1) è a temperatura e pressione standard, mentre il processo di taglio si
svolge a pressione di qualche bar e a temperature vicine o superiori ai
1000 gradi... come cambia l'entalpia di formazione in queste condizioni?
2) Fe2O3 è l'unico composto che si forma? Gli altri ossidi (tipo FeO
ecc.) non si formano? Come posso determinare i composti formati e le
loro percentuali relative?
3) La coramina depositata sulla superficie di taglio deve essere messa
nel conto o rientra già nel computo dell'ossido formatosi?
4) L'acciaio contiene una piccola parte di carbonio (0,5%-1,5%): come
influenza il processo? Devo tenerne conto o posso trascurarlo?
Grazie a tutti quelli che vorranno rispondere... mi basterebbero anche
delle semplici indicazioni qualitative :-)
1) qui trovi H in funzione della temperatura in vari range di T (devi
sommare i contributi di ogni termine):
http://webbook.nist.gov/cgi/cbook.cgi?Formula=Fe2O3&NoIon=on&Units=SI&cTC=on&cTR=on
2) sicuramente si forma anche FeO ma non ho la più pallida idea di
quali possano essere le percentuali.
3) non so cos'è la coramina.
4) se ti basta circa l'1 per cento di precisione si.
Grazie, smanettando un pň ho trovato anche le entalpie di tutti i vari
ossidi e ioni ossido. Sono 15-20 specie chimiche diverse fra ossidi e
ioni... cacchio! Alcuni hanno entalpie molto simili, per cui
*mediamente* posso fare finta che siano la stessa cosa... ipotizzando
che radicali e ioni reagiscano a loro volta con altro ossigeno potrei
considerare solo gli ossidi non ionici nel computo. Sarebbe un modo
semplice di cavarmela.
> 3) non so cos'č la coramina.
Trattasi di pellicola semitrasparente bluastra, che riveste le lamiere
lavorate a caldo in atmosfera libera (in azoto non si forma). Presumo
che pure lei sia composta di ossidi di ferro, magari con ferro in
eccesso... bof
Grazie in ogni caso per le indicazioni (e il sito del NIST ^_^)
"coramina" l'ho sentito soltanto nel "micoren", un cardiotonico
... è possibile che abbia qualcosa a che vedere con la
"calamina" ? Quest'ultima in effetti è grigio-nera lucente (ma
magari se impregnata dei lubrificanti di lavorazione potrebbe
virare al bluastro, siccome pure io ho maneggiato non poche
lamiere grigioblu scure), e ha una composizione vicina a Fe3O4
(magnetite), compatibilmente con il non essere in condizioni
ordinarie di formazione un composto perfettamente stechiometrico.
Fe3O4 è l'ossido di ferro più stabile a caldo se non venga
imposta una sovrappressione esterna di ossigeno opportuna (e
viceversa lo stechiometrico Fe2O3, se scaldato a pressione
ordinaria, tende a perdere lentamente un po' di ossigeno sino a
formare la calamina, processo che cmq avviene a prescindere in
presenza di un eccesso di ferro metallico, che esiste sempre nei
casi concreti di laminati ferrosi).
Invero lo strato di ruggine (ammettendo di essere in condizioni
anidre, non troppo lontane dal vero nelle lavorazioni a caldo e
a secco o con olio come lubrificante) è costituito da strati
successivi via via sempre più ricchi in ferro man mano che ci si
approfondisce, a partire da FeO (a contatto col ferro) sino a
Fe2O3 (a contatto con l'aria), passando per la calamina
intermedia, e chissà quante fasi di transizione non
perfettamente stechiometriche, difettive per l'uno o l'altr ione
a seconda.
Non dovrebbe essere impossibile asportare chimicamente un po' di
ossidi (che so, con EDTA, la butto lì a naso, ma magari ci sono
decappanti migliori che sciolgono bene tutti gli ossidi ma che
non intaccano affatto Fe metallico) e titolare la miscela in
doppia analisi : prima una titolazione redox tipo zimmermann,
poi una complessometrica totale del ferro III ottenuto, in modo
da stabilire estremo massimo e minimo di FeO e Fe2O3 (la
calamina stessa, che peraltro è tra i più duri da sciogliere,
computandola un tanto al chilo, conta come 1 Fe II e 2 Fe III,
per quanto termodinamicamente presumo sia più stabile della
media ponderata dei suoi due ossidi componenti formali puri)
ciao
Soviet_Mario
Possibilissimo. Il termine "coramina" l'ho appreso parlando con chi
lavora il ferro in officina, per cui non mi stupirei se non fosse
proprio-proprio quello :-)
Il mio scopo è di stimare i parametri di taglio laser per lamiere di un
dato spessore e materiale (potenza del laser, velocità di taglio e
pressione del gas di taglio). Ho alcune equazioni (teoriche) che
descrivono il processo, la più complessa delle quali è per il taglio con
ossigeno, in cui una parte del calore viene dalla combustione del ferro
ad alta temperatura. Sto cercando di stimare il contributo termico.
La calamina non è un problema per il taglio, anzi semmai aiuta perchè è
scura e assorbe di più la luce del laser, ma mi dicono che invece lo è
per la verniciatura... se non si rimuove la calamina poi non tiene la
vernice.
Quello che proponi č molto piů facile di come la fai tu: il materiale
asportato dal laser sfugge sotto la lamiera sotto forma di un getto di
scintille incandescenti, creando col tempo uno spesso strato di residui
(goccioline metalliche fortemente ossidate, grandi da meno di 0,1 mm a
qualche mm. Le piů grandi non sono nemmeno solide: si rompono facilmente
con un martello, rivelando una serie di vuoti interni: in pratica
schiuma metallica solidificata. Una parte del ferro vaporizza perfino,
quindi. Me ne posso procurare facilmente qualche tonnellata :-)
Il problema č economico: quanto mi costerebbe far analizzare
quantitativamente questi residui da un laboratorio??? Non č che ho
dietro le spalle la NASA o il MIT...
capisco, tipo scoria vetrificata.
> rivelando una serie di vuoti interni: in pratica
> schiuma metallica solidificata. Una parte del ferro vaporizza perfino,
> quindi. Me ne posso procurare facilmente qualche tonnellata :-)
>
uhm ... ma come puoi, raccogliendo quel genere di campione,
distinguere gli ossidi di ferro che già esistevano sulla lamiera
da quelli che si sono formati durante il taglio a causa
dell'azione di ossigeno + calore ?
Questo è un problema se vuoi in effetti stabilire il contributo
della concomitante ossidazione al riscaldamento ("chimico", non
laser) e quindi alla fusione, in quanto gli ossidi preesistenti
non danno un grosso contributo (a parte un modesto aiuto
entalpico della conversione di FeO a Fe2O3 se si verifica),
mentre l'ossidazione del ferro nativo sottostante ad ossidi
sicuramente contribuisce al riscaldamento.
Anzi, distinguere quanti ossidi si formano dal ferro elementare
e quanti erano già presenti è più significativo di voler
stabilire quanto varino le entalpie di formazioen dei medesimi
alle diverse temperature.
Per questo bisognerebbe capire quanto residuo si forma e quanto
è semplicemente la "cappa" sgretolata.
> Il problema è economico: quanto mi costerebbe far analizzare
> quantitativamente questi residui da un laboratorio??? Non è che ho
> dietro le spalle la NASA o il MIT...
Non so, anche se in sé l'analisi non è costosa come costi
"vivi". Inoltre potrebbe essere sufficiente fare la stima una
tantum, mica di routine, sebbene è vero che variando la potenza
del laser (e forse ancor più la pressione parziale di O2), la
frazione di ossidi formati può variare.
Un compromesso potrebbe essere provare a paragonare l'azione del
laser in stesse condizioni su un campione grezzo (nero) e uno
decappato al momento (ad es. con acido cloridrico conc.).
Se l'ossidazione contribuisce molto, l'assenza di ossidi sarebbe
favorevole. Ma occhio cmq al rischio (non so se sussista ma non
voglio causare danni) della alta riflettanza del ferro argenteo
decappato al momento ! Poi non so se magari l'assenza di
calamina possa facilitare l'arrugginimento anche nei dintorni
del taglio.
cmq, mi spiace, ma temo di non poterti essere di aiuto nel caso
specifico.
ciao
soviet_mario
P.S. ma sei lo stesso di it.C++ ?
Lo spessore di un taglio è tipicamente di 0,1-0,2 mm su lamiere fini e
di quasi 1 mm su grossi spessori (10-20 mm). La calamina superficiale
potrebbe dare un contributo rilevante per le lamiere fini, ma credo
trascurabile per quelle spesse.
> Un compromesso potrebbe essere provare a paragonare l'azione del laser
> in stesse condizioni su un campione grezzo (nero) e uno decappato al
> momento (ad es. con acido cloridrico conc.).
NO, l'alta riflettenza del ferro "liscio" porterebbe a un sovraccarico
del risuonatore, con rischio di esplosione delle lenti in selenuro di
zinco, che assorbono una discreta frazione della potenza (purtroppo non
ci sono materiali perfettamente trasparenti alla lunghezza d'onda dei
laser CO2). Non l'ho mai visto succedere ma raccontano che è un evento
decisamente interessante...
> P.S. ma sei lo stesso di it.C++ ?
Sì... sono stato sorpreso anch'io di vederti qui :-)
provo un istante a riprendere il problema dall'inizio, che non
avevo letto troppo bene sulle prime
<<Per miei loschi scopi (equazione del taglio laser) mi
servirebbe sapere quanta energia termica sprigiona l'ossidazione
del ferro.>>
Ecco, qui ad esempio torno a chiedermi (e a chiederti come mai
non ti sei chiesto ...) di quanto ferro si tratta.
Oppure è implicitamente calcolabile dai parametri di taglio che
hai in parte citato prima ? Ho visto la profondità di taglio, ma
immagino che occorra anche l'ampiezza di taglio (se è totale, o
l'area del solco se l'intaccatura è solo parziale e non passa da
parte a parte). Questo per una prima stima, davvero grezza.
Perché bisognerebbe anche capire due cose :
1) i bordi del taglio sono ossidati o no ? Immagino di no, ma è
da capire. Se lo fossero, bisogna vedere quanto ossido si forma
ai bordi per unità lineare di taglio.
2) quanto ferro elementare ridotto cola fuso tra le scorie. E'
chiaro che questo materiale va sottratto dal volume lordo
asportato dal laser, perché la parte che cola già fusa o in
gocce senza ossidarsi, non apporta alcun contributo termico.
Quindi definire la quota del ferro che reagisce di fatto con
l'ossigeno mi parrebbe la variabile più significativa (ripeto,
più che non chiedersi se e quanto vari l'entalpia alle varie
temperature, perché spesso non si tratta di variazioni enormi, e
nel caso di sicuro subordinate alla stima precedente, come priorità)
<<Ho trovato l'entalpia di formazione dell'ematite (Fe2O3),
-822,6 kJ/mol, però:
1) è a temperatura e pressione standard, mentre il processo di
taglio si svolge a pressione di qualche bar e a temperature
vicine o superiori ai 1000 gradi... come cambia l'entalpia di
formazione in queste condizioni?>>
Verissimo quel che osservi. Ma se sbagli a stimare l'entalpia
del 5 % e la quantità di ferro reagito con aria del 50 %, che
errore inficia di più la stima del calore prodotto ?
Questa stima (la seconda) com'è stata impostata (per curiosità) ?
<<2) Fe2O3 è l'unico composto che si forma? Gli altri ossidi
(tipo FeO ecc.) non si formano? Come posso determinare i
composti formati e le loro percentuali relative?>>
Su questo ho già abbozzato una risposta orientativa, ma si
scende ancor più nel dettaglio senza ancora aver chiarito la
variabile più incerta e quantitativamente rilevante, per cui si
può sorvolare per ora.
Se occorre, gli ossidi di ferro possono essere differenziati,
perché si possono titolare ossidimetricamente e poi insieme per
complessometria, e per differenza tra le varie misure si può
conoscere la composizione. Giustamente ne fai una questione se
valga la spesa, e questo per adesso non saprei dirlo
<<3) La coramina (aggiungo, o calamina) depositata sulla
superficie di taglio deve essere messa nel conto o rientra già
nel computo dell'ossido formatosi?>>
ecco, questo punto mi era sfuggito. Ma l'ho accennato prima. Il
taglio è una superficie vergine che prima non esisteva, per cui
se alla fine la ritrovi ricoperta di ossidi, questi sono
sicuramente neoformati e quindi contribuiscono eccome all'entalpia.
Ora non ho sotto mano il calore latente di fusione del ferro né
il suo calore specifico. Potresti provare a vedere quanto una
conversione ad es. del 20% in peso di una certa quantità data di
ferro a ematite (Fe2O3) possa scaldare la massa residua partendo
da temperatura ambiente per arrivare ... dove si deve arrivare,
con i classici calcoli a "linea spezzata" (come prima stima puoi
anche usare il calore specifico come costante, senza porsi il
problema che un po' varia pure esso con T, ma penserei poco).
Ah ... se tra la scoria fusa ci sono anche gocce minerali, come
avevi accennato, parte del calore prodotto si "sciupa" anche
solo per fondere la scoria stessa.
Butto lì un abbozzo (tieni conto dell'ora :-)
Il taglio asporta 1 g di ferro per cm lineare.
Di tale massa, 200 mg di ferro si convertono a ematite,
liberando "X" kJ (il dato è riferito alla massa ossidata
ovviamente, se il dato tabulare è in moli, va convertito ai
grammi, o viceversa, come preferisci)
Se il ferro solido, e sino al punto di fusione, ha un calore
specifico di "Y" J/(g * °C),
allora a seconda di quanto grande è "X" si potrà solo scaldare o
fondere in parte o in toto.
Calcoli quanto calore serve a fondere 800 mg di ferro
Q = m * cp * Delta_T = 0,8 * "Y" * (1450 e rotti - 25)
Ora se "X" è minore di Q, allora il ferro non solo non fonde ma
arriva soltanto a temperatura T_fin tale che :
"X" = m * cp * (T_fin - 25°), da cui ricavi T_fin e hai un'idea
dell'aiuto dato dall'ossidazione.
se "X" supera Q, viene spesa circa la quota Q a portare gli 0,8
grammi di ferro sino al punto di fusione, poi si usa la formula
del calore latente di fusione
"X" - Q = Calore_residuo = m_fusa * c_lat_fus
da cui
m_fusa = ("X" - Q) / c_lat_fus
se per caso m_fusa dovesse essere > di 0,8 grammi, vorrebbe dire
che termodinamicamante (in condizioni ADIABATICHE o in un
processo a velocità infinita), la semplice frazione ossidata,
che ho arbitrariamente ipotizzato al solo 20 %, darebbe
abbastanza calore di per sé da fondere il rimanente ferro.
Naturalemnte le condizioni reali sono ben diverse e non le so
descrivere, ma di certo non sono adiabatiche, perché la lamiera
adiacente conduce e rimuove il calore, l'aria idem, e il ferro
pure irraggia, per cui non è che questo calore prodotto sia poi
molto efficacemente utile a far fondere il solo ferro
localmente. Non saprei stimare quanta percentuale possa essere
d'aiuto, e lo stesso vale per l'apporto erogato dal laser del
resto, per quel che ne so io.
In effetti dello scopo della tua stima, ammetto di non aver
capito molto, ossia, cosa vorresti poter controllare per
migliorare l'efficienza del processo ?
<<4) L'acciaio contiene una piccola parte di carbonio
(0,5%-1,5%): come influenza il processo? Devo tenerne conto o
posso trascurarlo?>>
a questa direi decisamente di si, dato che tutte le altre
approssimazioni per adesso sono ben peggiori di questo uno per
cento (che poi il carbonio è la frazione che pure brucia meglio
in assoluto, addirittura nei convertitori dell'acciaio la ghisa
può essere appunto decarburata insufflando ossigeno puro da una
lancia refrattaria dentro la ghisa fusa a 1500°, con una modesta
ossidazione del ferro e decarburazione spinta, anzi, sin quando
c'è molto carbonio dissolto in lega dove gorgogliano i gas
reflui si vede una vampa, mentre quando il carbonio tende a
esaurirsi la fiamma scende bruscamente e è il momento di cessare
di insufflare ossigeno, e ricarburare in maniera controllata a
seconda dell'acciaio che serve)
Grazie a tutti quelli che vorranno rispondere... mi basterebbero
anche delle semplici indicazioni qualitative :-)
>>
>> Anzi, distinguere quanti ossidi si formano dal ferro elementare e
>> quanti erano già presenti è più significativo di voler stabilire
>> quanto varino le entalpie di formazioen dei medesimi alle diverse
>> temperature.
>> Per questo bisognerebbe capire quanto residuo si forma e quanto è
>> semplicemente la "cappa" sgretolata.
>
> Lo spessore di un taglio è tipicamente di 0,1-0,2 mm su lamiere fini e
> di quasi 1 mm su grossi spessori (10-20 mm).
Come ho detto sopra, il taglio ha una sezione ampia tanto quanto
profonda ? E si ritrova del ferro fuso integro tra le scorie ?
In che proporzione ?
> La calamina superficiale
> potrebbe dare un contributo rilevante per le lamiere fini, ma credo
> trascurabile per quelle spesse.
>
>
>> Un compromesso potrebbe essere provare a paragonare l'azione del laser
>> in stesse condizioni su un campione grezzo (nero) e uno decappato al
>> momento (ad es. con acido cloridrico conc.).
>
> NO, l'alta riflettenza del ferro "liscio" porterebbe a un sovraccarico
> del risuonatore, con rischio di esplosione delle lenti in selenuro di
> zinco, che assorbono una discreta frazione della potenza (purtroppo non
> ci sono materiali perfettamente trasparenti alla lunghezza d'onda dei
> laser CO2). Non l'ho mai visto succedere ma raccontano che è un evento
> decisamente interessante...
Si si, ma infatti questo l'avevo subito premesso, che non
consigliavo di sparare il laser contro uno specchio ben brillante
>
>
>> P.S. ma sei lo stesso di it.C++ ?
>
> Sì... sono stato sorpreso anch'io di vederti qui :-)
Eh, capita. In effetti io sono di casa qui e la vengo raramente
(in questo periodo poi proprio non sto scrivendo più una riga di
codice da almeno un mese)
ciao
Soviet_Mario
Il taglio di lamiere con il laser è facile per lamiere sottili, si
tagliano bene con parametri anche approssimativi, ma diventa difficile
per quelle spesse. Il punto è che le industrie vogliono un taglio
VELOCE, ma al tempo stesso con bordi NETTI per non dover lavorare
ulteriormente i pezzi tagliati. Quindi è necessario calibrare bene i
parametri (potenza del laser, pressione del gas e velocità di taglio in
mm/minuto), contando anche che i fogli di lamiera d'acciaio da 3 x 1,5
metri x 15 mm costano 400 euro l'uno e non è il caso di fare tante
prove... ^_^
Prendendo come riferimento i dati termochimici del ferro puro:
T_fusione 1535 °C,
Calore latente di fusione 13800 J/mole,
Calore specifico 440 J/Kg*K
e prendendo un ipotetico processo di taglio con spessore 15mm, larghezza
taglio 1mm, velocità di taglio 900 mm/minuto, dobbiamo
liquefare/vaporizzare 106 grammi di ferro al minuto.
Dai conti termodinamici vien fuori che ci servono come minimo 98 KJ al
minuto, cioè 1634 W di potenza totale, per tagliare a questa velocità.
Meno di così non si fa niente. Chiaramente è un conto della serva, però
ci dà una prima approssimazione.
Il problema è che se si regola la potenza a partire solo da questi conti
ci si ritrova con più energia del previsto, scaldando troppo la lamiera
e ottenendo un taglio slabbrato. Inoltre altri tagli successivi, vicini
alla zona già tagliata e quindi più calda, verranno anche peggio. Per
questo volevo stimare il contributo energetico dell'ossidazione del
ferro (e da quel che dici comincio a chiedermi se sia il caso di
considerare pure quella del carbonio...)
Basterebbe fare un pò di prove coi parametri? Sì, ma oltre al
sunnominato fatto che le lamiere costano, l'esperto (io) ci fa una
figura molto migliore se azzecca i parametri al primo colpo ^_^
Per tagliare, il laser viene messo a fuoco su uno spot di 0,1 mm di
diametro, che per la legge di Stefan-Boltzmann (considerando una
riflettività superficiale del 90%) con 1600W sopra dovrebbe arrivare a
una temperatura di più di 17.000 K. Perciò, sicuramente, una parte del
metallo viene vaporizzato e non solo fuso... anche qui, bisognerebbe
stimare in che percentuale.
> 1) i bordi del taglio sono ossidati o no ? Immagino di no, ma è da
> capire. Se lo fossero, bisogna vedere quanto ossido si forma ai bordi
> per unità lineare di taglio.
Sì, i bordi sono sempre ossidati. C'è calamina anche sui bordi dopo il
taglio, se è buono. Se non c'è calamina il taglio è di solito cattivo,
perchè si è fuso troppo materiale e il gas, soffiando, ha deformato i
bordi che si sono ondulati: non c'è stata abbastanza combustione.
Questo è un altro punto: l'ossigeno fa sia da comburente sia da
"soffione" asportando scorie e metallo fuso. E naturalmente raffredda la
zona di taglio, anche se non so quanto sia efficace in questo.
> Quindi definire la quota del ferro che reagisce di fatto con l'ossigeno
> mi parrebbe la variabile più significativa (ripeto, più che non
> chiedersi se e quanto vari l'entalpia alle varie temperature, perché
> spesso non si tratta di variazioni enormi, e nel caso di sicuro
> subordinate alla stima precedente, come priorità)
E questo ci riporta all'analisi quantitativa delle scorie. Vedrò di
sentire un laboratorio... hai visto mai che costi poco?
[...]
> Prendendo come riferimento i dati termochimici del ferro puro:
> T_fusione 1535 °C,
> Calore latente di fusione 13800 J/mole,
> Calore specifico 440 J/Kg*K
>
> e prendendo un ipotetico processo di taglio con spessore 15mm, larghezza
> taglio 1mm, velocità di taglio 900 mm/minuto, dobbiamo
> liquefare/vaporizzare 106 grammi di ferro al minuto.
>
> Dai conti termodinamici vien fuori che ci servono come minimo 98 KJ al
> minuto
Ma questo solo per fonderlo; per il taglio presumo che la
vaporizzazione sia necessaria. Assumendo che il calore specifico abbia
lo stesso valore costante di 440 J/Kg*K anche in tutto l'intervallo di
esistenza dello stato liquido (perchè non ho altri dati), l'energia
necessaria per vaporizzare 106 grammi di Fe da 20 °C mi viene 815 kJ,
prendendo i dati di calore di vaporizzazione e densità riportati su
Wikipedia.
> Per tagliare, il laser viene messo a fuoco su uno spot di 0,1 mm di
> diametro, che per la legge di Stefan-Boltzmann (considerando una
> riflettività superficiale del 90%) con 1600W sopra dovrebbe arrivare a
> una temperatura di più di 17.000 K. Perciò, sicuramente, una parte del
> metallo viene vaporizzato e non solo fuso... anche qui, bisognerebbe
> stimare in che percentuale.
Già, poi immagino che bisognerebbe anche stimare in che modo si
comporta il vapore di ferro e degli ossidi nei confronti della
radiazione; mi sembra importante la velocità con cui i vapori si
allontanano dallo stato condensato per permettere al laser di
continuare a scaldarlo.
No, o almeno non è necessario per il taglio con ossigeno. La potenza di
esempio che ho calcolato non è tanto lontana da quella reale (dati di
produzione reali: 1800W per la foratura iniziale e 1500W per il taglio
continuo 900mm/min, acciaio dolce 15mm)
In fase di foratura la vaporizzazione è più importante, ma la sua
incidenza diminuisce una volta che il taglio è a regime.
La vaporizzazione è importante per i laser NdYAG, che lavorano ad
impulsi, ma per i laser in onda continua non è il meccanismo principale
di taglio. In entrambi i casi i vapori di ferro vengono immediatamente
soffiati via dal getto di ossigeno, non mi stupirei se venissero
completamente ossidati. Se il gas non ha pressione sufficiente si forma
un "fungo" luminoso di vapori metallici intorno alla zona di taglio... e
la testa di taglio si rovina.
'Scolta ... forse mi è venuta una mezza idea del come stimare,
anzi, non proprio stimare ab-initio, ma fare una comparazione in
condizioni operative reali, del contrubuto della benedetta
ossidazione.
Immaginando di poter erogare dagli ugelli soffianti miscele
gassose che non siano necessariamente aria compressa o ossigeno
compresso, ma gas da bombole arbitrarie, ebbene, sarebbe
sufficiente attaccare bombole alternative, e vedere quanto in
più devi consumare (ammettendo di poter regolare dinamicamente
la potenza, anche a taglio in corso diciamo) per mantenere
risultati paragonabili.
Io proverei (escludendo l'ideale argon per ragioni di costo
superiore), nell'ordine CO2 e poi azoto. Se, come hai detto, il
soffiante è ad alta pressione, almeno localmente si ha il
completo controllo dell'atmosfera di taglio (penso ai casi
comuni delle saldatrici a elettrodo e di quelle a filo continuo,
che consumano poco gas pur impedendo l'ossidazione del cordolo
di saldatura fuso e di eventuali schizze e vapori).
Rimane per me sempre oscuro come, anche avendo misurato il
contributo entalpico, questo dato ti consenta di regolare, come
hai scritto, al primo colpo i parametri di taglio, dato che
purtroppo è soltanto uno dei dati rilevanti (mentre non si
conosce l'entità delle dissipazioni energetiche, anche la
sublimazione, come diceva cometa, che non è certo nulla).
Ah, considerazione a latere forse ovvia .... ma non puoi provare
gli enne tagli di prova su sfridi di lamiere già venute male e
quindi già da buttare via ? Così sprechi soltanto la potenza del
laser, ma non interi pezzi di ferro.
Ovvio che se poi pretendono pure che le prove vengano fatte
lavorando in orario di produzione a regime, purtroppo non si può
che rispondere che si arrangiassero ! Cioè, anche per le prove
più semplici almeno il tempo di eseguirle in pace ci vuole !
Ah, ovviamente sotto CO2 la calamina non si forma al momento del
taglio, al max un pochetto quando la soffiante è passata oltre e
la lamiera è ancora calda.
ciao
Soviet