Le conseguenze impreviste delle proprie azioni sembrano il motivo
conduttore di queste pagine: Fingolfin, desideroso di sanare la frattura
con Feanor, pronuncia una incauta promessa le cui conseguenze andranno al
di la' di ogni previsione, mentre le scelte di Feanor e Finwe nei
confronti della convocazione di Manwe aprono la strada alle tragedie
future; i Valar dal canto loro si fanno cogliere impreparati, non solo a
causa dell'apparente ingenuita' e della scarsa vigilanza nei confronti di
Melkor, ma anche della noncuranza che ha permesso ad una creatura come
Ungoliant di vivere nelle vicinanze del Regno Beato per lungo tempo senza
che nessuno se ne accorgesse, poiche' le terre a sud di Valinor erano
state "a lungo trascurate".
Non appare quindi cosi' insolito che anche il Vala Melkor pecchi di
eccessiva sicurezza nei confronti di Ungoliant, la cui alleanza viene
ricercata con il solo scopo di ottenere un diversivo ed una vittima
sacrificale che gli permettano di agire indisturbato mentre i Valar si
occupano dell'intrusa: la ricompensa promessale non soltanto appare
eccessiva, ma viene chiaramente offerta senza alcuna intenzione di onorare
l'impegno ("..e dentro di se' rise. Cosi' il ladro piu' abile preparava la
trappola per quello meno esperto").
Ancora una volta entra in gioco il disprezzo con cui i 'malvagi' di
Tolkien si rapportano con gli altri e che frequentemente (se non sempre)
apre uno spiraglio al disastro: infatti cio' che accade nel corso
dell'attacco ai due Alberi puo' essere frutto sia dell'imprevisto sia
della scarsa valutazione delle incognite perche' la linfa degli Alberi
trasforma Ungoliant in qualcosa di incredibilmente potente e terrificante,
persino per Melkor - al punto tale che (come si vedra' nel capitolo
seguente) egli dovra' cederle controvoglia tutto il bottino in gioielli
per tenerla a bada.
Ungoliant mi appare come la creatura piu' "puramente" malvagia di tutta la
Terra di Mezzo: non viene fornita una giustificazione per il suo modo di
essere e di agire, essa - in una sorta di terribile parodia di Tom
Bombadil - semplicemente *e'*: tutta la sua essenza e' costituita dal
binomio 'desiderio/vuoto' gia' incontrato in Melkor, ma che in lei appare
privo di qualsiasi motivazione interiore in quanto frutto del cieco
istinto; questa sua natura e' probabilmente alla base della reazione che
si scatena in lei dopo aver consumato la linfa degli Alberi: il suo potere
e' senza dubbio accresciuto ma nello stesso tempo la vediamo in balia di
una fame inesauribile e distruttiva che appare come una maledizione,
perche' lei odia la luce eppure diventa preda di questa irrefrenabile
pulsione che la spinge a consumarne sempre di piu' senza mai sentirsi
sazia; e' molto facile vedere una similitudine con l'atteggiamento di
Gollum nei confronti dell'Anello e (come sottolinea Shippey) con
l'ambivalenza di un tossicodipendente nei confronti della sostanza di cui
e' schiavo.
Nel corso dell'avvicinamento a Valinor, l'oscurita' tessuta da Ungoliant
e' definita come una Non-Luce ("Unlight"), un elemento che preclude
l'esistenza stessa delle cose in quanto rappresentativa dell'essenza piu'
intima di questa creatura, e cioe' del "vuoto"; dopo che la luce degli
Alberi e' stata consumata, invece, questa oscurita' assume consistenza
("non un'assenza, ma una cosa dotata di vita propria") e diviene la
macabra deformazione di cio' che ha distrutto - il passo che descrive
l'oscuramento di Valinor e' di incredibile bellezza espressiva, a causa
del contrasto tra la forma quasi poetica della descrizione e l'angoscia da
essa suscitata ("la Montagna Sacra si stagliava da sola come un'isola
perduta in un mondo sommerso").
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Nymeria