geordie in sicilia

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Franco Senia

da leggere,
15 dic 2001, 10:04:3815/12/01
a

sul canale irc, ieri sera, è arrivato un certo maurizio da roma
(nickname "geordie"). Il discorso è andato a finire sulla canzone
popolare. Così è successo che mi tornasse in mente il fatto che una
nota canzone siciliana, "vitti 'na crozza", viene di solito tradotta
in modo errato. E ritengo, fra l'altro, che la "vera" traduzione della
stessa abbia qualche attinenza con la storia che viene narrata nella
ballata "geordie".
Cominciamo dal "cannuni". Il cannone, la grande canna. Così si
chiamavano quasi dovunque, in sicilia, sia le torri dei castelli che
quelle di guardia: solo che, distrutti castelli a torri, in certi
paesi, la parola è rimasta ad evocare una mitica arma da fuoco puntata
a minaccia, sull'altura dove invece era il castello.
Al cannone-torre si riferisce il verso "vitti 'na crozza supra lu
cannuni", che, a chi non sa, fa piuttosto pensare ad un cannone (arma
da fuoco) decorato del piratesco emblema di un teschio. E invece si
tratta del teschio di un giustiziato. Nelle giustizie feudali - anche
in sicilia - si usava attaccare la testa dell'uomo, su cui era stata
eseguita sentenza di morte, alla torre del castello; e, se si trattava
di un qualche brigante che aveva terrorizzato anche le terre vicine, i
"quarti" (di uomo, non di bue) alle porte del paese.
Visto che siamo a spendere...spendiamo anche due parole su "crozza".
Di "crozza" esiste anche una personalizzazione, in sicilia. Prende il
nome di "Viciu Crozza", traducibile in "Vincenzo Teschio". Ed è il
nome e il cognome della "morte". Non la morte che viene per prendere,
bensì quella che appare per ammonire.
"Cu nun diuna lu venniri di marzu
ci agghiorna viciu crozza a lu capizzi"
(chi non digiuna nei venerdì di marzo/ si troverà al mattino con la
morte al capezzale).
In quanto a viciu crozza, è probabile che abbia origine da qualche
immagine di san vincenzo con accanto un teschio.
Finisco, aggiungendo solo che il distico ammonitore si usava recitarlo
in special modo ai bambini. Come "imago mortis"!

salud


--Franco Senia--

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"Oh gentiluomini, il tempo della vita è breve!
Trascorrere questa brevità nella bassezza
sarebbe cosa troppo lunga.
Se viviamo è per marciare sulla testa dei Re.
Se moriamo, o che bella morte, quando i Principi
muoiono con noi.
Ora per le nostre coscienze le armi sono giuste.
Quando l'intenzione nel portarle è ragionevole."

William Shakespeare - Enrico IV -

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Riccardo Venturi

da leggere,
15 dic 2001, 12:42:2215/12/01
a

La ballata "Geordie" cosi' come la conosciamo generalmente (sia dalla
traduzione di Fabrizio che dall'originale inglese) e' un mezzo falso.
Devo specificare bene, pero', che cosa io intenda qui per "mezzo falso";
e' la traduzione assai imperfetta di un'espressione inglese, "debased
form [of a ballad/of a folksong]" che mal si puo' rendere in italiano.
Di solito, seguendo la tradizione (spesso lunga secoli e secoli!) di una
ballata, cosi' viene chiamata una versione talmente "erosa" dal tempo e,
soprattutto, dalla cosiddetta "stilizzazione popolare", da mantenere
dell'originale e della sua vicenda solo flebilissimi echi.

Un caso tipico e' una ballata notissima con il titolo di "Scarborough
Fair", versioni della quale vennero raccolte ancora negli ultimi anni
del XIX secolo nella zona di Newcastle-upon-Tyne (J.Stokoe:
"Northumbrian Minstrelsy", 1882; Child II, 495). La ballata e'
incentrata sul rimpianto di un innamorato il quale chiede ad uno che si
reca alla fiera di salutargli il perduto amore, che vive giustappunto a
Scarborough, e di domandarle quando ella tornera' con lui. La ragazza
risponde al "messo" con una serie di questioni impossibili (del tipo:
"chiedigli di andarmi a prendere del latte dal petto di una vergine che
non ha mai visto un uomo", e roba del genere); solo se il giovane sapra'
soddisfare queste cose, cioe' mai, lei tornera' da lui. Con questo
impianto la ballata e' ancora nota, anche per la versione cantata
qualche anno fa da Simon e Garfunkel.

Ma i filologi sono strani tipi che scavano in passati nebulosi; ed e'
cosi' che tutta questa specie di filastrocca e' stata ricondotta, nella
fattispecie analizzando la serie di "questioni impossibili" che sono
passate attraverso le decine e decine di versioni raccolte fin dal
Cinquecento, ad un'antichissima ballata chiamata "The Elfin Knight" ("Il
Cavaliere Elfo"), una delle più vivaci e divertenti ballate del corpus
childiano. Nella versione originale, e' proprio il Cavaliere Elfo che
propone ad una ragazza una serie di compiti impossibili; lei gli
ribatte con un'altra serie, ugualmente impossibile, con cui smaschera il
Cavaliere, potenziale fedifrago (le sequele di compiti impossibili sono
uno dei "topoi" più usuali delle ballate angloscozzesi; se ne veda un
esempio anche in "The Unquiet Grave").
Le ballate basate sui "compiti impossibili", come detto, sono assai
diffuse, anche perché si tratta di un elemento che indubbiamente "fa
presa" sull’immaginazione collettiva (come si vede anche dalla
tradizione inglese delle lying songs). Logico che una ballata come The
Elfin Knight abbia dato luogo a moltissime versioni in cui il contrasto
viene a trasformarsi in una sorta di litigio fra innamorati, con le
relative ripicche; viene eliminata ogni allusione sessuale, e la ballata
diviene una deliziosa canzone d’amore. E' cosi' che si arriva a
"Scarborough Fair": una "debased form", appunto.

Cosi' e' accaduto, precisamente, per "Geordie" (ed e' da notare che
"Geordie" e' l'appellativo tradizionale con il quale vengono chiamati
gli abitanti *proprio* di Newcastle-upon-Tyne; e il tipico "Geordie
male", cioe' il "maschio standard di Newcastle" fannullone e dedito alla
birra, fu rappresentato da Reg Smythe nella figura di Andy Capp). A
differenza della "debased form" inglese tradotta da Fabrizio, la vicenda
narrata nell'originale scozzese (e northumbriano) sembra avere un
preciso fondamento storico ed ha originariamente un lieto fine: la
giovane moglie che si reca a corte ad implorare per la vita del suo
sposo riesce nel suo intento.

Potrebbe quindi trattarsi della vicenda di George Gordon (da qui, forse,
il nome "Geordie"), quarto o sesto conte di Huntly, che, ribellatosi
contro il Re di Scozia Giacomo VI nel 1589, fu imprigionato e condannato
a morte come traditore, ma in seguito liberato per intercessione della
sua famiglia. Dalla ballata appare che i Gordon erano pronti a liberare
il loro congiunto con la forza, ma è più probabile che Giacomo VI avesse
voluto evitare, con il suo gesto di clemenza, l’inimicizia di una
potentissima famiglia che era stata storicamente sempre dalla parte
della Corona di Sant’Andrea. Certo è che Geordie doveva godere di grande
popolarità, se la somma (veramente enorme) imposta alla moglie per il
suo rilascio fu raccolta senz’alcuna difficoltà. Il testo fa parte di
quelli forniti da Robert Burns per lo "Scottish Musical Museum" di James
Johnson (1787-1803); è verosimile che, come nel caso di "Tam Lin", il
grande poeta scozzese vi abbia messo le mani.

"Geordie" ha avuto grande diffusione nell’intera Gran Bretagna e ha dato
luogo a numerosissime varianti. Quelle inglesi, però, pur mantenendo
un’affinità di fondo con la vicenda originale (il "nucleo" fisso rimane
sempre la giovane sposa -o, spesso, fidanzata, pur con l’incongruenza
che essa ha già dei figli dal protagonista- che si reca a corte per
cercare di salvare l’amato), fanno di Geordie un bracconiere ed
eliminano l’happy end.

È il caso della versione 209k (una delle "Pills to Purge Melancholy" di
Thomas D’Urfey, 1719-1720). Nell’Inghilterra tradizionale il
bracconaggio era punito in modo veramente draconiano. In particolare, la
caccia di frodo nelle tenute e nelle riserve reali era punita in modo
ancor più severo, spesso con la pubblica impiccagione; ed a queste
severissime leggi non sfuggivano neanche i nobili. Così il giovane
Geordie della nostra versione, al quale viene riservato il non gradito
privilegio di essere impiccato "con una corda d’oro" per le sue origini
aristocratiche (si tratta qui evidentemente di un figlio cadetto privo
di ogni diritto ereditario, visto che era stato affidato ad una dama
estranea alla famiglia).

Questa "debased form" di Geordie è una delle ballate tradizionali più
note, forse seconda solo a "Barbara Allen"; il lamento della moglie, che
tenta disperatamente ed inutilmente di convincere il giudice a
risparmiare la vita di Geordie, è al tempo stesso un elemento
ricchissimo di pathos e un atto di accusa verso leggi inique ed assurde.
La ballata ha circolato per moltissimo tempo in "broadsides" cittadine
e, nella sua brevità, è un perfetto "concentrato" di romanticismo,
rabbia e malinconia, con la ragion di Stato e gli assurdi privilegi
sulla caccia che calpestano ogni più elementare sentimento d’umanità.

In questo senso, e solo in questo, la sua vicenda puo' avere "attinenza"
con tutte altre ballate e canzoni popolari che, nel mondo intero, sono
incentrate sugli abusi del potere simboleggiati da chi viene
"giustiziato", che lo sia con una "corda d'oro" oppure che il suo
teschio venga attaccato a un "cannuni" (a proposito: anche all'Isola
d'Elba, terra meridionale in tutto e per tutto, le antiche torri di
avvistamento dei Saraceni venivano chiamate "cannoni").

La "giustizia" feudale, dalla quale, se ci si pensa bene, quella
"evoluta" dei tempi successivi non ha mai differito molto. Verrebbe da
dire che sia solo un fatto tecnologico: la sedia elettrica o l'iniezione
letale al posto della corda o di altri strumenti di morte (corda che,
beninteso, ancora si usa!). Mettiamo "Stato" al posto di "Feudo" e,
spesso e volentieri, l'equazione e' quasi perfetta. Oppure ditemi voi
come avrebbe dovuto essere definito il signor George Bush Jr.,
governatore-boia del Texas ed attuale "presidente degli Stati Uniti". Un
signorotto feudale che ha, in ultima analisi, potere di vita e di morte
sui suoi sudditi. E cosi' sono tutti i governatori degli stati USA.

Saluti

--
* Riccardo Venturi*
* Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
* So er an îr ûfgestigen ist *
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