Il 05/12/20 15:54, ale.nico ha scritto:
> Mi sembra di notare che la componente di ragazze omosessuali (e
> ragazze, sebbene siano la netta minoranzai), nelle facoltà di
> psicologia, sia ben superiore alla media.
Beh si può fare un ragionamento così: esco da un' adolescenza di per suo
terremotata, anzi oggi con le "adolescenze prolungate" non ci esco
proprio e il conflitto spesso esita in narcisismo..;il mio garbuglio di
problemi interiori, il disagio, il dolore, la ricerca di una
spiegazione, mi spingono verso psicologia (illusione generalizzata che
il perchè faccia sparire i sintomi se non addirittura la causa).
Una volta là sono di fronte a una sfida: esami, confronto con gli altri,
spesso dalla periferia alla grande città, rapporto con culture diverse,
ecc. Non solo devo reggere ma possibilmente vincere, portare a casa
voti, arrivare al pezzo di carta, sapere cosa farò da grande..
Questa somma di tensioni, che è davvero un tritacarne, mi porta a
cercare ambiti consolatori. Lo stesso sesso è più facile da avvicinare e
poi è condivisorio. Diventa un' ambito di amicizia-confidenza-sfogo ben
comprensibile. Lo stesso ambito sul quale si innescano gli
innamoramenti. Solo che per l'innamoramento uomo-donna devo superare l'
essere all' altezza. Devo presentarmi con un' identità precisa
individuale e sociale quando in quel periodo di vita si è dei loser
quasi per definizione.. Basta un giro sui social per vedere quanto è
grande il dramma del confronto e non solo a 20 anni.
A quel punto, se a monte non c'è una formazione familiare con identità
molto precise, la con-fusione sessuale è possibile e facile. Non parlo
di stereotipi "io Tarzan, tu Jane" ma di un percorso di crescita nel
quale a ogni step riconosco il "come me" e l' "altro da me". Una lettura
di Morgenthaler aiuterebbe.
Se poi in quell' ambito familiare esiste una permissività genitoriale
non ragionata, ma più il risultato del non aver problemi, si forma nel
bambino/ragazzo un'autorizzazione interna al fare laqualunque. (Pensa ai
ragazzi della maxilitigata notturna a Roma..)
Tenere conto che questa permissività è incrementale nelle generazioni e
spesso non va a carico dei singoli ma del contesto sociale: se due
povericristi lavorano tutto il giorno lo spazio educativo si restringe
al "cosa mangi?", situazione che il bambino assimila all' abbandono e
dunque spinge alla ricerca di conforto. Un loop.
> La domanda sorge spontanea perché queste sono le facoltà in cui
> trovano spazio certe tematiche e certe aree di ricerca: ma c'è una
> sorta di proselitismo dietro?
Che trovino spazio sì ma che ci sia proselitismo voluto mi pare
azzardato se non improbabile.
Sono ambienti che fungono da
> "catalizzatore" per esternare i propri orientamenti?
Certamente sono catalizzatori per chi ha problemi ma problemi in
generale. Una volta nella formazione dello psy la propria analisi era
obbligatoria, oggi quasi per nulla e si vede. Troppo spesso i problemi a
monte, qualsiasi essi siano, sono rimasti al massimo spiegati ma non
risolti.