Mi sa che finirò per tagliare questa parte nella traduzione, perché si
riferisce a categorie linguistiche non sovrapponibili: in svedese
esistono due generi di sostantivi, comune e neutro, e quest'ultimo
contiene senza differenze femminile e maschile.
Prima di rassegnarmi tuttavia mi rivolgo a voi per sapere se abbiate
qualche suggerimento.
jacopo
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(l'indirizzo su despammed non funziona, per contattarmi in privato vai
su www.ordet.it e scrivimi da lì)
"la prole" si riferisce indistintamente a figli M e F.
Al sud userei "la creatura" (M o F)
Dicendo "i figli" si includono comunque anche le bambine. Sarà machista,
ma la grammatica dice così. Al singolare c'è pargolo (non esiste la
pargola, mentre esiste la fanciulla)
In italiano (formalmente) non esiste neutro, per cui ti devi accontentare.
--
Egerthésontai gàr pseudóchristoi kaì pseudoprofêtai, kaì dósousin semeîa
megála kaì térata hóste planêsai, ei dunatón, kaì toùs eklektoús:
idoù proeíreka humîn. (Euaggélion katà Matthaîon 24,24-25)
surgent enim pseudochristi et pseudoprophetae et dabunt signa magna
et prodigia ita ut in errorem inducantur, si fieri potest, etiam
electi: ecce praedixi vobis
creatura per me va bene anche al nord;
poi dipende dal contesto, mi sovvengono (vi piace sovvenire? :-) )
adolescente, progenie, baby, innocente, discendenza, erede, bebè
poi in Italiano per i plurali si usa il maschile, ma vale (dovrebbe essere
proprio una regola grammaticale) anche per i maschi+femmine,
quindi i bambini, i marmocchi, i piccoli, i fanciulli... e appunto
non si determina una discriminazione
> Prima di rassegnarmi tuttavia mi rivolgo a voi per sapere se abbiate
> qualche suggerimento.
Qui ci sono persone che sostengono che in italiano esista il neutro.
Sapranno senz'altro darti una soluzione
La pargoletta sì, però.
F.
Al centro (Ascoli Piceno) "li friche", neutrissimo ma dialettale.
F.
> "la prole" si riferisce indistintamente a figli M e F.
> Al sud userei "la creatura" (M o F)
Ringrazio te e le altre persone che sono intervenute. I suggerimenti
sono numerosi e alcuni ben trovati, in particolare i nomi collettivi
(prole, progenie etc). Però sono impraticabili, perché potrebbero
essere usati solo parlando *dei* bambini, non *con* i bambini.
> Dicendo "i figli" si includono comunque anche le bambine.
E infatti in tutto il corpo del testo ho usato "figli", laddove
nell'articolo c'era "barn".
> In italiano (formalmente) non esiste neutro, per cui ti devi accontentare.
Già. A questo punto non so se tagliare tutta la parte "lessicale" o
lasciare solo il consiglio di usare i nomi propri, che da solo mi pare
piuttosto bislacco.
Ho invece un'altra questione per cui vado ad aprire un altro filone.
> usare una parola
> neutra o il nome proprio invece dei pronomi personali maschile e
> femminile o di sostantivi come "bimbo" e "bimba".
in piemontese masnà si riferisce a bimbi di entrambi i sessi.
In nessun dialetto italiano, credo, esiste un pronome "neutro".
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it http://www.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Il fatto che sia neutro non significa nulla: anche il tedesco
"Mädchen" è neutro ma non è certo sessualmente neutrale, visto che
significa "ragazza".
E, quando ancora l'inglese aveva i generi, il sostantivo
"woman" ("donna") era addirittura maschile. Ma, ovviamente, non si
poteva certo usarlo parlando di un uomo.
> In italiano non mi è venuto in mente nulla a parte "infante", che
> oltre ad essere limitato ai neonati e quindi grottesco in altri usi
> ("Maria, raccontami chi sono gli infanti più simpatici della tua
> classe?") non funzionerebbe sempre ("Maria vede un infante /
> un'infante").
Per me, "bambino" è sessualmente abbastanza neutrale, specialmente al
plurale.
Se uno dice: "Questa classe ha venti bambini" non significa certo che
sono tutti maschi; anzi, potrebbero al limite essere un solo maschio e
19 femmine.
Se poi uno dice: "Quest'aula può ospitare venti bambini" non è neanche
necessario che ci sia quell'unico maschio: potrebbero benissimo essere
venti femminucce (purché non siano 21, altrimenti bisogna aggiungere
un banco).
> Mi sa che finirò per tagliare questa parte nella traduzione, perché si
> riferisce a categorie linguistiche non sovrapponibili: in svedese
> esistono due generi di sostantivi, comune e neutro, e quest'ultimo
> contiene senza differenze femminile e maschile.
Sicuro che in svedese esista questa correlazione fra genere e sesso?
Secondo me, più semplicemente, ci sono sostantivi che si riferiscono a
maschi (come il nostro "padre"), a femmine (come il nostro "madre") o
a entrambi i sessi (come il nostro "genitore"), ma questo
indipendentemente dal genere del sostantivo. Anche in italiano,
infatti, "genitore" è maschile, ma non per questo è sinonimo di
"padre", "genitore maschio".
> Prima di rassegnarmi tuttavia mi rivolgo a voi per sapere se abbiate
> qualche suggerimento.
Come dicevo sopra, per me in italiano si può usare tranquillamente il
maschile per indicare entrambi i sessi.
Questo almeno nella stragrande maggioranza dei casi: se ti pare che,
in un particolare contesto, un'espressione come "il bambino" possa
essere frainteso nel senso di "il maschietto", sostituiscila, solo in
quel caso, con un'espressione non ambigua come "il bambino o la
bambina".
Potresti anche considerare di evitare termine "bambino" nel senso di
"bambino maschio"... Usa invece "maschi(ett)o" e "femmin(ucci)a" per
indicare bambini dei due sessi, e "bambino" come termine sessualmente
non marcato.
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Cingar
Il dramma è che, in un gruppo denominato con una serie di paroloni
come "cultura", "linguistica" e "italiano", ci siano persone che non
capiscono questa semplice realtà.
E questo nemmeno dopo che gli si è spiegato a chiare lettere che il
genere neutro le grammatiche italiane lo chiamano "genere mobile".
Possibile che l'indice analitico della tua grammatica non riporti la
voce "mobile, genere"?
> Sapranno senz'altro darti una soluzione
Infatti gliel'ho data. E non c'entrano una mazza il neutro o i generi.
--
Cingar
Come il milanese "bagaj", contrapposto a "tusa" (bambina femmina) e
"fiö" (bambino maschio).
Però anche in milanese, occasionalmente, "fiö" può riferirsi ai
bambini di ambo i sessi, specie al plurale (che è invariato) quando si
esprimono concetti generali sull'infanzia.
Curiosamente, l'equivalente etimologico del termine italiano,
"Bambèn", si riferisce solo al Bambin Gesù.
--
Cingar
> Il fatto che sia neutro non significa nulla: anche il tedesco
> "M�dchen" � neutro ma non � certo sessualmente neutrale, visto che
> significa "ragazza".
M�dchen � neutro perch� � un diminutivo. Invece Weib "moglie" � un
neutro, pur essendo un termine non derivato.
Mi sembra un'impresa difficile in una lingua come la nostra che in una
frase banale come "il tuo cane � stato operato" sottolinea ben cinque
volte il sesso del cane.
Comunque, tra i nomi proposti eliminerei subito i maschili deboli, come
bambini, alunni, scolari ecc. che comprendono anche le femmine, perch�,
se ho ben capito, � proprio questo che le autrici vogliono evitare e tu
stesso hai scartato bimbo/a.
I nomi di genere comune, che hanno un'unica forma per maschile e
femminile, come: infante, adolescente, erede, nipote, non servono perch�
poi le concordanze saranno al maschile o al femminile a seconda se sono
maschi o femmine, e ricadiamo nel caso precedente.
I migliori sono i nomi promiscui, che hanno un'unica forma: la creatura,
la progenie, il dialettale la masn�.
Il genere grammaticale neutro non c'�, e se anche ci fosse non
servirebbe al tuo caso.
Mah, la vedo dura. :-))
k
> Secondo me, pi� semplicemente, ci sono sostantivi che si riferiscono a
> maschi (come il nostro "padre"), a femmine (come il nostro "madre") o
> a entrambi i sessi (come il nostro "genitore"), ma questo
> indipendentemente dal genere del sostantivo. Anche in italiano,
> infatti, "genitore" � maschile, ma non per questo � sinonimo di
> "padre", "genitore maschio".
per� a me "...il genitore Mariuccia Pestoni" suona verbale dei carabinieri.
I genitori invece non ho mai dubitato che fossero uno maschio e una femmina.
In effetti sul libretto delle assenze occorreva la "firma del genitore",
come pure per le eventuali note sul diario, la scelta tra i due era ad
libitum, tranne nel caso del diario in cui era il padre per mancanze
lievissime o comunicazioni "neutre", la madre per le vicende pi� gravi e
pericolose.
rodolfo
Perché, "la genitrice Mariuccia Pestoni" o "il genitore Policarpo
Pestoni" invece suonano bene?
Per me, termini generici come "genitore", "avente diritto",
"contraente", "imputato", ecc. hanno senso solo parlando di persone
indeterminate, astratte, ipotetiche, come quelle che compaiono nelle
leggi e nie regolamenti. Lo stesso vale per il cosiddetto linguaggio
sessualmente neutrale.
Quando si parla di persone concrete, individuate per nome e cognome,
espressioni del genere secondo me vanno evitate, pena ottenere un
"effetto polizza assicurativa".
--
Cingar
Fra l'altro, nonostante la quintupla sottolineatura, potrebbe
benissimo trattarsi di una cagna, visto che il maschile "cane" si usa
anche per indicare un qualsiasi individuo della specie "Canis lupus
familiaris" indipendentemente dal suo sesso...
> Comunque, tra i nomi proposti eliminerei subito i maschili deboli, come
> bambini, alunni, scolari ecc. che comprendono anche le femmine, perché,
> se ho ben capito, è proprio questo che le autrici vogliono evitare e tu
> stesso hai scartato bimbo/a.
>
> I nomi di genere comune, che hanno un'unica forma per maschile e
> femminile, come: infante, adolescente, erede, nipote
Non sono "nomi di genere comune". Sono nomi che restano invariati al
maschile e al femminile ma, comunque, o sono maschili o sono
femminili: non possono essere entrambe le cose contemporaneamente.
L'espressione "genere comune" indica uno dei due generi che
contraddistinguono alcune lingue germaniche, fra cui le principali
sono l'olandese e lo svedese. Il "comune" deriva dalla fusione degli
antichi maschile e femminile, che hanno perso ogni distinzione l'uno
con l'altro ma si sono comunque mantenuti distinti dal neutro.
Si tratta di una riduzione analoga a quella avvenuta nelle lingue
neolatine (o meglio, nella maggior parte di esse)), nelle quali sono
però gli antichi maschile che si sono fusi, e il femminile che si è
mantenuto distinto.
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Cingar
Mi pare che das Kind si possa riferire indifferentemente a un bimbo o
a una bimba.
> Per me, "bambino" è sessualmente abbastanza neutrale, specialmente al
> plurale.
Sì, d'accordo. Un plurale che indica un insieme misto tende
inevitabilmente al neutro.
Ma il punto dell'articolo è che suggerisce di usare termini neutri per
indicare singoli individui, senza dare una forte connotazione
sessuale.
> > Mi sa che finirò per tagliare questa parte nella traduzione, perché si
> > riferisce a categorie linguistiche non sovrapponibili: in svedese
> > esistono due generi di sostantivi, comune e neutro, e quest'ultimo
> > contiene senza differenze femminile e maschile.
>
> Sicuro che in svedese esista questa correlazione fra genere e sesso?
Mi spiego meglio (anche se so che a te le mie spiegazioni non
servono).
In svedese esistono due generi grammaticali, chiamati "reale" (a me
l'hanno insegnato come "comune") e "neutrum". Grosso modo nel primo si
trovano le parole che in tedesco sono di genere grammaticale maschile
o femminile.
Il genere grammaticale non ha stretta correlazione con il sesso. Man
(uomo), kvinna (donna), poike (ragazzo), flicka (ragazza) sono
sostantivi sessualmente connotati e grammaticalmente di genere comune,
lärare (insegnante) è comune per la grammatica e neutro sessualmente;
fruntimmer (signorina) è sessualmente femminile ma grammaticalmente
neutro, come Mädchen in tedesco. Barn (bambino) è neutro
grammaticalmente e sessualmente: posso scrivere un intero racconto
sulle avventure di un "barn" senza mai far capire se si tratti di un
bambino o di una bambina.
Quello che suggerivano le autrici del libro era di usare termini
neutri non tanto dal punto di vista grammaticale quanto sessuale.
>
> Secondo me, più semplicemente, ci sono sostantivi che si riferiscono a
> maschi (come il nostro "padre"), a femmine (come il nostro "madre") o
> a entrambi i sessi (come il nostro "genitore"), ma questo
> indipendentemente dal genere del sostantivo. Anche in italiano,
> infatti, "genitore" è maschile, ma non per questo è sinonimo di
> "padre", "genitore maschio".
È il solito problema della sovrapposizione di categorie grammaticali e
sessuali.
La differenza è che in svedese le categorie maschile/femminile
riguardano, anche in grammatica, il sesso e non il genere.
jacopo