Il tamarro è un'entità superio.. pardon, inferiore, creata dal Signore a
immagine e somiglianza di uno qualsiasi dei bulli di periferia di una città
qualunque. Il termine "tamarro" non è comunque universalmente riconosciuto e
il personaggio in questione assume diverse nomee a seconda del luogo nel
quale risiede. Come le antiche divinità , adorate con nomi differenti ad
Atene e a Roma, il tamarro assume varie denominazioni a seconda della zona
d'Italia nella quale viene avvistato. Abbiamo così tribù di gaurri, zarri,
cuozzi, cataruozzoli. Il tamarro non ha particolari limiti geografici,
potrete trovarlo praticamente ovunque, tranne che nei luoghi ove aleggi un
sentore anche minimo di cultura (es. una biblioteca, un museo, una
libreria), una sorta di criptonite per lo sconsiderato essere in esame. Sono
queste zone pericolose per il tamarro, che non puà rimanervi per un tempo
superiore alla frazione di nanosecondo, pena la morte fisica, non cerebrale,
dato che questa è avvenuta praticamente quando il tamarro era ancora in uno
stato embrionale. Per dare comunque una collocazione spaziale alquanto
precisa, possiamo notare che i tamarri affollano una cittadina campana
nomata "Afragola". E' qui che infatti tali individui si raggruppano in
branchi e sempre in determinati luoghi, con una densità che può raggiungere
quella di 10 individui per metro quadrato. Il tamarro si sposta in branchi,
dato che da solo non riesce a esercitare quella funzione intimidatoria scopo
stesso della sua vita. Per farlo, può usare mezzi a quattro e due ruote,
nonchè ingegnosi sistemi di palafitte semoventi, usualmente chiamati "anfibi
con zeppa di spropositate dimensioni". Procederemo adesso ad un esame,
piuttosto superficiale, dei suddetti mezzi di trasporto. Il mezzo a quattro
ruote citato può essere una Uno/Punto Turbo i.e. (generalmente giallo limone
marcio); una Mini cabriolet. In caso di crisi finanziarie particolarmente
gravi, ogni macchina va bene e il tamarro rimedia con appositi e
improvvisati Kit di personalizzazione. Perchè "K" maiuscola? Perchè il Kit
per antonomasia è quella reminiscenza supercariana di alcuni (molti!) anni
fa: ricordate quella striscia di led luminosi che si accendevano e
spegnevano in sequenza, posti in un'apposita feritoia sul cofano della
macchina di Michael Night? Esattamente, quello che produceva anche un suono
strano all'accendersi e spegnersi ritmico dei diodi a emissione di luce. Il
Kit è disponibile in vari modelli, con e senza suono e con i led
programmabili (naturalmente, è tutto pre-programamto, altrimenti il tutto
sarebbe inutilizzabile dal tamarro). I meno danarosi rimpiazzano questo
insostituibile strumento con tubi semitrasparenti che racchiudono serie di
lampadine luminose intermittenti, il cui scopo originario era quello di
fungere quali decorazioni natalizie. Abbiamo poi kit (con la "k" minuscola)
composti da minigonne, molle per assetti ribassati, marmitte che decuplicano
il rumore prodotto dai motori rigorosamente elaborati (a volte con l'ausilio
di numerosissimi buchi, in stile cuoio capelluto), compact disk da appendere
allo specchietto retrovisore interno (i tamarri autoironici lo sostituiranno
con un pratico 78 giri), dadi di peluche, scritte adesive cromate, tribal e
altro ancora. Spostiamoci adesso alle due ruote: per le marmitte vale lo
stesso discorso delle auto, cambia invece il grado di elaborazione di
motore, frizione e altro. Risultato dell'elaborazione è un motorino di 181
cc, invece che di 50 cc secondo quanto scritto sul libretto. Le prestazioni
subiscono un incremento del 100% in velocità massima, il miglioramento in
ripresa e accelerazione è quantomeno incalcolabile in termini numerici. Alle
già alte prestazioni conseguite, viene aggiunta una quota variabile,
definita dalla "costante di Banf". Si narra così di vespini special che
raggiungono i 210 km orari (rilevazione effettuata correndo in parallelo ad
una 127 che procedeva alla stessa velocità, guidata da un compagno tamarro
quanto basta). E questo prima di inserire la terza (o la quarta, in caso di
cambi a 4 velocità). Ugualmente si narra di vespe "tagliate", ovvero rese
più efficienti dal punto di vista aerodinamico tramite interventi di
carrozzeria tesi a minimizzare la superficie frontale del mezzo stesso,
capaci di raggiungere la velocità massima in 200 metri (quasi fossero
dragsters). Le banfe a proposito sono virtualmente infinite, dato che di
leggende metropolitane a proposito ne nascono almeno 10 al giorno. Parlando
di motorini, colgo l'occasione per disquisire su un fenomeno molto strano,
legato comunque alle capacità cerebrali di un qualsiasi tamarro. Provate a
osservare uno di questi soggetti quando è alla guida di un qualsiasi
motorino: il suo volto è inespressivo, immobile, immutabile. La sua
espressione muta solo e solo se il tamarro proferisce in uno dei suoi versi
disarticolati, in ogni caso tesi a denigrare in maniera più volgare
possibile chiunque intralci la sua circolazione. Ebbene, premesso questo
volete sapere perchè il tamarro non può azionare i muscoli facciali durante
la guida? Presto detto. Il cervello di un tamarro è in grado elaborare una
sola istruzione alla volta, con risultati scadenti (prendete ad esempio un
qualsiasi computer mono-task con a bordo un 8088). Quindi, in conseguenza
dell'attaccamento barbaro e ingiustificato del tamarro alla vita, tale
misera capacità di elaborazione viene dedicata esclusivamente al
perseguimento delle funzioni vitali (respirazione e battito cardiaco). Il
tamarro sul motorino quindi, oltre a dover respirare e usufruire degli
indispensabili servigi del sangue, deve stare anche attento alle macchine
che procedono in qualsiasi senso (spesso contrario, data la predisposizione
del tamarro di percorrere solo strade a senso unico, nel verso sbagliato:
d'altronde, la vita del tamarro non ha senso), guardando inoltre entrambi i
lati della strada per rilevare la presenza di eventuali cozze impanate,
nemesi femminili dei tamarri. Converrete con me che è già abbastanza per
mandare in tilt il primordiale encefalo dell'homo demens (definizione
scientifica del tamarro). In risultato di quanto espresso, sul suo volto
rimane congelata l'espressione che il tamarro aveva prima di montare in
sella. Fatto strano e inspiegabile, almeno per il momento, è che anche
l'eventuale passeggero (irrimediabilmente un tamarro anch'egli) sembra
colpito da paresi. Forse (ma è solo un'ipotesi altamente improbabile)
uniscono le loro forze mentali per guidare il mezzo. Per amplificare
l'intelletto, il tamarro fa uso, durante gli spostamenti (e non solo), di
sostanze allucinogene varie o di semplici sigarette, sempre scroccate. Le
sostanze allucinogene in questione spaziano dall'hashish all'oppio, passando
per giusquiamo, radicchio, e foglie di cicorie. In pratica, il tamarro fuma
qualsiasi materia di provenienza anche lontanamente vegetale e soggetta alla
combustione. Il fumare non pregiudica la guida del mezzo, perchè inspirando,
il tamarro assimila sostanze terribilmente nocive, espirando espelle, oltre
all'aria oramai ricca di anidride carbonica, anche i derivati della
combustione psicotropa. Veniamo adesso all'ultimo punto concernente i mezzi
di trasporto tamarriani: i piedi. Ultima risorsa del tamarro che non
possiede il classico motorino, i piedi, strumenti preziosi, vengo rinchiusi
in orribili stivali dotati di generosi rialzi (zeppe di materiali plastici
per la cui misurazione ci si serve di strumenti di derivazione
aerospaziale), atti a distanziare il più possibile i delicati arti dalla
dura terra. In genere di colore nero, sconfinano spesso nella scala dei
grigi catarifrangenti e nell'arancione carico, riflettente anch'esso. Se a
questi colori aggiungiamo il blu, abbiamo ottenuto la palette completa che
gli specialisti in moda tamarra usano nelle loro creazioni. Il tamarro si
guarda bene dall'esporre le sue delicate pupille alla feroce irradiazione
solare: se ne prende cura proteggendole con l'ausilio di voluminosi occhiali
da sole a specchio, in grado di coprire da soli oltre la metà della
superficie facciale (abbondantemente bombardata dai raggi UVA delle lampade
abbronzanti). Di tonalità azzurre, arancioni o semplicemente nere, queste
propaggini ottiche conferiscono al tamarro il suo aspetto inconfondibile,
specie quando vengono indossate alle due di notte. Le forme sono le più
varie. Incredibile a dirsi, il tamarro parla. Anzi, più realisticamente,
bofonchia, muggisce, genera rumore tramite la stimolazione dei flussi d'aria
che avvolgono le sue corde vocali. E quando riesce ad articolare un intera
frase, in genere la stessa è priva di senso apparente e viene recepita solo
dai suoi simili. Capita, molto sporadicamente (in casi numericamente
inferiori alle eclissi di sole) il tamarro cerchi di comunicare con un
essere umano: con molto sforzo riuscirà a mettere insieme qualche frase,
scorretta nella sintassi, nelle grammatica e nei concetti. L'importante,
comunque, è farsi capire: il tamarro fallisce anche in questo.
Proporrà adesso alcune frasi estratte da una conversazione tra gruppi di
tamarri, a proposito di una rissa (gli altri argomenti trattati dai tamarri
sono le superbanfe sessuali, l'elaborazione dei mezzi meccanici in generale
e gli impianti stereo: di questi ultimi ne parlerà in seguito).
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mangi (56, 421+260+60, MB)
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