Il 02/01/2024 15:16, Sargon ha scritto:
> Si trattò di una vera e propria operazione:
> l'« operazione » Combat film, ed ebbe luogo il
> 5 e 6 aprile 1994. Forse qualcuno ricorderà.
La Repubblica, 7 aprile 1994.
Mario Pirani, "Fascismo e Resistenza pari sono
per la RAI...".
« Da martedì notte su RaiUno vengono proiettati
larghi brani dei filmati, in larga parte
inediti o dimenticati, girati durante la
campagna d'Italia dagli operatori della Quinta
Armata americana che risalì la Penisola dallo
sbarco in Sicilia fino alla liberazione delle
città del Nord. La trasmissione s'intitola
"Combat film", si prolungherà per alcune
puntate ed è condotta da Vittorio Zucconi che
ne commenta in studio i brani con alcuni
invitati.
Ho avuto occasione di vedere la prima di queste
puntate – che ieri sera è stata replicata – e
che si apre con lo strazio dei cadaveri di
Mussolini, della Petacci e degli altri gerarchi
a piazzale Loreto e alla stazione di Milano.
A questo inizio, che riporta in realtà
l'episodio conclusivo della guerra di
Liberazione – ma che è stato scelto come
incipit, evidentemente per dare il "segno"
della trasmissione – ne seguono altri
cronologicamente precedenti: il pianto dei
parenti, chiamati all'ingresso delle Fosse
Ardeatine a riconoscere i corpi dei 335 martiri
della rappresaglia nazista (il filmato
dell'interno non viene presentato perché è il
solo giudicato troppo "crudo"), la fucilazione
da parte di un reparto alleato di tre
guastatori clandestini della Repubblica
sociale, paracadutati dietro le linee americane
per compiere azioni di sabotaggio e spionaggio
militare, il congresso dei Comitati di
Liberazione a Bari, la riunione che sancirà la
svolta di Salerno nell'aprile '44 , l'entrata
degli alleati a Roma, episodi di
fraternizzazione con donne e bambini, ecc.
L'interesse del materiale che ci viene
presentato è straordinario e ne va dato merito
alla Rai e ai curatori (Valente e Olla). La
chiave interpretativa che lo accompagna ha
destato, invece, in me e, forse, in altri
spettatori della generazione che di quei fatti
fu testimone, sentimenti di profondo disaccordo
che, del resto, si evincevano dalle obiezioni
che due degli invitati – Tina Anselmi e Piero
Fassino – cercavano di esporre.
Il leitmotiv di Zucconi è, infatti, impregnato
dall'idea che tutto quello che passa sotto i
nostri occhi sfugge ormai ad ogni giudizio di
merito, ad ogni distinzione di valore, ad ogni
analisi sulle cause: è storia passata di
violenze e di orrori, in cui tutto si parifica
e tutto torna, documenti di grande effetto ma
di nessuna riflessione etico-politica.
Una insopportabile "marmellata" purificatrice
che assolve tutti e nessuno. Così – da
quell'abilissimo sceneggiatore di eventi
giornalistici che è sempre stato – Vittorio
Zucconi ha presentato il disperato lamento dei
superstiti delle Ardeatine e la fucilazione del
"commando" clandestino fascista – episodio
tristissimo ma che rientra nella "normalità"
crudele di ogni guerra – come due fatti
speculari che, in qualche modo, bilanciavano le
nefandezze commesse da una parte e dall'altra
in quegli anni lontani.
Così uno degli invitati ha creduto di essere
particolarmente acuto dicendo che finalmente si
poteva guardare a queste cose come se
rievocassimo le guerre puniche, con l'occhio
dello storico e non del politico. Ma nessuno
gli ha fatto osservare che se nel '45, al
termine di questa "guerra punica", avesse vinto
Hitler gli effetti si sentirebbero ancora oggi
(perché non offrire ai più presuntuosi e ignari
fra quei giovani invitati un biglietto omaggio
per Schindler's List?).
La asserita neutralità che ha impregnato la
conduzione della trasmissione sarebbe stata,
per contro, giustificabile se si fosse
accompagnata ad un inquadramento storico
impeccabile del dilemma, che nello scorcio del
'43-'45 era ormai evidentissimo a tutti, tra
nazifascismo e democrazia. Un dilemma che
presiedette a decisive scelte individuali e
collettive, fu alla base di eroismi e crudeltà
senza precedenti, si stagliò come dirimente per
l'indipendenza della nazione italiana,
condannata in caso contrario a terminare il
conflitto tra i satelliti hitleriani.
Su queste basi e non sulla confusione
livellatrice è possibile oggi operare anche una
revisione dei giudizi schematici del
dopoguerra, respingere la definizione "uomini e
no" di vittoriniana memoria, addivenire a una
analisi critica e anche a una condanna aspra
degli eccessi e delle strumentalizzazioni di
partito compiute nella guerra partigiana,
esprimere pena e biasimo per lo spettacolo di
piazzale Loreto. Altrimenti la neutralità
sfocia in una accresciuta ignoranza di quegli
eventi, anche se accompagnata dalla
documentazione cinematografica.
E, del resto, che l'ignoranza facesse parte dei
giudizi che hanno punteggiato la trasmissione
lo si è visto non solo dalla confessione di
quella universitaria di Scienze politiche
(sic!) che non aveva mai sentito nominare
Badoglio, ma da alcune smarronate del commento.
La più clamorosa è stata quella che ha
attribuito la cosiddetta "svolta di Salerno" a
Benedetto Croce, quando dovrebbe essere
universalmente noto che quell'iniziativa fu un
capolavoro politico di Palmiro Togliatti.
Il 2 aprile del '44, da poco rientrato
dall'esilio moscovita, egli propose, infatti,
ai partiti antifascisti – i quali accettarono –
di accantonare la pregiudiziale antimonarchica
e di partecipare al governo Badoglio per
portare a termine, tutti uniti, la guerra di
Liberazione accanto agli Alleati, salvo
risolvere il problema istituzionale, una volta
tornata la pace, attraverso la convocazione
della Costituente.
Non occorrevano consulenti di spicco per
illustrare la riunione di Salerno con un minimo
di conoscenza. Bastava chiederlo a uno dei
tanti cronisti esperto in rievocazioni
storiche, il quale avrebbe anche potuto, senza
aggravio di spesa e senza ricorrere alla
sbandierata linea verde, fornire le
informazioni necessarie ai curatori della
trasmissione per individuare alcuni dei
personaggi da loro ignorati ma che compaiono
sia nel filmato di Salerno che in quello del
Congresso di Bari e che rispondono ai nomi dei
massimi esponenti politici dell'epoca, come
Velio Spano, Oreste Lizzadri, Alberto Cianca,
Adolfo Omodeo, Fausto Gullo, scambiato
addirittura in un passaggio per il maresciallo
Badoglio!
Detto questo sono consapevole che è sempre
antipatico fare le pulci al lavoro di un
collega, tanto più un collega da tutti
grandemente apprezzato come Vittorio Zucconi, e
se me lo sono permesso è perché, in effetti,
credo che l'interpretazione che egli dà non sia
in realtà affatto neutrale ma rientri in un uso
politico attualizzato della Storia. Se gli
eredi della Repubblica sociale sono legittimati
a tornare al governo bisogna riscrivere la
Costituzione, ha affermato un autorevole
commentatore pochi giorni or sono: ed anche la
Storia va reinterpretata e "pacificata", ci
suggerisce ora il nostro Vittorio.
Ma sono i regimi che riscrivono la Storia e ne
fanno un uso politico, non le democrazie. Per
questo protesto ».