dopo una lunga riflessione sull'argomento :>),
sono arrivato alla conclusione che, essendo i disciplinari un po
lunghetti da mettere sul retroetichetta, si potrebbe invece mettere
un indirizzo WEB che porti direttamente al disciplinare.
Che ne pensate?
Saluti
Marco
>un indirizzo WEB che porti direttamente al disciplinare.
>Che ne pensate?
Bella idea, magari un doc.it ed un docg.it con le sottoversioni nelle
varie lingue (www.docg.it/Barolo/it , www.doc.it/Controguerra/en).
Ma temo sarebbe difficile fare aderire i produttori...
G
Inviato da X-Privat.Org - Registrazione gratuita http://www.x-privat.org/join.php
Quoto, ma se non si mettono d'accordo neanche su quanti giocatori servono
per la briscola al bar
Fabio
Concordo pienamente, per quanto ritengo che essendo il vino un prodotto
alimentare, sia doveroso indicare in etichetta i componenti
potenzialmente nocivi per la salute. Strada che mi pare sia seguita con
l'indicazione dell'alcol, quella della presenza di solforosa e via
dicendo.
Non sono cosi' tanto sicuro che estratti secchi, tannini artificiali,
trucioli di legno, osmosi inverse, rotomaceratori, marche di barrique,
mosti concentrati siano in realta' una trovata cosi' positiva per il
mondo del vino. Ossia, posto che puo' essere utile nell'analisi di un
prodotto da un punto di vista tecnico, quello che mi interessa e' di
bere un vino che mi piace nel senso del gusto, della tipicita', della
riconoscibilita' e via dicendo.
Se invece il nostro problema e' salvare la tradizione e salvarci noi
dalla massificazione del gusto nel vino si puo' discutere. Pero' io ho
un pochino la sensazione che la logica della barrique e
dell'omogeneizzazione del gusto non siano piu' delle tendenze cosi'
chiare, soprattutto nei vini di qualita' (e prezzo) elevati. E
comunque, se il nostro problema e' cerca di proteggerla rispetto a una
concorrenza di prodotti "di massa", forse riempire le etichette di dati
che pochi in realta' saprebbero valutare mi sembra un pochino fuori
luogo.
Alla fine dei conti se uno vuole sapere come fa xyz a fare il suo
Barolo (una netta minoranza di quelli che lo bevono, intendiamoci)
glielo va a chiedere.
Sul prezzo sorgente... "lasema' sta'" come si dice dalle mie parti
ciao
bacca
> forse riempire le etichette di dati
> che pochi in realta' saprebbero valutare mi sembra un pochino fuori
> luogo.
Ma no dai.
Scusa, il contenuto (anche chimico o sintetico)
è indicato ormai su qualsiasi etichetta di prodotto
alimentare. E' obbligatorio e la ritengo una conquista.
Perché per il vino no ? Ah già, la poesia.
Ma certi vini, quelli che avrebbero da riempire le
controetichette di nomi strani, non hanno questo
genere di problema...
Ciao
Fil
--
http://www.tigulliovino.it
Le uniche cose che si possono realisticamente mettere in etichetta sono i
parametri chimico fisici analitici, come per l'acqua. Tutto il resto è
fantasia.
Ad esempio un conto è dire:
-contiene X% di zuccheri residui
-contiene Y% di acido gallico e quercitina,
un altro scrivere se quello zucchero proviene dall'uva, da MCR o dal
supermercato, oppure la quercitina è di barrique oppure da trucioli.
Analiticamente non fa differenza, ma vedi che poi alla fine l'analisi nuda e
cruda non da molte informazioni.
Luk
> Le uniche cose che si possono realisticamente mettere in etichetta sono i
> parametri chimico fisici analitici, come per l'acqua. Tutto il resto è
> fantasia.
Io gomma arabica l'ho letto molte volte
su etichette di prodotti alimentari.
Ciao
Fil
>Io gomma arabica l'ho letto molte volte
>su etichette di prodotti alimentari.
C'e' il rischio che la Fallaci non beva piu' vino.
Magari la smette di scrivere minchiate.
Sottoscrivo la petizione allora.
Si Mike, ma se poi non ci sono controlli sulla
concreta applicazione e sul rispetto dei disciplinari...
Ciao
Fil
Non stiamo parlando in astratto, ma del caso concreto di come sgamare
chi facesse il furbo.
La gomma arabica è riportata sulle etichette di molti prodotti tra gli
"ingredienti".
Siccome il vino si suppone che come unico ingrediente abbia l'uva e
nessuno dichiarerà mai in etichetta il contrario (a parte i solfiti),
nasce la necessità (ipotetica) di come identificare analiticamente in
etichetta tale sostanza. Orbene, "analiticamente" dovresti dichiarare il
contenuto di POLISACCARIDI, in quanto la gomma arabica questo è, ma lo è
anche la pectina ed altre sostanze presenti naturalmente nell'uva in
quantità variabili da cultivar a cultivar.......quindi siamo di nuovo
punto e acapo.
Devo dire che l'accanimento contro la gomma arabica (inodore, incolore,
insapore, atossica) mi ha un po stufato; ma non c'è di peggio? Vogliamo
parlare un po'- chessò - di OCRATOSSINA?
Luk
Intanto l'Assoenologi si muove e chiede che in etichetta sia
obbligatoria ..ehm...la data di produzione.... :-)
Però in compenso dice sì ai trucioli purchè siano ...ehm.. onesti
:-)
http://www.winenews.it/index.php?c=detail&id=8572&dc=15
Saluti
Francesco
> Intanto l'Assoenologi si muove e chiede che in etichetta sia
> obbligatoria ..ehm...la data di produzione.... :-)
> Però in compenso dice sì ai trucioli purchè siano ...ehm.. onesti
> :-)
>
> http://www.winenews.it/index.php?c=detail&id=8572&dc=15
>
> Saluti
> Francesco
>
Leggo tra l'altro
"Del resto nessuno si sognerebbe di adottare questa pratica per un
Barolo, per un Brunello, per Bordeaux o per Rjoia, non avrebbe senso,
visto che la qualità del prodotto sarebbe decisamente diversa."
Ecco, io penso invece che l'impiego (fraudolendo) dei chips avverrà
*soprattutto* su vini come il barolo.
Luk
> Ecco, io penso invece che l'impiego (fraudolendo) dei chips avverrà
> *soprattutto* su vini come il barolo.
>
> Luk
E certo !
E' quello il problema. Tutelare la qualità.
Per i vini industriali, quelli sono e qulli restano
ma almeno salviamo il patrimonio qualitativo..
Qualche giorno fa a una serata con la Sertoli Salis,
mi sono fermato a parlare a lungo con il loro enologo.
Vini eccellenti, eleganti, profumati, finissimi.
Un'azienda che mi ha convinto veramente (ne parlerò
appena riesco a ritagliarmi 1 oretta per scrivere il pezzo..).
Bene, mi diceva che loro non hanno mai usato trucioli ma
che è ovvio che se un domani la concorrenza si giocherà
su cifre eccezionalmente più basse per via del risparmio
truciolo = no botti costose, probabilmente e a malincuore
dovranno prendere in considerazione la cosa.
Quindi, è fondamentale distinguere immediatamente e
al più presto tra vino e bevanda al gusto di vino che,
per quanto mi riguarda, la possono fare anche con le saponette.
Ciao
Fil
Intanto l'Assoenologi si muove e chiede che in etichetta sia
obbligatoria ..ehm...la data di produzione.... :-)
Perň in compenso dice sě ai trucioli purchč siano ...ehm.. onesti
:-)
http://www.winenews.it/index.php?c=detail&id=8572&dc=15
Saluti
Francesco
_________________
Si assurdo.
Ne parla anche la nostra Elisabetta Tosi su VinoPigro di oggi.
Ciao
Fil
> La gomma arabica è riportata sulle etichette di molti prodotti tra gli
> "ingredienti".
> Siccome il vino si suppone che come unico ingrediente abbia l'uva e
> nessuno dichiarerà mai in etichetta il contrario (a parte i solfiti),
Ciao Luk.
Mi riesce difficile comprendere perché, se in realtà lo è
non si possa indicare come ingrediente.
Il mio fine ultimo è creare due linee distinte.
Da un lato il vino fatto con l'uva e altre sostanze in percentuali
minime e trascurabili.
Dall'altro il vino fatto con l'uva e molte altre cose in percentuale
non trascurabile.
Decise le soglie di trascurabilità e non trascurabilità si
potrebbe quindi parlare di vino e di bevande al gusto di vino.
> Devo dire che l'accanimento contro la gomma arabica (inodore, incolore,
> insapore, atossica) mi ha un po stufato; ma non c'è di peggio? Vogliamo
> parlare un po'- chessò - di OCRATOSSINA?
Io non mi accanisco assolutamente contro nulla. Anzi.
Io sono per la libertà di ogni azienda ma che sia una
libertà trasparente. In qualche modo, da qualche parte, io
pretendo di sapere cosa sto bevendo.
Lo abbiamo fatto coi solfiti (c'è da migliorare la normativa rendendo
obbligatoria anche l'indicazione della quantità), non vedo perché
non possiamo evolvere e farlo anche per il resto. Almeno con
ciò che può essere considerato dannoso per il fisico.
A questo a mio avviso deve puntare il "partito dell'etichetta".
Ciao
Fil
Non mi sono spiegato. Intendo dire che nessuno, anche chi li usa,
dichiarerà mai per ragioni ovvie altri "ingredienti" oltre all'uva nel
suo vino, contando sul fatto che dall'analisi chimica non si possono
individuare con certezza. Questo come dice Mike vale addirittura per la
SO2, la cui soglia per l'obbligo di dichiararla in etichetta è inferiore
ai limiti naturali. Ergo devono dichiarare i solfiti anche coloro che in
teoria non li usano.
Leggi e regolamenti hanno senso se possono essere fatti rispettare.
Luk
> Devo dire che l'accanimento contro la gomma arabica (inodore,
> incolore, insapore, atossica) mi ha un po stufato; ma non c'è di
> peggio? Vogliamo parlare un po'- chessò - di OCRATOSSINA?
Diciamo che grazie a quello scandalo ho fatto una croce grossa cosi' sul
marchio Latini. Non nella linea Senatore Cappelli, ma gli hanno trovato
l'ocratossina nella pasta. Tenuto conto che anche la normale costa quanto la
Senatore Cappelli, IMHO dovrebbero avere la decenza di usare grano meno
misterioso...
--
Vilco
Think pink, drink rose'
> "wineisred" <xxxe...@hotmail.com> ha scritto nel messaggio
> news:1151659009.1...@i40g2000cwc.googlegroups.com...
>
> Intanto l'Assoenologi si muove e chiede che in etichetta sia
> obbligatoria ..ehm...la data di produzione.... :-)
> Però in compenso dice sì ai trucioli purchè siano ...ehm.. onesti
> :-)
>
> http://www.winenews.it/index.php?c=detail&id=8572&dc=15
>
> Saluti
> Francesco
> _________________
>
> Si assurdo.
> Ne parla anche la nostra Elisabetta Tosi su VinoPigro di oggi.
>
Mi sembrava più un argomento da ROTFL ! di JFSebastian :-)
Saluti
Francesco
Devo smettere di frequentare questo NG: anche la Latini adesso!!!
Non ci sono più certezze nella vita.
Fabio
> Mi sembrava più un argomento da ROTFL ! di JFSebastian :-)
In effetti..
:-)
Ciao
Fil
Mi dai più input a proposito.
Le uniche notizie che ho trovato sono su AltroConsumo
(http://www.altroconsumo.it/map/src/99671.htm), ma non mi sembrano così
drammatiche come stai facendo apparire.
Ciao
--
enociccio
www.parenti.com
al consumatore si deve far associare l'idea del vino ad un senso di
alimento, di prodotto dell'agricoltura, e non l'idea di una bibita
sempre pronta, ed uguale a se' stessa anno dopo anno, scaffale dopo
scaffale... ma è solo una mia (vecchia) idea.
> Nota che importatori seri come Kermit Lynch in California già applicano
> il principio del vino-latte: le bottiglie, dalla cantina del produttore
> fino al negozio, non vanno mai oltre i 12°C ! Basta visitare uno dei
> suoi domaines in Francia, controlli severi, container e camion
> refrigerati ecc..
Per me il vino, ma anche come tutto ciò che mi piace mangiare, deve
avere variabilità per il fatto che la natura non ce l'ha. Qualcosa di
sempre uguale a se stesso mi trasmette l'idea di 'normalizzazione',
oramai ottenibile solo con procedimenti industriali o analoghi, che
toglie senza aggiungere nulla.
alla fine ognuno di noi ha in testa a sé una sorta di disciplinare
personale,
un'idea tutta sua di quali pratiche enologiche (ma anche in vigna)
accetta o meno in un vino ideale.
[io mi reputo fortunato: quando posso frequento vignaioli e cantinieri,
amici (almeno mi auguro, persone non bugiarde); frequento molto poco
enotecari e ristoratori (di cui mi fido di meno, non so perché). la
mia è quindi una cultura terra-terra, lo ammetto; però almeno ho
vendemmiato e vinificato con le mie mani].
no, perché questo è il punto.
se lasciamo stare per un momento quelli che fanno vino-bevanda (coi
loro sacrosanti problemi), e ci concentriamo su quelli che fanno
vino-vero ci accorgiamo che le pratiche, enologiche ed in vigna,
vengono fatte anche se non servono, solo per un fatto di mercato.
ad esempio, io credo che il "metodo classico", in realtà, non è che
un metodo naturale, palese ed intelligente, escogitato per garantire un
introito al vignaiolo al di là della natura, e quindi... a me sta
bene!
però se ci pensi è un andare contro la natura quando è "cattiva",
comunque.
tant'è vero (e, credo, tu me lo insegni) quando tutto fila, quando la
natura non è "cattiva" ma buona, esce il millesimato!
però, dimmi, chi è pronto a pagare annate "storte" allo stesso prezzo
di grandi annate, per togliersi lo sfizio di bere vini naturali? eh si,
perché l'annata "storta" al vignaiolo chi gliela paga?
l'assicurazione?
come fa purtroppo anche il vero vignaiolo a tutelarsi se non chiamando
il medico... (e già che si trova, il chirurgo plastico, il
parrucchiere, l'estetista, ecc.) per le sue uve e per le sue botti?
vedi, e non ti sto parlando assolutamente di gusto internazionale...
oggi (e forse mai) si può vivere (e vinificare) da selvaggi. la gabbia
delle pratiche in vigna ed in cantina serve (a meno che non fai il
telebano e bevi vino fuori dal mercato, cosa di per sé magnifica).
ecco, ti ho inventato pure un nuovo gruppo: i vini-talebani.
> Avevo usato la stessa analogia 2-3 anni fa, il vino come il latte. Solo
> che il problema è il frigo un po` ingombrante... ;-)
>
> I vini sans soufre da giovani esibiscono una trasparenza olfattiva
> riconoscibile, non so come altro descrivere la cosa...
>
> Comunque ogni tanto piace tirar fuori la bottiglia rimasta in cantina 20
> anni, col vino sans soufre non ottieni invecchiamenti interessanti,
> anzi. Lasciamo quindi anche un po' di posto per quantita minime di SO2
> all'imbottigliamento, per evitare i problemi inevitabili nel trasporto,
> e per sperare di avere vino evoluto.
non sono contrario ad un po' di so2, però sono convinto che se
l'annata è buona un vino puro può invecchiare e può viaggiare. a
modo suo.
> Nota che importatori seri come Kermit Lynch in California già applicano
> il principio del vino-latte: le bottiglie, dalla cantina del produttore
> fino al negozio, non vanno mai oltre i 12°C ! Basta visitare uno dei
> suoi domaines in Francia, controlli severi, container e camion
> refrigerati ecc..
ed io che credevo di essere l'unico pazzo a sostenere 'sta cosa...
dimmi se hai altre info su questo produttore. e perdonami se mi dilungo.
> Quindi si, vini che esprimono terroir e millesimo, con pochi trattamenti
> industriali ma con una logistica... da trasporto latte.
>
mah! E poi a casa che ci fai?
"Filippo Ronco" <filipp...@libero.it> ha scritto nel messaggio
news:44a45b31$0$3106$4faf...@reader1.news.tin.it...
Il 01 Lug 2006, 23:21, "martello" <none...@pa.com> ha scritto:
> Se posso inserirmi, io credo che la soluzione sia semplice: si devono
> mettere in etichetta, non gli ingredienti, ma gli adittivi, ovvero tutto
> quello che viene aggiunto in più, proprio come i solfiti.
(cut)
Straquoto tutto
Danilo
--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Cioè? Forse non ho capito: il millesimato è naturale perchè frutto di uve
vinificate dalla medesima raccolta? Invece l'altro (credo ti riferisca a
differenti annate) no?
Single malt naturale ... blended no?
:-O
> però, dimmi, chi è pronto a pagare annate "storte" allo stesso prezzo
> di grandi annate, per togliersi lo sfizio di bere vini naturali? eh si,
> perché l'annata "storta" al vignaiolo chi gliela paga?
> l'assicurazione?
e infatti spesso le cuvee costano meno dei millesimati, comunque.
Ciao
Grazie
Chapeau
Ugazio
danilo ha scritto:
>> trovato l'ocratossina nella pasta. Tenuto conto che anche la normale
>> costa quanto la Senatore Cappelli, IMHO dovrebbero avere la decenza
>> di usare grano meno misterioso...
> Mi dai più input a proposito.
> Le uniche notizie che ho trovato sono su AltroConsumo
> (http://www.altroconsumo.it/map/src/99671.htm), ma non mi sembrano
> così drammatiche come stai facendo apparire.
Drammatico? E' solo che mi sta sui cosiddetti il fatto che ti fanno pagar
fior di quattrini per della pasta, pasta che vantano esser fatta con un
certo particolare grano (nel tuo link leggo che era proprio la S.C. la pasta
coinvolta), per poi scoprire che in realta' ci finisce dentro anche
dell'altro, perdipiu' comprato da uno dei piu' grandi grossisti d'Italia,
alla faccia delle piccole produzioni di qualita': IMHO non e' da uno che
tratta milioni di tonnellate che puoi trovare la qualita', ma solo in
piccole aziende con un certo controllo del prodotto. Se poi penso che questo
grossista non si faceva problemi a smerciare roba con livelli illegali di
una sostanza pericolosa per la salute, penso che Latini poteva scegliersi
meglio i suoi fornitori, almeno per il prodotto di punta.
Ma a quanto pare hanno una produzione di pasta molto maggiore a quella che
gli permetterebbe il S.C. (loro o coltivato da altri per loro) e cosi' sono
costretti a metter materia prima comprata sul mercato dell'ingrosso anche
nella loro pasta S.C. .
Inoltre, io davo per scontato che la S.C. fosse tutta di S.C. , mica
tagliata (e in chissa' quali percentuali) di roba mainstream.
Insomma, e' stato un po' come aprire il cofano di una F40 e trovarci un
pezzo marcato Toyota ;)
>Drammatico? E' solo che mi sta sui cosiddetti il fatto che ti fanno pagar
>fior di quattrini per della pasta, pasta che vantano esser fatta con un
>certo particolare grano (nel tuo link leggo che era proprio la S.C. la pasta
>coinvolta), per poi scoprire che in realta' ci finisce dentro anche
>dell'altro, perdipiu' comprato da uno dei piu' grandi grossisti d'Italia,
E' vero e' scandaloso per le premesse, ma la pasta buona la si deve
molto piu' all'acqua e al come e' essiccata che al grano utilizzato,
paradossalmente.
G
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2. aromatizzanti per uso enologico, in bustine da 450g., petali di rose
secche ($3.00); altri fiori ($2.00);
3. aromi concentrati liquidi per uso enologico, flaconi da circa 5
litri, fragola e prugna i più cari ($93.00), mirtillo il più
economico ($54.00);
4. mosto australiano concentrato e sterile di Shiraz con un saldo di
Viogner, in flaconi da 18 litri. ($100.00);
5. mosto italiano concentrato e sterile di Pinot grigio, in flaconi da
18 litri. ($58.00);
6. concentrato di mosto d'uva a 68°Brix, flacone da mezzo litro.
($8.00 rosso - $7.00 bianco);
7. "Mosti Mondiale", concentrato di Chianti, in flaconi da 18
litri. ($108.00);
8. mosto concentrato di Barolo, completo di lieviti, agenti di finitura
e solfiti, in flaconi da 18 litri. ($60.00);
9. mosto concentrato di Supertuscan (Sangiovese, Cabernet Sauvignon,
Merlot), in flaconi da 18 litri. ($146.00);
10. mosto italiano concentrato e sterile di Montepulciano, in flaconi
da 18 litri. ($111.00);
11. colture di batteri per favorire la malolattica ed aromatizzare
(vaniglia e burro), in bustine da 125ml. ($6.00);
12. cubetti da 3/8" di quercia (regione francese centrale), seccati
all'aria per 2 anni e tostati al fuoco M+, ideali per contatti da 8
settimane ad 8 mesi (a seconda del sapore di invecchiamento voluto), in
bustine da 450 g., la dose è circa 100g ogni 20 litri. ($31.00);
13. lieviti autoctoni. es: Bordeaux, in bustine dosate per circa 40
litri di mosto. ($2.00);
14. essenza di quercia per uso enologico in flacone da circa 150g.,
sufficiente per circa 100 litri di vino (a seconda del sapore di
invecchiamento voluto). ($4.00).
"da me il primo" <damei...@hotmail.com> ha scritto nel messaggio
news:1151946414.9...@p79g2000cwp.googlegroups.com...
da me il primo wrote:
> 1. vini concentrati. es: Amarone, in flaconi da 18 litri, da diluire
> con acqua. ($165.00);
>
> 2. [...]
Sono commosso.
A.
Ciao,
dove l'hai presa 'sta roba ?
Fil
Filippo Ronco ha scritto:
Discorso (che ho tagliuzzato per non appesantire troppo) molto
interessante. Che mi porta a farmi delle domande: qual'e' la soglia
quantitativa fra l'artigianato e l'industria, proprio in termini
di numero di bottiglie? quando e' che "sono troppe perche' siano fatte
come si comanda", diciamo cosi'? E: qual'e' la soglia minima per poter
dire che un vino e' "visto in giro", che "esiste"? Mica al Vinitaly, eh.
No, dico anche solo presso chi lo beve, lo apprezza (e' possibile
questo? potrebbe cioe' avvenire che un vino riesce a farsi conoscere
senza partecipare al circuito dello star system? lo domando seriamente).
Per poterlo "trovare sugli scaffali", quanti sono gli scaffali minimi
da prendere in considerazione?
E' un problema non da poco, anche perche' e' un problema
di costi. Ed e' vero, da me il primo ha messo il dito nella
piaga: condiziona anche il modo in cui il vino e' fatto.
Non vorrei esagerare il legame fra come un vino e' fatto e come
si pensa poi di venderlo (in ultima analisi questo sarebbe),
ma il problema mi interessa a tal punto che
mi piacerebbe anzi conoscere l'opinione del ng su questo:
come ci si aspetta che un "piccolo vino" si dovrebbe
promuovere, sempre che si ritenga che dovrebbe farlo;
["dovrebbe" vale sia nel senso di "sarebbe giusto, opportuno",
che in quello di "dovrebbe se vuol essere efficace".]
Quale dovrebbe essere il canale, quali i modi, quali i
contenuti..? partecipare a fiere concorsi esposizioni? andare porta a
porta nelle enoteche? nei ristoranti? inserzioni? volantinare brochures
a destra e a manca?
interessa conoscere di piu' "la cantina" o "la vigna"?
il territorio? la specifica situazione aziendale?
le cose o le persone? generose informazioni aggiuntive, nell'idea del
valore aggiunto, sarebbero un bonus?
o e' tutta fuffa che irrita perche' si vuol vedere solo e chiaramente
il prodotto in questione?
O, magari, meglio non fare niente del tutto, perche' comunicazione,
promozione eccetera appartengono a quella logica che si ritiene
dovrebbe essere estranea alla dimensione del vino-artigianato,
e i consumatori ci pensano da soli a cercare e trovare?
Capisco che tutte queste domande potrebbero dare l'impressione
di essere molto, troppo naif, ma e' esattamente la cosa che sono.