Lucio Battisti, la lite fra la vedova e il paroliere Mogol ad una
svolta: ok allo streaming
https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/lucio-battisti-suo-repertorio-storico-decide-tribunale/802e64c4-b060-11e8-943d-6f0a93576229-va.shtml
Il suo canto libero è ingabbiato da anni. E ora è arrivato anche il
«commissario», un professionista indipendente nominato dal tribunale con
l’incarico di prendersi cura di uno dei tesori più preziosi e meno
accessibili della musica italiana: le canzoni firmate Battisti-Mogol.
Tra pochi giorni saranno trascorsi 20 anni dalla morte di Lucio Battisti
che il 9 settembre 1998 passò nell’Aldilà (nacque il 5 marzo 1943,
ventiquattr’ore dopo l’altro geniale Lucio: Dalla), dopo aver venduto
oltre 25 milioni di dischi. Era stato ricoverato in gran segreto, poco
dopo Ferragosto, nella stanza numero 9 del reparto di Medicina generale
dell’ospedale San Paolo di Milano. Pare soffrisse da tempo di una grave
malattia renale. Ma già nei venti anni precedenti era pressoché
scomparso dalla circolazione, ritiratosi con la moglie in una sorta di
eremitaggio in una villa in Brianza.
Acqua Azzurra e la guerra tra i soci
I 12 album con i testi di Giulio Rapetti-Mogol hanno fatto la storia
della canzone italiana. L’avventura della coppia d’oro parte nel 1969 e
si chiude nel 1980 con «Una giornata uggiosa». Una cavalcata
costantemente al top delle classifiche. È la stagione di testi
indimenticabili, è il Battisti dall’inconfondibile voce di «come può uno
scoglio arginare il mare ...», «il carretto passava e quell’uomo
gridava...». Poi pubblicherà altri album, più ermetici e molto meno
apprezzati dal suo «antico» pubblico. Le intramontabili «Emozioni»,
«Pensieri e parole», «Il mio canto libero» ecc., garantiscono ancora
oggi una rendita da diritti d’autore pari a circa 800 mila euro
all’anno. È questo il «tesoro», non solo economico, che lo stesso
Battisti affidò alle cure di una società, Edizioni Musicali Acqua
Azzurra srl («Acqua Azzurra»). Lì dentro, però, da qualche anno si è
scatenata la guerra tra i soci: la moglie Grazia Letizia Veronese (75
anni) e il loro unico figlio, Luca (45), da una parte con il 56% del
capitale e fino a poco tempo fa tutte le leve di potere in mano;
dall’altra Mogol (9%) e la Universal Ricordi (35%) del gruppo francese
Vivendi di Vincent Bolloré, che in Italia ha investito in Telecom e
tentato la scalata a Mediaset.
La liquidazione
Le incomprensioni iniziali sono sfociate in atti giudiziari e cause di
risarcimento, addebitando alla signora Veronese una gestione del
catalogo eccessivamente conservativa. Risultato: la società è finita in
liquidazione pur essendo tutt’altro che in dissesto. Nel 2016, infatti,
al momento della proroga della durata (le società hanno una scadenza)
occorreva il voto di una maggioranza qualificata dei soci, non bastava
il 56% fin lì egemone degli eredi Battisti. Universal ha colto la palla
al balzo facendo mancare il suo voto decisivo: occasione unica per
scalzare la vedova Battisti, rimescolare le carte e candidarsi
all’acquisto dell’ambitissimo pacchetto Battisti-Mogol che una perizia
avrebbe valutato 14 milioni di euro. Così Acqua Azzurra è stata affidata
a due liquidatori indicati dagli azionisti. Ma la guerra è continuata
anche negli indirizzi di gestione da attribuire ai liquidatori o
bocciando il bilancio 2017 da loro portato in assemblea. Una polveriera.
I due malcapitati professionisti, stoppati sulla via che portava a
un’asta del catalogo (operazione osteggiata dagli eredi) e
impossibilitati a portare avanti la liquidazione, si sono dimessi e
hanno lanciato una sorta di sos al Tribunale delle imprese.
Il «commissariamento»
Cari giudici — è il senso del ricorso — siamo in una fase di paralisi
della liquidazione ma qui c’è un socio (Mogol) che ha vinto a Milano in
primo grado la causa civile contro Acqua Azzurra e dobbiamo risarcirlo
con 2,6 milioni; ce n’è un altro, il figlio di Battisti, azionista di
maggioranza insieme alla mamma, che in una causa al tribunale di Roma
chiede la risoluzione (con risarcimento milionario) dei contratti di
edizione in base ai quali la società ha i diritti di sfruttamento del
repertorio storico; anche Mogol interviene autonomamente in quel
giudizio; per di più è arrivata una ingente domanda risarcitoria della
Sony che accusa Acqua Azzurra di aver leso i suoi diritti di sfruttare
economicamente le registrazioni originali di alcune opere della coppia
di artisti. Non si può andare avanti, pensateci voi. Eccoci dunque alla
situazione attuale: il Tribunale-sezione imprese ha affidato a Gaetano
Maria Giovanni Presti, avvocato e docente all’Università Cattolica, la
guida della società fondata nel 1969 da Lucio Battisti con gli attuali
soci. Presti ha «tutti i poteri di legge — scrivono i giudici — volti
alla miglior liquidazione della società, nessuno escluso, che eserciterà
nella sua piena discrezionalità e responsabilità senza necessità di
autorizzazione alcuna dei soci». Ma con alcuni criteri di fondo che
prevedono, in alternativa o in concorso con la vendita in blocco del
catalogo editoriale, la possibilità di concedere licenze di sfruttamento
economico delle opere «anche online».
Battisti sul web
Sembrano due paroline banali. Ma per le canzoni di Battisti-Mogol, e per
i numerosissimi fan che popolano i siti non ufficiali, è una rivoluzione
perché la gestione voluta dalla vedova ha sempre impedito l’utilizzo sul
web del repertorio, ingabbiandolo nei vecchi supporti fisici. Quindi
Battisti non esiste sulle piattaforme di streaming musicale come, per
esempio, Spotify dove digitando il suo nome si scopre che «Il mio canto
libero» è stato riprodotto oltre un milione di volte. Ma non è lui a
cantare e sono per lo più basi musicali, spesso brutte copie delle
originali.
Rischio oblio
«...di Battisti e Mogol .... ma che ne sanno i Duemila», cantava due
estati fa il dj torinese Gabry Ponte. «Il web --diceva in un’intervista
— abbatte barriere geografiche, culturali e temporali: c’è più musica di
sempre e i ragazzi riscoprono il passato. Battisti è della generazione
prima della mia, ma lo amo». Già, ma il disco in vinile o il cd non
entreranno mai nello smartphone. Dunque il rischio è l’oblio e i
millennial continueranno a sapere poco o nulla di Battisti e Mogol.
Anche i fan più accaniti che da anni alimentano il sito non ufficiale
www.luciobattisti.info e un gruppo su Facebook si fanno delle domande:
«Perchè — scrive Flavio Carrubba — oggi si può acquistare la sua arte in
formato “tattile” e non digitale? Nessuno la vuole gratis ma non è
giusto avere limitazioni sul modo di goderla». Insomma la speranza dei
«battistofili» è appesa alle due parole, «anche online», indicate dai
giudici al nuovo liquidatore.
La vedova, l’ostruzionismo e l’appello
Entro l’anno, intanto, si dovrebbe pronunciare la Corte d’appello dopo
che in primo grado, nell’estate del 2016, il tribunale civile di Milano
aveva condannato Acqua Azzurra a risarcire 2,6 milioni a Mogol che si
riteneva danneggiato dal «costante ostruzionismo» della società a
qualsiasi proposta di valorizzazione e promozione del catalogo
(pubblicità, film ecc.). Tanto per dare un’idea del clima (allora come
oggi), ecco, dopo la sentenza, le parole di Simone Veneziano, avvocato
di Acqua Azzurra e della moglie di Battisti che era anche presidente
della società: «L’obiettivo dichiarato in giudizio da Mogol era
chiarissimo: mettere le mani in tasca della signora Veronese, aggredire
il suo patrimonio, dopo averla per anni pubblicamente additata come la
vedova che mangia i bambini. Ma l’obiettivo può dirsi miseramente
fallito: il tribunale ha respinto la domanda di Mogol per mala gestio
contro Veronese». E ancora: «Il tribunale di Milano fa salvi i diritti
degli eredi di Lucio Battisti, inteso come interprete delle canzoni del
repertorio Mogol/Battisti, quindi Mogol potrà ostinarsi a voler abbinare
il brano “Acqua Azzurra, Acqua Chiara” a un dentifricio, ma dovrà
farselo cantare da uno dei suoi allievi del Cet di Toscolano». La
partita però non è affatto chiusa.
«Mogol risarcito»
Claudio Buja, presidente di Universal che ha il 35% di Acqua Azzurra,
prova ad aprire un canale diplomatico: «Se i soci trovano un accordo,
condizionato a modifiche statutarie e alla rinuncia alle cause legali,
Acqua Azzurra può uscire dalla liquidazione e tornare a una gestione
ordinaria». Sembra facile. Ma la realtà è che Gaetano Presti, l’attuale
liquidatore nominato dal tribunale e operativo da luglio, si trova
«accerchiato» dai procedimenti giudiziari avviati dagli stessi soci
contro Acqua Azzurra. «In effetti — dice -—non è semplice liquidare
qualcosa che è sub judice, il mio compito è trovare una soluzione
ragionevole che vada bene per tutte le parti in conflitto. I tempi dei
procedimenti, però, non è detto che siano brevi e nel frattempo la
società deve vivere sfruttando il patrimonio dei diritti che è rimasto
molto fermo negli anni. Ma un fatto è certo: la vendita del catalogo non
può essere all’ordine del giorno». Comunque sia, la notizia è che la
società con i soli introiti tradizionali Siae estinguerà «a giorni e
integralmente» il debito da 2,6 milioni di euro con Mogol. Una partita
si chiude, le altre chissà quanto dureranno. E sono vent’anni che
Battisti non c’è più. A pensarci cade la tristezza in fondo la cuore e
come la neve …