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Attanasio cavallo vanesio

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Patrizio Marozzi

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Feb 23, 2021, 2:33:56 AM2/23/21
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Questo e’ il titolo di qualche vecchia canzone, credo di Renato Rascel. Ma credo anche sia proprio inerente cio’ che sto per raccontare, vi e’ comunque da dire di un cavallo.
Nella lunga esperienza professionale di ostetrica di mia nonna. Che per intendere attraversa il 900, sino i giorni delle ospedalizzazione delle partorienti. Vi sono stati molti momenti ed episodi ovviamente, e uno riguarda proprio un cavallo. Piu’ esattamente il mezzo di trasporto da esso trainato. Cosi’ com’e’ bene ricordare il carattere di mia nonna tutt’altro che determinato all’importanza personale, come la conobbi io dopo la sua professione, o come mi raccontava, chi la conobbe nei suoi momenti professionali. Che detto ciò per quanto lei fosse consapevole dell’attribuzione, era vocazionale nel modo di sentirla. Tanto che si puo’ dire che finisse di sfasciare il senso di sentirsi importante, nell’umilta’ di dare come di chiedere. Del resto anche se ricordo mia madre, che per impegni dava molto e per lavoro soltanto se la famiglia, quando mi raccontava un poco di episodi del tempo, quei tempi dove lei già non soltanto conosceva i lavori di casa, la professione del padre e assisteva professionalmente nel suo studio la madre. E altre cose per la famiglia e chi se ne puo’, concepiva sempre anche il dirmi: “Ringrazio Dio che mi ha fatta stupida, cosi’ c’e’ chi ha usufruito della mia stupidita’.” Per chi la conosciuta come la conobbi, cio’ poteva lasciarti di la’ dello spazio e io arrotondavo il pensiero. Certo rimane un poco misterioso il tempo dell’altrui che lo conoscera’ Dio tanto va elogiato. Cosi’ in quel tempo professionale in cui accadde l’episodio che sto per dirvi, mia nonna ebbe assegnato per correre dalle partorienti, e voglio un attimo ricordare che mia nonna che si è sempre ben stimata con il medico con cui collaborava e nella sua lunga carriera dove con ben più di un medico si trovò a collaborare, soltanto quello ospedaliero giunse prima perche la partoriente vi giungeva lei in ospedale. E che mia nonna l’unica cosa cui gli piaceva riconoscersi era quando mi diceva il numero dei bambini fatti da lei nascere, che io non ricordavo mai esattamente, e cosi’ chiedevo, quanti sono 8700, e lei mi diceva il numero esatto, che era di poco diverso, l’otto l’ho sempre ricordato. Allora come dicevo ebbe assegnato un biroccino, ch’era un tipo calesse, immagino trainato su due ruote da un cavallo, credo e il conducente che l’accompagnava lesto dalla donna partoriente. Così accadde un bel dì che ebbe un incidente e un serio infortunio ad una gamba, proprio per un incidente con il biroccino che si ribalto’. E fu così che mia nonna che forse già lo pensava capì che quello non era un mezzo sicuro per andare dalle partorienti.

Patrizio Marozzi

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Mar 1, 2021, 2:38:29 AM3/1/21
to
qui è ripubblicato lo scritto sopra ch'è stato scritto in un'altra forma, sostituendo l'accento con l'apostrofo, per la formattazione dei server. <così era per questo tipo di Forum - tranne che per l'accesso tramite Google gruppi. Ora vedo in un altro server di forum che la cosa si è invertita e si formatta male lo scritto se l'accento viene scritto con l'apostrofo. Grazie
Patrizio Marozzi

Il giorno martedì 23 febbraio 2021 alle 08:33:56 UTC+1 Patrizio Marozzi ha scritto:
> Questo è il titolo di qualche vecchia canzone, credo di Renato Rascel. Ma credo anche sia proprio inerente ciò che sto per raccontare, vi è comunque da dire di un cavallo.
> Nella lunga esperienza professionale di ostetrica di mia nonna. Che per intendere attraversa il 900, sino i giorni delle ospedalizzazione delle partorienti. Vi sono stati molti momenti ed episodi ovviamente, e uno riguarda proprio un cavallo. Più esattamente il mezzo di trasporto da esso trainato. Così com’è bene ricordare il carattere di mia nonna tutt’altro che determinato all’importanza personale, come la conobbi io dopo la sua professione, o come mi raccontava, chi la conobbe nei suoi momenti professionali. Che detto ciò per quanto lei fosse consapevole dell’attribuzione, era vocazionale nel modo di sentirla. Tanto che si può dire che finisse di sfasciare il senso di sentirsi importante, nell’umiltà di dare come di chiedere. Del resto anche se ricordo mia madre, che per impegni dava molto e per lavoro soltanto se la famiglia, quando mi raccontava un poco di episodi del tempo, quei tempi dove lei già non soltanto conosceva i lavori di casa, la professione del padre e assisteva professionalmente nel suo studio la madre. E altre cose per la famiglia e chi se ne può, concepiva sempre anche il dirmi: “Ringrazio Dio che mi ha fatta stupida, così c’è chi ha usufruito della mia stupidità.” Per chi la conosciuta come la conobbi, ciò poteva lasciarti di là dello spazio e io arrotondavo il pensiero. Certo rimane un poco misterioso il tempo dell’altrui che lo conoscerà Dio tanto va elogiato. Così in quel tempo professionale in cui accadde l’episodio che sto per dirvi, mia nonna ebbe assegnato per correre dalle partorienti, e voglio un attimo ricordare che mia nonna che si è sempre ben stimata con il medico con cui collaborava e nella sua lunga carriera dove con ben più di un medico si trovò a collaborare, soltanto quello ospedaliero giunse prima perche la partoriente vi giungeva lei in ospedale. E che mia nonna l’unica cosa cui gli piaceva riconoscersi era quando mi diceva il numero dei bambini fatti da lei nascere, che io non ricordavo mai esattamente, e così chiedevo, quanti sono 8700, e lei mi diceva il numero esatto, che era di poco diverso, l’otto l’ho sempre ricordato. Allora come dicevo ebbe assegnato un biroccino, ch’era un tipo calesse, immagino trainato su due ruote da un cavallo, credo e il conducente che l’accompagnava lesto dalla donna partoriente. Così accadde un bel dì che ebbe un incidente e un serio infortunio ad una gamba, proprio per un incidente con il biroccino che si ribaltò. E fu così che mia nonna che forse già lo pensava capì che quello non era un mezzo sicuro per andare dalle partorienti.
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