On Sun, 09 Mar 2014 18:48:47 -0500, Roberto Deboni DMIsr wrote:
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> Se lei vuole fare a modo suo, senza aderire alla normativa CEI (o VDE, o
> una qualsiasi di quelle di un altro paese UE), e' liberissimo di farlo.
> A patto poi di fare asseverare da un professionista la regolarita' allo
> "stato dell'arte" del suo impianto.
>
> Naturalmente, puo' anche giocare al lotto (non e' questa l'Italia ?)
> ovvero fare come vuole e sperare, con tanto di cornetti rossi, che non
> accada mai nulla che possa interessare ad un giudice.
Aggiungo per vostra informazione che, a causa della litigiosita' italiana
ed il combinato disposto di una totale incapacita' della maggioranza dei
periti nelle liste dei tribunali (pare che ci sia il "mestiere" di perito
di tribunale, al pari del "mestiere" di politico, riservato ai "falliti"
o "incapaci" di ogni settore), gli stessi tecnici professionisti, che in
teoria potrebbero avere la massima liberta' nella implementazione
tecnologica (avendo le giuste competenze), alla fine, per quieto vivere
siamo costretti ad utilizzare le norme CEI come se fossero una bibbia,
ovvero una legge inderogabile (eppure non sarebbe cosi').
Per esempio, potrei benissimo scegliere il rosso per la fase, allegando
una dichiarazione dello stato dell'arte della progettazione ed
implementazione nell'impianto elettrico, con chiara indicazione della
funzione di ogni colore fornito con allegata "guida per la manutenzione"
dell'impianto. Sarebbe una cosa che va ben oltre cio' che fornisce
l'impiantista medio al cliente.
Eppure, se qualche elettricista un giorno si fulmina toccando un filo rosso,
in primo grado e' facile essere condannati perche' un CTU afferma, da una
lettura pedisqua della CEI 64-8, che lo stato dell'arte deve essere
omogenea alla norma CEI e che il mancato utilizzo di uno dei colori
bruno-nero-grigio per la fase non ha permesso al malcapitato di sapere
che si trattava della fase.
Sorvolando eventuali commenti che la manutenzione si dovrebbe fare a
interruttore generale staccati, il problema (la spaventosa lentezza della
giustizia in Italia) e' che per anni, il tecnico si trovera' con
l'accusa di omicidio colposo, oltre alle spese per andare in appello e
fare ribaltare la sentenza. Nota: quei ribaltamenti che avvengono in
appello non sono spesso indicazione di corruzione o insabbiature, come
il popolino crede, bensi' il fatto che i giudici di primo grado lavorano
con una professionalita' scadente dei CTU (un giudice DEVE affidarsi alla
perizie, non essendo certamente un esperto di tecnologia). E poi c'e'
sempre il rischio della conferma anche in appello e quindi il carcere,
oltre al fallimento economico a causa dei risarcimenti.
Quindi, "di prassi", le norme CEI sono considerati da molti professionisti
come se fossero la *BIBBIA* della impiantistica elettrica. Sorvoliamo poi
sul problema che gli elettricisti non le conoscono tutte (le CEI 64-8 non
costano tanto, solo 100 Euro, ma sono quasi 700 pagine di "concentrato"
ovvero non diluite come un libro, occorre leggere tutto con attenzione).
Come potete vedere, un misto tra incompentenza media (minimo comune
denominatore) e inefficienza giudiziaria crea una situazione di fatto
dove pochi si azzardano ad alzare la testa, anche se avesse ricevuto un
premio Nobel per le sue competenze.
La beffa e' che in mezzo a questo marasma, gli impianti elettrici in
Italia mediamente sono pericolosi. In massa. Punto. Anche questa e'
comune storia italiana: si salva la forma, si punta tutto sui pezzi di
carta (l'unica difesa in tribunale, visto che gli interlocutori, i CTU,
non hanno competenze), per il resto l'utilizzatore si deve arrangiare
(come sapere che non deve usare le spine da 10A sulle prese 16A/10A
se l'apparecchio non ha fusibili o protezioni addizionali).