulito,
anche se non banale. Se q è una coord. cartesiana, che assuma tutti i
valori reali (lascio quindi da parte i casi di particelle vincolate,
che presentano problemi addizionali tutt'altro che semplici) e p il
suo momento coniugato, lo spazio di Hilbert H astratto degli stati
ammette una rappr. classica: lo spazio delle funzioni L^2(R).

In questo spazio l'operatore q è rappresentato dalla semplice
moltiplicazione per x di una funzione f(x), mentre p è rappresentato
da: -i hbar d/dx.
Superficialmente è ovvio che [q,p]= i hbar, ma se vai a grattare le
cose si complicano.
Primo: tanto q quanto p sono operatori autoaggiunti non limitati, che
hanno spettro continuo coincidente con R (assumo che tu sappia che
cos'è lo spettro di un op- autoaggiunto). Quindi (di passaggio) non
hanno autovettori.

Secondo: un op. non limitato non può avere per dominio tutto H. Poco
male: basta che D(q) e D(p) siano densi in H. E fin qui ci si arriva,
però già si vede che la scrittura
[q,p] = i hbar
che andrebe meglio scritta
[q,p] = i hbar I
(I op. identità) non può essere giusta.
Anzi: per dare significato al commutatore occorre verificare che i
prodotti qp e pq abbiano un dominio D comune denso in H. Si verifica
che ciò accade, ma ne segue che al posto di I bisogna scrivere I|D
(restrizione di I in D).

Terzo: operando in D si *dimostra* che vale la rel. d'indet. che sai.
Che quindi è un teorema di matematica (in realtà ben noto prima della
m.q. anche se non aveva l'interpr. fisica che stiamo dicendo).
Niente a che fare perciò con misure, compatibilità, ecc.

Quarto: un aspetto positivo è la dualità che esiste tra q e p, data
dalla trasf. di Fourier.

Ho parlato di rappr. di H con funzioni L^2 della variabile reale x,
dove q è rappresentato dalla moltiplicazione per x, ecc.
Nel gergo della m.q. questa si chiama "rappr. delle coordinate" oppure
"rappr. di Schroedinger".
Ma esiste anche la "rappr. dell'impulso", costituita dalle g(k) con p
rappresentato dalla molt. per k (e q da: i hbar d/dk).
Saprai che se un certo vettore di stato ha la rappr. f(x), la sua
rappr. dell'impulso non è che la trasf. di Fourier di f. Non sto a
scrivere la formula.

Qui finisce il caso "buono".
Passiamo ora all'azione, dove si trova in giro un po' di confusione,
Occorre conoscere un po' di mecc. hamiltoniana, e comunque si arriva a
un risultato semplicemente negativo: una rel. d'indet. in questo caso
*non esiste*.
Presumo che tu conosca l'azione con integrale su un intervali di tempo
della lagrangiana. Bene: l'azione di cui si parla qui non è quella.

Si parte dal teorema di Liouville (oggi noto come teorema di Liouville
Arnol'd) secondo cui se in un sistema hamiltoniana cn n gradi di
libertà esistono n integrali primi in convoluzione (ossia che
commutano tra loro) a,,ora il sistema è *integrabile*, ossia la
soluzione richiede il semplice calcolo d'integrali.
Gli n integrali primi J_i prendono il nome di "variabili d'azione", e
le variabili coniugate phi_i sono le "variabili di angolo".

Quando si quantizza il sistema, sarebbero queste le osservabili che
soddisferebbero rel. d'indet.
Ma c'è un ma, che ti illustro con un esempio.
Nel caso di un sistema che abbia invarianza per rotazioni, una coppia
"angolo-azione" è data dalla componente z del momento angolare (L_z) e
dall'angolo azimutale phi.
Puoi trovare spesso la relazione di commutazione:
[phi,L_z] = i hbar (1)
e magari l'asserzione che da qui segue la rel. d'indet. che sai.
Ma purtroppo è sbagliata e non ha senso.
Lo puoi capire da un assurdo che ne segue.
Sappiamo che L_z ha autovalori discreti (n hbar, con m in Z).
Assunta la (1), sia |m> un autovettore di L_z: calcoliamo

<m| [phi,L_z] |m> = <m| phi L_z] |m> - <m| L_z phi |m> =
<m| phi |m> - <m| phi |m> = 0. (2)

La spiegazione te la do domani.

> ...
> Questa relazione pare consegnarci un mondo sfumato, dove l'estrazione
> di un'informazione di un parametro fa evaporare l'informazione su
> altri parametri .
Lascia perdere.. Su questo ti rimando alla "candela" di cui parlo in
fondo.

> Un secondo punto bizzarro: nessuna delle due quantità di una coppia
> incompatibile può essere nulla (perché, se lo fosse, l'imprecisione
> sul valore sarebbe zero, e nulla si potrebbe dire sul valore
> dell'altra)
Qui sei tu che sbagli.
Non può essere nulla come non può avere nessun valore preciso, zero o
non zero.
Però può benissimo avere *valor medio* nullo, come accade per es. alla
x di qualsiasi elettrone nello stato stazionario di qualsiasi atomo.

> ...
> Ciò porta a pensare che se confino in una scatola un oggetto, questo
> deve necessariamente incominciare a muoversi.
> Sembra contrastare con la conservazione dell'energia, sempre che,
> per confinare, non occorra sempre spendere energia. Così stanno le
> cose?
Più o meno. Più facile capire che cosa succede se tenti d'impicciolire
la scatola.
La particella urta di continuo le pareti, quindi in media esercita una
pressione.
Per impicciolire la scatola devi fare lavoro contro questa pressione
(Ti avverto però che il discorso che ho fatto, per essere sbrigativo,
è parecchio impreciso, nel senso che mescola allegramente concetti
quantistici e concetti della mecc. statistica classica. Il tutto si può
mettere in pulito, ma non in questa risposta su un NG.)

Alberto Rasà ha scritto_
> E' difficile combattere contro questa ambiguità di interpretazione,
> che si è radicata nella comunità fisica.
Solo un brevissimo commento.
Purtroppo il principale colpevole è lo stesso Heisenberg.
Non sono riuscito a capire bene se avesse solo le idee poco chiare, o
se fosse viziato da un pregiudizio filosofico.
Sull'argomento ho scritto qualcosa anni fa:
http://www.sagredo.eu/candela/candel81.pdf
dalla fine di pag. 2 in poi.
--
Elio Fabri

Elio Fabri

unread,
Dec 28, 2021, 5:55:03 AM12/28/21
to
Angelo M. ha scritto:
> Non sono certo si tratti di "precisione statistica".
Secondo me stai equivocando sul significato di "precisione statistica"
(espressione che io comunque non userei).
Ma prima voglio fare un altro commento.

> Bohr ricavò la relazione di indetermin. partendo dalla relazione di
> Fourier delta x delta n = 1 dove delta x è l'imprecisione sulla
> posizione, e delta n è l'imprecione sul numero d'onda (inverso della
> lunghezza d'onda) e applicando poi la formula di DeBroglie Lamda=h/p
> (p è la qdm in una direzione) e quella di Einstein E=hn (n è il
> numero d'onda) ricavando direttamente la relazione di
> indeterminazione di Heisemberg.
Il difetto di tutto questo discorso, che mi sembra un po' strano, è
che non dai nessuna indicazione di dove hai trovato questa storia:
fonte, data di questo lavoro di Bohr).
Ho appena scritto, in altro ambiente, che bisogna sempre stare molto
atenti alle ricostruzioni storiche fatte dai fisici. Spesso non sono
attendibili.

> Ciò sembra espressione del principio di complementarità.
> L'incertezza è intrinseca e non operazionale.
Appunto: ti trae in inganno l'aggettivo "statistica".
Ma io credo che Alberto sappia benissimo il significato del PdI di
Heisenberg.
(A proposito: si scrive Heisenberg con la "n", non con la "m". Solo in
italiano vige la regola che davanti a "b" o "p" ci va sempre "m" e non
"n". In tedesco la regola non c'è.)

Ora spenderò un po' di tempo a spiegare, a te e ad altri eventualmente
interessati, il significato preciso della rel. d'indet., o meglio e
più in generale, dell'indeterminismo quantistico.
Mi baso su un esempio semplice e tradizionale: la polarizzazione dei
fotoni.

Consideriamo un esperimento standard, in cui si manda luce polarizzata
linearmente in un piano arbitrario su un prisma di Nicol (in gergo
detto semplicemente "nicol".
Senza stare a spiegare com'è fatto, ricordo che un fascio di luce
collimata, inviato perp. a una faccia del prisma, emerge dalla faccia
opposta scisso in due fasci, tra loro paralleli ma spostati: il
cosiddetto "raggio ordinario" e "raggio straordinario".
La caratteristica dei due raggi è di essere completamente polarizzati
in due piani perpendicolari, qualunque sia il grado e tipo di polar.
del fascio incidente.
Per comodità assumo che il raggio incidente sia orizzontale, e che i
due fasci uscenti siano polarizzati in un piano orizzontale (H) e in
un piano verticale (V).
La separazione spaziale permette di indirizzare i due raggi uscenti
dove si vuole, usando opportuni specchi, e di farli arrivare a due
distinti rivelatori A e B. Supponiamo che su A arrivi la luce
polarizzata H e su B quella polar. V

Ragioniamo ora in termini di fotoni. I rivelatori siano
fotomoltiplicatori capaci di rivelare il fotone singolo, e il fascio
incidente sia così debole da permettere di distinguere l'arrivo sui
rivelatori di un fotone per volta.
Che cosa accade se i fotoni incidenti sono tutti polarizzati H è
ovvio: tutti i fotoni arrivano ad A e vengono rivelati, idealmente
senza alcuna perdita (non sarà proprio così perché nessun rivelatore
ha efficienza 100%).
Se invece i fotoni incidenti sono V, arriveranno tutti su B.

E che succede se i fotoni incidenti sono polarizzati a 45°?
Si vede che all'incirca metà dei fotoni arrivano su A e metà su B,
ossia metà dei fotoni escono dal nicol polarizzati H e metà polar. V.
Perché "all'incirca"?
Perché si tratta di un fenomeno casuale: ciascun fotone ha prob. 1/2
di uscire con polar. H oppure V, e non c'è modo di prevedere per
ciascun fotone quale stato di polar. "sceglierà".
Abbiamo quindi un problema di prove ripetute con prob. 1/2, e su N
prove lo s.q.m. è sqrt(N)/2.
E' questa la "precisione statistica" di cui ha parlato Alberto, ed è
solo la manifestazione, su un campione di N prove, di una basilare
indeterminazione del risultato di ciascuna prova.

Abbiamo realizzato, con questo esperimento, un caso pratico dello
schema teorico che si legge su qualunque testo di m.q.: dato un
generico stato di un sistema, la misura di un'osservabile Q fornisce
come risultato uno qualunque degli autovalori di Q, con una prob. che
dipende dallo stato.
Se si esegue un'unica prova, il risultato è del tutto imprevedibile.

Se si eseguono più prove indipendenti, simultaneamente su più copie
identiche del sistema, oppure in successione temporale, ripetendo la
misura sullo stesso sistema riportato ogni volta nello stesso stato
iniziale, il risultato è una distribuzione statistica del problema di
più prove ripetute con data probab. dei possibili esiti.

Tornando all'esperimento coi fotoni, nota che la misura è completa
solo dopo che i fotoni sono stati rivelati, non prima.
Se fai entrare nel nicol fotoni tutti nello stesso stao (per es. a 45°)
in uscita dal nicol hai *per ciascun fotone* uno stato "intrecciato"
(entangled) in cui l'osservabile polarizzazione è intrecciata con
l'osservabile posizione.
I rivelatori non misurano la polarizzazine, ma solo la posizione; però
l'intreccio fa sì che una misura di posizione sia strettamente
equivalente a una misura di polarizzazione.
--
Elio Fabri

Angelo M.

unread,
Dec 28, 2021, 5:55:03 AM12/28/21
to
Commento pensando che il formalismo Hamiltoniano e' piu' ricco
di quello lagrangiano. Infatti da ogni Lagrangiana ottieni una Hamiltoniana, ma non vale il viceversa.

Nella meccanica di Hamilton esistono traformazioni canoniche che non sono interpretabili fisicamente. Non basta che due variabili siano canonicamente coniugate, nel senso hamiltoniano, perchè tra loro sussita l'ideterminazione.

Però mi ha colpito la potenza del formalismo di H., quando ho visto dimostrare, in modo elegante, che il periodo delle orbite dei pianeti non dipende dall'eccentricità dell'orbita.

> > Questa relazione pare consegnarci un mondo sfumato, dove l'estrazione
> > di un'informazione di un parametro fa evaporare l'informazione su
> > altri parametri .
> Lascia perdere.. Su questo ti rimando alla "candela" di cui parlo in
> fondo.

Comprendo il tuo suggerimento.
E' il caso che io confessi che la mia laurea è in Filosofia, conseguita dopo un giovanile liceo scientifico.
Non è senza motivo che in un NG di fisica questa mia formazione possa apparire fuori luogo, se non addirittura blasfema. :-).
I filosofi tendono a sparare immani cazzate quando si illudono di avere competenze che non hanno.


Però io penso che non si possa fare filosofia, oggi, se non si possieda, almeno in una certa misura, la conoscenza della struttura della Fisica, della Biologia, della Psicologia, della logica, etc.
(ti prego di non chiedermi dove vada situata questa "certa misura"; mi metteresti in difficoltà).

E' ovviamente sempre indebita la trasposizione di un concetto valido in una disciplina in un altra disciplina.
Per divertire, riporto il ragionamento proposto (purtroppo seriamente) da un mio collega:


" Poichè è dimostrato che ogni sistema formale sufficientemente ricco contiene almento una proposizione indecidibile, e poichè la mente è necessariamente un sistema formale, allora esistono idee lecite indecidibili, e dunque deve esistere un sistema di ordine superiore, che decida la verità".
Sfortunatamente, la densità di simili castronerie (più o meno grossolane) è più elevata di quello che si pensi.


Per contro:

- le rivoluzioni di pensiero che nascono, in dati periodi storici, nelle diverse discipline hanno un filo conduttore comune. Come se in effetti ci fosse qualcosa di mutuabile, nelle scoperte.
Forse è quel fenomeno che Jung chiamò "sincronicità"

- penso che ogni uomo curioso del mondo, senta il rimpianto del tempo in cui era obiettivo perseguibile la cultura leonardesca, a tutto tondo. La padronanza ( o quantomeno la semplice comprensione) di ogni argomento esige ora, se non una vita, quasi.
E, incidentalmente, bisogna anche lavorare per portare a casa la pagnotta.

Per questo tentavo di dare un significato positivo alla divulgazione scientifica.

> Sull'argomento ho scritto qualcosa anni fa:
> http://www.sagredo.eu/candela/candel81.pdf
> dalla fine di pag. 2 in poi.

Ho letto questa tua cosa.
Ho pensato, anche se la mia valutazione poco qualificata non è significativa, che tu sia bravo.

Angelo M.

unread,
Dec 28, 2021, 1:40:03 PM12/28/21
to
....
> Ma prima voglio fare un altro commento.
> > Bohr ricavò la relazione di indetermin. partendo dalla relazione di
> > Fourier delta x delta n = 1 dove delta x è l'imprecisione sulla
> > posizione, e delta n è l'imprecione sul numero d'onda (inverso della
> > lunghezza d'onda) e applicando poi la formula di DeBroglie Lamda=h/p
> > (p è la qdm in una direzione) e quella di Einstein E=hn (n è il
> > numero d'onda) ricavando direttamente la relazione di
> > indeterminazione di Heisemberg.
> Il difetto di tutto questo discorso, che mi sembra un po' strano, è
> che non dai nessuna indicazione di dove hai trovato questa storia:
> fonte, data di questo lavoro di Bohr).

La fonte:
N. Bohr, The quantum postulate and the recent development of atomic theory, in Nature, vol. 121, 1928.
La cosa è ripresa (in modo succinto) da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_indeterminazione_di_Heisenberg (paragrafo: Derivazioni di Bohr
Io ne ho riportato solo lo schema. Ho fatto il traduttor del traduttor di Omero

Alberto Rasà

unread,
Dec 28, 2021, 3:50:04 PM12/28/21
to
Il giorno domenica 26 dicembre 2021 alle 23:45:03 UTC+1 giannim...@gmail.com ha scritto:
...
> > Non sono certo si tratti di "precisione statistica".
...
> > Ciò sembra espressione del principio di complementarità.
> L'incertezza è intrinseca e non operazionale.
>

Premesso che Elio Fabri ti ha dato una spiegazione dettagliata e che non ci sia altro da aggiungere, mi incuriosisce conoscere il significato che tu attribuisci ad alcune tue affermazioni, che riporto qui sotto tra i segni << >>.

<<La relazione si applica alle coppie di osservabili>>
Cosa sono per te "le osservabili" in meccanica quantistica (MQ)?

<<L'incertezza è intrinseca e non operazionale.>>


"L'incertezza" di che cosa, esattamente? Se mi rispondi "ad esempio della posizione o della quantità di moto o del numero d'onda" ti devo chiedere come conosci queste grandezze in MQ.

E che significa "intrinseca"?




Tanto per fare un esempio, tali grandezze, per te, esistono intrinsecamente in una particella? E se è così, come lo sai? E' un postulato? E se la loro incertezza è intrinseca, come lo sai? Mica uno si può svegliare la mattina e dire: "ma, secondo me la quantità di moto e la posizione sono 'sti oggetti matematici in MQ e si prova matematicamente che sono 'incerti' [qualunque cosa possa significare]" senza alcun legame con la realtà fisica. Qual' è questo legame, per te?

<<Sembra quasi che l'atto di misurare determini una freccia del tempo: se misuro prima X perdo la precisione nella successiva misura di P>>

Se qui parli di "misure", che vuol dire "operazionale" nella tua frase:

<<L'incertezza è intrinseca e non operazionale>>?

--
Wakinian Tanka

Angelo M.

unread,
Dec 29, 2021, 9:10:02 AM12/29/21
to

> E che significa "intrinseca"?
>

Mi sembra ovvio che per conoscere un valore di una grandezza occorre effettuare una misura.
Per conoscere quante monetine ho in tasca, devo tirarle fuori e contarle.

Se penso che l'atto di contare determini quante monetine ho in tasca (o, addirittura, le generi ) ricado nell'idealismo, posizione filosofica rispettabile, ma che vorrei evitare di considerare, qui.
Faccio un caso concreto:

qualsiasi raggio laser diverge, nel senso che se lo invio verso un bersaglio, ritrovo un cerchio di luce più grande del foro della cavità risonante, di raggio proporzionale alla distanza del bersaglio.
Non ostante si tratti fotoni coerenti.

Spiego questa divergenza col fatto che ogni fotone ha la componente QdM normale alla direzione emittente - bersaglio che non può essere inferiore a quanto dato dalla rerlazione di indeterminazione.

E' naturale che per affermare che il raggio diverge occorre fare delle misure, ma tu pensi seriamente che il raggio del cerchio di luce sul bersaglio sia diverso se non lo misuro?
In questo senso pensavo ad una indeterminazione intrinseca.

JTS

unread,
Dec 29, 2021, 11:35:03 AM12/29/21
to
giannim...@gmail.com schrieb am Mittwoch, 29. Dezember 2021 um 15:10:02 UTC+1:

>
> E' naturale che per affermare che il raggio diverge occorre fare delle misure, ma tu pensi seriamente che il raggio del cerchio di luce sul bersaglio sia diverso se non lo misuro?
>

Penso che se non lo misuro, non sono obbligato a parlarne (idea presa da Feynman).

Elio Fabri

unread,
Dec 29, 2021, 3:00:03 PM12/29/21
to
Avevo scritto:
> Ora spenderò un po' di tempo a spiegare, a te e ad altri
> eventualmente interessati, il significato preciso della rel.
> d'indet., o meglio e più in generale, dell'indeterminismo
> quantistico.
> Mi baso su un esempio semplice e tradizionale: la polarizzazione dei
> fotoni.
Rileggendo ciò che ho scritto dopo mi sono accorto che in un punto c'è
una cosa errata, che ho contraddetta poco dopo.
Forse non ve ne siete accorti, o forse non avete avuto coraggio di
rilevarlo. Comunque non posso lasciar cadere la cosa, sapendo che
Google non perdona, e quello che ho scritto resterà forse per altri 20
anni :-)

La frase incriminata è la seguente:
> E che succede se i fotoni incidenti sono polarizzati a 45°?
> Si vede che all'incirca metà dei fotoni arrivano su A e metà su B,
> ossia metà dei fotoni escono dal nicol polarizzati H e metà polar. V.

Più avanti però si legge:
> Tornando all'esperimento coi fotoni, nota che la misura è completa
> solo dopo che i fotoni sono stati rivelati, non prima.
> Se fai entrare nel nicol fotoni tutti nello stesso stao (per es. a
> 45°) in uscita dal nicol hai *per ciascun fotone* uno stato
> "intrecciato" (entangled) in cui l'osservabile polarizzazione è
> intrecciata con l'osservabile posizione.

E' chiaro che le due frasi non vanno d'accordo, e solo la seconda è
giusta.
Il nicol non fa collassare lo stato in autostato della polarizzazione;
ha solo l'effetto che ho scritto dopo, ossia di separare spazialmente
lo stato H dallo stato V.

La prova di questo è che se si ricombinano i due raggi, ordinario e
straordinario, si può ricostruire lo stato a 45°.
Non so se questo esperimento sia stato fatto, ma so che questa
possibilità è discussa in diversi libri.
Per es. nel cap. 5 del terzo volume delle "Feynman's Lectures". Però
non vi consiglio di andare oltre la fig. 5-3, se non volete perderci
la testa :-)
Ciò che m'interessa è che la fig. 5-3 mostra un apparato che fa (con
atomi di spin 1) proprio quello che dicevo: ricostruisce un unico
fascio, in cui gli atomi (i fotoni) si trovano nello stesso stato di
spin che avevano entrando.

C'è un altro punto che voglio chiarire. Nella seconda ciatzione che
vedete sopra parlo di "osservabili intrecciate", e avreste potuto
obiettarmi che finora avevate soltanto sentito parlare di *stati*
intrecciati, non di osservabili.
Questo non è un errore, ma al più un abuso di linguaggio. Comunque
chiarisco.

In realtà c'è un'altra cosa che dovrebbe suonarvi insolita: di stati
intrecciati ne avrete sentito parlare solo per lo stato di un sistema
formato da due sottosistemi, eventualmente distanti tra loro, come
negli esperimenti alla Aspect.
Qui invece c'è un solo fotone: dove sono i sottosistemi?

Purtroppo per chiarire debbo dilungarmi un pochino.
Nel caso dei due sottosistemi separati, la cosa procede così, come
descrizione teorica.
Siano S1, S2 i due sottosistemi; ciascuno dei due ha il suo spazio di
Hilbert: H1, H2 e le sue osservabili, definite come operatori sui due
spazi.
Se considero S1 e S2 come un unico sistema, ad esso apparterrà uno
spazio di Hilbert H: in che relazione sta H con H1 e H2?
Risposta: H è il *prodotto tensoriale* di H1 e H2.
C'è una notazione per questo, che qui non posso riprodurre: un
cerchietto con dentro un segno di x. Io userò soltanto la x:
H = H1 x H2.
Va bene, ma questa è solo una notazione, com'è definito questo prodotto?
Fissiamoci sul caso degli stati di polarizzazione dei fotoni: tutti i
vettori di stato si esprimono come combinazioni lineari di |H> e |V>:

|P1> = a1 |H1> + b1 |V1>

per il primo fotone,

|P2> = a2 |H2> + b2 |V2>

per il secondo.
Nel prodotto tensoriale H una base consiste di 4 vettori:
|H1>|H2>, |H1>|V2>, |V1>|H2>, |V1>|V2>,
dove ho omesso il segno di prodotto per semplicità e perché è ovvio.
Da qui:

|P1>|P2> =
a1 b1 |H1>|H2> + a1 b2 |H1>|V2> + b1 a2 |V1>|H2> + b1 b2 |V1>|V2>.

Questo è il prodotto tensoriale di |P1> e |P2>, ma non è il più
generale vettore di H, che si scriverà

|Q> = c1 |H1>|H2> + c2 |H1>|V2> + c3 |V1>|H2> + c4 |V1>|V2>.

Il punto importante è che mentre |P1>|P2> è *fattorizzato* nel
prodotto di due vettori risp. di H1 e H2, questo non è vero in generale
per la combinazione con coeff. arbitrari c1, c2, c3, c4.
Lascio a voi il piccolo problema matematico di trovare la condizione
cui debbono soddisfare c1, c2, c3, c4 affinché |Q> risulti
fattorizzato.
Se non è fattorizzato, è uno stato *intrecciato* del sistema di due
fotoni.
Questo è qualcosa che dunque non dice niente di nuovo.

Ma si può fare un altro gioco, tenendo presente che un fotone (uno
solo) oltre l'osservabile polarizzazione possiede altre osservabili,
per es. la posizione z nella direzione in cui un nicol devia il
fascio.
Quindi lo spazio di Hilbert di *un fotone* è più complesso dei soli
stati di polarizzazione: dobbiamo includerci anche la posizione (qui
sarò interessato solo alla z, ma ci sarebbero anche le altre
coordinate).
Dato che polarizzazione e posizione non hanno niente in comune, posso
pensare che esistano due spazi di Hilbert separati: uno Hp per la
polarizzazione, coi vettori base |H>, |V>, e uno Hz per la coord. z,
di cui non dovrei scrivere basi perché sono quelle di una particella
libera in una dimensione, e si possono scegliere in tantissimi modi, a
seconda di come conviene.
Farò però una porcheria molto comune a questo punto: prenderò in Hz
una "pseudo-base" formata dagli "autovettori" di z (le virgolette
stanno a ricordare che questi autovettori non esistono; ma Dirac ci ha
insegnato come usarli :-) ).
Ciò posto, lo spazio di Hilbert del nostro fotone sarà il prodotto
tensoriale Hp x Hz e un tipico vettore base sarà |a,H>, che indica:
il fotone sta nella posizione z ed è polarizzato orizzontalmente.

Sono finalmente in condizioni di scrivere lo stato del fotone
all'uscita dal nicol:

|U> = a |zh>|H> + b |zv>|V>

dove zh è l'altezza alla quale esce il raggio ordinario, polarizato H,
e zv quella del raggio straordinario, polarizzato V.
I coefficienti a, b ci vogliono perché lo stato in uscita dipende
dallo stato in entrata, e questa dipendenza si manifesta appunto nei
valori di a e b.
Per es. (chiedo a voi) che cosa mettereste per a,b se il fotone
entrante fosse polarizzato H?
E se fosse polarizzato a 45°?

Comunque siamo in fondo: il nicol trasforma lo stato entrante, in cui
posizione e polarizzazione hanno valori determinati, in uno stato
*intrecciato*, in cui nessuna delle due osservabili ha un valore
determinato; per di più esse sono strettamente *correlate*.
Infatti se all'uscita misuriamo z possiamo trovare due soli valori: zh
o zv. Se per es. troviamo zh lo stato collassato dopo la misura sarà
|zh>|H>, quindi anche la polar. sarà determinata, con valore H.

Ora capite (spero) perché la prima frase era sbagliata: in uscita dal
nicol non ci sono fotoni H e fotoni V: tutti i fotoni escono nello
stesso stato intrecciato |U>.

E anche questa è fatta...
--
Elio Fabri

Angelo M.

unread,
Dec 30, 2021, 6:00:03 AM12/30/21
to
Prima ancora che da Feynman, da Ludwig Wittgenstein: "Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.
:-)


Ma, a parte gli scherzi, se è giusto che la divergenza di un raggio laser è un'evidenza sperimentale, ed i conti tornano applicando la relazione di di indeterminazione (l'imprecisione sulla posizione di un fotone è il diametro del foro di uscita, da cui l'imprecisione sulla quantità di moto è almeno deltaP=h/deltax ) mi sento autorizzato a supporre che ciò avverrà anche quando non misuro.
O no?

Alberto Rasà

unread,
Dec 30, 2021, 6:00:03 AM12/30/21
to
Il giorno mercoledì 29 dicembre 2021 alle 15:10:02 UTC+1 giannim...@gmail.com ha scritto:
> Wakinian Tanka wrote:
> > E che significa "intrinseca"?
>
> Mi sembra ovvio che per conoscere un valore di una grandezza occorre effettuare una misura.
> Per conoscere quante monetine ho in tasca, devo tirarle fuori e contarle.
>

> Se penso che l'atto di contare determini quante monetine ho in tasca (o, addirittura, le generi ) ricado nell'idealismo, posizione filosofica rispettabile, ma che vorrei evitare di considerare, qui.
>
Ah si? Vedi? Sei un filosofo, la fisica non la conosci.
Se il numero di monetine fosse ben definito anche prima della misura, perché diamine la misura dovrebbe dare valori differenti tutte le volte?


Cavolo, dove starebbe tutta la questione dell'interpretazione, dove starebbero tutti i misteri, tutte le problematiche per cui Bohr, Einstein, Heisenberg, Schrodinger, Born, De Broglie, Wigner, Von Neumann, Bohm, Feynman, Everett, Bell, Cramer, Aspect, Zeilinger, Hardy, T'Hoft, Rovelli, ecc, ecc, ecc, si sarebbero scontrati e avrebbero discusso da un secolo a questa parte?
>
...
> E' naturale che per affermare che il raggio diverge
> occorre fare delle misure, ma tu pensi seriamente
> che il raggio del cerchio di luce sul bersaglio sia
> diverso se non lo misuro?
>
Ma il cerchio di luce sullo schermo bersaglio *è già* la misura della luce.

La domanda caso mai potrebbe essere: ma tu credi veramente che un singolo fotone abbia quell'esatto valore di quella componente ortogonale della quantità di moto anche se non fai la misura?

P. S.
Aspetto le risposte anche alle altre domande.

--
Wakinian Tanka

JTS

unread,
Jan 14, 2022, 7:15:03 PM1/14/22
to
giannim...@gmail.com schrieb am Donnerstag, 30. Dezember 2021 um 12:00:03 UTC+1:
> Il giorno mercoledì 29 dicembre 2021 alle 17:35:03 UTC+1 JTS ha scritto:
> > giannim...@gmail.com schrieb am Mittwoch, 29. Dezember 2021 um 15:10:02 UTC+1:
> >
> > >
>

> > > E' naturale che per affermare che il raggio diverge occorre fare delle misure, ma tu pensi seriamente che il raggio del cerchio di luce sul bersaglio sia diverso se non lo misuro?
> > >
> > Penso che se non lo misuro, non sono obbligato a parlarne (idea presa da Feynman).
> Prima ancora che da Feynman, da Ludwig Wittgenstein: "Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.
> :-)


Non è equivalente, ma magari non ho capito Wittgenstein (che non conosco). Feynman non dice che _non possiamo_ parlare di cose non misurabili, dice solo che _non siamo obbligati_ a parlarne.


>


> Ma, a parte gli scherzi, se è giusto che la divergenza di un raggio laser è un'evidenza sperimentale, ed i conti tornano applicando la relazione di di indeterminazione (l'imprecisione sulla posizione di un fotone è il diametro del foro di uscita, da cui l'imprecisione sulla quantità di moto è almeno deltaP=h/deltax ) mi sento autorizzato a supporre che ciò avverrà anche quando non misuro.
> O no?

Non siamo obbligati a rispondere.


La mia impressione è che Feynman giocasse a fare la persona rozza, fosse invece piuttosto sofisticato. Mi piace molto (OT rispetto al thread) anche il suo pezzo sulla fine della fisica particellare, che si può trovare in "La legge fisica" (alla fine del libro).
Sono possibili tre cose secondo F.
- ci sono perpetue novità, che si presentano sempre allo stesso ritmo (cosa che lui giudica molto improbabile e anche noiosa)
- ci sono novità, ma ogni passo in avanti è più piccolo del precedente ed acquistato con maggior fatica
- si scopre tutto

Alberto Rasà

unread,
Apr 14, 2022, 8:55:03 AM4/14/22
to
Il giorno domenica 26 dicembre 2021 alle 23:50:03 UTC+1 Elio Fabri ha scritto:
...
> Alberto Rasà ha scritto_
> > E' difficile combattere contro questa ambiguità di interpretazione,
> > che si è radicata nella comunità fisica.
>
[Ricordo che qui mi riferivo a:


No, il tempo non c'entra nulla, anche se, purtroppo, in molti testi di meccanica quantistica si parla della impossibilità di precisione arbitraria (o altra formulazione, ora quella corretta, lunga, non la dico qui perché non è il punto centrale) in "misure simultanee". In realtà quel "simultanee" significa *nello stesso stato quantistico* e non "nello stesso istante"!]
>
> Solo un brevissimo commento.
> Purtroppo il principale colpevole è lo stesso Heisenberg.
> Non sono riuscito a capire bene se avesse solo le idee poco chiare, o
> se fosse viziato da un pregiudizio filosofico.
> Sull'argomento ho scritto qualcosa anni fa:
> http://www.sagredo.eu/candela/candel81.pdf
> dalla fine di pag. 2 in poi.
>
Scusa per la riesumazione di questo thread.

Ho fatto presente questa "ambiguità di interpretazione" di cui sopra in un post su Facebook in cui anche l'autore introduce il P. I. con "la impossibilità di una misura simultanea... " ed ho scritto:


<Scusa se mi permetto ma ribadisco: la simultaneità temporale non c'entra nulla. Il punto è la correlazione tra le deviazioni standard delle osservabili coniugate *sullo stesso stato*. Il teorema si dimostra da questo presupposto>

e mi è stato risposto così:


< le deviazioni standard dipendono parametricamente dal tempo perché tale è lo stato. Se l'osservatore decide di eseguire una misura in un determinato stato, ciò equivale a misurare simultaneamente le osservabili>

Fonte:
https://m.facebook.com/groups/327721555160536/permalink/693359588596729/
>
Che ne pensi?
Ciao.

--
Wakinian Tanka

Giorgio Pastore

unread,
Apr 14, 2022, 9:45:04 AM4/14/22
to
Il 14/04/22 14:03, Alberto Rasà ha scritto:
....
> Ho fatto presente questa "ambiguità di interpretazione" di cui sopra in un post su Facebook in cui anche l'autore introduce il P. I. con "la impossibilità di una misura simultanea... " ed ho scritto:
>
>
> <Scusa se mi permetto ma ribadisco: la simultaneità temporale non c'entra nulla. Il punto è la correlazione tra le deviazioni standard delle osservabili coniugate *sullo stesso stato*. Il teorema si dimostra da questo presupposto>
>
> e mi è stato risposto così:
>
>
> < le deviazioni standard dipendono parametricamente dal tempo perché tale è lo stato. Se l'osservatore decide di eseguire una misura in un determinato stato, ciò equivale a misurare simultaneamente le osservabili>
...

E' un po' confusa come risposta.

Però non è che la simultaneità temporale non c'entri nulla con i limiti
alle misure sullo stesso sistema. E' un po' più sottile:
Sia le relazioni sulle deviazioni standard di osservabili coniugate
nello stesso stato, sia i limiti alla incertezza ottenibile da una
misura di due osservabili sullo stesso sistema allo stesso tempo
discendono dalla non commutazione dei corrispondenti operatori. Tuttavia
la forma quantitativa di questi limiti all' incertezza prende i valori
previsti da Heisenberg solo nel caso in cui si guardi alla distribuzione
di misure indipendenti dei due osservabili in un ensemble di sistemi
preparati nello stesso stato.

Giorgio

Giorgio Bibbiani

unread,
Apr 17, 2022, 9:30:03 AM4/17/22
to
Il 14/04/2022 15:41, Giorgio Pastore ha scritto:
...
> Però non è che la simultaneità temporale non c'entri nulla con i limiti alle misure sullo stesso sistema. E' un po' più sottile:
> Sia le relazioni sulle deviazioni standard di osservabili coniugate nello stesso stato, sia i limiti alla incertezza ottenibile da una misura di
> due osservabili sullo stesso sistema allo stesso tempo discendono dalla non commutazione dei corrispondenti operatori. Tuttavia la forma
> quantitativa di questi limiti all' incertezza prende i valori previsti da Heisenberg solo nel caso in cui si guardi alla distribuzione di misure
> indipendenti dei due osservabili in un ensemble di sistemi preparati nello stesso stato.

Faccio una domanda, più che altro per capire quali siano
i possibili errori nel mio ragionamento...
Date 2 osservabili tali che il valore atteso del commutatore degli
operatori associati sia non nullo in qualsiasi stato, si può dedurre
che sia impossibile una misura contemporanea delle 2 osservabili?
Ciò perché dato l'assioma per cui dopo una misura il sistema si trova
in un autostato dell'osservabile misurata, misurando _contemporaneamente_
le 2 osservabili di cui sopra allora dopo la misura il sistema si
troverebbe in un autostato di entrambe e su quello stato l'indeterminazione
della misura di entrambe le osservabili risulterebbe nulla, in disaccordo
con le relazioni di indeterminazione...

Ciao

--
Giorgio Bibbiani

Giorgio Pastore

unread,
Apr 17, 2022, 3:25:03 PM4/17/22
to
Il 17/04/22 07:17, Giorgio Bibbiani ha scritto:
> Il 14/04/2022 15:41, Giorgio Pastore ha scritto:
> ...
>> Però non è che la simultaneità temporale non c'entri nulla con i
>> limiti alle misure sullo stesso sistema. E' un po' più sottile:
>> Sia le relazioni sulle deviazioni standard di osservabili coniugate
>> nello stesso stato, sia i limiti alla incertezza ottenibile da una
>> misura di due osservabili sullo stesso sistema allo stesso tempo
>> discendono dalla non commutazione dei corrispondenti operatori.
....

> Faccio una domanda, più che altro per capire quali siano
> i possibili errori nel mio ragionamento...
> Date 2 osservabili tali che il valore atteso del commutatore degli
> operatori associati sia non nullo in qualsiasi stato, si può dedurre
> che sia impossibile una misura contemporanea delle 2 osservabili?
> Ciò perché dato l'assioma per cui dopo una misura il sistema si trova
> in un autostato dell'osservabile misurata, misurando _contemporaneamente_
> le 2 osservabili di cui sopra allora dopo la misura il sistema si
> troverebbe in un autostato di entrambe e su quello stato l'indeterminazione
> della misura di entrambe le osservabili risulterebbe nulla, in disaccordo
> con le relazioni di indeterminazione...

Il ragionamento è ineccepibile all'interno del formalismo della MQ (e
della sua interpretazione) da von Neumann in poi. Ma von Neumann ci
lavorò negli anni '30. Da quasi 50 anni decine di fisici hanno cercato
di capire meglio cosa veramente il formalismo permetta di dire e di non
dire e soprattutto quali sono le domande interessanti a riguardo.
La storia completa è un po' lunga e un buon punto di partenza per
apprezzarla appieno è il lavoro di PAUL BUSCH, TEIKO HEINONEN, AND
PEKKA LAHTI
https://arxiv.org/abs/quant-ph/0609185v3 (pubblicato in Physics Reports
452 (2007) 155-176) nonché alcuni dei riferimenti indicati in bibliografia.

Provo a riassumere alcuni dei punti-chiave della questione. Prima però
parto con un "disclaimer": non è il mio campo di ricerca e la questione
mi ha interessato da semplice utilizzatore della MQ, per seguire gli
sviluppi recenti nel campo. Il quadro che me ne sono fatto può non
essere fedele al 100% ma fin dove riesco a seguire gli sviluppi mi
sembra fondato e interessante

1. le relazioni di incertezza "di Heisenberg" (in realtà dimostrate da
Kennard e e Richardson negli anni '30) esprimenti la relazione tra la
larghezza dlle distribuzioni di probabilità di osservabili non
commutanti per sistemi *nello stesso stato*, colgono solo una parte del
contenuto fisico delle idee originali di Heisenberg.
In particolare non dicono molto su due questioni collegate ma non
coincidenti:
- cosa possiamo dire sui disturbi che la misura di una osservabile
comporta per la misura di un'altra osservbile non commutante (e qui
entra in gioco la misura fisica, non la distribuzione di probabilità a
priori collegata ad uno stato quantistico). Anche se escludiamo la
misura simultanea, possiamo porci il problema di misure arbitrariemante
vicine mel tempo.

- quanto le informazioni sulla *misura* di una quantità permettono di
vincolare quello che si può dire sui valori di un'altra?

Da notare che in entrambi i casi l'enfasi va sulla *misura*, ovvero (e
qui c'è la differenza maggiore rispetto alle relazioni classiche) e
quindi qualcosa in cui dovrebbe entrare anche l'apparato di misura,
invece di relazioni basate unicamente su proprietà dello stato del
sistema quantistico.

2. i progressi nell'analisi relativa ai due punti precedenti, vengono
dal formalizzare e discutere le conseguenze sulle osservabili del
sistema di osservabili più generali che includno anche il sistema di
misura per approdare a relazioni approssimate ma che dicono ancora
qualcosa sul sistema.

3. Analizzando il comportamente di sistemi ampliati per descrivere anche
l'apparato sperimentale si arriva ad una genralizzazione delle usuaii
relazioni di incertezza che tengono conto solo degli osservabili del
sistema per approdare a relazioni tra quantità che descrivono
l'accuratezza della misura e incertezza sulle osservabili. Si arriva
così a quelle che vengono chamate relazioni di "Error-Tradeoff" per
misure congiunte di osservabili non commutanti.

Un risultato generale di queste analisi è che anche per queste quantità
legate a misure congiunte valgono relazioni "alla-Heisenberg" (>~ hbar)
per il caso posizione-momento.

Va anche notato che il capo è attualmente abbastanza attivo, in quanto
direttamente collegato con le problematiche tecnologiche del Quantum
Computing.

Giorgio

Alberto Rasà

unread,
Apr 17, 2022, 3:25:03 PM4/17/22
to
Il giorno domenica 17 aprile 2022 alle 15:30:03 UTC+2 Giorgio Bibbiani ha scritto:
...
> Ciò perché dato l'assioma per cui dopo una misura il sistema si trova
> in un autostato dell'osservabile misurata, misurando _contemporaneamente_
> le 2 osservabili di cui sopra allora dopo la misura il sistema si
> troverebbe in un autostato di entrambe e su quello stato l'indeterminazione
> della misura di entrambe le osservabili risulterebbe nulla, in disaccordo
> con le relazioni di indeterminazione...
>
Non so bene la risposta ma ti dico come la penso (fino a prova contraria :-) ).

Fabri ed altri che ora non ricordo hanno sempre scritto che il PdI ha poco a che fare con le misure ma si riferisce alle proprietà degli stati.


Però volendo fare delle misure, come sai che le misure della osservabile A e della oss. B sono simultanee? Devi misurarne l'intervallo di tempo, che è affetto da errore, quindi nulla vieta che ci sia un errore su quale viene effettuata prima perciò se l'errore è casuale, il risultato sarà un autostato di A o un autostato di B in modo casuale.

Un problema che emerge è quanto tempo richiede una singola misura per porre il sistema in un autostato dell'operatore associato a quella osservabile.

--
Wakinian Tanka

Giorgio Bibbiani

unread,
Apr 18, 2022, 5:25:02 AM4/18/22
to
Il 17/04/2022 20:03, Giorgio Pastore ha scritto:
...
> La storia completa è un po' lunga e un buon punto di partenza per apprezzarla appieno è il lavoro  di PAUL BUSCH, TEIKO HEINONEN, AND PEKKA LAHTI
> https://arxiv.org/abs/quant-ph/0609185v3 (pubblicato in Physics Reports 452 (2007) 155-176) nonché alcuni dei riferimenti indicati in bibliografia.
...

Grazie mille a te e ad Alberto per la risposta :-), mi aiuta
molto a inquadrare il problema, io conoscevo solo la prima delle
3 manifestazioni del "princìpio" di indeterminazione descritte
nel testo che citi; incidentalmente, i primi 2 paragrafi
sono ancora alla mia portata, poi si inizia a usare il
"full-fledged apparatus of quantum mechanics" e il testo
diventa per me ostico, ma utile per capire cosa
cercare e studiare possibilmente in futuro...

Ciao

--
Giorgio Bibbiani
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