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Rino Gaetano e "Fabrizio D'André"

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Riccardo Venturi

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Oct 4, 2004, 4:25:04 PM10/4/04
to

Alfredo del Curatolo è nato a Milano nel 1968. Giornalista
professionista, scrive sulle pagine culturali del quotidiano "La
Provincia" e collabora con riviste musicali e siti internet. Ha
vissuto sei anni in Africa guadagnandosi da vivere come cuoco,
animatore e cantante in una rock band; e' in uscita il suo primo album
come cantautore.
Quel che ci interessa qui e' invece il suo esordio come scrittore,
dato che lo ha fatto con un interessantissimo volumetto (edito dalla
Selene Edizioni, collana "Distorsioni") interamente dedicato a Rino
Gaetano, alla sua vita ed alle sue canzoni. Il volume si intitola "Se
mai qualcuno capira' Rino Gaetano" ed e' stato recentemente recensito
anche da "A-Rivista Anarchica".
Vi estraggo alcune parti che parlano del rapporto tra Rino Gaetano e
Fabrizio De André. La grafia "D'André" riportata nel titolo non è un
refuso, e vedremo meglio perché.
Credo e spero che la cosa sia interessante per tutti.

**

[pp. 87-91]

"[...] Dalla scuola di Milano a quella genovese, per certi versi molto
distante dal mondo di Gaetano che spesso cita Fabrizio de André come
esempio di una letteratura alta da "rigurgito liceale". Il cantautore
di Pegli appare anche nel passaggio finale della surreale introduzione
scritta nel booklet di 'Mio fratello è figlio unico': 'La rivoluzione
non tardò, la rivoluzione era fissata per le 18 in Piazza Larga e si
apriva con un concerto di Fabrizio D'André'.
D'André in realtà è l'antico nome della casata del cantautore ligure,
ma è poco probabile che Gaetano ne fosse a conoscenza.
In un'intervista anzi dichiara che l'apostrofo secondo lui accentua
l'accezione nobiliare del cognome, De André è in fondo un pretesto per
affermare ironicamente come i cantautori, in quel periodo, siano loro
malgrado assurti ad agit-prop se non addirittura a leader politici,
invece di un'opposizione parlamentare incapace di parlare dei
'desideri delle masse' su cui satireggiava anche il primo Nanni
Moretti in 'Io sono un autarchico' ('I desideri delle masse...ma a noi
che ci frega dei desideri delle masse?') e con cui se la prende il
destrorso Bruno Lauzi ('il cantautorato sembra diventato una specie di
garanzia di vendita')."

[...]

"De André, dal punto di vista delle esibizioni live, è uno dei meno
attivi politicamente, non sfoggia tessere di partito e preferisce i
teatri ai meeting; più volte si dichiara anarchico, così come Guccini
('non sono né marxista né cattolico'). Ma nei mesi in cui Rino Gaetano
lavora al suo disco di esordio, esce uno degli album più schierati del
cantautore genovese, 'Storia di un impiegato'. E' 'Canzone del maggio'
a trasformare nella sua fantasia un concerto di Faber nell'apertura
ufficiale della rivoluzione, vista in maniera grottesca quasi come
un'Olimpiade. Ma 'Storia di un impiegato' è un concept album che
definire politico è riduttivo. Fabrizio racconta la storia di un uomo
comune che, dopo avere ascoltato la canzone dei moti francesi del
1968, decide di organizzare un attentato."

[...]

"Il tono è polemico" - ammette Gaetano parlando a 'Ciao 2001' della
prefazione a 'Mio fratello è figlio unico'- "Ma non ce l'ho con
Fabrizio...non è il cantautore che si sveglia la mattina e fa una
rivoluzione...si dice che i partiti politici si fanno pubblicità con
gli artisti, ma in fondo un Berlinguer chiama sempre più gente di un
De André". Secono Rino Gaetano, una canzone non può cambiare il mondo.
Nel giugno 1978 dichiara alla stessa rivista musicale: "Credo che la
soluzione dei problemi non spetti e non sia alla portata delle
canzoni." Parlando dell'autore della 'Guerra di Piero', dirà ancora,
per il gusto di provocare: 'Molti cantautori sono rimasti ancora sui
banchi del liceo."
In realtà il ragazzo timido di Montesacro, pur non avendo fatto il
liceo, alla fine degli anni Sessanta ascoltava e amava Fabrizio De
André. Si era procurato tutti i suoi dischi. Pur non condividendo il
suo amore per gli chansonnier francesi e per Leonard Cohen ("io sono
cresciuto con i Beatles, con i Nomadi, con il primo Celentano",
ammette in un'intervista del 1978), più avanti farà anche
un'improbabile e volutamente ispirata parodia delle canzoni
d'Oltralpe, "Dans le château"), ne seguiva lo spirito empirico.
Entrambi hanno spesso affrontato gli argomenti delle loro canzoni
dall'interno, analizzando e vivendo ciò che poi hanno raccontato sotto
forma di melodia. Per De André (Buscadero, dicembre 1995) "è la
materia del narrare a suggerirmi la musica". Rino avrebbe concordato."

[...]

"Fabrizio era di estrazione sociale borghese, figlio di un importante
industriale genovese, ma parlava di puttane, portuali, vittime della
società e sfruttati perché viveva in mezzo a loro, aspirava i miasmi
di via Prè e conosceva le locande di Sottoripa ed i personaggi che le
affollavano. Rino Gaetano non va al bar del Barone, sulla Nomentana,
per respirare la vita vera da spettatore. Frequenta quei luoghi fin da
ragazzo e lì trova, seduti a giocare a dama o a tressette, i suoi
amici. Sono storie sue, beve birra in lattina perché i bicchieri del
"Barone" sono sporchi, preferisce le carte alla dama. Non sente
bisogno di ricamarci sopra poesia. [...]
Non canta storie minori possibili o incroci di un passato da guardare
con la nostalgia di chi si è realizzato altrove. Quella è la sua vita
ed è sicuro che sarà sempre così. Cresciuto in una famiglia cattolica
che lo ha fatto studiare in un collegio di preti, Gaetano scherza
sulla Chiesa con molto rispetto (nella sua libreria, accanto alla
Sacra Bibbia, campeggia un librone dal titolo "Cento anni di satira
anticlericale", poco più in là il Corano), ma non risparmia nemmeno
Karol Wojtyla che, eletto Papa, non rinuncia allo sport e ai viaggi e,
nella canzone "Ping pong", sfida a nuoto la campionessa Novella
Calligaris. In una delle ultime interviste si dichiara "Non ancora
credente". Faber invece è nato in una famiglia totalmente avversa alla
fede, ma ha voluto studiare le sacre scritture e si è appassionato
alla vita di Gesù, prima di arrivare ad elaborare la sua "Buona
Novella" sulla base dei vangeli apocrifi."

[...]

"Appurato che non è Fabrizio De André" l'obbiettivo della strampalata
introduzione a 'Mio fratello è figlio unico', Rino non guarda soltanto
a quanti nella sinistra si vantano di avere la musica dalla loro, ma
anche alla spettacolarizzazione estrema (siamo nel 1975, non negli
anni '90) di qualsiasi evento da parte del sistema, che
paradossalmente cancella un fatto epocale come potrebbe essere una
rivoluzione, un nuovo Sessantotto, trasformandola in un happening alla
Woodstock."

[...]

"Gaetano non sopporta il vezzo intellettuale di riferirsi ad
avvenimenti o a poeti del passato, che pure possono offrire degne
metafore della società moderna. Non avrebbe mai composto una canzone
come 'Il re fa rullare i tamburi' o 'La morte', perciò scrisse 'La
vecchia salta con l'asta' in cui il medioevo feudale appare un po'
come quello dell' Armata Brancaleone di Monicelli, un po' quello dei
Monty Python nel 'Santo Graal'.
L'autore di 'Ingresso libero', poco più che ventitreenne, non ha la
presunzione di fare poesia e non ha ancora trovato la formula migliore
per gridare strofe in cui si possa identificare, come "per quanto voi
vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti" con cui si conclude
"Storia di un impiegato" che è la storia di una presa di coscienza. La
presa di coscienza di Rino Gaetano passa anche dall'ascolto delle
canzoni di Fabrizio de André. Basti pensare alla Fiat 1100 che per De
André è quella risparmiata dai fuochi della rivoluzione, e che invece
viene incendiata all'operaio non politicizzato di Gaetano. Ma il
giovane Rino è (e vorrebbe essere definito) un solare, quindi
solitamente non si trova in sintonia con i maledetti, i contorti, i
difficili. Ama bere vino e fare tardi la notte, si tiene dentro una
malinconia profonda, ma non è autodistruttivo."


(Salut,)


--
*Riccardo Venturi* <vent...@SPAMMACECCHIGORIspl.at>
*Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
So er an îr ufgestigen ist (Vogelweide & Wittgenstein)*
*CH-1700 Fribourg/Freiburg (Confoederatio Helvetica)
*0041 78 623 99 86
____________________________________________________
http://utenti.lycos.it/Guctrad/alamanno.html
http://utenti.lycos.it/Balladven/index.html
http://www.prato.linux.it/~lmasetti/canzonicontrolaguerra
http://www.obiezione.it ==> Canzoni contro la guerra

Davide Bevilacqua

unread,
Oct 5, 2004, 12:35:03 PM10/5/04
to
"Riccardo Venturi" <vent...@SPAMMACECCHIGORIspl.at> ha scritto nel
messaggio news:rda3m0l3v7hb0ku4i...@4ax.com...

>
> "Il tono è polemico" - ammette Gaetano parlando a 'Ciao 2001' della
> prefazione a 'Mio fratello è figlio unico'- "Ma non ce l'ho con
> Fabrizio...non è il cantautore che si sveglia la mattina e fa una
> rivoluzione...
Sinceramente, ma è probabile che io abbia sempre frainteso, non ho mai
percepito in tono polemico il riferimento a De Andrè nel finale del booklet
di "Mio fratello è figlio unico". Anzi, al contrario, l'ho sempre percepito
come riconscimento di un peso sia artisco che politico.

> Nel giugno 1978 dichiara alla stessa rivista musicale: "Credo che la
> soluzione dei problemi non spetti e non sia alla portata delle
> canzoni." Parlando dell'autore della 'Guerra di Piero', dirà ancora,
> per il gusto di provocare: 'Molti cantautori sono rimasti ancora sui
> banchi del liceo."

Anche De Andrè non credeva nella maniera più assoluta che una canzone
potesse cambiare il mondo. Della "Guerra Di Piero" diceva che era una
canzone amata da tante persone , ma che nei fatti non aveva cambiato nulla
(anche se questa cosa la diceva il De Andrè di ormai 55-56 anni).

> "Fabrizio era di estrazione sociale borghese, figlio di un importante
> industriale genovese,

Non è scorretto definire il prof. Giuseppe De Andrè come industriale?

Un caro saluto.
Davide.


Riccardo Venturi

unread,
Oct 6, 2004, 4:54:32 AM10/6/04
to
Il Tue, 5 Oct 2004 18:35:03 +0200, "Davide Bevilacqua"
<davidebe...@ANTISPAMfastwebnet.it> rifiutandosi di acquistare il
proprio tempo al supermercato, scrisse:


>Sinceramente, ma è probabile che io abbia sempre frainteso, non ho mai
>percepito in tono polemico il riferimento a De Andrè nel finale del booklet
>di "Mio fratello è figlio unico". Anzi, al contrario, l'ho sempre percepito
>come riconscimento di un peso sia artisco che politico.

Credo che Del Curatolo abbia spiegato abbastanza compiutamente, e con
le parole del diretto interessato, il pensiero di Rino Gaetano al
riguardo. Non ritengo fra l'altro che, con questo, Gaetano volesse
certamente negare il peso artistico di De André, anche se sul peso
"politico" le sue affermazioni non mi sembrano lasciare adito a dubbi.
Ovviamente specifico che stiamo commentando uno scritto altrui, ovvero
del sig. Alfredo del Curatolo. Sul "peso politico" dei cantautori si
sono dette sempre molte cose nel corso degli anni, molte delle quali a
sproposito; ma, personalmente, ritengo che negarlo sarebbe un errore
madornale, specialmente in certi periodi della vita di questo paese. I
cantautori sono stati, ed in alcuni casi continuano ad essere, dei
portatori di un dato discorso o percorso politico oppure delle persone
che hanno fatto ed espresso politica nelle loro canzoni. Bisogna anche
tenere presente che Gaetano parlava in un periodo in cui la cosiddetta
"canzone politica" (termine quantomai generico, del resto) era ancora
inflazionata; non è certo il caso di adesso, in cui essa vive in una
sorta di "nicchia" attendendo i giorni in cui potrà non certo "fare
rivoluzioni" o "cambiare il mondo", ma in ogni caso accompagnarle o
seguire dei cambiamenti epocali.

>Anche De Andrè non credeva nella maniera più assoluta che una canzone
>potesse cambiare il mondo. Della "Guerra Di Piero" diceva che era una
>canzone amata da tante persone , ma che nei fatti non aveva cambiato nulla
>(anche se questa cosa la diceva il De Andrè di ormai 55-56 anni).

Non sono eccessivamente d'accordo, perlomeno sul significato di
"cambiare qualcosa". Canzoni come "La guerra di Piero" hanno comunque
contribuito a cambiare una mentalità, e niente me lo può togliere
dalla testa.

>Non è scorretto definire il prof. Giuseppe De Andrè come industriale?

Casomai lo si potrebbe definire un manager pubblico, dato che la
"Eridania Zuccherifici Nazionali" era giustappunto un'azienda del
settore pubblico.

Salut,

Riccardo Venturi

unread,
Oct 6, 2004, 5:04:25 AM10/6/04
to
Il Tue, 5 Oct 2004 18:35:03 +0200, "Davide Bevilacqua"
<davidebe...@ANTISPAMfastwebnet.it> rifiutandosi di acquistare il
proprio tempo al supermercato, scrisse:


>Non č scorretto definire il prof. Giuseppe De Andrč come industriale?

NB: L'opera di Del Curatolo contiene anche altri errori su De André.
Ad esempio, quando nomina la canzone "Il Re fa rullare i tamburi", la
riporta come una traduzione da Georges Brassens (il che non č
assolutamente vero).

Salut,


--
*Riccardo Venturi* <vent...@SPAMMACECCHIGORIspl.at>
*Er muoz gelīchesame die leiter abewerfen
So er an īr ufgestigen ist (Vogelweide & Wittgenstein)*

Tom Joad

unread,
Oct 6, 2004, 5:59:20 AM10/6/04
to

"Riccardo Venturi" <vent...@SPAMMACECCHIGORIspl.at> ha scritto nel
messaggio news:rda3m0l3v7hb0ku4i...@4ax.com...

Ed ecco qui per intero la copertina di "Mio fratello è figlio unico",
1976...

18 Aprile festa nazionale dei parastatali con almeno due anni di anzianità
di servizio.
La data scelta casualmente di comune accordo fra tutti i parastatali del
regno festeggiava San Galdino vergine.
Tutti si preparavano alla festa e nessuno ne sentì mai la mancanza.
Il principe con i piedi contro il lampadario acquistava dimestichezza con lo
Yoga-rock: ultima importazione anglo-americana in tema di belinate.
Il fratello del principe si rosicchiava il medio della sinistra convinto di
contribuire con questo allo sviluppo dei popoli in via di sottosviluppo.
La regina sculacciava di santa ragione un servitore, visto che si trattava
di un fatto reale.
Il re si depilava sulle cosce.
Il popolo eseguiva un raro esercizio di masturbazione massificata.
La forza dell'ordine nell'esercizio del proprio dovere si identificava col
popolo e tutti cantavano in coro : "binario, dolci parallele della vita".
I parastatali scalzi e votati alla castità si recavano in fila per quattro
verso lo stadio, pena: la morte.
Il primo esercizio, consisteva nella scalata dei tralicci di illuminazione
ai bordi dello stadio; e nell'immediato tuffo a testa in giù sulle
gradinate.
Altri mille giochi coronavano la festa e tutte le categorie partecipavano
con spirito sportivo e abnegazione assoluta. Al vincitore veniva concesso di
toccare per secondi trenta le cosce della regina, ma inevitabilmente ogni
anno era lo stesso re, gelosissimo e depilato a sottoporsi al trattamento.
Allora ci furono dei moti sovversivi capeggiati dai rossi che al grido "W la
regina e le sue cosce" organizzarono manifestazioni articolate.
La rivoluzione non tardò.
La rivoluzione era fissata Alle ore 18,00 in piazza Larga e si apriva con un
concerto di Fabrizio D'Andrè.


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