Recentemente sono stato invitato ad approfondire la questione delle
diverse tipologie di calchi e di prestiti linguistici. Dopo aver riesumato
il mio quadernone di linguistica e ripassato le lezioni relative, vorrei
esporvi un quadro generale sull'argomento, con alcuni commenti, in attesa
dei vostri.
Anzitutto, banalmente, il prestito linguistico è un trasferimento da una
lingua di partenza (LP) ad una lingua di arrivo (LA, anche detti lingua
modello e lingua replica) di materiale linguistico. Fino a tutto
l'Ottocento, la linguistica se ne occupava poco, ritenendo che si trattasse
di un fenomeno marginale nello sviluppo di una lingua e concentrandosi sui
mutamenti interni (soprattutto fonologici). Tuttavia, si tratta di una
posizione in qualche modo errata, visto che certe lingue (per esempio
l'italiano) hanno subito ben poche modificazioni interne, ma molte esterne,
nel corso degli ultimi secoli.
L'influenza di due lingue (detta interferenza linguistica) può
interessare anche in minima misura la LA, per esempio in maniera meramente
grafica. È il caso della "k politica", di origine tedesca, che troviamo nel
titolo del film "L'Amerikano" (1972) e in certi campi del linguaggio
giovanile, col significato di esprimere un "incazzo" (scusate il termine)
maggiore.
Il livello sintattico è quello piú disposto ad accogliere prestiti, per
esempio la struttura "gallica" "lo spettacolo va a cominciare", che minaccia
di annientare la già esistente e perfettamente italiana forma "stare per +
infinito".
Il livello sintattico si nota soprattutto nella struttura delle parole
composte. Nel nostro idioma, la sequenza consueta è "determinato +
determinante", per esempio: "petti-rosso" ("rosso" determina il "petti" di
prima). La sequenza opposta, "determinante + determinato", storicamente ha
sempre avuto un ruolo del tutto marginale nella formazione di neologismi.
Fino ad oggi. Infatti, si sa che le lingue germaniche adoperano proprio
questa struttura, che sta "contaminando" massicciamente l'italiano. Si pensi
ad "autostrada", la quale, essendo una "strada per le auto", dovrebbe avere
l'ordine dei costituenti invertito, ma invece calca da vicino il termine
inglese d'ispirazione. Altri esempî di questo tipo sono: motocisterna,
cineamatore, radiogramma, etc.
Vediamo ora le varie tipologie di prestito linguistico. Premetto che i
manuali di linguistica variano molto per quanto riguarda la terminologia, io
userò quella che è stata insegnata a me.
La prima categoria è detta "prestito integrale" o "forestierismo"
(quest'ultimo termine oggi un po' in disuso), o anche Fremdwort (mi corregga
Wolfang o chi per lui se sono impreciso!). Si tratta di una parola straniera
che viene trapiantata nella LP, mantenendo inalterati grafia e significato;
in altre parole, vi è un passaggio di significante e di significato. Alcuni
esempî sono: foulard, juke box, sputnik. Si noti però che questi termini
possono avere anche piú significati nella LP, e non necessariamente tutti
sono trasmessi nella LA. Per esempio, "sputnik" in russo significa sia
"compagno di viaggio" che "satellite", ma solo quest'ultimo senso è passato
in italiano (peraltro piú spesso pensiamo ad un nome proprio, di un
particolare satellite sovietico). "Film", in inglese, designa ogni tipo di
pellicola, ma in italiano si parla solo di quelle cinematografiche.
La seconda categoria è lo pseudo-forestierismo, quando la parola
straniera resta formalmente identica, ma assume un'accezione differente
nella LA. Per esempio, l'inglese "babydoll" è un appellativo femminile
("bambolina"), ma l'omonimo film scandalo del 1956 l'ha portato in italiano
col significato di "camicia da notte femminile attillata e trasparente", che
in inglese (la LP) sarebbe "short-nighty".
La terza categoria è quella dell'adattamento o Lehnwort (idem come
sopra!): la parola entra nella LA e viene parzialmente o totalmente
assimilata alle regole fonologiche o morfologiche della medesima. Per
esempio, da "beef-steak" otteniamo "bistecca", da "cutlet" "cotoletta", da
"gilet" "gilè", da "paletot" "paltò" (e forse potrei aggiungere "ciador",
tanto per agganciarmi ad un altro filone...). Questa categoria era assai
diffusa, per non dire la norma, per tutto l'Ottocento, secolo in cui, per
esempio, mal si accettavano le parole straniere finienti in consonante. Se
"film" fosse comparso cent'anni prima, probabilmente si direbbe "filmo"
(plurale regolare: "i filmi"). Si noti che molte lingue che si avvalgono di
un alfabeto differente dal nostro, come il russo o l'arabo, adoperano questa
tipologia assai piú spesso di noi, spesso trasformando le parole straniere
in termini perfettamente regolari e declinabili. In arabo "film"
(fonologicamente perfettamente compatibile col trilinguismo radicale della
lingua) al plurale fa "aflâm", alla araba, tanto per fare un esempio.
Il quarto caso è il calco semantico, in cui vi è trasferimento solo
semantico, ma non di significante. Bisogna, perché ciò avvenga, che le due
lingue siano sufficientemente vicine, perché il termine in LP e quello in LA
devono essere abbastanza simili. Il medesimo significante (o un significante
assai simile) diviene il veicolo mediante il quale passa il significato. Un
esempio è "realizzare" che assume il significato dell'inglese "realize",
come mi faceva notare Marco Alberici. Un altro è "farmacia", che fino al
Settecento era l'arte di inventare o produrre farmaci (nomen actionis),
mentre il negozio era la "spezieria"; sotto l'influsso del francese
"pharmacie", il termine italiano ha poi mutato di significato. Un altro
esempio molto chiaro potrebbe essere quello di cui recentemente si è
discusso fin troppo in questa sede... ma non lo cito per non sembrare
polemico! mi viene anche in mente l'espressione inglese "I am supposed to
do...", che a volte sento tradotta come "sono supposto fare...", che, oltre
ad essere orribile, in bocca ad una donna diventa anche una cosa alquanto
sporca... I puristi italiani solevano rigettare i calchi, ma oggi i
neopuristi sono piú tolleranti: meglio un calco (dicono) che un
forestierismo. Questi stessi neopuristi, nel tentativo di arginare gli
anglicismi, hanno anche dato vita ad alcune proposte alquanto ilari. Per
esempio, hanno coniato, sull'esempio della parola macedonia (*) "smog"
(smoke +
fog), il termine italiano "fubbia" (fumo + nebbia), allo stesso modo hanno
proposto le seguenti varianti: marketing=vendistica, clacson= chiassone,
best-seller=vendissimo, wind-surf=velopattino, etc. (In tutti i casi si
propongono delle sequenze ineccepibili, per quanto riguarda formazione ed
utilizzo delle strutture e delle radici italiane, per quanto il risultato
sia buffo). Un tentativo che invece ha attecchito è "autisto", che negli
anni Trenta riuscí a sostituire il francese "chauffeur", vincendo la
fuorviante somiglianza con "autistico".
Il quinto tipo di prestito è il calco strutturale, molto fedele alla LP.
un esempio è l'italiano "ferrovia", che duplica l'inglese "railway" sia per
quanto riguarda le componenti che la loro struttura. Il francese "chemin de
fer", anch'esso un calco, è però piú libero, dal momento che l'ordine dei
componenti rispetta quello delle lingue romanze. A volte tra una LP ed una
La si inserisce una lingua intermediatrice (LI). Per esempio, "grattacielo"
(attestato per la prima volta nel 1908) viene dall'inglese "sky-scraper", ma
mediato dal francese "gratte-ciel", forma già documentata a fine Ottocento.
Il termine francese è un calco strutturale, la parola italiana un semplice
adattamento del calco francese. Quindi, si vede che non è sempre facilissimo
determinare, a prima vista, la tipologia del prestito linguistico.
Addurrò ora un esempio molto complesso e interessante, quello della
parola "partigiano". Questo termine nasce nel toscano quattrocentesco, col
significato di "sostenitore, fautore di una parte o di un partito". In
questo senso, laparola era sopravvissuta fino agli anni Quaranta di questo
secolo, sebbene fosse poco usata e spesso con una accezione negativa di
faziosità. Nel Cinquecento la parola italiana si irradia in tutta Europa.
Nel Rinascimento, l'italiano era la lingua di cultura per eccellenza ed
esportava a iosa in tutta Europa, importando assai poco; dal Seicento in
poi, la tendenza si è drasticamente invertita. L'adattamento francese
"partisan" si evolve nel campo militare e passa a significare il combattente
non regolare che lotta in piccole bande o nelle immediate retrovie del
nemico, dal 1678 in poi. Questo nuovo significato si diffonde in Russia
all'inizio dell'Ottocento (secolo in cui l'aristocrazia russa è notevolmente
francesizzata), nella forma "partizàn", che si trova, per esempio, in
"Guerra e Pace", nella "partizanskaja voinà" (=guerra "partigiana") contro
Napoleone. Nella Seconda Guerra Mondiale la parola russa inizia ad indicare
in combattente irregolare che opera contro le truppe di occupazione nazista.
Per antonomasia, il "partizàn" è comunista ed antinazista. Il significato si
è quindi ristretto, è quasi un nome proprio. In Italiano quest'accezione non
si diffonde dal 1942 (come in Russia), quando si usava solo per Russi e
Jugoslavi, bensí piú tardi. La resistenza cominciò prima in Francia che in
Italia. I ribelli comunisti francesi, nel 1942, presero a chiamarsi
"partisan", a mo' di onda di ritorno. Dopo l'8 settembre 1943 si costituisce
la resistenza italiana; i comunisti presero, sulla scía degli omologhi
francesi, a chiamarsi "partigiani", gli altri preferivano il termine
"patriota". Quindi, al significato originario (oggi pressoché sconosciuto,
sebbene teoricamente utilizzabile), se n'è aggiunto un altro, col francese
come LI.
Rientrano nel calco i prestiti lessicali non integrali, in cui, invece
di importare dall LP, la LA riproduce una parola con elementi indigeni.
L'inglese "call-girl", per esempio, è entrato in italiano come "ragazza
squillo", ma è una traduzione approssimativa. Questa è la forma piú diffusa
per trasporre un termine straniero nella propria lingua.
(*) Le parole macedonia (in inglese "portmanteau words") sono quelle che si
ottengono mettendo assieme l'inizio di una parola alla fine di un'altra.
L'esempio classico è "smog" (smoke+fog). Recentemente ne sono nate tante, a
partire dal tunnel sotto alla Manica (chunnel=channel+tunnel), nonché tutte
quelle che hanno a che fare coll'Unione Europea: Eurocrat, etc. In inglese
si tratta di un tipo di formazione di parole molto produttivo, in italiano
non tanto.
A questo punto avrei concluso la mia *breve* rassegna.
Gradirei avere commenti, sapere se qualcuno ha esempî o altre tipologie
da proporre, etc.
Ciao,
Nicola
1) Ferrovia non è calco dell' inglese railway (letteralmente "via di sbarre") ma
del tedesco Eisenbahn; ricordo di avere letto che è un caso abbastanza raro di
prestito linguistico dal tedesco; la struttura , il significato e l' ordine dei
due componenti della parola composta tedesca (das Eisen = il ferro, die Bahn=la
via) giustificano questa provenienza del prestito, insieme al periodo storico in
cui fu coniato il termine (forte presenza e-o influenza austriaca); curiosamente
"metropolitana" è un calco dal francese (chemin de fer) metropolitain.
2) Non so se sia giusto considerare "semantico" il calco "to realize" -
"realizzare" in quanto si tratta di un caso di calco in cui due parole esistenti
in ambo le lingue e che hanno in alcune accezioni significati equivalenti
vengono forzate a ricalcarsi l'un l'altra, ad essere equivalenti in tutti i loro
significati ; io almeno l' ho citato come esempio alternativo al calco inteso
come puro concetto semantico.
Si può dire "calco sintattico"?
3)Mi sembra, anche se è solo una sensazione, che i calchi semantici puri
corrispondano quasi sempre a locuzioni o a parole composte, non a parole singole
(es. fine settimana, grattacielo, gomma da masticare, villaggio globale ...).
Mi piacerebbe leggere qualche esempio ulteriore, in particolare se in contrasto
con quanto sostengo.
Recentemente ho sostenuto che "interfaccia utente" è sicuramente un calco
(semantico) di "user interface" ma che invece utente non è un calco di user, ma
un derivato con accezione burocratica dal latino utens (insieme ad utenza ed
utensile) che ha trovato fortuna forse anche perchè nel contempo è , per usare
la tua espressione, macedonia di "utilizzatore" e "cliente".
Ciao.
> Salve a tutti, rieccomi tra voi!
Ben tornato, ma 166 righe sono troppe per me: un compedio?
È vero che sono in molti coloro che ritengono "ferrovia" un calco
dal tedesco "Eisenbahn", adducendo come argomenti in sostegno
dell'ipotesi il significato e la struttura, cioè l'ordine delle
parole, ma io non sono mai riuscito a trovarli convincenti.
Per quanto riguarda il significato, abbiamo gli stessi componenti
anche in francese per cui non vedo perché debba essere appunto il
tedesco che abbia fornito il campione. Beh, gli ingegneri svizzeri
ed austriaci possono aver esercitato un certo influsso. Ma credete
che essi siano anche giunti in Ispagna per coniare la parola
"ferrocarril"? Mi sembra che si sopravvalutino di gran lunga
le ambizioni filologiche degli ingegneri in genere e di quelli
germanofoni, per quanto bravi magari siano, in particolare :)
Ancora meno mi convince l'argomento strutturale. Al contrario di un
pregiudizio molto difuso, l'ordine determinante-determinato non si
limita affatto alle lingue germaniche. Oltre ad essere tipico del
greco (psichiatra, astronomia ecc.), è anche molto frequente in
parole di origine latina come dimostrano "terremoto" (< terrae
motus), "madre lingua" (< matris lingua) e soprattutto termini
giuridici ("pubblico ministero", "omicidio" e altri in "-cidio") e
matematici ("minimo comune denominatore"). Volete sul serio asserire
che tutti questi termini siano calchi dal tedesco o inglese?
Queste mie obiezioni non escludono che "ferrovia" possa essere un
calco dal tedesco. Ma ci vuole di piú degli argomenti di solito
addotti perché questa ipotesi divenga convincente.
Ciao, Wolfgang
Avevo sentito anche questa interpretazione, ma ho deciso di fidarmi di
piú dell'opinione del mio insegnante di linguistica italiana, il professor
Riccardo Tesi dell'Accademia della Crusca. Di piú non so che dirti.
> 2) Non so se sia giusto considerare "semantico" il calco "to realize" -
> "realizzare" in quanto si tratta di un caso di calco in cui due parole
esistenti
> in ambo le lingue e che hanno in alcune accezioni significati equivalenti
> vengono forzate a ricalcarsi l'un l'altra, ad essere equivalenti in tutti
i loro
> significati ;
Appunto questo, secondo la terminologia da me usata, è il significato di
"calco semantico". Non credi?
Ciao,
Nicola
> Ancora meno mi convince l'argomento strutturale. Al contrario di un
> pregiudizio molto difuso, l'ordine determinante-determinato non si
> limita affatto alle lingue germaniche.
Senza dubbio. È un ordine presente, in misura maggiore o minore, in
tutte le lingue europee. Ma in italiano aveva un ruolo del tutto marginale,
fino a tempi relativamente recenti. Vedi sotto.
> Oltre ad essere tipico del
> greco (psichiatra, astronomia ecc.), è anche molto frequente in
> parole di origine latina come dimostrano "terremoto" (< terrae
> motus), "madre lingua" (< matris lingua) e soprattutto termini
> giuridici ("pubblico ministero", "omicidio" e altri in "-cidio") e
> matematici ("minimo comune denominatore"). Volete sul serio asserire
> che tutti questi termini siano calchi dal tedesco o inglese?
Vorrei precisare ulteriormente. Il latino, nel passaggio verso
l'italiano, ha una duplice funzione. Da una parte è stata la lingua madre,
che ha dato origine al lessico di base. Dall'altra, è stata una lingua di
importazione, al pari di qualsiasi altra lingua contemporanea, a partire dal
Rinascimento, epoca in cui l'italiano, divenuto lingua di cultura di portata
continentale, ha dovuto far fronte alla necessità di disporre di termini
scientifici e/o aulici adeguati. Quasi tutti i termini da te menzionati sono
da considerare calchi da una lingua straniera (il latino), piuttosto che
vocaboli indigeni toscani, tant'è che anticamente non figurano nei testi
volgari, sostituiti da sinonimi piú "comuni" o da equivalenti latini.
Tirando le somme: la sequenza determinante + determinato in italiano ha
assunto un ruolo di primaria importanza soltanto in tempi recenti, sotto
l'influsso delle lingue germaniche, segnatamente l'inglese.
Allo stesso modo, dico incidentalmente, si è notata l'evoluzione di
certi nessi latini in italiano. I termini latini che avevano "consonante +
elle" hanno trasformato la "l" in una "i" intervocalica se sono passate
direttamente nel toscano medievale, hanno invece preservato la "l" se sono
state oggetto di calco in epoca rinascimentale. In quest'ultimo caso si
tratta di voce dotta.
Per esempio:
lat. clarus = it. chiaro
MA
lat. eclipsis (non mi viene in mente nient'altro!) = it. eclissi
Lo stesso dicasi di altri nessi consonantici:
lat. captivus = it. cattivo (ossia: catturato dal Demonio)
MA
mantengono il nesso "captare", "optare", etc.
Ciao,
Nicola
Di quante righe lo vuoi, il riassuntino? :-)
P.S. Sei stato pure a contare quante righe ho scritto?
Nicola Nobili:
>
> > 2) Non so se sia giusto considerare "semantico" il calco "to realize" -
> > "realizzare" in quanto si tratta di un caso di calco in cui due parole
> esistenti
> > in ambo le lingue e che hanno in alcune accezioni significati equivalenti
> > vengono forzate a ricalcarsi l'un l'altra, ad essere equivalenti in tutti
> i loro
> > significati ;
>
> Appunto questo, secondo la terminologia da me usata, è il significato di
> "calco semantico". Non credi?
>
Probabilmente si tratta di una mia deviazione, ma a questo punto la definizione
"calco semantico" mi sembra un po' generica.
Provo ad evidenziare certe differenze:
1) Caso tipo "realizzare", in un contesto che hai ben definito tu aprendo questo
filone: "occorre perché ciò avvenga, che le due lingue siano sufficientemente
vicine, perché il termine in LP e quello in LA devono essere abbastanza simili".
2) Esempio analogo su una locuzione: "villaggio globale"; analogo per la
vicinanza dei termini nelle due lingue ma non identico perchè nessuna delle due
parole subisce modifiche o estensioni di significato in italiano.
Nasce tuttavia una locuzione nuova, che se utilizzata un lustro prima senza
valida e anglofila giustificazione avrebbe potuto causare una radiazione dall'
albo dei giornalisti.
3) Caso dell' assai poco italico augurio: "Buon fine settimana". E'
evidentemente una qualche forma di prestito da "Happy weekend", io lo definirei
volentieri calco semantico ma, rispetto alla condizione di similitudine tra le
due lingue manca tutto. Siamo dunque nel caso di un calco strutturale? Eppure
siamo di fronte a due strutture con una stretta parentela di significati.
Ancora: "Gomma da masticare" - "Chewingum" (qui c'è la similitudine gomma -
gum e non c'è aderenza strutturale).
Possibile che non ci sia una sottodefinizione che classifichi queste tipologie?
Ciao.
Marco
Wolfgang Mueller :
>
> Per quanto riguarda il significato, abbiamo gli stessi componenti
> anche in francese per cui non vedo perché debba essere appunto il
> tedesco che abbia fornito il campione. Beh, gli ingegneri svizzeri
> ed austriaci possono aver esercitato un certo influsso. Ma credete
> che essi siano anche giunti in Ispagna per coniare la parola
> "ferrocarril"? Mi sembra che si sopravvalutino di gran lunga
> le ambizioni filologiche degli ingegneri in genere e di quelli
> germanofoni, per quanto bravi magari siano, in particolare :)
Beh, fino al 1866 il Veneto fu governato dagli austriaci ; nel 1865 fu
iniziata la costruzione della ferrovia del Brennero che fu completata
nel 1873, all' inizio di un cinquantennio di pace tra Italia e Austria.
Anche la Lombardia lo fu fino al 1860, con tratte ferroviarie già
funzionanti.
Non si tratta quindi solo di ingegneri, il tedesco era seconda lingua
ufficiale in importanti regioni italiane proprio all' inizio del grande
sviluppo della rete ferroviaria.
Pungolato dalle tue osservazioni ho un po' approfondito il problema.
Il lessico ferroviario italiano vide, inizialmente, un netto prevalere
di "strada di ferro" e "strada ferrata".
Le prime tratte italiane nel Regno di Napoli furono progettate da
francesi; successivamente vi fu un rapido sviluppo in Toscana. Poi toccò
al nord; nello stesso tempo il termine "ferrovia" fa capolino (intorno
al 1950) e piano piano prevale.
Un indirizzo molto interessante è: http://digilander.iol.it/atuzza/
scorrendo le pagine si nota come dopo il 1870 i termini come "strada
ferrata" vadano quasi scomparendo.
Il quadro di insieme sembra giustificare l' avvento di un termine più
sintetico, come ferrovia, probabilmente introdotto dalle amministrazioni
austriache del Lombardo-Veneto; l' ipotesi del calco dal tedesco è
sostenuta anche dal Devoto nel suo dizionario etimologico.
D' accordo con te, non ci sono prove definitive; tuttavia mi sembra che
ci troviamo sul terreno del "molto verosimile" piuttosto che su quello
del "non inverosimile".
Ciao. Marco.
>
> Rispondo a Vitt
>> Ben tornato, ma 166 righe sono troppe per me: un compedio?
>
> Di quante righe lo vuoi, il riassuntino? :-)
>
Tante da poter vedere se mi interessa leggerlo, in una solo schermata.
>P.S. Sei stato pure a contare quante righe ho scritto?
No: uso Agent e me lo dice automaticamente>
> 2) Esempio analogo su una locuzione: "villaggio globale"; analogo per la
> vicinanza dei termini nelle due lingue ma non identico perchè nessuna
delle due
> parole subisce modifiche o estensioni di significato in italiano.
> Nasce tuttavia una locuzione nuova, che se utilizzata un lustro prima
senza
> valida e anglofila giustificazione avrebbe potuto causare una radiazione
dall'
> albo dei giornalisti.
"Villaggio globale" non mi pare un calco semantico, dal momento che vi è
una vera e propria trasposizione strutturale dell'espressione originale.
Nota, inoltre, che i due termini dell'originale, in italiano, si invertono,
conformemente alla struttura meno marcata e piú consueta nel nostro idioma.
Direi che si tratta di un calco strutturale, secondo la terminologia che ho
proposto io.
> 3) Caso dell' assai poco italico augurio: "Buon fine settimana". E'
> evidentemente una qualche forma di prestito da "Happy weekend",
Ho qualche dubbio. Se consulti le pagine web di Maurizio Pistone, vedrai
che l'ambiguità del genere del sostantivo "fine" esisteva già alcuni secoli
fa, e quindi non è, in origine, un calco dall'inglese (anche se, oggigiorno,
è plausibile che l'inglese abbia accentuato una tendenza già esistente).
> Siamo dunque nel caso di un calco strutturale? Eppure
> siamo di fronte a due strutture con una stretta parentela di significati.
Per come la vedo io, il calco semantico estende il significato di una
parola già esistente mediante l'acquisizione di uno o piú significati che
detta parola ha in un'altra lingua. Vedi l'esempio di "farmacia", che ho
riportato nel messaggione originale. Vedi "realise".
> Ancora: "Gomma da masticare" - "Chewingum" (qui c'è la similitudine
gomma -
> gum e non c'è aderenza strutturale).
Che significato poteva mai avere "gomma da masticare" prima che
l'oggetto a cui si riferisce giungesse nel nostro paese? Non potendo
aumentare l'estensione di un vocabolo preesistente, non si tratta, chiaramen
te, di un calco semantico. Direi piuttosto che siamo in presenza di un calco
strutturale, per quanto piú libero di "ferrovia", dal momento che l'ordine
dei costituenti non segue pedissequamente quello originale.
Sperando di aver dissipato alcuni dei tuoi dubbî,
A presto,
Nicola
Quando una parola o espressione passa da una lingua all'altra, può farlo
in cinque modi diversi:
La prima categoria è detta "prestito integrale" o "forestierismo". Si
tratta di una parola straniera
che viene trapiantata nella LP, mantenendo inalterati grafia e significato
(juke-box).
La seconda categoria è lo pseudo-forestierismo, quando la parola
straniera resta formalmente identica, ma assume un'accezione differente
nella LA.
La terza categoria è quella dell'adattamento: la parola entra nella LA e
viene parzialmente o totalmente
assimilata alle regole fonologiche o morfologiche della medesima. Per
esempio, da "beef-steak" otteniamo "bistecca".
Il quarto caso è il calco semantico, quando una parola acquisisce un
nuovo significato sull'onda di un termine straniero foneticamente simile
("realizzare" dall'inglese "realise")
Il quinto tipo di prestito è il calco strutturale, molto fedele alla LP.
un esempio è l'italiano "ferrovia", che duplica l'inglese "railway" sia per
quanto riguarda le componenti che la loro struttura.
Sperando di essere riuscito a contenermi nei limiti richiesti,
Saluti,
Nicola
[...]
>> 3) Caso dell' assai poco italico augurio: "Buon fine settimana".
>> E' evidentemente una qualche forma di prestito da "Happy weekend",
> Ho qualche dubbio. Se consulti le pagine web di Maurizio
> Pistone, vedrai che l'ambiguità del genere del sostantivo "fine"
> esisteva già alcuni secoli fa, e quindi non è, in origine, un calco
> dall'inglese (anche se, oggigiorno, è plausibile che l'inglese
> abbia accentuato una tendenza già esistente).
Nicola, io ho qualche dubbio sul tuo dubbio. Certo esiste il fine e
anche con accezioni molto vicine (fin quasi a sovrapporsi) a quelle
della fine: basti pensare al lieto fine.
Ma, nel caso del fine settimana, non potrebbe essere che questa parola
composta venga (anche) sentita come un'unica parola maschile? In fin
dei conti diciamo anche un faccia a faccia, e le facce non credo siano
mai state maschili.
[...]
>> Ancora: "Gomma da masticare" - "Chewingum" (qui c'è la similitudine
>> gomma - gum e non c'è aderenza strutturale).
> Che significato poteva mai avere "gomma da masticare" prima che
>l'oggetto a cui si riferisce giungesse nel nostro paese?
Ha provato a non averlo nemmeno dopo, se è per questo. Almeno qui,
dove la gomma da masticare si chiamava cicca americana (e si chiama
tuttora cica, in dialetto).
Ciao.
Gian Carlo
> Ecco uno stringato riassuntino (LP = Lingua di Partenza; LA = Lingua di
>Arrivo; per i dettagli, vedi l'originale):
>
Grazie del compendio (stavolta con la n necessaria).
Sei riuscito, se pure al limite, a stare nello spazio della schermata.:-)
Scherzi a parte: gli argomenti trattati nel gruppo sono ormai cosě vasti che
non tutto interessa a tutti ed il poco spazio disponibile nel titolo č
spesso piů che insufficiente ad individuarne i contenuti. Sopratutto quando,
senza segnalazione, si scivola da destra a manca.
In effetti non č necessario un riassunto, necessariamente incompleto
(altrimenti perché scrivere tutto l'articolo?), ma individuare l'argomento e
ciň puň essere utile a molti come me.
Scoperto adesso che il contenuto mi interessa, torno al filone originario e
ti leggo con interesse.
> il poco spazio disponibile nel titolo è spesso più che insufficiente
> ad individuarne i contenuti.
Insufficientissimo? (-:
Gian Carlo
Sent via Deja.com http://www.deja.com/
Before you buy.
> Il quinto tipo di prestito è il calco strutturale, molto fedele alla LP.
> un esempio è l'italiano "ferrovia", che duplica l'inglese "railway" sia per
> quanto riguarda le componenti che la loro struttura.
Molto chiaro lo schema dei 5 casi.
Nell'ultimo tuttavia, nella fattispecie dell'esempio, vedrei piu'
similarita' con le forme tedesca, francese e russa (soprattutto la
prima) Eisenbahn, chemin de fer, zheleznaja doroga ... che mantengono la
nozione di "ferro" che e' assente nell'inglese "railway" [non so
commentare sullo spagnolo "ferrocarril" perche' non so cosa voglia dire
"carril").
Fermo restando che le ferrovie sono state inventate in Inghilterra,
quand'e' che il termine "ferrovia" (per cui ipotizzo la origine
tedesca o svizzera) ha preso piede in italiano ? All'inizio credo si
preferisse "strada ferrata" (non so quale fosse il nome originario della
Napoli-Portici, ma la Milano-Monza era una "imperial regia privilegiata
strada ferrata", come poi la Milano-Venezia (in cui alcuni tratti di
ferrato avevano ben poco).
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nos...@ifctr.mi.cnr.it is a newsreading account used by more persons to
avoid unwanted spam. Any mail returning to this address will be rejected.
Users can disclose their e-mail address in the article if they wish so.
> All'inizio credo si preferisse "strada ferrata" (non so quale fosse
> il nome originario della Napoli-Portici, ma la Milano-Monza era una
> "imperial regia privilegiata strada ferrata", come poi la
> Milano-Venezia (in cui alcuni tratti di ferrato avevano ben poco).
E infatti (ricopio dal mio messaggio del 6 febbraio, "i, ii, j e i^"):
>> I. R. STRADA FERRATA FERDINANDEA LOMB.-VENETA ORARIO delle Corse sul
>> tronco fra MILANO e TREVIGLIO dal 16 Marzo 1850 in avanti
Giovanni Drogo:
> Nell'ultimo tuttavia, nella fattispecie dell'esempio, vedrei piu'
> similarita' con le forme tedesca, francese e russa ...
> ... quand'e' che il termine "ferrovia" (per cui ipotizzo la origine
> tedesca o svizzera) ha preso piede in italiano ?
Cito una piccola parte di un mio precedente intervento nel filone principale:
... Le prime tratte italiane nel Regno di Napoli furono progettate da francesi;
successivamente vi fu un rapido sviluppo in Toscana. Poi toccò al nord; nello
stesso tempo il termine "ferrovia" fa capolino (intorno al 1950) e piano piano
prevale.
Un indirizzo molto interessante è: http://digilander.iol.it/atuzza/
scorrendo le pagine si nota come dopo il 1870 i termini come "strada ferrata"
vadano quasi scomparendo...
La presenza di importanti amministrazioni austriache in Nord Italia all' inizio
del grande sviluppo della rete ferroviaria conforta l' ipotesi sostenuta, ad
esempio, da Devoto (ma non solo da lui) che si tratti di un calco di "Eisenbahn";
d' altra parte non si può nemmeno escludere che l' unico calco sia quello iniziale
dal francese e che il termine ferrovia sia una evoluzione dovuta ai precursori
degli informatici che allora erano dediti ai tabelloni degli orari dei treni ...
Marco.
> ...intorno al 1950) e piano piano prevale.
Naturalmente intendevo 1850. Chiedo scusa a chi ho confuso le idee.
Marco Alberici :
> ... fa capolino (intorno al 1950) e piano piano prevale.
Intendevo 1850. Chiedo scusa a chi ho confuso le idee.
> > austriaca); curiosamente "metropolitana" è un calco dal francese
> > (chemin de fer) metropolitain.
Credo di no, o che lo sia solo indirettamente. Vi sono innumerevoli
discussioni in materia su mtut (misc.transport.urban.transit).
Certamente l'uso di "metro(polit-xxx)" [dove xxx e' desinenza tipica
delle varie lingue) ha preso forza dal Metro di Parigi, ma a sua volta
questo aveva preso nome da una delle prime linee (o societa' londinesi),
che usava la dicitura "Metropolitan Railway". Ho a casa il mio
materiale storico del London Transport, sono tuttavia certo che a
tutt'oggi la linea "violetta" della metropolitana di Londra e' la
Metropolitan Line (mentre la "verde" e' la District Line). Non sono
cosi' certo che il nome di Metropolitan Line fosse da subito in uso al
primo tratto tra Paddington e Farringdon (1864), sono piu' certo che la
dicitura "Metropolitan & District" fosse in uso in seguito per una delle
societa' di gestione delle linee in oggetto (che sono quelle scavate "in
trincea" ... il termine "tube" per la metropolitana di Londra e' solo
successivo alla Central Line "rossa", mi pare 1902).
> È vero che sono in molti coloro che ritengono "ferrovia" un calco
> dal tedesco "Eisenbahn", adducendo come argomenti in sostegno
non quelli linguistici, almeno io ...
> tedesco che abbia fornito il campione. Beh, gli ingegneri svizzeri
> ed austriaci possono aver esercitato un certo influsso. Ma credete
penso non solo gli ingegneri ma anche i capitali. Le Ferrovie Nord
Milano erano nate appunto con capitale svizzero.
> che essi siano anche giunti in Ispagna per coniare la parola
> "ferrocarril"? Mi sembra che si sopravvalutino di gran lunga
e penso anche in Russia per coniare 'zheleznaja doroga' !
> Cito una piccola parte di un mio precedente intervento nel filone principale:
temo di averlo perso o non ancora ricevuto, il mio server pare assorbito
in un reversed time warp post pasquale ...
> ... Le prime tratte italiane nel Regno di Napoli furono progettate da francesi;
> successivamente vi fu un rapido sviluppo in Toscana. Poi toccň al nord; nello
a me pareva che dopo la Napoli-Portici venisse la Milano-Monza (nessuno
dei quali e' in Toscana) ...
> Un indirizzo molto interessante č: http://digilander.iol.it/atuzza/
che difatti alla pagina aperture.htm conferma quanto sopra ...
> La presenza di importanti amministrazioni austriache in Nord Italia
> all' inizio del grande sviluppo della rete ferroviaria conforta l'
> ipotesi sostenuta, ad
pero' l'Imperial Regia amministrazione mi pare proprio usasse l'italiano
e non il tedesco (al Museo di Milano fanno spesso mostre con documenti
interessantissimi), e soprattutto nei primi tempi usava il termine
"strada ferrata" (come gia' citato da me e da altri a proposito della
Milano-Treviglio).
... dando lo scartamento piú largo sia ai russi sia agli
spagnoli per ostacolare il traffico internazionale?
Wolfgang
Beh, in Spagna fu Franco a volerlo, temendo un'invasione straniera.
Sembra una storiella stupida, ma è vero, ed ecco perché, "alle soglie del
terzo millennio", gli Spagnoli devono fare il trasbordo per varcare il
confine.
Per l'ex URSS il discorso è simile, si è trattato di una scelta
politica, non ingegneristica.
Ciao,
Nicola
>
>Fermo restando che le ferrovie sono state inventate in Inghilterra,
>quand'e' che il termine "ferrovia" (per cui ipotizzo la origine
>tedesca o svizzera) ha preso piede in italiano ? All'inizio credo si
>preferisse "strada ferrata" (non so quale fosse il nome originario della
>Napoli-Portici, ma la Milano-Monza era una "imperial regia privilegiata
>strada ferrata", come poi la Milano-Venezia (in cui alcuni tratti di
>ferrato avevano ben poco).
Occorrerebbe risalire ancora più indietro: le rotaie (da "ruota") esistevano
già per i carrelli delle miniere e simili.
Chissà come venivano chiamate le corrispondenti strade ferrate da miniera.
(va bene, in Italia ce ne erano poche ma forse venivano usate per zolfo,
sale e sotto l'Amiata).
Ho controllato che già nel secolo XVI esistevano binari in legno nelle
miniere del Tirolo.
Nel 1780 circa esistevano in Inghilterra rotaie metalliche.
Ricordo che nel 1817 una locomotiva di Stephenson trainava in Germania
vagoni carichi di carbone.
Sarebbe interessante sapere anche come venisse chiamata la prima ferrovia
italiana (Napoli-Grantanello, del 1839, di 9 km)
Scusami, Nicola: la storiella non solo sembra stupida, lo è anche.
Nel 1892, quando Franco nacque, la Spagna disponeva già di una rete
ferroviaria di notevoli dimensioni, figuriamoci nel 1939 quando
egli si fece "Caudillo por la gracia de Dios". La decisione per lo
scartamento largo può, sí, risalire a motivi strategici, ma chiunque
la prendesse, Franco non ne era responsabile.
> Per l'ex URSS il discorso è simile,
Sí è simile :)) in quanto possiamo parlare dell'"URSS" solo a
partire del 1917 quando la Russia aveva già da lungo tempo una rete
ferroviaria e perfino la famosa "Transib" era già in esercizio.
Wolfgang
>a me pareva che dopo la Napoli-Portici venisse la Milano-Monza (nessuno
>dei quali e' in Toscana) ...
OT: Dopo la Napoli-Portici --costruita per portare il re Borbone alla
sua casina di caccia-- fu costruita la linea Roma-Albano, nello Stato
Pontificio.
Ciao
Ferdinando
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Giovanni Drogo :
>
> pero' l'Imperial Regia amministrazione mi pare proprio usasse l'italiano
> e non il tedesco (al Museo di Milano fanno spesso mostre con documenti
> interessantissimi), e soprattutto nei primi tempi usava il termine
> "strada ferrata" (come gia' citato da me e da altri a proposito della
> Milano-Treviglio).
>
Niente da eccepire; verissimo che la lingua ufficiale era l' italiano (anche se
presumo che gli uomini in carriera del tempo si esibissero con parole composte
tedesche da fare invidia all' inglese degli uomini "di marketing" di oggi).
Se si fa una verifica nella pagina da te citata al termine di un anno storicamente
significativo come il 1848 si vede questa situazione:
REGNO DI NAPOLI : 6 tratte - 84 Km
LOMBARDIA: 2 tratte - 45 Km
VENETO: 3 tratte - 67 Km
TOSCANA: 10 tratte - 156 Km
PIEMONTE: 1 tratta - 8 Km
Negli anni successivi grande sviluppo soprattutto in Piemonte, Lombardia e Veneto;
quasi contemporaneamente si osserva il prevalere del termine "ferrovia" su "strada
ferrata" e "strada di ferro".
Sinceramente non so se i linguisti che definiscono "ferrovia" calco di "Eisenbahn" si
siano basati solo su criteri linguistici o abbiano valutato documenti (e
considerazioni) storiche , però mi sembra sempre che gli austriaci un po' c'entrino.
Questo interessante dibattito sui treni mi fa venire in mente per
associazione di idee una delle più lunghe "discussioni" avute su
NG/e-mail. Esprimendo la mia perplessità sull'adeguatezza tecnologica
delle nostre ferrovie, osai dire che la tecnologia permetterebbe oggi
ai treni di viaggiare da soli e che così facendo il cosiddetto "errore
umano" sparirebbe, eventualmente sostituito dal "guasto tecnico". Il
rischio tecnico può essere ridotto "a piacere": è solo una questione
economica. Il rischio "uomo" pare invece meno controllabile. Il mio
interlocutore, appassionato di treni, reagì deridendomi: "non esistono
treni senza conducente". Gli portai l'esempio della DLR di Londra, fatta
di treni senza conducente. Reagì contestando il fatto che io chiamassi
con il termine inappropriato di TRENO quel sistema di trasporto.
La Docklands Light Railway (DLR) è ovviamente su un percorso protetto,
va ben veloce ed i convogli sono chiamati "trains" sull'orario relativo,
nonché dalla gente che li usa quotidianamente. Quindi anche fuori da
ICLI e ICLIng si è presentato il problema della traduzione di /train in
/treno. Chissà perché gli inglesi possono chiamare "treni" quei veicoli
che viaggiano sui binari e noi italiani no.
--
____________________________________
Giancarlo Pillan - Ivrea - Italy
____________________________________
> Scusami, Nicola: la storiella non solo sembra stupida, lo è anche.
> Nel 1892, quando Franco nacque, la Spagna disponeva già di una rete
> ferroviaria di notevoli dimensioni, figuriamoci nel 1939 quando
> egli si fece "Caudillo por la gracia de Dios".
Davvero? A me l'hanno raccontata cosí, in Spagna. Ma forse era
propaganda antifranchista.
Incidentalmente (è un po' fuori tema), ho cercato qualcosina sulla rete.
Non ho trovato notizie storiche che comprovino alcun ché, però al sito:
www.informare.it/news/gennews/1999/99-0288.asp
Si spiega la faccenda dello scartamento e si informa che, nel giro di
una quindicina d'anni, la Spagna finalmente si adeguerà allo standard
europeo (con una spesa non indifferente).
> Sí è simile :)) in quanto possiamo parlare dell'"URSS" solo a
> partire del 1917 quando la Russia aveva già da lungo tempo una rete
> ferroviaria e perfino la famosa "Transib" era già in esercizio.
Scusami, in questo secondo caso mi sono spiegato male. Non intendevo
dire che la questione dello scartamento sia stata decisa in epoca sovietica,
bensí che essa riguarda l'ex-Unione Sovietica, in senso meramente
territoriale.
D'altronde, la Russia è sempre stata, storicamente, ad una certa
distanza dall'Europa, per diffidenza o altro (le parentesi, tipo quella di
Pietro il Grande, sono proprio parentesi!), e nel giro degli ultimi due
secoli ha subito almeno due invasioni di proporzioni epiche. Non mi
sorprende che si sia deciso (non so bene quando e chi) di adottare uno
scartamento differente).
Ciao,
Nicola
In inglese (dove sono nati i "treni treni") si diceva "rails", senza
dubbio, da cui deriva, appunto "railway". In italiano penso proprio che si
dicesse "rotaia", vista la radice del verbo "rotare" e la presenza (o, in
questo caso, l'assenza) del dittongo mobile (lo so, non è elemento
comprovante, però se la parola fosse contemporanea, sarebbe piú probabile
trovarla come "ruotare"). Ma le mie sono solo delle (buone) supposizioni,
non ho prove a portata di mano.
Ciao,
Nicola
Io avrei una curiosità da soddisfare.
Mi sono addormentato a Torino in una confortevolissima cuccetta di un
Talgo e mi sono svegliato a Barcellona. Come hanno fatto coi binari?
Teoria uno: hanno treni con un meccanismo che si adatta allo
scartamento; teoria due: hanno fatto una linea standard che arriva fino
a Barcellona; teoria tre: hanno cambiato tutti i carrelli del treno
mentre dormivo?
Purtroppo con "libero" ora non riesco a leggere il messaggio di Vitt
(la sinergia fra "libero" e il mio PC, che da un po' di tempo si
spegne e riaccende da solo, è micidiale), ma, se può essere utile,
comunico che il DISC attesta, in italiano, "ferrovia" dal 1852 e
rotaia, come una delle due guide di un binario, dal 1872. Dal secolo
XVIII, invece, come solco impresso nel terreno dalle ruote di un
veicolo, che noi bassobergamaschi chiamiamo "scarèsa" (s dolce).
Gian Carlo
Buona la prima...
Massimiliano Crippa
max.c...@iol.it
>Io avrei una curiosità da soddisfare.
>Mi sono addormentato a Torino in una confortevolissima cuccetta di un
>Talgo e mi sono svegliato a Barcellona. Come hanno fatto coi binari?
>Teoria uno: hanno treni con un meccanismo che si adatta allo
>scartamento; teoria due: hanno fatto una linea standard che arriva fino
>a Barcellona; teoria tre: hanno cambiato tutti i carrelli del treno
>mentre dormivo?
Tra noi ex espatriati a Barcellona il Talgo per Torino-Milano era un mito
perche' non dovevi cambiare. La teoria tutti dicevano fosse la 1). I
carrelli si adattano allo scartamento.
Ancora piu' OT: le linee AVE (Alta Velocidad EspaNola) sono gia' a
scartamento "europeo" e come tali non collegate alle linee tradizionali
delle ferrovie spagnole.
Saluti
l'A
> Nel 1892, quando Franco nacque, la Spagna disponeva già di una rete
> ferroviaria di notevoli dimensioni, figuriamoci nel 1939 quando
volevo dirlo io
> Sí è simile :)) in quanto possiamo parlare dell'"URSS" solo a
> partire del 1917 quando la Russia aveva già da lungo tempo una rete
> ferroviaria e perfino la famosa "Transib" era già in esercizio.
pero' in questo caso bisogna fare i conti con la retorica
russo-sovietica. Ricordo negli anni '70 a una mostra ufficiale URSS le
seguenti affermazioni :
- "gli antichi abitanti dell'URSS, gli Assiri" (effettivamente hanno
controllato per un breve tempo il regno di Urartu, sul territorio
poi occupato dall'Armenia, che poi divenne una delle 15 repubbliche
dell'URSS, pero' insomma e' un po' tirata per i capelli)
- "l'Accademia delle Scienze dell'URSS ha 250 anni" (peccato che ai
tempi l'URSS ne avesse poco piu' di 50 :-) )
- "i grandi Accademici dell'Accademia delle Scienze dell'URSS:
Eulero, Mendeleev ..." Non so quando sia morto Mendeleev, ma quando
ha descritto il Sistema Periodico c'erano ancora gli Zar (Tsar, Car
? :-) ). In quanto a Euler(o) era svizzero di Basilea ... :-)
Mancava, trattandosi di mostra scientifica, l'altra affermazione "i
grandi tenori dell'URSS : Giovambattista Rubini" (gloria di Romano di
Lombardia dove lascio' un lascito notevole a una fondazione con cui ci
campano tuttora), o "i grandi architetti dell'URSS : Quarenghi" (nato in
Val Imagna). :-)
> > pero' l'Imperial Regia amministrazione mi pare proprio usasse l'italiano
> Niente da eccepire; verissimo che la lingua ufficiale era l'
> italiano (anche se presumo che gli uomini in carriera del tempo si
> esibissero con parole composte tedesche da fare invidia all' inglese
> degli uomini "di marketing" di oggi).
Non sono un esperto di storia austroungarica, ma ho dei dubbi. Tutti i
documenti (del Lombardo Veneto) che ho visto alle varie mostre erano
rigorosamente in italiano, e in un italiano ipercorretto, immagino molto
diverso dai dialetti che parlava il popolo (e anche i nobili).
> Sinceramente non so se i linguisti che definiscono "ferrovia" calco
> di "Eisenbahn" si siano basati solo su criteri linguistici o abbiano
> valutato documenti (e considerazioni) storiche , però mi sembra
> sempre che gli austriaci un po' c'entrino.
come i Templari ? :-)
Non sono in grado di escluderlo (pero' "strada ferrata" assomiglia MENO
ad Eisen-bahn di ferro-via, ed era usata PRIMA)
> sempre che gli austriaci un po' c'entrino.
Anzi, "i 'striaci" come dice Marco Paolini :-)
> OT: Dopo la Napoli-Portici --costruita per portare il re Borbone alla
> sua casina di caccia-- fu costruita la linea Roma-Albano, nello Stato
> Pontificio.
ma se Gregorio XVI era notoriamente nemico della diabolica ferrovia !
Insisto, anche il sito '...natuzza..." gia' citato su icli e di cui ho
perso il segnalibro da' come seconda la IR Privilegiata S.F.
Milano-Monza
> ai treni di viaggiare da soli e che così facendo il cosiddetto "errore
> umano" sparirebbe, eventualmente sostituito dal "guasto tecnico". Il
Ma non eliminerebbe le "cause indipendenti dalla nostra volonta'" (nel
gergo degli annunci della Metropolitana Milanese sono le interruzioni
dovuti a quelli che si sono buttati sotto il treno) :-(
> Mi sono addormentato a Torino in una confortevolissima cuccetta di un
> Talgo e mi sono svegliato a Barcellona. Come hanno fatto coi binari?
> Teoria uno: hanno treni con un meccanismo che si adatta allo
> scartamento;
Non ho mai viaggiato su tali treni, ma dalle frequentazioni su mtre
(misc,transport.rail.europe) mi pare proprio che abbiano dei carrelli
"adattivi" che si allargano percorrendo un apposito tratto di binario.
A quando it.trasporti.ferrovie e it.trasporti.pubblici-urbani ?
>Mi sono addormentato a Torino in una confortevolissima cuccetta di un
>Talgo e mi sono svegliato a Barcellona. Come hanno fatto coi binari?
>Teoria uno: hanno treni con un meccanismo che si adatta allo
>scartamento; teoria due: hanno fatto una linea standard che arriva fino
>a Barcellona; teoria tre: hanno cambiato tutti i carrelli del treno
>mentre dormivo?
Teoria quattro: ma hai guardato lo scartamento a Torino?
A me, pendolare, è capitato spesso di subire ritardi per questa ragione.
Di solito l'altoparlante annuncia, con tono metallico e prosodia piatta:
"Causa investimento..."
Nicola
Io direi Car'. In ogni caso, la lettera finale è un segno dolce
(importante, anche perché modifica le desinenze), quindi non lo tralascerei.
Un piccolo apostrofo lo puoi aggiungere anche tu che detesti i diacritici,
nevvero? :-)
Ciao,
Nicola
>> OT: Dopo la Napoli-Portici --costruita per portare il re Borbone alla
>> sua casina di caccia-- fu costruita la linea Roma-Albano,
>
>ma se Gregorio XVI era notoriamente nemico della diabolica ferrovia !
L'ho letto qualche tempo fa su una rivista che veniva distribuita
gratuitamente ai viaggiatori. Il treno partiva dalla stazione Vaticana
e giungeva ad Albano dove, come e` noto, c'e` un ingresso alla villa
papale. L'articolo aggiungeva che pochi anni dopo venne costruita la
linea Roma-Frascati.
Naturalmente non reputo autorevole la fonte.