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Marcia su Roma e dintorni

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Sargon

unread,
Oct 19, 2022, 8:45:24 AM10/19/22
to
(Parte 1)

1915-1923
Spesa complessiva di guerra: 137.109 milioni di
lire (al 1923). (F. A. Repaci, ʺIl costo
finanziario in Italia della prima guerra
mondialeʺ, in Statistica, 1954, pag. 584)

1919-1920
L'economista Attilio Cabiati così esprime le
conseguenze dell'economia di guerra: « La
guerra ha introdotto e fortificato in paese due
deplorevoli tendenze: la mancanza di
concorrenza sia interna che estera; la facilità
ai pronti arricchimenti e ai larghi guadagni,
nel mentre che in seno alla Amministrazione
statale si dava vita a una nuova, più potente e
presuntuosa burocrazia. Tutto ciò ha creato dei
pericoli morali, che minacciano di aggravare
quelli già tanto pericolosi, economici e
finanziari, sotto il cui incubo si anemizza
lʹEuropa continentale. Gruppi industriali
cercano di consolidare le posizioni acquisite
durante la guerra mediante sindacati
artificiali con lʹaiuto di nuove tariffe
doganali e con ostacoli di ogni genere alla
ripresa del libero commercio. In seno alla loro
classe non pochi multimilionari compiono
operazioni di preda, con scalate alle banche,
con operazioni « a catena » mediante le quali
vuotano le società commerciali di buona parte
del loro migliore contenuto, realizzano
capitali, e, potendo, li spediscono allʹestero
per sottrarli ai doveri del fisco. La guerra,
con le sue tumultuose necessità, ha dato vita a
troppi organismi industriali improvvisati e
malamente organizzati, sia dal punto di vista
del lavoro, sia sotto quello della direzione
tecnica, i quali oggi dovrebbero procedere a
una coraggiosa svalutazione. Ma lʹinteresse
della speculazione e, in taluni casi, quello
delle banche che si sono troppo a fondo
impegnate, impediscono e ritardano questo
necessario risanamento, accrescendo la
pesantezza del mercato e rendendo più grave il
momento della liquidazione ».
« Tutto il complesso e aggrovigliato quesito
della liquidazione delle conseguenze della
guerra si risolve, in ultima analisi, in una
sola ricetta: produrre quanta più ricchezza è
possibile al minore costo, accontentandosi di
minime retribuzioni, per destinare una parte
più larga del reddito netto allʹestinzione dei
carichi bellici ». (Attilio Cabiati, "Problemi
economici e finanziari dellʹItalia", 1920, pag.
103-105).
« In Italia, da quando le ostilità sono
cessate, ne parlano tutti, e industriali e
commercianti vanno a gara nel chiedere il
ritorno al regime di libertà. In realtà, però,
ognuno di essi chiede quel tanto di libertà che
fa comodo ai suoi interessi, ma vuole ostacoli,
barriere e difese di ogni natura per tutto il
rimanente ». (Attilio Cabiati, Ivi, pag. 116).
Più avanti: « Ne è sorto uno strano abito
mentale, in forza del quale nessuno di costoro
pensa alla possibilità che i loro lucri possano
diminuire e che si debba tornare ai periodi
prebellici: e, di conseguenza, contro tale
minaccia, reagiscono con tutte le loro energie,
cercando di perpetuare quelle condizioni le
quali hanno creato gli altrettanto facili,
quanto mal guadagnati extraprofitti ». (Attilio
Cabiati, Ivi, pag. 127).

6 giugno 1919
Il Popolo d'Italia pubblica il programma dei
Fasci di combattimento:
« [...] Per il problema sociale noi vogliamo:
a) La sollecita promulgazione di una Legge
dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori
la giornata legale di otto ore di lavoro.
b) I minimi di paga.
c) La partecipazione dei rappresentanti dei
lavoratori al funzionamento tecnico
dell'industria.
d) L'affidamento alle stesse organizzazioni
proletarie (che ne siano degne moralmente e
tecnicamente) della gestione di industrie o
servizi pubblici.
e) La rapida e completa sistemazione dei
ferrovieri e di tutte le industrie dei
trasporti.
f) Una necessaria modificazione del progetto di
legge di assicurazione sull'invalidità e sulla
vecchiaia, abbassando il limite di età proposto
attualmente a 65 anni, a 55 anni. [...]
Per il problema finanziario noi vogliamo:
a) Una forte imposta straordinaria sul capitale
a carattere progressivo, che abbia la forma di
vera espropriazione parziale di tutte le
ricchezze.
b) Il sequestro di tutti i beni delle
Congregazioni religiose e l'abolizione di tutte
le mense Vescovili, che costituiscono una
enorme passività per la Nazione, e un
privilegio di pochi.
c) La revisione di tutti i contratti di
forniture di guerra, ed il sequestro dell'85%
dei profitti di guerra. [...] »

ottobre 1919
Programma presentato in vista del I congresso
dei Fasci di combattimento di Firenze e delle
elezioni politiche del 16 novembre.
« [...] Per il Problema Sociale noi vogliamo:
a) La sollecita promulgazione di una legge
dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori
la giornata legale di otto ore effettive di
lavoro.
b) I minimi di paga.
c) La partecipazione dei rappresentanti dei
lavoratori al funzionamento tecnico
dell'industria.
d) L'affidamento alle stesse organizzazioni
proletarie (che ne siano degne moralmente e
tecnicamente) della gestione di industrie o
servizi pubblici.
e) La rapida e completa sistemazione
dell'industria dei trasporti e del personale
addetto.
f) La modifica al disegno di legge di
assicurazione sull'invalidità e sulla
vecchiaia, fissando il limite di età a seconda
dello sforzo che esige ciascuna specie di
lavoro.
g) Obbligo ai proprietari di coltivare le
terre, con la sanzione che le terre non
coltivate sieno date a cooperative di
contadini, con speciale riguardo a quelli
reduci dalla trincea: e dell'obbligo dello
Stato al necessario contributo per la
costruzione delle case coloniche.
h) Messa in valore di tutte le forze idrauliche
e sfruttamento delle ricchezze del suolo,
previa unificazione e correzione delle leggi
relative; incremento della marina mercantile,
permettendo il funzionamento di tutti i
cantieri navali mercè l'abolizione del divieto
d'importazione delle lastre di acciaio e
agevolazioni di ogni mezzo (credito, consorzi
ecc.) atto a favorire lo sviluppo del le
costruzioni navali; il piú ampio sviluppo alla
navigazione fluviale e all'industria della
pesca.
i) Obbligo dello Stato di dare e mantenere alla
scuola carattere precipuamente e saldamente
formativo di coscienze nazionali e carattere
imparzialmente, ma rigidamente laico; carattere
tale da disciplinare gli animi ed i corpi alla
difesa della Patria in modo da rendere
possibili e scevre di pericolo le forme brevi,
elevare le condizioni morali e culturali del
proletariato; dare reale ed integrale
applicazione alla legge sull'istruzione
obbligatoria con la conseguente assegnazione in
bilancio dei fondi necessari.
l) Riforma della burocrazia inspirata al senso
della responsabilità individuale e conseguente
notevole riduzione degli organi di controllo;
decentramento e conseguente semplificazione dei
servizi a beneficio dell'energie produttrici,
dell'erario e dei funzionari; epurazione del
personale e condizioni economiche di esso atte
a garantire all'Amministrazione l'afflusso di
elementi meglio idonei e piú fattivi. [...]
Per il Problema Finanziario noi vogliamo:
a) Una forte imposta straordinaria sul capitale
a carattere progressivo, che abbia la forma di
vera espropriazione parziale di tutte le
ricchezze.
b) Il sequestro di tutti i beni delle
congregazioni religiose e l'abolizione di tutte
le mense Vescovili che costituiscono una enorme
passività per la Nazione e un privilegio di
pochi.
c) La revisione di tutti i contratti di
forniture di guerra ed il sequestro dell'85 %
dei profitti di guerra [...] ».

10-12 ottobre 1919
Firenze: 1° congresso dei Fasci di
combattimento. Il congresso decide che:
i « Fasci non possono in nessun caso aderire a
blocchi in cui tutti non accettino i
provvedimenti indicati sul programma dei Fasci
per lʹimmediato dopoguerra economico e cioè:
decimazione del capitale, confisca dei
sopraprofitti di guerra, tassazione onerosa
sulle eredità e confisca dei beni
ecclesiastici. Che il blocco preferibile per i
fascisti è quello che comprende i volontari di
guerra, gli arditi, gli smobilitati, i
combattenti, i repubblicani, i socialisti
interventisti, i futuristi ». (E. Mecheri, "Chi
ha tradito? Rivelazioni e documentazioni
inedite di un vecchio fascista", Milano 1947,
pp. 48‐49)

11 novembre 1919
Alla vigilia delle elezioni politiche,
Mussolini ribadisce pubblicamente i postulati
programmatici del fascismo, fra i quali quello
della espropriazione parziale di tutte quante
le ricchezze.

16 novembre 1919
Elezioni politiche del 16 novembre. A Milano i
Fasci di combattimento ottengono 4.657 voti.

7 marzo 1920
Si costituisce a Milano la Confederazione
generale dell'Industria (Confindustria).
Il primo convegno degli industriali, a Milano,
si conclude con lʹapprovazione di un ordine del
giorno in cui, dopo avere richiesto al governo
di « abbandonare i vecchi metodi, le vecchie
debolezze e le vecchie tolleranze, per portare
alla direzione dello Stato la forza di uomini e
metodi nuovi e per tarpare le ali alle
illusioni di un prossimo Eden comunistico, così
tristamente sperimentato in altri paesi, con
danno specialmente dei lavoratori e delle
masse », si ribadisce « la necessità che la
borghesia del lavoro attingesse in se stessa,
nella convinzione della utilità della sua
funzione e nella forza della sua
organizzazione, il mezzo per una energica
azione contro deviazioni e illusioni, intesa
alla ricostruzione economica del paese, unico
modo che possa salvarlo dalla carestia e dalla
rovina, che travolgerebbe con se tutte le
classi, anche quelle proletarie ».

19 maggio 1920
Il Popolo dʹItalia pubblica i Postulati del
programma fascista, contenente i seguenti
punti:
- « [...] per una borghesia di lavoro
I Fasci riconoscono il valore grandissimo di
quella « borghesia di lavoro » che attraverso
tutti i campi dell'attività umana (da quelli
dell'industria a quelli dell'agricoltura, da
quelli della scienza a quelli delle libere
professioni) costituisce l'elemento prezioso ed
indispensabile per lo sviluppo del progresso e
per il trionfo delle fortune nazionali.
- contro le degenerazioni delle lotte operaie
I Fasci di Combattimento preoccupati di
favorire l'elevamento morale del proletariato e
di concorrere alla creazione di una coscienza
autonoma dell'organizzazione sindacale,
ritengono loro dovere di mantenersi in una
attitudine di severa opposizione di fronte a
quelle battaglie operaie nelle quali i motivi
d'ordine puramente economico siano sopraffatti
e mistificati da speculazioni di bassa
demagogia. [...]
- i nostri postulati di carattere finanziario
a) una forte imposta straordinaria sul capitale
a carattere progressivo che abbia la forma di
vera espropriazione parziale di tutte le
ricchezze, da pagarsi in un termine di tempo
assai breve;
b) il sequestro di tutti i beni delle
congregazioni religiose e l'abolizione di tutte
le mense vescovili che costituiscono una enorme
passività per la Nazione e un privilegio di
pochi;
c) la revisione di tutti i contratti di
forniture di guerra, ed il sequestro dei sopra
profitti di guerra lasciati improduttivi.
- i fasci e l'organizzazione operaia
I Fasci manifestano la loro simpatia ed il
proposito di aiutare ogni iniziativa di quei
gruppi di minoranza del proletariato che sanno
armonizzare la difesa della classe
coll'interesse della Nazione. E nei riguardi
della tattica sindacale consigliano il
proletariato di servirsi, senza predilezioni
particolari e senza esclusivismi aprioristici,
di tutte le forme di lotta e di conquista che
assicurino lo sviluppo della collettività ed il
benessere dei singoli produttori.
- per una economia di massima produzione
I Fasci di Combattimento, di fronte ai progetti
teologici di ricostruzione a base di economia
pregiudizialmente collettivistica, si pongono
sul terreno della realtà che non consente un
tipo unico di autonomia e si dichiarano
tendenzialmente favorevoli a quelle forme –
siano esse individualistiche, collettivistiche
o di qualche altro tipo – che garentiscano il
massimo di produzione e il massimo di
benessere.
- Le nostre rivendicazioni in difesa del
proletariato
a) la sollecita promulgazione di una legge
dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori
la giornata legale di otto ore;
b) una rappresentanza dei lavoratori nel
funzionamento dell'industria limitato nei
riguardi del personale;
c) l'affidamento alle stesse organizzazioni
proletarie (che ne siano degne moralmente e
tecnicamente) della gestione di industrie o
servizi pubblici;
d) la formazione di consigli nazionali tecnici
del lavoro, costituito dai rappresentanti
dell'industria, dell'agricoltura e dei
trasporti, del lavoro intellettuale,
dell'igiene sociale, delle comunicazioni, ecc.,
eletti dalle collettività professionali di
mestieri con poteri legislativi. [...] »

luglio 1920-settembre 1920
Preoccupazione da parte dei maggiori
industriali delle leggi proposte dal governo
Giolitti e approvate dal Parlamento per far
pagare il conto della guerra ai ricchi:
inchiesta parlamentare sulle spese di guerra,
nominatività obbligatoria dei titoli azionari,
confisca dei sopraprofitti bellici, imposta sul
patrimonio, aggravamento dellʹimposta di
successione.

1920-1921
Gli industriali si rendono conto che
lʹoccupazione delle fabbriche ha rappresentato
il culmine della parabola rivoluzionaria e che
le velleità operaie stanno immancabilmente
rientrando. Scrive in proposito Luigi Einaudi:
« Le fabbriche erano state occupate nel momento
critico in cui il ciclo economico si infletteva
dalla prosperità verso la crisi. I ribassi dei
prezzi, la scemata operosità, la incipiente
disoccupazione furono attribuiti dagli
industriali italiani e dalla stampa quotidiana
alle agitazioni operaie. In verità lo spirito
rivoluzionario crebbe finché volsero favorevoli
le circostanze economiche ed era frutto della
esaltazione inflazionistica del dopoguerra; e
venne calmandosi a mano a mano che quella
esaltazione dava luogo a riflessioni
liquidatrici. Lʹoccupazione, venuta quando il
vento mutava, non era del tutto riuscita
sgradita agli industriali, a cui dava occasione
di interrompere lʹaccumulazione di merce
invenduta, attribuendo, rispetto ai clienti e
al pubblico, ai mestatori la colpa di ciò che
si sarebbe voluto, ma non si osava da sé fare.
Collʹinasprirsi della crisi, la posizione
operaia diventava, come sempre prima e dopo, di
semplice difesa. Un anno dopo, verso la fine
del 1921, più non si parlava di « controllo »,
ossia di padronanza degli operai
sullʹindustria, ma di « inchiesta »...
Cominciava lʹesame di coscienza. (L. Einaudi,
"La condotta economica e gli effetti sociali
della guerra italiana", 1933, pag. 336).

1919-1921
Crisi economica, causata inevitabilmente dal
passaggio dallʹeconomia di guerra a quella di
pace. E con essa la fine della cuccagna degli
alti profitti per i grandi complessi
siderurgici, come Ansaldo e Ilva, assicurati
dallo Stato unico cliente per necessità.
« Quando la crisi economica – ciclica e cronica
ad un tempo – si manifesta in forma
particolarmente acuta, quando il tasso di
profitto tende a zero, essa (la classe
dominante) non vede altra via dʹuscita, altro
mezzo per rimettere in marcia il meccanismo del
profitto, se non quello di vuotare sino
allʹultimo soldo le tasche – già poco fornite –
dei poveracci che costituiscono le ʺmasseʺ. È
quello che un borghese dallʹeloquio brillante,
Joseph Caillaux, definiva la « grande
penitenza »: brutale riduzione dei salari,
degli stipendi e dei carichi sociali, aumento
delle imposte, e in primo luogo dellʹimposta di
consumo. Col ricavato di questa razzia nelle
tasche della povera gente, lo Stato rianima le
imprese sullʹorlo del fallimento, le sostiene
artificialmente a forza di sovvenzioni e di
esoneri fiscali e mediante commerci di lavori
pubblici e di armamenti; in una parola, lo
Stato si sostituisce al cliente privato e al
risparmio, che fanno difetto ». (D. Guérin,
"Fascismo e grande capitale", pag. 19).
(continua)

Saluti
Sargon

Parvus

unread,
Oct 19, 2022, 2:07:21 PM10/19/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
> (Parte 1)
>
> 1915-1923
> Spesa complessiva di guerra: 137.109 milioni di
> lire (al 1923). (F. A. Repaci, ʺIl costo
> finanziario in Italia della prima guerra
> mondialeʺ, in Statistica, 1954, pag. 584)

Per ottenere un risultato che indebolì la posizione internazionale
dell'italia.



>
> 11 novembre 1919
> Alla vigilia delle elezioni politiche,
> Mussolini ribadisce pubblicamente i postulati
> programmatici del fascismo, fra i quali quello
> della espropriazione parziale di tutte quante
> le ricchezze.
>
> 16 novembre 1919
> Elezioni politiche del 16 novembre. A Milano i
> Fasci di combattimento ottengono 4.657 voti.
>
Il fascismo si presenta col suo programma primigenio
di sinistra.
Con scarso successo.
Qui andrebbe fatta una riflessione:
Parrebbe che la forza delle organizzazioni sindacali
sia massima solo nei periodi di grasse grasse.
e scemi rapidamente appena giunge il periodo delle
vacche magre.

>
> 1919-1921
> Crisi economica, causata inevitabilmente dal
> passaggio dallʹeconomia di guerra a quella di
> pace. E con essa la fine della cuccagna degli
> alti profitti per i grandi complessi
> siderurgici, come Ansaldo e Ilva,

In sostanza, traslitterato all'epoca attuale, si
potrebbe immaginare un partito staccatosi
dalla sinistra, adesso potrebbe essere quello di
Renzi e Calenda, che trovando poco spazio a
sinistra, annacqua le sue posizioni, in modo da
farle divenire digeribili agli industriali ed agrari,
ma facendo in modo di mantenere un certo
appeal sulle classi proletarie, divenendo
approdo del loro movimento di rapido riflusso
dopo il fallimento del tentativo di rivoluzione
sociale.

flop

unread,
Oct 19, 2022, 4:21:45 PM10/19/22
to
Il 19/10/2022 20:07, Parvus ha scritto:
> Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>> (Parte 1)
>>

i partiti socialisti si basavano sulla lotta di classe, tra classe
operaia e padroni industriali, e le armi della lotta erano gli scioperi
e l'occupazione delle fabbriche. Da subito i disoccupati furono gli
antagonisti degli operai, che si mettevano a lavorare al posto degli
scioperanti, per cui i disoccupati di norma non facevano parte delle
file socialiste ma piuttosto erano visti di buon occhio dai padroni come
riserva di lavoratori e inseguito favorire il disaccordo con gli operai
armandoglieli contro. Così uscì il fatto paradossale che i principali
partiti fascisti e nazionalisti in Europa nacquero come associazioni
armate tra il sottoproletariato dei disoccupati. In una retrospettiva
storica oggi l'analogo di un partito fascista o nazista potrebbe essere
in pectore il Movimento 5 Stelle che si basa proprio sul voto di quelli
che sono senza un lavoro.

flop

unread,
Oct 19, 2022, 4:29:30 PM10/19/22
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:
> 11 novembre 1919
> Alla vigilia delle elezioni politiche,
> Mussolini ribadisce pubblicamente i postulati
> programmatici del fascismo, fra i quali quello
> della espropriazione parziale di tutte quante
> le ricchezze.

i partiti fascisti in Europa nascono tutti come associazioni armate tra
uomini senza un lavoro, che si uniscono per rapinare le ricchezze degli
altri.

Parvus

unread,
Oct 20, 2022, 10:39:11 AM10/20/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 22:21:45 UTC+2 flop ha scritto:

> i partiti socialisti si basavano sulla lotta di classe, tra classe
> operaia e padroni industriali, e le armi della lotta erano gli scioperi
> e l'occupazione delle fabbriche. Da subito i disoccupati furono gli
> antagonisti degli operai, che si mettevano a lavorare al posto degli
> scioperanti, per cui i disoccupati di norma non facevano parte delle
> file socialiste ma piuttosto erano visti di buon occhio dai padroni come
> riserva di lavoratori e inseguito favorire il disaccordo con gli operai
> armandoglieli contro. Così uscì il fatto paradossale che i principali
> partiti fascisti e nazionalisti in Europa nacquero come associazioni
> armate tra il sottoproletariato dei disoccupati. In una retrospettiva
> storica oggi l'analogo di un partito fascista o nazista potrebbe essere
> in pectore il Movimento 5 Stelle che si basa proprio sul voto di quelli
> che sono senza un lavoro.

Effettivamente i disoccupati ebbero una parte nella
vittoria fascista.
Quando era ancora socialista, Mussolini aveva definito
la massa sottoproletaria "La santa canaglia della
rivoluzione"
Finché furono all'apice della loro forza, i socialisti
riuscirono a dare dei contentini alla massa dei disoccupati
ad esempio imponendo agli agrari di assumere tutta la
forza lavoro disponibile. Ma appena la loro forza scemò, i
disoccupati furono carpiti dal fascismo.
Ad esempio i fascisti fecero invadere Ferrara e altre città
da migliaia di braccianti disoccupati, imponendo alle
autorità di assumerli per lavori pubblici.
Ma se avesse potuto contare solo sui disoccupati il
fascismo sarebbe rimasto debole.
Invece riuscì a penetrare nei coltivatori diretti, nei borghesi
cittadini, e conseguente mente fu uno scherzo ottenere
l'appoggio del grande capitale

flop

unread,
Oct 20, 2022, 11:07:24 AM10/20/22
to
nazismo e fascismo seguirono la stessa genesi: entrambi si basavano su
un corpo paramilitare creato dai reduci della grande guerra nei corpi di
assalto, gli arditi che si trasformarono in squadristi per il fascismo,
le SA per il nazismo. Si potrebbe fare un paragone identico coi
camorristi che hanno preso il reddito di cittadinanza dai 5 Stelle, e
ora potrebbero fare un colpo di stato se glielo tolgono.

Sargon

unread,
Oct 20, 2022, 12:56:38 PM10/20/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>

(Parte 2)

1921
Già nel 1921 c'è chi parlò di fascismo come
« milizia di classe »: « Per ciò il fascismo è
una milizia di classe, che nessuna luce ideale
può illuminare. È la violenza posta al servizio
del privilegio economico e politico. La
borghesia, incapace di continuare la sua
dominazione per forza di ingegno e per
genialità di escogitazioni, è costretta a
violare le leggi stesse del suo regime. Lo
Stato, permeato di rappresentanze operaie in
tutti i suoi istituti elettivi, non è più, da
solo, garanzia sufficiente per la difesa della
classe dominante, onde questa sente il bisogno
di finanziare e armare le squadre fasciste, con
tale incarico preponderante: stroncare
lʹorganizzazione sindacale dovunque si trovi,
quale che sia il colore della sua bandiera,
sotto qualunque specie: miglioramento,
mutualità, cooperazioni; infatti si sono
distrutte indifferentemente Camere del lavoro e
sindacati socialisti e cattolici, si sono
incendiate Camere del lavoro repubblicane... ».
(Giuseppe De Falco, "Il fascismo milizia di
classe", Cappelli, Bologna, 1921, pagg. 14-15).
Chi scrive non è un socialista né un comunista,
ma un repubblicano.

giugno 1920-giugno 1921
Situazione politica-finanziaria. Giolitti
abolisce il prezzo politico del pane con
notevole sollievo per il bilancio dello Stato.
Come contropartita Giolitti fa approvare i
seguenti provvedimenti "antiplutocratici":
inasprimento delle imposte esistenti, imposta
straordinaria sul patrimonio, avocazione dei
profitti di guerra, la nominatività di tutti i
titoli – di Stato e industriali – e la riforma
dei dazi doganali.
La legge sui dazi doganali fu molto favorevole
alle grandi industrie. La nuova tariffa, in
media, fu più che raddoppiata rispetto a quella
del 1887. Con punte massime del 376% nelle
macchine e apparecchi e del 360% negli utensili
e strumenti per lʹagricoltura. (Antonino Répaci, La marcia su Roma")

1921
Non mancano attacchi al sistema delle
organizzazioni economiche rosse come dimostra
anche solo il titolo del libro di Giovanni
Preziosi: "Il cooperativismo rosso piovra dello
Statoʺ, Laterza, Bari, 1921.

giugno 1920-giugno 1921
Sui provvedimenti finanziari del governo
Giolitti, così L. Einaudi: « Per la loro stessa
natura, apertamente demagogica, e per la loro
ferocia empirica, i provvedimenti tributari
avevano scopo dimostrativo. Fiscalmente
improduttivi, ché le aliquote delle imposte
erano ormai giunte a massimi non superabili,
essi volevano dimostrare che i ricchi erano
chiamati a raccolta nel momento in cui si
aumentava il prezzo del pane a carico delle
moltitudini ». ("La condotta economica..."
cit., pag. 367).
« Quella crisi diede insperato e validissimo
compimento allʹopera risanatrice voluta dalla
legge 27 febbraio 1921. Questa pose le
fondamenta dellʹopera; ma, se prezzi e cambi
avessero continuato a mantenersi alti, i
provvedimenti tributari deliberati non
bastavano certamente alla perdita ingente
prevista per lʹacquisto di grani forestieri. La
sensazione diffusa che si fosse finalmente
pronti a chiudere la più grossa e minacciosa
falla del bilancio, fece ribassare i cambi...
Lʹabbondanza generale del frumento nel mondo...
fece declinare il prezzo del frumento estero...
Per una delle consuete ironie della storia, la
situazione dʹun tratto parve capovolta ». (Ivi,
pagg. 367-368).

1921
Sugli avvenimenti del 1921, così scrivono
Salvatorelli e Mira: « Era lʹanno della
reazione agraria e industriale contro i partiti
e le organizzazioni di sinistra, lʹanno dello
squadrismo imperversante finanziato dai
capitalisti. In che misura essi finanziassero
il partito fascista, la sua stampa, la sua
milizia, i suoi capi, non si potrà mai sapere
con precisione, perché sovvenzioni di questo
genere difficilmente appaiono nei bilanci delle
banche e delle società per azioni: sta di fatto
che, da quellʹanno in poi, il fascismo dispose
di mezzi così larghi che non potevano non
pervenire se non da borse molto grosse ».
(Luigi Salvatorelli, Giovanni Mira, "Storia
d'Italia nel periodo fascista", Einaudi,
Torino, 1957).

7 gennaio 1921
Mussolini accentua l'indirizzo del programma
del maggio '20: « Lo Stato è oggi ipertrofico,
elefantiaco, enorme e vulnerabilissimo, perché
ha assunto una quantità di funzioni dʹindole
economica, che dovevano essere lasciate al
libero gioco dellʹeconomia privata. Lo Stato
oggi fa il tabacchino, il postino, il
ferroviere, il panettiere, lʹassicuratore, il
navigatore, il caffettiere, il bagnino ecc.
Ogni azienda statale è un disastro economico.
Si spiega. Manca nella burocrazia la molla
dellʹinteresse individuale e non cʹè nemmeno
lʹombra di una preoccupazione per lʹinteresse
collettivo... Il fascismo è antimonopolista ».
(B. Mussolini, ʺIl fascismo nel 1921ʺ, in Il
Popolo dʹItalia del 7 gennaio 1921).

14 gennaio 1921
Mentre a Livorno la sinistra si frantuma,
Mussolini torna sull'argomento economico: « La
società capitalistica ha realizzato quel tanto
di socialismo che le poteva giovare e non si
avranno ulteriori progressi in tale direzione
[...] Il capitalismo non è soltanto un apparato
di sfruttamento, come opina lʹimbecillità
pussista: è una gerarchia; non è soltanto una
rapace accumulazione di ricchezza: è una
elaborazione di valori, fattasi attraverso i
secoli. Valori, oggi, insostituibili [...] Cʹè
chi pensa, e noi siamo del numero, che il
capitalismo è appena agli inizi della sua
storia [...] Appare sempre più evidente che il
proletariato si farà rimorchiare dalle
minoranze « capitalistiche », con le quali si
accorderà ad un dato momento per dividere
bottino, escludendo i parassiti di destra e di
sinistra, che vivono in margine della
produzione ». (B. Mussolini, ʺIl pus a
congressoʺ, in Il Popolo dʹItalia del 14
gennaio 1921).
(continua)

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 21, 2022, 5:13:22 AM10/21/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 3)

14 gennaio 1921
« La società contemporanea ha già assimilato
quel tantum di socialismo che poteva
inghiottire senza perire, e laddove ne ha
inghiottito di più, è in pericolo di morte. La
società capitalistica ha realizzato quel tanto
di socialismo che le poteva giovare e non si
avranno ulteriori progressi in tale direzione.
La verità storica è questa: il capitalismo ha
portato il mostruoso peso della guerra e oggi
ha ancora le forze per riprendere i gravi
carichi della pace. Il capitalismo non è
soltanto un apparato di sfruttamento, come
opina lʹimbecillità pussista: è una gerarchia;
non è soltanto una rapace accumulazione di
ricchezze: è una elaborazione, una selezione,
una coordinazione di valori fattasi attraverso
i secoli. Valori oggi indistruttibili. Così
accade che nei cieli algidi della Russia
impallidiscono gli astri del comunismo (assurda
dottrina, che ha sempre accompagnato le epoche
di miseria) e spuntano i nomi di Vanderlip e di
Stinnes, formidabili capitani d'industria; e
torna in azione quella speciale organizzazione
della produzione che si chiama
« capitalistica ». Cʹè chi pensa, e noi siamo
del numero, che il capitalismo è appena agli
inizi della sua storia. Che lʹessor
capitalistico nel grande significato della
parola, non cʹè ancora stato. [...] La civiltà
capitalistica è appena europea, mentre è
destinata a diventare mondiale. Le spalle del
proletariato sono ancora troppo gracili per
assumere questo compito immane. Appare sempre
più evidente che il proletariato si farà
rimorchiare dalle minoranze « capitalistiche »,
colle quali si accorderà a un dato momento per
dividere il bottino, escludendo tutti i
parassiti di destra e di sinistra che vivono in
margine alla produzione ». (B. Mussolini, ʺIl
pus a congressoʺ, in Il Popolo dʹItalia del 14
gennaio 1921).

maggio 1921
Nel frattempo il fascismo agrario trionfa in
Emilia e in Romagna. Alla vigilia delle
elezioni del 1921, "Il Balilla", organo del
Fascio ferrarese celebra il fruttuoso
sodalizio: « Vico Mantovani, presidente della
Federazione Agraria, rappresenterà nella
ʺConcentrazioneʺ i liberali riformisti; ma
teniamo a far sapere, gridandolo dai tetti ai
quattro venti, che questo nome lo abbiamo
chiesto e voluto noi, e che saremmo stati
illogici e insinceri se non lo avessimo chiesto
e lo avessimo semplicemente subìto come
compagno di Mussolini [nella stessa lista
elettorale]. Il nome di Benito Mussolini
creatore, animatore e volgarizzatore del
Fascismo italiano – e il nome di Vico Mantovani
– realizzatore sincero ed energico del pensiero
fascista nel campo agricolo – costituiscono un
binomio di armonia perfetta. Il pensiero e
lʹazione fascista racchiusi nel binomio
Mussolini-Mantovani, sono la semplicissima
genesi del meraviglioso rigoglio fascista in
provincia di Ferrara. (E. Savino, La nazione
operante, 1934, pag. 493).

21 giugno 1921
Primo discorso alla Camera di Mussolini:
« [...] Vi dichiaro subito con quel sovrano
disprezzo che ho di tutti i nominalismi che
sosterrò nel mio discorso tesi reazionarie.
Sarà quindi il mio discorso non so quanto
parlamentare nella forma ma nettamente
antidemocratico e antisocialista nella sostanza
(approvazioni all'estrema destra) e quando dico
antisocialista intendo dire anche
antigiolittiano (ilarità) » [...]
« Ieri lʹon. Orano diceva che lo Stato è simile
al gigante Briareo, che ha cento braccia. Io
credo che bisogna amputarne novantacinque, cioè
bisogna ridurre lo Stato alla sua espressione
puramente giuridica e politica. Lo Stato ci dia
una polizia che salvi i galantuomini dai
furfanti, una giustizia ben organizzata, un
esercito pronto per tutte le eventualità, una
politica estera intonata alle necessità
nazionali. Tutto il resto, e non escludo
nemmeno la scuola secondaria, deve rientrare
nellʹattività privata dellʹindividuo. Se voi
volete salvare lo Stato, dovete abolire lo
Stato collettivista, così come ci è stato
trasmesso per necessità di cose dalla guerra, e
ritornare allo Stato manchesteriano ».

8 ottobre 1921
Linee programmatiche del costituendo Partito
nazionale fascista: « il fascismo... si pone
sul terreno della realtà storica e nazionale,
che non consente un tipo unico di economia e si
dichiara tendenzialmente favorevole a quelle
forze – siano esse individualistiche o di altro
tipo – che garantiscono il massimo di
produzione e il minimo di benessere. [...]
3) Perché sia abrogata ogni disposizione
fiscale demagogica e dannosa allʹeconomia
nazionale, e perché in tema dʹimposte dei
redditi venga esentata quella parte di essa che
sia stata trasformata in capitale tecnico e
strumentale; [...]
5) Perché lʹeventuale intervento statale, che
si rendesse assolutamente necessario per
proteggere alcuni rami dellʹindustria agricola
e manifatturiera da una troppo pericolosa
concorrenza estera, sia tale da stimolare le
energie produttive del paese, non già da
assicurare un parassitario sfruttamento da
parte di gruppi plutocratici dellʹeconomia
nazionale ». (B. Mussolini, ʺLe linee
programmatiche del Partito fascistaʺ, in Il
Popolo dʹItalia dellʹ8 ottobre 1921).

7 novembre 1921
Al congresso tenuto allʹAugusteo di Roma, il
fascismo si trasforma da movimento in partito
politico. Mussolini ribadisce il concetto già
espresso più volte: « In materia economica
siamo liberali, perché riteniamo che lʹeconomia
nazionale non possa essere affidata a enti
collettivi e burocratici. Dopo lʹesperimento
russo, basta di tutto ciò. Io restituirei le
ferrovie e i telegrafi alle aziende private,
perché lʹattuale congegno è mostruoso e
vulnerabile in tutte le sue parti. Lo Stato
etico non è lo Stato monopolistico, lo Stato
burocratico, ma è quello che riduce le sue
funzioni allo strettamente necessario. Siamo
contro lo Stato economico ». Né si può dire che
Mussolini "trascuri" le masse. Qualche riga più
sotto: « Non siamo antiproletari, ma non
vogliamo creare un feticismo per sua maestà la
massa. Noi vogliamo servirla, educarla, ma
quando sbaglia, fustigarla ». Antonino Répaci,
autore di una fondamentale opera sulla marcia
su Roma, commentando questo passo osserva: « e
chissà perché lo Stato etico non può essere
monopolistico e burocratico? [...] e qui
sarebbe stato veramente interessante che
[Mussolini] spiegasse come conciliava lo Stato
etico col liberalismo ».

27 dicembre 1921
Primo programma del Partito Nazionale Fascista:
« Saranno obiettivi immediati del Partito
Nazionale Fascista: [...]
3) Rigida tutela del denaro del contribuente,
sopprimendo ogni sussidio a favore di consorzi,
cooperative, industrie incapaci di vivere di
vita propria e non indispensabili alla Nazione,
clientele e simili, da parte dello Stato o
altri enti pubblici. [...]
8) Restituzione allʹindustria privata delle
aziende industriali, alla cui gestione lo Stato
si è dimostrato inadatto, specialmente i
telefoni e le ferrovie (incoraggiando la
concorrenza fra le grandi linee e distinguendo
queste ultime dalle linee locali esercitabili
con metodi diversi).
9) Rinuncia al monopolio delle poste e
telegrafi, in modo che lʹiniziativa privata
possa integrare ed eventualmente sostituire il
servizio di Stato.
Capisaldi di politica sociale.
Lo Stato riconosce la funzione sociale della
proprietà, la quale è insieme un diritto e un
dovere. [...]
Il Partito Nazionale Fascista propugna un
regime che spronando le iniziative e le energie
individuali... favorisca l'accrescimento della
ricchezza nazionale con rinuncia assoluta a
tutto il farraginoso, costoso ed antieconomico
macchinario delle statizzazioni,
socializzazioni, municipalizzazioni, ecc. ».
(In Il Popolo dʹItalia del 27 dicembre 1921).

1922
I quotidiani nazionalisti, finanziati dai
fabbricanti di armi e dai grandi gruppi
industriali (Idea Nazionale, Tribuna, Giornale
dʹItalia, Nazione, ecc.) appoggiano
spudoratamente il fascismo. Anche il Corriere
della Sera si schiera a favore del fascismo.
(continua)

Saluti
Sargon

Parvus

unread,
Oct 21, 2022, 5:49:55 AM10/21/22
to
Il giorno giovedì 20 ottobre 2022 alle 18:56:38 UTC+2 Sargon ha scritto:
> Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
> >
> (Parte 2)
>
> 1921
> Già nel 1921 c'è chi parlò di fascismo come
> « milizia di classe »: « Per ciò il fascismo è
> una milizia di classe, che nessuna luce ideale
> può illuminare. È la violenza posta al servizio
> del privilegio economico e politico. La
> borghesia, incapace di continuare la sua
> dominazione per forza di ingegno e per
> genialità di escogitazioni,

osserviamo questo punto:
Si nota che Giuseppe de Falco la fa facile:
sembrerebbe che sarebbe bastata forza di ingegno
e genialità di escogitazioni, e i marxisti si sarebbero
fatti da parte plaudendo la genialità borghese.
Lo scontro era fra massimi sistemi. una parte della
popolazione era convinta che il vecchio sistema
andasse sostituito da uno marxista.

Sargon

unread,
Oct 21, 2022, 12:48:43 PM10/21/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 4)

7 gennaio 1922
L'industriale Ettore Conti (presidente delle
Officine meccaniche OM, già « Miani
Silvestri », nominato senatore su proposta di
Mussolini, nel 1924. Uno dei primi presidenti
della Confindustria e della Associazione delle
società per azioni) annota, nel suo diario:
« Gli articoli di Mussolini e i suoi discorsi
sono contrari allo Stato monopolistico,
paternalista, burocratico; egli vuole il
decentramento e il rafforzamento degli organi
periferici; però Stato forte e capace di
stroncare gli individualismi che volessero
diminuirne lʹautorità. Un uomo di tale natura,
che difende i frutti della vittoria, contrario
alle leghe dei contadini che insidiano e
minacciano i proprietari nelle persone, nella
proprietà, nei raccolti, avverso in genere a
coloro che vogliono instaurare il predominio
della falce e del martello, più fiducioso nelle
élites che nelle masse, è fatto per non
dispiacere alla Confederazione industriale:
così almeno pensa il mio successore in quella
presidenza, Giovanni Silvestri ».

12 febbraio 1922
Verso la dittatura.
« A Bologna, alcune centinaia di giovani
dimostranti, in gran parte fascisti, si sono
recati sotto le finestre della Prefettura per
gridare "Abbasso il Parlamento!", e sotto le
finestre del Comando di Corpo di Armata per
acclamare alla dittatura militare. L'episodio è
stato ignorato dalla stampa, [...] Ma il suo
valore di significazione spirituale è
semplicemente enorme. Esso rappresenta la prima
manifestazione pubblica, alla quale molte altre
potrebbero fare seguito [...] Sono stato il
primo ad evocare in pieno Parlamento la
possibilità di una dittatura militare con
annesse conseguenze. Aggiunsi che su questo
terreno occorreva tuttavia andare cauti [...]
ma oggi, alla luce delle nuove esperienze
politiche e parlamentari, l'eventualità di una
dittatura deve essere seriamente considerata ».
E conclude: « Può anche darsi che il grido dei
dimostranti fascisti di Bologna diventi domani
il coro formidabile ed irresistibile della
nazione ». ("Verso la dittatura" da Il Popolo
d'Italia, del 12 febbraio 1922)

giugno 1922
Nasce l'« Alleanza parlamentare economica ».
Costituita sotto la presidenza dellʹon. Gino
Olivetti. Lʹavv. Gino Olivetti, è direttore
generale della Confindustria dal 1910 al 1934.
Nel 1926 riceverà la tessera dʹonore quale
cooperatore di primissimo piano allʹavvento
della dittatura fascista. Emigrarà in seguito
alle leggi razziali

21 giugno 1922
Manifesto al paese dellʹ« Alleanza parlamentare
economica », sottoscritto e firmato dai
deputati rappresentanti della grande industria
(Benni, Donegani, Banelli, Olivetti, Mazzini),
della grande proprietà terriera (Fontana,
Marescalchi, Mariotti) e degli esponenti del
partito fascista (De Stefani, Ciano, Corgini,
Gray, Tofani).
Il manifesto reclama « lʹabbandono da parte
dello Stato di ogni funzione non strettamente
necessaria », e che lo Stato non deve sottrarre
« alla produzione gli scarsi capitali
disponibili, togliendo ogni ostacolo non
necessario agli scambi economici interni e
internazionali, predisponendo le condizioni
migliori perché gli sforzi della Nazione
abbiano il più efficace risultato ». Il
manifesto prosegue lamentando che: « Lo Stato
fa quello che non deve, trascurando invece le
sue funzioni e deprimendo le energie del Paese.
Nuovi sacrifici dovranno essere richiesti ai
contribuenti, mentre il peso delle imposte ha
già raggiunto limiti insopportabili ».
Vengono infine avanzate una serie di richieste:
« 1) Effettiva riduzione delle spese per la
burocrazia, riconducendo questa almeno ai
quadri di anteguerra;
2) la rinuncia a ogni nuova spesa e la
revisione di quelle già deliberate;
3) la riforma di tutti i servizi, con la
eliminazione di ogni disavanzo relativo;
4) la limitazione della emissione di Buoni del
Tesoro;
5) lʹabbandono da parte dello Stato di ogni
funzione non strettamente necessaria ».
(In Corriere della Sera del 28 giugno 1922).

23 giugno 1922
"La situazione politica e l'Alleanza
parlamentare economica". Ieri sera, nella
riunione settimanale di coltura indetta
dall'Associazione nazionalista presso la sua
sede in via S. Spirito, l'on. Benni ha parlato,
davanti ad un pubblico numeroso, della
situazione politica e dell'Alleanza
parlamentane economica. L'oratore ha rilevato
come in Parlamento si sia sentita la necessità
di una unione concorde e compatta, la quale, al
di sopra delle divisioni di parte, affrontasse
con unicità di metodo i problemi più urgenti
della vita economica del Paese. È da tale
necessità che, al di fuori ed al di sopra dei
gruppi parlamentari politici regolarmente
costituiti alla Camera, è sorta l'Alleanza
parlamentare economica ed è all'atteggiamento
deciso da essa assunto che si deve, fra i primi
risultati, l'Impegno preso dal Ministero di
una revisione delle otto ore per i ferrovieri e
la riduzione effettuata del tasso dei Buoni del
Tesoro annuali. Dopo aver passato in rapida
rassegna i vari campi in cui l'on. Benni
ritiene sia possibile realizzare delle
economie, e dopo essersi particolarmente
soffermato sulla gestione dell'azienda
ferroviaria, l'oratore » ha tratteggiato a
grandi linee quello che è il programma vicino
dell'Alleanza parlamentare economica. L'oratore
ha concluso, fra il consenso e gli applausi del
pubblico, con uno spunto polemico contro il
collaborazionismo dei socialisti, che vorrebbe
dire il rinvio « sine die » della soluzione di
problemi che non possono prorogarsi senza
incalcolabile pregiudizio degli interessi del
Paese. (Corriere della Sera del 23 giugno 1922)

28 giugno 1922
La Confindustria invita tutte le sue
organizzazioni a dare la maggiore possibile
diffusione al manifesto dellʹ« Alleanza
economica parlamentare ».

28 giugno 1922
Il Corriere della Sera commenta più che
favorevolmente l'Alleanza del fascismo con gli
industriali nell'articolo ʺUn opportuno
appelloʺ. Scrive il Corriere: « Lʹopinione
pubblica, o almeno quella parte di essa che ha
la visione dei reali interessi del paese, non
rifiuterà certo il suo appoggio ai trenta
deputati che, mentre imperversa a Montecitorio
la demagogia finanziaria, hanno il coraggio di
proclamare la necessità di mutare indirizzo ».
[...] « Il programma dellʹAlleanza economica è
lʹunico che possa salvare oggi lʹItalia ».

29 giugno 1922
Il Corriere della Sera pubblica i nomi dei
firmatari del manifesto al Paese
dellʹ« Alleanza parlamentare economica ». Essi
sono: avv. Gino Olivetti, presidente; dott.
Attilio Fontana, vicepresidente; Domenico
Arcangeli; Giovanni Banelli; Stefano Antonio
Benni; Carlo Bianchi; ing. Eugenio Boccardi;
avv. Giovanni Celesia; Costanzo Ciano; dott.
Ottavio Corgini; Michele Crisafulli; prof.
Alberto de Stefani; ing. Guido Donegani; avv.
Marziale Ducos; dott. Giovanni Ferrari; Ezio M.
Gray; avv. Natale Krikisch; ing. Luigi Luiggi;
prof. Arturo Marescalchi; avv. Alessandro
Mariotti; ing. Giuseppe Mazzini; gen. Ettore
Mazzucco; avv. Federico Mininni; ing. Aldo
Netti; avv. Michele Poggi; Carlo Quilico; ing.
Giovanni Tafani; avv. Francesco Visco; avv.
Ettore Valentini; dott. Luciano Valentini.

29 giugno 1922
Al manifesto la Confederazione dellʹIndustria
da la massima diffusione. Commenta Ernesto
Rossi: « Questo documento è interessante
specialmente per la sincerità del titolo col
quale venne presentato al pubblico e per i nomi
dei sottoscrittori: una alleanza economica fra
plutocrati e nullatenenti « rivoluzionari » non
può essere che una associazione in cui i
plutocrati mettono i loro quattrini e i
nullatenenti i loro servigi ». (E. Rossi, I
padroni del vapore, pag. 26, 37).

9 luglio 1922
"Un Commissario generale proposto per le
Ferrovie". Roma, 8 luglio, notte. Si è riunito
a Montecitorio il gruppo dell'Alleanza
parlamentare economica, sotto la presidenza
dell'on. Olivetti. Il gruppo ha accettato le
nuove domande d'inscrizione degli on. Sipari,
Acerbo, Camerata, Carlo Bonardi e Chiggiato.
[...] A iniziativa dei deputati Olivetti,
Tofani, Krekich, ed altri, a nome dell'Alleanza
parlamentare economica è stata anche presentata
una proposta di legge per la quale
l'Amministrazione delle Ferrovia dello Stato è
posta sotto l'alta direzione e la
responsabilità di un commissario generale da
nominarsi con decreto reale su proposta del
Consiglio dei ministri. (dal Corriere della
Sera del 9 luglio 1922)

3 agosto 1922
Milano. I fascisti occupano Palazzo Marino.

4 agosto 1922
Telegramma del Ministro degli Interni Taddei ai
Prefetti e ai Commissari civili: « Decifri da
sé. Massima parte dei mezzi finanziari di cui
dispongono fascisti provengono da contributi
volontari o coatti di industriali ed agrari. La
S.V. che ha certamente frequenti contatti con
dirigenti associazioni dette classi dovrebbe
con ogni cautela far comprendere quale grave
danno morale e materiale per il Paese
rappresenti il perdurare di gravi agitazioni
che conducono spesso ad azioni delittuose e
come coloro medesimi che ora li alimentano
finirebbero col soffrirne le conseguenze sia
per imposizioni che le masse operaie già
incominciano fare valendosi mezzi fascisti, sia
per prolungarsi perturbamento sociale che viene
causato dal crescere degli individui
disabituati dal lavoro e interessati continuare
sfruttamento loro sovventori che debbono invece
desiderare condizioni più normali di vita
Paese. Azione della S.V. in tal senso deve
essere spiegata accortamente e personalmente
soltanto con persone della cui riservatezza
abbia fiducia e che siano in grado valutare
serenamente propri interessi. Ministro
Taddei ».
(continua)

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 22, 2022, 8:33:36 AM10/22/22
to
Il giorno giovedì 20 ottobre 2022 alle 18:56:38 UTC+2 Sargon ha scritto:

> 1921
> Già nel 1921 c'è chi parlò di fascismo come
> « milizia di classe »:
> [...]
> (Giuseppe De Falco, "Il fascismo milizia di
> classe", Cappelli, Bologna, 1921, pagg. 14-15).
> Chi scrive non è un socialista né un comunista,
> ma un repubblicano.

Devo comunicare una correzione su quanto sopra
riportato.
Scrive De Falco (1921), alcune pagine più
avanti (ed. 2005, p. 61): « Il socialismo – e
chi scrive si onora di professare dottrine
socialistiche, seppure non sia inquadrato, ora,
né nel partito Ufficiale, né altrove [...] ».

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 22, 2022, 1:18:26 PM10/22/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 5)

primi di agosto 1922
Scrive Alberto Albertini: « [...] col tempo il
successo [del fascismo] portò allʹeccesso,
tanto più che i potenti industriali,
specialmente lombardi, avendo tutto da
guadagnare dalla repressione delle velleità
operaie, favorirono la reazione, e che agli
ingenui promotori della riscossa si
frammischiarono mestatori e profittatori
tuttʹaltro che ingenui. Dalla difesa si passò
allʹattacco; ci si prese gusto; gli aggrediti
divennero aggressori, sʹinaugurò il sistema
delle spedizioni punitive; si giunse ad una
specie di guerra civile ». ("Vita di Luigi
Albertini", Milano, 1945, p. 208). Alberto
Albertini ricorderà di aver ricevuto il
« luogotenente di Mussolini », on. Aldo Finzi,
che gli preannuncia un prossimo colpo di Stato,
che avrebbe imposto « il trapasso dei poteri a
un direttorio presieduto da Gabriele DʹAnnunzio
e comprendente Mussolini, uomini politici e
uomini dʹaffari privati ». Come possibili
ministri accenna ai nomi di Giovanni Agnelli e
Alberto Pirelli. Il giorno dopo lʹon. Finzi
ripete le stesse cose al sen. Luigi Albertini,
che le riferisce al prefetto Lusignoli (vedi
telegramma) (Ivi, p. 209)
Osserva Alberto Albertini: « [...] la marea
continuò a salire: [...] i capi del fascismo –
Mussolini in testa – cominciarono a maturare
nuovi propositi; non si trattava più di reagire
ai sovversivi, ma dʹimpadronirsi a forza del
Governo e del Paese ». (Ivi, p. 109). « Bisogna
pur dire, però, che Mussolini era
fondamentalmente contrario ad una soluzione
legale e parlamentare. [...] se doveva avere il
potere, lo voleva non ricevere, ma strappare
dalle mani che glielo dovevano affidare. In
realtà, di violenza, di colpi di Stato, di
marce su Roma, non v'era più bisogno. L'antica
tracotanza sindacalista era debellata; lo
sciopero generale organizzato nell'agosto 1922,
pochi giorni prima che mio fratello parlasse al
Senato, aveva suscitato una tale reazione, che
era finito nell'insuccesso ». (Ivi, pp. 210-
11).

3 agosto 1922
Telegramma di Lusignoli al Ministro degli
Interni Taddei. 3 agosto 1922: « Dopo accordi
presi con segretario politico fasci locali ed
onorevole Finzi, in séguito notizie telefoniche
date da capo di gabinetto di accordi che davano
la sicurezza che durante la notte nulla si
sarebbe fatto e tentato, è giunta ai fasci, la
voce da Roma che sciopero proseguiva. Anche
antecedentemente a ciò direttorio fasci locali
era pronto a dimettersi per lasciare libera
l'azione a un comitato segreto, secondo ordini
pervenuti da Roma di occupare tutti capoluoghi
di provincia. La quale determinazione è stata
questa notte comunicata a mezzo di un
proclama ». (Archivio Facta).

4 agosto 1922
I fascisti incendiano la sede dellʹAvanti!.

5 agosto 1922
I fascisti danno lʹassalto a Palazzo S. Giorgio
a Genova.

6 agosto 1922
LʹAvanti! Descrive: « il piano militare del
fascismo, ideato con perizia dai generali ed
ufficiali che dirigono le squadre dʹazione, si
svolge con precisione e con metodo ». [...]
« Tutte queste operazioni sono state concepite
con la piena acquiescenza del Governo, il quale
ha fatto armare, ha fatto viaggiare
gratuitamente, ha sorretto le invasioni. E
quando le popolazioni hanno resistito, ecco le
autoblindate tirare inesorabilmente sugli
assaliti [...]. Finite le operazioni in alta
Italia e nellʹEmilia, le truppe fasciste,
armate forse meglio dellʹesercito regolare,
munite di moschetti forniti evidentemente
dallʹamministrazione militare, equipaggiate e
comandate da ufficiali effettivi, si vanno
ammassando ad Ancona, nella bassa Umbria e
verso Civitavecchia. I capi del fascismo poi
non si stancano di ripetere ovunque che è ormai
la volta di Roma. La capitale è la mèta. La
mèta per lʹesercizio effettivo del potere da
parte dellʹesercito, che ha tanta potenza di
armi, tanti mezzi finanziari ».

7 agosto 1922
Mussolini fa smentire dal direttorio del
partito fascista le notizie dellʹAvanti!, sulla
preparazione di un moto insurrezionale.

8 agosto 1922
"I valori morali della tradizione politica. A
proposito di dittatura" di L. Einaudi. Articolo
di fondo del Corriere della sera a proposito di
unʹimminente insurrezione armata fascista,
scrive: « Ora noi non vogliamo ammettere
neppure per un momento che le voci correnti
possano corrispondere a reali propositi, e che
propositi di tal genere possano trovare il
consenso di coloro che hanno la responsabilità
del movimento fascista ». Rassicurando che
qualora il fascismo fosse entrato nel
gabinetto, e qualche suo compagno fosse stato
messo a capo dei dicasteri più importanti, il
fascismo « avrebbe potuto improntare di se
stesso e dei suoi ideali lʹazione intera del
governo ». [...] « Il paese è ora favorevole ai
fascisti perché essi hanno dato il colpo
decisivo, che lo ha salvato dalla follia e
dalla tirannia bolscevica. Ed è pronto a
consentire ad essi per le vie legali lʹascesa
al potere, quando essi dimostrino di essere
atti ad esercitarlo. Sinora sappiamo che essi
hanno fervore di azione, che essi amano
intensamente la nazione, che essi la vogliono
salva dalle malattie distruttive; che essi
vogliono dare a tutti i cittadini la libertà di
vivere e di agire e di pensare, fuori della
mortificante cappa di piombo della tirannia
socialista. Per quanto essi hanno fatto per
ridare tonalità al paese, per trarlo fuori dal
brutto materialismo ventraiolo denigratore
della guerra combattuta, della vittoria
ottenuta, dei valori spirituali della nostra
stirpe, tutti siamo loro grati ». Il Corriere
conclude indicando la strada maestra dello
Statuto come la strada più sicura, quella che
« corrisponde ai valori spirituali, alla
tradizione ed alla continuità della storia
nazionale », e ammonendo che, « in politica, le
creazioni nuove non hanno probabilità di
vita... ».

10 agosto 1922
Episodio riportato da Alberto Albertini: « Il
10 agosto mio fratello, recatosi a Roma per la
riapertura parlamentare, assisteva dalla
tribuna dei Senatori, a Montecitorio, a scene
disgustose: i fascisti Giunta e Finzi che
minacciavano di sparare sui comunisti, tumulti
d'ogni genere, e, in mezzo a tutto questo, il
presidente De Nicola che se ne andava. Dei
principali uomini di Governo, benchè già prima
si prevedesse una seduta d'importanza
eccezionale e forse decisiva per l'avvenire,
non uno era presente ». (Op. cit., p. 209)

18 agosto 1922
L'autorevole economista liberale Attilio
Cabiati, a proposito della contribuzione
fiscale gravante sulla borghesia medio-alta,
possidente e produttiva: « Nella relazione del
Direttore generale delle imposte dirette, comm.
DʹAroma, risultano le seguenti verità
importanti: 1) I proprietari fondiari sono
colpiti su un reddito gravemente inferiore a
quello reale; 2) Essi poi non pagano un
centesimo sui redditi di R.M. [Ricchezza
Mobile], che ricavano quali coltivatori diretti
dei propri fondi. 3) I professionisti
denunciano e pagano su un reddito che, a dir
molto, è un quinto di quello effettivo. E così
pure una parte cospicua degli industriali
singoli – cioè non costituiti in società –
nonché dei commercianti e degli intermediari;
4) Su tutte queste iniquità si asside lʹimposta
complementare... che costituisce una bazza per
i detentori di titoli mobiliari; 5) I quali
ultimi, poi, godono di un regime di favore per
il facile occultamento, in materia dʹimposte
sulle successioni. In queste condizioni,
dunque, non è esatto parlare di eccessivo
carico tributario, ma bensì solo di
sperequazione di esso. Da che deriva una
conseguenza molto importante. Lʹordine del
giorno dei banchieri e la lettera del comm.
Banchini, implicitamente vogliono arrivare alla
conclusione che se da ora in poi si avrà
bisogno di nuove entrate, si dovrà ricorrere
alle imposte indirette... Le imposte sui
consumi, grazie alla tariffa doganale, sono
diventate abbominevoli... ». Gli alti prezzi,
sottolinea lʹeconomista, sono dovuti alla
tariffa doganale che aumenta dal 20% al 90% il
valore del prodotto, e sono ispirati alla
« difesa concessa unicamente per dare a talune
categorie di cittadini il diritto di prelevare
una taglia sulla collettività ». (A. Cabiati,
ʺPagare le tasseʺ, in La Stampa del 18 agosto
1922).
(continua)

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 23, 2022, 2:43:16 AM10/23/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 6)

29 agosto 1922
La Direzione del Partito fascista affida a
Massimo Rocca e Ottavio Corgini la elaborazione
e la formulazione di un programma economico-
finanziario ufficiale che appare sul Popolo
dʹItalia del 29 agosto. Il programma si ispira
ai più aperti principi liberistici: iniziativa
privata, abolizione della iniziativa
parlamentare in materia di nuove spese,
cessione ai privati delle aziende di Stato,
prevalenza delle imposte sui consumi rispetto a
quelle sul capitale e sul reddito.

6 settembre 1922
Il Corriere esprime grandi elogi alla relazione
del partito fascista del 29 agosto. In un
editoriale, intitolato « Riabbeverarsi alla
sorgente », il maggiore giornale italiano
scrive: « La gioventù nuova italiana è
antisocialista perché è anche contraria a
quella degenerazione economicamente adiposa e
politicamente opportunistica della borghesia
che aveva fatto disperare dellʹavvenire del
Paese i pochi uomini generosi sopravvissuti
alla incontrastata vittoria dellʹopportunismo
prima della guerra. Oggi la gioventù, talvolta
senza saperlo, è francamente tradizionalista.
Rimonta alla sorgente, sʹabbevera di nuovo alle
eternamente fresche acque della scienza
classica e della storia paesana ». Il nuovo
programma del partito fascista è « un esempio
di questo ritorno alla sorgente »; esso mette
finalmente termine « alla grottesca farsa per
cui i cosiddetti liberali andavano a gara nel
rinunciare alla propria ragion dʹessere e nello
scimmiottare i socialisti, frenetici di
arrivare prima di questi ad anticipare
lʹattuazione del verbo socialista »; è un
programma « rettilineo, nettamente
antisocialista ». Lʹarticolo si conclude:
« Questo giornale, che, senza pretendere di
guidare nessun partito, pone il suo punto di
onore nellʹagitare idee, è lieto che un
partito, qualunque ne sia il nome, ritorni alle
antiche tradizioni liberali, si riabbeveri alla
sorgente immacolata di vita dello Stato moderno
e augura che esso non degeneri e concorra ad
attuare seriamente il programma liberale, senza
contaminarlo con impuri contatti ».

15 settembre 1922
Risposta del prefetto di Brescia al telegramma
del ministro degli Interni Taddei del 4 agosto
1922: « Azione da V.E. richiesta è stata da me
lungamente esercitata e continuo esercitarla
con le dovute cautele. Credo anzi questa
provincia avere già raggiunti risultati
notevoli. Ritengo però doveroso comunicare V.E.
che è convinzione assai diffusa, orientamento
gruppo industriali per sovvenzioni continuative
e per contributi straordinari derivi
dallʹazione di un ristrettissimo gruppo di noti
industriali aventi sede Milano arricchitisi
straordinariamente durante periodo bellico.
Questo gruppo anzi avrebbe, a suo tempo,
addirittura provveduto per tutte le prime
organizzazioni e le spese iniziali del
movimento, mentre singoli componenti di esso,
guidati da motivi di personale vendetta,
avrebbero in alcune occasioni versate somme
notevoli. Prefetto Demartino ». (In A.C.S. Min.
Int. Sez. P.S. Fasc., Affari generali, 63).

16 settembre 1922
Risposta del prefetto di Genova al telegramma
del ministro degli Interni Taddei del 4 agosto
1922: « Assicuro V.E. che già da tempo mi sono
adeguato nel senso indicato nel telegramma cui
rispondo. Purtroppo però in alcuni industriali
e commercianti non sono sbolliti certi
entusiasmi fallaci e continuano a contribuire
nelle spese. Altri invece sono i più rispondono
effettivamente alle richieste più per paura che
per convinzione. Non mancherò tuttavia di
continuare personalmente e con ogni cautela
nellʹazione persuasiva del caso. Prefetto
Poggi ». (In A.C.S. Min. Int. Sez. P.S. Fasc.
Affari generali, 63).

20 settembre 1922
Discorso di Mussolini a Udine:
« ... Dobbiamo imporre a noi stessi la più
ferrea disciplina, perché altrimenti non avremo
il diritto di imporla alla Nazione. [...] La
disciplina deve essere accettata. Quando non è
accettata, deve essere imposta. [...] Ad un
dato momento bisogna che la disciplina si
esprima, nella forma, attraverso un atto di
forza e di imperio. [...] parlo per i fascisti
di tutta Italia, i quali se un dogma debbono
avere, questo deve portare un solo chiaro nome:
disciplina! [...] noi non siamo capi come tutti
gli altri, e le nostre forze non possono
portare affatto il nome di gregge. Noi siamo
una milizia, ma appunto perché ci siamo data
questa speciale costituzione, dobbiamo fare
della disciplina il cardine supremo della
nostra vita e della nostra azione. E vengo alla
violenza. La violenza non è immorale. La
violenza è qualche volta morale... Quando la
nostra violenza è risolutiva di una situazione
cancerosa, è moralissima, sacrosanta, e
necessaria. [...] La violenza che non si spiega
deve essere ripudiata. C'è una violenza che
libera e una violenza che incatena; c'è una
violenza che è morale e una violenza che è
stupida e immorale. Bisogna adeguare la
violenza alla necessità del momento, non farne
una scuola, una dottrina, uno sport. [...] Il
nostro programma è semplice: vogliamo governare
l'Italia. Ci si dice: « Programmi? » Ma di
programmi ce ne sono anche troppi. [...] È
possibile – ecco il quesito – una profonda
trasformazione del nostro regime politico senza
toccare l'istituto monarchico? È possibile,
cioè, di rinnovare l'Italia non mettendo in
gioco la monarchia? quale è l'atteggiamento di
massima del fascismo di fronte alle istituzioni
politiche?
Il nostro atteggiamento di fronte alle
istituzioni politiche non è impegnativo in
nessun senso. [...] Questo in tesi di massima.
Ora io penso che si possa rinnovare
profondamente il regime, lasciando da parte la
istituzione monarchica. [...] Noi, dunque,
lasceremo in disparte, fuori del nostro gioco
che avrà altri bersagli visibilissimi e
formidabili, l'Istituto monarchico, anche
perché pensiamo che gran parte dell'Italia
vedrebbe con sospetto una trasformazione del
regime che andasse fino a quel punto. [...] In
fondo io penso che ormai la monarchia non ha
alcun interesse ad osteggiare quella che ormai
bisogna chiamare la rivoluzione fascista. Non è
nel suo interesse, perché se lo facesse,
diverrebbe subito bersaglio, e se diventasse
bersaglio, è certo che non potremmo
risparmiarla perché sarebbe per noi una
questione di vita e di morte. [...] Ormai le
cose sono molto chiare. Demolire tutta la
superstruttura socialistoide-democratica.
Avremo uno Stato che farà questo semplice
discorso: « Lo Stato non rappresenta un
partito, lo Stato rappresenta la collettività
nazionale, comprende tutti, supera tutti,
protegge tutti e si mette contro chiunque
attenti alla sua imprescrittibile sovranità ».
[...] Ecco perché noi vogliamo spogliare lo
Stato di tutti i suoi attributi economici.
Basta con lo Stato ferroviere, con lo Stato
postino, con lo Stato assicuratore. Basta con
lo Stato esercente a spese di tutti i
contribuenti e aggravante le esauste finanze
dello Stato italiano.
(continua)

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 23, 2022, 8:56:22 AM10/23/22
to
Il giorno sabato 22 ottobre 2022 alle 14:33:36 UTC+2 Sargon ha scritto:

> > Già nel 1921 c'è chi parlò di fascismo come
> > « milizia di classe »:

> > Chi scrive non è un socialista né un comunista,
> > ma un repubblicano.

> Devo comunicare una correzione su quanto sopra
> riportato.
> Scrive De Falco (1921), alcune pagine più
> avanti (ed. 2005, p. 61): « Il socialismo – e
> chi scrive si onora di professare dottrine
> socialistiche, seppure non sia inquadrato, ora,
> né nel partito Ufficiale, né altrove [...] ».

Giuseppe De Falco fu repubblicano in gioventù e
poi socialista. Vicino alle posizioni di
Mussolini, collaborò al quindicinale
«Utopia», diretto dallo stesso Mussolini.
All'espulsione di Mussolini dal PSI si schierò
su posizioni mussoliniane. Nel marzo 1915
divenne capo redattore del Popolo d'Italia e
contribuì alla direzione del giornale quando
anche Mussolini fu richiamato alle armi. Di
quegli anni l'amicizia con Filippo Corridoni e
Alceste De Ambris. Benché deciso interventista,
non seguì Mussolini nel suo progressivo
distacco dai socialismo, fino alla rottura con
Mussolini seguita dall'allontanamento dal
"Popolo d'Italia" nel febbraio 1918.

Vd. Dizionario Biografico degli Italiani
Treccani:
https://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-de-falco_%28Dizionario-Biografico%29/

Ho riletto il saggio di De Falco, raccolto nel
volume "Il fascismo e i partiti politici
italiani. Testimonianze del 1921-1923", curato
da Renzo De Felice (Boogna, Cappelli Editore,
1966; Firenze, Le lettere, 2005), per
controllare altre eventuali sviste. Saggio
davvero interessante, come altri in esso
contenuti ed ormai celebri, perché
rappresentano il primo tentativo documentato di
comprendere il fascismo quando ancora non era
salito al potere, o lo era da poco.

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 23, 2022, 10:43:11 AM10/23/22
to
Il giorno giovedì 20 ottobre 2022 alle 18:56:38 UTC+2 Sargon ha scritto:

> Già nel 1921 c'è chi parlò di fascismo come
> « milizia di classe »:
> [...]
> (Giuseppe De Falco, "Il fascismo milizia di
> classe", Cappelli, Bologna, 1921, pagg. 14-15).

De Falco inizia così il suo saggio:
Nel suo discorso elettorale del 5 maggio 1921,
un eminente uomo politico si compiaceva di
veder sventolare intorno a sé il tricolore
nazionale, che, sino allora, pareva bandito
nelle dimostrazioni di popolo; e si compiaceva
di vederlo sventolare « là dove pareva fosse
esiliato per sempre, mentre le schiere di
coloro che si erano illusi di rinnovare in
Italia la rivoluzione russa, sono scompigliate,
disorientate, divise ».
Ma l'oratore – ed è qui l'importanza delle sue
parole ai fini della mia trattazione – volle
spiegare il ritorno del tricolore dopo l'orgia
di rosso, ed aggiunse: « I giovani, i quali,
con tutte le esuberanze e talvolta gli eccessi,
che sono i doni e i pericoli della gioventù,
hanno iniziato questa rinascita dello spirito
nazionale, mi permetteranno di dire con
franchezza che questa mutazione profonda
trascende la loro opera, perché ha origine
nelle stesse reazioni naturali del nostro
complesso organismo sociale ed economico. Chi
confondesse queste reazioni naturali e
spontanee con i recenti episodi della lotta
elettorale, dimostrerebbe di ridurre a un
problema di polizia il più significativo fatto
della politica italiana ». Dopo questo mònito,
il discorso fascista continuò con questa
dichiarazione:
« Chi attribuisce alla lotta odierna il crollo
di ciò che vi era di torbido e di violento nel
socialismo italiano, e sospetta congiure
tenebrose contro l'ascesa delle classi
lavoratrici è del tutto fuori della realtà.
L'avvenimento supera l'episodio. È l'Italia in
tutti i suoi strati più sani, è l'Italia dei
lavoratori, di tutti i forti tenaci schietti
lavoratori, che vogliono la disciplina nel
lavoro e la giustizia nella distribuzione; è
l'Italia con tutte le sue fedi, con tutti i
suoi ideali, non esclusi quelli che mirano
all'ascesa del proletariato per le giustizie
avvenire; è l'Italia che non rinnega la sua
vittoria, ma trae dal sacrificio il titolo
della sua nuova fortuna, è questa Italia dalle
molte vite che si eleva a fugare il sogno
mostruoso del terrorismo bolscevico e a
ricondurre negli spiriti il proposito
dell'ordinato progresso, la fede nei nostri
istituti democratici, che sono presidio e
garanzia della libertà di tutti ».
L'oratore, come è chiaro nei periodi che ho
riportato, non seppe trovare una spiegazione
storica del movimento fascista e si limitò a
forgiarne una lirica; cioè immaginò un fascismo
che non era l'autentico, gli assegnò compiti
che non furono mai assolti, cercò di
nobilitarlo come prodotto idealistico e scordò
– per necessità di polemica – una modesta
constatazione di cronaca; questa: il fascismo
dimostrò tutta la sua efficienza distruggitrice
proprio dopo che, nel Congresso Nazionale
Socialista di Livorno, il massimalismo,
trapiantato in Italia dalla Russia, subiva una
irreparabile sconfitta; qualche mese dopo che
il tentativo di occupazione delle fabbriche
dimostrava tutta la inanità d'un metodo che non
aveva conforto di dottrina e che però si
risolveva in un clamoroso fallimento; dopo che
la calma era rientrata negli spiriti dei
lavoratori, esagitati dalla lunga spasmodica
tensione bellica; in somma il fascismo iniziava
le azioni « a grande stile » proprio quando il
proletariato riconduceva la sua lotta nel
vecchio sicuro àlveo: quello della lotta di
classe, che tesaurizza opportunamente le
adduzioni dello sviluppo economico e non
pretende di mutare il corso della storia con
improvvisazioni volontaristiche.
Sotto questo aspetto, dunque, il dilagare della
violenza fascistica fu tardivo! Assai prima si
sarebbe meglio compreso.

Scrive più avanti De Falco:
Il fascismo « fu strumento di Giolitti in una
elezione generale condotta con metodi di
violenza; fu violentatore di ogni libertà di
coscienza allor che si servì del terrore per
strappare qualche seggio in Parlamento; non
ebbe mai un'idea sua propria neanche mediocre;
si limitò a giustificare le proprie gesta col
ricordo lontano di violenze massimalistiche, le
quali, ad ogni modo, non giunsero mai a
sistematiche uccisioni, incendi, brutalità
contro inermi, contro donne, contro fanciulli.
Esaltatore del coraggio, il fascismo l'ebbe,
sì, un coraggio leonino: quello di compiere le
sue gesta con la matematica sicurezza della
protezione poliziesca e giudiziaria.
Ebbe le sue vittime, certo; ma i più non ebbero
– nella grande maggioranza de' casi – neanche
l'incomodo del più innocuo fra i mandati di
comparizione! Strano idealismo quello
fascistico se le manifestazioni sue devono
subordinarsi all'approvazione della pubblica
sicurezza! ».

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 23, 2022, 5:19:28 PM10/23/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 7)

25 settembre 1922
"La Confederazione dell'Industria e i problemi
del momento". In una riunione tenuta a Milano,
la Giunta esecutiva della Confindustria approva
un ordine del giorno nel quale, dopo aver
riconfermato il concetto secondo il quale non
si può riconoscere ad alcuna organizzazione il
monopolio della rappresentanza operaia né nei
confronti degli industriali né degli enti e
consigli del lavoro, prende atto che il
sentimento e la coscienza degli interessi
nazionali vanno sempre più affermandosi fra le
masse operaie e che si incomincia a rendersi
conto come i problemi della produzione della
ricchezza precedono, specie in tempi di
depressione economica, quelli della sua
divisione. Dichiara che non è possibile sperare
in un risanamento del bilancio dello Stato,
finché lo Stato non abbandoni molte di quelle
funzioni che è venuto sottraendo negli ultimi
anni alla privata iniziativa per cedere a
quella pericolosa tendenza monopolizzatrice,
causa della disorganizzazione dei servizi
pubblici e del crescente disavanzo del bilancio
statale. Formula infine voti perché nel campo
delle assicurazioni vita si faccia ritorno alla
iniziativa privata. (Corriere della Sera del 26
settembre 1922).

27 settembre 1922
"Parole e fatti". Nell'articolo L. Einaudi
prima rimprovera ai fascisti senesi di imporre
manodopera agli agrari, con atti che « non sono
ancora così anticlassisti, antiegoistici, come
le parole ed i programmi dei fascisti
responsabili ». Subito dopo riconosce che: « Il
programma del fascismo è nettamente quello
liberale della tradizione classica ». Dopo aver
ricordato il programma economico di Udine
esposto da Mussolini (« Noi vogliamo spogliare
lo Stato di tutti i suoi attributi economici.
Basta con lo Stato ferroviere, con lo Stato
postino, con lo Stato assicuratore. Basta con
lo Stato esercente a spese di tutti i
contribuenti italiani ed aggravante le esauste
finanze dello Stato italiano ») esclama: « Ben
detto: ripetere alle immemori generazioni
imbevute di mortificanti dottrinette
socialistiche e statolatre gli insegnamenti di
Adamo Smith [...] è sempre un merito
grandissimo. È altrettanto importante creare le
dottrine – e questo fecero i liberali classici
– quanto il tornare ad attuarle; e questo
sarebbe il compito che il fascismo italiano si
è proposto in Italia nel momento presente ».
E più oltre: « Ciò che importa è creare una
nuova classe politica. Quella attuale [...] è
stracca, sciupata, vinta. Essa negli ultimi
tempi "ha condotto sempre una politica di
abdicazione di fronte a quel fantoccio gonfio
di vento che era il socialpussismo italiano".
Giusto. Bisogna creare una nuova classe
politica, forte, consapevole dei bisogni e
delle energie del paese, risoluta a condurre
l'Italia di Vittorio Veneto verso i suoi alti
destini. Nella creazione di questa nuova classe
politica l'on. Mussolini fa consistere il
compito del fascismo ». I fascisti « possono
rendersi benemeriti se concorreranno a formare
uomini migliori di quelli appartenenti alla
generazione politica ancora dominante. Per
riuscire però nell'intento, occorre che essi
ripudino risolutamente la lamentevole usanza
della generazione che tramonta di predicare il
liberalismo e di attenersi al socialismo, di
distinguere tra la teoria e la pratica, di
proclamare l'impero degli interessi collettivi
e di rendere ubbidienza alle prepotenti
esigenze locali ». (Dal Corriere della Sera del
27 settembre 1922)

1° ottobre 1922
Occupazione fascista di Bolzano.

3 ottobre 1922
Occupazione fascista di Trento.

12 ottobre 1922
Telegramma del prefetto Lusignoli a Facta:
« [...] Ieri ho richiamato Albertini, cui
espressi mio vivo rammarico per attacchi alla
tua persona. Ha riconosciuto verità mie
asserzioni e mi ha promesso un articolo che
oggi è apparso sul Corriere. È molto deferente
per te ed anche laudativo; la tesi sostenuta è
la necessità di risolvere subito la pericolosa
situazione. Ho riparlato con Mussolini che ha
confermato suoi propositi che ti comunicai; ma
anche egli vuole che si faccia presto. Opinione
generale predominante è necessità di incanalare
al più presto fascismo, tanto più perché
massimalisti e comunisti preparano riscossa; io
li sorveglio attivamente ed ho dato
disposizioni inequivocabili; ma situazione non
si risolve con misure di pubblica sicurezza ».

12 ottobre 1922
Mussolini decide di passare all'azione.

15 ottobre 1922
Luigi Federzoni risponde alle esigenze della
Confindustria nel discorso al Lirico di Milano:
due giorni prima che i rappresentanti dei
padroni del vapore incontreranno quelli
fascisti. (L. Federzoni, Presagi alla nazione,
pag. 328 segg.).

16 ottobre 1922
Riunione convocata da Mussolini e iniziata alle
ore 15 nella sede del Direttorio del Fascio in
via S. Marco 16, per stabilire l'attuazione
della marcia su Roma. Partecipanti: Mussolini,
De Vecchi, De Bono, Balbo e i generali Fara e
Ceccherini. Secondo Mussolini la situazione sta
precipitando; non si può attendere una
soluzione parlamentare che sarebbe « contro lo
spirito e gli interessi del fascismo ». E
ancora: « le manovre di questi giorni servono
di diversivo per l'opinione pubblica e per lo
stesso governo ».

17 ottobre 1922
Dei contatti tra fascisti e industriali abbiamo
notizia da una lettera del prefetto Lusignoli a
Facta. Milano 17 ottobre 1922: « Carissimo
Facta, ti confermo il mio telegramma – ho
pregato Mussolini di venire da te per chiarire
le divergenze fra lui e Bianchi. Mi ha risposto
essergli impossibile pur essendo dolente, di
venire a Roma, perché ha impegni
imprescindibili a Milano. Allora gli ho parlato
delle differenze di opinione e di condotta. Mi
ha risposto che le divergenze sono appianate,
perché Bianchi ha completamente acceduto alle
sue idee, specie per quanto riguarda la
costituzione del Ministero cosiddetto
elettorale, presieduto da Giolitti – io gli ho
detto che rimanevo dubbioso delle sue
affermazioni – allora per telefono ha fatto
chiamare Bianchi il quale mi ha dichiarato che
nessuna divergenza vi è più tra lui e
Mussolini, dato che ora i popolari sono
disposti ad accedere alla modificazione della
legge elettorale – entrambi desiderano una
crisi extraparlamentare per far cessare al più
presto questa situazione. Ho detto loro che
questa soluzione potrebbe trovare ostacoli. Mi
hanno risposto che non dubitano della tua
lealtà e dellʹamore che hai pel paese; non
dubitano perciò che alla Camera dato che non si
possa fare la crisi extraparlamentare, tu farai
dichiarazioni tali da provocare senzʹaltro la
crisi – hanno aggiunto che qualora tu addivenga
allʹidea di una crisi extraparlamentare questa
non dovrebbe farsi prima del 24 corrente,
giorno in cui a Napoli tengono la riunione del
loro consiglio nazionale, che delibererà la
collaborazione dei fascisti al Governo. Michele
Bianchi riparte domani sera per Roma, e, se tu
lo crederai, lo potrai chiamare e ti confermerà
quanto io ti comunico. Una commissione di
industriali (Targetti, Olivetti, Benni,
Pirelli, Ponti ed altri minori) mi ha chiesto
udienza per esporre le loro gravissime
preoccupazioni sulla situazione finanziaria e
sul fascismo, che ritengono debba essere subito
incanalato; temono che un qualsiasi ritardo
possa provocare una gravissima crisi di cui non
si possono calcolare le conseguenze. – Mi hanno
vivamente pregato di farti presente questo loro
stato dʹanimo che risponde alla reale
situazione del paese. Vogliono al Governo
uomini che risollevino la nazione dal marasma
che compromette i nostri rapporti con lʹestero
– naturalmente io mi sono limitato a rispondere
che, così come essi me ne rivolgevano
preghiera, avrei a te riferito quanto mi
avevano detto – in questo momento apprendo da
fonte sicurissima ed ineccepibile che domani
alle 15 vi sarà una riunione fra i
rappresentanti industriali e i rappresentanti
fascisti. Lo scopo della riunione è di
accordarsi per superare questo momento tanto
difficile – alle riunioni interverranno anche
Mussolini e Bianchi che certamente sosterranno
il loro punto di vista sia nei riguardi della
Camera sia nei riguardi del Governo ».
(Archivio Facta).

(continua)

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 24, 2022, 6:03:54 AM10/24/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 8)

17 ottobre 1922
Milano. Ordine del giorno approvato dalla
Federazione Industriale Lombarda riunita a
convegno: « Il convegno degli industriali,
indetto dalla Federazione industriale lombarda
per trattare dei pubblici servizi, presenti le
rappresentanze di tutte le organizzazioni
industriali dʹItalia e numerosi senatori e
deputati; 1) afferma che primo e supremo
interesse di ogni ordine di cittadini è il
raggiungimento del pareggio del bilancio dello
Stato, condizione sine qua non per la
ricostruzione economica del paese; 2) afferma
inoltre come, mentre il disordine in cui si
trovano i pubblici servizi ostacola il normale
svolgimento delle industrie e dei commerci, il
loro costo eccessivo per il peso che porta
allʹerario, per lʹinfluenza che esercita su
tutti gli altri rami dellʹamministrazione,
costituiscono il principale impedimento al
pareggio del bilancio dello Stato; 3) afferma
pure che il risanamento dei servizi pubblici,
oltre che dalla semplificazione e dallʹeconomia
in tutti i rami, è strettamente dipendente dal
ristabilimento della disciplina gerarchica, dal
senso della responsabilità e da un giusto
rapporto tra la qualità del lavoro, la sua
durata e il suo compenso; 4) deplora lʹinerzia
del Governo che, fuori dallo scioglimento del
Consorzio autonomo del porto di Genova, nulla
fece finora per portare i primi rimedi alle
deplorevoli condizioni dellʹazienda
ferroviaria, già da sei mesi denunziate in
Parlamento; e constatando come lʹesercizio di
tali servizi affidato in altri paesi e in
qualche ramo anche nel nostro, allʹindustria
privata, conduca più facilmente a ben
differenti risultati; 5) invoca che anche in
Italia, al di sopra di ogni demagogico
opportunismo, venga coraggiosamente affrontato
il passaggio allʹindustria privata dei servizi
industriali, per portarli allʹaltezza delle
legittime esigenze del paese, e togliere ai
bilanci statali il peso dellʹattuale grave
disavanzo ». ("Una riunione di industriali a
Milano per il pareggio del bilancio dello Stato
e i servizi pubblici", Corriere della Sera del
18 ottobre 1922).

19 ottobre 1922
Sui movimenti e i finanziamenti ai fascisti,
Lettera del generale Cittadini, aiutante di
campo di Vittorio Emanuele III, a Facta, 19
ottobre 1922: « Eccellenza, persona che non
vuole essere nominata e merita di essere
ritenuta attendibile ha fatto avere a S.M. il
Re notizie le quali danno conferma alle voci
corse in questi ultimi tempi circa un colpo di
mano che verrebbe prossimamente tentato su
Roma. Notizie dʹaltra fonte, provenienti
dallʹambiente bancario di Zurigo, che non
sarebbe estraneo alla provvista dei fondi per
il movimento di cui si tratta, sono parimenti
venute a conoscenza di S.M. il Re e concorrono
a dare credito alle informazioni della persona
suddetta. Le date, indicate come possibili,
sono quelle del 24 ottobre e del 4 novembre; in
ogni modo, prima dellʹapertura della Camera.
Sua Maestà il Re mi dà incarico di farle queste
comunicazioni per quel valore che possono
avere. [...] Arturo Cittadini ». (Archivio
Facta).

26 ottobre 1922
Cesare Rossi ricorderà di quei giorni:
« Mussolini ricevette una rappresentanza della
Confederazione dellʹindustria, capitanata da
Benni e Alberto Pirelli, assicurando il
padronato italiano che lʹobiettivo
dellʹimminente azione fascista era il
ripristino della disciplina, soprattutto nelle
officine, e che nessuna stravaganza sarebbe
stata commessa ».
Sappiamo quando avvenne l'incontro da Alberto
Pirelli che ricorda il giorno in cui parlando
davanti al duce, in occasione dellʹassemblea
dellʹAssociazione fra le società per azioni, di
cui era presidente, disse: « Il 26 ottobre
1922, un gruppo di uomini, che oggi sono tutti
qui presenti, andarono da Benito Mussolini al
Popolo dʹItalia, in via Lovanio, a
confermargli, quali interpreti degli ambienti
direttivi della produzione e degli scambi, i
gravissimi danni derivanti allʹeconomia
nazionale dallo stato di confusionismo
anarchico in cui versava il paese dopo la
mutilazione della Vittoria, ed insieme ad
esporgli talune particolari preoccupazioni del
momento, in rapporto allʹandamento del credito,
al corso dei titoli di Stato, al credito del
paese verso lʹestero. Il Duce interrogò,
rispose, ci trattenne a lungo; e quelli del
gruppo che non avevano mai avvicinato prima di
allora il Capo del grande movimento
rivoluzionario in atto, restarono ammirati di
trovare un uomo che i problemi in questione
discuteva con grande ponderazione, con vivo
senso della loro importanza e complessità
rivelando la volontà di dominare anche questa
materia ».

28 ottobre 1923
In un articolo commemorativo della « marcia su
Roma », sulla Idea nazionale, Alfredo Rocco
racconta che la mattinata del 28 ottobre
dellʹanno prima, dopo aver visto Mussolini
nella sede del Popolo dʹItalia si recò a
telegrafare a Roma: « Erano con me – scrive
Rocco – gli onorevoli Benni e Olivetti. In
Prefettura trovammo lʹon. De Capitani e i
senatori Conti e Crespi ».
Giuseppe De Capitani: presidente della Cassa di
Risparmio, ministro dellʹAgricoltura nel primo
ministero Mussolini. Silvio Crespi:
comproprietario di alcuni fra i maggiori
complessi cotonieri lombardi e presidente della
Banca Commerciale Italiana. (Ernesto Rossi,
"Padroni del vapore e fascismo")

28 ottobre 1922
Cesare Rossi ricorda che nella tarda serata si
incontra nuovamente in prefettura a Milano con
gli onorevoli Benni ed Olivetti.

29 ottobre 1922
Conversazione telefonica, alle ore 12 circa,
tra il sen. Albertini e lʹex capo gabinetto
dellʹon. Salandra, comm. DʹAtri (a Roma). Dalla
prefettura di Milano, il direttore del Corriere
avverte che Mussolini è deciso a non entrare in
un ministero Salandra; non si muoverà da Milano
fino a quando il re non gli avrà dato il
formale incarico di comporre il ministero.
« Bisogna che si decidano – sollecita il sen.
Albertini – che diano lʹincarico, oppure
lasciar andare tutto alla malora ».

29 ottobre 1922
Scrive Ernesto Rossi: Quale parte determinante
svolsero a Milano, il 29 ottobre, i padroni del
vapore risulta anche dalla ricostruzione che di
quegli avvenimenti fece, nel 1936, Angelo
Tasca: « Mentre a Roma si insegue il miraggio
di una soluzione Salandra, a Milano si lavora
seriamente per una soluzione Mussolini. Attive
conversazioni si svolgono tra Mussolini, il
prefetto Lusignoli e i dirigenti della
Confederazione generale dellʹindustria, i
deputati A. Stefano Benni e Gino Olivetti. I
dirigenti dellʹAssociazione bancaria, che
avevano versato 20 milioni per finanziare la
« marcia su Roma », e quelli della
Confederazione dellʹindustria e della
Confederazione dellʹagricoltura telegrafano a
Roma per avvisare Salandra che la situazione
non permette altro sbocco che un governo
Mussolini. Il sen. Conti, grande magnate
dellʹindustria elettrica, e il sen. Albertini,
direttore del Corriere della Sera, al quale
lʹindomani i fascisti impediranno di uscire,
telegrafano da parte loro a Facta per pregarlo
di chiedere al re di affidare a Mussolini la
formazione del ministero ».
Siccome Tasca non precisa, nel libro, la fonte
da cui aveva ricavato la notizia del
finanziamento effettuato dallʹAssociazione
bancaria, gli scrissi per chiedergli da chi
lʹaveva avuta. Dopo aver consultato i suoi
appunti, Tasca mi rispose che suo informatore
era stato Carlo Rosselli: « Il dr. Fenoglio
aveva fatto a Rosselli questa confidenza: nella
cassaforte dellʹAssociazione bancaria italiana,
nel giugno-luglio 1924, era conservata ancora
la lista di una sottoscrizione di venti milioni
per la ʹmarcia su Romaʹ ».

29 ottobre 1922
Cesare Rossi ricorderà che gli onorevoli Benni
ed Olivetti erano pure presenti con lui e
Mussolini « in treno, mentre era in viaggio
verso la capitale ».

30 ottobre 1922
Mussolini vieta l'uscita del Corriere della
sera.
(continua)

Saluti
Sargon

Parvus

unread,
Oct 25, 2022, 5:36:32 AM10/25/22
to
Direi che il presente ha una peculiarità e merita un
discorso a parte.
Sicuramente Giuseppe De Falco ha delle ragioni.
Come vi erano delle ragioni nell'analisi dell'anonimo
oratore fascista che ha esposto una spiegazione
meccanicista degli avvenimenti.
Certamente a cavallo fra il 1920 e il 1921 ci fu una
svolta epocale.
Quasi sicuramente i contemporanei rimasero
allibiti di fronte al repentino cambiamento di scenario
fra il settembre 1920, in cui molti avranno avuto la
percezione di essere alla vigilia della presa del palazzo
d'inverno, e l'erompere vittorioso nella primavera
successiva di un partito antisocialista.
Non so se altri abbiano già rilevato un fatto: Con la
fine dell'avventura fiumana, a cavallo fra il venti e il
ventuno, migliaia di legionari tornarono alle loro case
Certamente non tutti aderirono al fascismo, ma è
indubitabile che le squadre d'azione ebbero una
iniezione di uomini decisi e capaci.
Bisognerebbe discutere su un punto: La violenza
fascista fu pura vendetta?
Oppure il fascismo sfruttò un istante di debolezza
dei suoi avversari per colpirli e impedirgli di rialzare
la testa? Oppure ancora, il fascismo fu un movimento
rivoluzionario che si scontrò contro un'altra forza
rivoluzionaria?
Ma forse i tre fattori si intersecano.

Sargon

unread,
Oct 25, 2022, 8:36:21 AM10/25/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 9)

30 ottobre 1922
Prima ancora che il nuovo Governo entri in
carica, la Confindustria invia il seguente
messaggio alle organizzazioni dipendenti: « Il
nuovo governo e stato costituito! Esso viene
dalle forze giovani della Nazione ed è dominato
dalla volontà del loro Capo. A questi si deve
guardare con ferma speranza, in unʹora in cui i
problemi economici e finanziari dʹItalia sono
come non mai assillanti e tormentosi. Le forze
produttive della Nazione avevano necessità di
un governo che assicurasse una volontà ed
unʹazione. Questo governo ci è oggi promesso da
chi è stato chiamato a formarlo dalla fiducia
del Re. La classe industriale, pronta a
qualunque sacrificio, deve appoggiare questo
sforzo verso una sistemazione in cui si
proclamano alfine il diritto della proprietà,
il dovere per tutti del lavoro, la necessità
della disciplina, la valorizzazione delle
energie individuali, il sentimento della
Nazione; in cui si riconoscono la importanza e
lʹinfluenza, al di sopra delle correnti
parlamentari, delle classi che, forse
modestamente e forse oscuramente, ma certo
nobilmente e fattivamente, preparano la
rinascita economica dellʹItalia. Lo spirito e
lʹentusiasmo, la fiducia in se stesso, che
Paese, nella sua compattezza, dimostra in
questi giorni, sono la migliore prova per gli
italiani e per gli stranieri, che è certo il
risorgere dellʹItalia. Per tale certezza
continui più intenso, più sicuro, più grato il
lavoro ».

31 ottobre 1922
Ettore Conti annota nel suo diario: « In questi
ultimi tempi ho potuto seguire il corso degli
avvenimenti, perché, come Presidente della
Associazione delle Anonime, ho veduto parecchie
volte il Mussolini. Scopo delle mie visite, il
tentare di frenare il movimento rivoluzionario;
dovevo anche esporgli un programma di
ricostruzione economica e di riassetto del
bilancio statale, secondo direttive di
decentramento e di sburocratizzazione, che ho
poi udito riaffiorare nel discorso di Udine ».
(E. Conti, op. cit., pagg. 298-299).

1° novembre 1922
Un comunicato dellʹagenzia Volta, a proposito
della soluzione della crisi e del ruolo svolto
dalla Confindustria, afferma: « Negli ambienti
industriali lʹavvento del ministero Mussolini è
accolto con viva simpatia e con grande fiducia.
La Confederazione generale dellʹindustria, che,
pur essendo una organizzazione economica e
sindacale, non potrebbe, nei momenti più gravi
della vita del Paese, non assolvere funzioni
squisitamente politiche, ha preso parte attiva
allo sviluppo della crisi nazionale ed ha
esercitato una influenza diretta e pressante a
favore della soluzione Mussolini. Lʹon.
Olivetti, con la presidenza della
Confederazione, si era trasportato a Milano, la
quale presentava maggiore importanza di Roma
per il decorso degli avvenimenti, e si è
mantenuto in continuo contatto con lʹon.
Mussolini agendo con la massima energia e
facendo agire in correlazione gli organi di
Roma; uno degli atti più efficaci è stato
quello di far pervenire al Re la voce del mondo
dellʹindustria, quando ancora
dallʹatteggiamento del Re tutto dipendeva ».

1924
In un libro del 1924 edito da Gobetti, "Il
colpo di Stato", il liberale Mario Missiroli
scriveva che: « il patriottismo più ombroso
diventa un alibi comodissimo per tutti coloro
che hanno e non vogliono pagare, unʹarma
efficace di offesa, che i diversi ceti e i
diversi interessi organizzati brandiscono e
maneggiano con furore, con indignazione e con
straordinaria abilità gli uni contro gli altri
per sottrarsi agli obblighi verso lo Stato e
per scaricarseli a vicenda gli uni su gli
altri. La grande proprietà terriera, oziosa e
parassitaria, non voleva pagare... Non parliamo
della grande industria ». (Missiroli, Il colpo
di Stato, pag. 21).
E ancora:
« Non si vollero chiamare le cose col loro vero
nome e, allo scopo di nascondere che si
intendeva di inaugurare un nuovo periodo della
politica italiana, crudamente conservatore, con
la prevalenza dei ceti militari e padronali,
agrari e industriali, contrassegnato dalla
soppressione delle libertà e dalla mutilazione
del Parlamento, si disse che una rivoluzione
aveva vinto, subita dalla Monarchia, cui il
Paese doveva non poca gratitudine per avere
evitato lo spargimento di sangue cittadino. Si
perpetuò quel dannosissimo equivoco, che è
allʹorigine del movimento fascista; una
politica spiccatamente reazionaria, che parla
un linguaggio rivoluzionario ». (Missiroli, Il
colpo di Stato, pag. 64)

Ma nel 1925 Missiroli si era già completamente
« allineato » alle esigenze dei nuovi tempi
(Ernesto Rossi). Nel libro "Quota 90", a p. 62
si legge: « In realtà Mussolini ha portato il
socialismo al potere. Indubbiamente Mussolini
corona con tale opera venti anni di azione
socialista, in quanto interpreta storicamente,
e, cioè, nelle loro conseguenze, venti anni di
trasformazioni politiche e sociali, dovute
allʹazione socialista ed alle ripercussioni
della guerra. Quando Mussolini afferma che egli
è coerente col suo passato dice la verità ».
Fino al crollo del « regime », Missiroli
propagandò, allʹinterno e allʹestero, tutte le
teorie fasciste (corporativismo, imperialismo,
autarchia, razzismo, nazismo, spazio vitale) e
tutte le menzogne mussoliniane.
Nellʹintroduzione al libro "Che cosa deve
lʹItalia a Mussolini" (Roma, 1937) Missiroli si
scusò di non essere riuscito con la sua
documentazione a « penetrate il segreto di
quella personalità [Mussolini], che aveva
saputo riassumere in sé il genio della nostra
gente, interpretare le esigenze della nostra
storia, dar vita, anima, forma concreta alle
millenarie aspirazioni del popolo italiano ».
« Egli ebbe lʹeroico coraggio di porre gli
italiani di fronte a questo dilemma tragico: o
la grandezza o la morte. Come egli abbia potuto
risolverlo secondo i1 primo termine, domandando
al popolo dei sacrifici che oggi appaiono
assolutamente trascurabili se si pensa
allʹimponenza dei risultati, è un quesito che
nessuna indagine statistica potrà mai
risolvere. Ci muoviamo nelle zone inviolabili
del genio e delle passioni originarie della
razza. Si può tentare di scrutarle affidandosi
allʹintuizione che indovina quello che la
ragione non è sempre ben sicura di
comprendere » (p. 819). Osserva ancora Ernesto
Rossi: a questi estremi di abiezione morale
possono condurre lʹintelligenza e la cultura
quando sono messe al servizio del
« particolare » ...
Instaurata la Repubblica, Missiroli ha ripreso,
come niente fosse, la direzione dei grandi
giornali « liberali »: è stato prima direttore
del Messaggero e poi del Corriere della Sera.
Lasciato da cinque anni il Corriere, Missiroli
è ora tornato a collaborare al Messaggero. Nel
1962 ha ricevuto il premio Saint Vincent dalle
mani dello stesso presidente della Repubblica,
on. Segni, in riconoscimento delle benemerenze
acquisite durante la sua lunga carriera di
giornalista.

1922-1927
Tuttavia, Mario Missiroli nel magnificare le
benemerenze di Mussolini, in un libro edito nel
1928, riassume bene le linee centrali della
politica economica e finanziaria del governo di
Mussolini, durante il primo quinquennio:
« Allʹindomani della marcia su Roma, il governo
fascista ritirava il disegno sulla nominatività
dei titoli. I titoli azionari subivano,
complessivamente, un rialzo di un paio di
miliardi; nei mesi seguenti si ebbe la
distruzione del torchio per merito dellʹon.
Mussolini, ma un aumento di circolazione
effettiva per conto del commercio;
parallelamente alla svalutazione della lira,
che confiscava una parte del guadagno nazionale
a beneficio dellʹalta finanza plutocratica, si
ebbe la famosa battaglia dellʹesportazione, coi
mirabili resultati che conosciamo e un
larghissimo investimento di lire in titoli
azionari da parte di risparmiatori preoccupati
della discesa della lira: si calcolano in
parecchi miliardi gli investimenti in titoli,
incoraggiati dal discorso pronunciato a Venezia
dallʹon. Volpi; nel campo operaio si ebbe
lʹassoluta tranquillità; né scioperi, né
agitazioni di nessun genere, ma una pace beata;
i contratti di lavoro riformati tacitamente, le
otto ore disciplinate secondo le norme
razionali della tecnica industriale, e senza
contraddittorio da parte delle maestranze; le
tariffe doganali rinnovate e ritoccate secondo
i desideri della Confederazione dellʹindustria;
le riparazioni tedesche limitate, o quasi, al
carbone; a quei prodotti, in ogni caso, che non
potessero fare concorrenza a quelli interni;
nel campo legislativo propriamente detto
lʹabolizione della tassa di successione e
lʹeliminazione della legislazione
« spogliatrice » di Nitti e di Giolitti, che
mirava a colpire i guadagni operati durante la
guerra. Forse lʹelenco non è completo:
indubbiamente non lo è perché abbiamo taciuto
il dazio sul grano, lʹabolizione della tassa
sul vino, il blocco delle sovraimposte; ma è
sufficiente per dimostrare che la borghesia
italiana non può dolersi del Regime ».

1920-1921
Un noto esponente dellʹindustria del tempo,
Ettore Conti, traccia un quadro della
situazione tra 1920 e 1921: « La
disoccupazione: al primo luglio scorso (1920) i
disoccupati erano in Italia 388.000; al primo
gennaio (1921) 605.000. Le richieste di
fallimento, divenute tanto numerose che i
Tribunali non arrivavano a darvi corso;
altrettanto dicasi per le domande di moratoria.
Lʹarresto nel movimento dei capitali nelle
società per azioni; nellʹultimo semestre del
1920, fra investimenti e liquidazioni, si ebbe
un saldo attivo di cinque miliardi e mezzo; nel
primo semestre del ʹ21 è sceso a 2 miliardi e
mezzo; nellʹultimo semestre ha raggiunto appena
il mezzo miliardo; nel semestre in corso si
ritiene che sarà passivo. Il listino di borsa:
chiamando 100 il capitale versato, tale indice
al 31 dicembre 1920 era ancora di 119,72; un
anno dopo era sceso a 98,71 ed è oggi a 90; ha
cioè subito un ribasso del 25%... ». (E. Conti,
Dal taccuino di un borghese, pagg. 266-267).
Osserva Répaci: Tutto ciò coincideva con la
riscossa padronalfascista e con la scomparsa
del « pericolo rosso » che si era anzi ridotto
a pretesto per coonestare la riscossa medesima
al cospetto dei benpensanti e degli « amanti
dellʹordine ». Il che viene a confermare il
giudizio espresso dal Mondolfo fin dal 1921,
che cioè la borghesia ebbe buon gioco nel
presentare il pericolo corso da lei come un
pericolo della intera Nazione.

1920-1923
Sul riassestamento finanziario dello Stato: il
disavanzo dei bilanci nellʹesercizio
finanziario 1920-1921 aveva raggiunto la cifra
di 20.995 milioni di lire; nellʹesercizio 1922-
1923 era sceso a 3.260 milioni di lire.
Le spese di guerra passavano da 22.339 milioni
a 4.837. Perciò a buon diritto Giacomo
Matteotti poteva scrivere nel dicembre 1923:
« La realtà è... che lʹavviamento al pareggio
era antecedente al fascismo e che esso era in
gran parte la conseguenza della cessazione
delle spese straordinarie di guerra ».
Per quanto riguarda la situazione industriale,
una volta scoppiata la crisi dellʹAnsaldo
e della Banca Italiana di Sconto, gli indici di
Borsa, che da un minimo di 56,45 dellʹaprile
1922, saliranno a 67,47 nel settembre
successivo.

1920-1922
Sul finanziamento effettuato dagli industriali
ai fascisti, non è certamente prevedibile –
scrive il Répaci – la scoperta di
documentazioni: nessuno ovviamente si illude di
rinvenire le quietanze, che altrettanto
ovviamente non vennero rilasciate! Si tratta di
un fatto notorio, confermato da Felice
Guarnieri, noto esponente industriale e
ministro fascista per gli scambi e le valute:
« Che la borghesia terriera e industriale della
valle padana sia stata larga di aiuti al
fascismo è risaputo, comʹè risaputo che
atteggiamenti consimili non erano nuovi e non
dovevano finire col fascismo... La classe
industriale, da quella sua posizione iniziale,
sostanzialmente favorevole, ma piena di
riserve, divenne, col tempo, leale
collaboratrice del fascismo quando questo
giunse al potere e divenne regime... ».
(Fine. Per il momento. Ma aggiungerò
dell'altro).

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Oct 27, 2022, 9:53:01 AM10/27/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 10)

8 settembre 1922
L. Einaudi scrive nell'articolo
"Collaborazionisti" [socialisti riformisti:
Turati, Treves e Prampolini]: « [...] a nessuna
classe della borghesia la collaborazione
socialista può essere piú grata che a « quei
filibustieri della siderurgia, a quei ladri
dello zucchero, a quei pirati del mare, a quei
pescicani terrieri ».
« La mentalità dei protezionisti borghesi è
perfettamente simile, anzi identica alla
mentalità dei socialisti collaborazionisti.
Appartengono amendue alla peggior specie della
borghesia, a quella la quale vive di favori
governativi ».
« Questa è la collaborazione socialista-
borghese quale sinora si è manifestata nella
pratica. Per quale buona ragione si vorrebbe da
noi il consenso ad una politica distruttiva,
alla quale e non alla guerra, noi dobbiamo la
situazione disastrosa delle finanze pubbliche
nel momento presente. Il cambio a 400, il
disavanzo persistente a miliardi, il caro della
vita, tutto quel che noi vediamo di piú dannoso
e preoccupante per l'avvenire del paese non è
forse dovuto alla resistenza feroce opposta
alla smobilitazione economica dal connubio fra
le peggiori forze della borghesia e le piú
voraci schiere del proletariato, impersonate
per l'appunto nei socialisti collaborazionisti?
Anche noi chiamiamo a raccolta le forze sane
della borghesia e del proletariato. Non noi
certamente abbiamo paura della loro
collaborazione ».

17 settembre 1922
Luigi Einaudi, "Replica ai collaborazionisti":
« Questa brava ed onesta e cortese qualità di
critici [i socialisti collaborazionisti, ovvero
riformisti] si allarma soltanto quando noi non
parliamo male, in ogni occasione, dei fascisti
e facciamo qualche non sfavorevole giudizio
sulle loro azioni. Vorrebbero che noi non ci
accorgessimo che Corgini e Rocca hanno esposto
un programma finanziario ragionevole e non li
lodassimo per quel che di buono essi hanno
scritto [vd. parte 4 e 6]. Perché costoro sono
fascisti, non dovrebbero essere capaci di
studiare e di accorgersi che le antiche
dottrine liberali potevano essere una fonte a
cui anche un giovane partito aveva interesse ad
abbeverarsi. Similmente dovrebbe essere vietato
ai liberali di compiacersi che le loro dottrine
conservino ancora tanta potenza d'attrazione da
imporsi ai partiti d'azione [i fascisti]. [...]
Bisogna che i collaborazionisti se ne
persuadano: quel che ci dispiace in essi è
proprio ciò di cui essi piú si vantano: il
persistente ed insopprimibile spirito
socialista; [...] Quei borghesi, i quali
chiedono protezioni per le industrie e sussidi
per i cantieri navali, sono socialisti; quei
fascisti i quali nel ferrarese o nel senese
impongono lavori pubblici od imponibili di mano
d'opera, sono anch'essi intimamente socialisti.
[...] Borghese e liberale e fascista è solo
colui che è figlio delle proprie opere, che non
mette le mani nella tasca degli altri,
servendosi dello stato e fabbricando leggi di
spogliazione. Un protezionista è, per
definizione, socialista. [...] Quegli è, nel
fondo del suo cuore, un socialista purissimo;
né piú né meno di quei borghesi socialisti i
quali arzigogolano sofismi per mettere
d'accordo la loro ostentata fede socialista con
il possesso di ricchezze e l'uso di belle cose,
di case montate con lusso, di servidori
numerosi. [...] I collaborazionisti sono la
specie piú astuta e pericolosa del socialismo;
quella che si insinua nelle fessure
dell'edificio sociale ed a poco a poco lo
avvelena e lo strozza. Essi agiscono nello
stato ed attraverso allo stato; tentano di
impadronirsi dei congegni elettorali,
amministrativi e politici per trasformare a
poco a poco la società presente secondo i loro
ideali. Perché noi, che repugnamo da quegli
ideali e li consideriamo una sciagura per il
paese e per il proletariato, non dovremmo dire
che proprio essi, insieme con le peggiori forze
della borghesia, sono i massimi colpevoli di
quel che c'è di male nella vita politica e
sociale italiana nel momento presente? Si badi
bene: « colpevoli di quel che c'è di male »; il
che non vuol dire che tutto sia male
nell'Italia presente. Anzi noi siamo ottimisti;
e siamo persuasi che le forze sane del paese
sono destinate a pigliare e stanno già
pigliando il sopravvento sulle forze
distruttive.

11 ottobre 1922
Nell'articolo "L'ideale ed i suoi impiegati",
Luigi Einaudi scrive che i socialisti:
« Parlarono del « proletariato » creandosi una
immagine fittizia di uomo nudo, privo di
proprietà e ricco di figli, che lotta contro
un'altra classe composta di uomini ricchi di
capitale generico e di pochi figli viziosi ed
esangui. Qual credito, quale fiducia, quale
seguito meritano costoro, che non vedono che
l'Italia è un paese tutto diverso da quello che
si legge sulla dottrinella marxista e che tra i
« proletari » si noverano a milioni i
possessori di libretti di risparmio, di
terreni, di case, di bestiame e che tra essi
vanno malauguratamente diffondendosi le
pratiche maltusiane e la natalità scema; mentre
le donne borghesi partoriscono figli nerboruti,
i quali adoperano con destrezza il bastone, e
di borghesi ce n'è di tante specie e tra le
altre ce n'è una specie nuova, crescente di
numero, dai muscoli duri e dai denti aguzzi,
venuta su dopo il 1900 dalle file di quel
« proletariato » che dava tra il 1880 e il 1900
le reclute migliori al « vecchio partito
socialista »? Quanti fascisti e bastonatori
d'oggi sono i figli degli « evangelici »
socialisti di ieri? E non è ridicola, dinanzi a
questi fatti, la celebrazione del mistero della
lotta di classe, tra due classi l'una contro
l'altra armate sino allo sterminio? »

18 ottobre 1922
Mussolini a Cesare Rossi, dopo la riunione del
Quadriumvirato : « Mancano i bottoni alle
uose... Capisci?! ». Cesare Rossi non capisce e
chiede lumi: « Ma sì, credono di dover
organizzare una parata dʹonore. Dicono che non
sono pronte le divise, ecco. E non capiscono
che se passa questo momento favorevole è finita
per noi ». « ... Se Giolitti torna al potere
siamo f... Ricordati che a Fiume ha fatto
cannoneggiare dʹAnnunzio. Bisogna bruciare le
tappe. Non la volevano capire quelli là... Ma
ho puntato i piedi. Entro questo mese bisogna
che tutti i preparativi siano ultimati ».

28 ottobre 1922
Nella sua tesi di dottorato "L'esercito nella
crisi dello stato liberale: politica ed ordine
pubblico", Sabrina Sgueglia Della Marra scrive:
« In virtù degli ormai consolidati rapporti
organici fra Mussolini e Lusignoli, e delle
acclarate simpatie fasciste del comando di
corpo d'armata afferente al generale Cattaneo,
a Milano la situazione assunse connotati
peculiari e la città fu completamente
abbandonata nelle mani degli squadristi ». (p.
583)

28-29 ottobre 1922
Nel libro "Mussolini com'era", Cesare Rossi
scrive: « Adesso passo a rievocare un
particolare episodio che secondo me fu decisivo
per garantire il successo della Marcia su Roma.
A Ministro dellʹInterno era stato designato il
Senatore Alfredo Lusignoli, liberale
giolittiano. Ma questa designazione, che in
buona fede io avevo comunicato allʹinteressato,
doveva solo assicurare il preziosissimo ausilio
del prefetto di Milano nella riuscita della
conquista del potere.
Ho sempre pensato e detto che senza Lusignoli
la Marcia su Roma non sarebbe nemmeno
cominciata. Sarebbe bastato che il Prefetto
avesse fatto funzionare i normali organi di
polizia perchè la mobilitazione fascista
venisse soffocata in germe. Invece, egli non
solo non mise in opera questi organi, ma si
rifiutò di applicare le misure ordinategli dal
Senatore Taddei, Ministro dellʹInterno.
Lusignoli mi parlò, infatti, di un fonogramma
di Taddei contenente disposizioni e direttive
in caso di emergenza; fra le quali cʹerano
lʹoccupazione da parte della polizia della Casa
del Fascio in Via San Marco e lʹarresto dei
capi fascisti. Cʹera pure specificato il mio
nome, arresto da estendersi ai deputati
Mussolini e Finzi, i quali sorpresi in
flagranza di reato non avrebbero potuto godere
dellʹimmunità parlamentare.
Naturalmente Lusignoli nemmeno si sognò di
tradurre in atto quellʹordine. Egli avrebbe
potuto fare assegnamento sicuro sul concorso
del Questore Gasti, disposto, da buon
piemontese ligio al dovere, alla resistenza.
Il semplice « fermo » di Mussolini e
lʹoccupazione da parte della polizia delle sedi
fasciste avrebbero determinato il fallimento
del piano fascista. Il Quadriumvirato, già
impressionatissimo del manifesto del Comandante
la Divisione Militare di Perugia, Gen. Lodomez
– che nelle prime ore di sabato 28 aveva preso
sul serio il decreto di stato di assedio,
avrebbe tagliato la corda senzʹaltro. Così i
comandanti di colonna. Forse qualche grave
incidente poteva anche sorgere in certe
provincie fasciste, ma nel complesso del
territorio nazionale tutto si sarebbe liquidato
nel giro di poche ore senza grosse tragedie ».

28 ottobre 1922
Più avanti Cesare Rossi: « Grazie a questo
decisivo apporto del Prefetto a Milano tutto
andò egregiamente, salvo un incidente che
poteva essere fatale. Verso le dieci
antimeridiane di sabato 28 guardie regie,
agenti e carabinieri avanzarono decisamente
verso la sede del Popolo dʹItalia con
lʹintenzione di assaltarlo.
Si faceva, dunque, sul serio? La complice
passività di Lusignoli cedeva dinanzi
allʹintervento attivo del Questore e
dellʹautorità militare?
Il cancello del Popolo dʹItalia era ostruito da
varie bolline di carta, con uno stretto
passaggio sorvegliato da alcuni fascisti armati
di fucili, tolti due ore prima ai soldati del
presidio di Monza che stavano facendo le
esercitazioni in piazza dʹarmi. Comandava la
difesa del Popolo Enzo Galbiati, muratore di
origine, poi in guerra aiutante di battaglia,
più tardi fino al 25 luglio 1943 Capo di S. M.
della Milizia.
A scongiurare lʹurto, io, che facevo la spola
fra la Casa del Fascio ed il giornale, uscii
andando incontro al plotone avanzante al fine
di parlamentare. Cʹera un maggiore della Regia
guardia niente affatto disposto a ragionare, ma
io mi rivolsi ad un funzionario di P. S. al
Commissario Verna, allora comandante della
« squadra mobile », proponendo un modus
vivendi: arditi e fascisti si sarebbero
ritirati nellʹinterno del giornale – mentre in
quel momento stavano esibendo moschetti e bombe
a mano – e la forza pubblica si sarebbe dovuta
arrestare allʹangolo di Via Moscova.
Mentre stavo così parlando fui raggiunto da
Mussolini e da Finzi. Mussolini tentò anche lui
di addomesticare il fiero maggiore della Regia
guardia, ma questi rispondeva con dure parole
di minaccia. Più rispondenza ebbero le sue
parole con Verna. Mussolini guardava a
ripetere: « Signori, vi consiglio a riflettere
sul carattere del nostro movimento. Non cʹè
niente che voi non approviate. Eppoi sarebbero
inutili le vostre resistenze: tutta lʹItalia
fino a Roma è caduta in mano nostra.
Sʹinformino ». Il che era alquanto esagerato.
Egli finì tuttavia per imporsi. Fu accettata la
mia proposta, evitando così un conflitto
sanguinoso.
Un anno dopo, intervistato dai tre quotidiani
dei quali era corrispondente Ermanno Amicucci,
segnalavo il nome del commissario Verna come
« il salvatore della Marcia su Roma ». (Allora
non potevo scoprire il ruolo di Lusignoli. Egli
restava il protettore n. 1, ma in incognito) ».

30 ottobre 1922
Sempre Cesare Rossi: « Quando lunedì 30 ottobre
Lusignoli seppe dai suoi servizi telefonici in
contatto con Roma che non si parlava più di lui
come Ministro dellʹInterno, perchè quel
portafoglio se lʹera assegnato Mussolini mentre
a Sottosegretario era stato scelto Finzi, io
fui tempestato di chiamate al centralino
dellʹHôtel Savoia. La prima volta gli risposi
che per la lista dei Ministri non cʹera nulla
di concreto; la seconda, la terza e la quarta
chiamata rimasero senza risposta, non sapendo
come diavolo cavarmela. Poi venne in mio aiuto
il neo ministro democratico sociale dei Lavori
pubblici Carnazza, suggerendomi: « Fatelo
ministro di Stato ». [...] Lusignoli ingoiò la
pillola surrogato che io avevo fatto indorare
dalla stampa amica con la necessità della sua
preziosa presenza a Milano, durante le
imminenti elezioni amministrative. Però si legò
al dito quella cocente delusione; dopo pochi
mesi abbandonò la Prefettura e a Palazzo Madama
passò allʹopposizione.

Libri consultati:
- Ernesto Rossi, "Padroni del vapore e
fascismo", Bari, Laterza, 1966.
- Antonino Rèpaci, "La marcia su Roma", Milano,
Rizzoli, 1972.
- Antonino Rèpaci, "La marcia su Roma. Mito e
realta", Roma, Canesi, 1963.
- Angelo Tasca, "Nascita e avvento del
fascismo. L' talia dal 1918 al 1922", 3. ed,
Bari, Laterza, 1971.
- Renzo De Felice, " Mussolini il
rivoluzionario. 1883-1920", Ed. 2, Torino,
Einaudi, 2005.
- Renzo De Felice, "Mussolini il fascista. Vol.
1, La conquista del potere, 1921-1925", 4 ed,
Torino, Einaudi, 2005.
- Renzo De Felice (a cura di), "Il fascismo e
i partiti politici italiani. Testimonianze del
1921-1923", Firenze, Le lettere, 2005.
- Cesare Rossi, "Mussolini com'era", Roma,
Ruffolo, 1947.
- Alberto Albertini, "Vita di Luigi Albertini",
2 ed., Milano, Mondadori, 1945.
- Luigi Einaudi, "Cronache economiche e
politiche di un trentennio 1893-1925. Vol. 6,
1921-1922, Torino, Einaudi, 1963.
- Per quanto riguarda il prefetto Lusignoli,
segnalo (ho letto, ma non ancora utilizzato):
Marcello Saija, "I prefetti italiani nella
crisi dello Stato liberale", 2 voll., Milano,
Giuffrè, 2001 (vol. 1), 2005 (vol. 2).
- Guido Melis, "Lusignoli Alfredo" in
Dizionario Biografico degli Italiani Treccani,
Volume 66, 2006. Con bibliografia che ho potuto
consultare e utilizzare solo in parte, per
questioni di tempo (ma mi riprometto di farlo
in seguito).
- Sabrina Sgueglia della Marra, "L'esercito
nella crisi dello stato liberale: politica ed
ordine pubblico", Tesi di Dottorato di ricerca,
Università degli Studi Roma Tre.

Ho sfogliato i seguenti libri:
- Nino Valeri, "Da Giolitti a Mussolini",
Milano, Garzanti, 1974.
- Paolo Monelli, "Mussolini piccolo borghese",
2 ed., Milano, Garzanti, 1970.

Saluti
Sargon

Pier

unread,
Oct 27, 2022, 11:42:50 AM10/27/22
to
Con tutto questo disordine, e il cattivo uso della libertà,
ci vorrebbe qualccosa di simile anche oggi.
Ma solo incombente default della nostra nazione a causa
del debito pubblico oltre a leggi scellerate, fa molto
desiderare che qualcuno o qualcosa metta fine a questo
cesto di casini sopra casini combinati a Roma

--
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Parvus

unread,
Oct 27, 2022, 11:43:30 AM10/27/22
to
Il giorno giovedì 27 ottobre 2022 alle 15:53:01 UTC+2 Sargon ha scritto:
> Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
> >
> (Parte 10)
>
> 8 settembre 1922
> L. Einaudi scrive nell'articolo
> "Collaborazionisti" [socialisti riformisti:
> Turati, Treves e Prampolini]: « [...] a nessuna
> classe della borghesia la collaborazione
> socialista può essere piú grata che a « quei
> filibustieri della siderurgia, a quei ladri
> dello zucchero, a quei pirati del mare, a quei
> pescicani terrieri ».

Questo pezzo va stralciato, dopo aver preso atto della
pessima opinione di Einaudi per Turati e Matteotti

Pier

unread,
Oct 28, 2022, 1:46:33 AM10/28/22
to
Il 25/10/2022 11:36, Parvus ha scritto:
> Il giorno domenica 23 ottobre 2022 alle 16:43:11 UTC+2 Sargon ha scritto:
>> Il giorno giovedì 20 ottobre 2022 alle 18:56:38 UTC+2 Sargon ha scritto:
>>> Già nel 1921 c'è chi parlò di fascismo come
>>> « milizia di classe »:


> Non so se altri abbiano già rilevato un fatto: Con la
> fine dell'avventura fiumana, a cavallo fra il venti e il
> ventuno, migliaia di legionari tornarono alle loro case
> Certamente non tutti aderirono al fascismo, ma è
> indubitabile che le squadre d'azione ebbero una
> iniezione di uomini decisi e capaci.
> Bisognerebbe discutere su un punto: La violenza
> fascista fu pura vendetta?
> Oppure il fascismo sfruttò un istante di debolezza
> dei suoi avversari per colpirli e impedirgli di rialzare
> la testa? Oppure ancora, il fascismo fu un movimento
> rivoluzionario che si scontrò contro un'altra forza
> rivoluzionaria?
> Ma forse i tre fattori si intersecano.

Anchee le democrazie in breve si corromèono
benche siano nate tutte da guerre civili

Sargon

unread,
Oct 28, 2022, 3:48:22 AM10/28/22
to
Il giorno giovedì 27 ottobre 2022 alle 17:43:30 UTC+2 Parvus ha scritto:

> Questo pezzo va stralciato, dopo aver preso atto della
> pessima opinione di Einaudi per Turati e Matteotti

Non direi. Questa è solo una faccia della
medaglia.
In primo luogo il brano illustra chiaramente il
pensiero sui socialisti e, più in generale, il
pensiero politico di un autorevole esponente
dell'alta borghesia. E si collega perfettamente
agli altri due interventi di poco successivi e
correlati. Come tale è pertinente.
In secondo luogo egli dice (lo riporto adesso;
prima l'avevo omesso): « Ma quali masse
rappresentano Turati e Treves e Prampolini?
Quali prove essi hanno dato di essere capaci di
tirarsi dietro le masse e non di farsi
rimorchiare dai peggiori elementi tra i
guidatori di masse? Il potere per il potere; il
potere per avere lʹesercito e la guardia regia
in mano e servirsene contro il fascismo e piú
contro la patria: ecco il vero programma dei
collaborazionisti ».
L'ultimo paragrafo dimostra che Einaudi è più
che consapevole del ruolo che forze dell'ordine
ed esercito, e di chi li comandava, avrebbe
potuto svolgere. Ovvero: stava svolgendo già da
tempo a favore degli squadristi fascisti. Ruolo
che non solleva obiezione alcuna da parte di
Einaudi.
In terzo luogo, quando dice: « Anche noi
chiamiamo a raccolta le forze sane della
borghesia e del proletariato. Non noi
certamente abbiamo paura della loro
collaborazione »: a chi pensi si riferisse?
Dunque non solo una critica ai riformisti, ma
una decisa scelta di campo a favore dei
fascisti, già chiaramente espressa due giorni
prima (vd. Parte 6, editoriale: « Riabbeverarsi
alla sorgente ») e ribadita nei due interventi
successivi.
Si tratta insomma di un'escalation di giudizi e
prese di posizione, espressa non senza
protervia, che si affianca in modo
impressionante alle vicende dell'imminente
marcia su Roma.

Saluti
Sargon

Parvus

unread,
Oct 30, 2022, 1:25:55 PM10/30/22
to
Einaudi (di cui oggi ricorre l'anniversario della morte)
sicuramente in quel momento era schierato
a favore del fascismo, anche se, quando usa il "noi" non
credo intenda: "noi fascisti" ma faccia riferimento al
blocco conservatore che includeva anche i fascisti.
Quindi, da un suo punto di vista è legittima la
preoccupazione che i riformisti andassero al governo
usassero il potere per stroncare il movimento fascista
per essere a loro volta travolti dai partiti che muovevano
veramente le masse.

Sargon

unread,
Nov 3, 2022, 10:30:33 AM11/3/22
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 11)

24 ottobre 1922 sera
La cosiddetta « marcia su Roma » è la « fase
insurrezionale conclusiva della presa del
potere da parte del movimento fascista »
(Vocabolario Treccani). L'insurrezione, che i
fascisti consideno « Rivoluzione » è prevista
in « cinque tempi »:
« 1. Mobilitazione e occupazione degli uffici
pubblici nelle principali città del Regno; 2.
Concentrazione delle Camicie nere a Santa
Marinella, Perugia, Tivoli, Monterotondo,
Volturno; 3. Ultimatum al Governo di Facta per
la cessione generale dei poteri dello Stato; 4.
Entrata in Roma e presa di possesso ad ogni
costo dei Ministeri. In caso di sconfitta, le
milizie fasciste avrebbero dovuto ripiegare
verso lʹItalia centrale, protette dalle riserve
ammassate nellʹUmbria; 5. Costituzione del
governo fascista in una città dellʹItalia
centrale. Radunata rapida delle Camicie nere
nella Vallata Padana e ripresa dellʹazione su
Roma fino alla vittoria e al possesso ».
(Balbo)

27 ottobre 1922 ore 19.40
Arrivo a Roma in treno del re. Lo attendono
alla stazione: Facta, il prefetto Zoccoletti,
il direttore generale della P.S. Gasbarri e il
Questore di Roma.
« Non faccio un Ministero durante la violenza »
esclama il re; « abbandono tutto; vado con mia
moglie e mio figlio in campagna ».
Scrive Soleri nelle sue memorie: « Ai ministri
venuti a salutarlo alla stazione risolutamente
dichiarò che Roma avrebbe dovuto essere difesa
a ogni costo, e che i fascisti armati non
dovevano essere lasciati entrare nella
capitale. La Corona doveva poter deliberare in
piena libertà e non sotto la pressione dei
moschetti fascisti. In tali disposizioni era
manifestamente compresa la misura dello stato
dʹassedio. Il semplice passaggio dei poteri per
la tutela dellʹordine pubblico alle autorità
militari, non avrebbe manifestamente costituito
un provvedimento adeguato alla gravità della
situazione e alla impressione che occorreva
dare della decisione del Governo di stroncare
la Marcia su Roma e di impedire ai fascisti il
successo del loro colpo di mano contro lo
Stato » (M. Soleri, "Memorie", pag. 150).
Usciti di stazione, Facta si dirige al suo
albergo e il Re a Villa Savoia.

27 ottobre 1922 ore 21.00
Verso le ore 21 il Presidente del Consiglio
Facta, dopo una comunicazione telefonica con
Lusignoli, in cui apprende il fallimento delle
trattative, si reca dal re a Villa Savoia.

27 ottobre 1922 ore 22.00
Uscito da Villa Savoia verso le ore 22, Facta
va allʹHotel Londra ove alloggia (e si mette a
letto).

28 ottobre 1922 ore 1.00-2.00
Vertice al ministero della Guerra. Partecipano:
Facta, i ministri Taddei e Soleri, il generale
Pugliese e il capo del Gabinetto, colonnello
Carletti. Rossini e Bevione redigono il
manifesto per la proclamazione dello stato
dʹassedio.
Facta invita il Re a trasferirsi al Quirinale,
per questioni di sicurezza.
Indetto il Consiglio dei Ministri per le ore
5.30.

28 ottobre 1922 ore 2.15-5.00
Facta, accompagnato dal suo segretario Amedeo
Paoletti, si reca a Villa Savoia. Colloquio con
il re di venti minuti.
Rientro di Facta al Viminale per preparare il
decreto di stato dʹassedio.
Facta contatta Luigi Sturzo per il tramite del
ministro Anile per sapere se il Partito
popolare avrebbe appoggiato lo stato dʹassedio.
Risposta affermativa di Sturzo: « Io risposi di
sì a patto che il Ministero avesse ritirato le
dimissioni e si fosse presentato al Paese
compatto ».

28 ottobre 1922 ore 5.30-6.30
- Riunione del Consiglio dei Ministri (dopo le
cinque). Presenti tutti i ministri, eccetto
lʹAlessio, che non si è potuto raggiungere e il
Dello Sbarba, che giungerà in ritardo. La
discussione dura quasi unʹora. Presente anche
il generale Cittadini, aiutante di campo del
Re.
- Cittadini parla con Facta e con E. Ferraris,
sottosegretario agli Interni, per conoscere i
dettagli delle avvenute occupazioni fasciste in
provincia.
- Facta trasmette al Ferraris il testo
dellʹordine da consegnare al Comandante della
Divisione di Roma.
- Redatto il testo del telegramma da inviare ai
prefetti, con cui si ordina di arrestare i
responsabili della sedizione.
- Redatto il testo del telegramma da inviare ai
prefetti e alle autorità militari, nel quale si
annuncuia lo stato dʹassedio. Questʹultimo
telegramma viene spedito alle ore 7.50.
Sopraggiungono con ritardo i ministri Bertini,
Alessio e Dello Sbarba, che sottoscrivono il
verbale, approvando lʹapposizione dei loro nomi
sul manifesto. Alle otto e trenta il manifesto
viene già affisso in Roma.

28 ottobre 1922 ore 7.10
Telegramma della Presidenza del Consiglio a
tutti i Prefetti e Comandanti militari del
Regno:
« Il Governo su unanime deliberazione del
Consiglio dei Ministri ordina Signorie Loro di
provvedere a mantenere ordine pubblico e ad
impedire occupazione uffici pubblici, consumare
azioni violente e concentramenti e dislocamenti
armati usando di tutti i mezzi, a qualunque
costo, e con arresto immediato senza eccezione
capi e promotori del moto insurrezionale contro
poteri Stato ». Presidente del Consiglio Facta;
Ministro dell'Interno Taddei
(In E. Pugliese, "Io difendo l'Esercito", pag.
61)

28 ottobre 1922 ore 7.20
Lettera con cui il governo affida al generale
Pugliese la difesa della capitale:
« In conformità alla deliberazione unanime del
Consiglio dei Ministri, il Governo incarica
V.S. di provvedere alla difesa della Capitale
con tutti i mezzi disponibili, impedendo ad
ogni costo l'ingresso delle squadre fasciste
nella città, e che girino comunque in città
armati e in divisa ».
Il Presidente del Consiglio dei Ministri: F.to
Facta; Il Ministro dell'Interno: F.to Taddei
(Compilata alle ore 6 [Ferraris] e pervenuta
alle ore 7.20 [Pugliese])

28 ottobre 1922 ore 7.50
Telegramma della Presidenza del Consiglio a
tutti i Prefetti e Comandanti militari del
Regno
N. 23859 – Consiglio Ministri ha deciso
proclamazione stato assedio in tutte provincie
Regno da mezzogiorno oggi. Relativo decreto
sarà pubblicato subito. Frattanto SS.LL. usino
immediatamente di tutti i mezzi eccezionali per
mantenimento ordine pubblico e sicurezza
proprietà e persone.
Presidente Consiglio Ministri Facta
(In E. Pugliese, "Io difendo l'esercito", pag.
62; e E. Ferraris, "La marcia su Roma veduta
dal Viminale", pag. 102)

28 ottobre 1922 ore 9.00 circa
Facta, accompagnato dal segretario Paoletti,
giunge al Quirinale. La sua permanenza dura
circa venti minuti/mezzʹora.
Il re rifiuta di firmare il decreto di stato
d'assedio.

28 ottobre 1922 ore 9.30-10.00
Facta tornato al Viminale dirama lʹordine di
revoca delle precedenti istruzioni.

28 ottobre 1922 ore 11.30
Facta si reca al Quirinale, accompagnato da
Tittoni e da De Nicola, presidenti del Senato e
della Camera, per rassegnare le dimissioni del
ministero nelle mani del Sovrano.

28 ottobre 1922 ore 12.00
Il Ministero della Guerra comunica alle ore 12
al Comando di Divisione lʹordine di sospensione
dello stato dʹassedio.
Lʹordine di impedire con ogni mezzo lʹingresso
dei fascisti nella Capitale rimane in vigore
fino alle ore 22.30.
Il ministro della Guerra Soleri impartisce le
seguenti direttive:
1. impedire assolutamente lʹingresso dei
fascisti nella capitale;
2. cercare di evitare in ogni modo un conflitto
fra fascisti ed Esercito, e la conseguente
guerra civile, che S. M. il Re non vule.

28 ottobre 1922 ore 13.30-16.00
Nelle prime ore del pomeriggio iniziano le
consultazioni: alle ore 13.30 sale al Quirinale
Enrico De Nicola, presidente della Camera;
seguono Cocco-Ortu, alle ore 14; Salandra alle
14.30; De Vecchi alle ore 16.

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Nov 3, 2022, 10:36:26 AM11/3/22
to
Il giorno domenica 30 ottobre 2022 alle 18:25:55 UTC+1 Parvus ha scritto:

> > In terzo luogo, quando dice: « Anche noi
> > chiamiamo a raccolta le forze sane della
> > borghesia e del proletariato. Non noi
> > certamente abbiamo paura della loro
> > collaborazione »: a chi pensi si riferisse?

> Einaudi (di cui oggi ricorre l'anniversario della morte)
> sicuramente in quel momento era schierato
> a favore del fascismo, anche se, quando usa il "noi" non
> credo intenda: "noi fascisti" ma faccia riferimento al
> blocco conservatore che includeva anche i fascisti.

Einaudi con « noi » intende la borghesia che si
ritiene (e proclama) autenticamente liberale
(dal punto di vista economico). Più
concretamente si può ritenere che rappresenti
il Corriere e gli interessi che esso
rappresenta e di cui lui è portavoce.
I fascisti sono « le forze sane della borghesia
e del proletariato » che dopo essersi
riabbeverate alle sorgenti delle tradizioni
liberali (vd. editoriale del 6 settembre)
chiama a raccolta, e con i quali lui (cioè
« noi ») non ha paura di collaborare.
Così intendo.

Saluti
Sargon

Parvus

unread,
Nov 3, 2022, 3:20:49 PM11/3/22
to
Il giorno giovedì 3 novembre 2022 alle 15:36:26 UTC+1 Sargon ha scritto:

> Einaudi con « noi » intende la borghesia che si
> ritiene (e proclama) autenticamente liberale
> (dal punto di vista economico). Più
> concretamente si può ritenere che rappresenti
> il Corriere e gli interessi che esso
> rappresenta e di cui lui è portavoce.
> I fascisti sono « le forze sane della borghesia
> e del proletariato » che dopo essersi
> riabbeverate alle sorgenti delle tradizioni
> liberali (vd. editoriale del 6 settembre)
> chiama a raccolta, e con i quali lui (cioè
> « noi ») non ha paura di collaborare.
> Così intendo.
>

Si, mi pare una corretta analisi con cui non posso che concordare.
Ps: nella risposta a Flop, ho toccato tematiche che in parte
comprendono le tesi che esporrò in questa pagina.

Parvus

unread,
Nov 3, 2022, 4:00:31 PM11/3/22
to
Il giorno giovedì 3 novembre 2022 alle 15:30:33 UTC+1 Sargon ha scritto:

> 28 ottobre 1922 ore 13.30-16.00
> Nelle prime ore del pomeriggio iniziano le
> consultazioni: alle ore 13.30 sale al Quirinale
> Enrico De Nicola, presidente della Camera;
> seguono Cocco-Ortu, alle ore 14; Salandra alle
> 14.30; De Vecchi alle ore 16.
>

Isolando al momento questo punto:
Il re apre consultazioni per formare
un nuovo governo.
Cosa sarebbe successo se restava
lo stato d'assedio?
I fascisti, come vedremo, anche per
difficoltà logistiche, affluivano
lentamente, e soprattutto, non
avevano alcuna fretta di lanciarsi in
un attacco garibaldino alla capitale.
Per cui il re avrebbe fatto le sue
consultazioni, con ogni probabilità
i politici gli avrebbero detto di essere
disposti a fare un governo di coalizione
con Mussolini. E perciò le cose
sarebbero andate allo stesso modo in
cui sono andate nel reale.

Sargon

unread,
Nov 4, 2022, 12:39:28 PM11/4/22
to
Il giorno giovedì 3 novembre 2022 alle 21:00:31 UTC+1 Parvus ha scritto:

> > 28 ottobre 1922 ore 13.30-16.00
> > Nelle prime ore del pomeriggio iniziano le
> > consultazioni: alle ore 13.30 sale al Quirinale
> > Enrico De Nicola, presidente della Camera;
> > seguono Cocco-Ortu, alle ore 14; Salandra alle
> > 14.30; De Vecchi alle ore 16.

> Isolando al momento questo punto:

Questo non è possibile fare, a meno di non
mistificare la storia.

> Il re apre consultazioni per formare
> un nuovo governo.

Le consultazioni (ore 13.30) furono possibili
perché ci furono le dimissioni di Facta (ore
11.30). Queste si resero inevitabili perché il
reuccio non firmò il decreto per lo stato
d'assedio (ore 9.00) che era stato già deciso
dal Governo (ore 6.30) e quindi proclamato (ore
7.50).
L'insurrezione armata fascista contro organi e
poteri dello stato; la minaccia da essa portata
contro le sue istituzioni; la mancata difesa
estrema dello stato con la rinuncia a firmare
il decreto di stato di assedio (già diramato
dal Governo) da parte del sovrano, sono
oggettivamente un colpo di stato.

> Cosa sarebbe successo se restava
> lo stato d'assedio?
> I fascisti, come vedremo, anche per
> difficoltà logistiche, affluivano
> lentamente, e soprattutto, non
> avevano alcuna fretta di lanciarsi in
> un attacco garibaldino alla capitale.
> Per cui il re avrebbe fatto le sue
> consultazioni, con ogni probabilità
> i politici gli avrebbero detto di essere
> disposti a fare un governo di coalizione
> con Mussolini. E perciò le cose
> sarebbero andate allo stesso modo in
> cui sono andate nel reale.

Se il decreto di stato d'assedio fosse stato
firmato, l'esercito avrebbe affrontato le
milizie fasciste e i capi fascisti sarebbero
stati arrestati.

Saluti
Sargon

Parvus

unread,
Nov 5, 2022, 3:25:46 PM11/5/22
to
Il giorno venerdì 4 novembre 2022 alle 17:39:28 UTC+1 Sargon ha scritto:

> > Isolando al momento questo punto:

> Questo non è possibile fare, a meno di non
> mistificare la storia.

La mistificazione si ha quando qualcuno isola
un fatto in controtendenza per forviare il giudizio
Altra cosa è mettere in luce i punti cruciali.


> Le consultazioni (ore 13.30) furono possibili
> perché ci furono le dimissioni di Facta (ore
> 11.30). Queste si resero inevitabili perché il
> reuccio non firmò il decreto per lo stato
> d'assedio (ore 9.00) che era stato già deciso
> dal Governo (ore 6.30) e quindi proclamato (ore
> 7.50).

Questo è un punto importante su cui ti debbo
riconoscere una parte di ragione.
Effettivamente, senza le dimissioni di Facta,
non ci sarebbero dovute essere consultazioni.
Conseguentemente si dovrebbe dedurre che in
questa storia parallela, una volta completato
l'afflusso, le squadre fasciste per non perdere
la faccia avrebbero dovuto assaltare la capitale
con conseguente (probabile) sconfitta, che
avrebbe condotto alla messa al bando del
fascismo e arresto dei suoi capi.
(Perlomeno a rigor di logica. Non dimentichiamo
che D'Annunzio era libero dopo aver ordinato di
resistere all'esercito. Quindi si potrebbe temere
che sarebbe potuta finire come la storia della
birreria di Monaco)
Però, tornando indietro, vorrei sottolineare
un particolare:
>27 ottobre 1922 ore 19.40
>Arrivo a Roma in treno del re. Lo attendono
>alla stazione: Facta, il prefetto Zoccoletti,
>il direttore generale della P.S. Gasbarri e il
>Questore di Roma.
>« Non faccio un Ministero durante la violenza »
>esclama il re

In effetti il Governo Facta si era presentato
dimissionario al re, a causa delle dimissioni
del ministro Salandriano Ricci, e del ritiro della
fiducia da parte dei parlamentari facenti capo
ad Antonio Salandra.
Per cui in un certo senso, potremmo dire che
è stato il re a "complicarsi la vita". Gli sarebbe
bastato dar disposizione al presidente del
Consiglio dimissionario, di impedire l'ingresso
dei fascisti in Roma con i normali dispositivi di
ordine pubblico (come in pratica si è poi fatto).
Quindi dar vita alle consultazioni.
Questo comunque riguarda solo la persona del
re. Come discorso generale, bisogna osservare
che anche senza crisi, era impossibile che non
vi fosse alcun contatto fra il monarca e i capi
dei maggiori partiti. E da questi contatti sarebbe
giunta al sovrano l'indicazione che nessuno
sosteneva Facta, mentre una larga maggioranza
parlamentare era disposta a una collaborazione
coi fascisti.
Quindi nella sostanza il re (forse anche in seguito
a qualche sondaggio) non ha fatto che compiere
in anticipo ciò che la maggioranza parlamentare
gli avrebbe chiesto di fare.

Parvus

unread,
Nov 7, 2022, 8:19:54 AM11/7/22
to
Il giorno venerdì 4 novembre 2022 alle 17:39:28 UTC+1 Sargon ha scritto:

Trasferisco anche qui la risposta
data giorni fa a Flop:


Rispondendo parzialmente anche a Sargon in anticipo alla risposta sulla sua:
D'Annunzio poteva contare su una parte di ex legionari (altri erano confluiti nel
fascismo) sulla federazione dei lavoratori del mare di Giuseppe Giulietti, quasi
sicuramente sugli anarchici di Errico Malatesta
(Non Enrico: Errico Gaetano Maria Pasquale) e su frange socialiste.
Il problema di fondo nel 1922 però era l'ingovernabilità.
Le elezioni erano state vinte dai socialisti con 123 seggi, ma costoro avevano a
sinistra 15 comunisti non disposti ad allearsi con nessuno a destra 108 pipisti,
cui il Vaticano aveva proibito di allearsi coi socialisti Quindi anche mettendo 29
democratici sociali e 11 democratici riformisti non si andava da nessuna parte.
(Tantopiù che in obbedienza a un dictat di Mosca, i massimalisti espulsero l'ala
riformista, provocando l'emoraggia di oltre due terzi dei deputati che confluirono
nel Psu di Giacomo Matteotti E Filippo Turati.)
Ma sull'altro versante non si stava meglio, il partito con più voti era il Blocco
Nazionale di Giolitti, con 105 seggi, di cui però 35 fascisti (poi scesi a 32 per
decadenza di tre deputati troppo giovani) quindi anche qui, l'aggiungere i 68
liberal democratici e i 43 liberali, lasciava ben lontani dai266 seggi necessari per
avere mezzo seggio di maggioranza, e anche il contributo di partiti minori del
centrosinistra non risolveva il problema.
Bisognava perciò mendicare i 108 voti del Ppi, che però li dava malvolentieri,
sempre pronto a ritirarli al minimo stornir di fronde (Erano in realtà due partiti
obbligati dal Vaticano a stare assieme, inoltre, essendo gli unici cattolici, mal
sopportavano qualunque altro partito).
In questo contesto le due alternative erano: Appoggiarsi ai fascisti, che allora
erano un partito come un altro (vero che erano responsabili della morte di circa
500 avversari, ma con questo criterio sarebbero stati fuorilegge anche i partiti
antifascisti, dato che le perdite fasciste, sia pur contando anche chi era morto
cadendo da un camion e cose simili, superavano le 700 unità.)
Oppure ci si poteva appoggiare al Psu, partito che con oltre ottanta deputati era
nato dalla frattura socialista il 4 ottobre del 1922.
Con tutta probabilità era a costoro che guardavano Giolitti e D'Annunzio che si
erano riconciliati e che avevano programmato una grandissima manifestazione
a Roma in commemorazione dell'anniversario della vittoria. Che, avrebbe dovuto
essere il preludio del nuovo governo Giolitti.
A favore dei fascisti giocarono questi fattori: Erano più affidabili per un blocco
moderato, essendo in netta crescita di consensi, mentre i socialisti unitari,
nonostante l'adesione di una forte maggioranza di parlamentari, nel paese erano
meno numerosi dei socialisti massimalisti, per cui era probabile che alle successive
elezioni sarebbero stati ridimensionati.
Ma soprattutto giocò l'abilità dei dirigenti: Mussolini, Michele Bianchi e Aldo Finzi
erano molto più abili dell'inesperto Matteotti e del vecchio Turati. E anche un altro
fattore di cui pochi tengono conto: gli stessi riformisti si definivano Gradualisti; in
parole povere, il loro programma non era trovare un compromesso fra la società
liberale e socialista, come in modo sia pur vago e altalenante puntavano i fascisti;
ma era di giungere gradualmente a una società socialista (Tutti uguali, niente più
famiglia, niente patria) cosa che per chi era antisocialista, equivaleva soltanto a
rinviare l'avvento della società contro cui si battevano.
Per completare il quadro, c'è anche da aggiungere che i Pipisti, erano disposti ad
allearsi coi fascisti, ma non con i metteottiani, i fascisti avevano assicurato il rispetto
della monarchia, cosa su cui il Psu era molto incerto. E non ultimo, il partito fascista
disponeva di decine di migliaia di squadristi, per cui lasciandoli fuori dal governo, c'era
il rischio di guerra civile, e la sicurezza che i disordini sarebbero continuati.
Certamente il re e i maggiorenti politici avrebbero preferito che i fascisti si
accontentassero a fare da stampella in cambio di qualche ministero, al più volevano
concedere a Mussolini la carica (nuova) di copresidente del consiglio.
Ma nel momento in cui furono costretti a scegliere fra: governo di coalizione
retto da Mussolini, e scontro coi fascisti con un governo che avrebbe avuto bisogno
dell'appoggio matteottiano, scelsero la prima strada.

Sargon

unread,
Nov 7, 2022, 12:26:39 PM11/7/22
to
Il giorno sabato 5 novembre 2022 alle 20:25:46 UTC+1 Parvus ha scritto:

> In effetti il Governo Facta si era presentato
> dimissionario al re, a causa delle dimissioni
> del ministro Salandriano Ricci, e del ritiro della
> fiducia da parte dei parlamentari facenti capo
> ad Antonio Salandra.
> Per cui in un certo senso, potremmo dire che
> è stato il re a "complicarsi la vita". Gli sarebbe
> bastato dar disposizione al presidente del
> Consiglio dimissionario, di impedire l'ingresso
> dei fascisti in Roma con i normali dispositivi di
> ordine pubblico (come in pratica si è poi fatto).

Continui a considerare solo la "questione
romana" della insurrezione, riducendo
sostanzialmente ad essa la marcia su Roma (vd.
mia risposta a tuo messaggio nel thread: "STATO
D'ASSEDIO").

La difesa di Roma, molto accurata ed
efficiente, era già pronta al momento
dell'adunata di Napoli. Alla luce della mancata
firma dello stato d'assedio da parte del
reuccio, la difesa di Roma assume
inequivocabilmente il significato di difesa
dell'incolumità della corona. Mentre lo stato
d'assedio comportava la risposta dello Stato
agli attacchi fascisti già avvenuti e ancora in
corso contro organi e poteri dello Stato in
tutta Italia (dal 27 ottobre). Sono quindi cose
nettamente distinte.
La prima (a carattere difensivo locale) non è
un surrogato del secondo (a carattere offensivo
nazionale), né può essere giustificazione della
mancata firma dello stato d'assedio.
Né il venir meno della conquista armata di
Roma, che non ci fu e non fu neppure tentata,
consente di negare o minimizzare il colpo di
stato fascista tout court. Coma a me sembra tu
stia facendo (anche in altri messaggi). A
riprova: quello che scrivi sotto.

> Quindi dar vita alle consultazioni.
> Questo comunque riguarda solo la persona del
> re. Come discorso generale, bisogna osservare
> che anche senza crisi, era impossibile che non
> vi fosse alcun contatto fra il monarca e i capi
> dei maggiori partiti. E da questi contatti sarebbe
> giunta al sovrano l'indicazione che nessuno
> sosteneva Facta, mentre una larga maggioranza
> parlamentare era disposta a una collaborazione
> coi fascisti.
> Quindi nella sostanza il re (forse anche in seguito
> a qualche sondaggio) non ha fatto che compiere
> in anticipo ciò che la maggioranza parlamentare
> gli avrebbe chiesto di fare.

Mistificare: « [dal fr. mystifier, in origine
«prendere in giro», coniato scherz. da mystère
«mistero» (1764) a proposito delle beffe di cui
era oggetto un certo Poinsinet famoso per la
sua credulità] [...] – 1. Alterare, per lo più
deliberatamente, la realtà dei fatti, o anche
una situazione o un concetto, in modo da
suscitarne un’interpretazione distorta »
(Vocabolario Treccani).

A dispetto del non voler prendere in
considerazione il colpo di stato determinato,
oltre che dall'insurrezione fascista in atto in
tutto il paese, dalla mancata firma dello stato
d'assedio da parte dell'indegno reuccio,
complice dei fascisti e dei loro alleati, ti
limiti a descrivere, come se nulla fosse,
un'attività politico-istituzionale legittimata
dalle prerogative insindacabili del sovrano;
dalla inevitabilità delle sue decisioni prese
con l'avallo della maggioranza parlamentare (o
di chi ti pare); a prescindere da ciò che egli
avrebbe dovuto fare, e non fece. Sicché da
tutto ciò che scrivi traspare solo la normalità
di una azione politico-istituzionale che invece
si compie all'insegna di una situazione
manifestamente sovversiva, ormai compromessa,
che tale azione ha contribuito a sostenere e a
rendere irreversibile.
Questa narrazione dei fatti è quella che chiamo
mistificazione della storia.

Saluti
Sargon

Parvus

unread,
Nov 8, 2022, 10:12:59 AM11/8/22
to
...
> Mistificare: « [dal fr. mystifier, in origine
> «prendere in giro», coniato scherz. da mystère
> «mistero» (1764) a proposito delle beffe di cui
> era oggetto un certo Poinsinet famoso per la
> sua credulità] [...] – 1. Alterare, per lo più
> deliberatamente, la realtà dei fatti, o anche
> una situazione o un concetto, in modo da
> suscitarne un’interpretazione distorta »
> (Vocabolario Treccani).

Quanto al mistificare, ti ringrazio. Fossi morto
ieri, sarei deceduto senza conoscere l'origine
del termine.
Però per onestà verso me stesso, ribadisco che
se avessi voluto mistificare, o prendere in giro,
non avrei attinto brani dal tuo testo che, conosci
benissimo, ma avrei cercato di estrapolare altrove
qualche brano forviante.
Tornando alla questione, debbo chiedere venia, mi
concentravo sulla funzione difensiva trascurando
la valenza offensiva.
In effetti il tallone d'Achille dei fascisti era Milano.
A Roma potevano temporeggiare fino a un
favorevole evolvere degli eventi. Però, dandoti
ragione (i Ng servono appunto per approfondire)
a Milano gli uomini del re potevano arrestare
Mussolini, decapitando il movimento insurrezionale.
Credo sarebbe inutile esercizio fare ipotesi sul come
sarebbe andata. C'è da Dire che Mussolini, Bianchi e
Finzi non erano degli sprovveduti, al prefetto di
Milano, Lusignoli, era stato promesso il ministero
dell'interno.
Per cui inizialmente ci si potrebbe aspettare un po'
di tira e molla in via Moscova attorno alla sede del
Popolo d'Italia, come era già successo al mattino
quando Mussolini e Finzi avevano fatto desistere le
Guardie Regie, raccontando di aver già conquistato
tutta Italia. Poi non lo so.
Una provvidenziale mediazione prima dello
spargimento di sangue?
Mussolini e i suoi si sarebbero arresi e tutto si
sarebbe risolto in un fuoco di paglia?
Scontro civile, con l'esercito all'attacco delle barricate
fasciste a Milano, e i fascisti a cercarsi un varco nella
periferia della capitale?
Ripeto, non lo so, e neppure voglio tentare di
indovinare.
Ma ti domando: se tu fossi stato il re, avresti affrontato
il rischio della terza soluzione?
Non ragionare con la tua testa per cui la cosa più
importante sarebbe impedire ad ogni costo l'avvento
del fascismo. Mettiti nei panni che uno come dovere
aveva: Il bene dell'Italia, la salvaguardia della monarchia,
la difesa dello statuto.
La situazione politica che si ritrovava era questa:
Comunisti, che erano usciti dal Psi perché la maggioranza
dei delegati aveva rifiutato di espellere Matteotti e Turati.
Socialisti, che il precedente tre di quel mese, avevano
infine espulso Turati (Reo di essersi incontrato col sovrano
nelle precedenti consultazioni istituzionali) Matteotti e una
ottantina di parlamentari che, volgevano ancora al Psi,
accorate lettere di innamorati respinti, e come programma
intendevano instaurare in Italia un sistema di tipo sovietico,
però con gradualità.
Ci sarebbero poi stati i Pipisti, che non si sapeva bene cosa
volessero, infine il blocco Liberale suddiviso in vari tronconi,
e inevitabilmente ci sarebbe stato anche un Msi antelitteram.
Io fossi stato il re, avrei tentato la via più indolore.

Sargon

unread,
Nov 16, 2022, 6:14:52 AM11/16/22
to
Come fai a parlare di rischio con
un'insurrezione armata in corso contro lo
Stato?

> Non ragionare con la tua testa per cui la cosa più
> importante sarebbe impedire ad ogni costo l'avvento
> del fascismo.

Vedo che indirettamente – attraverso questa
mistificante provocazione nei miei confronti –
dai per scontato che lo stato d'assedio avrebbe
impedito l'avvento del fascismo. Sei tu
l'esperto del "cosa succede se".
Ma... cosa fatta capo ha. L'indegno reuccio, la
sua scelta ormai l'ha fatta e se ne sono viste
le conseguenze. La responsabilità di quella
scelta ricade interamente su di lui. Inutile perciò
confondere le acque, come stai facendo, per
giustificare il reuccio e sgravarlo da colpe
incancellabili.

Tuttavia scripta manent:

28 ottobre 1922 ore 7.10
Telegramma della Presidenza del Consiglio a
tutti i Prefetti e Comandanti militari del
Regno:
« Il Governo su unanime deliberazione del
Consiglio dei Ministri ordina Signorie Loro di
provvedere a mantenere ordine pubblico e ad
impedire occupazione uffici pubblici, consumare
azioni violente e concentramenti e dislocamenti
armati usando di tutti i mezzi, a qualunque
costo, e con arresto immediato senza eccezione
capi e promotori del moto insurrezionale contro
poteri Stato ». Presidente del Consiglio Facta;
Ministro dell'Interno Taddei.

28 ottobre 1922 ore 7.50
Telegramma della Presidenza del Consiglio a
tutti i Prefetti e Comandanti militari del
Regno. N. 23859 – Consiglio Ministri ha deciso
proclamazione stato assedio in tutte provincie
Regno da mezzogiorno oggi. Relativo decreto
sarà pubblicato subito. Frattanto SS.LL. usino
immediatamente di tutti i mezzi eccezionali per
mantenimento ordine pubblico e sicurezza
proprietà e persone.
Presidente Consiglio Ministri Facta

C'è scritto: Facta (e sopra anche Taddei). Non
Sargon. Basta e avanza quello che c'è scritto
in quei due telegrammi.
L'imbelle Facta non era certo uno che volesse
eliminare i fascisti. Eppure fece la cosa
giusta, e quello che il suo ruolo gli imponeva
di fare in quel momento.

In quale testa ti andrai ad infilare adesso?

> Mettiti nei panni che uno come dovere
> aveva: Il bene dell'Italia, la salvaguardia della monarchia,
> la difesa dello statuto.

Dunque, nell'ordine:
1) bene dell'Italia;
2) salvaguardia della monarchia;
3) difesa dello statuto.

1) Riferito al reuccio, non possiamo sapere
cosa intendesse. E non ha nemmeno senso porsi
la questione. I fatti parlano da sé. Potremmo
chiederci piuttosto se noi riteniamo che egli
agì per "il bene dell'Italia". Ma dobbiamo
prima metterci d'accordo su cosa intendiamo con
"il bene dell'Italia". E anche cosa non lo sia,
ovviamente. Altrimenti non ha senso parlarne.
Tutto sommato è meglio lasciar perdere: troppo
vago, soggettivo e strumentale l'uso di questa
espressione. Addirittura nauseante, se si
considerano i misfatti perpetrati da chi diceva
di agire in suo nome.

2) Era in pericolo la monarchia, nell'ottobre
1922?
Un'insurrezione armata diretta sulla capitale,
sede della corona, rappresenta una minaccia per
la monarchia. E difatti la difesa di Roma fu
proposta il 17 ottobre (dal generale Pugliese)
e allestita a partire dal 19 ottobre 1922 (dal
ministro della Guerra Soleri).

L'insurrezione fascista del 27-28 ottobre si
proponeva di abbattere la monarchia?
Per quello che è dato sapere: assolutamente no.
I fascisti tranquillizzarono ripetutamente la
corte e il reuccio sulle loro intenzioni di non
toccare né lui né la monarchia.

3) L'affermazione, fin troppo disinvolta, che
l'indegno reuccio abbia difeso lo Statuto è
falsa. Di sicuro furono violati (ripetutamente)
gli articoli n. 28, n. 29 e, soprattutto, il
n. 32 dello Statuto. Anche solo limitandosi
all'ultima decade dell'ottobre 1922.

Art. 32 – È riconosciuto il diritto di adunarsi
pacificamente e senz’armi, uniformandosi alle
leggi che possono regolarne l’esercizio
nell’interesse della cosa pubblica.
Questa disposizione non è applicabile alle
adunanze in luoghi pubblici, od aperti al
pubblico, i quali rimangono intieramente
soggetti alle leggi di polizia.

> La situazione politica che si ritrovava era questa:
> Comunisti, che erano usciti dal Psi perché la maggioranza
> dei delegati aveva rifiutato di espellere Matteotti e Turati.
> Socialisti, che il precedente tre di quel mese, avevano
> infine espulso Turati (Reo di essersi incontrato col sovrano
> nelle precedenti consultazioni istituzionali) Matteotti e una
> ottantina di parlamentari che, volgevano ancora al Psi,
> accorate lettere di innamorati respinti, e come programma
> intendevano instaurare in Italia un sistema di tipo sovietico,
> però con gradualità.
> Ci sarebbero poi stati i Pipisti, che non si sapeva bene cosa
> volessero, infine il blocco Liberale suddiviso in vari tronconi,
> e inevitabilmente ci sarebbe stato anche un Msi antelitteram.

La situazione era bloccata e difficile. Ma fermo restando la
grave autoesclusione/esclusione dei gruppi
socialcomunisti dalle combinazioni governative
in entrambe le legislature, l'incidenza
numerica di tali gruppi sulla situazione
parlamentare nel '21-'22 (138 su 535 seggi:
25,8%), era inferiore rispetto a quella del '19
(156 su 508 seggi: 30,7%).
Da questo punto di vista, l'ingovernabilità e
la grave crisi politica del '22 va cercata
soprattutto al di fuori dei settori
parlamentari dei partiti di sinistra.

> Io fossi stato il re, avrei tentato la via più indolore.

Giustifica pure il reuccio.
Visto il prezzo pagato dal Paese, ancor prima
del 28 ottobre 1922, e dopo, la scelta del
reuccio non fu certo per il bene del Paese, ma
solo quella più conveniente per una parte di
esso, che non si fece alcuno scrupolo di usare
(o finanziare, o appoggiare, o fiancheggiare, o
semplicemente approvare) uomini e sistemi
criminali come strumento di controllo, per il
raggiungimento, il consolidarsi e il
mantenimento del proprio potere. O anche solo
di quello che riteneva: "il bene dell'Italia".

Saluti
Sargon

Pier

unread,
Nov 17, 2022, 2:01:59 AM11/17/22
to
Il 07/11/2022 14:19, Parvus ha scritto:
> Il giorno venerdì 4 novembre 2022 alle 17:39:28 UTC+1 Sargon ha scritto:
>
> Trasferisco anche qui la risposta
> data giorni fa a Flop:
>
> CUT
> Rispondendo parzialmente anche a Sargon in anticipo alla risposta sulla sua:
> D'Annunzio poteva contare su una parte di ex legionari (altri erano confluiti nel
> fascismo) sulla federazione dei lavoratori del mare di Giuseppe Giulietti, quasi
> sicuramente sugli anarchici di Errico Malatesta
> Ma nel momento in cui furono costretti a scegliere fra: governo di coalizione
> retto da Mussolini, e scontro coi fascisti con un governo che avrebbe avuto bisogno
> dell'appoggio matteottiano, scelsero la prima strada.

Da una confusione emerge una guerra civile
dalla guerra nasce una democrazia
dalla democrazia nasce l'abuso
dall'abuso nasce nuova confusione

E per la proprietà transitiva
analogamente da dittatura

comelastoriahainutilementedimostrato
(Montanelli)

Parvus

unread,
Nov 18, 2022, 11:22:04 AM11/18/22
to
Il giorno mercoledì 16 novembre 2022 alle 12:14:52 UTC+1 Sargon ha scritto:

Ringraziando l'amico Sargon per gli interessanti apporti e per la pazienza, prima di rispondere al suo, vorrei intercalare una riflessione:
Il 28 ottobre, non è accaduto niente di irreversibile, non è che le squadre fasciste abbiano fatto del Parlamento un bivacco di manipoli.
Al di là di alcune violenze, tutto sommato minori a quelle a cui purtroppo da quattro anni era abituata l'Italia, nessuno è stato arrestato, nessun deputato è stato dichiarato decaduto.
Più gravi trovo alcune successive omissioni del sovrano, commesse quando l'alternativa non era più il rischio di una guerra civile.
11 gennaio 1926: Commemorazione alla Camera della appena defunta Regina madre Margherita.
I Pipisti e i Demosociali decidono di abbandonare l'Aventino, e partecipare alla cerimonia. Avevano già in precedenza preannunciato l'intenzione di abbandonare l'Aventino e rientrare in parlamento, ma i fascisti avevano posto come condizione il riconoscimento dell'estraneità di Mussolini nel delitto Matteotti, condizione accettata solo da un paio di deputati.
Finita la cerimonia i fascisti "espellono" a pedate i Popolari e i Demososiali.
Da questo momento, il non partecipare ai lavori parlamentari, smette di essere atto volontario, ma la maggioranza si arroga di porre condizioni per accedere al parlamento.
Nessuna reazione del sovrano.20 gennaio 1926: Legge sulla Stampa che di fatto elimina la libertà di stampa.
Firmata dal sovrano.31 gennaio 1926 Legge numero 100 che conferisce al capo del governo il diritto di emanare decreti legislativi immediatamente esecutivi senza passare dalle Camere.
Firmata dal sovrano.
9 novembre 1926, la Camera delibera la decadenza dei 123 deputati aventiniani compresi i deputati comunisti che invece avevano continuato a partecipare ai lavori del parlamento, la cui estromissione non era perciò giustificata neppure dal pretesto della non partecipazione. In questo modo viene messa fuorilegge l'opposizione.
Il Sovrano firma.
Fine 1928 approvata la legge elettorale che prevede la lista unica. 24 marzo 1929 elezioni a lista unica, decadono quindi i 15 deputati giolittiani, unica opposizione rimasta in parlamento.
Il sovrano controfirma il tutto.

Parvus

unread,
Nov 20, 2022, 4:36:40 AM11/20/22
to
Il giorno mercoledì 16 novembre 2022 alle 12:14:52 UTC+1 Sargon ha scritto:

> > Ma ti domando: se tu fossi stato il re, avresti affrontato
> > il rischio della terza soluzione?
> Come fai a parlare di rischio con
> un'insurrezione armata in corso contro lo
> Stato?

> Vedo che indirettamente – attraverso questa
> mistificante provocazione nei miei confronti –
> dai per scontato che lo stato d'assedio avrebbe
> impedito l'avvento del fascismo. Sei tu
> l'esperto del "cosa succede se".

Dunque:
Eliminando uno scenario si apre una rosa
di possibilità.
Nessuno al mondo non potrà mai sapere
cosa sarebbe successo se...
Si possono però valutare rischi e vantaggi
che una determinata scelta avrebbe dato.
Quindi, non revocando lo stato d'assedio
sostanzialmente si aprivano tre possibili
scenari, ciascuno dei quali si scindeva
ulteriormente in altri due.
1* Il re poteva ipotizzare e sperare che
una volta mostrati i muscoli il bluff
fascista si sarebbe sgonfiato. Arresto di
Mussolini, dei quadriunviri e maggiori
esponenti, le squadre che tornano a casa
con le pive nel sacco.
Da un simile scenario poteva derivare
una neutralizzazione quasi totale del
fascismo, con pene severe e provvedimenti
legislativi, oppure poteva finire tutto in poco
magistratura che da pene miti, parlamento
che prende misure blande.
Seconda ipotesi: Qualcuno si metteva di
mezzo e trovava un compromesso.
(Tipo due ministeri ai fascisti)
Terza ipotesi: avendo tratto il dado, i
fascisti attaccano.
Per adesso direi di concentrarci su questo

Parvus

unread,
Nov 20, 2022, 6:46:03 PM11/20/22
to
Il giorno mercoledì 16 novembre 2022 alle 12:14:52 UTC+1 Sargon ha scritto:

Sargon

unread,
Dec 10, 2023, 5:40:33 AM12/10/23
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:

> ...

(Parte 12)

16 ottobre 1922 ore 15.00
Milano: riunione per decidere l'azione
militare.
Ricorda De Vecchi che: « quando Mussolini ebbe
finito, intervenni per avanzare alcune
obiezioni. « Tu hai parlato » gli dissi
« ignorando il punto fondamentale della
questione. Senza un organismo militare che sia
in grado di manovrare opportunamente le forze
fasciste, piani come il tuo sono destinati al
più clamoroso fallimento. Tu, del resto, ne hai
già fatto le prove ». Mussolini e Michelino
Bianchi si scambiarono un'occhiata, poi
entrambi puntarono gli occhi su di me. « La
milizia » ripresi « non è ancora preparata e
occorrerà del tempo perché sia in grado di
agire come forza organica ». Mussolini mi diede
sulla voce e disse di avere stabilito di
lanciare l'attacco entro pochissimi giorni. Non
ricordo esattamente quanti, ma sono sicuro che
erano meno di una settimana. « Assurdo »
ribattei. « A meno che tu non preferisca il
disastro al successo. Io chiedo un mese di
tempo e vorrei anche sentire il parere degli
altri ». De Bono e gli altri due generali
furono dʹaccordo con me. Balbo e Bianchi
insistevano per il colpo imminente ».

Scrive Italo Balbo:
« Io mi dichiaro preoccupato per la piega che
hanno preso in questi ultimi giorni gli
avvenimenti politici. Ritengo pericolosissimo
ogni indugio. Le manovre dei vecchi partiti
parlamentari si fanno più serrate. Anche non
volendo, il Fascismo minaccia di restare
prigioniero dellʹintrigo che si ordisce ai suoi
danni con la trappola delle elezioni. Penso che
se non tentiamo subito il colpo di Stato, in
primavera sarà troppo tardi: nel tepore di
Roma, liberali e sovversivi si metteranno
dʹaccordo: non sarà difficile al nuovo
Ministero predisporre più energiche misure di
polizia e compromettere lʹEsercito contro di
noi. Oggi godiamo del beneficio della sorpresa.
Nessuno crede ancora seriamente alle nostre
intenzioni insurrezionali. Insomma tra sei
mesi, le difficoltà saranno decuplicate. Meglio
tentare oggi lʹazione definitiva, anche se la
nostra preparazione non è completa, piuttosto
che domani, quando insieme con la nostra sarà
completa anche la preparazione degli
avversari... Michele Bianchi appoggia la mia
tesi, aggiungendo stringenti argomenti di
ordine politico ».

De Vecchi:
« Mussolini era invelenito. Il tono della sua
voce era aspro e tagliente. I militari rimasero
fermi sui loro propositi e continuarono a
sostenere la mia tesi; Mussolini si ammorbidì a
poco a poco e finì per mettere da parte la sua
discutibile intransigenza. « Lʹatto
rivoluzionario della Marcia su Roma » disse « o
si compie subito o non si farà più. Il tempo è
maturo e il Governo è marcio. Lo spettro di
Giolitti viene avanti pian piano e voi sapete
che con Giolitti al potere è meglio pensare ad
altro ». Fece una pausa e ci guardò tutti. « Mi
risulta » riprese « che alcuni collaboratori di
Facta meditano una clamorosa riconciliazione
fra Giolitti e DʹAnnunzio. Lʹabbraccio, nelle
loro intenzioni, dovrà avvenire sullʹAltare
della Patria, alla presenza di mutilati ed
excombattenti. Non occorre una mente profetica
per capire che un simile gesto, teatrale fin
che volete, ma innegabilmente importante, darà
a Giolitti nuova forza. Noi dobbiamo agire
prima che ciò si verifichi ».

Cesare Rossi osserva che De Bono e De Vecchi:
« non rinunziarono alla speranza di volgere
(lʹinsurrezione) a fini più modesti e di
carattere più ortodosso ».

Osserva Répaci:
« Quanto a Mussolini, non credeva, né poteva
credere, alla possibilità di una vittoria
militare delle sue forze insurrezionali,
qualora queste si fossero trovate di fronte la
decisa volontà contraria dello Stato. Ecco il
motivo della sua scarsa preoccupazione delle
condizioni dellʹarmamento e
dellʹequipaggiamento delle squadre ».

18 ottobre 1922
Bordighera: in una camera dellʹHotel du Parc,
riunione di Balbo, De Bono, De Vecchi, Teruzzi,
il colonnello Sacco (uomo di fiducia di De
Bono) e il tenente Cerruti.
De Vecchi scrive nelle sue memorie che la data
imposta da Mussolini per l'insurrezione fu
messa in discussione:
« Fummo dʹaccordo nel considerarla
inaccettabile e di ripiegare su altre date un
poʹ più lontane e tali da permettere di
avvisare in tempo i nuovi comandi di zona.
Stabilimmo, inoltre, contro il parere di
Mussolini, di compiere la grande adunata di
Napoli e di fissare come limite per le
operazioni preliminari di mobilitazione il 28
ottobre ».
De Vecchi chiese udienza alla regina Margherita
e furono invitati a pranzo nella villa in cui
risiedeva. Parteciparono solo De Vecchi e De
Bono. [...]
Scrive Balbo che De Vecchi e De Bono:
« al ritorno mi raccontarono le straordinarie e
commoventi cortesie della Regina. Ella ha avuto
la delicatezza di non sfiorare neppure con il
più piccolo moto di curiosità i motivi che ci
trattengono a Bordighera. Ma la sua fine
intelligenza, ricca di intuito, deve aver
squarciato per proprio conto il mistero. De
Bono e De Vecchi lo hanno compreso nelle sue
parole di addio, quando ha formulato i più
grandi auguri per la realizzazione dei nostri
fini « che » sono sue parole « non potevano che
essere indirizzati alla salvezza e alla gloria
della Patria » ».

Ricorda De Vecchi:
« Tramite il conte Marco Nomis di Cossilla,
chiesi udienza alla Sovrana per me e per De
Bono. Fummo ricevuti subito e approfittai di
quellʹudienza per mettere al corrente la Regina
Madre di quanto stava maturando, convinto che
lei, a sua volta, ne avrebbe informato il Re.
Era lʹunico mezzo, questo, per scongiurare un
urto fra le forze fasciste e reparti
dellʹEsercito e per far sì che la crisi, ormai
inevitabile, rimanesse circoscritta nellʹambito
governativo con carattere esclusivamente
politico. La Regina fu parca di parole, disse
di aver letto il nostro regolamento di
disciplina pubblicato su Il Popolo dʹItalia,
poi mi assicurò che avrebbe fatto nel più breve
tempo possibile lʹimportante ambasciata. Il
tono dei suoi discorsi denotava una viva
simpatia per il fascismo e per il nostro
atteggiamento nei confronti di coloro che ogni
giorno mettevano a repentaglio la continuità
dello Stato. Al momento del congedo, De Bono
chiese alla Sovrana di benedirci e la Regina
con la sua voce pacata e un poʹ stanca,
rispose: « Andate, io sono sempre per le cose
buone e belle » ».

20 ottobre 1922
Firenze: convegno con la partecipazione di
tutti i Quadrumviri.

21 ottobre 1922
Riunione al ministero degli Interni per
predisporre le misure di ordine pubblico
annunciate da Facta al Re, che furono
pienamente attuate (nella capitale).
Scrive una fonte fascista:
« Si trovano agli ordini dei funzionari in
tutti gli uffici della Capitale e specialmente
nelle stazioni di Portonaccio, Mandrione,
Tuscolana, San Pietro e Trastevere, guardie
regie, carabinieri e soldati. Lungo la strada
ferrata si trovano pattuglie di guardia di
finanza e soldati del genio. Anche lʹufficio di
San Lorenzo è guardato militarmente e allʹarco
di Santa Bibiana si trovano dei soldati del
genio con mitragliatrici. Gli ordini impartiti
dal Ministero dellʹInterno alla polizia romana,
sono tassativi e rigorosissimi... Ma nella
mattina (del 23) i treni fascisti hanno
transitato senza incidenti. Altri treni, per
ragioni di servizio, hanno proseguito
direttamente per il raccordo del bivio
Mandrione dopo una breve sosta in quella
località fuori le mura romane. Allʹarrivo di
ogni treno sotto la tettoia di Termini, un
commissario dellʹufficio di P.S. della ferrovia
agli scompartimenti domanda con cortesia se i
viaggiatori... abbiano armi ».

Lo Stato italiano organizzò l'imponente numero
di treni speciali per l'adunata fascista di
Napoli. Racconta Giovanni Preziosi:
« Prima del convegno di Napoli, io ebbi
incarico da Michele Bianchi, segretario del
Partito, di recarmi dallʹon. Vincenzo Riccio,
ministro dei Lavori pubblici dal quale
dipendevano allora le ferrovie, per chiedere la
formazione di treni speciali che da ogni parte
dellʹItalia dovevano trasportare a Napoli, dal
22 allʹalba del 24, trentamila camicie nere e
restituirle poi alle rispettive sedi dal 25 al
26...
Credo che assolsi bene il mio compito, perché
alle difficoltà tecniche che affacciava il
Ministro, io risposi con la presentazione del
piano del movimento dei treni speciali; piano
che rispettava e lasciava inalterato il
movimento ordinario delle ferrovie: il che
dette al Ministro lʹimpressione che il Partito
possedeva alla perfezione il movimento
ferroviario. Fu dopo questa impressione che il
Ministro Riccio uscì nella frase: « Ma voi non
sapete che, per ogni evenienza, noi faremo
porre le mine sotto i ponti della ferrovia
Napoli-Roma ».
Il Governo sospettava che il Congresso di
Napoli fosse una finta e che le Camicie nere,
una volta concentrate a Napoli, di qui
muovessero in marcia su Roma. Era la tesi del
ministro degli Interni Taddei e del ministro
Amendola. Risposi sorridendo: « Non penserai
che Mussolini voglia disporre le cose rendendo
facile lʹimbottigliamento delle Camicie nere »;
e discussi anche il piano di ritorno dei treni
speciali. Bianchi fu contento dellʹesito; da
quel giorno lʹon. Riccio fu il tramite delle
comunicazioni tra Partito e Governo ».

Saluti
Sargon

Sargon

unread,
Dec 11, 2023, 8:20:29 AM12/11/23
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 13)

24 ottobre 1922
Mussolini a Napoli per l'adunata fascista.
Dal discorso di Mussolini al Teatro San Carlo:
« Insomma noi siamo al punto in cui la freccia
si parte dall'arco, o la corda troppo tesa
dell'arco si spezza! Voi ricordate che alla
Camera italiana il mio amico Lupi ed io ponemmo
i termini del dilemma, che non è soltanto
fascista, ma italiano: legalità o illegalità?
Conquiste parlamentari o insurrezione?
Attraverso quali strade il Fascismo diventerà
Stato? Perché noi vogliamo diventare Stato?
Perché il giorno 3 ottobre io avevo già risolto
il dilemma [...] Ebbene, con tutto ciò il
deficiente Governo che siede a Roma, ove
accanto al galantomismo bonario ed inutile
dell'on. Facta, stanno tre anime nere della
reazione fascista alludo ai signori Taddei,
Amendola ed Alessio - questo Governo mette il
problema sul terreno della pubblica sicurezza e
dell'ordine pubblico! [...] Noi fascisti, non
intendiamo andare al potere per la porta di
servizio; noi, fascisti, non intendiamo
rinunciare alla nostra formidabile progenitura
ideale per un piatto di lenticchie
ministeriali! Perché noi abbiamo la visione che
si può chiamare storica, del problema, di
fronte all'altra visione, che si può chiamare
politica e parlamentare. [...] Allora, o
signori, il problema, non compreso nei suoi
termini storici, si imposta e diventa un
problema di forza. Del resto, tutte le volte
che nella storia si determinano dei forti
contrasti d'interessi e d'idee, è la forza che
all'ultimo decide. Ecco perché noi abbiamo
raccolte e potentemente inquadrate e
ferreamente disciplinate le nostre legioni:
perché se l'urto dovesse decidersi sul terreno
della forza, la vittoria tocchi a noi. Noi ne
siamo degni; tocchi al popolo italiano che ne
ha il diritto, che ne ha il dovere, di liberare
Ia sua vita politica e spirituale da tutte
quelle incrostazioni parassitarie del passato
che non può prolungarsi perennemente nel
presente perché ucciderebbe l'avvenire. [...]
Questi problemi hanno il nome di monarchia, di
esercito, di pacificazione... ... Niun dubbio
che il regime unitario della vita italiana si
appoggia saldamente alla monarchia di Savoia.
Niun dubbio, anche, che la monarchia italiana,
per le sue origini, per gli sviluppi della sua
storia, non può opporsi a quelle che sono le
tendenze della nuova forza nazionale. Non si
oppose quando concesse lo Statuto, non si
oppose quando il popolo italiano – sia pure in
minoranza, una minoranza intelligente e
volitiva – chiese e volle la guerra. Avrebbe
ragione di opporsi oggi che il Fascismo non
intende di attaccare il regime nelle sue
manifestazioni immanenti, ma piuttosto intende
liberarlo da tutte le sovrastrutture che
aduggiano la posizione storica di questo
istituto e nello stesso tempo comprimono tutte
le tendenze del nostro animo? Inutilmente i
nostri avversari cercano di perpetuare
l'equivoco. Il Parlamento, o signori, e tutto
l'armamentario della democrazia, non hanno
niente a che vedere con l'istituto monarchico.
Non solo, ma si aggiunga che noi non vogliamo
togliere al popolo il suo giocattolo (il
Parlamento). Diciamo « giocattolo » perché gran
parte del popolo italiano lo stima per tale.
[...] Potrebbe darsi, però, che se domani si
strappasse loro il giocattolo, se ne
mostrassero dispiacenti. Ma noi non lo
strapperemo. In fondo ciò che ci divide dalla
democrazia è la nostra mentalità, è il nostro
metodo. La democrazia crede che i principi
siano immutabili in quanto siano applicabili in
ogni tempo, in ogni luogo, in ogni evenienza.
Noi non crediamo che la storia si ripeta, noi
non crediamo che la storia sia un itinerario
obbligato, noi non crediamo che dopo la
democrazia debba venire la superdemocrazia! Se
la democrazia è stata utile ed efficace per la
nazione nel secolo XIX, può darsi che nel
secolo XX sia qualche altra forma politica che
potenzii di più la comunione della società
nazionale. Nemmeno adunque, lo spauracchio
della nostra antidemocrazia può giovare a
determinare quella soluzione di continuità, di
cui vi parlavo dianzi. Quanto poi alle altre
istituzioni in cui si impersona il regime, in
cui si esalta la nazione – parlo dell'esercito
– l'esercito sappia che noi, manipolo di pochi
e di audaci, lo abbiamo difeso quando i
ministri consigliavano gli ufficiali di andare
in borghese per evitare conflitti! [...] Così
per la pacificazione. Noi siamo per la
pacificazione, noi vorremmo vedere tutti gli
italiani adottare il minimo comune denominatore
che rende possibile la convivenza civile; ma
d'altra parte non possiamo sacrificare i nostri
diritti, gli interessi della nazione,
l'avvenire della nazione a dei criteri soltanto
di pacificazione che noi proponiamo con lealtà,
ma che non sono accettati con altrettanta
lealtà dalla parte avversa. Pace con coloro che
vogliono veramente pace; ma con coloro che
insidiano noi, e, soprattutto, insidiano la
nazione, non ci può essere pace se non dopo la
vittoria! ».

24 ottobre 1922 ore 16.30
Telegramma di De Nicola a Mussolini:
« Desidero che giunga a, lei ed a tutti i
colleghi intervenuti a Napoli il mio personale,
cordiale affettuoso saluto ».

Mussolini ai fascisti durante il corteo di
Napoli.
« Prìncipi, Triari, Camicie Nere di Napoli e di
tutta Italia, oggi senza colpo ferire abbiamo
conquistata l'anima vibrante di Napoli, l'anima
ardente di tutto il Mezzogiorno d'Italia. La
dimostrazione è fine a se stessa e non può
tramutarsi in una battaglia, ma io vi dico con
tutta la solennità che il momento impone: o ci
daranno il governo o lo prenderemo calando su
Roma. Ormai si tratta di giorni e forse di ore.
È necessario per l'azione che dovrà essere
simultanea e che dovrà in ogni parte d'Italia
prendere per la gola la miserabile classe
politica dominante, che voi riguadagniate
sollecitamente le vostre sedi. E io vi dico e
vi assicuro e vi giuro che gli ordini, se sarà
necessario, verranno, Ed ora rompendo le righe,
recatevi sotto le finestre del Comando d'Armata
a fare una dimostrazione di simpatia
all'Esercito. Viva l'Esercito! Viva il
Fascismo! Viva l'Italia! »

Racconta De Vecchi che durante il corteo
fascista per le strade di Napoli:
« la gente che gremiva la piazza si voltò
all'improvviso verso i palazzi dei comandi
militari e cominciò a gridare a tutto fiato:
« Viva il Re ». Mi rivolsi a Mussolini e,
presolo per il braccio, gli dissi in tono di
comando: « Grida anche tu: Viva il Re ». Non
rispose. Ripetei: « Grida, Viva il Re ». Non
disse nulla. Insistetti per la terza volta e
lui mi rispose secco: « No! Finiscila! ».
« Perché? » replicai. Alzò le spalle e si passò
una mano sul viso nel suo gesto abituale.
Guardò la folla che ci voltava le spalle e
disse: « Basta che gridino loro. Basta e
avanza!... ».

24 ottobre 1922 sera
Napoli: in varie riunioni viene deciso il piano
insurrezionale e la sua entrata in azione.
Ricorda Italo Balbo:
« Questa sera (24 ottobre) riunione allʹHotel
Vesuvio. Presiede Mussolini. Sono incaricato
del verbale, ma non prendo che pochi appunti su
moduli telegrafici. Sono presenti i tre
Comandanti generali, il Segretario del Partito
Bianchi, e i vicesegretari Teruzzi, Bastianini
e Starace. Mussolini comunica il piano: le
gerarchie politiche del Partito cederanno i
poteri alla mezzanotte fra il 26 e il 27
ottobre. In questo stesso momento il
Quadrumvirato entrerà in funzione. Tutti senza
eccezione di sorta dovranno ubbidire agli
ordini che saranno emanati. Si mette in
discussione il quesito: si devono prima
mobilitare e fare partire i fascisti destinati
a raggiungere i luoghi di concentramento delle
colonne, oppure bisogna, prima della partenza
dei reparti, occupare le città coi loro uffici
pubblici? Mussolini è del parere che le due
cose si facciano contemporaneamente. Obbiettivi
del movimento: la conquista del potere con un
Ministero che abbia almeno sei ministri nostri
nei dicasteri più importanti. De Bono, De
Vecchi, e io crediamo che si debba procedere
alla mobilitazione immediata per arrivare poi
sino in fondo. Viene deciso che per venerdì 27
si ordini la mobilitazione occulta; quindi, il
28, scatto sugli obbiettivi parziali, che sono
prefetture e questure, stazioni ferroviarie,
poste e telegrafi, stazioni radio, giornali e
circoli antifascisti, camere del lavoro. Una
volta conquistate le città, nello stesso giorno
si proceda al concentramento delle squadre
sulle colonne designate per la Marcia su Roma:
a Santa Marinella, Monterotondo, e Tivoli.
Là dove la conquista e l'occupazione delle
città è facile e sicura, perché tutta la
popolazione è fascista, come nella valle Padana
e in Toscana, si lascino pochi fascisti di
guardia alle posizioni: tutto il resto si invii
ai concentramenti; dove invece la occupazione
della città non sia possibile o si presenti
problematica, non si tenti neppure l'assalto
agli uffici pubblici e si mandino tutti i
fascisti verso i concentramenti delle colonne.
Il piano dovrà svilupparsi secondo l'ordine
stabilito a Milano e Bordighera, e al comando
degli ufficiali designati a Firenze.
La mattina del 28 scatto sincrono delle tre
colonne sulla Capitale. Nella stessa mattina
del 28, sabato, sarà pubblicato il proclama del
Quadrumvirato, da Perugia, dove avrà sede.
Nel caso sʹincontrasse una resistenza armata
del Governo, evitare, finché è possibile, uno
scontro coi reparti dellʹEsercito, verso i
quali occorre manifestare sentimenti di
simpatia e di rispetto: neppure accettare
lʹaiuto che fosse eventualmente offerto alle
squadre dʹazione dai reggimenti. Questa
eventualità sarà presa in considerazione dal
Quadrumvirato soltanto in caso di conflitto.
Saranno diramati in proposito ordini precisi.
In definitiva non cedere davanti a nessuna
opposizione e raggiungere Roma a tutti i costi.
Quanto alle armi, i Quadrumviri hanno già
individuato due o tre depositi, sui quali può
essere compiuto un colpo di mano. Comunque i
fascisti potranno procedere al disarmo di
piccoli distaccamenti dei carabinieri nella
campagna. Azioni particolari sono previste per
Milano, Torino e Parma. Da sabato il lavoro
sarà sospeso in tutta Italia. Durante la
giornata della insurrezione tutte le città
saranno imbandierate. Particolari ordini
saranno dati per le regioni di confine, dove
devono essere strettamente osservati gli
elementi allogeni e impedite ad ogni costo le
infiltrazioni slave, occupando i passi alpini.
Comunico per conto mio di avere preparato
squadre di arditi che dovranno stabilirsi a
Roma per creare panico nel caso la città
resistesse alla invasione delle Camicie nere.
La riunione termina senza cerimoniale, con
alcune frasi secche di Mussolini. Ciascuno esce
salutando romanamente, in silenzio, ma gli
occhi sfavillano ».
Seguono i cinque punti (vedi parte 11).
Viene anche stabilito che:
« Nel doloroso caso di un investimento bellico,
la colonna Bottai (Tivoli e Valmontone)
accerchierà il quartiere San Lorenzo entrando
dalla Porta Tiburtina e da Porta Maggiore, la
colonna Igliori con Fara (Monterotondo) premerà
da Porta Salaria e da Porta Pia, e la colonna
Perrone (Santa Marinella) da Trastevere ».

Aggiunge De Vecchi al racconto:
« Insistetti... sulla mia convinzione che non
si sarebbe verificato alcun urto con le forze
armate perché ormai la maggioranza del Paese e
lo stesso Sovrano erano convinti che la
situazione non presentava alcun altro sbocco.
« Per Sua Maestà » dissi « basterà una nuova
crisi parlamentare; al resto state tranquilli,
penserà lui! ». Come conclusione di queste mie
idee, domandai di essere autorizzato ad
accettare, qualora mi fosse stata proposta, una
soluzione che facesse capo al Parlamento e
Mussolini ne fissò date e modalità ».

Scrive Mussolini:
« Gli indugi sono troncati dall'ultima manovra
tentata dal Governo a fondo patriottico,
combattentistico. Bisogna impedire che la
cerimonia del 4 novembre giovi a prolungare
l'agonia del regime ormai condannato...
L'azione del 28 ottobre deve precedere la
manovra preparata per il 4 novembre. Non si può
tardare più oltre ».

25 ottobre 1922
Mussolini puntava alla conquista di Roma, nel
senso del governo dell'Italia, con ogni mezzo,
anche se sapeva che gli squadristi ammucchiati
con estrema difficoltà in prossimità della
capitale, avrebbero avuto poche speranze di
successo in caso di scontro militare con
l'esercito, complessivamente fedele al reuccio.
Anche gli altri esponenti fascisti lavoravano
nella stessa direzione, con obiettivi
soddisfacenti per loro, ma non per Mussolini.
L'azione di Grandi, De Vecchi si affiancava a
quella del nazionalista Federzoni e aveva come
obiettivo primario non la ʺMarcia su Romaʺ,
bensì una soluzione politica Salandra. Ciano e
Acerbo partecipavano attivamente a questi
negoziati.

Racconta un cronista dell'epoca che
« il lavoro di De Vecchi e Grandi si inizia con
un colloquio allʹHotel Moderne, il 25 ottobre.
Essi si affidano agli uomini più sicuri del
Partito liberale, Salandra, Orlando. La
missione dei due deputati fascisti mira ad
avvertire il Re del movimento legalitario
fascista e di diffidare degli uomini illusi di
perpetuare il governo dei compromessi ».

Le memorie postume di De Vecchi raccontano che
si era messo d'accordo con Costanzo Ciano, a
Napoli, per informare il reuccio attraverso
l'ammiraglio Thaon di Revel, che si trovava a
Napoli. De Vecchi e Ciano andarono a visitarlo
« ragguagliandolo su ogni particolare, e
ottenendone la promessa che egli ne avrebbe
reso edotto il Sovrano » (Répaci). L'iniziativa
viene condivisa da Dino Grandi.
Scrive De Vecchi:
« Avevo trovato il mio uomo; difatti lo pregai
di associarsi a me e lo nominai mio capo di
Stato maggiore con l'intesa che appena a Roma
avremmo iniziato il lavoro nel senso già
concordato ».
Per lo stesso motivo, De Vecchi non esitò a
contattare il Duca dʹAosta, tramite il tenente
Emanuele Bosco, convocato a Napoli:
« lo chiamai e l'avvertii di riferire al Duca
dʹAosta le date del movimento con
l'assicurazione che la marcia non avrebbe avuto
nessun carattere antimonarchico. Gli raccontai
anche dell'incontro con Thaon di Revel e della
mia preoccupazione che il Sovrano fosse
avvertito subito ».

Saluti
Sargon

Io difendo la memoria

Parvus

unread,
Dec 11, 2023, 7:03:05 PM12/11/23
to
Il giorno domenica 10 dicembre 2023 alle 11:40:33 UTC+1 Sargon ha scritto:
. Io chiedo un mese di
> tempo e vorrei anche sentire il parere degli
> altri ». De Bono e gli altri due generali
> furono dʹaccordo con me. Balbo e Bianchi
> insistevano per il colpo imminente ».
>
Complimenti vivissimi per la monumentale opera.
Contro di essa non voglio entrare in polemica, ma
unicamente cogliere alcuni punti di discussione.
Cesare Maria De Vecchi, sostenuto dal generale
Emilio De Bono, chiede un mese di rinvio.
Senza entrare nel merito, se deve però notare che,
secondo il maggiore esponente del fascismo
moderato, e un generale dell'esercito, quella del
fascismo era una forza militare reale, altrimenti
non avrebbe avuto alcun senso il chiedere un
rinvio. Se le squadre erano un'armata brancaleone
lo sarebbero rimaste anche dopo un mese.
Ripeto: non voglio entrare nel merito se De Bono e
De Vecchi avessero ragione. Può darsi benissimo
che anche organizzando al meglio e distribuendo
armi, la forza armata del fascismo sarebbe
rimasta inconsistente. Ma qui stiamo parlando
di percezione. E non si trattava della percezione
di due sprovveduti.
Quindi dove voglio arrivare, si chiederà qualcuno.
Semplice: Differentemente da quanto la
storiografia allineata ripete all'infinito, per il re,
non si trattava di far scappare quattro mentecatti,
ma di affrontare un assalto il cui esito col senno
di allora non era scontato.
Vero che c'erano le manchevolezze denunciate da
De Vecchi. Ma il re non poteva conoscerle.
Con seimila uomini, in una capitale le cui
comunicazioni telegrafiche erano state interrotte,
avrebbe dovuto affrontare l'assalto di un numero
sconosciuto di uomini, sia pur male armati e
indisciplinati, ma fanatici e violenti.
Sarebbe stato sufficiente che in un punto, per
viltà o tradimento, un reparto cedesse, e migliaia
di squadristi sarebbero penetrati in Roma, con
effetti deleteri per la monarchia.

Sargon

unread,
Dec 14, 2023, 4:40:04 AM12/14/23
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 14)

23 ottobre 1922
In viaggio verso Napoli, Mussolini fa tappa a
Roma. Nelle dieci ore trascorse nella capitale,
ha un lungo colloquio con Salandra. Racconta
Salandra:
« Il colloquio era stato fissato a Milano
dallʹon. De Capitani. Intermediari tra De
Capitani e Mussolini, due dei più fidi
collaboratori, allora oscuri e anche a me
sconosciuti, di poi assurti ad alti gelosi
uffici: Michele Bianchi e Cesare Rossi. De
Capitani era a Milano il più caro fra i miei
amici, alla Camera non sʹera mai dissociato da
me; ma era pure intimo amico del Mussolini,
presso il quale rappresentava sentimenti e
interessi dei conservatori milanesi. Costoro
sulle forze dei fascisti avevano fondato ogni
speranza di riscossa contro il socialismo che
aveva per lunghi anni signoreggiato a Milano e
si era impossessato del Comune e delle grandi
istituzioni locali: lʹideale di De Capitani era
una completa intesa, a tutti gli effetti, fra
Mussolini e me. Nel colloquio non si parlò
punto di combinazioni con me o con altri.
Mussolini, a mia richiesta, mi espose, nella
forma breve e netta che gli era propria, i suoi
progetti. Imponeva le immediate dimissioni del
ministero Facta, chiedeva nel Governo futuro
per i fascisti cinque ministeri, aggiungendo
che escludeva lʹinterno. Egli, Mussolini,
intendeva rimaner fuori per smobilitare le
squadre, essendo egli il solo a cui avrebbero
obbedito. Al che osservai che sarebbe stata
assai difficile, anzi pietosa la situazione del
futuro ministro dellʹinterno, con lui fuori a
capo delle squadre armate. Insisteva
soprattutto che si facesse presto; altrimenti
seguirebbe lʹazione ».

26 ottobre 1922
Mentre a Napoli si svolge la terza giornata
dell'adunata fascista, a Roma, si intensificano
gli sfori per ottenere le dimissioni di Facta.
In tal senso, oltre a Salandra, De Vecchi e
Grandi mantengono contatti anche con Vittorio
Emanuele Orlando.

- Nello stesso giorno viene trascritta una
telefonata fra il redattore romano del Corriere
della Sera e il direttore Luigi Albertini,
riportata da E. Ferraris (sottosegretario agli
Interni):
« Ecco, la spiegazione che danno a Montecitorio
sarebbe questa: che i fascisti avrebbero
diretto a Riccio questʹultimatum dellʹobbligo
di dare le dimissioni appunto per rompere i
ponti con le trattative che avevano con
Giolitti e per costruire un ministero puramente
di destra; ciò sarebbe giustificato in certo
senso dalla notizia che Salandra aveva
accompagnato Riccio da Facta ».

- In mattinata De Vecchi cerca contattare la
Casa Reale; ma inutilmente, perché il reuccio è
assente.

- De Vecchi e Ciano incontrano Salandra. Scrive
ricorda:
« Mi chiesero formalmente come a cavaliere
dellʹAnnunziata, di informare il Re, allora a
S. Rossore, che occorrevano le immediate
dimissioni del Ministero; altrimenti il sabato
sarebbe incominciato il movimento a Roma, anche
prima in qualche località secondaria. Risposi
di non aver modo di comunicare telegraficamente
in cifra con il Sovrano, non potendolo fare se
non a mezzo del presidente del Consiglio.
Consentirono che io riferissi tutto esattamente
a Facta, presente il ministro Riccio ».

- Scrive De Vecchi che Salandra:
« Ci guardò e continuò: "Per le dimissioni di
Riccio non cʹè bisogno di ricorrere a
sotterfugi. Diremo la verità". [...] Riccio,
ministro delle destre, sarà la leva che farà
saltare il Governo ».

- Salandra incontra Federzoni e Orlando.

- Ore 15.00: Salandra, accompagnato dal
ministro Riccio, si reca da Facta (alle 11
secondo Efrem Ferraris). Scrive Salandra:
« Esposi chiaramente quanto mi era stato detto.
Soggiunsi anche per mio conto parermi
necessarie risoluzioni immediate e che il Re
arrivasse a Roma lʹindomani mattina. Facta
sʹimpegnò a telegrafare subito al Re e a
radunare i ministri, due dei quali però non
erano a Roma. Osservai che il momento era tale
da non consentire che si attendesse lʹarrivo
degli assenti. Facta si mostrò titubante, ma
propenso a credere che le minacce dei fascisti
fossero in parte un bluff, fidando ad ogni modo
nella possibilità del Governo di resistervi.
Manifestai lʹopinione mia che i fascisti
avessero detto e intendessero fare sul serio.
Comunque il Governo doveva sapere di quali
forze disponessero, con quali mezzi e in quali
modi intendessero agire... Conclusi chiedendo
al più presto qualche risposta da comunicare ai
due che lʹattendevano con ansiosa insistenza ».

- Il sottosegretario Ferraris aggiunge che
Salandra consigliò Facta di dare le dimissioni
del Gabinetto. Facta risponde che il Consiglio
dei ministri si sarebbe riunito per un esame
della situazione.

Sargon

unread,
Dec 15, 2023, 8:06:35 AM12/15/23
to
Il giorno mercoledì 19 ottobre 2022 alle 14:45:24 UTC+2 Sargon ha scritto:
>
(Parte 15)

- Dopo l'incontro con Facta, Salandra e Riccio,
telefonano a Lusignoli per avere informazioni d
Mussolini, ma ottengono da questi solo una
risposta « negativa e dilatoria ».

26 ottobre 1922
Roma, ore 16: riunione (più che un vero e
proprio Consiglio) dei Ministri. Facta propone
le dimissioni del Gabinetto. Si oppone
energicamente il Guardasigilli Alessio, che
riporta la dichiarazione del ministro Taddei,
di aver pronto il telegramma ai prefetti per
lʹarresto dei capi fascisti. Egli è convinto
che il Governo non deve ritirarsi, ma difendere
lo Stato nel momento del pericolo e che
lʹEsercito, rimasto fedele, avrebbe obbedito.
Dopo tre ore di discussione, il ministro
Alessio convince il Fulci, il Soleri e il
Bertone.

- Obiezioni del ministro Schanzer:
« A sua volta Schanzer esclamò: "Volete
arrestare Mussolini, ma vi saranno altri dieci
che prenderanno il suo posto". Tale era la
visione in questʹuomo, la cui debolezza, la cui
impotenza, la senilità del pensiero e della
risoluzione si rivelarono tutte in quel
momento ».

- La riunione non si conclude con le dimissioni
del Gabinetto, ma con la messa a disposizione
dei portafogli da parte dei ministri al loro
Presidente.

- Il ministro nazionalfascista Riccio, informa
subito Salandra, e questi a sua volta in tarda
serata riferisce a Grandi e De Vecchi.

27 ottobre 1922
- Ore 0.10: telegramma di Facta a Vittorio
Emanuele III.
« Condizioni si concretano in certo nervosismo
dipendente dalle voci che fascisti stiano per
promuovere in tutta Italia movimenti
insurrezionali. Da molti si ritiene notizia
esagerata allo scopo di fare pressioni indole
parlamentare cioè crisi ministeriale e non
apertura Parlamento. Si sono prese tutte
precauzioni. Oggi Ministri vennero dichiararmi
mettermi a disposizione loro portafogli onde
potessi essere completamente libero in
qualunque evenienza. Io ho ringraziato
riservandomi vedere quel che potesse occorrere
e in considerazione delle condizioni del
Ministero che come già dissi a V.M. sono molto
precarie per ragioni intrinseche e che
renderanno inevitabili dimissioni ora rimandate
perché non potessero parere determinate dal
movimento fascista.
Altra considerazione che m'indusse riservare
deliberazioni consiste nel fatto indicato dal
telegramma di V.M. cioè di non perdere contatto
con Mussolini che feci avvertire di venire a
Roma. Inoltre è bene prendere tempo perché si
manifesti più sicuramente successione.
Ripeto che condizione ministero è assolutamente
compromessa sicché caduta può avvenire
indipendentemente ogni causa esterna. Io sto
facendo ogni sforzo per conservarla e mi valsi
anche oggi delle offerte fattemi dei
portafogli: ma temo che mie fatiche debbano
cadere di fronte alla impossibilità. Permettomi
indicare V.M. che data situazione attuale ogni
parte politica desidera che V.M. venga a Roma.
On.le Salandra venne oggi dirmi essere stato
incaricato da parte fascista rappresentare V.M.
situazione e che ritiene provvidenziale venuta
V.M. Roma senza ritardo. A parere mio credo che
presenza V.M. Roma avrebbe grande pregio di
tranquillizzare perché saprebbesi che qualunque
possibile crisi avrebbe subito possibilità di
essere avviata soluzione e questo può avvenire
da un momento all'altro. Sarò molto grato se
V.M. potrà farmi sapere qualche cosa. Devoti
ossequi ». Facta (Archivio Facta)

- Ore 10.05: telegramma di Vittorio Emanuele
III a Facta. Arrivo 12.15
« Grazie telegramma giuntomi poco fa. Parto col
primo treno e sarò Roma ore 20. Cordiali
saluti. Aff.mo Vittorio Emanuele ». (Archivio
Facta)

- Ore 10.25: telegramma di Vittorio Emanuele
III a Facta. Arrivo ore 12.15
« Le sarei grato se volesse eventualmente
prevenire personalità politiche che dovrei
consultare. Cordiali saluti. Aff.mo Vittorio
Emanuele ». (Archivio Facta)

- Ore 2.40: telefonata tra Michele Bianchi e
Cesare Rossi (assieme ad Aldo Finzi).
« MILANO Insomma che c'è?
ROMA I Ministri hanno posto i loro portafogli a
disposizione del Presidente del Consiglio e
Facta si è riservato di giudicare oggi... Tu mi
capisci. La situazione di Milano come la
giudichi?
MILANO Eccellente
ROMA Allora si rimane d'accordo su quanto si è
detto a Napoli.
MILANO Sì... ma... c'è qualche cosa di nuovo.
ROMA Che c'è?
MILANO Come faccio a dirti per telefono? C'è
insomma qualche temperamento in vista.
ROMA Ahi! Ahi!
MILANO Però guarda... ti avverto che io prevedo
che questo temperamento che del resto sarebbe
solo per qualche giorno, sarà respinto da tutte
e due le parti.
Roma Ma sarebbe un temperamento...?
MILANO Utilitario.
ROMA Capisco, anche per far crescere un po' più
l'acqua.
MILANO Già... Cioè... guarda che c'è qui anche
Finzi che ti vuol parlare.
ROMA Eccomi. Sono qui.
MILANO (Finzi) Domani è certo il trapasso?
ROMA Io credo di sì.
MILANO Va bene, va bene.
ROMA Quanto a noi non dobbiamo recedere d'un
passo.
MILANO Assolutamente.
ROMA Mi pare che la nostra via sia tracciata.
MILANO Fermamente.
ROMA Questo che mi dici mi conforta molto,
coraggio.
MILANO Addio Michelino ».

- Ore 3: conversazione telefonica fra Michele
Bianchi e Mussolini.
« BIANCHI Benito...
MUSSOLINI Dimmi, Michelino.
BIANCHI Io e i miei volevamo sapere che
disposizioni dare.
MUSSOLINI Disposizioni mie?
BIANCHI Sì; e che novità ci sono.
MUSSOLINI Le novità sono queste: che Lusignoli
è andato a Cavour e dice che può strappare a
Giolitti quattro portafogli importanti e
quattro sottoportafogli.
BIANCHI Quali sarebbero i portafogli?
MUSSOLINI Marina, Tesoro, Agricoltura, e
Colonie; poi ci sarebbe la Guerra che sarebbe
data a un nostro amico, poi ci sarebbero i
quattro sottosegretariati.
BIANCHI E allora?
MUSSOLINI Allora mi ha fatto telefonare da
Cavour che stamattina alle nove sarà di
ritorno.
BIANCHI Benito...
MUSSOLINI Dimmi.
BIANCHI Benito, vuoi sentire a me? Vuoi sentire
il mio fermo proposito irrevocabile?
MUSSOLINI Sì... sì...
BIANCHI Rispondi : No
MUSSOLINI È naturale, la macchina ormai è
montata e niente la può fermare.
BIANCHI È fatale come il destino stesso quello
che sta per avvenire... Ormai non è più il caso
di discutere il portafoglio.
MUSSOLINI È naturale...
BIANCHI Allora rimaniamo d'accordo; io posso
anche comunicare questo a nome tuo?
MUSSOLINI Aspetta prima... Sentiamo quello che
dice Lusignoli... domani vediamo di riparlarci.
BIANCHI Va bene.
MUSSOLINI Così perché tu possa essere a giorno
di tutto il movimento, ti dirò anche il
resoconto che mi farà Lusignoli.
BIANCHI Bene, bene.
MUSSOLINI Addio.
BIANCHI Addio Benito ».

Ma Bianchi non volle aspettare: subito dopo si
fece intervistare e dichiarò che ogni
combinazione era impossibile.

- notte del 27 ottobre: intervista di Michele Bianchi ai giornalisti.
« Dato che l'attuale crisi è in conseguenza
della manifestazione fascista napoletana,
chiaro che per volontà del Paese il Governo non
può essere assunto che da un uomo solo:
Mussolini. Mussolini, presidente del Consiglio,
sarà l'esponente logico e naturale di tutta la
grande maggioranza della Nazione. Tre giorni fa
la situazione era diversa da quella di oggi;
tre giorni fa potevamo chiedere cinque
portafogli e un sottosegretariato per
partecipare al Governo. Oggi, dopo la cerimonia
napoletana, ne possiamo chiedere sette, dieci,
quindici, tutto il Governo a noi. Il Congresso
di Napoli è stato interrotto perché gli
argomenti all'ordine del giorno erano stati
sorpassati dagli avvenimenti e perché quanto
era per accadere oggi rendeva superflua
qualsiasi discussione.
- Ma... se fosse chiamato un uomo politico come
Giolitti, Orlando, Salandra a costituire il
Ministero, in quale proporzione collaborereste?
- Non posso ammettere combinazioni, perché
l'indicazione del Paese è una sola compatibile:
Mussolini. Per quanto poi riguarda le
ripercussioni all'estero nei riguardi
dell'economia nazionale dell'avvento al potere
dei fascisti, posso dichiarare non solo nella
mia qualità di segretario dei fasci, ma sul mio
onore, che abbiamo affidamenti sicuri che con
un governo presieduto da Mussolini, il nostro
credito all'estero rifiorirà. Permettete che su
questo punto io non mi soffermi a dare
dettagli ».

- Ore 9: lettera di Michele Bianchi a De
Vecchi.
« Carissimo De Vecchi, solo alle ore una di
stanotte ho potuto scambiare telefonicamente
qualche parola con Mussolini. La brevissima
comunicazione può riassumersi così: "Nulla da
mutare a quanto deciso". Io parto fra qualche
ora per Perugia. Ormai non si può più
arretrare. Anche le circostanze accadute in
queste ultime ore favoriscono il nostro piano.
Non bisogna lasciarsi sfuggire il momento.
Agire dunque e a fondo. Entro domattina tu devi
fare di tutto per essere a, Perugia.
Una enorme responsabilità grava sul
Quadrumvirato e impone si proceda di pieno
accordo per evitare ordini e contrordini che
potrebbero riuscire fatali. Ti abbraccio. M.
Bianchi ».

- ore 10.25: conversazione telefonica fra
Mussolini e Salandra.
« MUSSOLINI Che novità ci sono?
SALANDRA Il Ministero ha dato le dimissioni
sotto la forma di mettere i portafogli a
disposizione del presidente.
MUSSOLINI E ha già rassegnato le dimissioni al
Re, Facta?
SALANDRA Questo non lo so.
MUSSOLINI Sa se c'è la possibilità che il
presidente risolva la crisi?
SALANDRA Non so; dipenderà dagli avvenimenti.
MUSSOLINI Ma se venisse designato lei a
comporre il nuovo Ministero, lei accetterebbe
questo còmpito?
SALANDRA Ora non glie lo posso dire. Venga lei
a Roma.
MUSSOLINI Non è possibile che io possa fare la
spola tra Milano e Roma.
SALANDRA In questo momento è necessario che lei
sia a Roma perché nessuno, né io né altri, ha
la possibilità di risolvere la crisi senza di
lei. Lei ha visto Ciano?
MUSSOLINI Si, è qui nel mio ufficio ed è
appunto per questo che desideravo notizie da
lei.
SALANDRA Ebbene Ciano le può raccontare ciò che
si è fatto ieri. Se io avrò altre notizie glie
le comunicherò ».

- Grandi mantiene contatti con Salandra e
incontra due volte Orlando: alle 13 e alle 20:
« la situazione giolittiana è ormai superata e
dovette cedere il posto a una soluzione
qualsiasi... Questo argomento è definitivo e
lʹon. Facta rassegna le dimissioni dellʹintero
Gabinetto nella notte di venerdì ».

- ore 15.30-19.00: Consiglio dei ministri.
Dopo aver appreso che Mussolini non ha fatto
pervenire alcuna risposta, dopo lungo dibattito
la maggioranza del Gabinetto conferma le
dimissioni.

Questi ultimi 4 messaggi erano già pronti nel
novembre 2022. Mi impegno a concludere la serie
di messaggi di questa discussione entro il 15
febbraio 2024.

Sargon

unread,
Dec 18, 2023, 11:10:30 AM12/18/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> [cut]

(Parte 16)

27 ottobre 1922
Agitazione di De Vecchi. Incontro con Preziosi
nelle prime ore del pomeriggio. Testimonianza
di Giovanni Preziosi: « ebbi da lui lʹincarico
di comunicare al Governo, tramite lʹon.
Vincenzo Riccio, che la rivoluzione era in atto
e che il Quadrumvirato era già in funzione. Se
il Governo aveva qualcosa da dire, lo poteva
fare fino alla mezzanotte; scoccata la quale
anche De Vecchi, il solo Quadrumviro restato a
Roma, avrebbe lasciato la Capitale e raggiunto
Perugia ».
Riccio, furibondo, « mi mise sottʹocchio una
lista di una settantina di nomi che "senza il
mio intervento" egli disse "a questʹora
sarebbero già arrestati". Questa lista aveva
Bianchi come primo nome, il settimo era il
mio ».

27 settembre 1922
Sospetto di tentativi di colpi militari
fascisti sulla Capitale, da parte del generale
Emanuele Pugliese, comandante della 16a
Divisione di fanteria di stanza in Roma, che
informa con lettera il comandante del VII Corpo
d'armata (Roma).

17 ottobre 1922
Trasmessa informativa Puglese del 27 settembre
dal Corpo dʹArmata al ministero della Guerra.

19 ottobre 1922
Il ministro Soleri convoca il generale
Pugliese. Soleri impartisce le direttive di
« 1. impedire assolutamente lʹingresso dei
fascisti nella capitale; 2. cercare di evitare
in ogni modo un conflitto fra fascisti ed
Esercito, e la conseguente guerra civile, che
S. M. il Re non voleva ».

20-28 ottobre 1922
Dopo il 20 ottobre si rafforzano le difese di
Roma: da 2.500 uomini, si arriva a oltre 9.500
anziani a piedi – comprendente cinque
battaglioni di alpini di sicura fiducia –, 300
a cavallo, 11.000 uomini fra carabinieri,
guardie di finanza e guardie regie, più di
7.500 reclute.

- Fra il 21 e il 28 ottobre si intensificano i
contatti Governo e autorità militare per
approntare la difesa di Roma.

25 ottobre 1922
Ore 22.45. Notizia infondata di un'operazione
bellica dei fascisti da Lodi su Milano fatta
pervenire a Roma dal prefetto Lusignoli.

--
Saluti
Sargon

Almirante difendeva la razza.
Io difendo la memoria

Sono un signore, e signori si nasce.
E io lo nacqui, modestamente.
Totò

Sargon

unread,
Dec 19, 2023, 5:31:10 AM12/19/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

(Parte 17)

26 ottobre 1922
Ore 19: il generale Pugliese invitato dal
ministero della Guerra, in ottemperanza del
telegramma n. 3290, a tenersi pronto ad
assumere i poteri e a vigilare sullʹesatto
adempimento del dovere da parte dei militari.

27 ottobre 1922
Roma, ore 17: riunione presso la Direzione
generale della Pubblica Sicurezza. Presenti: il
generale Pugliese, il Prefetto e il Questore.

- Ore 18: riunione presso il gabinetto del
ministro Taddei. Presenti: il comandante la
Divisione (Pugliese), il Direttore generale
della P.S., il Comandante dei carabinieri, il
Direttore generale delle ferrovie, il
presidente Facta. Il generale Pugliese richiede
« un ordine scritto del ministro dellʹInterno
che precisi quale debba essere il contegno
delle forze armate di fronte a una offensiva
fascista. Tale ordine, compilato dal ministro
Taddei lo stesso giorno, autorizza le forze
armate ad arrestare i fascisti « con qualunque
mezzo » » (Pugliese).

- Sera: circolare del generale Pugliese
contenente le « disposizioni circa il transito
di treni trasportanti fascisti »: stabilite
dettagliatamente interruzioni presso i nodi
ferroviari di Civitavecchia, Orte, Avezzano,
Segni e Viterbo. In ogni nodo ferroviario,
prima di procedere con l'interruzione, concesso
il transito di al più trecento fascisti.

27 ottobre 1922
Sera. Un rapporto giunto al Viminale informa il
ministero della Guerra e il Comando della
Divisione di Roma del piano strategico dei
fascisti nei più minuti particolari.

- Dislocati i primi reparti militari fuori le
mura a difesa della città.

28 ottobre 1922
Ore 0.30: disposto il passaggio della tutela
dellʹordine pubblico allʹautorità militare.

- I ʺSempre Prontiʺ disposti a schierarsi
contro i fascisti.

- Testimonianza Soleri: « molti ex‐combattenti
si erano presentati al Ministro della Guerra
per mettersi a disposizione, e gli esponenti
dei mutilati – i Delcroix, gli Host Venturi, i
Romano – avevano chiesto lʹonore di comandare i
reparti dellʹesercito che avrebbero dovuto
fronteggiare i fascisti ».

ottobre 1922
Per quanto riguarda l'esercito, oltre alle
defezioni dei generali De Bono, Fara e
Ceccherini e degli alti ufficiali Ulisse
Igliori e Aurelio Padovani, si segnalano le
simpatie del generale Baistrocchi, comandante
la Divisione di Napoli; a Milano il generale
Cattaneo, che Luigi Albertini definisce « del
tutto imbelle », è « apertamente schierato a
favore del fascismo » (Cesare Rossi); ben noto
il filofascismo del Duca dʹAosta, del generale
Diaz e dellʹammiraglio Thaon di Revel.

Sargon

unread,
Dec 20, 2023, 4:53:16 AM12/20/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> ...

(Parte 18)

27 ottobre 1922
In serata iniziano i concentramenti degli
squadristi.

27-28 ottobre 1922
Scrive Cesare Rossi:
A Milano Lusignoli « non solo non mise in opera
questi organi [di polizia], ma si rifiutò di
applicare le misure ordinategli dal senatore
Taddei, Ministro dell'Interno. Lusignoli mi
parlò, infatti, di un fonogramma di Taddei
contenente disposizioni e direttive in caso di
emergenza; fra le quali c'erano l'occupazione
da parte della polizia della Casa del fascio in
Via San Marco e l'arresto dei capi fascisti.
C'era pure specificato il mio nome, arresto da
estendersi ai deputati Mussolini e Finzi, i
quali sorpresi in fragranza di reato non
avrebbero potuto godere dell'immunità
parlamentare ».

26-29 ottobre 1922
E a Milano cosa succede? Mussolini pone il suo
quartier generale nella redazione del Popolo
dʹItalia, barricando opportunamente la sede;
continua ad avere contatti con gli esponenti
delle classi padronali, suoi ferventi
sostenitori; può contare sulla non ostilità
dell'opportunista prefetto Lusignoli, e
sull'amichevole entusiasmo del patriotico
generale Giovanni Cattaneo, comandante del
Corpo dʹArmata. Mantiene aperte tutte le strade
ricevendo lʹambasciatore Avezzana, e Schiff
Giorgini, emissari di Nitti; blandisce le
illusioni di Salandra, affidando a Costanzo
Ciano in partenza per Roma, il compito di
continuare il gioco fasullo dell'assegnazione
di ministeri e portafogli del prossimo governo.
La notte tra il 27 e il 28 Mussolini ritocca il
proclama che sarebbe stato pubblicato sul
Popolo dʹItalia; infine manda i suoi tirapiedi
in varie redazioni a intimorire la stampa.

28 ottobre 1922
Le istituzioni sono già a conoscenza che la
marcia dovrebbe essere già in moto la mattina
del 28 ottobre. Quante sono le forze
disponibili in quel momento? Colonna Igliori:
2.000 uomini; colonna Perrone (Civitavecchia):
4.000 uomini; colonna Bottai (Tivoli): 3.000.
In tutto 9.000, che erano in realtà assai meno
per via delle interruzioni ferroviarie di
Civitavecchia che bloccano la colonna Perrone.
Le forze effettive raggiungeranno i 40.000
uomini solo il 30 ottobre.

28 ottobre 1922
Sui collegamenti ferroviari il generale
Pugliese, che ha avuto ordine di interromperli,
scrive:
« Distaccamento di Civitavecchia. Alle ore 8
del 28 ottobre, per impedire il proseguimento
di un treno trasportante 800 fascisti, che si
rifiutavano di scendere dal treno stesso,
ordinai lʹattuazione dellʹinterruzione, che
venne effettuata dal distaccamento del Genio
ferrovieri, mediante il deragliamento di una
locomotiva nel binario legale, e lʹasportazione
di una campata sullʹaltro binario.
Impossibilitati materialmente a proseguire per
ferrovia, i fascisti discesero dal treno e
proseguirono per via ordinaria su Santa
Marinella. Durante i giorni 28 e 29 e nelle
prime ore del 30, lʹaffluenza dei fascisti fu
continua. Parte di essi proseguirono per via
ordinaria su Santa Marinella, altri si
accantonarono su treni in stazione ».
(continua)

Sargon

unread,
Dec 21, 2023, 4:08:12 AM12/21/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> ... [cut]

(Parte 19)

28 ottobre 1922
- Da parte fascista, Dario Lischi, autore de
"La marcia su Roma con la colonna Lamarmora",
scrive che quando il convoglio giunse a
Civitavecchia:
« la stazione e le adiacenze sono occupate
dalle truppe regolari che hanno un ordine
categorico: resistere. Il treno non può
proseguire; squadre del Genio hanno tagliato i
binari che giacciono ammassati a cataste,
parallelamente alla via. Ma le legioni pisane
devono trovarsi, non più tardi delle ore 11, a
Santa Marinella; alle ore 13 e alle 15 dovranno
essere concentrate e inquadrate le altre. Non
si poteva né si doveva ritardare. A ogni costo,
con ogni mezzo, lʹobiettivo doveva essere
raggiunto. Civitavecchia! Odore di polvere! Le
Camicie nere hanno illimitata fiducia nei capi
e non chiedono né cercano spiegazioni. Si
comanda loro di lasciare il treno ed esse
scendono svelte e ordinate... I comandanti
delle unità sono a colloquio con le autorità
militari. Colloquio cortese, ma freddo, di
drammatica intensità. Da una parte una volontà
ferma, che nessuna forza avrebbe potuto
rimuovere; dallʹaltra dei soldati italiani con
un ordine da far rispettare. Il treno non
avrebbe proseguito: erano stati tagliati i
binari e massicce locomotive, poste traverso la
via per impedire i possibili allacciamenti;
mitragliatrici piazzate in posizione e
moschetti di carabinieri puntati ».

- In marcia verso Santa Marinella Lischi
annota:
« Piove: scroscia lʹacqua di traverso, investe
in pieno i volti che appena si corrugano,
penetra fra le pieghe delle mantelline,
schiocca sulle pozzanghere, sollevando una
spruzzaglia fangosa ». (Lischi)

- Giunti a Santa Marinella:
« lʹarsura non avvertita durante la marcia
reagisce impetuosa e assillante. Semplicissimo:
alle fontane!... Santa Marinella era senzʹacqua
potabile: questo nido dello snob e
dellʹeleganza romana senzʹacqua! Il
rappresentante a Civitavecchia del Governo
dellʹultima vergogna dʹItalia aveva stretto
alleanza – probabilmente – con gli ʺarditi del
popoloʺ e aveva preparato insieme la ingrata
sorpresa ai legionari disfatti dallʹarsura
della marcia ». (Lischi)

28 ottobre 1922
Situazione dei marcianti. Testimonianza di
Sante Ceccherini, comandante delle legioni in
Santa Marinella:
« Vi erano... i reparti someggiati, le
avanguardie in motocicletta e in automobile e a
cavallo, reparti di mitraglieri e perfino di
artiglieria portati da Renato Ricci; poi veniva
il grosso armato di moschetti ʹ91, di vecchi
fucili da caccia e di altre specie di armi ».

- Scrive Balbo: « le armi non mancano ».

- Testimonianza di un capo centuria aretino a
Monterotondo:
« Bisogna dare i fucili ai tiratori scelti e a
coloro che hanno fatto il soldato e disporli in
testa e ai fianchi delle centurie e delle
squadre... Qualche giovanotto che deve dare il
fucile a un anziano, dopo averlo portato fino
allora, mormora un poʹ... »
(continua)

--
Saluti
Sargon

Almirante difendeva la razza.
Io difendo la memoria.

Sargon

unread,
Dec 22, 2023, 3:40:02 AM12/22/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> ... [cut]

(Parte 20/25)

28 ottobre 1922
- Dice il generale Pugliese, in base a
informazioni ufficiali, che i fascisti sono
organizzati in « frazioni malamente e
parzialmente armate » e che sono armati « nella
massima parte solamente di bastoni e di
pugnali ».

- Il giornalista spagnolo, R. Sanchez Maras
dellʹABC di Madrid, descrive così gli
squadristi marcianti per le vie di Roma:
« lʹarmamento e le vesti erano di una varietà
infinita. Erano camicie nere di tela ordinaria,
di lana, di cotone, di filo e di seta con le
insegne dʹoro. Nelle mani avevano fucili,
moschetti, bastoni e staffili, corte mazze,
doppiette da caccia e carabine... Alla cintura
portavano pugnali, pistole e falcetti e arnesi
agricoli ».

- Scrive, infine Emilio Lussu:
« La grande parte è senzʹarmi: molti sono
armati di fucili da caccia. I fucili militari
sono senza cartucce. Solo alcune mitragliatrici
delle squadre toscane sono in buono stato. I
viveri incominciano a essere insufficienti sin
dal primo giorno ».

28 ottobre 1922
La colonna Zamboni, inviata a Foligno, colonna
di riserva che Balbo definì « la carta decisiva
della rivoluzione », secondo De Bono è forte di
circa 3.000 uomini, di cui solo trecento
armati. Tanto è vero che alle ore 7 del 29
Zamboni è « costretto ad impadronirsi delle
armi nellʹarmeria di Spoleto », mentre la
progettata occupazione della fabbrica di armi
di Terni non fu necessaria solo per le
rassicuranti notizie giunte da Roma » (Répaci).

28-30 ottobre 1922
Scrive Farinacci:
« Rivoluzionari sono accampati nelle capanne,
nei sotterranei, sotto gli alberi alla pioggia,
con fame e sonno. La più dura disciplina è
quella dellʹattesa, del mistero che grava
quando non manca di avanzare dʹun passo,
attaccare lʹanello alle bande, premere i
grilletti e i bottoni. I pagliai umidi e
bagnati servono qualche volta di giaciglio:
verranno a Roma i legionari mezzo impelati di
campagna, con festuche nei capelli e nelle
fasce. Le calze vengono buttate via e si
rimedia con la carta dei giornali. Le giacche e
i fez gocciolano... I ranci sono scarsi: i
comandanti attendono sacchi di pane, e gallette
e riso... ».

- Del Vita, autore de "La marcia su Roma con la
centuria scelta di Arezzo " scrive:
« Lʹacqua viene a scrosci ora... poi ha qualche
pausa... Bagnati come pulcini, indolenziti,
zoppicanti, con i nostri equipaggiamenti
improvvisati, siamo veramente buffi. Uno si è
levato i gambali e li porta, dondolando per il
sonno e la stanchezza, uno per mano come due
secchie; un altro si è tolto due formidabili
stivali da cavalleria, e li porta dietro la
schiena camminando scalzo. Intorno a noi cʹè il
deserto. Sola oasi, poco distante dalla via,
una casa in costruzione, ove, per infantile
illusione, si sono rifugiati centinaia di
fascisti. Lʹacqua infatti vi penetra, o meglio
vi si immette a torrenti. I miei uomini sono là
addossati lʹuno allʹaltro sotto lʹacqua...
Molti dormono, insensibili a tutto. Altri
sonnecchiano e sono come abbrutiti ».

Sargon

unread,
Dec 22, 2023, 9:21:37 AM12/22/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> ... [cut]

(Parte 21/25)

28-30 ottobre 1922
- Ulisse Igliori descrive le condizioni della
colonna di Monterotondo:
« Provvidi agli alloggi e feci sbarrare la
strada di accesso di Mentana e Monterotondo. Ma
la cosa che più mi preoccupò, date le scarse
risorse dei paesi, fu la sussistenza degli
uomini. Creammo un mattatoio dove i capi di
bestiame venivano uccisi a decine da macellai
improvvisati; rinforzammo con nuovo personale,
attinto dai legionari, tutti i forni di
Monterotondo e Mentana, e altri ne istituimmo
improvvisandoli con mezzi rudimentali. Fu
proceduto allʹistituzione dellʹautoparco, alla
creazione di grandi cucine allʹaperto in
prossimità di ogni accantonamento, furono
stabiliti posti di medicazione, ed attuato un
rigoroso servizio di ronda... ».

- Prosegue: « mi incomincio a preoccupare per
gli alloggi e per i viveri » per il
sopraggiungere di altri squadristi.

- All'arrivo a Roma la mattina del 30 ottobre,
Igliori conclude:
« non vʹera una sola casa dove poter riparare
la mia gente grondante che non toccava cibo dal
giorno prima, ed io ero fortemente preoccupato
nel dover tenere una colonna in sì tristi
condizioni alle porte di Roma ».

- Per impedire che la colonna di Igliori
(Monterotondo) si trasformasse in marcia di
affamati, Salandra scrive che il giorno 28 « si
provvide inviando carri dellʹesercito con
carichi di pane ».

28 ottobre 1922
- A Orte il 28 mattina viene interrotto il
binario diretto a Roma. Dopo il passaggio di
1500 fascisti su un treno transitato sul
binario illegale, viene interrotto anche
quello. 7.000 fascisti sono obbligati ad
accamparsi in prossimità della stazione di
Orte.

- Ad Avezzano passano solo 300 fascisti. La
linea viene interrotta alle 20.30 del 28
ottobre. 400 fascisti sono bloccati ad Avezzano
e 2.000 in prossimità della città.

- A Segni non è necessario il blocco perché
1.500 fascisti scendono volontariamente dai
treni.

- A Viterbo nessun blocco perché transitano
pochissimi fascisti.

- A Roma vengono presidiati tutti i punti
strategici e bloccata la sede del fascio.

29 ottobre 1922
Impietosa la descrizione della situazione della
colonna Igliori, nel suo rapporto delle ore
21.00 del 29 ottobre:
« Deficienze: mancano acqua, viveri e denaro ».

- Prosegue:
« Non hanno alloggi e a loro pare di essere al
coperto. Non hanno mangiato e stanno sdraiati
quasi a fare il chilo. Non hanno acqua e
cantano a squarciagola i loro canti di
battaglia e di vittoria ».

Sargon

unread,
Dec 22, 2023, 3:29:59 PM12/22/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> ... [cut]

(Parte 22/25)

29 ottobre 1922
- Sulla possibilità dei collegamenti, Perrone Perrone
Compagni aggiunge:
« la truppa – R. Esercito – accolta parte della
ferrovia fra Civitavecchia e Santa Marinella.
Alcuni ferrovieri m'informano che tale atto è
stato compiuto in altre località della linea
Pisa-Civitavecchia. Dalle ore 16 ad ora non
sono passati che due treni completamente vuoti
sul Percorso Roma-S. Marinella. Collegamento:
impossibile il collegamento con codesto
superiore comando. Da Perugia a qua, con
macchina Fiat 510, abbiamo impiegato circa 9
ore. Prego disporre collegamento immediato con
Roma, con la quale può essere più facile
comunicare, in quanto che qualunque ordine,
anche il più veloce, non potrebbe da noi essere
ricevuto che 9 o 10 ore dopo emesso ».

28 ottobre 1922
Nei ricordi di De Vecchi la tristezza della
situazione: il giorno 28, deve rivolgersi al
generale Cittadini perché la colonna fosse
rifornita di pane e acqua.

27-28 ottobre 1922
Del Vita, "La marcia su Roma con la centuria
scelta di Arezzo ", scrive:
« La stazione è invasa. Circondiamo il treno e
in un attimo è invaso. Personale ferroviario
fascista, in camicia nera, sale pure sul treno
e ne prende possesso. Un gruppo di guardie e di
funzionari assiste attonito. Il personale di
stazione fa il suo dovere ».

- A Orte c'è lo sbarramento:
« quel che è peggio, cʹè ordine di non farci
proseguire. Dei vagoni disposti strategicamente
sono pieni di carabinieri. Qualche alalà di
assaggio. La truppa rimane immobile, muta e
impenetrabile. A un comando scendiamo tutti
confondendoci coi funzionari e la truppa e
creiamo unʹallegra e artificiale confusione in
cui non si raccapezza più nessuno. Il
Colonnello comandante è attorniato da una marea
di fascisti che lo interpellano, per partire
presto, tutti in una volta. Si fa in quattro,
esorta, si raccomanda, minaccia... Si
parlamenta un poʹ... poi si prende il
momento... Il convoglio si mette in moto con
grappoli penzolanti di fascisti. Alla prima
stazione apprendiamo che la linea è saltata
dietro di noi ».
« Carina!... prima non ci volevano lasciar
passare; ora il macchinista per portarci in
bocca al lupo cercherebbe, non sappiamo se per
ordini ricevuti, di andare fino a Roma... Ma i
fascisti della macchina fanno il loro dovere e
il treno alla stazione di Monterotondo si
ferma ».

28 ottobre 1922
Orte ore 14.30. Da un servizio dell'inviato de
La Stampa:
« Questa stazione presenta uno spettacolo di
straordinaria animazione a causa delle
innumerevoli camicie nere che da due giorni vi
si stanno continuamente concentrando al fine,
pare, di iniziare di qui la Marcia su Roma. In
realtà il concentramento era stato ordinato a
Monterotondo; ma moltissimi fascisti viaggianti
con treni diretti hanno dovuto fermarsi qui,
perché detti treni non si arrestavano alla
stazione di Monterotondo. Tutti avrebbero
dovuto proseguire oggi lʹavanzata in treno fino
a Monterotondo, ma la sospensione del servizio
ferroviario lo ha impedito ».

Sargon

unread,
Dec 23, 2023, 3:47:24 AM12/23/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> ... [cut]

(Parte 23/25)

27-30 ottobre 1922
Stato delle comunicazioni.
- Il Quartier generale della marcia, insediato
allʹHotel Brufani di Perugia, inerte e
disorganizzato potè comunicare solo due volte
con Mussolini tra il 27 e il 30 ottobre.

- Nella notte tra il 27 e il 28 Bianchi riesce
a contattare la Presidenza del Consiglio a
Roma. Balbo racconta che:
« Il caso ha voluto che Facta si precipitasse
allʹapparecchio; egli credeva fosse il suo
prefetto: Michelino gli ha allora comunicato il
forzato cambiamento della guardia alla
Prefettura di Perugia e lʹoccupazione della
città ».
In realtà Bianchi tentò di spacciarsi per il
prefetto di Perugia, ma viene riconosciuto da
Efrem Ferraris che raccolse la telefonata.

- De Bono dichiara che il giorno 28 Bianchi non
riuscì a telefonare a Milano e a Roma.

- Unʹaltra comunicazione ebbe luogo il 28, alle
ore 18.20 fra un incaricato di De Vecchi da
Roma e De Bono da Perugia.

- Di altre due comunicazioni dà notizia De
Vecchi.

- Peggiore lo stato dei collegamenti fra
Perugia e le singole località di
concentramento.

- Le colonne di Tivoli e di Monterotondo sono
in collegamento fra loro attraverso messaggi
recapitati da motociclisti. La colonna di Santa
Marinella è completamente tagliata fuori da
tutto.

29 ottobre 1922
Testimonianza fascista di D. Lischi. A
Civitavecchia e a Santa Marinella:
« ore angosciose nel tormentoso escogitare un
qualsiasi mezzo per andare innanzi. Tutti i
servizi di comunicazione mancano; così quelli
di trasporto. Un cerchio di armati, vera morsa
dʹassedio da Civitavecchia alla Capitale,
diagonali di scolta a capo di ogni via ».
« ... ore della vigilia macerante nellʹattesa
convulsa, dellʹacuto indefinibile dolore che
trascina, assorbe, sconvolge le anime in un
gorgo... I legionari vagavano per gli
accantonamenti, presi dal malessere della
febbrile domanda che preferivano vivere senza
risposta ».

29 ottobre 1922
Foglio d'ordini n. 4 firmato da Dino Perrone
Compagni:
« Ciascun Console provvederà, nel modo che
riterrà migliore, alla assistenza, ricovero e
ritorno in residenza degli ammalati. Ciascun
Console provvederà alla formazione di ronde
legionarie, le quali dovranno, sotto la
personale responsabilità dei capironda,
provvedere perché non vengano fatti danni di
sorta alle proprietà, non siano rubati polli,
non siano fatti danneggiamenti, non vengano
sparati colpi e che gli uomini non si
allontanino dai propri accantonamenti senza
regolare permesso scritto, fuori delle ore di
libertà. Nessun uomo potrà allontanarsi in ogni
modo, se non incaricato di missioni speciali,
oltre un chilometro da nord a sud del paese di
Santa Marinella. [...] Tutte le armi che sono
state tolte questa mattina a Civitavecchia, o a
sovversivi, o a creduti tali, dovranno essere
portate immediatamente all'Ispettorato. Intendo
che quanto sopra ho ordinato sia fatto eseguire
in ogni modo ».
Ladri di polli...

Sargon

unread,
Dec 23, 2023, 10:17:55 AM12/23/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> ... [cut]

(Parte 24/25)

29 ottobre 1922
Mattina (circa mezzogiorno. Di sicuro dopo le
11.20): Telegramma del Generale Cittadini a
Mussolini.
« Sua Maestà il Re la prega di recarsi subito a
Roma desiderando offrirle l'incarico di formare
il Ministero. Ossequi. Generale Cittadini.

29-30 ottobre 1922
Ma quando iniziò la "marcia"?
Naturalmente « lʹordine di movimento alle
colonne fasciste venne impartito unicamente
quando, chiamato Mussolini alla presidenza del
Consiglio, non si trattava più di andare al
combattimento, ma di fare una parata per le vie
di Roma ». (Répaci)

- La ʺMarciaʺ iniziò alla spicciolata e senza
un preciso ordine del Comando generale.
La colonna Perrone si muove alle ore 3.50 del
31 ottobre.
La colonna Bottai è in movimento verso le ore
11 del 30 ottobre, in treno e poi a piedi.
La colonna Fara si muove nel pomeriggio del 29.

Ricordi post marcia
Annota il generale Pugliese:
« Non è necessario di essere strateghi, né di
sciupare la frase « manovra per linee interne »
per comprendere che, volendo agire di forza
contro dette masse fasciste, così come contro
belligeranti, lʹavanzata delle quattro colonne
separate, per via ferroviaria, su Roma, avrebbe
offerto ottima opportunità di una azione
facilmente efficiente (non si vuole sprecare la
parola « manovra ») da parte di una massa bene
armata e bene organizzata, quale era quella
costituita dalle forze del presidio di Roma,
contro frazioni malamente e parzialmente
armate, e raffazzonate alla rinfusa, che un
primo urto avrebbe sconvolto e distrutto.

28 ottobre 1922
Roma, Testimonianza di Mario Cingolani:
« Dopo la revoca dello stato d'assedio, mi
trovavo alla finestra, al terzo piano del
Palazzo di via XX Settembre col Ministro del
Lavoro Dello Sbarba. Vedevamo passare gruppetti
di due, di tre, di quattro fascisti,
distanziati: tutti guardavano, i carabinieri
sorridevano; i fascisti erano imbarazzatissimi!
E Dello Sbarba bestemmiava in vernacolo pisano:
« Bastavano dieci carabinieri! ». I dirigenti
del Fascio erano adunati in piazza Barberini, e
in mezzo a tutti c'era il segretario Calza
Bini, celebre una volta perché sapeva fare la
scimmia che si arrampicava sugli alberi! Tutti
ridevano, scherzavano e montavano sui camions
che cominciarono la scorribanda per la città ».

- Ore 13 circa. I fascisti, iniziano a uscire
armati su autocarri. Lʹautorità militare, li fa
sparire dalla circolazione.

- Pomeriggio. Il segretario del Fascio, Calza
Bini, ordina la mobilitazione dei fascisti
romani.

Sargon

unread,
Dec 24, 2023, 3:04:04 AM12/24/23
to
Il 19/10/2022 14:45, Sargon ha scritto:

> ... [cut]

(Parte 25/25)

29 ottobre 1922
- Roma, ore 12.30: tentativi di saccheggio di
negozi di armi.

- Primo pomeriggio: scorribande fasciste a
Borgo Pio e a Porta Trionfale. Scontri
allʹimbocco di via Candia, in più riprese a
seguito del sopraggiungere di unʹaltra ondata
fascista, guidata da Gino Calza Bini. (Répaci)

30 ottobre 1922
Roma: nuove violenze fasciste. In mattinata,
fascisti e nazionalisti invadono, devastano e
incendiano gli uffici del giornale "Il Paese",
del settimanale "Il Monocolo" e dellʹ"Epoca".
Tentativi di invasione del "Mondo",
dellʹ"Azione" e del "Comunista", sventati dalla
forza pubblica.

31 ottobre 1922
Roma, primo pomeriggio: i fascisti devastato
gli studi dei deputati Bombacci, Labriola e
Nitti, e uccidono due socialisti in via
Crescenzio e in via Cola di Rienzo.

30 ottobre 1922
Scrive A. Répaci: Queste erano le « balde e
ferree legioni », che avrebbero dovuto
affrontare e sbaragliare reparti dellʹesercito
in pieno assetto di guerra, conquistare Roma e
prendere il potere.
E aggiunge: « Ha pertanto ragione Angelo Tasca
quando afferma che la Marcia su Roma non vʹè
mai stata ».
E conclude: « La marcia su Roma – quella
autentica – ebbe inizio il giorno 29 ottobre
alle ore 20.30, quando Mussolini lasciò Milano
sul direttissimo per Roma, comodamente sdraiato
su una cuccetta di vagone letto.
(Fine)
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