On 29/03/2016 22:08, edevils wrote:
> On 29/03/2016 19:31, LAB wrote:
>> Credo che ti sia piaciuto,
>> Spero che ti sia piaciuto
>>
>> non esprimono certezza. Qui sono d'accordo, non ho dubbi.
>
> Insomma, sei certo che sia così. :)
>
> Il problema è che alcuni verbi esprimono in ogni caso una valutazione
> soggettiva da parte del soggetto del verbo. Che sia di certezza o di
> dubbio, poco importa.
>
>
> "Mario è convinto che la Terra sia piatta".
>
> "Giovanna era sicurissima che suo marito la tradisse."
Che rimane la forma preferibile nello stile formale, direi, sebbene
l'indicativo sia molto frequente nel parlato e anche nello scritto,
quando ci sono aggettivi che esprimono certezza.
Secondo l'articolo sull'uso del congiuntivo sul sito Treccani, addirittura,
"...con aggettivi indicanti certezza (certo, convinto, chiaro, evidente,
ovvio, sicuro, ecc.) domina l’indicativo..."
http://www.treccani.it/enciclopedia/uso-del-prontuario-congiuntivo_(Enciclopedia_dell'Italiano)/
Bisogna vedere cosa s'intende con "domina". Statisticamente, senza
dubbio. Però il sapore è comunque più discorsivo.
> "Alcuni ritengono che il congiuntivo sia un arnese superato".
>
> "Pippo pensa che Clarabella sia bellissima".
>
> "Clarabella dubita che Orazio la ami".
> Viceversa, altri verbi ci comunicano un cognizione oggettiva.
>
> "Leopoldo sa che Eleonora dovrà partire."
>
> "Ho appreso che la partita era truccata".
>
> In questi casi, non viene espressa una valutazione da parte del soggetto
> ma un dato conosciuto.
Per quanto riguarda il caso della domanda iniziale, "sono contento che"
ecc. ecc., nel registro formale è richiesto il congiuntivo (i più bravi
spiegheranno in virtù di quali logiche) ma l'articolo della Treccani
ricorda anche l'uso dell'indicativo nella lingua di tutti i giorni.
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Su un livello diafasicamente più basso, l’indicativo trova spesso spazio
accanto al congiuntivo:
(a) con nomi e aggettivi fortemente fattuali (fatto, notizia, certezza,
ecc. e convinto, sicuro, certo, vero, ecc.);
(b) con verbi, nomi e aggettivi che esprimono uno stato d’animo (cioè un
fatto): dispiacer(si), sorprender(si), spaventar(si), esasperar(si), ecc.:
(28) mi dispiace che non sia / sei venuto
(c) con nomi come peccato, piacere, fortuna, rabbia, vergogna, ecc.:
(29) (è un) peccato che abbia / ha piovuto
(d) con aggettivi come contento, felice, orgoglioso, soddisfatto,
sorpreso, ecc.:
(30) sono contento che sia / sei venuto
http://www.treccani.it/vocabolario/diafasia/
diafaṡìa s. f. [comp. di dia- e del gr. ϕάσις «l’atto del parlare»]. –
In linguistica, il complesso delle variazioni del sistema di una lingua
dipendenti dal contesto situazionale in cui avviene la comunicazione (e
quindi in stretto rapporto con i varî registri: v. registro, n. 3 b),
considerato come oggetto di analisi.
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