In realtà lo sappiamo tutti che il "dialetto" romano non esiste più,
almeno da una quarantina d'anni. Al massimo sopravvive, parzialmente,
in certe persone anziane, in certi angoletti di Roma, e in certe opere
letterarie.
E nel ghetto, anche se lì è mischiato ad qualche parola ebraica, per
cui non è propriamente "dialetto italiano".
Pensiamo a Belli o a Trilussa. Io non sono tantissimo più in grado di
capirle di quanto un toscano non riesca al volo a capire Dante
Alighieri.
La tradizione, almeno, ci passa delle canzoni , e degli interpreti
delle stesse. Alcune sono andate pure a San Remo, ed hanno pure vinto.
Penso a Lando Fiorini - Cento Campane, nella stagione in cui la musica
romana era di moda, e così era per la romanità in generale.
C'era Gabriella Ferri, è rimasto negli annali Luciano Rossi con il suo
"Ammazzate oh!", è passato anche ed anche alcune canzonette
particolari di Claudio Villa o di Nino Manfredi (quest'ultimo
approfondì anche il lato popolano della ciociaria, essendo lui
ciociaro d'origine, cfr. per esempio "Viva Sant'Eusebio").
Oggi si sente in giro Alvaro Amici, ma lui non canta solo "romano", ma
anche dei castelli, creando un po' di confusione.
Riguardo il linguaggio, ad esempio le coniugazioni stesse dei verbi
hanno molte varianti.
"diciamo" può restare "disciàmo", può diventare "disciémo", o
addirittura "dìmo".
nell'infinito presente può essere presente la particella "da":
* che devo _da_ fa'?
* chi ho _da_ corca'? ("corcare" significa "menare", "picchiare")
altre varianti, più o meno rare, più o meno desuete:
"facciamo" può diventare "fàmio", ma è molto più comune "famo"
una volta si diceva, per "andarono", "andiòrno".
E' una regola fonetica comune, quella di "r-vocale-n", per cui la
vocale sparisce.
Altre regole comuni sono quelle per cui:
* dentro -> drento (non si usa quasi più)
* altro -> antro (ormai si usa "artro")
poi ci sono i veri e propri errori/orrori, commessi anche dalla
stragrande maggioranza dei romani.
rinomato è il caso di "caldo".
Caldo sarebbe "callo". Ma in realtà oggi si dice quasi sempre "càrdo".
Ora il "càrdo" è il fiore, non il caldo. E' sbagliato. Però si dice.
Questo perché 9/10 dei romani non sono figli di romani, nipoti di
romani, ma figli di abruzzesi, calabresi, ciociari, marchigiani,
pugliesi, etc. etc.
In questo messaggio ho buttato un po' di cose nel calderone. Non sono
riuscito a fare un discorso ordinato e sistematico (ma se ne fossi
stato capace, avrei scritto un trattato).
Se qualcuno ne vuole discutere, può essere interessante.
--
>Giò
A man has dreams of walking with giants,
to carve his niche in the edifice of time.
Before the mortar of his zeal
has a chance to congeal
the cup is dashed from his lips,
the flame is snuffed aborning.
> * che devo _da_ fa'?
Molto più comune "che devo fa'", secondo me.
Puoi fare un esempio di come si direbbe qualcosa in dialetto roman(esc)o e
di come invece si dice oggi a Roma?
> E nel ghetto, anche se lì è mischiato ad qualche parola ebraica, per
> cui non è propriamente "dialetto italiano".
Ma che stai a dddddddddddddi'!?
Trovami un "dialetto italiano" che non abbia qualche parola ebraica (o
araba, o germanica, o francese) e ti mando un barattolo di Nutella da 1 kg!
> Pensiamo a Belli o a Trilussa. Io non sono tantissimo più in grado di
> capirle di quanto un toscano non riesca al volo a capire Dante
> Alighieri.
La cosa mi lascia un po' perplesso... Il Belli non lo conosco, ma il
Trilussa non trovo così difficile da capire, e sono brianzolo!
> La tradizione, almeno, ci passa delle canzoni , e degli interpreti
> delle stesse. Alcune sono andate pure a San Remo, ed hanno pure vinto.
Ma a San Remo è consentito cantare in dialetto? Pensavo che le canzoni
dovessero essere in italiano per regolamento.
> [...]
> * chi ho _da_ corca'? ("corcare" significa "menare", "picchiare")
Curioso! In siciliano "curcari" significa "coricarsi", "andare a letto".
Può essere che "corcà" significasse in origine "stendere"?
> [...]
> Questo perché 9/10 dei romani non sono figli di romani, nipoti di
> romani, ma figli di abruzzesi, calabresi, ciociari, marchigiani,
> pugliesi, etc. etc.
Effettivamente, se vai su <http://gens.labo.net/it/cognomi> e provi a
cercare *qualsiasi* cognome (del nord, del centro, del sud) a Roma lo
trovi sempre. Persino i Brambilla e gli Esposito a Roma abbondano.
Be', d'altronde è la capitale, nonché la città più grande d'Italia...
--
Cingar
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it
>> * che devo _da_ fa'?
>Molto più comune "che devo fa'", secondo me.
appunto, è più comune l'espressione "meno tradizionale"
>> In realtà lo sappiamo tutti che il "dialetto" romano non esiste più,
>> almeno da una quarantina d'anni. Al massimo sopravvive, parzialmente,
>> in certe persone anziane, in certi angoletti di Roma, e in certe opere
>> letterarie.
>Puoi fare un esempio di come si direbbe qualcosa in dialetto roman(esc)o e
>di come invece si dice oggi a Roma?
beh, una frase in tutto e per tutto? è difficile. non mi viene in
mente.
ma ho dato gli elementi nel mio messaggio. elementi di lessico
differente, di spelling differente del lessico stesso, o di
coniugazione differente dello stesso lessico.
>> E nel ghetto, anche se lì è mischiato ad qualche parola ebraica, per
>> cui non è propriamente "dialetto italiano".
>Ma che stai a dddddddddddddi'!?
>Trovami un "dialetto italiano" che non abbia qualche parola ebraica (o
>araba, o germanica, o francese) e ti mando un barattolo di Nutella da 1 kg!
no, il romano del ghetto è pieno di parole che la società italiana
proprio non usa. non te le so portare ad esempio, ma tu parli
abituarlmente di milà, di cannucà, di mitzvà o di altro?
>> La tradizione, almeno, ci passa delle canzoni , e degli interpreti
>> delle stesse. Alcune sono andate pure a San Remo, ed hanno pure vinto.
>Ma a San Remo è consentito cantare in dialetto? Pensavo che le canzoni
>dovessero essere in italiano per regolamento.
allora Lando Fiorini vinse a San Remo con Cento Campane (scaricatela,
che è bella), che inizia proprio con
"nummelo di', stanotte
a chi hai stregato er core
la verità fa mmale
lascieme (*) 'sta visione
pe' spera'..."
(*) a questo proposito: si può dire sia "lasciame" che "lascieme", e
sua "lassame" che "lasseme".
>> [...]
>> * chi ho _da_ corca'? ("corcare" significa "menare", "picchiare")
>Curioso! In siciliano "curcari" significa "coricarsi", "andare a letto".
>Può essere che "corcà" significasse in origine "stendere"?
non ne ho la più pallida idea.
> La tradizione, almeno, ci passa delle canzoni , e degli interpreti
> delle stesse. Alcune sono andate pure a San Remo, ed hanno pure vinto.
>
> Penso a Lando Fiorini - Cento Campane, nella stagione in cui la musica
> romana era di moda, e così era per la romanità in generale.
>
> C'era Gabriella Ferri, è rimasto negli annali Luciano Rossi con il suo
> "Ammazzate oh!", è passato anche ed anche alcune canzonette
> particolari di Claudio Villa o di Nino Manfredi (quest'ultimo
> approfondì anche il lato popolano della ciociaria, essendo lui
> ciociaro d'origine, cfr. per esempio "Viva Sant'Eusebio").
C'era anche Rascel (Roma nun fa la stupida stasera), Proietti e altri.
A me l'unica cosa che non piace proprio dei romani (e dei meridionali)
anche colti, è [fiurer], [viusterl], [monsiù travet] ecc.
Possibile che i doppiatori che hanno studiato dizione, e anche Bonolis,
che usa congiuntivi, infiniti, concordanze più che corretti, non
riescano a pronunciare ü?
k
[...]
> di Nino Manfredi (quest'ultimo
> approfondì anche il lato popolano della ciociaria, essendo lui
> ciociaro d'origine, cfr. per esempio "Viva Sant'Eusebio").
Taaanto pe' cantà
perché me sento un friccico ner core,
tanto pe' sognà
perché ner petto me ce naschi un fioreeee
...
Mi ha sempre colpito "naschi".
> Oggi si sente in giro Alvaro Amici, ma lui non canta solo "romano", ma
> anche dei castelli, creando un po' di confusione.
>
> Riguardo il linguaggio, ad esempio le coniugazioni stesse dei verbi
> hanno molte varianti.
>
> "diciamo" può restare "disciàmo", può diventare "disciémo", o
> addirittura "dìmo".
Ma noi je dimooo
ma noi je famooo
...
> nell'infinito presente può essere presente la particella "da":
>
> * che devo _da_ fa'?
> * chi ho _da_ corca'? ("corcare" significa "menare", "picchiare")
Il "da" fa più dialettale, nespà?
> altre varianti, più o meno rare, più o meno desuete:
>
>
> "facciamo" può diventare "fàmio", ma è molto più comune "famo"
Rammento un "se vedemio, pupa" ("Gli Aristogatti").
[...]
> In questo messaggio ho buttato un po' di cose nel calderone. Non sono
> riuscito a fare un discorso ordinato e sistematico (ma se ne fossi
> stato capace, avrei scritto un trattato).
>
> Se qualcuno ne vuole discutere, può essere interessante.
A me pare che ci siano numerosi, indefinibili linguaggi tra il romanesco e
l'italiano. Cioè, "disciamo" per me è praticamente italiano, nel senso che
quanti romani dicono "diciamo"?
Ciao, FB
--
"Suppose I say I'm not interested."
"Does five hundred dollars interest you?"
"Very much."
"Then bring it: it's an expensive restaurant".
(The Cheap Detective)
Nel 55 avevo 11 anni ed abitavo a Roma ed i termini usati da tutti i
miei coetanei erano:
"dìmo".
> * che devo _da_ fa'?
> * chi ho _da_ mena'?
"famo"
> "ireno" per, andarono.
> * drento *
> * *antro *
> "càrdo".
ciaofelix:-)
> Possibile che i doppiatori che hanno studiato dizione, e anche Bonolis,
> che usa congiuntivi, infiniti, concordanze più che corretti, non
> riescano a pronunciare ü?
> Forse perche' non e' italiano? :-)
Credo che ai castelli qualche eco del buon romanesco di un tempo si
possa cogliere. Tempo fa volevo organizzare una lettura di sonetti a
Frascati.
Ciao, F.
> allora Lando Fiorini vinse a San Remo con Cento Campane (scaricatela,
> che è bella), che inizia proprio con
Ti confondi.
Cento Campane era la sigla de "Il Segno del Comando" e fu scritta da
Fiorenzo Fiorentini e Romolo Grano e interpretata da Nico e i Gabbiani.
Lando Fiorini fece solamente una seconda versione di questo brano che,
ovviamente, non pertecipò mai al Festival di Sanremo.
Fla.
> Non ho capito. Vuoi stilare una regola del romanesco "corretto" versus
> "corrotto"?
Io? ....Ho solo scritto come i *regazzini* romani pronumciavano nel
1955 alcune parole nel loro dialetto!
L'ommini de sto monno so' l'istesso
che vagghi de caffè ner mascinino
che uno prima uno doppo e n'antro appresso
tutti quanti però vanno a un distino
Spesso muteno sito e caccai spesso
er vagho grosso er vago più piccino
e s'incarzeno tutti in zu l'ingresso
der fero che li sfragne in porverino
e l'ommini accusì viveno ar monno
misticati pe' mano de la sorte
che se li ggira tutti in tonno in tonno
e movennose ognuno o piano o fforte
senza capillo mai caleno a fonno
pe' cascà ne la gola de la morte
(a memoria, quindi con probabili errori)
> > La tradizione, almeno, ci passa delle canzoni , e degli interpreti
> > delle stesse. Alcune sono andate pure a San Remo, ed hanno pure vinto.
> Ma a San Remo è consentito cantare in dialetto? Pensavo che le canzoni
> dovessero essere in italiano per regolamento.
appunto!
> > * chi ho _da_ corca'? ("corcare" significa "menare", "picchiare")
> Curioso! In siciliano "curcari" significa "coricarsi", "andare a letto".
La radice è quella, tu corichi il bastone sulla schiena di qualcuno!
>> Pensiamo a Belli o a Trilussa. Io non sono tantissimo più in grado di
>> capirle di quanto un toscano non riesca al volo a capire Dante
>> Alighieri.
> La cosa mi lascia un po' perplesso... Il Belli non lo conosco, ma il
> Trilussa non trovo così difficile da capire, e sono brianzolo!
Sì, anche io mi sono stupito.
Non ricordo di avere mai avuto esitazioni a comprendere Belli o Trilussa,
anche perché il cosiddetto 'dialetto romanesco' per lo più si ottiene
applicando opportune 'alterazioni sistematiche'[*] alla fonetica
dell'italiano (come quando si usano le consonanti sorde al posto di quelle
sonore per imitare i tedeschi), dopodiché resta solo da imparare qualche
termine peculiare ed il gioco è fatto.
[*] Come le chiamano i linguisti? So che quando un gruppo di consonanti si
muovono 'in branco' (= tutte nella stessa 'direzione') si parla di
'rotazione'. Ma è solo per le consonanti o anche per le vocali? E se invece
faccio qualche altra 'sostituzione sistematica' che non è una rotazione? Gli
inglesi definiscono 'shift' la 'rotazione' delle vocali che ha portato
l'inglese parlato da Elisabetta I a trasformarsi in quello parlato da
Elisabetta II, pur restando la stessa l'ortografia. Ma come si esprime
questo 'shift' in italiano? va bene 'rotazione' anche in questo caso?
--
Ciao,
D.
io avevo sentito che vinse con quella canzone San Remo.
mi sembri più informata di me.
sbaglierò io.
>anche perché il cosiddetto 'dialetto romanesco' per lo piů si ottiene
>applicando opportune 'alterazioni sistematiche'[*] alla fonetica
sě vabbč, come la storia che lo spagnolo č l'italiano con la esse
finale...
ma esto, es un gelato! se llama maxibon. e aquě?
maxibon
ah!
(que gracioso) ...
aaaaaaah! grazias!
--
>Giň
>Possibile che i doppiatori che hanno studiato dizione, e anche Bonolis,
>che usa congiuntivi, infiniti, concordanze più che corretti, non
>riescano a pronunciare ü?
se la ü è lümbard, un motivo ci sarà, no?
>> * che devo _da_ fa'?
>> * chi ho _da_ corca'? ("corcare" significa "menare", "picchiare")
>Il "da" fa più dialettale, nespà?
fa un po' sgrargiullo, veramente...un po' simpaticone...
>> "facciamo" può diventare "fàmio", ma è molto più comune "famo"
>Rammento un "se vedemio, pupa" ("Gli Aristogatti").
ecco.
>A me pare che ci siano numerosi, indefinibili linguaggi tra il romanesco e
>l'italiano. Cioè, "disciamo" per me è praticamente italiano, nel senso che
>quanti romani dicono "diciamo"?
nessuno, mi sa.
>> "ireno" per, andarono.
questo è più burino che romano.
in burino si dice
"me ne so ito"
in romano si dice
"me ne so 'nnato"
(io preferisco la forma del burino, in questo caso, ma sono gusti ed è
abitudine personale).
>> "càrdo".
me se' caduto popo 'm basso...
ecco, a proposito
proprio = propio = popo
>> anche perché il cosiddetto 'dialetto romanesco' per lo più si ottiene
>> applicando opportune 'alterazioni sistematiche'[*] alla fonetica
> sì vabbè, come la storia che lo spagnolo è l'italiano con la esse
> finale...
Tu stesso hai elencato una serie di 'alterazioni sistematiche'. D'altra
parte tutte le lingue che derivano da una origine comune si formano
proprio in questo modo: a forza di 'rotazioni' (e di scambi di termini con
le altre lingue, oltre alla produzione di neologismi).
Se uno, ipoteticamente, conoscesse il proto-indo-europeo e fosse al corrente
di tutte le 'rotazioni' che sono intercorse da quella lingua arcaica fino al
romanesco, teoricamente potrebbe parlare il romanesco limitandosi a studiare
un certo numero di termini.
Quindi il fatto che una lingua si possa ottenere da un'altra per mezzo di
'rotazioni' non mi pare una semplificazione né una banalizzazione. Sarebbe
una semplificazione voler ricondurre tutte queste 'rotazioni' ad una
semplice regoletta, come sarebbe - appunto - la pretesa di ottenere lo
spagnolo dall'italiano aggiungendo una 's' finale.
D'altra parte dovrai ammettere che se misuriamo la 'distanza' fra due lingue
usando questa 'unità di misura' il romanesco risulta essere assai più
prossimo all'italiano di tanti altri dialetti.
Ad esempio, come spiegavo giorni fa in un altro ng, esistono una serie di
'rotazioni' assolutamente precise e regolari che possono condurre
dall'italiano reggitore/reggitrice al romagnolo arzdor/arzdora [faccio un
esempio noto, ma ce ne sono anche di più 'intriganti'], ma non credo che
quella parentela sia evidente ed intuibile per tutti. Invece chiunque,
mettendo a confronto dei termini italiani con i corrispondenti termini del
romanesco, può rendersi conto immediatamente di quali trasformazioni siano
intervenute.
--
Ciao,
D.
>> Possibile che i doppiatori che hanno studiato dizione, e anche Bonolis,
>> che usa congiuntivi, infiniti, concordanze più che corretti, non
>> riescano a pronunciare ü?
> se la ü è lümbard, un motivo ci sarà, no?
Beh, però un romano che studia l'inglese fa quel minimo di fatica necessario
per imparare a pronunciare la /T/ e la /D/. Perché allora non dedicare
qualche minuto all'apprendimento della /y/, che è una vocale fondamentale
per le lingue ed i dialetti di mezza Europa?
--
Ciao,
D.
> * chi ho _da_ corca'? ("corcare" significa "menare", "picchiare")
Corcare da coricare, mettere orizzontale.
> una volta si diceva, per "andarono", "andiòrno".
Anche andorno, agnedero o, più fine, andiedero (quando il salumaio
parla al signore)
> * dentro -> drento (non si usa quasi più)
Si usa, si usa.
> * altro -> antro (ormai si usa "artro")
Pure questo si usa.
> poi ci sono i veri e propri errori/orrori, commessi anche dalla
> stragrande maggioranza dei romani.
>
> rinomato è il caso di "caldo".
>
> Caldo sarebbe "callo". Ma in realtà oggi si dice quasi sempre
"càrdo".
> Ora il "càrdo" è il fiore, non il caldo. E' sbagliato. Però si
dice.
Non so se si può dire che è un errore. Ma certo "callo" è più
vicino al cuore.
> Questo perché 9/10 dei romani non sono figli di romani, nipoti di
> romani, ma figli di abruzzesi, calabresi, ciociari, marchigiani,
> pugliesi, etc. etc.
Verissimo. Per la precisione burini (dal centro) cafoni (dal sud) e
buzzurri (dal nord, questa è una eredità dal periodo di Firenze
capitale, erano i piemontesi a venir chiamati così, quindi propio
romanesco non è). Il romano più vicino a quello del belli è quello
di un contadino di Ariccia, o giù di lì.
Ciao, F.
>> "càrdo".
callo.
La ü è lombàrd [lumbard].
Ma se sapete pronunciare å, ã, æ, ę, æ, ì, í, î, ø, œ e tante altre che
in neanche riesco ad immaginare, perchè la ü no?
k
> "famo"
Ma che ce frega, ma che ce importa,
se l'oste ar vino c'ha messo l'acqua:
e noi je dimo, e noi je famo,
"c'hai messo l'acqua, e nun te pagamo!"
k
> Per la precisione burini (dal centro)
Ovvero quelli che arrivavano in città a vendere il burro. Anzi, il buro :-)
> cafoni (dal sud)
Ovvero quelli che non avevano niente da vendere, né da comprare.
> e buzzurri (dal nord...
Ovvero quelli che arrivavano in città a vendere le castagne.
Un po' come la rosa dei venti, vista da Malta :-)
--
Ciao,
D.
Molto interessante. "Ireno" e "me ne so ito" sembra quasi latino. :-))
Quello che tu chiami burino probabilmente è il vero romanesco;
andarono o annarono e 'nnato sono italianizzazioni.
>
> (io preferisco la forma del burino, in questo caso, ma sono gusti ed è
> abitudine personale).
Anch'io.
Accade lo stesso nel piemontese, e, credo, in tutti i dialetti: nelle
campagne si sono mantanute delle forme antiche come èva (acqua) o butir
(burro) invece di aqua e bur [bür], come dicono a Torino.
k
> Quello che tu chiami burino probabilmente è il vero romanesco; andarono
> o annarono e 'nnato sono italianizzazioni.
Dev'essere il famoso "orrore delle origini" :-)
--
Ciao,
D.
>>"ireno" per, andarono.
Questo "ireno" è bellissimo, come ho già detto. In piemontese il
passato remoto non esiste più da quasi due secoli, peccato perchè fecero
era "fèro", videro "vdèro", tornarono "tornèro".
>>* drento *
Questo è un bell'esempio di metatesi.
>>"càrdo".
Ecchevordì?
k
io "andiedi" e egli "andiede" non li hai mai sentiti dire? :-)
--
Pialbo
AS Pialbo (Id. 547659) - VII.426
non so se si possa definire romanesco il dialetto parlato da un nemese o da
un genzanese...
Per buzzurri c'è un etimo più complesso (ora non ce l'ho sottomano),
ma lo senti che è fiorentino.
Ciao, F.
La ü c'è anche nella Lombardia europea, dove non esiste un aggettivo per
indicare la regione amministrata dal gauleiter Forniconi.
Da noi, comunque, è meno abusata.
ciao
--
Danilo Giacomelli
----------------------------------
Signùr varda 'n zó, se no arde 'n sö mé e Te ède le gambe
----------------------------------
> io avevo sentito che vinse con quella canzone San Remo.
> mi sembri piů informata di me.
Per la musica e le canzoni in genere, ho una buona memoria.
comunque puoi guardare qui.
http://www.galleriadellacanzone.it/canzoni/anni70/schede/centocampane/centocampane.htm
Fla.
--
Auguro a tutti un buon weekend
del quale vergognarvi comodamente lunedě.
> A me l'unica cosa che non piace proprio dei romani (e dei meridionali)
> anche colti, è [fiurer], [viusterl], [monsiù travet] ecc.
>
> Possibile che i doppiatori che hanno studiato dizione, e anche Bonolis,
> che usa congiuntivi, infiniti, concordanze più che corretti, non
> riescano a pronunciare ü?
In che lingua?
[...]
> Accade lo stesso nel piemontese, e, credo, in tutti i dialetti: nelle
> campagne si sono mantanute delle forme antiche come èva (acqua) o butir
> (burro) invece di aqua e bur [bür], come dicono a Torino.
Qui, e probabilmente anche a Milano, si dice [by'ter] ([y] ==> "ü"). Se una
persona dicesse "bür" nel mio dialetto, egli "dialettizzerebbe"
("dialettificherebbe"?) goffamente una parola italiana.
Ciao, FB
--
Io ho deciso di rifiutarmi di vederlo: Ettore con la faccia di Eric Banana
mi fa venire i conati.
(commento sul film "Troy" apparso su it.fan.scrittori.tolkien)
Nun pe' gnčnte dicono ch'č mejo 'r vino de li castelli.
Ciao, FB
--
"Gli americani sono ignoranti per loro stessa natura",
that is "Americans are naturally ignorant"
(Paolo Bonardi's opinion - it.cultura.linguistica -
http://snipurl.com/7ryg)
More? http://snipurl.com/c92q
> Ad esempio, come spiegavo giorni fa in un altro ng, esistono una serie di
> 'rotazioni' assolutamente precise e regolari che possono condurre
> dall'italiano reggitore/reggitrice al romagnolo arzdor/arzdora [faccio un
> esempio noto, ma ce ne sono anche di più 'intriganti'], ma non credo che
> quella parentela sia evidente ed intuibile per tutti. Invece chiunque,
> mettendo a confronto dei termini italiani con i corrispondenti termini del
> romanesco, può rendersi conto immediatamente di quali trasformazioni siano
> intervenute.
Anche per questo, il romanesco appare più come un italiano deformato che
come un dialetto con propria autonomia e dignità, mi sembra.
>Per la musica e le canzoni in genere, ho una buona memoria.
>comunque puoi guardare qui.
>http://www.galleriadellacanzone.it/canzoni/anni70/schede/centocampane/centocampane.htm
grazie.
appena ho tempo, mi metto a leggerlo bene.
ciao
>Se uno, ipoteticamente, conoscesse il proto-indo-europeo e fosse al corrente
>di tutte le 'rotazioni' che sono intercorse da quella lingua arcaica fino al
>romanesco, teoricamente potrebbe parlare il romanesco limitandosi a studiare
>un certo numero di termini.
Non è solo questione di termini, ma anche di generi degli stessi, o di
grammatica.
--
>Giò
>Beh, però un romano che studia l'inglese fa quel minimo di fatica necessario
>per imparare a pronunciare la /T/ e la /D/. Perché allora non dedicare
>qualche minuto all'apprendimento della /y/, che è una vocale fondamentale
>per le lingue ed i dialetti di mezza Europa?
spero che non parli di me, quando parli di "un romano".
io ho studiato quasi prima il tedesco dell'inglese, quindi certi suoni
li ho imparati anche prima di altri.
tra gli ultimissimi che ho imparato, c'è ad esempio:
* "RL" di "girl" e "world"
>> se la ü è lümbard, un motivo ci sarà, no?
> La ü è lombàrd [lumbard].
>Ma se sapete pronunciare å, ã, æ, ?, æ, ì, í, î, ø, œ e tante altre che
>in neanche riesco ad immaginare, perchè la ü no?
parli di "voi".
ma che è una cosa personale?
sto qui in questa discussione come rappresentante di una qualche
classe di persone?
:)
> Molto interessante. "Ireno" e "me ne so ito" sembra quasi latino. :-))
beh, viene da eo is, ovviamente.
> Quello che tu chiami burino probabilmente è il vero romanesco;
>andarono o annarono e 'nnato sono italianizzazioni.
No. Quello è linguaggio che viene dalla provincia laziale, non da
Roma.
>Nun pe' gnènte dicono ch'è mejo 'r vino de li castelli.
diCHEno.
> >>"càrdo".
> Ecchevordì?
è un neologismo. è "caldo".
:(
>> una volta si diceva, per "andarono", "andiòrno".
>Anche andorno, agnedero o, più fine, andiedero (quando il salumaio
>parla al signore)
esatto. sei mejo de Mastro Titta.
> Il Fri, 04 Mar 2005 18:31:47 GMT, "Davide Pioggia"
> <dpio...@despammed.com> ha scritto:
>
>>Se uno, ipoteticamente, conoscesse il proto-indo-europeo e fosse al corrente
>>di tutte le 'rotazioni' che sono intercorse da quella lingua arcaica fino al
>>romanesco, teoricamente potrebbe parlare il romanesco limitandosi a studiare
>>un certo numero di termini.
>
> Non è solo questione di termini, ma anche di generi degli stessi, o di
> grammatica.
"Famo a capisse".
Ciao, FB
--
If you knock on my door and I call out "Who is it?", you, as a normal
person, knowing that I would recognize your voice, would say "It's me". If
you said "It is I", I would not be nearly so inclined to let you in.
(Geoffrey K. Pullum - http://snipurl.com/bhtu)
>Ovvero quelli che arrivavano in città a vendere le castagne.
negli ultimo 50 anni questi sono stati costituiti praticamente della
famiglia Tredicine, originaria di Schiavi d'Abruzzo, oggi in pieno
controllo monopolizzante dei "venditori ambulanti".
> Il Fri, 04 Mar 2005 20:57:09 GMT, FB <fam.baldu...@tin.it> ha
> scritto:
>
>>Nun pe' gnčnte dicono ch'č mejo 'r vino de li castelli.
>
> diCHEno.
E che nnun c'ho ppenzato? Me so ddetto: a Effebbě, nun t'allarga...
Ciao, FB
--
<<"Plano su di lei come un paradiseo imbottito di Taurus... Faccio guizzare
la lingua come un pitone ubriaco". Prendo questo libro, lo butto nel
cestino.>>
(Recensione di Antonio D'Orrico sul Corriere della Sera Magazine)
> Giovanni Neiman wrote:
[...]
>> una volta si diceva, per "andarono", "andiòrno".
> Anche andorno, agnedero o, più fine, andiedero (quando il salumaio
> parla al signore)
Klassista!
[...]
Ciao, FB
--
"I saw something nasty in the woodshed!"
(Cold Comfort Farm, the film)
>> Non è solo questione di termini, ma anche di generi degli stessi, o di
>> grammatica.
>"Famo a capisse".
famio a capisse, c'hai popo raggiorgio.
guarda, intendevo dire che nei dialetti spesso ci sono termini
assolutamente distanti da quello italiano. con radice totalmente
diversa, o origine semantica talmente remota da risultare quasi
impossibile lo scioglimento della "rotazione" che ha operato tale
trasformazione.
per i generi: in Sicilia c'è lo sticchio e la minchia, in Italia c'è
la fica (o figa) ed il cazzo.
> Il Sat, 05 Mar 2005 00:41:19 GMT, FB <fam.baldu...@tin.it> ha
> scritto:
>
>>> Non è solo questione di termini, ma anche di generi degli stessi, o di
>>> grammatica.
>>"Famo a capisse".
>
> famio a capisse, c'hai popo raggiorgio.
Avevo capito. "Famo a capisse" mi pare una peculiarità grammaticale del
romanesco.
[...]
> per i generi: in Sicilia c'è lo sticchio e la minchia, in Italia c'è
> la fica (o figa) ed il cazzo.
Qui "minchia" è diffuso anche tra i giovani indigeni, ma solamente quale
interiezione, mai come sostantivo.
Ciao, FB
--
Conversation like television set on honeymoon: unnecessary.
(Murder by Death)
>>>> Non è solo questione di termini, ma anche di generi degli stessi, o di
>>>> grammatica.
>>>"Famo a capisse".
>> famio a capisse, c'hai popo raggiorgio.
>Avevo capito. "Famo a capisse" mi pare una peculiarità grammaticale del
>romanesco.
ed io avevo risposto "fam_i_o a capisse".
> Qui, e probabilmente anche a Milano, si dice [by'ter] ([y] ==> "ü"). Se una
> persona dicesse "bür" nel mio dialetto, egli "dialettizzerebbe"
> ("dialettificherebbe"?) goffamente una parola italiana.
Perchč? In latino era butyrum e in greco boůtyron; [büttčr] o [bütěr]
sono piů vicini al latino, [bür] al italiano "burro" o al fr. antico
"burre".
k
> FB ha scritto:
>
>> Qui, e probabilmente anche a Milano, si dice [by'ter] ([y] ==> "ü"). Se una
>> persona dicesse "bür" nel mio dialetto, egli "dialettizzerebbe"
>> ("dialettificherebbe"?) goffamente una parola italiana.
>
> Perchè?
Perché nel mio dialetto dicesi [by'ter], e ciò è noto, evidentemente, a
coloro che conoscono il dialetto. È come se uno dicesse "un goccin de vin"
invece di "un gottin de vin".
[...]
Ciao, FB
--
"Suppose I say I'm not interested."
"Does five hundred dollars interest you?"
"Very much."
"Then bring it: it's an expensive restaurant".
(The Cheap Detective)
> Qua il burro si dice "spóngje", mi chiedo da dove arrivi
> questa parola.
Dallo sloveno "spongio".
Ti mando una ricetta della gubana salata, in antico sloveno:
Kakuo se ta gobanza diela
Kakuo se ta gobanza diela Imash testuo od kruha useti, inu povaliti s'
povalkan, inu idarze oriehove stuzhi, inu u' mortali ossoliti, potle
imah spongio odpustiti, inu zhebulo notar dieti, potle iderza s'jaizam
smieshane, grazdulie, zibibo, popar usse u'kup smieshati, inu pezh dieti
koker kroh.
Forse è meglio che ti mandi anche la traduzione. :-))
Come si fa la gubana
Devi prendere della pasta da pane e stenderla con il mattarello,
frantumare i gherigli di noci e salarli nel mortaio, dopo devi far
sciogliere il burro e mettervi la cipolla, poi i gherigli mescolati
all'uovo, l'uvetta, gli zibibbi, il pepe, mescolare tutto insieme e
mettere a cuocere come il pane.
k
E poi mangiare questa immonda poltiglia?
Bleah!
Epimeteo
La gubana immonda poltiglia?!! La gubana, sgnappata ben bene, l'è bbòna.
Ciao, FB
--
"Are you sure an embryo parson should have a plane?"
"Everyone should have a plane!"
>>> Come si fa la gubana
>>
>> E poi mangiare questa immonda poltiglia?
>
> La gubana immonda poltiglia?!! La gubana, sgnappata ben
> bene, l'è bbòna.
E poi, con una gubana vai avanti una settimana.
--
pecunia non olet, sed scarseggiat semper
>> Qua il burro si dice "spóngje", mi chiedo da dove arrivi
>> questa parola.
>
> Dallo sloveno "spongio".
E se invece loro l'avessero preso da noi?
>> E poi mangiare questa immonda poltiglia?
>
> La gubana immonda poltiglia?!! La gubana, sgnappata ben
> bene, l'è bbòna.
Ah, ma quella lì è salata, mai provata a dire il vero.
> on 17:26, martedě 08 marzo 2005 FB wrote:
>
>>>> Come si fa la gubana
>>>
>>> E poi mangiare questa immonda poltiglia?
>>
>> La gubana immonda poltiglia?!! La gubana, sgnappata ben
>> bene, l'č bbňna.
>
>
> E poi, con una gubana vai avanti una settimana.
Ma devi sgnapparla con regolaritŕ, sennň non ci si diverte.
Ciao, FB
--
Mrs. Palmer, in her way, was equally angry. 'She was determined to drop his
acquaintance immediately, and she was very thankful that she had never been
acquainted with him at all'. (Jane Austen)
Però ricordo che, in un vecchio filone, avevamo parlato di "pantofola" e
qualcuno aveva trovato un' origine dal francese "pantufle". In seguito
ho letto, in un libro di Henriette Walter, che "pantufle" fu introdotto
in Francia, dall'italiano, al tempo di Caterina de' Medici. :-))
k
Va beh, non in tutti i paesi dei catelli, è ovvio.....hai mai sentito,
però, parlare un monteporziano?
Io credo che sia il dialetto dei castelli più vicino al vecchio
romanesco.
Un saluto
Kamera^obsQura
> Io ho letto che un tempo il romanesco era di tipo italico
> meridionale (piů simile al napoletano), poi la presenza di
> papi toscani (Rinascimento e oltre) ne ha modificato in
> quel senso la parlata.
A proposito: nel basso Lazio, da Latina in giů, la calata č decisamente
meridionale, imho.
--
Enrico C
>> Io ho letto che un tempo il romanesco era di tipo italico
>> meridionale (più simile al napoletano), poi la presenza di
>> papi toscani (Rinascimento e oltre) ne ha modificato in
>> quel senso la parlata.
>
> A proposito: nel basso Lazio, da Latina in giù, la calata è
> decisamente meridionale, imho.
Però la provincia di Latina in pianura è piena di veneti e
friulani emigrati dopo le bonifiche.
--
"Mors tua, mors mea, sed post."
-- ADPUF
> > * che devo _da_ fa'?
> Molto più comune "che devo fa'", secondo me.
Si, ma "che c'ho da fa'?" e' altrettanto comune.
<:3)-
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