Ringrazio l'amico Roberto per aver dato la possibilità di parlare di
questo argomento tanto affascinante quanto poco conosciuto.
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Nell'Italia Meridionale, i Romani non incontrarono solo popolazioni
italiche, ma anche Japigi e Messapi in Puglia, Bruttii nell'Abruzzo e,
soprattutto, Greci. Per quanto riguarda il Messàpico, si trattava di
una lingua indeuropea affine all'Illirico (quindi una lontanissima
progenitrice dell'Albanese). Tracce messapiche si incontrano quasi
solamente nella toponomastica (i nomi delle città di Brindisi e
Taranto sono quasi sicuramente di origine messapica).
Per il greco il problema è più complesso, anche perchè, come sempre
accadde quando i Romani si trovarono a contatto con il mondo greco, il
prestigio della lingua e della cultura greca fu tale che rese più
lento e difficile il processo di romanizzazione.
Il nome di "Magna Grecia" (in gresco "Megále Hellás", latino "Græcia
magna" o "Græcia maior") compare per la prima volta in Polibio, ma è
sicuramente molto anteriore. Esso designava l'insieme delle città
greche stanziate sulle coste dell'Italia meridionale, da Metaponto a
Crotone e a Reggio, ma poi, in età Romana, fu esteso anche alla
Sicilia.
La colonizzazione greca deve essere iniziata verso la metà dell' VIII
secolo a.C., ma le colonie greche raggiunsero il massimo sviluppo
economico e civile tra il VII ed il VI secolo a.C. (Taranto, Sibari),
per poi declinare a causa sia di lotte interne che di guerre esterne.
L'inimicizia con Roma fu naturalmente decisiva per il declino
definitivo delle antiche colonie greche.
I dialetti ellenici della Magna Grecia erano in prevalenza di tipo
dorico, e cominciarono assai presto ad assimilare degli elementi
latini (in un frammento comico proveniente da Taranto si trova ad
esempio il termine "panós", da "panis"). La romanizzazione fu
certamente qui più difficile per la superiorità della cultura greca, e
si hanno prove della persistenza del greco fino ad epoca abbastanza
tarda, non solo attraverso le testimonianze degli antichi, ma anche
attraverso le iscrizioni. Ancora ai tempi di Tacito Napoli era
considerata una "urbs quasi Græca", anche se le iscrizioni di Pompei
sono prevalentemente in Latino (qualcuna è addirittura in osco).
Dal punto di vista romanistico e della storia linguistica della
penisola Italiana, la persistenza del Greco nell'Italia meridionale è
di grandissima importanza. Non si tratta infatti di stabilire quale
influsso possa avere avuto il sostrato greco, ma di appurare se i
dialetti greci tuttora parlati in due isole linguistiche dell'Italia
meridionale siano una continuazione diretta della Magna Grecia oppure
siano di importazione bizantina.
Le isole linguistiche greche nell'Italia Meridionale sono:
1) Una ristrettissima nella Calabria meridionale, a oriente di Reggio
(resto di un'isola più ampia che nel XVI secolo comprendeva ancora 25
paesi). I paesi in cui ancora si parla un dialetto greco,
o g r e c à n i c o, sono Bova e Roghudi (ma diversi altri paesi
hanno un nome di origine greca, come Linguaglossa, Pentedàttilo e
Stilo, dove si trova una delle maggiori testimonianze dell'arte
bizantina in Italia, la "Cattolica").
2) Una (più vasta) in Terra d'Otranto, a sud di Lecce, comprendente i
paesi di Calimera, Corigliano, Martignano, Martano, Sternatìa e
Zollino).
I dialetti di queste due isole linguistiche corrispondono in massima
parte, sia sotto l'aspetto morfologico che lessicale, ai dialetti
neoellenici della Grecia (i quali continuano la "koiné" alessandrina e
bizantina, ad eccezione dello Zacònico, uno sperduto dialetto del
Peloponneso continuazione diretta dell'antico Laconico).
Essi, però. presentano alcuni interessantissimi caratteri arcaici, che
convivono con notevoli innovazioni fonetiche e lessicali dovute al
contatto con i dialetti italiani circostanti.
Lo studioso italiano Giuseppe Morosi (1847-1890) sostenne che il
grecismo delle antiche colonie dell'Italia meridionale non è
continuazione diretta di quello dell'antichità, ma è dovuto alla
dominazione bizantina (che durò dal 535 al 1071). Questa teoria fu
generalmente accettata dai glottologi, ma nel 1924 il sommo romanista
e italianista tedesco Gerhard Rohlfs (detto familiarmente "il tedesco
che parlava calabrese") affermò che la grecità dell'Italia meridionale
doveva ricollegarsi direttamente a quella della Magna Grecia. La
teoria di questo studioso, sostenuta peraltro da validissime
argomentazioni, fu accolta da parecchi grecisti, come G. Hatzidakis,
A. Heisenberg, D.C. Hesseling e A.Debrunner, e romanisti, come
W.Meyer-Lübke, J.Jud, M.L.Wagner, W. von Wartburg, B.Terracini e
B.Migliorini. Rimase a difendere l'origine bizantina dei dialetti
grecanici il prof. Carlo Battisti, trentino, ordinario di glottologia
presso l'Università di Firenze e bravissimo attore dilettante (era lui
l' "Umberto D." del celebre film di Vittorio de Sica).
Il Latino aveva già assimilato, fin dall'antichità, diversi elementi
ellenici per tramite della Magna Grecia, come appare chiaro dalla
veste fonetica di alcuni importanti prestiti come "machina" < greco
dorico "machaná" [ionico-attico "mechané"], "malus" (melo) e "malum"
(mela) < greco dorico "mâlon" [ionico-attico "mêlon"].
Quando mancano sicuri criteri fonetici non è però facile stabilire
l'origine e l'epoca dei prestiti greci. Negli odierni dialetti
grecanici, comunque, si trovano numerosi elementi che riportano alla
grecità prebizantina, per molti dei quali si può tranquillamente
ammettere il passaggio diretto attraverso il Latino volgare della
zona. Negli stessi dialetti italiani delle zone interessate esistono
prestiti greci dal colorito decisamente dorico, come nel catanzarese
c a s é n t a r u, reggino c a r a s é n t u l a "lombrico", < greco
dorico " gâs énteron" (lett. "verme di terra"), corrispondente allo
ionico-antico "gês énrteron" usato tra gli altri da Aristotele.
Il numero degli elementi greci nei dialetti dell'Italia meridionale è
assai considerevole. Di converso, il Rohlfs ammette che anche i
dialetti greci dell'Italia meridionale si sono sviluppati in modo
assolutamente parallelo a quelli della penisola e delle isole Greche,
pur mantenendo le proprie particolarità fonetiche e lessicali.
Interessantissimo è il fatto che l'influsso greco sui dialetti
italiani della zona non si è limitato al lessico, ma ha intaccato
anche alcuni aspetti sintattici. Ad esempio, il greco moderno ha
perduto completamente l'infinito sostituendolo con il congiuntivo
preceduto dalla particella "na" < gr.ant. "ína"; anche i dialetti
calabresi della zona usano lo stesso processo, certamente su calco del
greco, sostituendo nelle proposizioni oggettive l'infinito con il
congiuntivo preceduto dalla particella "mu" < lat. "modo": il
catanzarese "voliti mu veniti" (volete venire) corrisponde
sintatticamente in modo perfetto al grecanico di Bova "thélite na
értite" o al greco moderno standard "thélete na érthete" (ed anche al
rumeno standard "vreti sa veniti", al serbo "hocete da docete" ecc.).
I dialetti greci dell'Italia meridionale vengono notati con l'alfabeto
latino. A mo' di esempio fornisco un testo proveniente dalla Calabria
grecanica con la traduzione in greco moderno standard (in
traslitterazione) e in italiano. Il testo è tratto da: Albert Thumb, A
Handbook of the Modern Greek Language, Argonaut Publishers, Chicago
1964.
1) da BOVA:
Dialetto grecanico:
Mágni kazzédda, me kanni petháni
Na petháni me kánni esú, kazzédda.
Sa me túnda lucchiácia kanunái
Mu sérri tin gardía me tin gordédda.
Sa mmu platégui, pézzi ce jelái
To jóco mu kánni ti alupudhédda.
Ma cíni iméra kalí éhji ma érti
Na tu siro to éma sa mmía avdédda.
(Greco moderno standard):
Ómorfo korítsi, me kánis na petháno
Na petháno me kánis esý, korítsi
Sa me túna matákia me thorís
Mu sérnis tin gardiá me tin kordélla.
Sa me miláis, pézis ke jeláis
To pegnídi mu kánis tis alopús.
Ma kíni méra kalí éhji na érthi
Na su sýro to éma sa mia vdélla.
[ Bella ragazza, mi fai morire, morire tu mi fai, ragazza; con i tuoi
occhetti mi laceri, mi serri il cuore come con uno spago. Quando mi
parli, giochi e ridi, e fai con me il giochetto della volpe. Ma verrà
un bel giorno che ti succhierò il sangue come una sanguisuga].
Per chi volesse approfondire l'argomento, consiglio i seguenti testi
(che ho usato per il presente messaggio):
1) Carlo Tagliavini, "Le origini delle lingue neolatine", Pàtron,
Bologna, 1982
2) G.N. Hatzidakis, "Einleitung in die Neugriechische Grammatik", en
Athines, 1975 [ Introduzione alla Grammatica Neogreca ]
3) Albert Thumb, "A Handbook of the Modern Greek Language - Grammar,
DIalects, Texts and Glossary", Argonaut Publishers, Chicago, 1964
4) Gerhard Rohlfs, "Grammatica Storica dell'Italiano e dei suoi
Dialetti", Einaudi, Torino, 1966
5) Gerhard Rohlfs, " Historische Grammatik der unteritalienischen
Gräzität", C.Beck Verlag, München, 1950 [ Grammatica storica della
Grecità dell'Italia Meridionale]
6) G. Morosi, "I dialetti romàici del mandamento di Bova in Calabria",
in "Archivio Glottologico Italiano", IV, 1878, pp. 1-116
per chi è in grado di leggere il greco moderno, l'opera capitale è:
7) A.G. Tsopanis, "I Neoellinikí diálekti tis Nótias Italías
syngrinoménes me ti Kiní ke tis Neoellinikés diálekti Elládhas",
Athina 1968 [ I dialetti greci dell'Italia meridionale rispetto alla
Koiné e ai dialetti neogreci di Grecia ]
> Riccardo Venturi <traduz...@iol.it>
> Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
> So er an îr ûfgestigen ist (Vogelweide)
Cheretimmata
Francesco
Per rispondermi per e-mail togliere ANTISPAM ma purtroppo parto domattina,
accidenti dovevo introdurre prima l'argomento...
icq: 14145767
Sa' llumera ene puru glossama, ka mas termane ti zzoì!