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L'interluchina 2 aumenta i CD4

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giuseppe

unread,
Mar 9, 2003, 4:49:06 AM3/9/03
to
Una cura innovativa sperimentata all'ospedale S. Raffaele di Milano a base
di Interluchina 2, può ricostituire le difese immunitarie a livelli normali.
L'IL2 è una citochina (una glicoproteina con una azione di tipo ormonale)
che viene prodotta soprattutto dagli stessi linfociti CD4.
Questa molecola "attiva" e fa "clonare" i cd4 .
Vi copio il link ad un articolo interessante per chi non avesse letto in
proposito. http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,50306,00.html
Per saperne di più sulla sperimentazione condotta a livello mondiale (siamo
ora credo finalmente nella fase III) un altro link
http://www.silcaat.com/
Ciao a tutti Giuseppe

Il Gatto Grigio

unread,
Mar 10, 2003, 3:34:47 AM3/10/03
to
Il 09 Mar 2003, 10:49, "giuseppe" <ben...@tin.it> ha scritto:
> Una cura innovativa sperimentata all'ospedale S. Raffaele di Milano a base
> di Interluchina 2, può ricostituire le difese immunitarie a livelli
normali.

Ma questa non e' una novita': per quel che mi risulta, al S.Luigi (sezione
distaccata del S. Raffaele) e' almeno dal 1995 che la si sperimenta, se non
da prima.
So che all'epoca la controindicazione piu' grossa era rappresentata dalla
pesante intrusivita' della terapia, intrusivita' per certi versi
assimilabile a quella di una dialisi artificiale. C'era anche da dire che
all'epoca il massimo di terapia antriretrovirale che si poteva applicare a
complemento era azt+ddi+d4t (o 3tc), per cui, vista la limitata efficacia di
tale terapia, probabilmente erano richiesti dosaggi di IL2 di un certo tipo
per ottenere risultati significativi.
A otto anni di distanza, sarei curioso comunque di sapere se il problema
dell'intrusivita' dell'IL2 e' stato risolto e se la disponibilita' di
terapie antiretrovirali decisamente piu' potenti ha consentito in qualche
modo ad ovviare alla cosa.

Saludos
Germano il Gatto Grigio

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it

giuseppe

unread,
Mar 10, 2003, 1:55:42 PM3/10/03
to

"Il Gatto Grigio" <ilgatt...@libero.invalid> ha scritto nel messaggio
news:194Z243Z74Z13Y1...@usenet.libero.it...

> >
> Ma questa non e' una novita': per quel che mi risulta, al S.Luigi (sezione
> distaccata del S. Raffaele) e' almeno dal 1995 che la si sperimenta, se
non
> da prima.
> So che all'epoca la controindicazione piu' grossa...
Inviato via http://usenet.libero.it

La grossa novità è che ora hanno definito dei dosaggi di IL2 molto più bassi
e si può fare la terapia a casa da sè con delle semplici iniezioni
sottocute. La durata di un ciclo è di 5 giorni con due iniezioni al gg. Il
risultato se buono permette di avere circa un raddoppio di cd4. con un
secondo ciclo a distanza di quattro sett. circa si ripete il tutto. Se è ok
non occorre un terzo ciclo. Gli effetti collaterali sono sindrome
influenzale
e si devono assumere degli antiinfiammatori per tenere bassa la
febbre che altrimenti può raggiungere livelli elevati. Il sacrificio penso
valga la "pena"...per riacquistare un livello immunitario di difesa
"normale." Qui,a questo punto chi crede di poter adottare terapie
complementari (antiossidanti, vit.E è risaputo,abbassa la viremia, etc.etc.)
lo può fare comportandosi nel lasso di tempo che dico qui sotto come tutte
le persone "normali..."
Penso personalmente che la viremia possa anche salire senza grossi danni
( è sempre opportuno avere una verifica di riscontro con gli esami per
tenere sotto controllo i valori) perchè in media dovrebbero trascorrere tre
anni prima che i CD4 si riducano a livelli che richiedano altri trattamenti.
Vedi il link all'articolo menzionato nel mio messaggio prec. che ne parla .
La sperimentazione credo sia ancora aperta
e si chiama SILCAAT se interessati si può chiedere al S. Luigi.(mail me
per > info)
Ora vi sono terapie molto efficaci che quasi azzerano subito la viremia es.
(kaletra+ ddi +zerit) (è richiesto dal protocollo di sperimentazione
assumere la terapia prima e durante IL2) ma
credo che si possa anche poi sospendere la terapia dopo.(per chi lo crede
può essere libero di farlo concordando suggerisco sempre con il proprio
medico) Infatti le nuove
linee guida ora contemplano ciò (la sospensione della ter. ) a differenza di
quanto sostenuto negli
anni addietro quando era vivamente sconsigliato di farlo Evviva le cose
cambiano...verso cure più sostenibili e approcci più "naturali".
Un saluto Giuseppe


Luca

unread,
Mar 10, 2003, 4:23:09 PM3/10/03
to
"Il Gatto Grigio" <ilgatt...@libero.invalid> ha scritto nel messaggio
news:194Z243Z74Z13Y1...@usenet.libero.it...
_____________________________

Visto l'interesse, ri-posto un dettagliato articolo del 2001
Ciao.
Luca

Le citochine nel trattamento della infezione da hiv

Prof. Vincenzo Vullo - Professore Ordinario di Malattie Infettive
Dr.ssa Miriam Lichtner - Specialista in Malattie Infettive
I Cattedra Malattie Infettive - Dipartimento Malattie Infettive e
Tropicali - Università "La Sapienza" - Roma


Negli ultimi anni abbiamo assistito a profondi cambiamenti nella gestione
clinica e nell'assistenza dei pazienti con infezione da HIV. L'introduzione
di nuovi e potenti farmaci antiretrovirali utilizzati in terapie di
combinazione ha infatti notevolmente mutato la storia naturale
dell'infezione da HIV.
Con l'impiego nella pratica clinica della cosiddetta "Highly Active
Antiretroviral Therapy" (HAART) si è verificato un drastico declino
dell'incidenza di infezioni opportunistiche in corso di infezione da HIV e
la mortalità per AIDS è diminuita in modo significativo. Il tasso di
mortalità per AIDS è infatti passato da 29.4/100 casi/anno nel 1995 a circa
8/100 casi/anno nel 1997, una riduzione attribuibile proprio
all'introduzione della HAART .
Tuttavia ancora oggi la HAART si associa ad un elevato tasso di fallimento
virologico che nel lungo termine si traduce in un progressivo deterioramento
immunologico ed in ulteriore progressione clinica della malattia da HIV.
Inoltre l'attuale terapia non è in grado di eradicare l'infezione e deve
pertanto essere proseguita indefinitamente, in quanto l'eventuale
sospensione della terapia causa la ripresa della replicazione virale.
La consapevolezza che la sola HAART non consente un completo recupero
dell'immunità ha portato a riporre notevoli speranze nella messa a punto di
strategie immunologiche, che possono contribuire a potenziare e ricostituire
le difese immunitarie e ad eliminare il virus in particolari compartimenti
dove è presente in modo latente. Pertanto in questi ultimi anni sono emerse
numerose linee di ricerca volte ad enfatizzare il ruolo centrale del sistema
immunitario e l'importanza dell'associazione di una terapia immunomodulante
e immunoricostruttiva.
I pazienti con infezione da HIV presentano numerose alterazioni
immunologiche che inevitabilmente portano allo sviluppo di infezioni
opportunistiche. È stato ben documentato che la disregolazione delle
citochine rappresenta un fattore chiave per il deterioramento del sistema
immunitario .
Nel corso dell'infezione si assiste ad un progressivo deficit nella
produzione delle citochine di tipo 1 come interferon (IFN)-g, interleuchina
(IL)-2, IL-12, IL-15. Contemporaneamente è stato dimostrato un incremento
delle citochine di tipo 2 quali IL-10, IL-4 e tumor necrosis factor (TNF) a
.
Per tale motivo la somministrazione di citochine di tipo 1 è stata proposta
come terapia immunologica per i pazienti con infezione da HIV con
l'obiettivo di potenziare la risposta immunitaria durante il trattamento
antiretrovirale.
Interleuchina (IL)-2
Tra le varie esperienze di terapia dell'infezione da HIV con citochine
sicuramente quella con l'interleuchina 2 ricombinante rappresenta la terapia
immunologica più ampiamente studiata. L'IL-2 è una citochina secreta dai
linfociti T e dalle cellule natural killer (NK) con funzioni regolatorie
sulla proliferazione e la maturazione delle cellule linfatiche che risulta
significativamente ridotta in corso di infezione da HIV.
Gli studi iniziali tuttavia sono stati limitati dalla tossicità provocata
dagli elevati dosaggi impiegati, che si manifesta prevalentemente con la
comparsa di malessere, astenia intensa e altri sintomi, quali febbre e
mialgie; è stato anche osservato un incremento della bilirubinemia.
Solo successivamente, con l'impiego di dosi più basse di IL-2 ed il relativo
miglioramento della tollerabilità, ma soprattutto con l'associazione di IL-2
con la terapia antiretrovirale, sono stati ottenuti risultati estremamente
promettenti.
La tossicità della IL-2 è dose-dipendente ed è probabilmente dovuta alla
stimolazione, da parte di alte dosi di IL-2, dei recettori a bassa affinità
presenti sulle cellule NK, con successivo rilascio di citochine
pro-infiammatorie, responsabili degli effetti tossici. Pertanto, mantenendo
il dosaggio di IL-2 sotto la soglia del legame con i recettori delle cellule
NK, è possibile evitare l'insorgenza degli effetti collaterali pur
conservando l'attività di stimolo sul sistema immunitario.
Prima dell'avvento della HAART il ruolo potenziale dell'IL-2 ricombinante
nella promozione della ricostituzione immunitaria era già stato analizzato e
valutato in studi preliminari su pazienti HIV+. Tali esperienze avevano
messo in luce aumenti transitori e di modesta entità (3-4 volte) del numero
delle cellule CD4 prevalentemente nei pazienti con numero di CD4 iniziale
più alto e livelli di viremia plasmatica più bassi. In tutti questi studi la
terapia con IL-2 si è dimostrata in grado di incrementare il numero delle
cellule T naive e memory, di determinare la riduzione dell'espressione dei
markers di attivazione sui linfociti T e di migliorare la risposta
linfoproliferativa (LPR) nei confronti di antigeni di richiamo, senza
modificazione della carica virale plasmatica e del numero di cellule CD8.
Questi risultati suggeriscono che l'IL-2, pur non influendo sulla capacità
del sistema immunitario di inibire la replicazione di HIV, è in grado
comunque di migliorare la risposta immunitaria, soprattutto se somministrata
precocemente nel corso della malattia da HIV.
Non è stato tuttavia possibile dimostrare se l'incremento della conta dei
CD4, indotto dal trattamento con la sola IL-2, sia correlato anche con
benefici clinici, quali la prevenzione della comparsa di manifestazioni
opportunistiche.
Le varie sperimentazioni cliniche effettuate in epoca pre-HAART, tra cui le
principali sono quelle condotte da Kovacs (10 , 11 , 12 ), Levy (13 ) e
Jacobson (14 ), hanno portato quindi alle seguenti conclusioni:
1) l'IL-2 incrementa la conta dei CD4 nei pazienti HIV+, ma questo effetto
sembra essere più significativo nei pazienti che presentano una conta
iniziale dei CD4 >200/mmc;
2) l'IL-2 incrementa transitoriamente la carica virale di HIV quando viene
somministrata senza un'efficace terapia antiretrovirale;
3) la tossicità dell'IL-2 endovenosa è notevole, soprattutto nei pazienti
con infezione da HIV avanzata (CD4 <200/mmc), ma può essere ridotta con
l'impiego di somministrazioni sottocutanee.

Associazione di IL-2 e HAART
L'uso della IL-2 in associazione ad un regime HAART ha notevolmente ampliato
il potenziale terapeutico di questa citochina.
Davey e coll. studiando un gruppo di 49 pazienti in terapia HAART stabile,
hanno ottenuto un aumento di CD4 pari a +71/mmc/mese dopo somministrazione
di IL-2 per via sottocutanea; tuttavia le alte dosi di IL-2 impiegate
causavano gravi effetti avversi (26 ).
Hengge e coll. (15 ) hanno studiato 64 pazienti con CD4 = 200-500/mmc
confrontando 2 regimi di trattamento: 20 pazienti trattati con sola HAART e
44 in terapia con HAART e IL-2 per via sottocutanea, in cicli di 9 MU/die x
5 giorni, somministrati ogni 6 settimane o quando si verificava un calo del
25% dei CD4 rispetto al valore riscontrato al baseline.
Dopo 1 anno di follow up il gruppo trattato anche con IL-2 mostrava un
incremento di CD4 >100/mmc rispetto al gruppo di controllo con sola HAART.
Anche in questo studio non è stata evidenziata alcuna differenza nella
concentrazione di HIV-RNA plasmatico, mentre è stata osservata una
diminuzione degli indici di attivazione linfocitaria nei pazienti trattati
con IL-2.
Arno e coll. hanno ottenuto risultati analoghi su 25 soggetti con CD4
<250/mmc e HIV-RNA <500 copie/ml al baseline: a 24 settimane il gruppo
trattato con IL-2 mostrava un aumento dei CD4 di +67/mmc rispetto al gruppo
di controllo con sola terapia HAART, con ottima tolleranza della IL-2 ai
dosaggi terapeutici (21 ).
In uno studio retrospettivo di Chun e coll. (27 ), 14 soggetti trattati con
successo con HAART più IL-2 (per via endovenosa o sottocutanea, in dosi da 3
a 18 MU/die per 5 giorni ogni 8 settimane) sono stati confrontati con 12
pazienti trattati con la sola HAART.
In entrambi i gruppi la carica virale si è mantenuta inferiore a 50 copie/ml
per almeno 6 mesi.
Tuttavia il numero di cellule CD4 latentemente infette, reservoir del virus,
è risultato dieci volte superiore nei soggetti trattati con la sola HAART
rispetto a quelli che assumevano anche IL-2. Inoltre il virus è stato
isolato utilizzando metodiche standard (coltura di 20 milioni di cellule) in
tutti i pazienti trattati con sola HAART, ma solo in 8/14 pazienti trattati
anche con IL-2; in 3 pazienti non è stato possibile isolare il virus neppure
utilizzando una variante metodologica che prevedeva la coltura di 330
milioni di cellule CD4 latentemente infette.
Lo studio CPCRA 059 (28 ) ha valutato l'impiego dell'IL-2 in 511 pazienti
in fase precoce di malattia (CD4 >300/mmc) con lo scopo di verificare la
percentuale di pazienti con HIV-RNA <50 copie/ml dopo un anno di terapia
HAART con o senza IL-2. Lo studio prevedeva 2 dosaggi di IL-2 (4.5 o 7.5 MU)
somministrati per via sottocutanea per 5 giorni ogni 8 settimane per 3
cicli; in seguito venivano effettuati ulteriori cicli quando si fosse
dimostrato necessario per mantenere valori di CD4 >1000/mmc.
Dopo 1 anno di follow up la percentuale di pazienti con HIV-RNA <50 copie/ml
era del 64.4% nel gruppo trattato con IL-2 e del 61.7% in quello trattato
con sola HAART (p = 0.63), mentre l'aumento dei CD4 ha assunto notevole
consistenza solo nel gruppo in trattamento con IL-2 (+276/mmc contro
+22/mmc, p <0.0001).
Più recentemente, lo studio ANRS 079 (20 ) ha preso in esame 118 pazienti
naive per inibitori di proteasi con CD4 al baseline pari a 200-550/mmc, che
sono stati randomizzati a ricevere HAART o HAART + IL-2 per via sottocutanea
(3 cicli di 5 MU x 2/die x 5 gg ogni 4 settimane + 7 cicli della stessa dose
ogni 8 settimane).
Nei pazienti in terapia con IL-2 l'incremento medio dei CD4 a 74 settimane è
stato +865/mmc rispetto al gruppo di controllo con sola HAART (+240/mmc),
con maggior aumento dei CD4 naive.
Non sono state osservate differenze tra i 2 gruppi per quanto riguarda i
livelli di HIV-RNA plasmatici e di DNA provirale; in entrambi i gruppi si è
evidenziata una netta diminuzione dell'apoptosi dei CD4.
Una interessante sperimentazione recentemente conclusa è lo studio ACTG 328
(29 ), che prevedeva la somministrazione di indinavir più 2 analoghi
nucleosidici a 204 pazienti naive per inibitori della proteasi con CD4 tra
50 e 350/mmc.
Dopo 12 settimane di terapia, i pazienti con carica virale <5.000 copie/ml
venivano randomizzati a ricevere o meno IL-2 per ulteriori 72 settimane,
mediante 2 schemi terapeutici: IL-2 in infusione endovenosa continua alla
dose di 9 MU/die x 5 gg ogni 8 settimane oppure IL-2 per via sottocutanea
alla dose di 7.5 MU x 2/die x 5 gg ogni 8 settimane. A 84 settimane i
pazienti trattati con IL-2 mostravano un significativo incremento dei CD4
rispetto alla 12a settimana: +480/mmc con IL-2 endovenosa, + 302/mmc con
IL-2 sottocutanea, +121/mmc con la sola HAART.
Per tale motivo è stata proposta una continuazione di tale sperimentazione
mediante un nuovo studio di roll-over (ACTG5051) che prevede la
somministrazione di IL-2 sottocutanea in cicli di 5 gg (4.5 MU x 2/die) solo
quando necessaria per mantenere i CD4 >500/mmc.
Attualmente sono in corso inoltre due interessanti sperimentazioni cliniche,
che coinvolgono un elevato numero di pazienti in stadio precoce (studio
ESPRIT) o avanzato (studio SILCAAT) di malattia e che potranno certamente
fornire dati rilevanti sulla utilità dell'impiego della IL-2 in corso di
infezione da HIV.
Lo studio ESPRIT (Evaluation of Subcutaneous Proleukin in a Randomized
International Trial) è una sperimentazione randomizzata di fase III, che si
propone di valutare l'effetto della somministrazione di IL-2 sulla
progressione di malattia e sulla mortalità a 5 anni. Lo studio si propone di
analizzare 4.000 soggetti con infezione da HIV e conta dei CD4 >300/mmc che
verranno randomizzati in 2 gruppi di trattamento, uno con sola HAART ed uno
con HAART più IL-2 per via sottocutanea alla dose di 7.5 MU/die per 5 giorni
ogni 8 settimane per un minimo di 3 cicli che potranno essere proseguiti in
caso di necessità.
La sperimentazione internazionale di fase III SILCAAT è invece diretta allo
studio di pazienti in fase più avanzata di malattia, con CD4 tra 50 e
299/mmc e HIV-RNA <10.000 copie/ml, già in trattamento con HAART. Anche
questa sperimentazione prevede la randomizzazione a HAART da sola o
associata alla somministrazione di IL-2 per via sottocutanea in cicli di 5
giorni ogni 8 settimane per almeno 3 cicli, ripetibili in caso di necessità.
Verranno arruolati 1400 pazienti che saranno seguiti per un periodo di 4-6
anni.
Allo stato attuale esistono pertanto ottime prospettive perchè
l'utilizzazione di IL-2 possa rappresentare in un futuro prossimo un
ulteriore strumento terapeutico a disposizione dei clinici per il
trattamento a lungo termine dell'infezione da HIV-1.
IL-12
L'IL-12, un altro regolatore critico della risposta immune, fu identificato
da Trinchieri e coll. nel 1989 (30 ); nel 1993 Clerici ha dimostrato che il
trattamento in vitro con IL-12 di linfomonociti da pazienti HIV-positivi
determina il recupero dell'immunità HIV-specifica cellulo-mediata (31 ).
Contemporaneamente, è stato messo in evidenza che l'IL-12 è in grado di
aumentare la produzione di IFN-g, una citochina Th1-associata, i cui livelli
sono generalmente diminuiti in corso di infezione da HIV (32 ).
Va tuttavia sottolineato che gli studi sugli animali e su cellule umane in
vitro hanno evidenziato anche potenziali effetti tossici dell'IL-12. In
particolare, nei topi la somministrazione di dosi elevate di IL-12 provoca
una notevole risposta infiammatoria cui si associa evidente splenomegalia. È
ipotizzabile che l'IFN-g rilasciato dopo somministrazione di IL-12 stimoli i
macrofagi a produrre citochine proinfiammatorie come IL-1 e TNF che a loro
volta sono in grado sia di provocare la sintomatologia osservata nel topo
che un incremento della replicazione virale.
Inoltre recenti studi hanno riscontrato nei pazienti HIV+ una riduzione
nella produzione di IL-12 da parte di monociti e cellule dendritiche che
potrebbe essere responsabile, almeno in parte, della incapacità di attuare
una risposta cellulo-mediata HIV-specifica (33 ).
I dati sperimentali hanno spinto quindi i ricercatori a intraprendere
sperimentazioni cliniche con IL-12.
Fino ad oggi sono stati effettuati solo alcuni studi di fase I, con una
singola somministrazione per via sottocutanea di IL-12 a differenti dosaggi
(da 3 a 1000 ng/kg); i risultati hanno evidenziato una buona tollerabilità
delle basse dosi (fino a 300 ng/kg), con aumento dei livelli sierici di
IFN-g, del numero dei CD8 e delle cellule NK alle dosi comprese tra 30 e 300
ng/kg. Non sono state osservate variazioni del numero dei CD4 o dei livelli
di HIV-RNA plasmatico (34 ).
Le potenzialità legate all'uso dell'IL-12 possono essere pertanto riassunte
in:
1) potenziamento della funzione delle cellule NK che dovrebbero rilasciare
IFN-g e contribuire alla eliminazione delle cellule infette;
2) stimolo della funzione dei CD8;
3) incremento della funzione delle cellule CD4.
IL-3
L'IL-3 è una citochina che presenta affinità con il granulocyte-macrophage
colony-stimulating factor (GM-CSF), un fattore ematopoietico che promuove la
differenziazione, la crescita e la sopravvivenza di molti tipi di cellule
ematiche. Per tale motivo è stato ipotizzato il suo impiego, in associazione
con la terapia antiretrovirale, nel trattamento della citopenia HIV-
associata. In uno studio di fase I, condotto su 12 pazienti con citopenia in
corso di infezione da HIV, l'IL-3 è stata somministrata per via sottocutanea
in differenti dosaggi (da 0.5 a 5 mg/kg/die).
Nei pazienti trattati con i dosaggi maggiori è stato osservato un discreto
aumento del numero dei globuli bianchi ed in particolare dei granulociti
neutrofili ed eosinofili, senza modificazioni degli altri parametri
ematologici, dei CD4, dei CD8 e dell'HIV-RNA plasmatico (35 ).
GM-CSF
Il GM-CSF è una glicoproteina prodotta dai linfociti T, dai fibroblasti e
dalle cellule endoteliali, che regola la crescita e la funzionalità di
neutrofili e macrofagi (36 ). Molti studi clinici, alcuni già in fase III,
hanno analizzato gli effetti immunomodulanti della somministrazione di
GM-CSF in pazienti con infezione da HIV-.
I risultati di questi studi suggeriscono che il GM-CSF possa dimostrarsi
utile, in associazione alla terapia antiretrovirale, per il trattamento dei
pazienti in fase avanzata di malattia. È stato infatti dimostrato che
l'aggiunta di basse dosi di GM-CSF a una terapia antiretrovirale stabile
diminuisce in modo significativo la percentuale di infezioni intercorrenti e
la mortalità e incrementa la conta delle cellule CD4 nei pazienti con infezi
one da HIV avanzata (37 ).
IL-7
L'IL-7 è in grado di aumentare la linfopoiesi delle cellule T e per tale
motivo è stato proposto il suo impiego al fine di promuovere, nelle fasi
precoci del trattamento antiretrovirale, i meccanismi di
immunoricostituzione. L'IL-7 può infatti rappresentare un fattore critico
nel mantenimento o nell'induzione della risposta dei linfociti T citotossici
(CTL) contro il virus e pertanto una diminuita produzione di IL-7 o una
ridotta espressione del suo recettore (IL-7R) possono indurre una riduzione
dell'attività delle CTL e portare ad una progressione della malattia.
A sostegno di questa ipotesi Carini e coll. (38 ) hanno osservato che
cellule CD4 e CD8 ottenute da pazienti HIV+ presentano ridotti livelli di
IL-7R ed hanno ipotizzato che le proteine di HIV possano causare una
down-regulation dell'IL-7R che esita in una risposta danneggiata delle CTL.
Gli stessi Autori inoltre hanno riportato che la somministrazione in vitro
di IL-7 stimola, in modo IL-2 dipendente, la capacità citotossica
env-specifica dei linfociti del sangue periferico dopo stimolazione con
mitogeni. Bui e coll. (39 ) hanno inoltre dimostrato che l'IL-7 potenzia la
capacità della gp120 ricombinante di indurre anticorpi e/o risposte CTL in
topi vaccinati.
Altri studi hanno riportato che circa l'80% degli individui con infezione da
HIV sono in grado di aumentare la risposta anti-gp160 dopo vaccinazione con
gp160. Esperimenti di esposizione in vitro dei linfociti del sangue
periferico provenienti da questi pazienti, o da controlli vaccinati con
placebo, hanno mostrato che le co-colture con IL-7 accrescono la risposta di
entrambi i gruppi rispettivamente alla gp160 e alla tossina tetanica (40 ).
L'IL-7 sembra pertanto in grado di espandere efficacemente il pool delle
cellule T memoria ed il suo impiego potrebbe dimostrarsi utile in
associazione con l'IL-12 che si è dimostrata invece più efficace
nell'induzione della proliferazione di cellule naive ottenute da controlli
trattati con placebo.
In conclusione, questi risultati, combinati con le numerose segnalazioni
della capacità di IL-7 di co-stimolare le risposte antigene-specifiche,
suggeriscono che IL-7 possa essere effettivamente utile nel trattamento di
individui con infezione da HIV. L'effetto terapeutico può essere ottenuto
con la somministrazione diretta di IL-7 da sola o in combinazione con IL-2 o
IL-12, al fine di stimolare o mantenere la risposta anti-HIV.
Inoltre, dal momento che la somministrazione di IL-7 è in grado di espandere
rapidamente il compartimento dei linfociti T nei topi normali ed
immunosoppressi, questa citochina sembra essere una probabile candidata per
il trattamento dei pazienti affetti da AIDS nei quali la conta delle cellule
T sia caduta a livelli criticamente bassi, con l'obiettivo di ristabilire i
livelli delle cellule CD4 e/o CD8 HIV-specifiche.
Nella valutazione generale dei risultati clinici ottenibili con l'impiego di
IL-7 non va tuttavia sottovalutata l'eventualità che un incremento nel pool
delle cellule T indotto da IL-7 possa provocare un aumento della carica
virale e peggiorare la prognosi; l'over-espressione cronica del gene di IL-7
è inoltre associata con l'insorgenza di alcune neoplasie ematologiche.
IL-15
L'IL-15 è una glicoproteina di 14-15 kD codificata da un gene localizzato
sul cromosoma 4 alla banda q31 che appartiene alla famiglia di citochine con
4 a-eliche che include anche IL-2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9.
L'espressione costituzionale del gene per l'IL-15 è stata riportata in vari
tipi di cellule e tessuti tra cui monociti e macrofagi, fibroblasti,
cheratinociti, cellule dendritiche, muscolo scheletrico, cuore, rene,
polmoni, placenta. In aggiunta, l'espressione del gene dell'IL-15 e la
produzione della proteina possono essere stimolate in condizioni di
infiammazione, come descritto per monociti e macrofagi esposti ad IFN-g e
lipopolisaccaride o infettati con batteri, virus o protozoi (41 -46 ).
Il recettore per l'IL-15 (IL-15R) è una proteina eterotrimerica
transmembrana le cui subunità b e g sono in comune con il recettore per
l'IL-2; ciò può spiegare la evidente ridondanza tra gli effetti della IL-15
e quelli della IL-2 (46 ).
Sono stati descritti fino ad oggi numerosi effetti biologici dell'IL-15,
molti dei quali sono simili a quelli esercitati dall'IL-2. Vanno segnalati
effetti sulle cellule NK, linfociti T e B, monociti, cellule dendritiche e
neutrofili.
Numerosi studi hanno suggerito che l'IL-15 possieda un ruolo
immunoregolatore in corso di infezione da HIV. In particolare è stato
osservato che questa citochina aumenta la risposta linfoproliferativa ad
antigeni HIV-specifici e promuove la risposta policlonale B specifica e CTL
HIV-specifica (42 ). Inoltre l'IL-15 può ripristinare l'attività
citotossica dei NK e la produzione di IL-12 da parte dei linfo-monociti del
sangue periferico di pazienti HIV+.
L'aggiunta in vitro di IL-15 a colture di cellule mononucleate può
incrementare l'attività citolitica dei NK e la citotossicità
anticorpo-dipendente (42 ).
Il trattamento con IL-15 in vitro infine è in grado di migliorare la
chemiotassi e l'attività fungicida dei neutrofili nei pazienti con infezione
da HIV in fase avanzata: a ciò si associa anche un decremento dell'apoptosi
di queste cellule. Tali conclusioni suggeriscono che questa citochina giochi
un ruolo importante anche nella regolazione della risposta immune innata
durante l'infezione da HIV (47 , 48 , 49 ).
Pertanto tale citochina, che non sembra avere effetti rilevanti sulla
replicazione di HIV, potrebbe essere un potenziale candidato nella
immunoterapia dell'infezione da HIV in associazione alla terapia
antiretrovirale (50 ).

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ary

unread,
Mar 10, 2003, 4:56:43 PM3/10/03
to
cavolo, mi interessa davvero...
la storia vale anche per chi non è in terapia?
a chi mi posso rivolgere?
grazie.
ciao


prof.m...@gmail.com

unread,
Mar 22, 2016, 7:06:06 PM3/22/16
to
vorrei sapere se è valido anche per chi il sistema immunitario c'è la bello rigoglioso come me me che ha la artrite autoimmune, grazie dove posso sapere.Marta
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