On Thu, 24 Nov 2016 23:57:30 +0100, terry@diesel <
te...@noreplay.uk>
wrote:
[cut]
>
>se fossi ebreo, direi shalom
>se fossi musulmano, salam
>se fossi cristiano, pace e bene
>
>come direbbe un buddhista?
Ah..., hai toccato un punto sensibile e cruciale dell'omologia fra le
religioni tradizionali e le discipline spirituali orientali (questo
punto potrebbe persino rivelarsi un "vaso di Pandora" su questo
newsgroup...) ma forse non sarebbe giusto liquidare la risposta con un
generico "Namastè" o "Tashi delek" nel Buddhismo Tibetano, "Gassho"
nel Buddhismo Zen, "Amituofo" nel Buddhismo C'han (Shaolin), ecc...;-)
C'è infatti l'aspetto del comportamento fisico che entra in ballo
quando ci si saluta di persona: per iscritto bastano comunque sempre
solo le parole ma di persona raramente fra buddisti ed induisti ci si
saluta solo a parole, mentre nella nostra cultura occidentale ci si
può salutare di persona con tutto il rispetto reciproco anche solo a
parole ed il comportamento fisico, come la stretta di mano od il cenno
di inchino con il capo, non sono essenziali ma complementari del
saluto.
Nel Buddhismo (ma anche nell'Induismo, culla del Buddhismo) è prassi
congiungere i palmi delle mani dinnanzi al petto quando ci si saluta,
qualsiasi sia l'espressione verbale di saluto abbinata a questo gesto
(nel Buddhismo Tibetano si usa anche in alternativa portare una mano
sul cuore).
A proposito dell'accenno che ho fatto prima ad un eventuale "vaso di
Pandora" mi permetto di completare questo mio intervento con
un'appendice che riguarda il mio personale punto di vista su una
questione che, pur essendo stata in passato già controversa su questo
newsgroup, costituisce ciononostante un pilastro dei miei
convincimenti.
La tua domanda prende a riferimento il saluto riferito alle usanze
presso le maggiori religioni esistenti includendovi il Buddhismo fra
di esse.
Vorrei a tal proposito dire che personalmente non considero il
Buddhismo una religione, anche se nella percezione popolare spesso
viene visto e vissuto come una religione, ma una «Via spirituale
(magga) di pratica e disciplina (dhamma vinaya) individuale» così come
il Buddha stesso chiese in punto di morte di considerare i suoi
insegnamenti:
“Quanto io ho dichiarato e fatto conoscere come il Dhamma e il
Vinaya sarà il vostro maestro quando non mi troverete più”
[....]
“Siate un’isola a voi stessi. Siate il vostro unico rifugio,
senza cercarne altri; abbiate il Dhamma come isola, il
Dhamma come rifugio, senza averne nessun altro.”
(dai discorsi del Buddha: Mahaparinibbana Sutra, sezione seconda)
Il Buddha in persona, quando era in vita, a chi esplicitamente gli
domandava se i suoi insegnamenti fossero “teisti”, “atei”, o
costituissero una “filosofia di vita”, invariabilmente tacque sempre
su questi punti specifici, senza mai soddisfare a queste domande per
cui, a mio sommesso parere, non possiamo considerare il Buddhismo nè
una religione nel suo significato tradizionale del termine, nè una
pura e semplice filosofia di vita o una concezione ateistica della
vita.
In buona sostanza il Buddhismo prescinde dai concetti di teismo,
ateismo e filosofia di vita e quindi personalmente definisco il
Buddhismo una "disciplina spirituale di anagogia individuale", perchè
il Buddhismo non propone al mondo nè vi ha portato una sua fede,
mentre tutte le religioni propongono un loro credo ed una loro fede,
il Buddhismo non propone un Dio nè Divinità, mentre tutte le religioni
ne propongono uno o più di uno nel caso del politeismo.
Comunque a scusante di quanti oggi credono in buona fede che il
Buddhismo sia invece una religione, bisogna dire che già entro un
breve tempo successivo alla scomparsa del Buddha si verificò un
processo di «divinizzazione» del maestro, concepito sempre meno come
semplice uomo e sempre più come creatura dotata di facoltà prodigiose
e sovrumane. A questo processo di divinizzazione si affiancò un vero e
proprio culto popolare relativo al Buddha e alle sue reliquie e che
nei secoli posteriori con il suo diffondersi nel mondo venne a
svilupparsi all'interno del Buddhismo stesso tutta una fenomenologia
devozionale, composta di templi, preghiere e mitologia che purtroppo
si configura entro certi limiti come una vera e propria religione
inducendo molti in errore.
Il Buddha fu infatti un semplice uomo che non ebbe alcuna intenzione
di fondare una religione e la cui vita fu un percorso di ricerca
spirituale che lo condusse al "risveglio spirituale" ed alla
comprensione della ragione della sofferenza esistenziale che affligge
l'uomo e di quale sia la "Via di mezzo" da seguire per emanciparsi da
essa.
Questa "Via di mezzo" è la pratica buddhista.
Ecco come il Buddha definì se stesso:
« Il bramino Dona vide il Buddha seduto sotto un albero e fu
tanto colpito dall'aura consapevole e serena che emanava,
nonché dallo splendore del suo aspetto, che gli chiese:
– Sei per caso un dio?
– No, brahmana, non sono un dio.
– Allora sei un angelo?
– No davvero, brahmana.
– Allora sei uno spirito?
– No, non sono uno spirito.
– E allora, che cosa sei?
– Io sono sveglio. »
(Anguttara Nikaya)