" La vita č un'incognita lunga
Ma non si dovrebbe morire;
Mi chiedo com'esser fedeli
Si puņ a chi ha creato la morte".
> Riccardo Venturi <traduz...@iol.it>
> Er muoz gelīchesame die leiter abewerfen
> So er an īr ūfgestigen ist (Vogelweide)
Laura
Allora ci metto anche la mia (credo di averla gia' postata, tempo fa, ma
non sono sicura...)
Secondo voi il "primo di cinque fratelli" ammicca al "Generale" di De
Gregori, o e' solo una coincidenza?
(....)
Fra l'altro, mi e' venuto un brivido, sembra scritta apposta per
una mia personale storia familiare... un giovane di ventidue anni,
appunto uomo di montagna e di fiume, di semplicita', di fatica e di
natura, guarda caso uno di cinque fratelli anche se non il primo,
tirato fuori a forza dal suo paese per "vedere il resto del mondo
solo attraverso un mirino", e mai tornato dall'inverno russo. Se la
faccio sentire a mia nonna, che ha piu' di ottant' anni e
che e' rimasta una dei
pochi che lo hanno conosciuto direttamente, sono sicura che ci
piange. Un'immagine vasta, annebbiata, una grande famiglia
patriarcale di contadini toscani, un bambino di cinque anni
cresciuto soltanto da donne e da anziani, che ha visto tornare,
uno per uno, torvi e sfiniti, tre dei suoi giovani zii ingoiati dal
buio, a piedi dalla Germania o da chissa' dove altro. Santino ha
una trentina d'anni, Adelio 25 o 26, Nevio appena 21, al bambino
Pietro sembrano tutti uguali, tutti figli della nonna amata e
solenne, puntello della casa, terrena Ecuba di appennino. Un
giorno, sorpreso a giocare solitario in mezzo ai sassi, viene
spedito sul sentiero da una vicina eccitata: vai, vai a vedere, e'
tornato tuo padre! Confuso, corre avanti, distingue una sagoma, di
nuovo troppo simile alle altre, ma chi sara' poi, ma cosa vuol
dire, ma sara' vero?... Abbassa gli occhi imbarazzato, l'uomo lo
fissa, gli corre incontro, lo stringe e lo solleva leggero
sull'orlo delle lacrime, consolazione e ansia e rabbia per tutti
gli anni di vigore e di affetto che gli sono stati rubati.
Sulla soglia del villaggio, dietro la curva, si fa avanti piano,
commossa di nuovo, la stessa donna anziana di sempre. Abbraccia
il figlio, piange, mentre qualche vicina corre verso gli orti a
chiamare la nuora, che puo' correre a salutare il suo uomo dopo
tutti questi anni da vedova senza certezze. Il bimbo, turbato, col
piccolo cuore colmo di emozioni, di paure e di domande, fissa la
nonna in lacrime, e si chiede, nitidamente: ma perche' piange, si
piange quando si sta male, dovrebbe ridere, ora!... Angelo, mollata
del tutto la tensione dei muscoli sfatti, allarga l'abbraccio alla
moglie e al piccino; la madre si scuote, caccia via il pianto con
un brivido, e dice: adesso manca solo Celso. E Celso invece non e'
mai tornato, ingoiato senza un nome dalla pianura gelata di Russia,
dopo aver visto, al di fuori della sua vita di sempre, soltanto
armi, divise e ferite. Come tutte le madri di guerra, la bisnonna
Angiolina, che non ho mai conosciuto, e' la donna sulla collina che
aspetta le sue cinque stelle; mio nonno e' l'ultimo reduce, mia
nonna e' la sposa gonfia d'ansia, il bambino Pietro e' mio padre.
Un giorno la scrivero' meglio, questa storia. Intanto, grazie a
Guccini e a tutti gli altri che l'hanno cantata, avendone in mente
un'altra che in fondo e' la stessa. E scusate lo sfogo e
l'eventuale fuori tema....
ciao
Lisa