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[Req] Che tempo verbale è?

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Franco Terlizzi

unread,
Apr 21, 2001, 11:23:59 AM4/21/01
to
Buona domenica a tutti Voi
scusate la classica domanda dell'ignorante, ma
ho un dubbio che con i vari libri di grammatica non ho risolto.
dire: "io
sto andando a messa", "io ti sto blandendo", "io sto pensando che"
che
tempi verbali sono? E' corretto? Non richiede l'accento, giusto? In quali
casi l'accento è necessario? Ho un libro che afferma "nonostante la
consuetudine, "io do" lo preferiamo senza accento". L'accento circonflesso,
dice sempre lo stesso libro, è in disuso e si preferisce non usarlo se non
nei casi di contrazione. Ed inoltre afferma (ma non solo quel libro) che
gli accenti andrebbero usati nella minor misura possibile, solo quando
necessari. E' davvero così?
vi ringrazio anticipatamente
Franco Terlizzi
--------------------------------
Inviato via http://usenet.iol.it

Nicola Nobili

unread,
Apr 21, 2001, 3:16:13 PM4/21/01
to
Franco Terlizzi

> "io
> sto andando a messa", "io ti sto blandendo", "io sto pensando che"
> che
> tempi verbali sono?

Non sono "tempi verbali", bensí forme perifrastiche. Il tempo si desume
da quello di "stare" (in questo caso presente). Stare + gerundio viene
chiamata, in maniera latineggiante, "forma perifrastica attiva", ossia un
insieme di forme verbali che indicano il verificarsi dell'azione in quello
stesso momento.

> E' corretto?

Certamente. Una volta (nell'Ottocento) veniva considerata "poco
elegante". Oggi, invece, bombardati dall'inglese dal quale facciamo calco su
calco, si tende ad usare anche troppo spesso, a mio avviso. L'importante
sarebbe saper alternare i tempi semplici e quelli perifrastici con stile e
buon gusto, ma è una parola...

> Non richiede l'accento, giusto?

Giusto.

> In quali
> casi l'accento è necessario?

"Necessario" (ovvero, se non lo scrivi è un errore): nelle parola di due
o piú sillabe nelle quali l'accento cada sull'ultima vocale (città, metà,
farò, etc.), su "è" voce del verbo "essere", su "sé" pronome (pensa solo a
sé), "dà" (egli dà), "tè" (la bevanda), "né" (né qui né lí), "là" e "lí"
quando sono avverbî di luogo e non articoli o pronomi, "dí" quando significa
"giorno", "giú"... e pochi altri casi.
"Utile" in tanti altri casi...

> Ho un libro che afferma "nonostante la
> consuetudine, "io do" lo preferiamo senza accento".

Brucia quel libro, te ne prego... È corretto, "do" non richiede
l'accento. La consuetudine a cui s'accenna, però, non la commento per
decenza.

> L'accento circonflesso,
> dice sempre lo stesso libro, è in disuso e si preferisce non usarlo se non
> nei casi di contrazione.

Si preferisce non usarlo. Punto. Si può usare SOLO nei casi di
contrazione, ma che fandonie dice quella tua fonte? (Per inciso: io sono uno
degli ultimi strenui sostenitori dell'accento circonflesso).

> Ed inoltre afferma (ma non solo quel libro) che
> gli accenti andrebbero usati nella minor misura possibile, solo quando
> necessari. E' davvero così?

No. Assolutamente. Si tratta di un'idea stupida che insegnano nelle
scuole elementari e nella carta stampata da quattro soldi. Purtroppo il
sistema d'accentazione dell'italiano non è perfetto. In ogni caso sia
"utile" usare un accento, onde fugare ogni dubbio, non avere timore
d'usarlo, la gente seria apprezzerà. Eppoi si fa sempre in tempo ad ignorare
un dettaglio ridondante, ma pensare di aggiungerne uno mancante o comunque
utile non è altrettanto semplice.

Ciao,
Nicola

--
Multa non quia difficilia sunt non audemus, sed quia non audemus sunt
difficilia (Seneca).


Maurizio Pistone

unread,
Apr 22, 2001, 6:21:03 PM4/22/01
to
ffte...@hotmail.it (Franco Terlizzi) ha scritto su
it.cultura.linguistica.italiano:

>Buona domenica a tutti Voi
>scusate la classica domanda dell'ignorante, ma
>ho un dubbio che con i vari libri di grammatica non ho risolto.
>dire: "io
>sto andando a messa", "io ti sto blandendo", "io sto pensando che"
>che
>tempi verbali sono?

Le forme si possono spiegare in due modi. Si possono chiamare "forme
perifrastiche" equivalenti all'inglese "I'm going..." ecc,; è la
spiegazione più semplice. Oppure possiamo dire che si trattta della
combinazione di verbo aspettuale + verbo di azione. Un verbo
aspettuale è un verbo che modifica "l'aspetto" dell'azione, cioè il
suo svolgersi nel tempo; quasi tutti i verbi aspettuali reggono un
infinito preceduto da preposizione (comincio a, finisco di, continuo a
ecc.); "stare" può essere costruito, a seconda del significato, con
una preposizione "sto per..." oppure, come in questo caso, col
gerundio.

>casi l'accento è necessario? Ho un libro che afferma "nonostante la
>consuetudine, "io do" lo preferiamo senza accento".

Vedi

http://www.mauriziopistone.it/discussioni/grammatica_1_a.html#do

> L'accento circonflesso,
>dice sempre lo stesso libro, è in disuso e si preferisce non usarlo se non
>nei casi di contrazione.

Su questo lascio che si pronuncino altri frequentatori del gruppo.

> Ed inoltre afferma (ma non solo quel libro) che
>gli accenti andrebbero usati nella minor misura possibile, solo quando
>necessari. E' davvero così?
>vi ringrazio anticipatamente

Diciamo piuttosto che spesso degli accenti si abusa. I casi in cui la
grammatica lascia scegliere sono veramente pochi; oltre a "io do",
abbiamo "su" avverbio, per distinguerlo dalla preposizione; e "sé
stesso", dove la preferenza va oggi verso il mantenimento
dell'accento. In tutti gli altri casi (a cominciare da "quì") l'uso a
sproposito dell'accento è un errore diffuso, ma pur sempre un errore.


Maurizio Pistone - Torino

http://www.mauriziopistone.it
mailto:pis...@mclink.it

strenua nos exercet inertia Hor.

Giovanni Pontoglio

unread,
Jul 28, 2001, 6:50:27 PM7/28/01
to

Maurizio Pistone ha scritto nel messaggio
<56m6et87efpgqe55e...@4ax.com>...

>ffte...@hotmail.it (Franco Terlizzi) ha scritto su
>it.cultura.linguistica.italiano:
>
>>
>
>>
>> Ed inoltre afferma (ma non solo quel libro) che
>>gli accenti andrebbero usati nella minor misura possibile, solo quando
>>necessari. E' davvero così?
>>vi ringrazio anticipatamente
>
>Diciamo piuttosto che spesso degli accenti si abusa.


Non vedo che male ci sia ad abbondare un po' negli accenti, specie laddove
può sussistere dubbio fonetico o anche sematico. Personalmente preferisco
accentare príncipi e princípi, càpita e capíta, conservatóri e conservatòri,
tràdito e tradíto (salvo che il significato sia del tutto evidente). Anche
coi nomi propri (toponimi e cognomi) mi sembra utile accentare: poiché se è
vero che tutti sanno che si dice Nàpoli, e quindi qui l'accento grafico
sarebbe un'affettazione, invece su Tremòsine o Prèstine per me l'accento è
opportuno. Ugualmente direi nel caso di termini rari o libreschi.

> .... da "quì : l'uso a


>sproposito dell'accento è un errore diffuso, ma pur sempre un errore.


QUI sono d'accordo

Saluti
G.Pontoglio
con 14 settimane di ritardo


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