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Molinella (1922-1926)

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Sargon

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Jan 18, 2024, 9:06:25 AMJan 18
to
Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
nella rivista francese "Europe" un articolo su
Molinella. L'articolo fu ripubblicato nella
rivista americana "Atlantic Monthly" nel giugno
1927. Infine 23 anni dopo fu pubblicato sul
numero 11, anno V, del 1949 della rivista "Il
Ponte".

Molinella

I

Molinella conta circa quindicimila abitanti, e
dista 32 km. circa da Bologna. La sua
popolazione è costituita per la maggior parte
da braccianti. Fino a quando fu "conquistata"
dal fascismo, Molinella era considerata in
Italia come uno dei fortilizi inespugnabili del
Socialismo. Le leghe socialiste comprendevano
un totale di 4.700 membri. Con trent’anni di
ferrea disciplina i lavoratori di Molinella si
eran creati un sistema di cooperative che
destava l’ammirazione di quanti andavano a
visitarlo. Una cooperativa agricola coltivava
vasti terreni. Vi era una cooperativa edilizia.
Un magazzino cooperativo centrale, con sette
succursali si occupava della compra e vendita
all’ingrosso e al minuto. Nel 1922 la
federazione delle cooperative aveva in banca un
milione, oltre gli edifici, il macchinario, e
le merci.
Molinella fu una delle ultime posizioni
conquistate dai fascisti. L’offensiva cominciò
nel settembre del 1922. Gli agrari del luogo si
organizzarono in fascio, decretarono il
boicottaggio contro tutti gli operai
appartenenti alle organizzazioni socialiste e
dettero la disdetta a tutti i contratti di
lavoro vigenti. Importarono operai dalle vicine
provincie di Ferrara e di Bologna e dal Veneto
pagando ai nuovi venuti salari superiori ai
salari normali per ridurre quelli del luogo
alla fame.
Fin qui nulla che non rientrasse nei diritti di
proprietari impegnati in una lotta economica
con gli operai. Il 12 settembre 1922 la guerra
politica fu iniziata. I fascisti cominciarono a
mettere tutto a fuoco e a ruba. Il giorno dopo
la "Marcia su Roma" occuparono i locali di
tutte le organizzazioni, compresa la biblioteca
popolare, e vi insediarono i loro uffici. I
dirigenti delle organizzazioni socialiste
dovettero fuggire per scampare alla morte. Gli
agrari pubblicarono un manifesto per annunziare
che avrebbero dato lavoro solamente agli operai
appartenenti ai "sindacati" fascisti.

--
Saluti
Sargon

Almirante difendeva la razza.
Io difendo la memoria.

Sargon

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Jan 19, 2024, 10:02:36 AMJan 19
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> [cut]

Molinella [02]

L’8 novembre, sebbene non autorizzato da
nessuna legge, il Prefetto della provincia
mandò un commissario a mettere in liquidazione
le Cooperative col seguente decreto:

"Il Prefetto della Provincia di Bologna,
considerando che, durante i disordini avvenuti
negli ultimi giorni di ottobre i rappresentanti
locali del Partito Nazionale Fascista presero
possesso dei locali delle Cooperative di
Molinella;
considerando che i sopra menzionati
rappresentanti, richiesti di abbandonare i
locali hanno risposto che questa è la loro
intenzione, ma domandano che le autorità
facciano un’inchiesta sull’operato di quelle
istituzioni;
considerando che è risultato dall’inchiesta che
la sola Cooperativa Agricola era costituita
regolarmente, e che è impossibile sul momento
accertare quali persone ne rappresentino
legittimamente i soci ed abbiano perciò il
diritto di ottenere la restituzione dei locali;
considerando che è perciò necessario designare
un commissario che prenda possesso dei locali e
dei beni appartenenti alle società, con riserva
di qualsiasi altra misura possa risultare
necessaria, decreta, ecc." .

Il commissario vendé le merci, i mobili e il
bestiame, confiscò il milione di lire che si
trovava in banca, e consegnò ai fascisti il
camion appartenente alle Cooperative.
Trent’anni di lavoro e di sacrifici furono
distrutti in poche settimane.

Nel suo libro "Un anno di dominazione fascista"
Giacomo Matteotti enumerò settanta atti di
violenza perpetrati a Molinella, nell’anno
succeduto al 1922.

Nel marzo 1923 due giornalisti inglesi: Mr.
Ambrey Waterfield e sua moglie, avendo udito
vagamente parlare delle cooperative di
Molinella, e delle lotte tra fascisti e
socialisti, e che l’intera popolazione di
Molinella era passata sotto la bandiera
"nazionale" ebbero la curiosità di andar sul
luogo a fare un’inchiesta. Bisognava essere
inglesi per concepire e portare a termine una
impresa simile.
Questo è il resoconto della visita, mandato
dalla Waterfield all’Observer del 18 marzo
1923:

« Avevo sentito parlare di Molinella, una
cittadina distante circa 30 km. Da Bologna, ove
aveva dominato il sistema cooperativo.
Nazionalisti ed altri mi avevano parlato di
Massarenti, "il barone rosso", "il tiranno"
socialista di Molinella. Avevo avuto
l’impressione che si trattasse di un uomo
notevole. Avevo letto nel Resto del Carlino
delle lotte tra i fascisti e i seguaci di
Massarenti ».

Sargon

unread,
Jan 20, 2024, 8:53:59 AMJan 20
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [03]

[continua il resoconto della Waterfield
sull’Observer]

« Era mio vivo desiderio andare personalmente
sul luogo. Parlai di questa intenzione al dott.
Cacciari, capo del Sindacato Fascista
dell’Agricoltura, che mi aveva dato un
interessante resoconto della sua nuova
organizzazione. Mio marito mise da parte i
quadri per studiare il "Sindacato Nazionale", e
decise di accompagnarmi.
"Ecco il paese del dolore" — disse sul treno il
conduttore, additando una lunga fila di case,
un campanile storto ed una torre medioevale
piantata in mezzo ad una vasta distesa
coltivata a grano e a riso.
"Certo, tutto è quieto ora che ci sono i
fascisti?".
"Una notte sì e una no, vi sono guai: è un
brutto posto", rispose in tono lugubre.
Attaccai discorso con alcune contadine. Queste,
con la cortesia consueta negli italiani,
accolsero volentieri il mio suggerimento che
sostassimo da loro. I fascisti ci dissero poi
che noi ci eravamo imbattuti proprio con le
famiglie dei dirigenti socialisti. A noi
parvero rispettabili agricoltori dediti al
lavoro.
"Ho sentito dire che Massarenti, il barone
rosso, è un ladro, vi ha sfruttato e ora non si
cura nemmeno di mostrare il viso tra voi. E
vero questo?"domandai.
"No" — gridarono tutte. — "È una bugia. Gli
vogliamo bene".
"Fate parlar lei" — dissero alcune donne
spingendo avanti una delle loro compagne.
Togliendosi di capo il pesante scialle nero,
che le ricadde come un cappuccio, stese la mano
e disse: "Massarenti è stato il nostro parroco,
il nostro benefattore. Se lo vedete, ditegli
questo da parte nostra. Ditegli che il
proletariato non lo abbandonerà mai, mai.
Ditegli che mangeremo l’erba della strada
piuttosto che entrare nel Sindacato fascista".
Per un poco nessuno parlò. Il silenzio era
rotto dai singhiozzi di alcune donne. Una
vecchia, curva e sparuta, si fece avanti
barcollando:
"Siamo schiavi qui ora. Battono i nostri uomini
coi manganelli, e anche le donne. E noi
dobbiamo stare a guardare".
Un bussare violento alla porta. "I fascisti"
mormorarono le donne, ma nessuna si mosse.
Insistei nel voler aprire la porta, che era
proprio dietro a me. Mi vidi innanzi la bocca
di una rivoltella. Ritraendomi in fretta,
cercai di spiegare al giovane fascista come
stavano le cose. Rifiutò di ascoltare,
avanzando nella stanza e volgendo l’arma da
tutte le parti, disse: "Mani in alto, o
sparo!".
Nessuno si mosse. Noi continuammo a bere il
nostro latte caldo. Le contadine lo fissavano
stupite. Era evidentemente sconcertato. Alcuni
fascisti con grossi bastoni, e carabinieri con
fucili lo proteggevano alle spalle. Alla nostra
protesta che un uomo non dovrebbe mai
minacciare di sparare sulle donne, un fascista
rispose: "Ha fatto bene" ».

Sargon

unread,
Jan 21, 2024, 3:09:49 AMJan 21
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [04]

[continua il resoconto della Waterfield
sull’Observer]

« Un giovane tenente più cortese, avvolto in un
mantello immenso, venne avanti. Dopo aver
esaminato le nostre carte debitamente firmate
dalla polizia, se ne andò mormorando: "Non
capisco".
Dopo poco arrivò un rappresentante di non so
quale autorità locale. Col pretesto che le
nostre carte non erano in regola, fummo
sloggiati e portati alla cascina dei
carabinieri sotto la scorta del fascista, che
ci aveva minacciato. Costui ci fece la guardia
per qualche tempo insieme ai carabinieri.
Furono necessarie circa sette ore per scoprire
che le nostre carte erano in regola. Ma da
quanto avevamo sperimentato, era chiaro che
dominava a Molinella "la persuasione con
violenza". Invece di intervistare operai, ci
sedemmo in una piccola camera da letto, nella
quale c’era la scritta Disciplina, insieme a
due carabinieri che erano sotto arresto.
Alle sei circa mio marito e io fummo presi
separatamente e sottoposti ad un severo
interrogatorio da un Commissario di Polizia,
venuto apposta da Bologna. Riconobbe che le
nostre carte erano in regola, ma non ci permise
di prendere l’ultimo treno per Bologna, dato
che era ansioso di fare la nostra conoscenza.
La cortesia napoletana è di un tipo piuttosto
strano. Quando io gli dissi che quella
conoscenza personale non aveva evidentemente
alterato in lui l’impressione che noi fossimo
pericolosi rivoluzionari, finse orrore di un
tale sospetto. No, noi non eravamo accusati di
niente; si era pienamente convinto che noi non
eravamo agenti sovietici col portafogli pieno
di rubli.
"Eppure siamo sotto arresto".
"Ma no, voi non siete sotto arresto".
La parola "arresto" sembrava suonar male al suo
orecchio delicato. Non eravamo sotto arresto.
Ma non eravamo liberi ».
« Alle 11 arrivò da Bologna per offrirci la sua
macchina, il dott. Cacciari, che aveva saputo
quel che ci era capitato. Ma il Commissario
disse di voler avere lui stesso il piacere di
condurci nell’automobile speciale che il
Prefetto ci mandava. Non dimenticheremo mai la
gentilezza del dott. Cacciari, e il senso di
fiducia e di sollievo, che la sua presenza ci
dette ».

Nel Manchester Guardian del 5 aprile 1923, Mr.
Waterfield dette altri particolari:

« Sentimmo dire che oltre 3000 operai avevano
firmato una petizione a Mussolini perché
fossero restituiti i locali occupati e perché
fosse riconosciuto il diritto di libertà di
organizzazione. Le firme erano state raccolte
di notte, e il messaggero era riuscito con
difficoltà ad arrivare a Roma. Bentivoglio, il
capo ritenuto responsabile della petizione, fu
subito aggredito da una squadra armata nelle
strade di Bologna, mentre andava al lavoro;
oggi è all’ospedale col cranio fratturato ».

Sargon

unread,
Jan 21, 2024, 3:20:21 PMJan 21
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [05]

[continua il resoconto di Mr. Waterfield sul
Manchester Guardian]

« Questa è la stagione per la coltivazione del
riso. Si fanno tentativi disperati per
costringere i contadini ad aderire al sindacato
fascista, sia riducendoli alla fame, sia
minacciandoli col manganello (il bastone
fascista spesso appesantito con del piombo).
Oltre agli arresti arbitrari fatti qualche
giorno fa dai carabinieri e dagli stessi
fascisti che avevano tentato di assassinar
Bentivoglio, è cominciata un’altra campagna di
violenze per impedire ai contadini di coltivare
la terra. Il 22 marzo due spedizioni punitive
armate visitarono due poderi, ove i contadini
che rimanevano fedeli alle cooperative,
lavoravano. Bastonarono uomini e donne, e anche
una giovanetta di 15 anni. Frattanto, il
commissario governativo continuava la vendita
all’asta di tutto quanto appartenesse alle
Cooperative, senza alcun consenso dei soci. Il
25 marzo, furono venduti i bovi della
"Cooperativa Agricola" ai bottegai e
proprietari terrieri, che li rivenderono con un
profitto enorme. Il caso della proprietà Spada
dà un’idea di ciò che succede: questa terra è
stata tolta alla Cooperativa che l’aveva in
affitto, ed è stata affidata ai dirigenti
fascisti, che alla loro volta l’hanno
subaffittata agli operai affamati ad un prezzo
enorme. Le autorità hanno reso quasi
impossibile alla povera gente di ottenere
medicine o assistenza sanitaria. Hanno chiuso
arbitrariamente gli istituti di carità che in
Italia corrispondono a quello che è la Poor Law
per l’Inghilterra ».

II

Chi dirigeva la lotta contro gli operai
socialisti era il Segretario del Fascio,
Augusto Regazzi. Prima di raggiungere la
presente gloria come dirigente fascista,
Regazzi era stato condannato a quindici giorni
di prigione per percosse e ferite, ed era stato
accusato (ma rilasciato per mancanza di prove)
di frode in rifornimenti militari.

Il 9 agosto 1923 condusse una spedizione
punitiva contro la famiglia del contadino
Pietro Marani. In Tribunale il padre di Pietro
descrisse il fattaccio:

"Quel pomeriggio ero con mia moglie, tre figli
e due nuore. Si stava lavorando nei campi.
Verso le 4 e mezza il rumore di un camion: si
fermò davanti alla casa di Manardi. Ne uscirono
dei fascisti. Aspettandoci una delle solite
spedizioni punitive, ci affrettammo tutti a
rientrare in casa. Dopo poco arrivarono
quaranta fascisti. Dovevano essere armati di
fucili o pistole, perché spararono varie volte.
Uno di loro ci disse di uscire. Non uscimmo.
Dicemmo che non avevano il diritto di farci
uscire perché eravamo in casa nostra. Smisero
di parlare e cominciarono a buttare giù una
porta e una finestra".

Sargon

unread,
Jan 22, 2024, 3:37:37 AMJan 22
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [06]

"I miei figli erano armati coi loro arnesi. Ma
non potevamo nulla di fronte alla violenza
degli aggressori. Fuggimmo al piano superiore.
I fascisti salirono sul tetto e cominciarono a
disfare il soffitto gettando le tegole nella
stanza. Ci nascondemmo sotto i letti. Mia
moglie ed io eravamo sotto il letto grande col
nostro figlio Augusto: Pietro si era nascosto
sotto un letto più piccolo.
Mentre sassi e calcina piovevano dal tetto, la
porta cedette, dando accesso agli assalitori.
Quattro uomini entrarono. Riconobbi Domenico
Bussi. Questi rovesciò il lettino sotto cui era
nascosto Pietro. Un altro, nel quale riconobbi
Regazzi, sparò il colpo che uccise mio figlio,
quasi istantaneamente. Il rumore di un camion
che se ne andava, ci fece capire che gli
assalitori erano partiti".

La vedova dell’ucciso raccontò il fatto così:

"Udii le minacce dei fascisti. Atterrita, presi
in braccio il bambino di diciannove mesi, e mi
rifugiai al piano di sopra, nella camera di mia
suocera. Entrambe eravamo spaventatissime.
Quando sentimmo che cominciavano a demolire il
tetto, ci rifugiammo sotto i letti, tenendo
stretti al petto i bambini. C’era pericolo che
fossero soffocati dalla polvere della calcina.
Sentii due colpi, e poi un grido di mia
suocera: "Hanno ucciso Pietro". Mi sforzai di
farmi coraggio. Presi la bicicletta e andai a
cercare il dottore. Per la strada, uno dei
fascisti mi raggiunse e minacciò col
manganello, gridando che mi avrebbe mandato
all’altro mondo a far compagnia a mio marito.
Un’altra donna dovette andare a chiamare il
dottore".

Il 12 agosto 1923 i fascisti andarono per i
campi e per le cascine, bastonando coi
manganelli, tutte le persone di quattro
famiglie, uomini e donne, giovani e vecchi,
donne e bambini. Il giorno dopo una contadina,
Albertina Galliani, fu portata al fascio e
minacciata di morte, mentre il marito malato
era trascinato fuori del letto, e legato mani e
piedi a una seggiola.
In quello stesso giorno il fascio emise un
proclama, che concedeva ai leghisti socialisti
una tregua di dodici ore per arrendersi. "Dopo,
la lotta sarebbe stata ripresa senza
misericordia". Nessuno "si arrese".

Il 6 aprile 1924, giorno delle elezioni
generali, un operaio, Angelo Gaiani,di 60 anni,
dichiarò che avrebbe votato per i socialisti.
Fu assalito mentre usciva dalla sezione
elettorale e ucciso a colpi di manganello. Due
giorni dopo, il giudice di Bologna emise
mandato d’arresto per l’uccisore, un ex
anarchico, Oreste Ciuti. La polizia dichiarò
che Ciuti era "irreperibile", sebbene l’uomo
passeggiasse liberamente per le strade di
Bologna e servisse nella Milizia fascista (Voce
Repubblicana, 14 ottobre 1924).

Sargon

unread,
Jan 22, 2024, 3:31:56 PMJan 22
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [07]

Il 14 agosto 1924, Augusto Matarelli, che era
stato macellaio della Cooperativa, fu bastonato
mentre era a letto per una precedente
bastonatura. Poche ore dopo fu trovato
impiccato nel granaio. Il Dott. Tonini,
incaricato della necroscopia espresse il
sospetto che si trattasse di un assassinio
mascherato. Anch’egli fu bastonato e dové
fuggire dal paese.

Il 12 settembre 1924 un giovane, Angelo
Frazzoni, fu ferito mortalmente di notte da un
colpo di fucile. Nessuno osò accorrere per
aiutarlo. Suo padre tentò di uscire di casa. Ma
un fascista lo costrinse a tornare indietro. La
madre gridò: "Traditori, avete ucciso mio
figlio e volete uccidere anche mio marito". Il
fascista rispose: "Chiudete la porta". E rimase
a guardia per impedire ai vicini di andare a
chiamare il dottore.

Gli autori di questi delitti rimasero "persone
ignote". Ma l’assassinio di Pietro Marani aveva
provocato più rumore degli altri e non poteva
essere attribuito a persone ignote. Tutti
sapevano che era stato R****. La famiglia
dell’ucciso l’aveva denunciato. I giudici
furono perciò obbligati a emettere mandato di
cattura contro di lui.

Dal 15 settembre 1923 al 14 ottobre 1924
quest’ordine non poté essere eseguito: i
funzionari della polizia dichiararono che
R**** era "sconosciuto" e "irreperibile". Lui
frattanto, girava per le principali vie di
Bologna, andava a teatro a Molinella, assisteva
a pubbliche cerimonie insieme ad altre autorità
fasciste, e faceva discorsi riferiti sui
giornali. Era sempre "sconosciuto" e sempre
"irreperibile" quando prese parte a un
banchetto nel quale gli fu offerta una medaglia
d’oro. Fra gli invitati al banchetto c’erano il
Questore di Bologna e il Ministro della
Giustizia. Invece di fare arrestare l’ospite
d’onore si accontentarono di scusare la loro
assenza. Il 25 settembre 1924, a Molinella,
furono sparati due colpi contro un camion;
R****, lo "sconosciuto", l’"irreperibile",
andò a fare un’inchiesta insieme al Delegato di
Pubblica Sicurezza.
Ancora "irreperibile" prese parte ad una
riunione del Consiglio Provinciale, presieduta
dal Ministro della Giustizia, e insieme al
ministro firmò allegramente un proclama.

Nel 1924, quando l’assassinio di Matteotti
sembrò aver profondamente scosso la dittatura
fascista, i giornali di opposizione iniziarono
una campagna perché R**** ed altri fascisti
contro cui esistevano mandati di cattura
fossero arrestati. Vi fu un vero "scandalo
R****". Il Ministro della Giustizia, a scanso
di responsabilità, gettò la colpa del mancato
arresto sul Ministro dell’Interno.

Sargon

unread,
Jan 23, 2024, 9:14:07 AMJan 23
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [08]

I fascisti di Bologna fecero dimostrazioni per
Regazzi e proclamarono la loro solidarietà con
lui. I giornali fascisti lo difesero e lo
lodarono. La polizia andò allora a casa sua per
arrestarlo, ma lui era stato già avvertito. Si
disse che fosse stato lo stesso Commissario di
Polizia ad avvertirlo, al teatro, dove come al
solito era andato a passare la serata.
Finalmente, dopo negoziati ufficiali tra il
Governo e i capi fascisti di Bologna, Regazzi
si costituì.
Proprio quel giorno, il Segretario del Partito,
Farinacci, scrisse sul suo giornale Cremona
Nuova:

"È un onore essere arrestato per aver
combattuto i nemici della nazione e del
Fascismo. Noi speriamo che la magistratura
espleterà rapidamente il suo compito. Siamo
certi che Regazzi sarà presto restituito al
Fascismo Bolognese, al quale egli dette la sua
fede e il suo entusiasmo e per il quale ha
fatto sacrifici. Se Regazzi è colpevole (il che
è da provare) il suo non può essere giudicato
come un delitto comune, né è un colpevole
qualunque. Un criterio più elevato deve essere
adottato, ed è quello che conferisce la corona
dell’immortalità a chi rivendica i diritti
supremi di una nazione contro la tirannia sia
dei re che dei demagoghi, anche se viola le
leggi penali. I fascisti non hanno condotto la
loro offensiva contro il Bolscevismo nel loro
interesse personale. Hanno agito per uno scopo
nazionale. Non è possibile che Regazzi sia
condannato".

Quando si celebrò il processo a Bologna contro
Regazzi e gli altri fascisti che avevano
partecipato all’assalto del podere Marani, sui
muri nelle vicinanze del tribunale si leggevano
in grossi caratteri neri le parole "Viva
Regazzi!". Regazzi ammise di aver preso parte
alla spedizione, ma negò di aver sparato il
colpo mortale. Un altro aveva tirato, ma lui
non voleva dire chi. Le deposizioni dei parenti
del morto, delle persone che avevano visto da
lontano quello che succedeva, dei contadini che
la "squadra" di Regazzi aveva aggredito prima
di arrivare al podere Marani, furono precise,
concordanti e coraggiose. La vedova quando ebbe
terminato la deposizione, si volse alla Giuria
e disse:

"Signori giurati, forse anche voi avete moglie
e bambini. Voi capirete il mio dolore.
Probabilmente queste persone saranno tutte
assolte. Ma la vostra coscienza non le
assolverà".

L’avvocato difensore fascista prese in giro
quella "ampollosa retorica", e chiese
l’assoluzione. L’unica colpa degli accusati,
disse, era che avevano posto fine alla tirannia
dei rossi.

Sargon

unread,
Jan 23, 2024, 9:15:42 AMJan 23
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [09]

La giuria, composta tutta di fascisti, negò la
colpa degli accusati. Negò finanche che Regazzi
avesse portato illegalmente armi, sebbene lui
stesso l’avesse ammesso (6 marzo 1925).

L’assoluzione fu accolta con grandi applausi e
grida di "Viva Regazzi!". I fascisti nell’aula
sollevarono Regazzi sulle loro spalle e lo
portarono in trionfo cantando inni fascisti.
Regazzi fu subito nominato membro della
Deputazione Provinciale Fascista. Farinacci,
commentando la sentenza, sostenne che, in
questo caso particolare, come in tutti i casi
simili, l’accusato non deve essere considerato
come un criminale qualunque. La giuria di
Bologna "aveva agito benissimo nel non
confondere un episodio della nostra rivoluzione
con i delitti di diritto comune".
Poche settimane dopo un’altra giuria, composta
di leali fascisti, assolveva l’ex-anarchico
Oreste Ciuti, nell’assassinio di Angelo Gaiani
(Corriere della Sera, 29 aprile 1925).

III

A questa oppressione sistematica, la
popolazione di Molinella oppose resistenza
passiva; e così si mantenne con meravigliosa
solidarietà finché le fu possibile.
Gli operai rimasero fedeli alle loro leghe.
Rifiutarono ogni offerta di lavoro da parte
dell’ufficio di collocamento fascista. Questo
voleva dire miseria assoluta, Per avere
qualcosa da mangiare, gli scioperanti
raccoglievano lumache sulle siepi e nei prati,
o andavano pei campi dopo le messi a spigolare
grano o granturco. La spigolatura è il
tradizionale diritto dei poveri. Il contadino
italiano raccoglie accuratamente anche i più
miserevoli frutti della terra. Questa
spigolatura fu considerata una ribellione. Chi
raccoglieva un sacco di riso o di grano poteva
vivere senza mangiare il pane dei fascisti. Le
spigolatrici furono cacciate via, inseguite,
schiaffeggiate; le loro facce furono tinte di
nero. Cinque donne che erano state battute,
presentarono querela il 26 settembre 1924, al
funzionario di polizia. Furono minacciate di
arresto. Un centinaio di donne raccolte davanti
all’ufficio di polizia, dichiararono che anche
esse avevano commesso lo stesso delitto e
domandarono di essere arrestate come le loro
compagne.

Il 10 settembre 1924, la povera gente organizzò
una riunione segreta nel canneto di una palude.
Duecentocinquanta braccianti che lavoravano
nelle vicinanze furono avvisati all’ultimo
momento. Le donne erano pronte fin dalla
mattina con sacchi di spigolature sulle spalle
e facendo 30 km. a piedi. Gli organizzatori
arrivati in bicicletta durante la notte si
erano nascosti nel canneto fino alle due del
pomeriggio.

Sargon

unread,
Jan 23, 2024, 9:16:56 AMJan 23
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [10]

La riunione discusse e approvò un ordine del
giorno, il quale chiedeva il ritorno della
libertà politica, si protestava contro gli atti
di violenza, e ancora una volta si affermava la
fedeltà alle leghe socialiste.
Questa riunione, e il fatto che fu pubblicata
una interminabile lista di firme in onore di
Matteotti sul quotidiano "Giustizia" del 10
settembre 1924, fece temere ai fascisti che le
leghe socialiste stessero per risorgere.
Affidarono a due fiduciari l’incarico di
schiacciare ogni opposizione. Costoro
obbligarono i proprietari terrieri a licenziare
fino all’ultimo tutti gli operai non fascisti.
Misero il veto a qualunque lavoro che
permettesse loro il più misero guadagno.
Accrebbero la dose delle bastonature e delle
devastazioni. Ogni notizia di violenze
pubblicata dai giornali, ogni protesta, dava
luogo a nuovi atti di violenza.

Nella notte del 31 ottobre 1925, una squadra
fascista, dopo aver cantato a squarciagola
canzoni fino alle due di mattina sotto le
finestre di Erminio Minghetti, un ex
combattente, appiccò fuoco alla casa.

"Erano circa le 3 di mattina, quando la
figlioletta di Minghetti, di nove anni, corse
in camera dei genitori gridando: "Mamma, la
casa brucia". Minghetti saltò giù dal letto,
corse nella camera della figlia e vide il tetto
già in fiamme. Si precipitò per le scale
cercando di uscire. Le scale erano già preda
del fuoco. La bambinetta di nove anni, e un
bambino di sei mesi, la moglie e la vecchia
madre, che aveva una gamba rotta, erano
soffocati dal fumo. Impossibile fuggire per le
scale. La vecchia casa era in fiamme. Minghetti
saltò giù dalla finestra in camicia, trovò una
scala, risalì e tornò giù con i bambini sulle
spalle, poi con la moglie e poi con la vecchia
madre. Accorsero i vicini e dettero asilo alla
moglie e ai bambini e alla vecchia, che
tremavano dal freddo e portarono a Minghetti
dei vestiti da mettersi addosso. Lui si sedette
ad osservare la distruzione della sua casa, sua
unica proprietà, mentre le donne gli mettevano
compresse sulle gambe, terribilmente
scorticate" (Voce Repubblicana, 5 novembre
1925).

In tre soli giorni nel novembre 1924 furono
imprigionate 142 persone molte delle quali
donne (Corriere della Sera, 28 novembre 1924).
Numerose forze armate presidiarono la città.
Con tutto questo 539 uomini e 469 donne si
rifiutarono di iscriversi ai sindacati fascisti
quando entrò in vigore la legge del 3 aprile
1926. Prevalendosi di un articolo di quella
legge formarono una associazione "di fatto".
Seguirono giorni di oppressione ancora
peggiori. Il 7 aprile 1926, cinque operai che
avevano dato il loro nome all’associazione "di
fatto" furono sequestrati da Regazzi e da altri
trascinati alla casa centrale delle vecchie
Cooperative Socialiste, ora occupata dal
Fascio. Furono dapprima interrogati da un
capitano dei Carabinieri, e dal commissario di
polizia.

Sargon

unread,
Jan 23, 2024, 9:19:35 AMJan 23
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [11]

Quando queste "autorità" abbandonarono la
stanza, una squadra di fascisti entrò e bastonò
i prigionieri col manganello. Al ritorno dei
Carabinieri uno degli operai, certo Bagni,
giaceva a terra privo di sensi, in un lago di
sangue. Era la settima bastonatura che
riceveva. Tra i socialisti e i soci delle leghe
di Molinella dopo questa bastonatura era un
argomento di conversazione quante bastonature
ciascuno avesse ricevute e gareggiavano a chi
disponeva di una lista più lunga.

La notte dal 7 all’8 aprile polizia e fascisti
perquisirono parecchie case, arrestarono
sessantaquattro persone che trascinarono
ammanettate nella prigione di Bologna. Il 9, ne
furono rilasciati 55. Otto, tra i quali Bagni e
gli altri che erano stati bastonati il giorno
precedente, furono trattenuti fino al 12, dato
che c’era contro di essi l’aggravante della
bastonatura. L’Avanti! dando notizia di questo
fatto il 10 aprile, domandò se la legge del 3
aprile 1926 garantiva ai soci delle
organizzazioni "di fatto" il diritto di essere
bastonati e andare in prigione.

Il 10 aprile il sorvegliante dei lavori di
bonifica annunziò che entro il 12 tutti gli
operai che appartenevano all’organizzazione "di
fatto" sarebbero stati licenziati. Il 6 maggio
i proprietari di terre furono chiamati al
Fascio e ricevettero ordine di dar la disdetta
a tutte le famiglie i cui uomini avessero
aderito all’associazione "di fatto". "Voi date
le disdette e il Fascio provvederà a farle
eseguire". Il 31 maggio il Commissario di
Polizia disse agli operai che avevano aderito
all’associazione "di fatto": "Non possiamo
uccidervi, ma vi faremo morir di fame". Il 27
giugno il presidente dei sindacati fascisti
pubblicò il seguente editto:

Molinella, 27 giugno 1926
"In conformità con la legge sui sindacati
fascisti (quella del 3 aprile) e allo scopo di
porre fine alla irregolare ed eccezionale
situazione del nostro Comune, ripetiamo che non
si può dar lavoro a chi non sia provvisto della
tessera dei sindacati fascisti. Chiunque si
presenti come membro di una lega libera o a
qualunque altro titolo, deve essere respinto.
Questa regola vale anche per la spigolatura del
grano o altri cereali. Non è giusto che chi si
oppone al presente regime e perciò non vuole
lavorare, tolga una parte, per quanto piccola,
dei prodotti a chi se li è guadagnati col
sudore della fronte.
Questo provvedimento è stato preso d’accordo
col Fascio locale".
Presidente, Neri Alfonso.

Sargon

unread,
Jan 24, 2024, 3:21:34 AMJan 24
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [12]

Il 30 giugno il Prefetto della Provincia
sciolse l’associazione "di fatto".

« Considerando che la nuova associazione "di
fatto", mentre professa di essere stata
istituita a soli scopi economici, ha invece un
carattere evidentemente sovversivo e
antinazionale, come è dimostrato dal fatto che,
dietro agli attuali organizzatori, sono
nascosti i capi delle leghe rosse di una volta,
e che i soci della nuova associazione sono gli
stessi che formarono le organizzazioni
disciolte dal decreto del 7 gennaio 1925;
considerando che i capi dell’associazione "di
fatto" mirano a sovvertire gli usi che regolano
oggi il lavoro nel distretto di Molinella e a
creare artificiose agitazioni; come è
dimostrato dall’appello presentato al Governo
dalla Confederazione Generale del Lavoro,
appello che accusa il Partito Fascista di
danneggiare col suo atteggiamento la
produzione, accusa del tutto arbitraria; e come
è dimostrato da una circolare a stampa nella
quale si fanno dichiarazioni tendenziose allo
scopo di screditare le autorità politiche dei
sindacati fascisti e le loro direzioni;
considerando che specialmente questi due ultimi
documenti hanno suscitato un intenso fermento
tra le masse fasciste e fra gli agricoltori;
considerando che non è più lecito permettere
all’associazione "di fatto" continuare attività
che costituiscono una minaccia costante
all’ordine pubblico, ecc. ».

Il 1°, il 2 e il 3 luglio furono arrestate
trecento donne perché spigolavano senza la
tessera della Federazione fascista.
Nell’Avanti! del 10 luglio 1926 si legge:

"Non è permesso spigolare nemmeno col consenso
del proprietario. Nel villaggio di Selva i
fittavoli e i mezzadri avevano dato il permesso
di spigolare contrariamente alla opinione del
fascista Marisoldi. Ma costui portò nei campi i
carabinieri, e questi tolsero di mano alle
donne il frutto della spigolatura. Nel
villaggio di S. Pietro, il 5 del mese le donne
furono arrestate e il grano e i sacchi furono
confiscati. Il pomeriggio di quello stesso
giorno cinque carabinieri andarono al podere di
Tracchi e confiscarono il grano raccolto da due
spigolatrici, sebbene queste avessero avuto il
consenso del proprietario. Nello stesso
villaggio, il 6, sei donne e quattro uomini
stavano spigolando nel podere del signor
Diolaiuti, anche qui col consenso del
proprietario. Vennero i carabinieri e
confiscarono tutto. Il 7, nel podere di
Zerbini, due operai stavano spigolando quando
un milite di Ferrara venne a bastonarli. Nel
podere di Valle Nuova a Marmorta, il 5, i
carabinieri confiscarono la spigolatura ad
operai non iscritti al fascio e la offrirono a
quelli che mostravano la tessera fascista".

Sargon

unread,
Jan 24, 2024, 3:22:26 AMJan 24
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [13]

Nell’ottobre 1926 cominciarono le disdette. Il
Times del 2 ottobre 1926, scrive:

"Seguendo l’ordine del Fascio, furono date le
disdette d’affitto. Le espulsioni che dovevano
aver inizio ieri, e si effettueranno durante
questo mese, colpiscono circa 234 famiglie, tra
le quali ex-combattenti e vedove di guerra.
Circa 60 famiglie che vivono in case
appartenenti al Comune hanno ricevuto dal
Sindaco l’avviso che debbono sloggiare.
Malgrado questa misura spietata, la resistenza
non è stata ancora domata, dopo anni di
persecuzioni. I primi a lasciare le case,
saranno accolti dalle famiglie che aspettano
anch’esse la disdetta per la fine del mese. In
seguito sperano trovar asilo qua e là presso
altre famiglie. Come è noto, i lavoratori di
Molinella, essendosi rifiutati di entrare nei
sindacati fascisti non hanno potuto trovar
lavoro. Alcuni hanno cercato lavoro in altre
parti d’Italia. Ma appena i fascisti scoprivano
chi li aveva assunti, lo obbligavano con
minacce a licenziarli. Circa una dozzina
richiesero il passaporto per la Francia. Le
richieste furono respinte. A Molinella si vede
con sgomento l’avvicinarsi dell’inverno. Le
sofferenze saranno certo maggiori che negli
altri anni. Con tutto questo, non vi è indizio
di sottomissione alla volontà dei fascisti".

IV

Ecco qui le corrispondenze inviate giorno per
giorno al Corriere degli italiani di Parigi da
persona che viveva nascosta a Molinella.

30 settembre 1926
Qui siamo di fatto sotto legge marziale.
Polizia e carabinieri in borghese fanno
perquisizioni e arrestano senza riguardo
all’età e alle condizioni. Sono stati arrestati
Ettore Stagni (decorato per meriti di guerra) e
altri. Dieci famiglie dovranno abbandonare le
case. Esse e i loro mobili saranno trasportati
su camion dell’artiglieria a Bologna, dove
saranno acquartierate nella vecchia caserma
della dogana in Piazza Malpighi, che è stata
sgombrata per l’occasione. Altri camion
militari sono allineati nella piazza davanti al
Tribunale di Bologna, pronti per altri
sgomberi. Dirigerà le operazioni il Vice-
Questore di Bologna.

Ieri (29 settembre) le donne furono ricevute
dall’assessore capo di Molinella. Questi disse
loro: "Non sarete messe in mezzo alla strada:
sarete portate via. Non potete rimanere più a
Molinella se non entrate nei sindacati
fascisti". Lo stesso fu ripetuto dal
Commissario di Polizia di Molinella: "Andate
dove volete se non volete essere portate a
Bologna. Là, se lo desiderate, potrete
iscrivervi ai sindacati fascisti. Potrete anche
non iscrivervi se troverete lavoro. Ma qui a
Molinella non dovete rimanere. Non pensateci
nemmeno". Le donne insistettero a voler
rimanere. Se le avessero mandate via la sera,
sarebbero ritornate la mattina.

Sargon

unread,
Jan 24, 2024, 3:24:04 AMJan 24
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [14]

Oggi le donne hanno inviato una commissione a
Bologna, accompagnata da un avvocato;
l’avvocato è stato ricevuto dal segretario del
Questore. Questi ha saputo solo stringersi
nelle spalle. Ha riconosciuto che questi fatti
son degni di un manicomio, ma "loro" vogliono
così e lui è obbligato ad agire in quel modo.
Si ritiene che la caserma di Bologna conterrà
quaranta famiglie, numero che sarà raggiunto
gradualmente. Ma sono state sospese le
operazioni perché si vuol vedere quale effetto
avrà sui recalcitranti questo primo trasporto
forzato di famiglie a Bologna.

1° ottobre
Ieri, alle 8 pomeridiane circa, furono
circondate le case di dieci famiglie che
dovevano sgomberare. Nessuno poteva uscirne.
Gli uomini erano nei campi. Erano in casa
donne, bambini, vecchi.

Alle 7.30 questa mattina (10 ottobre), alcuni
facchini e i carabinieri hanno insistito perché
le donne fossero presenti mentre si caricavano
i mobili e si prendeva nota di ciò che veniva
caricato. Le donne hanno rifiutato malgrado
insistenze e minacce. Quando hanno tentato di
uscir di casa, sono state arrestate e portate
alla Polizia. I vecchi e i bambini sono stati
ospitati dai vicini. Alle 11 di mattina le
donne erano ancora alla polizia. C’era un via
vai di donne che portavano loro da mangiare. Il
cortile della polizia era circondato da circa
20 carabinieri, Nel frattempo i facchini
caricavano i camion. A mezzogiorno non avevano
ancora finito.
Il paese è come un territorio nemico in tempo
di guerra. Un cordone di carabinieri circonda i
confini. Non vi è strada, sentiero o sbocco che
non sia sbarrato.
Qui non comandano le autorità, ma R****.
Costui con una rapida automobile, fa la spola
tra Bologna e Molinella e i villaggi vicini.
In questo momento, ore 5 pomeridiane, si sa che
le donne non hanno voluto andar via sui camion
insieme alla loro roba. Perciò sono portate a
Bologna su camion scortati dai carabinieri. Non
sappiamo ancora se sono state portate a S.
Giovanni in Monte (prigione di Bologna) o alla
caserma dove sono internate le famiglie
sfollate. Il numero degli uomini arrestati è
giunto a 34. È assolutamente proibito alle
famiglie inviar loro da mangiare.

2 ottobre
Ieri i camion carichi di mobili e quelli con le
donne e parte dei bambini e dei vecchi hanno
raggiunto Bologna. Sono stati portati tutti
alla caserma in Piazza Malpighi. Alle 8 di sera
c’erano ancora nella piazza due camion di
mobili da scaricare. Sono stati portati via
solo i mobili. Polli, porci, legna da ardere e
vino abbandonati alla mercé degli altri.

Sargon

unread,
Jan 24, 2024, 3:34:11 AMJan 24
to
Il 18/01/2024 15:06, Sargon ha scritto:

> Nel dicembre 1926 Gaetano Salvemini pubblicò
> nella rivista francese "Europe" un articolo su
> Molinella.
> [cut]

Molinella [15]

La caserma ove sono ora le donne, è circondata
da carabinieri e polizia. A nessuno è permesso
di entrarvi, eccetto i parenti abitanti in
Bologna. Oggi nessuno ha dato loro da mangiare.
Non è permesso loro di uscire. Solo una di
esse, scortata, ha potuto uscire verso le 11 a
comprare qualcosa per tutte con i pochi soldi
messi insieme.
E domani? Fra loro c’è il vecchio Mainardi, di
70 anni, malato. A casa si nutriva solo di pane
e brodo. Ha in consegna tre bambini piccoli.
Un funzionario della polizia va cercando per
Bologna i parenti che ospitino gli sfrattati,
li mantengano e li persuadano a metter su casa
a Bologna.
L’avvocato sta facendo dei passi per accertare
se le donne sono sotto arresto, nel qual caso
hanno diritto alle razioni dei prigionieri. Se
sono lì come libere cittadine hanno diritto ad
entrare e uscire liberamente. Finora non ha
avuto risposta.

8 ottobre 1926
Il 4 ottobre i camion militari hanno portato
via i mobili di altre sette famiglie, compresi
quelli di una vedova e di due uomini di oltre
settant’anni.
Il 5 ottobre altre otto famiglie hanno subìto
lo stesso trattamento.
Il 7 ottobre è stata data notifica di altre
quattro espulsioni.
Siccome gran parte delle famiglie espulse aveva
già abbandonato le case, il funzionario di
polizia dové forzarne le porte per togliere i
mobili. Nelle baracche di Bologna nessuna
novità. È stato soltanto concesso un pasto
giornaliero per 4 lire agli adulti e per 2 lire
ai bambini. Dicono che il vecchio Mainardi
l’altra notte impazzì.

11 ottobre
Tra gli sfollati c’è Natalina Piazza, di 73
anni; ha perso il figlio in guerra, ed era
vissuta nella sua casa per più di quarant’anni.
I coniugi Bianchi hanno tutt’e due più di 70
anni e hanno vissuto 48 anni nella casa da cui
sono stati espulsi: i loro tre figli sono ex
combattenti. Domenico Burnelli, di 76 anni, i
cui tre figli hanno combattuto per la patria, è
stato circa 60 anni nella casa da cui ora è
mandato via. Non gli è stato permesso di
abitare presso suo figlio. Quando il figlio ha
reclamato il diritto di prender cura dei
genitori, padre e figlio sono stati arrestati.
Il vecchio Frazzoni e sua moglie sono stati
espulsi tre volte in quattro anni. Il figlio fu
ucciso dai fascisti nel 1924.
I danni materiali non sono di piccola entità,
data la povertà di quella gente. I mobili sono
stati caricati senza cura sui camion militari;
parte di essi si sono rotti nel caricarli,
parte durante il trasporto. Parte rimane nelle
case,abbandonate.

19 novembre
Le espulsioni continuano. Tra la settimana
passata e i primi giorni di questa sono stati
mandati avvisi di espulsione a 81 famiglie. Nel
villaggio di Marmorta, lunedì (15 novembre)
sono state espulse 13 famiglie, 11 delle quali
avevano in affitto case appartenenti al
municipio. A Molinella martedì 7 famiglie
furono espulse e 3 mercoledì. Gli sfollati sono
portati sempre alla caserma di Bologna.

La resistenza cessò dopo l’approvazione della
legge 25 novembre 1926, così i lavoratori di
Molinella "furono riconciliati con la Patria".

Gaetano Salvemini
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