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Le amicizie imbarazzanti di Bossi

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sergio

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Feb 13, 2002, 8:53:40 AM2/13/02
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Le amicizie imbarazzanti di Bossi
di vincenzo vasile


Ora sono nello stesso governo. Gianni Alemanno si occupa di agricoltura,
Umberto Bossi – alla sua maniera - di riforme. Dieci anni fa, il 13
giugno 1991, stavano venendo alle mani. In pubblico, durante una
manifestazione elettorale di Bossi a Catania, a sostegno di una piccola
e neonata formazione politica locale, la Lega sud-Sicilia. Tutto
resocontato in un documento giudiziario: la «richiesta di archiviazione»
nei confronti di Licio Gelli e di altri tredici personaggi con cui la
Procura della Repubblica di Palermo ha praticamente concluso qualche
settimana fa la cosiddetta inchiesta sui «poteri criminali».
Leggiamo da una nota dell’agenzia di stampa Ansa allegata agli atti:
«Catania, 13giugno - Il sen. Umberto Bossi, presidente della Lega Nord a
Catania per una manifestazione elettorale organizzata dalla Lega sud
Sicilia, è stato contestato da un gruppo di appartenenti al Fronte della
Gioventù, guidato dal segretario nazionale Gianni Alemanno, entrato
nella saletta dove il leader delle leghe avrebbe dovuto parlare. Fuori
dall’albergo altri appartenenti al Msi hanno cominciato a scandire
slogan definendo Bossi razzista e hanno distribuito volantini. Bossi
commentando la protesta con i giornalisti, ha detto: “Era prevedibile da
un partito come il Msi che d’altra parte ha chiuso il suo ciclo. Ma se
la Lega passa per un movimento razzista è perché i partiti, che secondo
me sono i veri fautori del separatismo, hanno interesse a lanciarci
queste accuse per tenere ancora separati il sud sottosviluppato, a cui
si applicano logiche al massimo clientelari e assistenziali, e il nord
dove si trovano ancora qualcuno che li vota”. «La manifestazione - ha
detto da parte su Alemanno è stata pacifica e si e’ conclusa senza
incidenti quando Bossi e i suoi si sono decisi a abbandonare l’albergo.
Ma era una provocazione inaccettabile che Bossi venisse in Sicilia per
prepararsi a raccogliere qualche resto elettorale per le nazionali dopo
che sul pregiudizio antimeridionale ha costruito le sue prime fortune”».

Che diavolo stava accadendo? I giudici di Palermo - anche se non sono
riusciti a provare un rapporto di causa ed effetto tra questi
avvenimenti politici e le stragi mafiose dei primi anni Novanta - hanno
potuto accertare diverse circostanze inquietanti. Tra l’altro, che i
movimenti leghisti erano stati creati in Sicilia da pericolosi ambienti
mafiosi, e in particolare dai sanguinari Leoluca Bagarella, Bernardo
Provenzano e dai fratelli Graviano. E che in parallelo si muovevano
intanto in tutta Italia nella stessa direzione personaggi della stazza
di Licio Gelli, Stèfano Delle Chiaie e Giovanni Di Stefano, il
trafficante legato alla «tigre» serba Arkan, fautori e finanziatori di
una galassia di Leghe locali.
Era, tanto per capirci, il periodo in cui Bossi teneva molto conto dei
consigli del professor Gianfranco Miglio, che - riferendosi a quegli
anni ruggenti del leghismo rampante -avrebbe poi dichiarato - il 20
marzo 1999 - al Corriere della sera: «Io sono per il mantenimento anche
della mafia e della ‘ndrangheta. Il sud deve darsi uno statuto poggiante
sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale
spinto fino al delitto. Insomma bisogna partire dal concetto che alcune
manifestazione tipiche del Sud hanno bisogno di essere
costituzionalizzate». Personalità di comando? Non si trattava di una
boutade del luciferino professore-consigliere di Bossi. Tra i candidati
alle elezioni che uno dei promotori di quella strana Lega sicula aveva
proposto per la tornata elettorale del ‘91 c’erano anche il boss Michele
Greco, Vito Ciancimino e lo stesso Gelli. Sì, Alemanno aveva ragione a
nutrire più di un sospetto per quella Lega siciliana sponsorizzata da
Bossi. Chissà se in qualche pausa del consiglio dei ministri ne ha
chiesto mai notizie al suo collega di governo?
Eppure sarebbe un argomento interessante. Perché, leggendo i
quarantasette faldoni raccolti dalla Procura di Palermo, a costo di
procurarsi un gran mal di testa, si può fare un istruttivo viaggio a
ritroso nell’arcipelago delle amicizie particolari e imbarazzanti del
movimento di Bossi ai suoi albori e di certe frange di estrema destra.
Un viaggio, diciamo, alle radici della Lega.
Tutto comincia proprio nel 1989-1990. Periodo in cui la Lega Nord è il
fenomeno nuovo e dirompente della politica italiana. Ma il suo
insediamento è al Nord. Solo al Nord. Resiste il Muro idealmente tirato
su all’altezza della pianura padana, inventato per tenere ben separate
le due Italie proprio in quel periodo dal comico Maurizio Ferrini,
personaggio-chiave della banda Arbore nella trasmissione cult «Quelli
della Notte». C’è chi cerca di validare quel confine. Spesso liquidate
dai giornali come folclore politico, quella primavera, però, sbocciano
la Lega Pugliese (8 maggio 1990), la Lega Marchigiana (11 maggio), la
Lega molisana (17 maggio), la Lega Meridionale (17 maggio), la Lega
degli Italiani (18 maggio). Chi c’è dietro? Assieme alla coeva Lega
sarda, per la maggior parte questi movimenti scelgono la stessa sede
sociale: lo studio dell’avvocato Stefano Menicacci, che già è stato
candidato in varie tornate elettorali per la Liga veneta, e che è il
legale e il socio in attività import-export del neofascista Stefano
Delle Chiaie, storico personaggio della strategia della tensione.
Mentre Menicacci e Domenico Romeo (che un’informativa della Dia
definisce pregiudicato per reati comuni) fondano queste Leghe-fotocopia,
si muove anche Licio Geli. Ecco il 7 maggio 1991 l’atto di costituzione
in Roma della Lega Italiana, con le firme di Geli, di un suo
ex-confratello piduista, il prefetto in pensione Bruno Rozzera, l’ex
senatore psi Domenico Pittella, l’ex missino Alfredo Esposito, e il
pubblicista Enrico Viciconte. Sembrerebbe un altro club di vecchie
cariatidi, ma rivela un insospettabile attivismo: il 31 gennaio 1992
Pittella e Viciconte fondano la Lega Italiana - Lega delle leghe, e alla
manifestazione-forum inaugurale, a Potenza chiamano anche il Movimento
Lucano, emanazione della Lega Nazional-popolare di Delle Chiaie e la
Lega sud di Calabria. Il cartello - o meglio sarebbe dire cartellino -
elettorale comprende anche il Partito di Dio-Partito del Dovere creato
dalle ceneri di una associazione di stampo neo-borbonico dal napoletano
Mauro Boccone, la Lega Toscana, la Lega Laziale, il Movimento Lombardo
di Milano e il Movimento popolare di Busto. Un tonfo. Però c’era chi
metteva i soldi, e chi raccoglieva adesioni. Gli ambienti: l’estrema
destra, la massone da deviata, la mafia.
Un gran lavorìo sotterraneo nel pulviscolo di associazioni di destra,
leghiste e massoniche emerge da altre indagini del Sisde e della Digos:
nello stesso periodo in cui l’avvocato Menicacci si dava da fare,
«cominciano a sorgere - scrive la Procura di Palermo - nelle varie
regioni centrali e meridionali d’Italia una serie di movimenti tutti
apertamente collegati alla Lega Nord e per lo più fondati da tale Cesare
Crosta». E, guarda un po’, «i movimenti fondati da Crosta», un ex
monarchico che partecipa da protagonista a quella fase della espansione
nazionale della Lega, «si sono poi fusi con quelli costituiti
dall’avvocato Menicacci».
Che fa Bossi all’epoca? Risulta coinvolto nella tessitura. Un
informativa della Dia del 31 gennaio 1998 ne evidenzia la partecipazione
ad alcune manifestazioni politiche organizzate da leghe timbrate
Menicacci. Per esempio, oltre alla manifestazione di Catania disturbata
dal giovane Alemanno, il 6 dicembre 1990 Bossi è a Perugia, in un
convegno della Lega Umbra.
Continuiamo a leggere: «Tra i vari movimenti meridionalisti le indagini
hanno particolarmente posto in evidenza per la sua matrice spiccatamente
massonica, per i suoi rapporti con ambienti della criminalità
organizzata e per la tormentata storia dei suoi rapporti con Licio
Gelli, la Lega meridionale - Centro - Sud -Isole costituita dai seguenti
soci fondatori: l’avvocato Egidio Lanari, il Gran Maestro siciliano
Giorgio Paternò, il pugliese Cosimo Donato Cannarozzi e il calabrese
Enzo Alcide Ferraro». Chi sono, e cosa vogliono questi personaggi?
Lanari «è stato difensore del noto capomafia Michele Greco ed è colui
che propose pubblicamente di candidare alle successive elezioni
politiche fra gli altri lo stesso Michele Greco, Vito Ciancimino e Licio
Geli. Quanto al Gran maestro Giorgio Paternò è lo stesso che aveva
pubblicamente con ampio risalto sulla stampa nazionale riabilitato il
noto Licio Geli raccogliendolo “fraternamente e a braccia aperte nella
fratellanza Universale insieme a tutti i fratelli iscritti alla
Venerabile Loggia P2”, affermando che “la loggia P2 era ed è legittima»
e definendo infine Gelli e i suoi fratelli «massoni in eterno”».

Programma: battaglia contro partitocrazÌa e magistratura, abrogazione
della legge antimafia La Torre-Rognoni e amnistia per i reati politici,
una certa confusione tra «unitari» e separatisti. Un convegno
sull’indulto a Roma il 6 giugno 1990 vede l’entusiasta partecipazione
degli skin heads di Mario Mambro (frallo di Francesca) e del Movimento
politico occidentale di Maurizio Boccacci, di Adriano Tilgher (ex
Avanguardia nazionale). All’hotel Midas l’11 novembre dello stesso anno
presenzia Vito Ciancimino, e Licio Gelli si fa vivo con un caloroso
telegramma. Il 2 marzo 1991 la Lega all’hotel Jolly di Palermo lancia un
referendum abrogativo della legge La Torre; in aprile Geli si azzuffa
misteriosamente con i promotori e fonda una sua Lega Italiana. Anche il
gruppo Delle Chiaie poi si defila e il progetto di una Lega delle Leghe
ove confluiscono varie formazioni indipendentiste ispirate dai fascisti
e da Gelli, fallisce per il negativo responso elettorale del 1992.
Durò comunque un paio d’anni, tra alti e bassi: una parte della mafia
partecipa attivamente, il «corleonese» Leoluca Bagarella in testa. E’ il
vero ideatore e fondatore di «Sicilia libera», un movimento poi
confluito in Forza Italia, che qualche anno dopo il primo tentativo di
Gelli e Delle Chiaie, ne ricalca il percorso; Giovanni Brusca si dà
anche lui da fare; Rima però non si fida di Bossi e preme il pedale
dell’acceleratore sulle stragi. Ma questo è un altro discorso.
Però è sufficientemente provato che tra il 1991 e il 1992 una parte
della mafia aveva deciso di scendere in campo con nuovi referenti,
spazzando via i legami intessuti nell’ultimo mezzo secolo. Il collante
era un progetto separatista analogo a quello della Lega, e il rapporto
con la formazione di Bossi venne stabilito e coltivato. Secondo la
Procura di Palermo poi la scelta della mafia cadde su un altro soggetto
politico in via di formazione al tramonto della Prima Repubblica: Forza
Italia.

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sergio

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Feb 13, 2002, 9:21:24 AM2/13/02
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Nov 24, 2019, 2:43:35 PM11/24/19
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