>>Arduino <
22340i...@mynewsgate.net> ha scritto:
>Maurizio Pistone <
scri...@mauriziopistone.it> ha risposto:
> credo che il feudalesimo, nonostante quello che si crede abitualmente,
> sia stata un'epoca di forte mobilità sociale.
>
> Chi aveva testa dura e mano lesta, anche se veniva da dubbi natali,
> poteva giocarsela; si trattava di una partita molto rischiosa, con
> regole incerte, enormi scorrettezze, e quindi elevatissima probabilità
> di lasciarci la pelle; ma i pochi sopravvissuti a questa selezione
> ultradarwiniana vedevano aprirsi di fronte a sé parecchie strade.
> Qualcuno si metteva al servizio di un nobile potente, e cercava di
> sgomitare fra i concorrenti per arrivare a posizoni di prestigio, che
> gli permettessero di tentare l'avventura individuale; altri si creavano
> una base economica ai danni dei contadini, o di qualche proprietario in
> declino, per poi usare la potenza fondiaria come trampolino di lancio
> verso il riconoscimento ufficiale e l'agognato titolo.
>
> Le dinastia feudali continuamente emergevano e sparivano; ed anche la
> vita del nobile era una partita rischiosa. Bisognava saper scegliere
> alleati e nemici, protettori e dipendenti; saper avere i contatti
giusti
> con in grandi poteri lontani, e i piccoli poteri vicini; e soprattutto
> bisognava avere figli e figlie, per muoversi nel mercato delle alleanze
> matrimoniali. Era un gioco che ammetteva pochi errori, a volte uno solo
> poteva significare la caduta nell'oblio della storia.
>
> Quanto alle giostre, avevano la loro importanza, ed effettivamente si
> rischiava di farsi molto male, anche di lasciarci la pelle; ma credo
che
> avessero importanza molto più simbolica che reale, erano soprattutto un
> segno di status, la prova dell'adesione ad uno stile di vita esclusivo.
>
> Ad un certo punto anche la Crociata assunse un valore simbolico molto
> grande, una partita in cui contava partecipare, non vincere - tanto,
> dopo la prima, si perdeva sempre. Ma appartenere alla schiera eletta di
> quelli che riuscivano a tornare e dire "ho combattuto contro i
turchi!",
> accidenti, quello sì che era un risultato! In alternativa, essere
> parente stretto di uno dei tanti che erano partiti, e non tornarono
più.
Arduino <
22340i...@mynewsgate.net:
Concordo pienamente, ma appunto i tornei nel sistema da te descritto
avevano un ruolo importante.
La prima selezione era fatta dalla scuola d'armi, che avviava verso la
carriera ecclesiastica i non atti alle armi, mentre permetteva di
accedere al cavalierato oltre ai figli cadetti, ai figli di contadini, e
ai bastardi di prelati e cavalieri, che mostrassero buone doti.
Però, come adesso, conseguita la laurea o diploma, non si aveva
automaticamente l'occupazione. Ovviamente per figli di marchesi e conti,
non dovevano esserci problemi, per ingraziarsi il padre qualcuno di
sicuro li ingaggiava. Per gli altri il ruolo iniziale era di cavalieri
erranti, (Cervantes non ha inventato, ha solo trasferito nella sua epoca
un cavaliere) che accorrevano in cerca di brevi ingaggi dove c'erano
guerre, ma il sistema di promozione era il torneo. La schiappa restava
cavaliere errante, oppure andava a fare il monaco o il brigante. Il
campione aveva ottime possibilità di ingaggio, che spesso erano anche di
matrimonio con una figlia minore del suo signore (Il numero di cavalieri
in servizio permanente era basso, da due, a un massimo di venti per
castello) In sostanza, fra i morti in guerra e nei tornei, i cavalieri
che restavano scapoli, e coloro che si avviavano alla vita ecclesiastica,
il numero dei cavalieri restava sostanzialmente statico. Allo stesso modo
il maggiorascato rendeva stabile il numero dei nobili, e il bisogno di
avere il consenso del signore per sposarsi, che lo dava solo a chi poteva
avere un podere a disposizione, rendeva stabile il numero dei contadini.
A Rompere l'equilibrio furono le città come Genova, dove non essendoci
limiti, la popolazione è cresciuta e ha sottomesso il contado.
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Arduino d'Ivrea