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Spagnolo e greco moderno

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Newsdootch

unread,
Mar 7, 2004, 3:18:22 PM3/7/04
to
mi sembra che lo spagnolo e il neogreco abbiano in comune il modo di
pronunciare certi suoni:
ad esempio la /s/,
poi hanno certi suoni in comune: come quelli rappresentati da theta e
delta in greco moderno, o anche gamma in certi casi.
voi che ne pensate?

Galnick

unread,
Mar 8, 2004, 12:19:51 PM3/8/04
to

Anche la "c" pronunciata s in alcuni casi penso sia esito del sigma lunato,
non solo in spagnolo ma anche in altre lingue.
Comunque la fonetica greca assomiglia di più a quella calabrese che non a
quella spagnola, imho; quest'ultima invece si può ritrovare non poco nel
dialetto milanese...


Marco Cimarosti

unread,
Mar 8, 2004, 1:45:14 PM3/8/04
to
Newsdootch ha scritto:

> mi sembra che lo spagnolo e il neogreco abbiano in comune il modo di
> pronunciare certi suoni:
> ad esempio la /s/,

Non mi pare che le /s/ spagnola e greca abbiano niente di particolare.

> poi hanno certi suoni in comune: come quelli rappresentati da theta e
> delta in greco moderno, o anche gamma in certi casi.
> voi che ne pensate?

Sì, si assomigliano molto. Strana coincidenza.

A occhio o croce, gli unici fonemi greci inesitenti in spagnolo sono
/v/ (beta), /z/ (zeta), /ts/ (teta+sigma).

L'unico fonema spagnolo inesistente in greco è probabilmente /rr/ (la
"r" vibrata in inizio di parola).

Ciao.
Marco

Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 10:37:54 AM3/9/04
to
> Sì, si assomigliano molto. Strana coincidenza.

Il beta e il delta moderni li possiamo trovare anche in alcuni dialetti
italiani... Non può essere determinante il fatto che gli Spagnoli abbiano
colonizzato il Sud Italia, dove il fonema /dh/ e il fonema beta = /v/ che si
confonde con /b/ sono molto diffusi?


Marco Cimarosti

unread,
Mar 9, 2004, 11:37:38 AM3/9/04
to
Il 09 Mar 2004, 16:37, "Galnick" <spammamie...@nontelodo.capito.it> ha
scritto:
> > Sě, si assomigliano molto. Strana coincidenza.

>
> Il beta e il delta moderni li possiamo trovare anche in alcuni
> dialetti italiani...

Ma, in greco moderno, il beta non suona esattamente come la nostra /v/?

> Non puň essere determinante il fatto che gli Spagnoli abbiano


> colonizzato il Sud Italia, dove il fonema /dh/ e il fonema
> beta = /v/ che si confonde con /b/ sono molto diffusi?

Quand'č che gli spagnoli avrebbero colonizzato il Sud Italia? C'č stata una
dominazione militare, durata un paio di secoli, ma dubito che la presenza di
qualche drappello di soldati possa aver lasciato tracce linguistiche cosě
profonde: al massimo qualche termine legato all'amministrazione e alle forze
armate.

C'č stata invece una forte e continua colonizzazione greca. E c'č tutt'ora:
in Puglia e Calabria, esistono ancor oggi delle piccole enclave di lingua
greca.

Ciao.
Marco


--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/

Marco Cimarosti

unread,
Mar 9, 2004, 11:54:07 AM3/9/04
to
Galnick ha scritto:

> Anche la "c" pronunciata s in alcuni casi penso sia esito del
> sigma lunato, non solo in spagnolo ma anche in altre lingue.

Il sigma lunato è una forma *grafiche* alternativa della *lettera* sigma:
che c'entra la pronuncia? Dello spagnolo, poi.

> Comunque la fonetica greca assomiglia di più a quella
> calabrese che non a quella spagnola, imho;

Vero. Come dicevo in un altro post, la presenza greca in Calabria è stata
fortissima per secoli, e non è ancora del tutto esaurita oggi.

> quest'ultima invece si può ritrovare non poco nel
> dialetto milanese...

Direi proprio di no!

Fonemi spagnoli che non esistono in lombardo: /B/, /x/, /T/, /D/, /rr/.

Fonemi lombardi che non esistono in spagnolo: /E/, /O/, /W/, /y/, /z/, /Z/,
/S/, /dZ/ e le vocali nasali /a~/, /E~/, ecc.

In pratica, questo esclude tutti i fonemi più caratteristici di entrambe le
lingue. I fonemi in comune fra spagnolo e lombardo sono presenti anche in
quasi tutte le altre lingue neolatine.

(I suoni li ho trascritti secondo la convenzione di Kirshenbaum:
http://www.hpl.hp.com/personal/Evan_Kirshenbaum/IPA/faq.html)

Sebapop

unread,
Mar 9, 2004, 12:07:45 PM3/9/04
to
On Tue, 09 Mar 2004 16:37:38 GMT, (Marco Cimarosti) wrote:

>Ma, in greco moderno, il beta non suona esattamente come la nostra /v/?

Sě. Infatti quando ho scritto il mio nome usando la lettera beta, una
mia amica di Salonicco mi ha corretto, dicendomi che si sarebbe letto
sevastiano. Per fare il suono /b/ mi ha fatto usare la lettera mu e
pi. Quindi sigma epsilon mu pi alfa sigma tau iota alfa nu omicron.
E la "tau" mi aveva detto che si pronuncia "taf" o qualcosa di simile
e non piů "tau", come in greco antico.

Sebastiano

--
No wonder people say "gesundheit" when you say "Tchaikovsky".

Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 12:15:42 PM3/9/04
to
> Il sigma lunato è una forma *grafiche* alternativa della *lettera* sigma:
> che c'entra la pronuncia? Dello spagnolo, poi.

Secondo me il fatto che si usasse il sigma lunato ha influenzato alcune
letture di c davanti ad i ed e nelle nuove lingue, visto che si parla quasi
sempre di lingue che sono state trascritte solo a partire da dopo il periodo
bizantino in cui è stato largamente usato il sigma lunato...
È una congettura un po' azzardata, ma d'altronde, come spiegarsi la
somiglianza assurda tra "kaléo" e "to call"?

> Direi proprio di no!
> Fonemi spagnoli che non esistono in lombardo: /B/, /x/, /T/, /D/, /rr/.
> Fonemi lombardi che non esistono in spagnolo: /E/, /O/, /W/, /y/, /z/,
/Z/,
> /S/, /dZ/ e le vocali nasali /a~/, /E~/, ecc.
> In pratica, questo esclude tutti i fonemi più caratteristici di entrambe
le
> lingue. I fonemi in comune fra spagnolo e lombardo sono presenti anche in
> quasi tutte le altre lingue neolatine.

Vero. Ostrega :), ho pensato troppo alle parole. Certo è che l'influenza
spagnola si è fatta sentire: *el* *tumàtis*, el *cügiàr*... :)


FB

unread,
Mar 9, 2004, 12:19:50 PM3/9/04
to

"Marco Cimarosti" <marco.c...@europe.com> ha scritto nel messaggio
news:195Z223Z37Z50Y1...@usenet.libero.it...

> le vocali nasali /a~/, /E~/, ecc.

In milanese? Galnik parla di milanese, tu di lombardo (che sarà mai...).


Ciao, FB


Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 12:21:10 PM3/9/04
to
> > > Sì, si assomigliano molto. Strana coincidenza.

> > Il beta e il delta moderni li possiamo trovare anche in alcuni
> > dialetti italiani...
> Ma, in greco moderno, il beta non suona esattamente come la nostra /v/?

Sì, ma l'evoluzione da /b/ a /v/ ha fatto sì che molti dialetti
confondessero le due forme. Lo stesso italiano l'ha fatto: laudabam,
laudabas, laudabam, > loda_v_o, loda_v_i (che questa -i- venga dalla
terminazione greca in -eis-?), loda_v_a... Il beta del greco moderno è una
/v/ consonantica piuttosto forte, no? E alcuni dialetti del Centro-Sud
creano confusione tra /b/ e /v/ consonante. Al Nord invece non è raro
trovare rimasugli del vecchio digamma greco con /v/ sonanti
intervocaliche...

> Quand'è che gli spagnoli avrebbero colonizzato il Sud Italia? C'è stata


una
> dominazione militare, durata un paio di secoli, ma dubito che la presenza
di

> qualche drappello di soldati possa aver lasciato tracce linguistiche così


> profonde: al massimo qualche termine legato all'amministrazione e alle
forze
> armate.

Beh, due secoli di dominazione militare avrebbero potuto influenzare un po'
la lingua spagnola; già, è un po' azzardato, comunque. E se si trattasse
invece di fenomeni fonetici comuni a tutta una certa "area climatica"?

> C'è stata invece una forte e continua colonizzazione greca. E c'è


tutt'ora:
> in Puglia e Calabria, esistono ancor oggi delle piccole enclave di lingua
> greca.

E infatti /d/ e /b/ mantengono spesso i suoni neogreci.
Ps Il plurale di enclave non è *enclavi*?


Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 12:31:08 PM3/9/04
to
> In milanese? Galnik parla di milanese, tu di lombardo (che sarà mai...).

Pân (pane), bûn (buono), il verbo "fâm" (fammi), la fame "fâmm" (mia
distinzione convenzionale) e molti altri vocaboli lombardi occidentali hanno
vocali nasalizzate. Il milanese è una sottolingua del lombardo occidentale.
Il rhodense (di Rho città), il mio dialetto, è una sottolingua del milanese.
Il milanese di Milano è meneghino. Il terrazzanese, il dialetto di mio nonno
(nato a Terrazzano di Rho), è una sottolingua del meneghino, che a sua volta
è una sottolingua del milanese... [Che giro!]

Epimeteo

unread,
Mar 9, 2004, 12:38:22 PM3/9/04
to

"Galnick" <spammamie...@nontelodo.capito.it> ha scritto nel messaggio
news:a2n3c.58121$Kc3.1...@twister2.libero.it...

Cimarosti aveva scritto:
>> C'č stata invece una forte e continua colonizzazione greca. E c'č


>> tutt'ora: in Puglia e Calabria, esistono ancor oggi delle piccole enclave di lingua
>> greca.


> Ps Il plurale di enclave non č *enclavi*?

Ahi, ahi, ahi!
"Enclave" č invariabile, ovviamente.

Questa osservazione al grande Cimarosti non dovevi farla...

Epimeteo

Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 12:45:28 PM3/9/04
to
> > Ps Il plurale di enclave non č *enclavi*?
> Ahi, ahi, ahi!
> "Enclave" č invariabile, ovviamente.

Come mai?

> Questa osservazione al grande Cimarosti non dovevi farla...

Ops! Non me n'ero accorto di parlare con Cimarosti...

> Epimeteo

Senza (R) non sei piů Tu.


FB

unread,
Mar 9, 2004, 12:58:55 PM3/9/04
to

"Galnick" <spammamie...@nontelodo.capito.it> ha scritto nel messaggio
news:wbn3c.58170$Kc3.1...@twister2.libero.it...

> Pân (pane), bûn (buono), il verbo "fâm" (fammi), la fame "fâmm" (mia
> distinzione convenzionale)

Tranne bûn, gli altri vocaboli non hanno niente di nasale nel mio dialetto
(brianzolo *, diciamo).


* Parola che non mi fa impazzire, ma non vorrei essere più specifico. Non
milanese, comunque.


Ciao, FB


FB

unread,
Mar 9, 2004, 1:02:25 PM3/9/04
to

"Galnick" <spammamie...@nontelodo.capito.it> ha scritto nel messaggio
news:a2n3c.58121$Kc3.1...@twister2.libero.it...

> Al Nord invece non è raro
> trovare rimasugli del vecchio digamma greco con /v/ sonanti
> intervocaliche...

Tipo "la porta l'era averta", in cui la "v" di "averta" è il suono spagnolo
di "b" e "v" intervocaliche? Devo dire che hai ragione.


Ciao, FB


Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 1:03:36 PM3/9/04
to
> > Pân (pane), bûn (buono), il verbo "fâm" (fammi), la fame "fâmm" (mia
> > distinzione convenzionale)
> Tranne bûn, gli altri vocaboli non hanno niente di nasale nel mio dialetto
> (brianzolo *, diciamo).
A Rho, solo bûn è nasalizzato (io parlicchio il rhodense).
A Milano, bûn, pân e fâm.
A Terrazzano di Rho, bûn e pân.
Notare la congiunzione cûm o cûn, quasi sempre nasalizzata, tranne quando si
dice cúnt (Milano città e Terrazzano di Rho).
In altre zone più verso Legnano, bûn, pân, fâm e fâmm sono tutti
nasalizzati. (Nel mio sistema di trascrizione, vocale con circonflesso + n/m
= vocale nasalizzata).


Kurotora dalla valle di Yagumo

unread,
Mar 9, 2004, 1:15:47 PM3/9/04
to

Marco Cimarosti <marco.c...@europe.com-CORREGGITELO-A-MANO-SPAMMER>
wrote in message > Quand'è che gli spagnoli avrebbero colonizzato il Sud
Italia? C'è stata una

> dominazione militare, durata un paio di secoli, ma dubito che la presenza
di
> qualche drappello di soldati possa aver lasciato tracce linguistiche così

> profonde: al massimo qualche termine legato all'amministrazione e alle
forze
> armate.

Non sono d'accordo dal punto di vista storico con quello che dici.
La plurisecolare dominazione iberica sul sud Italia non fu certo affare di
poche guarnigioni di soldati sparsi nel sud e nelle isole. Sin dall'epoca
aragonese soldati, religiosi, feudatari (con relativi servi), mercanti,
artigiani, burocrati di origine iberica si stanziarono nei territori
ispano-aragonesi in Italia, influenzando per lo meno nelle realtà che
conosco di più (Sardegna e Sicilia) le lingue e i dialetti locali..
Non si può limitare questo fenomeno a "qualche drappello di soldati".


ciao

k.

Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 1:16:45 PM3/9/04
to
> Tipo "la porta l'era averta", in cui la "v" di "averta" è il suono
spagnolo
> di "b" e "v" intervocaliche? Devo dire che hai ragione.

Qui no, si tratta indubbiamente di 'v' consonantica (in rhodense scriviamo
che la pòrta l'era *vèrta*).
Ma per esempio negli imperfetti di essere della forma più antica (mi s'êvi,
ti ta s'êva, ecc.; ora si tende ad usare mi s'êri, ti ta s'êra ecc.) /v/ è
semivocalico. Oppure in altri imperfetti come "mi bevêvi, ti ta bevêva".
Tant'è vero che nell'italiano arcaico non è rara la forma poetica "egli
bevea" per "beveva".
Per /d/ come delta si osservino i participi passati femminili: "insigâda"
(inzigata, provocata). Questa /d/ è in realtà una delta neogreca.

In calabrese -per quanto ne so - zona CZ- 'eo bogghiu' è 'io voglio'. Greco
'egò boúlomai', o confusione tra /b/ e /v/? E poi 'Conedha' (nome di una
zona del paese dei miei nonni calabresi, ma anche 'piccola icona') ha
indubbiamente una /dh/ neogreca che però somiglia a /dh(i)/.

Marco Cimarosti

unread,
Mar 9, 2004, 1:30:18 PM3/9/04
to
Galnick ha scritto:

> > Il sigma lunato è una forma *grafiche* alternativa della *lettera*
sigma:
> > che c'entra la pronuncia? Dello spagnolo, poi.
>
> Secondo me il fatto che si usasse il sigma lunato ha
> influenzato alcune letture di c davanti ad i ed e nelle nuove
> lingue,

Il sigma lunato è semplicemente una variante tipografica della lettera
sigma, che è l'equivalente della nostra "S". La somiglianza con la nostra
"C" è puramente casuale.

Ripeto: che c'entrano i suoni con la forma delle lettere?

> visto che si parla quasi sempre di lingue che sono state
> trascritte solo a partire da dopo il periodo bizantino

Appunto. Per secoli la maggior parte della gente ha parlato queste lingue
senza sapere né leggere né scrivere: come può la forma di una lettera aver
influenzato la pronuncia?

> in cui è stato largamente usato il sigma lunato...
> È una congettura un po' azzardata, ma d'altronde, come
> spiegarsi la somiglianza assurda tra "kaléo" e "to call"?

Caso, puro caso. Per la legge di grimm, a una "k"

L'inglese "call" deriva da una forma indeuropea "*gal": la stessa che
troviamo, per esempio, nel latino "gallus" ('l'animale che CHIAMA il
mattino') o nel russo "glagol" ('verbo, parola').

Il greco "kaléo" deriva invece da una forma indeuropea "*kelo": la stessa
che troviamo, per esempio, nel latino "clamare" o nell'inglese "to low"
('muggire', anticamente "hlów-", dove la /h/ germanica corrisponde alla /k/
greco-latina per effetto della celeberrima legge di Grimm: la legge fonetica
la cui scoperta diede avvio alla linguistica moderna).

> Vero. Ostrega :), ho pensato troppo alle parole. Certo è che
> l'influenza spagnola si è fatta sentire: *el* *tumàtis*, el
> *cügiàr*... :)

Per il lombardo "tômatis" (come per l'inglese "tomato") parlerei piuttosto
di influenza azteca... "Tomatl" è una parola presa dalla lingua nahuatl dopo
la conquista dell'America.

Il lombardo "cugiar" (come lo spagnolo "cujara" e l'italiano "cucchiaio")
deriva direttamente dal latino "coclearium". Non vedo ragione di dire che la
parola lombarda derivi da quella spagnola, o viceversa. Direi anzi che la
cosa è da escludere, perché il termine lombardo è maschile, come quello
italiano: se derivasse dallo spagnolo sarebbe "la *cugiara".

Marco Cimarosti

unread,
Mar 9, 2004, 1:33:01 PM3/9/04
to
Epimeteo ha scritto:

> Questa osservazione al grande Cimarosti non dovevi farla...

Perché, improvvisamente, mi sento il coccige cosě leggero?

Ciao.
Marco :-)

Marco Cimarosti

unread,
Mar 9, 2004, 1:38:01 PM3/9/04
to
Io (Marco Cimarosti) ho scritto:

> Caso, puro caso. Per la legge di grimm, a una "k"

Ops! Anche a poker faccio sempre così...

Marco Cimarosti

unread,
Mar 9, 2004, 2:36:55 PM3/9/04
to
IO (Marco Cimarosti) ho scritto:
> lo spagnolo "cujara"

cuCHara
cuCHara
cuCHara
cuCHara
cuCHara
cuCHara
cuCHara
cuCHara
cuCHara
cuCHara

Grrr! :-)

Sebapop

unread,
Mar 9, 2004, 2:50:36 PM3/9/04
to
On Tue, 09 Mar 2004 18:16:45 GMT, "Galnick" wrote:

>Qui no, si tratta indubbiamente di 'v' consonantica (in rhodense scriviamo

>che la pņrta l'era *včrta*).

In veronese "la pņrta l'éra včrta". Somiglianza notevole. :)

Qui nel veronese vige la leggenda che il veronese e lo spagnolo siano
molto simili. Non mi sono mai messo a confrontare gli alfabeti
fonetici.

Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 3:31:49 PM3/9/04
to
> Il sigma lunato è semplicemente una variante tipografica

...medievale bizantina...

> della lettera
> sigma, che è l'equivalente della nostra "S". La somiglianza con la nostra
> "C" è puramente casuale.

Quando si ha notizia delle prime opere in spagnolo, inglese e francese?
Probabilmente davanti ad -i- ed -e- quel segno -c- fu interpretato come -s-
piuttosto che come -c(i)- italiano. Del resto in quasi tutte le lingue -c-
davanti ad -i- o -e- ha subito variazioni fonetiche grandi o piccole, anche
in greco per quanto ne so.

> Appunto. Per secoli la maggior parte della gente ha parlato queste lingue
> senza sapere né leggere né scrivere: come può la forma di una lettera aver
> influenzato la pronuncia?

Evidentemente già la gente utilizzava il suono -s- davanti a -i- ed -e-;
poi alcuni hanno utilizzato -c- per trascrivere -s-. Boh, adesso che ci
penso però è improbabile.

> Caso, puro caso. Per la legge di grimm, a una "k"
> L'inglese "call" deriva da una forma indeuropea "*gal": la stessa che
> troviamo, per esempio, nel latino "gallus" ('l'animale che CHIAMA il
> mattino') o nel russo "glagol" ('verbo, parola').
> Il greco "kaléo" deriva invece da una forma indeuropea "*kelo": la stessa
> che troviamo, per esempio, nel latino "clamare" o nell'inglese "to low"
> ('muggire', anticamente "hlów-", dove la /h/ germanica corrisponde alla
/k/
> greco-latina per effetto della celeberrima legge di Grimm: la legge
fonetica
> la cui scoperta diede avvio alla linguistica moderna).

Me la esplicheresti in due righe?

> Per il lombardo "tômatis" (come per l'inglese "tomato") parlerei piuttosto
> di influenza azteca... "Tomatl" è una parola presa dalla lingua nahuatl
dopo
> la conquista dell'America.

Chiaro che però la parola ci è stata portata per bocca ispanica... visto che
sono stati loro a "scoprire" la "pummarola"!
A proposito "pomodoro" sappiamo benissimo che viene da "pomo d'oro": eppure
il suo plurale è spesso "pomodori". Contravviene alla regola, od oramai è
sentito come parola unica?

> Il lombardo "cugiar" (come lo spagnolo "cujara" e l'italiano "cucchiaio")
> deriva direttamente dal latino "coclearium". Non vedo ragione di dire che
la
> parola lombarda derivi da quella spagnola, o viceversa. Direi anzi che la
> cosa è da escludere, perché il termine lombardo è maschile, come quello
> italiano: se derivasse dallo spagnolo sarebbe "la *cugiara".

Interessante. E il fatto che i mutamenti fonetici siano stati gli stessi?

Cmq grazie. Hai smontato i castelli linguistici che mi ero creato in questi
mesi di quarta ginnasio :)


Galnick

unread,
Mar 9, 2004, 3:34:07 PM3/9/04
to
> In veronese "la pòrta l'éra vèrta". Somiglianza notevole. :)

Mi disaría ch'în propri istèss... :) (Sulla grammatica meneghina non vado
troppo forte, scrivo come mi sento di fare... magari ho sbagliato)

> Qui nel veronese vige la leggenda che il veronese e lo spagnolo siano
> molto simili. Non mi sono mai messo a confrontare gli alfabeti
> fonetici.

Hmmm...

FB

unread,
Mar 9, 2004, 4:47:14 PM3/9/04
to

"Marco Cimarosti" <marco.c...@europe.com> ha scritto nel messaggio
news:195Z223Z37Z50Y1...@usenet.libero.it...

> legge di Grimm: la legge fonetica
> la cui scoperta diede avvio alla linguistica moderna).

Per caso aveva anche un fratello? (scarsa, mooolto scarsa)


Ciao, FB


ADPUF

unread,
Mar 9, 2004, 5:18:16 PM3/9/04
to
on 22:47, martedì 09 marzo 2004 FB wrote:

>> legge di Grimm: la legge fonetica
>> la cui scoperta diede avvio alla linguistica moderna).
>
> Per caso aveva anche un fratello? (scarsa, mooolto scarsa)


Jakob Ludwig Karl Grimm, Hanau 1785-Berlino 1863.
Deutsche Grammatik 1819-37;
Geschichte der deutschen Sprache, 1848;
Deutsche Mythologie, 1835.

Col fratello
Wilhelm Karl Grimm, 1786-1859
pubblicò una raccolta di Saghe germaniche e una di Fiabe;
inoltre il Deutsches Wörterbuch, 32 voll., 1852-1961.


--
oggi no, domani sì

ADPUF

unread,
Mar 9, 2004, 5:20:23 PM3/9/04
to
on 19:30, martedì 09 marzo 2004 Marco Cimarosti wrote:

> Il lombardo "cugiar" (come lo spagnolo "cujara" e
> l'italiano "cucchiaio") deriva direttamente dal latino
> "coclearium". Non vedo ragione di dire che la parola
> lombarda derivi da quella spagnola, o viceversa. Direi
> anzi che la cosa è da escludere, perché il termine
> lombardo è maschile, come quello italiano: se derivasse
> dallo spagnolo sarebbe "la *cugiara".


In friulano il cucchiaio è "la sedón"

Epimeteo

unread,
Mar 10, 2004, 1:17:23 AM3/10/04
to

"Marco Cimarosti" <marco.c...@europe.com> ha scritto nel messaggio
news:195Z223Z37Z50Y1...@usenet.libero.it...

> Epimeteo ha scritto:
> > Questa osservazione al grande Cimarosti non dovevi farla...

> Perché, improvvisamente, mi sento il coccige così leggero?

Forse perché avevi saltato la cena, immerso com'eri negli amati studi di linguistica, come un
Machiavelli che "la mattina giuocava con coloro a cricca e a trictrac e la sera vestiva panni
reali e curiali e dettava il suo libro del Principe ." (G.L.Buffon)

"Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mio scrittoio; et in su l'uscio mi spoglio
quella veste cotidiana, piena di fango et di loto, et mi metto panni reali et curiali; et
rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro
ricevuto amorevolemente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui."
(Niccolò Machiavelli, A Francesco Vettori, Lettere)

Certo che stiamo parlando del francese "enclave", che però deriva dal latino popolare
"enclavare" (chiudere a chiave)... :-DD

Ciao,
Epimeteo

Marco Cimarosti

unread,
Mar 10, 2004, 4:22:21 AM3/10/04
to
FB ha scritto:

> > legge di Grimm: la legge fonetica
> > la cui scoperta diede avvio alla linguistica moderna).
>
> Per caso aveva anche un fratello?

Ne aveva ben tre: Jimmy, Timmy e Tommy.

> (scarsa, mooolto scarsa)

E io m'adeguo al livello. :-)

Marco Cimarosti

unread,
Mar 10, 2004, 6:17:20 AM3/10/04
to
Galnick ha scritto:

> > Il sigma lunato è semplicemente una variante tipografica
>
> ...medievale bizantina...
>
> > della lettera
> > sigma, che è l'equivalente della nostra "S". La somiglianza
> > con la nostra "C" è puramente casuale.
>
> Quando si ha notizia delle prime opere in spagnolo, inglese e
> francese?

Per il francese (come per il tedesco), il 14 febbraio 842. È la data dei
Serments de Strasbourg: un trattato di amicizia fra la Francia Occidentale
(l'attuale Francia) e la Francia Orientale (l'attuale Germania) che, pur
scritto in latino, contiene due giuramenti in francese e in tedesco.

Per lo spagnolo non so di certo. Credo che i primi documenti letterari
precedano il mille e siano poesie trobadoriche in lingua mozarabica cioè,
grosso modo, spagnolo scritto in caratteri arabi.

Per l'inglese, credo che il documento più antico sia il Libro di Exeter, che
risale circa al 900.

> Probabilmente davanti ad -i- ed -e- quel segno -c- fu
> interpretato come -s- piuttosto che come -c(i)- italiano.

E dajje!

Siamo tutti nati analfabeti, e lo siamo rimasti almeno fino ai sei anni di
età. Nei secoli passati, la stragrande maggioranza della gente rimaneva
analfabeta per tutta la vita.

L'ortografia non ha dunque avuto nessuna possibilità di influenzare in modo
sistematico la pronuncia.

> Del resto in quasi tutte le lingue -c-
> davanti ad -i- o -e- ha subito variazioni fonetiche grandi o
> piccole,

Non "in quasi tutte le lingue": questo è successo in una sola lingua, il
latino, è si è poi trasmesso alle lingue da esso derivate (le lingue
neolatine: italiano, spagnolo, francese, ecc.) e, limitatamente ai
latinismi, in quelle che ne sono state influenzate (tutte le lingue
dell'Europa occidentale, e molte altre).

In latino, come saprai bene, la lettera "C" suonava *sempre* /k/, in tutte
le posizioni.

Nel tardo Impero, il suono /k/ ("C") seguito dalle vocali anteriori (/i/,
/e/) si palatalizzò in /kj/ (come la "chi-" di "chiesa"). Di tutte le lingue
neolatine oggi esistento, solo alcuni dialetti della Sardegna e del Salento
si sono fermati a questa fase.

Successivamente, la /kj/ si trasformò in /tS/ ("c-" di "cena"). I dialetti
rumeni e quelli italiani del centro-sud (fra cui c'è l'italiano standard) si
sono fermati a questo stadio.

In tutti gli altri dialetti neolatini, la /tS/ si è evoluta in /ts/ (la "z-"
di "zozzo"). Nessuna lingua neolatina si è fermata in questa fase, ma
abbiamo ampia documentazione (dal De Vulgari Eloquentia di Dante, per
esempio) del fatto che in lombardo medievale i nessi scritti "ci" e "ce" (o
"çi" e "çe") si pronunciassero /tsi/ e /tse/. Abbiamo anche una
documentazione indiretta di fase in francese e in latino: le parole tedesche
prese dal francese antico e dal latino si pronunciano ancora così.

A questo punto, in quasi tutte le lingue neolatine occidentali, la /ts/ si è
semplificata in /s/ (la "s" di "sole"). Le tantissime parole inglesi di
origine francese risalgono naturalmente a questa fase.

Fanno eccezione alcuni dialetti della penisola iberica centro-settentrionale
(uno dei quali diventerà il moderno castigliano), dove la /ts/ si è
trasformata nell'interdentale /T/ (la "th" dell'inglese "thin").

Il fatto che molte delle lingue citate (ma non tutte) abbiano continuato a
usare la lettera "C" sia per l'originale suono /k/ sia per il nuovo suono
(/tS/, /s/, /T/) precedente le vocali anteriori, è semplicemente una
questione di tradizione ortografica. E anche di convenienza: non esisteva
una lettera per scrivere il nuovo suono.

> anche in greco per quanto ne so.

In greco non si è mai verificato niente del genere. I nessi scritti "ki" e
"ke" si pronunciano tutt'oggi /ki/ e /ke/.

Il suono /tS/ ("c" di "cena") che si sente talvolta in neogreco è una
pronuncia del nesso "ts" (tau+sigma).

> [...] la celeberrima legge di Grimm: la legge


> fonetica la cui scoperta diede avvio alla linguistica moderna).
>
> Me la esplicheresti in due righe?

Mizzica! Due righe? Ma lunghe quanto? Be', ci provo.

***
La legge di Grimm descrive i cambiamenti di pronuncia, avvenuti nella
preistoria, di certe consonanti delle lingue germaniche.
***

Con qualche riga in più: la legge di Grimm dà ragione di certe
corrispondenze regolari fra le consonanti delle lingue del gruppo germanico
e quelle delle altre lingue indeuropee (italico, greco, celtico, slavo,
indiano, iranico, ittito, ecc.).

Con molte righe in più... Se ci fai caso, laddove in una parola di una
lingua germanica (inglese, tedesco, svedese, ecc.) inizia per /f/, la parola
corrispondente in latino e lingue derivate inizia per /p/; laddove la parola
germanica inizia per /t/, in latino inizia per /d/, laddove la parola
germanica inizia per /h/ in latino inizia (o iniziava, prima della
palatalizzazione descritta sopra) per /k/, ecc.

Esempi:

inglese: "father", "foot", "for";
italiano: "padre", "piede", "per";

inglese: "two", "ten", "tooth":
italiano: "due", "dieci", "dente";

inglese "horn", "head" (anticamente "heafod"), "hundred":
latino: "cornus", "caput", "centum" (pronuncia /kentum/).

Jakob Grimm ha eseminato tutti questi casi e ha concluso che, nel passaggio
dall'indeuropeo al germanico, si era verificata una "rotazione consonantica"
di tutte le consonanti esplosive, descritta in questi termini:

1) Le occlusive sorde /k/, /p/, /t/ si sono trasformate nelle corrispondenti
fricative sorde /h/, /f/, /T/ (la "th" di "thin");

2) le occlusive sonore /g/, /b/, /d/ si sono trasformate nelle
corrispondenti occlusive sorde /k/, /p/, /t/;

3) le occlusive aspirate /gh/, /bh/, /dh/ si sono trasformate nelle
corrispondenti occlusive sonore /g/, /b/, /d/.

La legge di Grimm presentava alcune inspiegabili eccezioni ma,
successivamente, il linguista danese Verner dimostrò che tali eccezioni
erano solo apparenti, potendosi spiegare a loro volta con regole più
complesse.

Con questa dimostrazione si arrivò a ipotizzare la "ineluttabilità dei
cambiamenti fonetici", cioè il fatto che le lingue sono soggette a
cambiamenti fonetici automatici, ciechi e privi di eccezioni, simili alle
leggi fisiche della natura.

Con questa ipotesi (finora non ancora falsificata) erano poste le basi
scientifiche della comparazione indeuropea e, con essa, della linguistica
moderna.

> Chiaro che però la parola ci è stata portata per bocca
> ispanica...

Certo. Stavo barando. :-)

> A proposito "pomodoro" sappiamo benissimo che viene da "pomo

> d'oro": eppure il suo plurale è spesso "pomodori". [...]

Questa la lascerei ai vicini di it.cultura.linguistica.italiano.

> > Il lombardo "cugiar" (come lo spagnolo [...]


>
> Interessante. E il fatto che i mutamenti fonetici siano stati
> gli stessi?

Be', non sono stati proprio gli stessi, sennò le parole sarebbero
identiche... Sono stati simili, perché lombardo, italiano, spagnolo, ecc.
sono tutte lingue neolatine, cioè tutti "dialetti" derivati dalla stessa
lingua, il latino volgare.

> Cmq grazie. Hai smontato i castelli linguistici che mi ero
> creato in questi mesi di quarta ginnasio :)

Be', hai tutto il tempo per costruirtene di indistruttibili, beato te.

FB

unread,
Mar 10, 2004, 6:38:46 AM3/10/04
to

"Epimeteo" <ep...@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:Tpy3c.23131$z23.1...@news3.tin.it...

> mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui."
> (Niccolò Machiavelli, A Francesco Vettori, Lettere)

Anacoluto, vero?


Ciao, FB


Marco Cimarosti

unread,
Mar 10, 2004, 7:25:20 AM3/10/04
to
Kurotora dalla valle di Yagumo ha scritto:

> Non sono d'accordo dal punto di vista storico con quello che
> dici. La plurisecolare dominazione iberica sul sud Italia non
> fu certo affare di poche guarnigioni di soldati sparsi nel sud
> e nelle isole.

È probabile che io stia sottovalutando la cosa. Però...

> Sin dall'epoca aragonese soldati, religiosi, feudatari (con
> relativi servi),

Ecco, per esempio: servi fatti venire apposta dalla Spagna? Con tutti i
villici morti di fame che potevano trovare nelle nostre campagne?

> mercanti, artigiani, burocrati di origine iberica si
> stanziarono nei territori ispano-aragonesi in Italia,
> influenzando per lo meno nelle realtà che conosco di più
> (Sardegna e Sicilia) le lingue e i dialetti locali..
> Non si può limitare questo fenomeno a "qualche drappello di
> soldati".

D'accordo. Avrò esagerato ma, comunque, si trattava di un'élite: persone che
avevano in mano il potere e la ricchezza ma che, comunque, erano un'infima
minoranza della popolazione.

E, come dici, "si stanziarono" nel nostro paese, cioè si stabilirono qui in
pianta più o meno stabile. Con le difficoltà dei trasporti dell'epoca, è
improbabile che le guarnigioni spagnole si comportassero, per dire, come gli
attuali soldati della NATO, che vengono qui, svolgono servizio per qualche
mese in una base aerea e poi si congedano se ne tornano a casa, senza aver
imparato una parola di italiano. A quei tempi, andare a fare il soldato (o
il funzionario) in un possedimento lontano era spesso un viaggio senza
ritorno.

Per cui, la questione è in che misura e con quale velocità si integrassero
linguisticamente con la comunità locale. La mia impressione è che già dalla
seconda generazione questi "spagnoli" parlassero già prevalentemente la
lingua locale, pur magari mantenendo una chiara coscienza della loro
"ispanicità".

Devo però dire che i miei ricordi delle rovine del castello di Fuentes (a
Colico, sull'alto Lario, provincia di Como; bellissime! chi è della zona ci
faccia una visita) parrebbero parlare contro questa mia idea di un
velocissima integrazione degli spagnoli in Italia.

Fuentes, arroccato su una collinetta in posizione strategica, era una città
spagnola in miniatura. Le guarnigioni e le loro famiglie avevano tutto ciò
che poteva servirgli, dalle abitazioni alla chiesa, agli orti, alle cantine,
alla taverna, alla piazza; forse avevano anche un porto. In pratica,
potevano permettersi di uscire di lì solo per svolgere la loro mansione di
insegnare "la modestia alle fanciulle e alle donne del paese".

Chiaro che, in queste condizioni di isolamento sociale, la lingua spagnola
avrebbe potuto mantenersi per generazioni, e permeare poco a poco le parlate
locali.

Wolfgang Mueller

unread,
Mar 10, 2004, 7:28:31 AM3/10/04
to
On Wed, 10 Mar 2004 11:17:20 GMT, Marco Cimarosti wrote:
> [...]
> In tutti gli altri dialetti neolatini, la /tS/ si č evoluta in
> /ts/ (la "z-" di "zozzo"). Nessuna lingua neolatina si č fermata

> in questa fase, ma abbiamo ampia documentazione (dal De Vulgari
> Eloquentia di Dante, per esempio) del fatto che in lombardo
> medievale i nessi scritti "ci" e "ce" (o "çi" e "çe") si
> pronunciassero /tsi/ e /tse/. Abbiamo anche una documentazione
> indiretta di fase in francese e in latino: le parole tedesche
> prese dal francese antico e dal latino si pronunciano ancora cosě.

C'č perfino una lingua romanza in cui si č conservata questa
pronuncia: il rumantsch (detto anche ladin) grigionese.

> [...]
> In greco non si č mai verificato niente del genere. I nessi


> scritti "ki" e "ke" si pronunciano tutt'oggi /ki/ e /ke/.

«Niente del genere» non direi. La K davanti ad /e/ ed /i/ ha
subito una palatalizzazione, sí, molto piú tenue della C latina,
eppure ben percepibile. Ad esempio la congiunzione <kai> ('e')
suona come la prima sillaba di «chie-sa».

Ciao, Wolfgang

Giuseppe Pagliarulo

unread,
Mar 10, 2004, 7:43:11 AM3/10/04
to

"Marco Cimarosti"

> Per il francese (come per il tedesco), il 14 febbraio 842.

Per il tedesco è intorno al 750 con il glossario _Abrogans_.

> Per l'inglese, credo che il documento più antico sia il Libro di Exeter,
che
> risale circa al 900.

E' l'Inno di Caedmon nella versione northumbrica, risalente alla prima metà
dell'ottavo secolo.

> Con questa dimostrazione si arrivò a ipotizzare la "ineluttabilità dei
> cambiamenti fonetici", cioè il fatto che le lingue sono soggette a
> cambiamenti fonetici automatici, ciechi e privi di eccezioni, simili alle
> leggi fisiche della natura.

Questo punto meriterebbe un thread. Proprio la cecità dei mutamenti fonetici
è da un po' di tempo alquanto discussa e si comincia ad avanzare l'ipotesi
che, in realtà, tali mutamenti siano sottoposti a una serie di costrizioni e
di "passaggi preferenziali" o che, addirittura, s'inseriscano in una sorta
di "progetto" evolutivo: è la cosiddetta teoria delle cospirazioni.

Tutto questo per la precisione,

Iosef Strawarila
--
Lega l'asino dove vuole il padrone.
(mio nonno)


Epimeteo

unread,
Mar 10, 2004, 9:46:54 AM3/10/04
to

"FB" <fam.baldu...@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:a7D3c.24092$z23.1...@news3.tin.it...

>
> "Epimeteo" <ep...@tin.it> ha scritto nel messaggio
> news:Tpy3c.23131$z23.1...@news3.tin.it...
> > mi pasco di quel cibo, che solum č mio, et che io nacqui per lui."
> > (Niccolň Machiavelli, A Francesco Vettori, Lettere)

> Anacoluto, vero?

Certo, un anacoluto nobile.
E tra i piů belli... :-))

Ciao,
Epimeteo


ADPUF

unread,
Mar 10, 2004, 10:40:31 AM3/10/04
to
on 15:46, mercoledì 10 marzo 2004 Epimeteo wrote:

>> > mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io
>> > nacqui per lui." (Niccolò Machiavelli, A Francesco


>> > Vettori, Lettere)
>
>> Anacoluto, vero?
>
> Certo, un anacoluto nobile.

> E tra i più belli... :-))


L'avevo citato qualche tempo fa, preso dalla Garzantina.

Kurotora dalla valle di Yagumo

unread,
Mar 10, 2004, 11:06:56 AM3/10/04
to

Marco Cimarosti <marco.c...@europe.com> wrote in message
195Z223Z37Z50Y1...@usenet.libero.it...

> > Sin dall'epoca aragonese soldati, religiosi, feudatari (con
> > relativi servi),
>
> Ecco, per esempio: servi fatti venire apposta dalla Spagna? Con tutti i
> villici morti di fame che potevano trovare nelle nostre campagne?

Beh...non solo i contadini erano "servi"...mi riferivo anche a domestici,
famigli ecc...


>
> > mercanti, artigiani, burocrati di origine iberica si
> > stanziarono nei territori ispano-aragonesi in Italia,
> > influenzando per lo meno nelle realtà che conosco di più
> > (Sardegna e Sicilia) le lingue e i dialetti locali..
> > Non si può limitare questo fenomeno a "qualche drappello di
> > soldati".
>
> D'accordo. Avrò esagerato ma, comunque, si trattava di un'élite: persone
che
> avevano in mano il potere e la ricchezza ma che, comunque, erano un'infima
> minoranza della popolazione.

Non ho dati numerici, ma ho dei dubbi che fossero così infimi come numero.
Inoltre quando si tratta dell'influenza del prestigio linguistico, non
c'entra nulla il numero di persone parlanti una lingua che si stanziano in
un paese.
Secondo il tuo ragionamento, se fosse valido a livello generale, una lingua
come il tok pisin dovrebbe essere giustificata dal contatto tra gli indigeni
papuani e migliaia e migliaia di inglesi, cosa niente affatto vera.

>
> E, come dici, "si stanziarono" nel nostro paese, cioè si stabilirono qui
in
> pianta più o meno stabile. Con le difficoltà dei trasporti dell'epoca, è
> improbabile che le guarnigioni spagnole si comportassero, per dire, come
gli
> attuali soldati della NATO, che vengono qui, svolgono servizio per qualche
> mese in una base aerea e poi si congedano se ne tornano a casa, senza aver
> imparato una parola di italiano. A quei tempi, andare a fare il soldato (o
> il funzionario) in un possedimento lontano era spesso un viaggio senza
> ritorno.
>
> Per cui, la questione è in che misura e con quale velocità si integrassero
> linguisticamente con la comunità locale. La mia impressione è che già
dalla
> seconda generazione questi "spagnoli" parlassero già prevalentemente la
> lingua locale, pur magari mantenendo una chiara coscienza della loro
> "ispanicità".

Questo è assolutamente non riscontarto storicamente.
Nel caso della Sardegna, che conosco meglio, le classi elevate furono
fortemente conservative prima nei confronti del catalano da loro parlato e
poi, soprattutto del castigliano. Addirittura si continuò a parlare
castigliano in un convento vicino Cagliari fino alle fine dell'OTTOCENTO...
quindi non solo più di un secolo dopo l'annessione della Sardegna alla
Savoia, ma decine di anni dopo dall'unità d'Italia !!!


> Chiaro che, in queste condizioni di isolamento sociale, la lingua spagnola
> avrebbe potuto mantenersi per generazioni, e permeare poco a poco le
parlate
> locali.

Invece lo spagnolo, radicato nei centri urbani e lingua della chiesa, si
irradiò potentemente e soprattutto rapidamente dalle città alle campagne,
perfino a quelle sarde, che erano state tradizionalmente renitenti alle
innovazioni linguistiche. E una cosa simile avvenne in Sicilia.
Pensa che in sardegna passarono 50 anni dopo l'unione con la Savoia (1720
circa) prima che i Piemontesi accostassero l'italiano (da poco proclamato
lingua ufficiale del regno!) allo spagnolo come lingua ufficiale del
Vice-regno di Sardegna. La de-ibericizzazione della Sardegna, dovette essere
pianificata a tavolino, altrimenti l'italiano non sarebbe riuscito ad
affermarsi.


ciao


k.


Epimeteo

unread,
Mar 10, 2004, 11:48:46 AM3/10/04
to

"ADPUF" <flyh...@mosq.it> ha scritto nel messaggio
news:PFG3c.25298$z23.1...@news3.tin.it...
> > Certo, un anacoluto nobile.
> > E tra i piů belli... :-))

> L'avevo citato qualche tempo fa, preso dalla Garzantina.

Sě, ricordo.
L'ho ritrovato mentre cercavo il passo del Machiavelli immerso nei suoi studi.

Epimeteo


Galnick

unread,
Mar 10, 2004, 1:01:16 PM3/10/04
to
> Per il francese (come per il tedesco), il 14 febbraio 842. È la data dei
> Serments de Strasbourg: un trattato di amicizia fra la Francia Occidentale
> (l'attuale Francia) e la Francia Orientale (l'attuale Germania) che, pur
> scritto in latino, contiene due giuramenti in francese e in tedesco.
>
> Per lo spagnolo non so di certo. Credo che i primi documenti letterari
> precedano il mille e siano poesie trobadoriche in lingua mozarabica cioè,
> grosso modo, spagnolo scritto in caratteri arabi.
>
> Per l'inglese, credo che il documento più antico sia il Libro di Exeter,
che
> risale circa al 900.

Porcacc'. Mi hai dato la stoccata finale.

> E dajje!
>
> Siamo tutti nati analfabeti, e lo siamo rimasti almeno fino ai sei anni di
> età. Nei secoli passati, la stragrande maggioranza della gente rimaneva
> analfabeta per tutta la vita.
>
> L'ortografia non ha dunque avuto nessuna possibilità di influenzare in
modo
> sistematico la pronuncia.

E mo' sono anche in coma.

> > Del resto in quasi tutte le lingue -c-
> > davanti ad -i- o -e- ha subito variazioni fonetiche grandi o
> > piccole,
>
> Non "in quasi tutte le lingue": questo è successo in una sola lingua, il
> latino, è si è poi trasmesso alle lingue da esso derivate (le lingue
> neolatine: italiano, spagnolo, francese, ecc.) e, limitatamente ai
> latinismi, in quelle che ne sono state influenzate (tutte le lingue
> dell'Europa occidentale, e molte altre).

> In latino, come saprai bene, la lettera "C" suonava *sempre* /k/, in tutte
> le posizioni.
> Nel tardo Impero, il suono /k/ ("C") seguito dalle vocali anteriori (/i/,
> /e/) si palatalizzò in /kj/ (come la "chi-" di "chiesa"). Di tutte le
lingue
> neolatine oggi esistento, solo alcuni dialetti della Sardegna e del
Salento
> si sono fermati a questa fase.

[cut]
Interessante storia della lettera C! Ero rimasto a /kj/, poi non avevo mai
capito il passaggio a /ts/. Ma come mai proprio davanti a -i- ed -e- per
tutte le lingue, mentre davanti a -a-, -o-, -u- tale mutamento non si è mai
verificato?

> Il fatto che molte delle lingue citate (ma non tutte) abbiano continuato a
> usare la lettera "C" sia per l'originale suono /k/ sia per il nuovo suono
> (/tS/, /s/, /T/) precedente le vocali anteriori, è semplicemente una
> questione di tradizione ortografica. E anche di convenienza: non esisteva
> una lettera per scrivere il nuovo suono.

Beh, nel caso di /s/ non era più facile scrivere s?
A proposito: come abbiamo fatto in italiano a trovarci /ts/ scritto come 'z'
quando corrispondeva al latino "ti" in quei casi che sappiamo? E da dove
vengono "gn" per /ni/ (> /nj/), /gl/ per /li/ (> /[l]j/) e "sc" per /S/? Mi
ha sempre affascinato capire come certe cose sono mutate nel tempo...

> In greco non si è mai verificato niente del genere. I nessi scritti "ki" e
> "ke" si pronunciano tutt'oggi /ki/ e /ke/.

Ho sentito di alcuni casi in cui ki/gi + vocale si leggono /kj, gj/.

> Mizzica! Due righe? Ma lunghe quanto? Be', ci provo.
> ***
> La legge di Grimm descrive i cambiamenti di pronuncia, avvenuti nella
> preistoria, di certe consonanti delle lingue germaniche.
> ***

[snip]

Interessantissima! Grazie 1000!

> > Cmq grazie. Hai smontato i castelli linguistici che mi ero
> > creato in questi mesi di quarta ginnasio :)
> Be', hai tutto il tempo per costruirtene di indistruttibili, beato te.

Mi sa che hanno già scritto tutto, e tutte le mie congetture le hai
distrutte tu (grazie al cielo, altrimenti sarebbero già finite sul
giornalino del mio liceo)...

Marco Cimarosti

unread,
Mar 10, 2004, 1:24:20 PM3/10/04
to
Galnick ha scritto:

> Interessante storia della lettera C! Ero rimasto a /kj/, poi non avevo mai
> capito il passaggio a /ts/. Ma come mai proprio davanti a -i- ed -e- per
> tutte le lingue,

(o che adesso dirò un enormità e verrò bastonato a dovere...

Nella pronuncia delle vocali /e/ ed /i/ la lingua preme sul palato più o
meno nello stesso punto dove preme quando si pronunciano le consonanti
palatali ("c" di "Cina", ecc.). Nella pronuncia dei suoni velari ("ch" di
"china", ecc.) preme invece un po' più indietro, verso il velopendulo (da
cui il nome "velari").

Quindi, modificando la pronuncia da "kì" a "cì" si evita uno spostamento
della lingua, risparmiando qualche frazione di caloria. E siccome siamo
animali molto pigri...

> mentre davanti a -a-, -o-, -u- tale mutamento non si è
> mai verificato?

La palatalizzazione in qualche lingua c'è stata anche con /a/, per esempio
in francese ("caballus" > "cheval") e in friulano ("caballus" > "cjaval").

> Beh, nel caso di /s/ non era più facile scrivere s?

Certo. Ma chi ha iniziato a leggere e scrivere in volgare sapeva il latino
e ne subiva l'influenza.

E poi, probabilmente, quando s'è cominciato a scrivere in francese, la
pronuncia era ancora /ts/.

> > In greco non si è mai verificato niente del genere. I nessi
> > scritti "ki" e "ke" si pronunciano tutt'oggi /ki/ e /ke/.
>
> Ho sentito di alcuni casi in cui ki/gi + vocale si leggono /kj, gj/.

Ma io non lo sapevo...

> > Mizzica! Due righe? Ma lunghe quanto? Be', ci provo.
> > ***
> > La legge di Grimm descrive i cambiamenti di pronuncia, avvenuti nella
> > preistoria, di certe consonanti delle lingue germaniche.
> > ***
> [snip]
>
> Interessantissima! Grazie 1000!

Mizzica! Uno che a 15-16 anni reagisce così all'enunciazione della legge
di Grimm non può che diventare un linguista. È inutile che cerchi di
scegliere altri studi: sei condannato alla glottologia. :-)

> Mi sa che hanno già scritto tutto, e tutte le mie congetture le hai
> distrutte tu (grazie al cielo, altrimenti sarebbero già finite sul
> giornalino del mio liceo)...

Adesso però non scriverci le mie, neh!

Ciao.
Marco

--

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it


FB

unread,
Mar 10, 2004, 6:26:31 PM3/10/04
to

"Wolfgang Mueller" <w...@ariannuccia.de> ha scritto nel messaggio
news:404F0937...@bgr.de...

> Ciao, Wolfgang

Willkommen zurück! Du warst eigentlich verschwunden.
Jedenfalls, Ich hoffe dass du lange bleibst. Ich verlasse mich darauf.

(si fa quel che si può, e non penso di aver imbroccato più del 50/60%)


Tschüss, FB


Sebapop

unread,
Mar 11, 2004, 3:49:01 AM3/11/04
to
On Tue, 09 Mar 2004 20:34:07 GMT, "Galnick" wrote:

>Mi disaría ch'în propri istèss... :) (Sulla grammatica meneghina non vado
>troppo forte, scrivo come mi sento di fare... magari ho sbagliato)

In veronese: "Mi diréa ché l'è pròprio stéso/istéso"

>Hmmm...

Giuro. Dicono tutti così, ovvero che lo spagnolo "suona" come il
nostro dialetto. :)

Wolfgang Mueller

unread,
Mar 11, 2004, 7:05:30 AM3/11/04
to
On Wed, 10 Mar 2004 23:26:31 GMT, FB wrote:
>
> Willkommen zurück! Du warst eigentlich verschwunden. Jedenfalls,
> Ich hoffe dass du lange bleibst. Ich verlasse mich darauf.

Vielen herzlichen Dank für die Begrüßung! Wenigstens sporadisch
werde ich wieder an den Diskussionen teilnehmen.

> (si fa quel che si può, e non penso di aver imbroccato più del 50/60%)

(Ma neanche meno. I dettagli, te li risparmio, cercando di non fare
il saccente già all'inizio della mia ricomparsa. Piú tardi magari...)

> Tschüss, FB

Ciao, Wolgang

Galnick

unread,
Mar 12, 2004, 3:58:04 PM3/12/04
to
> Quindi, modificando la pronuncia da "kì" a "cì" si evita uno spostamento
> della lingua, risparmiando qualche frazione di caloria. E siccome siamo
> animali molto pigri...

Tsè :) Fonologicamente sì. Per quanto riguarda la complessità sintattica,
flessiva, grammaticale della nostra lingua, che si porta dietro i residui
del latino, dell'etrusco, del greco e non solo, ecc ecc... proprio no.

> La palatalizzazione in qualche lingua c'è stata anche con /a/, per esempio
> in francese ("caballus" > "cheval") e in friulano ("caballus" > "cjaval").

Ma in francese c'è la -e-, per apofonia; mi chiedo solo perché tale
mutamento fonetico abbia influenzato anche la scrittura per -a- -o- -u-
mentre per -i- -e- niente è cambiato... Mah...

> > Ho sentito di alcuni casi in cui ki/gi + vocale si leggono /kj, gj/.
>
> Ma io non lo sapevo...

E te ne dico un'altra. C'è una parola greca, non ricordo quale, che cambia
significato a seconda che sia pronunciata con /j/ o con /i/ vocale.

> > Interessantissima! Grazie 1000!
>
> Mizzica! Uno che a 15-16 anni

15 appena compiuti...

> reagisce così all'enunciazione della legge
> di Grimm non può che diventare un linguista. È inutile che cerchi di
> scegliere altri studi: sei condannato alla glottologia. :-)

Beh, la mia passione principale è la musica...
Però visto che ho sparato... membrate a dismisura sul sigma lunato, mi sa
che è inutile fare il linguista, no?
Mi sapresti dire se è giusto? In certi aggettivi troviamo la
particella -al-, che corrisponderebbe a un suffisso genitivo etrusco (-al,
appunto, secondo un libro che ho appena letto sulla lingua etrusca). Esempio
"condominiale", radice "domin-", da cui "con-domin-io" > "con-domin-i-al-e".
Ci sono o è un'ipotesi troppo azzardata?

Ah: comunque ora che sono al ginnasio siamo in due ad avere la passione per
la glottologia. Mi diverto a cercare l'etimologia di qualunque cosa che
suoni minimamente greco sul mio Rocci. E adesso sto cercando di spiegarmi
una cosa:
io ved-o < chiaramente dal latino.
tu ved-i < greco -eis, che i bizantini pronunciavano già -iis?
egli ved-e < chiaramente dal latino 'videt': la dentale finale cade.
noi ved-iamo < chiaramente dal latino, ma perché '-iamo' da '-emus'? Mah...
voi ved-ete < greco -ete? (lý-ete)
essi ved-ono < dal latino.
Queste delle seconde persone sono proprio influenze greche o qualche altra
cosa?

> > Mi sa che hanno già scritto tutto, e tutte le mie congetture le hai
> > distrutte tu (grazie al cielo, altrimenti sarebbero già finite sul
> > giornalino del mio liceo)...
>
> Adesso però non scriverci le mie, neh!

Se ci scrivo "(C) Cimarosti da ICL", posso? :)

Galnick

unread,
Mar 12, 2004, 3:58:53 PM3/12/04
to
> In veronese: "Mi diréa ché l'è pròprio stéso/istéso"

L'erba del vicino è sempre la più verde. Il mio dialetto si sta
italianizzando troppo! AIUTOOO!

> >Hmmm...
>
> Giuro. Dicono tutti così, ovvero che lo spagnolo "suona" come il
> nostro dialetto. :)

Ma dai! Mah...

FB

unread,
Mar 12, 2004, 4:06:58 PM3/12/04
to
On Fri, 12 Mar 2004 20:58:53 GMT, Galnick wrote:

> Il mio dialetto si sta italianizzando troppo! AIUTOOO!

Il mio si francesizza.


Ciao, FB

Galnick

unread,
Mar 12, 2004, 4:09:41 PM3/12/04
to
> Il mio si francesizza.

E di dove sei?

FB

unread,
Mar 12, 2004, 4:19:29 PM3/12/04
to
On Fri, 12 Mar 2004 21:09:41 GMT, Galnick wrote:

>> Il mio si francesizza.
>
> E di dove sei?

Della provincia di Milano (della potenziale provincia di Monza e
Brianza...). Il mio personale dialetto si francesizza un po' perché si
presta e io conosco un po' di francese.


Ciao, FB

Galnick

unread,
Mar 13, 2004, 9:12:06 AM3/13/04
to
> Della provincia di Milano (della potenziale provincia di Monza e
> Brianza...). Il mio personale dialetto si francesizza un po' perché si
> presta e io conosco un po' di francese.

ah beh, il tuo personale... se è per questo il mio si grecizza, si
latinizza, si italianizza e si inglesizza.
Io parlavo di dialetti... di tutti: l'espressione milanese "la mia dòna"
ormai è sostituita da "la mia miê"... si italianizza...


Lorenzo Lodi

unread,
Mar 13, 2004, 11:31:04 AM3/13/04
to
"Galnick" <spammamie...@nontelodo.capito.it> ha scritto nel messaggio
news:wvp4c.68073$FJ6.2...@twister1.libero.it...
[...]

>
> E te ne dico un'altra. C'è una parola greca, non ricordo quale, che cambia
> significato a seconda che sia pronunciata con /j/ o con /i/ vocale.
>

comunque ci sono anche in italiano: ad es.
spianti /spjanti/ = trapianti
spianti /spianti/ = che spìano

Lorenzo Lodi

unread,
Mar 13, 2004, 11:31:15 AM3/13/04
to
"Galnick" <spammamie...@nontelodo.capito.it> ha scritto nel messaggio
news:wvp4c.68073$FJ6.2...@twister1.libero.it...
[...]
>
> E te ne dico un'altra. C'è una parola greca, non ricordo quale, che cambia
> significato a seconda che sia pronunciata con /j/ o con /i/ vocale.
>

comunque se non sbaglio ci sono anche in italiano: ad es.

Galnick

unread,
Mar 13, 2004, 12:57:20 PM3/13/04
to
> comunque ci sono anche in italiano: ad es.
> spianti /spjanti/ = trapianti
> spianti /spianti/ = che spìano

Già. Io proporrei l'uso, anche in italiano, della dieresi "leopardiana" in
parole come quïete, spïanti (che spiano) ecc...


Sebapop

unread,
Mar 14, 2004, 7:20:33 AM3/14/04
to
On Fri, 12 Mar 2004 20:58:53 GMT, "Galnick" wrote:

>L'erba del vicino è sempre la più verde. Il mio dialetto si sta
>italianizzando troppo! AIUTOOO!

A me l'accento veneto non piace. :/

>Ma dai! Mah...

Sì, forse perché in veronese non si usano le doppie, come in spagnolo,
e perché molte parole sono troncate e terminano con consonante.
Entrambe le cose non sono presenti nella lingua italiana, mentre nella
lingua spagnola le doppie non ci sono, tranne pochi casi come rr, cc,
ll, ma vengono gestite in modo diverso. RR è una r polivibrante. cc è
/k Tz/ dove /Tz/ è il suono della c spagnola di cena, simile al suono
del th inglese di think. Ll, invece, è una lettera dell'alfabeto, che
si pronuncia come il gl della parola italiana aglio o, più
frequentemente, come una /j/.
Anyway, l'assenza di doppie è una cosa comune tra lo spagnolo e i
dialetti veneti, almeno il mio. E non comune in italiano, quindi
questo genera l'impressione che il dialetto veronese (mi limito a
parlare del mio) "sembri suonare spagnoleggiante". Se poi aggiungiamo
il fatto che molte parole finiscono per consonante, cosa non comune in
italiano, ma presente nello spagnolo, la somiglianza apparente
aumenta.
Altra similitudine che mi viene in mente è il finale ìa, anche se in
spagnolo lo si segna con ía.
Molti verbi in dialetto veronese terminano in ìa al congiuntivo.

Io vorrei mi vorìa
tu vorresti ti te vorési
lui vorrebbe lu el vorìa
lei vorrebbe ela la vorìa
noi vorremmo noàltri vorésimo
voi vorreste voàltri vorési
loro vorrebbero lóri i vorìa

In spagnolo, nell'indicativo presente, nei verbi della II conjugación
nel pretérito imperfecto de indicativo, come encender, finiscono in
-ía, ías, ecc.

Similitudini inutili, solo "di suoni", ma che penso siano la causa di
queste dicerie. Ma non conosco bene lo spagnolo e il mio dialetto lo
conosco solo per "sentito dire", dato che non lo parlo (ma lo so
parlare, foneticamente, ma faccio spesso errori).

Studiando spagnolo non sembrano assolutamente simili.

Agli orecchi dei miei amici frasi come "voría da béar" suonano simil
spagnole, più simili alla "musicalità spagnola" delle corrispondenti
frasi italiane. A me suonano spagnolo tanto quanto "Ai voler a bear"
suona inglese.

Sebapop

unread,
Mar 14, 2004, 7:24:58 AM3/14/04
to
On Sat, 13 Mar 2004 14:12:06 GMT, "Galnick" wrote:

>Io parlavo di dialetti... di tutti: l'espressione milanese "la mia dòna"
>ormai è sostituita da "la mia miê"... si italianizza...

Io ho vissuto tre anni a Milano. Ricordo che non capivo niente di
dialetto, le rarissime volte che lo sentivo. C'era un macellaio che
parlava in dialetto con i miei amici e io no capivo. I miei amici mi
hanno preso in giro - bonariamente - e anche il macellaio rideva.
Allora, quando mi ha chiesto con che cosa lo volevo il panino, gli ho
detto "con la bóndola", che dalle mie parti è il nome ancor più comune
della mortadella. Dovetti tradurre. :)
Però, a parte quella persona, il dialetto a Milano non l'ho mai
sentito, nemmeno da chi veniva dalla provincia e parlava con i suoi
amici. Io non parlo dialetto veronese pur venendo dalla provincia e
sono un'eccezione. In provincia si parla in modo costante, sempre
meno, ma è ancora forte. Già in città a Verona il dialetto si parla
meno, tra i giovani praticamente mai. In università non sento una
parola di dialetto. Alle superiori lo parlavano tutti, fuori dalla
lezioni, tranne quelli dalla città, "i citadìni". :)

Galnick

unread,
Mar 14, 2004, 1:26:20 PM3/14/04
to
> Però, a parte quella persona, il dialetto a Milano non l'ho mai
> sentito, nemmeno da chi veniva dalla provincia e parlava con i suoi
> amici. Io non parlo dialetto veronese pur venendo dalla provincia e
> sono un'eccezione. In provincia si parla in modo costante, sempre
> meno, ma è ancora forte. Già in città a Verona il dialetto si parla
> meno, tra i giovani praticamente mai. In università non sento una
> parola di dialetto. Alle superiori lo parlavano tutti, fuori dalla
> lezioni, tranne quelli dalla città, "i citadìni". :)

Qui è usato soltanto dai vecchi e da me, ogni tanto, che sono cresciuto con
i miei nonni...

Marco Cimarosti

unread,
Mar 15, 2004, 6:09:55 AM3/15/04
to
Galnick ha scritto:

> > La palatalizzazione in qualche lingua c'è stata anche
> > con /a/, per esempio in francese ("caballus" > "cheval") e
> > in friulano ("caballus" > "cjaval").
>
> Ma in francese c'è la -e-, per apofonia; mi chiedo solo perché
> tale mutamento fonetico abbia influenzato anche la scrittura
> per -a- -o- -u- mentre per -i- -e- niente è cambiato... Mah...

Perché, in francese, la palatalizzazione della /k/ davanti ad /a/ ha
modificato anche il timbro della vocale. Le /e/ e le /i/, invece, non sono
state alterate.

Davanti a /o/, /u/ non mi risulta che ci sia stata alcuna palatalizzazione.
Nei casi in cui si trova "ch" davanti ad "o" o "u", etimologicamente c'era
una /a/. Es. "chose" da "causa", "chute" "ca(d)uta", ecc..

> Mi sapresti dire se è giusto? In certi aggettivi troviamo la
> particella -al-, che corrisponderebbe a un suffisso genitivo
> etrusco (-al, appunto, secondo un libro che ho appena letto
> sulla lingua etrusca). Esempio "condominiale", radice
> "domin-", da cui "con-domin-io" > "con-domin-i-al-e".
> Ci sono o è un'ipotesi troppo azzardata?

Be', se non è vera è ben trovata!

In effetti, non ricordo altre lingue indeuropee oltre al latino che abbiano
questo suffisso aggettivale "-al", per cui è plausibile che si tratti
dell'influsso di una lingua straniera con cui il latini era in contato e le
altre lingue no.

Ma l'etruscologo del NG è un tal Riccardo Venturi, che però non si fa quasi
mai vedere. Se ricompare, gli sottoponiamo il busillis.

> [...] E adesso sto cercando di spiegarmi una cosa:


> io ved-o < chiaramente dal latino.
> tu ved-i < greco -eis, che i bizantini pronunciavano già -iis?

Latino. Vedi sotto.

> egli ved-e < chiaramente dal latino 'videt': la dentale finale
> cade.
> noi ved-iamo < chiaramente dal latino, ma perché '-iamo' da
> '-emus'? Mah...

(Mah, saperlo... Comunque, in molti dialetti, anche affini al toscano, la
"-i-" non c'è: es. il romanesco "annamo", "famo", ecc.)

> voi ved-ete < greco -ete? (lý-ete)

Latino. Vedi sotto.

> essi ved-ono < dal latino.
> Queste delle seconde persone sono proprio influenze greche o
> qualche altra cosa?

Nel passaggio dal latino all'italiano, tutte le "-s" finali sono cadute e la
/i/ (breve) diventa regolarmente /e/.

Analogamente, /u/ (breve) diventa regolarmente /o/, come vedi per esempio
nella "-o" finale dei nomi maschili (da "-um").

La somiglianza della coniugazione latina con quella greca (o con quella di
qualsiasi altra lingua indeuropea) dipende dal fatto che le desinenze
personali fanno parte del patrimonio indeuropeo comune.

> > Adesso però non scriverci le mie, neh!
>
> Se ci scrivo "(C) Cimarosti da ICL", posso? :)

Ma no, per carità, i quarantenni non devono scrivere nei giornalini del
ginnasio! Soprattutto se han fatto l'istituto d'arte... :-)

Scherzavo: scrivici le "tue", comprese quelle acquisite su questo NG o
altrove. E non aver paura di cannare: se siete solo due "glottologi" in
tutta la scuola, non subirete comunque grandi smentite.

Galnick

unread,
Mar 15, 2004, 1:03:04 PM3/15/04
to
> Be', se non è vera è ben trovata!

Oh bella! Finalmente una giusta!

> In effetti, non ricordo altre lingue indeuropee oltre al latino che
abbiano
> questo suffisso aggettivale "-al", per cui è plausibile che si tratti
> dell'influsso di una lingua straniera con cui il latini era in contato e
le
> altre lingue no.

Già... Io comunque conosco solo il greco (che usa -ikos, e, on) e il latino
(-alis, e)

> Ma l'etruscologo del NG è un tal Riccardo Venturi, che però non si fa
quasi
> mai vedere. Se ricompare, gli sottoponiamo il busillis.

OK... Spero di ricordarmene. Potremmo aprire un 3d a parte per questa
desinenza... "etruscale" e così discuteremmo tutti, no?

> Nel passaggio dal latino all'italiano, tutte le "-s" finali sono cadute e
la
> /i/ (breve) diventa regolarmente /e/.

Più che altro, mi stupisce questo:
io mangio / tu mang*i*, da "mangiare"
io vedo / tu ved*i*, da "vedere"
io leggo / tu legg*i*, da "lèggere" (ce l'ho messo perché comunque in latino
e in meneghino è della III...)
io dormo / tu dorm*i*
Esistendo in greco solo due coniugazioni, tematica (-o/eis ecc.) ed
atematica (-mi/s ecc.) mi chiedevo se non fosse possibile che questa *i*
venisse dall'unica terminazione eis che mantiene la i perché è lunga.
Diversamente per mang*iate*, ved*ete*, legg*ete*, dorm*ite* cambia la vocale
tematica, quindi il latino c'entra di più.
In meneghino invece è sempre la seconda plurale a mantenere questa desinenza
sempre tronca in ì, in tutti i tempi... Chissà come mai una desinenza su sei
è rimasta fissa...

> Ma no, per carità, i quarantenni non devono scrivere nei giornalini del
> ginnasio! Soprattutto se han fatto l'istituto d'arte... :-)

Istituto d'arte? Azz... Però! E sei diventato glottologo?
(Parentesi: Nella mia scuola i glottologi, oltre a noi due alunni, si
collocano nella fascia dei 28-35 anni d'età; gli altri conoscono qualche
nozione-base di glottologia, ma per esempio la mia prof di greco
cinquantenne non distingue la legge di Grassman da un semplice trasporto di
aspirazione...)

> Scherzavo: scrivici le "tue", comprese quelle acquisite su questo NG o
> altrove. E non aver paura di cannare: se siete solo due "glottologi" in
> tutta la scuola, non subirete comunque grandi smentite.

Ah beh, però non voglio dare informazioni scorrette, sai com'è... Quando
vorrò avere la conferma su qualche mia "scoperta", la invierò qui... Sai, a
me piace fare *ricerche* sulla glottologia, trovare già tutto fatto a me non
piacerebbe!

Grazie comunque!!

Marco Cimarosti

unread,
Mar 17, 2004, 6:50:31 AM3/17/04
to
Galnick ha scritto:

> > Be', se non è vera è ben trovata!
>
> Oh bella! Finalmente una giusta!

Forse! :-)

> > In effetti, non ricordo altre lingue indeuropee oltre al latino che

> > abbiano questo suffisso aggettivale "-al", [...]


>
> Già... Io comunque conosco solo il greco (che usa -ikos, e, on) e il
> latino (-alis, e)

Mah, quasi tutte le lingue avranno un qualche suffisso per formare
aggettivi: "-ik-" in greco, "-isch" in tedesco, ecc. Il punto è che, a
quanto ne so, solo in latino è "-al-".

> Istituto d'arte? Azz... Però! E sei diventato glottologo?

Glottologo, io? Vermente faccio l'analista/programmatore.

Galnick

unread,
Mar 17, 2004, 12:52:39 PM3/17/04
to
> Mah, quasi tutte le lingue avranno un qualche suffisso per formare
> aggettivi: "-ik-" in greco, "-isch" in tedesco, ecc. Il punto è che, a
> quanto ne so, solo in latino è "-al-".

Tra l'altro sto pensando a tutti i suffissi che si usano, in latino, greco
ed italiano per formare neologismi. In italiano abbiamo importato molti
suffissi greci, a quanto pare: -ista (-tés, può essere?), -ico (-ikòs),
ecc...

> > Istituto d'arte? Azz... Però! E sei diventato glottologo?
> Glottologo, io? Vermente faccio l'analista/programmatore.

Ah, pure! Beh, come glottologo te la cavi molto bene comunque!!

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