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Giulio Rapetti Mogol è il più grande poeta della musica italiana. Un
uomo umile e profondo. Nei suoi testi, riesce ad immortalare attimi di
vita, come in una fotografia. Racconta verità umane, emozioni
quotidiane, pensieri intimi, come se si stesse confidando con un amico.
Oltre millecinquecento canzoni pubblicate e grandissime collaborazioni.
La sua storia è ormai leggenda! I suoi brani accompagnano la nostra
vita, lasciando un segno profondo in ognuno di noi. Nello spettacolo
Mogol racconta Mogol, attraverso canzoni, aneddoti ed emozioni, Mogol
regala al pubblico una narrazione appassionata, accompagnata
dall’interpretazione delle sue indimenticabili canzoni, a partire da
Lucio Battisti fino ad oggi. Lo spettacolo è andato in scena al Teatro
Belluscio in occasione del Festival Euromediterraneo di Altomonte.
Dopo tanti successi, chi è oggi Mogol?
Sono io! Sono sempre rimasto me stesso.
Mogol racconta Mogol. La vita professionale di un artista attraverso le
canzoni che hanno segnato un’epoca. Uno spettacolo carico di emozioni.
Di che si tratta?
Mi vengono rivolte delle domande ed io rispondo, parlando delle canzoni
che canteranno e cercando di spiegarne il senso. C’è sempre un senso più
profondo di quello che appare. La gente percepisce il senso, ma a volte
raccontando le motivazioni per le quali sono state scritte quelle
canzoni, le gradisce molto. Io racconto la verità. Nei miei testi,
racconto fatti di vita, non fiction!.
Ha costruito il Cet (Centro europeo tuscolano), una scuola dedicata alla
formazione degli artisti.
Una scuola molto importante in Europa. L’ho fatta perché ho capito che
la cultura popolare sarebbe andata in recessione. Ormai, fanno tutti
dischi. Purtroppo, chi fa i dischi e trae profitto da essi, non sempre
trasmette le canzoni più belle.
Il suo parere sulla musica attuale? Perché molti giovani hanno una breve
vita artistica e scompaiono subito nel dimenticatoio?
Il problema è che quando fanno i reality, si presentano giovani che non
sono ancora artisti. I reality non sono scuole. Hanno un atteggiamento
simile a quello delle scuole, ma mancano i docenti. Manca il sapere.
Dunque, questi ragazzi arrivano, diventano anche noti, ma diventare
artisti è una cosa diversa. Il CET, la nostra scuola, invece, forma gli
artisti come Giuseppe Anastasi, Arisa e tanti ragazzi veramente
preparati. Bisogna studiare. Noi facciamo più fatica a formare coloro
che hanno già fatto altre scuole, rispetto a coloro che non hanno mai
studiato, perché cambiano i sistemi didattici. E’ come imparare a sciare
in un modo e dover imparare a farlo in un modo diverso. E’ difficile
insegnare un nuovo metodo.
Ha firmato tantissimi successi.
Ho scritto 150 successi. La SIAE mi dice che ho venduto 523 milioni di
dischi. Una cifra spaventosa. L’ho chiesto tre volte, perché non ci
credevo. Pare che abbiano avuto tutta questa diffusione nel mondo.
Ph Denise Ubbriaco
C’è un aneddoto off che vuole raccontarci?
Non ho una grandissima memoria. Ci sono scene che sono rimaste nella mia
testa. Quando avevo quattro anni, ricordo che per farmi uno scherzo mi
hanno messo sotto il lavabo della cucina, tirando una tendina e
dicendomi che era arrivato l’uomo cattivo. Ero terrorizzato! Mai
scherzare con i bambini, perché i bambini ti credono.
Ha scritto testi per Mina che neppure ricorda di aver scritto per lei.
E’ vero?
Un giorno, ho letto sul giornale che chi ha scritto il maggior numero di
canzoni per Mina sono stato io. Sono 28. Io non le ho mai contate.
Sicuramente, ci credo anche perché ho una memoria così labile. Ogni
tanto, faccio serate con il mio amico Ugo Mazzei e lui fa degli scherzi.
Mi presenta una canzone e mi dice: «Ti piace? L’hai scritta tu!».
Un periodo o un momento dedicato alla musica che ricorda con maggiore
emozione?
La vita è una continuazione di giorni che si susseguono, di
soddisfazioni. Non c’è un momento particolare. C’è un divenire. Si
dimenticano persino le tappe. Posso dire che sono un uomo molto
fortunato, perché trovo un affetto incredibile da parte della gente. E’
molto appagante!
Parliamo di Lucio Battisti. Un sodalizio durato circa 15 anni. Il
ricordo più bello di Lucio?
Quando prendeva in mano la chitarra, arrivava quella settimana all’anno
a suonarmi una canzone al giorno ed io scrivevo i testi. Poi, gli
spiegavo il significato dei testi, perché lui me lo chiedeva. Lui
tornava la mattina dopo e la sapeva a memoria.
Il suo brano preferito di Lucio Battisti?
Non c’è. Le pongo io una domanda. Preferisce Pensieri e parole, I
giardini di marzo o Emozioni? Vede? Pensi che ne dovrebbe aggiungere
altre 40, 50 o 100.
Mi parli del suo impegno nel sociale.
Mi occupo anche di autistici con mia moglie che ha fondato
l’associazione L’emozione non ha voce. Abbiamo radunato tutti gli
autistici con i loro genitori e ci ha ricevuto il Papa. Mia moglie è il
motore di questa associazione ed io sono il padrino. Noi cerchiamo di
aiutare chi ha bisogno con molto piacere. Ho scritto una canzone, Anche
per te, che racconta le storie di donne che avrebbero bisogno di essere
aiutate e che, invece, alla fine la maggior parte della gente non ne ha
il tempo, però il desiderio rimane.
Si può imparare a scrivere canzoni?
Si può imparare tutto nella vita, quando ci sono l’insegnante giusto e
la passione.
Quali sono le peculiarità che deve avere un artista?
L’artista deve avere grande passione per apprendere e le didattiche
giuste. Due cose che creano l’artista.
Un consiglio che vuole dare ai giovani?
Bisogna studiare con le didattiche di persone che sanno profondamente.
Il 30 settembre, parto per Boston perché l’università di Berkeley mi
chiama per ascoltare la mia didattica, ascoltare le mie lezioni e ci
sarà un concerto.