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Asimov e i quasar

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Mar 29, 2023, 5:24:03 PM3/29/23
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Ho sempre divorato i romanzi di Asimov. Non lo conoscevo come
divulgatore finchè non ho letto il suo "Asimov's New Guide to Science"
(1984) nella sua edizione italiana del 2000 ("Il libro di Fisica").

Asimov racconta, col suo stile inconfondibile, come storicamente le
spiegazioni date ai fenomeni naturali si sono evolute.

Un paragrafo è dedicato ai Quasar. Oggi sappiamo che i Quasar sono dei
nuclei galattici attivi ma, quando furono scoperti, le ipotesi per
spiegare questi oggetti straordinari erano varie. E' quindi molto
interessante leggere questo paragrafo retrospettivamente. Ve lo propongo.



I NUOVI OGGETTI

Negli anni sessanta gli astronomi avrebbero potuto facilmente credere
che ormai vi fossero poche sorprese in serbo tra gli oggetti fisici dei
cieli. Certo, potevano venire nuove teorie e nuove concezioni, ma
sicuramente non c'era da aspettarsi di scoprire nuove sorprendenti
varietà di stelle, di galassie, o di qualsiasi altra cosa, dopo tre
secoli di osservazione effettuata con strumenti sempre più raffinati.

Le QUASAR

Agli astronomi che nutrivano questa opinione erano riservati tremendi
shock - il primo dei quali fu il risultato di un'indagine su certe
radiosorgenti che apparivano insolite, ma non sorprendenti.

Le sorgenti studiate per prime nello spazio profondo sembravano essere
connesse alla presenza di estesi corpi di gas turbolenti: la nebulosa
granchio, le galassie distanti e così via. Tuttavia, vi erano alcune
radiosorgenti che apparivano singolarmente piccole. Con il
perfezionamento dei radiotelescopi e con il miglioramento della
conoscenza delle radiosorgenti, cominciò ad apparire possibile che
l'emissione delle radioonde fosse dovuta a singole stelle.

Tra queste radiosorgenti compatte vi erano quelle note come 3C48, 3C147,
3C196, 3C273 e 3C286. La sigla 3C si riferisce al Terzo catalogo di
radiosorgenti di Cambridge; si tratta di un elenco compilato
dall'astronomo inglese Martin Ryle e dai suoi collaboratori; i numeri
che seguono indicano la posizione della sorgente nel catalogo.

Nel 1960 l'astronomo americano Allen Sandage passò al vaglio con il
telescopio da 200 pollici le zone che contenevano queste radiosorgenti
compatte, e in tutti i casi esaminati sembrò che una stella fosse
effettivamente all'origine del fenomeno. La prima di queste stelle a
essere scoperta fu quella associata a 3C48; nel caso di 3C273, il più
luminoso degli oggetti, la posizione esatta fu individuata, in
Australia, da Cyril Hazard che registrò l'interruzione del segnale radio
al momento dell'occultamento da parte della Luna.

Le stelle interessate comparivano già in mappe fotografiche anteriori
del cielo; si era sempre pensato che fossero semplicemente oggetti poco
luminosi della nostra galassia. Ma ora la loro insolita radioemissione
stimolò nuove e accurate fotografie, che mostrarono che c'era
dell'altro. Deboli nebulosità risultarono associate ad alcuni degli
oggetti; inoltre sembrava che un piccolo getto di materia uscisse da
3C273. In realtà erano due le radiosorgenti connesse a 3C273: una era
localizzata nella stella, l'altra nel getto. Un altro punto interessante
emerso da questa indagine approfondita fu l'insolita abbondanza di luce
ultravioletta emessa da queste stelle.

Si cominciò allora a sospettare che le radiosorgenti compatte, benché
simili a stelle, potessero malgrado tutto non essere delle stelle
comuni. Alla fine, si arrivò a chiamarle radiosorgenti quasi-stellari ma
poiché questa macchinosa espressione veniva usata sempre più spesso
dagli astronomi, nel 1964 venne abbreviata dal fisico sino-americano
Hong Yee Chiu in quasar, parola che si è ormai stabilmente insediata nel
vocabolario dell'astronomia.

Era evidente che le quasar erano oggetti piuttosto interessanti, degni
di essere studiati con l'intera gamma delle tecniche astronomiche,
compresa la spettroscopia. Astronomi come Allen Sandage, Jesse L.

Greenstein e Maarten Schmidt lavorarono duramente per ottenerne gli
spettri. Quando la cosa fu ultimata, nel 1960, si trovarono in mano
delle strane righe che non sapevano identificare, e che, oltretutto,
differivano da una quasar all'altra.

Nel 1963 Schmidt ritornò allo spettro di 3C273, che era il più chiaro di
tutti, essendo 3C273 il più luminoso di questi oggetti sconcertanti. Vi
erano presenti sei righe, quattro delle quali erano distanziate in modo
tale da ricordare una serie spettrale dell'idrogeno; se non che non
avrebbe dovuto esserci nessuna serie del genere nella posizione in cui
si trovavano. Ma non poteva darsi che le righe dovessero essere
collocate altrove, ma avessero subito uno spostamento verso il rosso? In
tal caso, doveva trattarsi di un notevole spostamento, tale da indicare
che la recessione avveniva a una velocità superiore a 40 mila chilometri
al secondo. Questo fatto sembrava incredibile; eppure, se si ammetteva
un simile spostamento, diventava possibile identificare anche le altre
due righe: una rappresentava l'ossigeno due volte ionizzato, cioè privo
di due elettroni, l'altra il magnesio privo di due elettroni.

Schmidt e Greenstein studiarono allora gli spettri delle altre quasar, e
anche in questo caso riuscirono a identificarne le righe, supponendo che
ci fosse stato un fortissimo spostamento verso il rosso.

Questi enormi spostamenti avrebbero potuto avere come causa l'espansione
generale dell'universo; ma applicando la legge di Hubble per correlare
lo spostamento verso il rosso con la distanza, si trovò che le quasar
non potevano assolutamente essere stelle normali della nostra galassia;
dovevano essere tra gli oggetti più lontani che conosciamo - distanti
miliardi di anni luce.

Verso la fine degli anni sessanta una ricerca intensiva aveva portato
alla scoperta di 150 quasar. Di circa 110 di esse vennero studiati gli
spettri, ognuno dei quali mostrò un grande spostamento verso il rosso -
in effetti superiore a quello di 3C273. Per un paio di esse è stata
stimata una distanza di 9 miliardi di anni luce.

Se le quasar sono davvero tanto lontane quanto appaiono in base allo
spostamento verso il rosso, gli astronomi si trovano di fronte ad alcuni
problemi decisamente difficili e inquietanti. Tanto per cominciare,
queste quasar devono essere straordinariamente luminose per apparire
come appaiono a una così grande distanza; addirittura, dovrebbero avere
una luminosità da 30 a 100 volte quella di un'intera galassia ordinaria.

Ma, se ciò è vero, e se le quasar hanno forma e aspetto di una galassia,
dovrebbero contenere un numero di stelle anche 100 volte superiore a
quello di una galassia ordinaria, e avere ciascuna dimensione da 5 a 6
volte maggiore. Quindi, anche a quelle enormi distanze dovrebbero
nettamente apparire nei grandi telescopi come macchie ovali di luce,
cosa che non accade; esse infatti restano dei punti luminosi simili a
stelle anche nel più grande dei telescopi; quindi, nonostante la loro
eccezionale luminosità, potrebbero essere assai più piccole delle
galassie ordinarie.

Un ulteriore fenomeno rafforzò l'idea che le loro dimensioni fossero
ridotte: fin dal 1963 si era scoperto che l'energia emessa dalle quasar
era variabile, tanto nella regione della luce visibile quanto nella
regione delle radioonde. Nel giro di pochi anni si erano potuti
registrare aumenti o diminuzioni che arrivavano fino a tre magnitudini.

Per presentare variazioni cosi grandi della radiazione in tempi così
brevi, un corpo deve essere piccolo. Modeste variazioni potrebbero avere
come causa un aumento o una diminuzione della luminosità di regioni
ristrette del corpo, ma grandi variazioni devono interessare il corpo
nella sua totalità. Ma allora ci dovrebbe essere qualche azione che si
propaga attraverso tutto il corpo durante il periodo della variazione;
nessuna azione fisica, però, può viaggiare più velocemente della luce;
pertanto, se una quasar presenta variazioni rilevanti nell'arco di
qualche anno, non potrà avere un diametro molto superiore a un anno
luce. In effetti, certi calcoli fanno pensare che il diametro delle
quasar possa essere di solo un mese luce, pari a circa 800 miliardi di
chilometri.

Corpi tanto piccoli e insieme tanto luminosi devono consumare la loro
energia a un ritmo talmente elevato che le riserve non possono durare a
lungo (a meno che non vi sia una sorgente di energia di cui non
sospettiamo neppure l'esistenza, cosa non del tutto impossibile).

Secondo alcuni calcoli, una quasar può andare avanti a liberare energia
a questi ritmi impressionanti solo per qualche milione di anni. Se
questo è vero, le quasar che vediamo oggi lo sono diventate solo poco
tempo fa (poco tempo su scala cosmologica), e devono esistere degli
oggetti che un tempo erano quasar ma oggi non lo sono più.

Sandage, nel 1965, annunciò la scoperta di oggetti che potrebbero
effettivamente essere vecchie quasar. Essi sembravano ordinarie stelle
azzurrognole, ma presentavano un grande spostamento verso il rosso,
proprio come le quasar. Erano altrettanto lontani, luminosi e piccoli
delle quasar, ma risultavano privi di radioemissione. Sandage li chiamò
oggetti stellari blu, denominazione che viene abbreviata nella sigla B.S.O.

Sembra che i B.S.O. siano più numerosi delle quasar; secondo una stima
del 1967, il numero totale dei B.S.O. alla portata dei nostri telescopi
sarebbe di 100 mila. Vi sono molti più B.S.O. che quasar, perché un
corpo rimane molto più a lungo sotto forma di B.S.O. che sotto forma di
quasar.

La convinzione che le quasar siano oggetti molto distanti non è
condivisa da tutti gli astronomi. Vi è la possibilità che gli enormi
spostamenti verso il rosso delle quasar non siano di origine
cosmologica, cioè che non siano una conseguenza dell'espansione generale
dell'universo; e che le quasar siano, piuttosto, oggetti relativamente
vicini che stanno allontanandosi a grande velocità da noi per qualche
causa locale - per esempio, per essere stati espulsi con una velocità
elevatissima da un nucleo galattico.

Il più convinto sostenitore di questa teoria è l'astronomo americano
Halton C. Arp, che ha discusso alcuni casi di quasar che sembrano
fisicamente connesse con galassie vicine. Poiché queste ultime
presentano uno spostamento verso il rosso relativamente limitato, il
fatto che le quasar ne presentino uno tanto maggiore (pur essendo,
secondo questa ipotesi, alla stessa distanza delle galassie) non può
imputarsi a cause cosmologiche.

Un altro enigma è sorto verso la fine degli anni settanta, quando si è
scoperto che le radiosorgenti all'interno delle quasar (che oggi è
possibile localizzare singolarmente grazie ai moderni radiotelescopi a
grande base) sembrano separarsi a velocità che sono varie volte maggiori
di quella della luce. Superare la velocità della luce è cosa impossibile
secondo le teorie fisiche attuali; ma una siffatta «velocità
superluminale» esisterebbe solo se le quasar sono davvero così lontane
come si pensa. Se invece sono più vicine, la velocità apparente di
separazione corrisponderebbe a velocità effettive inferiori a quelle
della luce.

Tuttavia, l'idea che le quasar siano relativamente vicine (il che
significherebbe anche che sono meno luminose e quindi producono meno
energia, e risolverebbe uno dei tanti problemi che le riguardano) non ha
persuaso la maggior parte degli astronomi. La convinzione più diffusa è
che i dati in favore del fatto che le quasar si trovino a distanze
cosmologiche sono schiaccianti, mentre i dati presentati da Arp per
sostenere l'esistenza di connessioni fisiche non sono abbastanza
convincenti; quanto alle velocità apparentemente superiori a quella
della luce, sarebbero l'effetto di un'illusione ottica (di cui sono già
state proposte varie spiegazioni plausibili).

Ma se le quasar sono davvero tanto lontane quanto fa credere il loro red
shift, se sono davvero tanto piccole eppure così luminose e ricche di
energia, come si deve ammettere se si accettano tali distanze, cosa sono
mai? La risposta più probabile ci riporta al 1943, quando l'astronomo
americano Carl Seyfert osservò una strana galassia, con un nucleo molto
luminoso e molto piccolo. Altre galassie di questo genere sono state
osservate in seguito; oggi le galassie di questo gruppo vengono chiamate
galassie di Seyfert. Alla fine degli anni sessanta se ne conosceva solo
una dozzina, ma vi è ragione di sospettare che circa l'1% di tutte le
galassie possa essere del tipo Seyfert.

Potrebbe darsi che le galassie di Seyfert siano qualcosa a metà strada
tra le galassie ordinarie e le quasar? I loro nuclei luminosi presentano
modeste variazioni di luminosità che potrebbero indicare che essi sono
quasi altrettanto piccoli come le quasar; se la luminosità di tali
nuclei aumentasse ulteriormente, e quella del resto della galassia
diminuisse, la galassia diventerebbe indistinguibile da una quasar; anzi
una delle galassie di Seyfert, 3C120, è veramente molto simile a una quasar.

Le galassie di Seyfert presentano limitati spostamenti verso il rosso e
non si trovano a enormi distanze. Forse allora le quasar sono galassie
di Seyfert che si trovano a grandissima distanza - al punto che noi
riusciamo a scorgerne soltanto il piccolo nucleo luminoso e ad avvistare
solo le più grandi tra esse, che ci fanno così pensare che le quasar
siano eccezionalmente luminose, mentre dovremmo sospettare che siano
galassie di Seyfert molto grandi, che riusciamo a vedere nonostante la
loro distanza.

In effetti, fotografie recenti hanno mostrato segni di nebulosità
intorno alle quasar, il che sembrerebbe indicare la presenza di una
galassia oscura che circonda un centro piccolo, attivo e molto luminoso.
Presumibilmente, allora, le regioni più lontane dell'universo, al di là
di un miliardo di anni luce, sono popolate di galassie, proprio come le
regioni più vicine. Nella maggior parte dei casi tali galassie, però,
sono di gran lunga troppo fioche perché riusciamo ad avvistarle
otticamente, così che vediamo solo il centro luminoso di quelle tra loro
che sono più grandi e più attive.

noquarter

unread,
Apr 3, 2023, 2:15:04 PM4/3/23
to
Il giorno mercoledì 29 marzo 2023 alle 23:24:03 UTC+2 Karma Explorer ha scritto:
> Ho sempre divorato i romanzi di Asimov. Non lo conoscevo come
> divulgatore finchè non ho letto il suo "Asimov's New Guide to Science"
> (1984) nella sua edizione italiana del 2000 ("Il libro di Fisica").
>
> Asimov racconta, col suo stile inconfondibile, come storicamente le
> spiegazioni date ai fenomeni naturali si sono evolute.
>
> Un paragrafo è dedicato ai Quasar. Oggi sappiamo che i Quasar sono dei
> nuclei galattici attivi ma, quando furono scoperti, le ipotesi per
> spiegare questi oggetti straordinari erano varie. E' quindi molto
> interessante leggere questo paragrafo retrospettivamente. Ve lo propongo.

Grazie ottimo post!
Credo di averlo anche io (eh son passati decenni....), di sicuro ho Civiltà extraterrestri.
Uno stile pacato e preciso che un po' rimpiango rispetto alla divulgazione attuale (che comunque ha ottimi esponenti, con lo stile di oggi)
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