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immondizia in tutti i dialetti

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Stalker

unread,
Aug 27, 2002, 1:54:47 AM8/27/02
to
Non so se ne avete già parlato. Ogni dialetto ha il suo: qui a Venezia si
parla di "scoasse".
A Bologna "rusco"
Ad Arezzo mi pare "sudicio"....

altre ?


Vitt

unread,
Aug 27, 2002, 2:40:17 AM8/27/02
to
Stalker ha scritto:


>A Bologna "rusco"
>Ad Arezzo mi pare "sudicio"....

Monnezza a Roma
Ruera (?) a Milano
--
Bye
Vitt

magica

unread,
Aug 27, 2002, 3:28:28 AM8/27/02
to
Il 27 Ago 2002, 08:40, Vitt <vitt....@iol.it> ha scritto:
> Stalker ha scritto:

>>A Bologna "rusco"
>>Ad Arezzo mi pare "sudicio"....
>
> Monnezza a Roma
> Ruera (?) a Milano

Mmmm. Non è rüt o qualcosa di simile, per caso? In ogni caso:

rüt nella bassa bergamasca (rüdera è il letamaio; rüt è anche il letame).

Aggiungo che adesso rüt è pochissimo usato col significato di spazzatura, e
sosituito (correttezza politica?) con perifrasi o con parole direttamente
importate dall'italiano, come spórc. La "c" finale è dura e il neologismo
(spórc) significa sporco, aggettivo e avverbio, e sporcizia, laddove il
termine proprio è "ucc" per sporco e sporcizia (uso le due "c" per indicare
la "c" dolce), che signifca anche unto (aggettivo e sostantivo).

Ciao.

Gian Carlo

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it

Giovanni Drogo

unread,
Aug 27, 2002, 4:17:22 AM8/27/02
to
On Tue, 27 Aug 2002, magica wrote:

> >>A Bologna "rusco"
> >>Ad Arezzo mi pare "sudicio"....
> > Monnezza a Roma
> > Ruera (?) a Milano
>
> Mmmm. Non è rüt o qualcosa di simile, per caso? In ogni caso:

A Milano l'immondizia e' rüff. Ruera e' la pattumiera, il gabbiotto
dove si tengono i bidoni, o la discarica.

La dicitura "rudo" e "rudera" dovrebbe essere propria del legnanese
(quanto meno, un mio collega da giovani faceva una trasmissione per
una radio privata di Legnano che si intitolava "Radio Rudera")

> rüt nella bassa bergamasca (rüdera è il letamaio; rüt è anche il letame).

ho sentito usare rüt per letame sia nella bassa bergamasca che
nell'(alto ?) cremonese, che del resto sono confinanti (dai miei che
sono originari rispettivamente di quelle parti). Non so come sia in
milanese essendo questo una lingua urbana e non rurale.

> importate dall'italiano, come spórc. La "c" finale è dura [...]


> termine proprio è "ucc" per sporco e sporcizia (uso le due "c" per indicare
> la "c" dolce), che signifca anche unto (aggettivo e sostantivo).

Non ho mai sentito "spork" in milanese (ma il milanese moderno
praticamente non esiste). Una vecchia parola caduta in disuso era
"tenc" (tinto, p.es. i "tencitt" erano gli scaricatori del carbone
del Laghetto del Naviglio), si usa solo nella "peppatencia"

Invece era ed e' correntemente usato "vunc" (anche "vunceria" per
indicare una cosa o azione sporca), sia per "unto" che per "sporco"
(l'Unto mediti ...)

--
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nos...@ifctr.mi.cnr.it is a newsreading account used by more persons to
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Roberto Waha

unread,
Aug 27, 2002, 6:05:02 AM8/27/02
to
Vitt <vitt....@iol.it> wrote:
> Ruera (?) a Milano

A Milano puoi anche sentire Rud, Rus, Ruf, Romenda, Romenta...

--
S'Ciao!
Walla

-----------------=* Roberto Waha - walla(at)mac.com *=-----------------
El Senyor és la meva força, el Senyor el meu cant
Ell m'ha estat la salvació. En Ell confío, i no tinc por.
-----------------------------------------------------------------------

Mil

unread,
Aug 27, 2002, 6:43:20 AM8/27/02
to

"Stalker" <thestalk...@katamail.com> ha scritto nel messaggio
news:akf476$6uo$1...@lacerta.tiscalinet.it...

a bari mennez


Gi udt

unread,
Aug 27, 2002, 7:02:41 AM8/27/02
to

Piemontese: 'amnis' (s sonora di rosa),
ligure e piemontese merid.: 'rumenta' [rümenta]

karla

Maurizio Pistone

unread,
Aug 27, 2002, 7:13:49 AM8/27/02
to
"Stalker" <thestalk...@katamail.com> ha scritto su
it.cultura.linguistica.italiano:

Piemonte: mnis, rumenta. Quest'ultimo termine, che riporto nella
grafia del Gribaud, mi dà qualche dubbio: a me viene da
pronunciarlo romenta. (piem u = /y/, o = /u/)


--
Maurizio Pistone - Torino
strenua nos exercet inertia Hor.
scri...@mauriziopistone.it
http://www.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it

Maurizio Pistone

unread,
Aug 27, 2002, 7:18:16 AM8/27/02
to
ma.g...@TOGLIbigfoot.com (magica) ha scritto:

>rüt nella bassa bergamasca (rüdera è il letamaio; rüt è anche il letame).

spero che tu non confonda l'immondezza con il letame

Sergio

unread,
Aug 27, 2002, 7:52:09 AM8/27/02
to
On Tue, 27 Aug 2002 08:40:17 +0200, Vitt <vitt....@iol.it> wrote:

>Stalker ha scritto:
>
>
>>A Bologna "rusco"
>>Ad Arezzo mi pare "sudicio"....
>
>Monnezza a Roma
>Ruera (?) a Milano

A Napoli munnezz(a) ed a Palermo munnizza.

--
Ciao.
SergioŽ

magica

unread,
Aug 27, 2002, 7:55:32 AM8/27/02
to
Il 27 agosto 2002 [13:18] Maurizio Pistone <scri...@mauriziopistone.it> ha
scritto:
> ma.g...@TOGLIbigfoot.com (magica) ha scritto:

>>rüt nella bassa bergamasca (rüdera è il letamaio; rüt è anche il letame).

>spero che tu non confonda l'immondezza con il letame

No. Ma il nome è lo stesso.

Roscio

unread,
Aug 27, 2002, 11:20:05 AM8/27/02
to
"Sergio" <sergio_...@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:fhdmmu0v0g7cebb22...@4ax.com...


Che somiglia stranamente al piemontese "amnis"
('a munnizza...)

--
Er Roscio


Massimo Manca

unread,
Aug 27, 2002, 11:53:26 AM8/27/02
to
Maurizio Pistone wrote:
>

>
> Piemonte: mnis, rumenta.

Anche drugia. (u turbata).
--
"Zacinto ovvero Zante era l`isola cui Foscolo teneva tanto...e Foscolo
era un poeta ottocentesco, quindi all`epoca l`isola doveva essere nota"
(post su IDM)
it.cultura.classica: http://digilander.iol.it/mmanca

Vitt

unread,
Aug 27, 2002, 12:01:40 PM8/27/02
to
Stalker ha scritto:

A casa mia, pubella, di chiara derivazione europea.
--
Bye
Vitt

Gi udt

unread,
Aug 27, 2002, 12:53:29 PM8/27/02
to

Mi devo correggere: 'amnis' si dice dalle mie parti, ma in piemontese
ufficiale il termine č 'mnis'.
La tua considerazione mi fa venire il sospetto che amnis venga da la
mnis --> l'amnis, come l'aradio. :-)))

> --
> Er Roscio

karla

Gi udt

unread,
Aug 27, 2002, 12:55:52 PM8/27/02
to

Massimo Manca wrote:
>
> Maurizio Pistone wrote:
> >
>
> >
> > Piemonte: mnis, rumenta.
>
> Anche drugia. (u turbata).

Drugia significa letame.

karla

Paolo M.

unread,
Aug 27, 2002, 1:06:38 PM8/27/02
to

"Stalker" <thestalk...@katamail.com> ha scritto nel messaggio
news:akf476$6uo$1...@lacerta.tiscalinet.it...
[...]

> Ad Arezzo mi pare "sudicio"....

Anche a Empoli.

Ciao,
Paolo

Paolo M.

unread,
Aug 27, 2002, 1:19:44 PM8/27/02
to

"Maurizio Pistone" <scri...@mauriziopistone.it> ha scritto nel messaggio
news:sdnmmu4p6hnm23a8o...@4ax.com...
[...]

> Quest'ultimo termine, che riporto nella
> grafia del Gribaud, mi dà qualche dubbio: a me viene da
> pronunciarlo romenta. (piem u = /y/, o = /u/)

Questa (discutibile) convenzione grafica o = /u/ vale anche per il ligure e
il siciliano (che però non ha /y/)? Se così fosse, sarebbe una prova per
l'assenza di cognomi terminanti in /u/, che invece compaiono nella pronuncia
dialettale. Es: genovese "Bixio" ['biiZu], palermitano"Caruso" [k^'rUUsU].

Cognomi terminanti *graficamente* in <u> sono esclusivi del sardo, mi
pare...

Ciao,
Paolo

Nicola Nobili

unread,
Aug 27, 2002, 2:02:43 PM8/27/02
to
Stalker

> A Bologna "rusco"

Per l'esattezza, "rusco" s'usa in tutta la Romagna ed in buona parte
dell'Emilia: le provinc(i)e di Ferrara, Bologna, Modena e Reggio Emilia. A
Piacenza so che dicono "rudo", e "rusco" non è compreso. Non so di preciso a
Parma, zona di confine tra queste due subregioni, come si soglia dire.
Ciao,
Nicola

--
Multa non quia difficilia sunt non audemus, sed quia non audemus sunt
difficilia (Seneca).
[it, en, ru, es, (fr, pt, la, zh, ar)]

Maurizio Pistone

unread,
Aug 27, 2002, 6:10:26 PM8/27/02
to
Massimo Manca <m-mancaTOGL...@vene.ws> ha scritto su
it.cultura.linguistica.italiano:

>Anche drugia

č il letame, non l'immondezza

darik

unread,
Aug 27, 2002, 6:56:52 PM8/27/02
to
i rifiuti domestici: "spazzatura";
il concime organico (letame) : "concio"
ciao, darik (valdisieve fi)


mb

unread,
Aug 27, 2002, 9:15:30 PM8/27/02
to
wa...@mac.com (Roberto Waha) wrote in message news:<1fhkovf.2o52hqqc0tmoN%

> A Milano puoi anche sentire Rud, Rus, Ruf, Romenda, Romenta...

Ač. "Rud" sembra essere la parola lombarda generica in tutte le
regioni. Vediamo se c'č chi non la usa o non la capisce.

Sergio

unread,
Aug 28, 2002, 3:25:17 AM8/28/02
to
On Tue, 27 Aug 2002 19:19:44 +0200, "Paolo M." <pao...@hotmail.com>
wrote:

>
>"Maurizio Pistone" <scri...@mauriziopistone.it> ha scritto nel messaggio
>news:sdnmmu4p6hnm23a8o...@4ax.com...
>[...]
>> Quest'ultimo termine, che riporto nella
>> grafia del Gribaud, mi dà qualche dubbio: a me viene da
>> pronunciarlo romenta. (piem u = /y/, o = /u/)
>
>Questa (discutibile) convenzione grafica o = /u/ vale anche per il ligure e
>il siciliano (che però non ha /y/)? Se così fosse, sarebbe una prova per
>l'assenza di cognomi terminanti in /u/, che invece compaiono nella pronuncia
>dialettale. Es: genovese "Bixio" ['biiZu], palermitano"Caruso" [k^'rUUsU].

La cosa potrebbe avere un'altra spiegazione: Caruso, Carusu (carus con
paragogia "u"), e' stato italianizzato. Certo non si puo'
generalizzare, ma per quelli di origine latina...
E poi la "o" debole in siciliano non esiste quindi non si tratta di
convenzione e se c'e' si tratta di italianizzazione.

--
Ciao.
Sergio®

Paolo M.

unread,
Aug 28, 2002, 3:32:40 AM8/28/02
to

"Sergio" <sergio_...@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:74knmu0osv2saiioh...@4ax.com...
[...]

> La cosa potrebbe avere un'altra spiegazione: Caruso, Carusu (carus con
> paragogia "u"), e' stato italianizzato. Certo non si puo'
> generalizzare, ma per quelli di origine latina...
> E poi la "o" debole in siciliano non esiste quindi non si tratta di
> convenzione e se c'e' si tratta di italianizzazione.

Se si tratta d'italianizzazione, perché i cognomi sardi non sono stati
italianizzati?

Ciao,
Paolo

Giovanni Drogo

unread,
Aug 28, 2002, 4:12:11 AM8/28/02
to
On Tue, 27 Aug 2002, Paolo M. wrote:

> > pronunciarlo romenta. (piem u = /y/, o = /u/)
>
> Questa (discutibile) convenzione grafica o = /u/ vale anche per il ligure e

> il siciliano (che perň non ha /y/)? Se cosě fosse, sarebbe una prova per

Vale anche per alcune delle grafie "etimologiche" del milanese (io
personalmente preferisco uu per /y/ e u per /u/), ed e' appunto una
grafia etimologica.

Come scrivere "piazza" (pron. "piasa") o "zanzara" (pron. con la /z/ e
non con la zeta italiana) o addirittura "sangu" e "cinqu" (pronunciati
"sang" e "cink" senza alcuna u !)

Maurizio Pistone

unread,
Aug 28, 2002, 4:35:34 AM8/28/02
to
"Roscio" <ser...@libero.it> ha scritto su
it.cultura.linguistica.italiano:

>> A Napoli munnezz(a) ed a Palermo munnizza.
>
>
>Che somiglia stranamente al piemontese "amnis"
>('a munnizza...)

sono tutte forme che derivano dal lat. munditia (pulizia, quindi,
ciň che si ottiene facendo pulizia: cioč la sporcizia. Dal che si
possono ricavare molte ed edificanti riflessioni).

Giovanni Drogo

unread,
Aug 28, 2002, 6:14:48 AM8/28/02
to
On Wed, 28 Aug 2002, Maurizio Pistone wrote:

> >> A Napoli munnezz(a) ed a Palermo munnizza.
> >Che somiglia stranamente al piemontese "amnis"
>

> sono tutte forme che derivano dal lat. munditia (pulizia, quindi,

Ma non derivano invece da un im-munditia (cio' che e' immondo [*], non
mondo, non pulito) con un "in" privativo ? Che puo' essere poi caduto
per ragioni fonetiche di assimilazione con l'articolo precedente ?

[*] indipendemente dal fatto che abbia l'unghia fessa e rumini o meno

Sergio

unread,
Aug 28, 2002, 7:01:30 AM8/28/02
to
On 27 Aug 2002 18:15:30 -0700, azy...@mail.com (mb) wrote:

>wa...@mac.com (Roberto Waha) wrote in message news:<1fhkovf.2o52hqqc0tmoN%
>> A Milano puoi anche sentire Rud, Rus, Ruf, Romenda, Romenta...
>

>Aè. "Rud" sembra essere la parola lombarda generica in tutte le
>regioni. Vediamo se c'è chi non la usa o non la capisce.

"Tutte" mi sembra una parola grossa... ;-)

--
Ciao.
Sergio®

Roscio

unread,
Aug 28, 2002, 7:58:04 AM8/28/02
to
"Gi udt" <gi...@inwind.it> ha scritto nel messaggio
news:3D6BAE89...@inwind.it...

>
> > > A Napoli munnezz(a) ed a Palermo munnizza.
> >
> > Che somiglia stranamente al piemontese "amnis"
> > ('a munnizza...)
>
> Mi devo correggere: 'amnis' si dice dalle mie parti, ma in piemontese
> ufficiale il termine è 'mnis'.

> La tua considerazione mi fa venire il sospetto che amnis venga da la
> mnis --> l'amnis, come l'aradio. :-)))

Sì, ma sempre m(u)n(n)izz(a) = m-ni-s, o no ?...
(ricordo che il 50% dei torinesi sono siculi...)

--
Er Roscio.

The Nosisape Man

unread,
Aug 28, 2002, 8:54:56 AM8/28/02
to
"Paolo M." wrote:

> Se si tratta d'italianizzazione, perché i cognomi sardi non sono stati
> italianizzati?

Molti cognomi sardi sono stati italianizzati e coesistono nelle due
varianti. Sfogliando l'elenco telefonico di Cagliari si trovano:

Bandinu -> Bandino
Brundu -> Brundo
Cuccu -> Cocco
Demuru -> Demuro
Deriu -> Del Rio
Fancellu -> Fancello
Flore -> Fiore
Floris -> Fiori
Mannu -> Manno
Marceddu -> Marcello
Musiu -> Musio
Porcedda -> Porcella
Spanu -> Spano
Scanu -> Scano
Zoncheddu -> Zonchello

(non escluderei che in qualche caso i cognomi italiani siano stati
sardizzati)

Ciao, Sandro

Sergio

unread,
Aug 28, 2002, 10:58:51 AM8/28/02
to
On Wed, 28 Aug 2002 09:32:40 +0200, "Paolo M." <pao...@hotmail.com>
wrote:

>Se si tratta d'italianizzazione, perché i cognomi sardi non sono stati
>italianizzati?

Beh, si tratta du due realta' nettamente diverse. La Sicilia ha
rivestito e riveste una forte importanza strategica che ha fatto sě
che fossimo "visitati" da svariate culture. Questo non e' avvenuto per
la Sardegna che e' rimasta "isolata" per divero tempo.

--
Ciao.
SergioŽ

Marco Cimarosti

unread,
Aug 28, 2002, 2:12:56 PM8/28/02
to
Giovanni Drogo ha scritto:

> On Tue, 27 Aug 2002, Paolo M. wrote:
>
> > > pronunciarlo romenta. (piem u = /y/, o = /u/)
> >
> > Questa (discutibile) convenzione grafica o = /u/ vale anche per il ligure e
> > il siciliano (che però non ha /y/)? Se così fosse, sarebbe una prova per

>
> Vale anche per alcune delle grafie "etimologiche" del milanese (io
> personalmente preferisco uu per /y/ e u per /u/), ed e' appunto una
> grafia etimologica.

Questa mi mancava. Per /y/ e /u/, conosco queste grafie:

- ü/u (chiamiamola "moderna" o "filotedesca"),

- u/ô ("classica", usata nella letteratura dialettale dell'800),

- u/o ("classica semplificata", quella che preferisco),

- u/ou ("filofrancese" -- pessima).

In milanese, scrivere "o" e pronunciare /u/ è effettivamente una
grafia etimologica: le vocali che oggi si pronunciano /u/ un tempo
dovevano essere /o/ (chiusa). Ha però anche un vantaggio pratico: la
lettera "u" si può usare per il suono /y/ ("ü" tedesco) senza bisogno
di scomodi diacritici.

Per il siciliano, invece, mi pare che la cosa non abbia senso, neanche
dal punto di vista etimologico. La /o/ chiusa, per quel che ne
sappiamo, non è mai esistita in Sicilia. Le /u/ del latino (brevi o
lunghe che fossero) nel passaggio al siciliano hanno mantenuto il loro
suono originario. Quindi, scrivere "caruso" e pronunciare "carusu" è
una specie di falso storico, oltre che un'inutile complicazione.

> Come scrivere "piazza" (pron. "piasa")

Io preferisco la grafia "piassa", perché la distinzione -ss-/-zz- è
effettivamente inutile, essendo basata solo sulla grafia delle
corrispondenti parole italiane.

Non va bene però "piasa", che si pronuncerebbe /pjaza/, con la "s"
sonora (dolce).

Da alcuni mesi, questo errore lo si ritrova bell'e serigrafato sui
cartelli all'ingresso del comune di Lissone (MI): "Lisôn". Un bel
risultato davvero: se non ci avessero scritto niente, avrebbero
fornito un'informazione più accurata sulla pronuncia dialettale:
bastava mentalmente togliere la vocale finale e dire la "o" più
chiusa.

> o "zanzara" (pron. con la /z/ e non con la zeta italiana)

La scriveresti "sansara"? Ma così si pronuncerebbe con le due "s"
sorde.

In inizio di parola e dopo consonante mi pare che la "z" sia
giustificata. Naturalmente, s'intende che il suono è quello inglese
("s" dolce"), non quelli italiani (/ts/ o /dz/, inesistenti in
milanese).

(Se la zanzara te la ciamett "sansara", quand che te ghe sprussett el
DDT, la se reincarna in d'on còndor! :-)

> o addirittura "sangu"

Però si dice anche /'sa~ngu/. C'è anche nel ritornello di una famosa
canzone popolare: "corpo (o "corpu"?) de biss, sango (o "sangu"?) de
biss" ("corpo di serpe, sangue di serpe": imprecazioni d'altri tempi).

> e "cinqu" (pronunciati "sang" e "cink" senza alcuna u !)

"Cinqu" non lo mai visto ma concordo che è assurdissimo. Persino in
francese è più fonemico ("cinq").

Credo però che una simile assurdità nasconda un problema: in milanese,
in fine di parola, esistono sia la /k/ ("c" di cane) sia la /tS/ ("c"
di cena), ma un'ortografia di ispirazione italiana non ha modo di
indicare la differenza.

La soluzione dell'ortografia "classica" milanese è sovrabbondante: la
prima è scritta "ch" (dunque "cinch") e la seconda "cc".

Una soluzione più economica potrebbe essere di eliminare l'H dal primo
caso ("cinc"), visto che il raddoppiamento da solo basta a indicare la
palatale. Ma tanti altri sistemi sono possibili, ovviamente.

Ciao.
Marco

Catalepton

unread,
Aug 28, 2002, 5:15:45 PM8/28/02
to

"Stalker" ha scritto:

> altre ?

In sardo àliga (campidanese), alga (logudorese) e simili.
Il termine vale anche per designare "l'alga" italiana.
Da qui Alghero (S'Alighera, L'Alguer)...

luciana

unread,
Aug 29, 2002, 5:33:36 AM8/29/02
to

"magica" <ma.g...@TOGLIbigfoot.com> ha scritto nel messaggio
news:213Z156Z59Z10Y1...@usenet.libero.it...


> Il 27 agosto 2002 [13:18] Maurizio Pistone <scri...@mauriziopistone.it>
ha
> scritto:
> > ma.g...@TOGLIbigfoot.com (magica) ha scritto:
>
> >>rüt nella bassa bergamasca (rüdera è il letamaio; rüt è anche il
letame).
>
> >spero che tu non confonda l'immondezza con il letame
>
> No. Ma il nome è lo stesso.

Nel Lodigiano:
rüd = letame e liquame in particolare,
rüdèra = posizione predisposta ad accogliere il _rüd_ ; era a fior di terra,
rotonda o rettangolare, con argini in terriccio.
rüdin = chi era addetto alla raccolta dello sporco.

Non esiste in dialetto un vocabolo spedcifico per l'immondizia, come la
intendiamo oggi.

--
lu.
_Ultima Badessa Di Passaggio_
*Eri pallida, e per ciò molto più bella.
Avevi intorno agli occhi un'ombra di viole*.
G.d'Annunzio
10 febbraio 1934, Carteggio con Ether Pizzuti, Badessa.


The Nosisape Man

unread,
Aug 29, 2002, 6:23:57 AM8/29/02
to
Sergio wrote:

> Beh, si tratta du due realta' nettamente diverse. La Sicilia ha

> rivestito e riveste una forte importanza strategica che ha fatto sì


> che fossimo "visitati" da svariate culture. Questo non e' avvenuto per
> la Sardegna che e' rimasta "isolata" per divero tempo.

non per entrare in competizione, ma anche noi le nostre "visite" le
abbiamo avute, spesso con rilevanti apporti linguistici: fenici,
cartaginesi, romani, bizantini, vandali, arabi, pisani, genovesi,
spagnoli, piemontesi... etc. etc. ;4)


ciao, Sandro

mb

unread,
Aug 29, 2002, 6:13:59 PM8/29/02
to
marco.c...@europe.com (Marco Cimarosti) wrote in message
> Questa mi mancava. Per /y/ e /u/, conosco queste grafie:
> - ü/u (chiamiamola "moderna" o "filotedesca"),
> - u/ô ("classica", usata nella letteratura dialettale dell'800),
> - u/o ("classica semplificata", quella che preferisco),
> - u/ou ("filofrancese" -- pessima).
> (Se la zanzara te la ciamett "sansara", quand che te ghe sprussett el
> DDT, la se reincarna in d'on còndor! :-)
> > o addirittura "sangu"
> Però si dice anche /'sa~ngu/. C'è anche nel ritornello di una famosa
> canzone popolare: "corpo (o "corpu"?) de biss, sango (o "sangu"?) de
> biss" ("corpo di serpe, sangue di serpe": imprecazioni d'altri tempi).
ecc. ecc.

Generalmente la grafia di tante lingue viene fissata dagli autori più
rispettati. L'ortografia variabile del lombardo sembra un po' strana a
chi è cresciuto col Carlin Porta: sembra indicare che gli lettori del
Maestro sono troppo pochi. Possibile?

Venticinque anni fa, chiesi il perché al Pino Bernasconi, il poeta del
Monte Ceneri. Disse che per lui la grafia non era importante, tanto i
suoni non cambiavano.
Siamo però in tanti, bifolchi non poetici, indottrinati e
perversamente fissati sul visuale. Avrebbe senso proporre l'ortografia
del Porta mentre sta agonizzando il dialetto?

Maurizio Pistone

unread,
Aug 29, 2002, 6:59:17 PM8/29/02
to
azy...@mail.com (mb) ha scritto su
it.cultura.linguistica.italiano:

>Venticinque anni fa, chiesi il perché al Pino Bernasconi, il poeta del
>Monte Ceneri. Disse che per lui la grafia non era importante, tanto i
>suoni non cambiavano.

Purtroppo è il gravissimo errore di tanti cultori di lingue
locali. La confusione ortografica è un gravissimo ostacolo alla
diffusione della cultura scritta, e quindi anche allo sviluppo di
una letteratura autonoma.

Gi udt

unread,
Aug 30, 2002, 8:21:57 AM8/30/02
to

Marco Cimarosti wrote:

>
> In milanese, scrivere "o" e pronunciare /u/ è effettivamente una
> grafia etimologica: le vocali che oggi si pronunciano /u/ un tempo
> dovevano essere /o/ (chiusa). Ha però anche un vantaggio pratico: la
> lettera "u" si può usare per il suono /y/ ("ü" tedesco) senza bisogno
> di scomodi diacritici.

Quello che scrivi vale anche per il piemontese:

'o' si pronuncia u, simile alla u italiana e alla o chiusa di Roma: sol
(sole), amor, dolor.

'u' si pronuncia ü, simile alla u francese e ü tedesca: fum, cura, butir.

'ò' sempre tonica, simile alla o aperta ital.: còl (collo), òr (oro),
fòrt.

> > Come scrivere "piazza" (pron. "piasa")
> Io preferisco la grafia "piassa", perché la distinzione -ss-/-zz- è
> effettivamente inutile, essendo basata solo sulla grafia delle
> corrispondenti parole italiane.

's' sorda
si scrive s iniziale di parola e postconsonantica: seda (seta), sensa
(senza), pensé.
si scrive ss intervocalica e finale di parola: russa (rossa), pass
(passo), assess.

's' sonora
si scrive z iniziale di parola e postcons.: zanzara, zanzij (brama),
sparz (asparago).
si scrive s intervocalica e finale di parola: reusa (rosa), nas (naso),
lese (leggere).

La 'z' esprime solo la s sonora iniziale di parola e postconsonantica.

> > o addirittura "sangu"


> > e "cinqu" (pronunciati "sang" e "cink" senza alcuna u !)

Sangu, pronunciato come è scritto, è proprio del dialetto ligure ed
esiste anche nel Piemonte merid.




> Credo però che una simile assurdità nasconda un problema: in milanese,
> in fine di parola, esistono sia la /k/ ("c" di cane) sia la /tS/ ("c"
> di cena), ma un'ortografia di ispirazione italiana non ha modo di
> indicare la differenza.
>
> La soluzione dell'ortografia "classica" milanese è sovrabbondante: la
> prima è scritta "ch" (dunque "cinch") e la seconda "cc".
>
> Una soluzione più economica potrebbe essere di eliminare l'H dal primo
> caso ("cinc"), visto che il raddoppiamento da solo basta a indicare la
> palatale. Ma tanti altri sistemi sono possibili, ovviamente.

In piem.:
'c' dolce finale si scrive cc: svicc (sveglio), mas-cc (maschio).
'c' dura finale si scrive ch: strach (stanco), cérich (chierico), sinch (cinque).
Non esiste la finale c .

> Ciao.
> Marco

Ciao
karla

Giovanni Pontoglio

unread,
Aug 31, 2002, 3:19:39 AM8/31/02
to

Marco Cimarosti ha scritto nel messaggio
<1604968.02082...@posting.google.com>...

>Giovanni Drogo ha scritto:
>> On Tue, 27 Aug 2002, Paolo M. wrote:
>>
>Questa mi mancava. Per /y/ e /u/, conosco queste grafie:
>
>- ü/u (chiamiamola "moderna" o "filotedesca"),
>
>- u/ô ("classica", usata nella letteratura dialettale dell'800),
>
>- u/o ("classica semplificata", quella che preferisco),
>
>- u/ou ("filofrancese" -- pessima).

In prospettiva molto, molto remota si potrebbe scegliere <ou> come "grafia
ponte" tra i diversi dialetti del nordovest, data la frequente alternanza
geografica tra /ú/ e /ó/, magari indicando con accento o altro segno
convenzionale la vocale effettivamente pronunciata.
Es. <spourch>
= mil. <spoúrch> [spurk]
= bresc, <spóurch> [spórk]

Io preferisco per il mil., il piem. e il gen., in attesa che si convenga su
una buona soluzione, ü/ô, cosí non c'è alcun equivoco. Per la Lombardia
orientale la grafia <ü> è abbastanza consolidata nell'uso, e nessuno scrive
<o> per /u/.


>Per il siciliano, invece, mi pare che la cosa non abbia senso, neanche
>dal punto di vista etimologico. La /o/ chiusa, per quel che ne
>sappiamo, non è mai esistita in Sicilia. Le /u/ del latino (brevi o
>lunghe che fossero) nel passaggio al siciliano hanno mantenuto il loro
>suono originario. Quindi, scrivere "caruso" e pronunciare "carusu" è
>una specie di falso storico, oltre che un'inutile complicazione.


D'accordissimo.

>
>> Come scrivere "piazza" (pron. "piasa")
>
>Io preferisco la grafia "piassa", perché la distinzione -ss-/-zz- è
>effettivamente inutile, essendo basata solo sulla grafia delle
>corrispondenti parole italiane.
>
>Non va bene però "piasa", che si pronuncerebbe /pjaza/, con la "s"
>sonora (dolce).
>


E` l'eterno rovello delle sibilanti, croce della grafia delle lingue europee
occidentali, e risalente in ultim'analisi al fatto che il latino classico
non aveva un parallelo sonoro di [s] e quindi non si sentí il bisogno di
creare un segno per [z]. Le lingue dell'Europa orientale hanno risolto
brillantemente il problema usando <s> per la sorda (ungherese <sz>) e <z>
per la sonora — ovvero i corrispondenti segni cirillici.

Sarebbe una soluzione facilmente adottabile anche per i dialetti italiani,
se non fosse che vi s'oppone il peso del modello della lingua standard, col
suo uso promiscuo di <s> e <z> sia per le sorde che per le sonore, e inoltre
il fatto che in vari dialetti il sistema delle sibilanti è piú complesso,
includendo quattro fonemi (due piú palatali e due piú dentali), sicché
occorrerebbe prevedere 4 grafemi (es. s, z, ç, x).
Nel caso del milanese sembra vigere una situazione analoga a quella veneta,
in cui una pronuncia piú arcaica che distuingue 4 foemi (es. pis1à
"pisciare" : pis2à "accendere"), cede dinanzi ad una pronuncia che elimina
tale opposizione estranea all'italiano.
Ulteriore complicazione la controversa questione delle doppie...


>> o addirittura "sangu"
>
>Però si dice anche /'sa~ngu/. C'è anche nel ritornello di una famosa
>canzone popolare: "corpo (o "corpu"?) de biss, sango (o "sangu"?) de
>biss" ("corpo di serpe, sangue di serpe": imprecazioni d'altri tempi).
>


O è forse [sa~ngw]? E` solo una mia ipotesi, non l'ho mai sentito in bocca a
milanesi.


>
>Credo però che una simile assurdità nasconda un problema: in milanese,
>in fine di parola, esistono sia la /k/ ("c" di cane) sia la /tS/ ("c"
>di cena), ma un'ortografia di ispirazione italiana non ha modo di
>indicare la differenza.
>
>La soluzione dell'ortografia "classica" milanese è sovrabbondante: la
>prima è scritta "ch" (dunque "cinch") e la seconda "cc".
>
>Una soluzione più economica potrebbe essere di eliminare l'H dal primo
>caso ("cinc"), visto che il raddoppiamento da solo basta a indicare la
>palatale. Ma tanti altri sistemi sono possibili, ovviamente.


raccomanderei quello RID:
-ch = [k]
-c = [tS], anzi -c' o -c^ per fugare ogni dubbio.


>Ciao.
Giovanni Pontoglio


Gi udt

unread,
Aug 31, 2002, 7:44:33 AM8/31/02
to

Giovanni Pontoglio wrote:

> Io preferisco per il mil., il piem. e il gen., in attesa che si convenga su
> una buona soluzione, ü/ô, cosí non c'è alcun equivoco. Per la Lombardia
> orientale la grafia <ü> è abbastanza consolidata nell'uso, e nessuno scrive
> <o> per /u/.

> raccomanderei quello RID:
> -ch = [k]
> -c = [tS], anzi -c' o -c^ per fugare ogni dubbio.

Il piemontese puoi escluderlo. La sua normalizzazione è iniziata nel
1783 ad opera di Maurizio Pipino, ed è continuata nei secoli successivi
(Rocca, Aly-Belfàdel, Companìa dij Brandé e molti altri). Esiste una
vasta letteratura, a partire dai Sermoni Subalpini (XII sec.), una
cospicua fioritura poetica, e parecchie grammatiche e dizionari.
Quindi, non penso che si possano facilmente modificare regole di
scrittura così ben consolidate.
>
> >Ciao.
> Giovanni Pontoglio

Ciao
Karla

Paolo M.

unread,
Aug 31, 2002, 8:49:01 AM8/31/02
to

"Giovanni Pontoglio" <gio_...@libero.it> ha scritto nel messaggio
news:f6_b9.127258$lu5.3...@twister1.libero.it...
[...]

> E` l'eterno rovello delle sibilanti, croce della grafia delle lingue
europee
> occidentali, e risalente in ultim'analisi al fatto che il latino classico
> non aveva un parallelo sonoro di [s] e quindi non si sentí il bisogno di
> creare un segno per [z].

Mah, io credo che <Z> latina stesse per /z/ (cioè "s sonora") che oscillava
con la variante /dz/. Infatti <Z> si trovava nei grecismi, e l'oscillazione
tra /z/ e /dz/ (anche /zz/) è tipica del greco antico.

Quindi <s> per /s/ e <z> per /z/ è la soluzione migliore per gli idiomi che
non hanno consonanti semiocclusive/affricate.

> Le lingue dell'Europa orientale hanno risolto
> brillantemente il problema usando <s> per la sorda (ungherese <sz>) e <z>

> per la sonora - ovvero i corrispondenti segni cirillici.

Anche in lingue europee occidentali come francese o inglese <z> vale /z/.
Però /z/ può essere trascritto anche come <s>, quindi c'è un po' di
confusione...

[...]


> Ulteriore complicazione la controversa questione delle doppie...

A proposito, com'è che in diverse parole milanesi trovo due occlusive in
fine di parola: "matt", "piatt" &c. Ovviamete non possono essere pronunciate
entrambe.

> >Però si dice anche /'sa~ngu/. C'è anche nel ritornello di una famosa
> >canzone popolare: "corpo (o "corpu"?) de biss, sango (o "sangu"?) de
> >biss" ("corpo di serpe, sangue di serpe": imprecazioni d'altri tempi).
> O è forse [sa~ngw]?

Cioè [g] con protrusione labiale?

Ciao,
Paolo


Ivan TK

unread,
Aug 31, 2002, 9:24:21 AM8/31/02
to
Nel messaggio <213Z156Z59Z10Y1...@usenet.libero.it>,
ma.g...@TOGLIbigfoot.com ha detto

> Il 27 agosto 2002 [13:18] Maurizio Pistone <scri...@mauriziopistone.it> ha
> scritto:
> > ma.g...@TOGLIbigfoot.com (magica) ha scritto:
>
> >>rüt nella bassa bergamasca (rüdera è il letamaio; rüt è anche il letame).
>
> >spero che tu non confonda l'immondezza con il letame
>
> No. Ma il nome è lo stesso.

Confermo. Anche nell'Oltrepo' Pavese l'immondizia ed il letame hanno lo
stesso nome.

Giovanni Pontoglio

unread,
Sep 1, 2002, 3:37:59 AM9/1/02
to
Gi udt ha scritto nel messaggio <3D70AC21...@inwind.it>...

>
>
>Giovanni Pontoglio wrote:
>
> Il piemontese puoi escluderlo. La sua normalizzazione è iniziata nel
>1783 .....

>Quindi, non penso che si possano facilmente modificare regole di
>scrittura così ben consolidate.
>>


Lo temo anch'io. Ciò non toglie che la grafia standardizzata piemontese
presenti alcune deficienze sia d'ordine etimologico sia quanto a
funzionalità, pur essendo piú razionale di quella d'altri idiomi. Faccio
però notare che se è stato possibile ritoccare una scrittura usata da 90
milioni di persone quale quella tedesca, non dovrebbe essere impossibile
modificarne usana che sarà usata attivamente, suppongo, da non piú di
qualche centinaio, forse migliaio, di persone, e passivamente con una certa
frequenza credo da non piú di qualche decina di migliaia.
Il paragone che viene in mente per primo è quello, per restare nell'ambito
d'idiomi non ufficiali, quello con la lingua d'oc, nel cui ambito la grafia
riformata alibertiana concorre con successo con la tradizionale grafia
felibrista.

Saluti
GP


Giovanni Pontoglio

unread,
Sep 1, 2002, 3:52:57 AM9/1/02
to
Paolo M. ha scritto nel messaggio ...

>
>"Giovanni Pontoglio" <gio_...@libero.it> ha scritto nel messaggio
>news:f6_b9.127258$lu5.3...@twister1.libero.it...
>[...]
>
>
>Mah, io credo che <Z> latina stesse per /z/ (cioè "s sonora") che oscillava
>con la variante /dz/. Infatti <Z> si trovava nei grecismi, e l'oscillazione
>tra /z/ e /dz/ (anche /zz/) è tipica del greco antico.


Sono stato in effetti un po' impreciso.
<Z> era in origine estranea al latino, tanto che veniva sostituita dapprima
con <s> (es. graecissare), tuttavia, a giudicare dagli sviluppi neolatini,
una volta introdotta avrà avuto un valore diverso da [z], dato che la
supponiamo in lat. volg. ricaduta con /j/ e /g/ + /e,i/, cfr. giuggiola <
ziziphum < gr. zízyphon.

>Quindi <s> per /s/ e <z> per /z/ è la soluzione migliore per gli idiomi che
>non hanno consonanti semiocclusive/affricate.

O anche per quelli che ce n'hanno. Basta che indichino le affricate
diversamente (ts, tz, ds, dz, cz, c, ç, j, x ...: i grafemi disponibili non
mancano, anche senza usare diacritici).

>> Le lingue dell'Europa orientale hanno risolto

>> brillantemente il problema .... .


>
>Anche in lingue europee occidentali come francese o inglese <z> vale /z/.
>Però /z/ può essere trascritto anche come <s>, quindi c'è un po' di
>confusione...


Appunto, qui sta il pasticcio. Nell'uso promiscuo di <s> per /s/ e /z/ e
nella notazione di /z/ ora con <s>, ora con <z>.

>
>[...]
>> Ulteriore complicazione la controversa questione delle doppie...
>
>A proposito, com'è che in diverse parole milanesi trovo due occlusive in
>fine di parola: "matt", "piatt" &c. Ovviamete non possono essere
pronunciate
>entrambe.


Esse indicano la quantità breve della vocale precedente, e pare anche un
certo rafforzamento o allungamento della consonante, quest'ultimo poco o
punto percettibile in posizione intervocalica.

>> O è forse [sa~ngw]?
>
>Cioè [g] con protrusione labiale?


Forse. Ripeto, non l'ho mai sentito.
>
>Ciao,


Giovanni Pontoglio

Giovanni Drogo

unread,
Sep 2, 2002, 3:59:33 AM9/2/02
to
On Sun, 1 Sep 2002, Giovanni Pontoglio wrote:

> però notare che se è stato possibile ritoccare una scrittura usata da 90
> milioni di persone quale quella tedesca, non dovrebbe essere impossibile
> modificarne usana che sarà usata attivamente, suppongo, da non piú di
> qualche centinaio, forse migliaio, di persone,

Mah secondo me e' proprio il contrario ... se e' troppo poco usata (come
le grafie di molti dialetti pur dotati di una plurisecolare letteratura
come il milanese) e se ha variato nel passato, ciascuno tendera' o a
usare la sua (fonetica) o a scegliere una delle varianti etimologiche
del passato. I libri che ho a casa tipo una grammatica milanese o un
repertorio di lessico, tendono a dedicare un capitolo al problema e
riportare diverse varianti / proposte senza addivenire a una soluzione.

La cosa e' antica. Il Lomazzo stesso (il pittore e decoratore del '500
che era "Abate della Abbazia dei Facchini della Val di Blenio", una
accademia di artisti milanesi anche dialettali che usavano
prevalentemente una esagerazione di tale dialetto ticinese), tant'e' che
perfino per il titolo dei suoi "Arabeschi" [recentemente pubblicati
nella NUE Einaudi a cura dell'Isella] osvilla tra la grafia "Rabisch" e
"Rabisc" ... nonostante egli dedichi una appendice a inventare una
grafia volutamente buffa e contorta che applica abbastanza
sistematicamente (p.es. "incoronazione" o "galeone" vengono scritti
"incoronaCigliogn" e "galigliogn" [la C e' una c con cediglia].

Marco Cimarosti

unread,
Sep 2, 2002, 2:04:37 PM9/2/02
to
MB ha scritto:

> (Marco Cimarosti) wrote in message
> Generalmente la grafia di tante lingue viene fissata dagli autori più
> rispettati. L'ortografia variabile del lombardo sembra un po' strana a
> chi è cresciuto col Carlin Porta: sembra indicare che gli lettori del
> Maestro sono troppo pochi. Possibile?

Noooo! Che dici? Tutti sanno a memoria le poesie del Porta! :-)

> Venticinque anni fa, chiesi il perché al Pino Bernasconi, il poeta del
> Monte Ceneri. Disse che per lui la grafia non era importante, tanto i
> suoni non cambiavano.

E' un atteggiamento comprensibile per un poeta. Del resto, non gli si
può chiedere di inaridire la sua vena solo perché c'è qualche dubbio
ortografico.

Questo però non toglie che, se i dialetti avessero un'ortografia
fissa, questo non nocerebbe certo ai poeti... Le lingue che hanno
delle convenzioni ortografiche stabili non mancano certo di poeti.

Anche sul fatto che i suoni non cambino... Certo non cambiano
dall'oggi al domani ma, nel corso di qualche generazione cambiano
eccome. Già è difficile leggere testi antichi (in dialetto, poi!) ma
se poi ogni autore usa la sua ortografia, può diventare quasi
proibitivo.

> Siamo però in tanti, bifolchi non poetici, indottrinati e
> perversamente fissati sul visuale. Avrebbe senso proporre l'ortografia
> del Porta mentre sta agonizzando il dialetto?

Non vorrei sembrare cinico ma, se (certi) dialetti stanno agonizzando,
vuol dire che fra non molto saranno morti...

Che vogliamo fare, tenerli vivi col polmone d'acciaio? E' morto
l'etrusco, è morto l'accadico, è morto il cornico, è morto il latino:
dovrà pur morire anche il milanese, prima o poi. Amen!

Ma, se fra poco molti dialetti saranno morti, a maggior ragione è
opportuno che le ultime testimonianze scritte risultino il più
possibile comprensibili anche a chi, fra cent'anni, vorrà darsi la
pena di studiarli come lingue morte. Delle ortografie stabili e
logiche sono un enorme aiuto, quando non esistono più locutori
madrelingua che possano spiegare la pronuncia corretta.

Ciao.
Marco

Marco Cimarosti

unread,
Sep 2, 2002, 2:35:19 PM9/2/02
to
Giovanni Pontoglio ha scritto:

> Paolo M. ha scritto nel messaggio ...
> >
> Appunto, qui sta il pasticcio. Nell'uso promiscuo di <s> per /s/ e /z/ e
> nella notazione di /z/ ora con <s>, ora con <z>.

Non mi sembra un grande pasticcio, almeno in milanese: <s> fra vocali,
prima di una consonante sonora o in fine di parola si pronuncia sempre
/z/, in altre posizioni sempre /s/.

Una una /z/ non intervocalica (es. all'inizio della parola) si scrive
sempre <z>, mentre una /s/ fra vocali o in fine di parola si scrive
<ss> (oppure <zz>: questo è il solo pasticcio, che eliminerei).

Molte lingue, italiano compreso, hanno un'ortografia ben più complessa
per questi stessi suoni.

> >[...]
> >> Ulteriore complicazione la controversa questione delle doppie...
> >
> >A proposito, com'è che in diverse parole milanesi trovo due occlusive in
> >fine di parola: "matt", "piatt" &c. Ovviamete non possono essere
> >pronunciate entrambe.
>
> Esse indicano la quantità breve della vocale precedente, e pare anche un
> certo rafforzamento o allungamento della consonante, quest'ultimo poco o
> punto percettibile in posizione intervocalica.

Esatto, e non è una soluzione poi così illogica: sarebbe molto più
complicato e innaturale introdurre dei segni diacritici per le
consonanti brevi e lunghe.

BTW, anche altre lingue, come l'olandese, affidano la notazione della
lunghezza delle vocali al raddoppiamento delle consonanti vicine.

Inoltre, queste consonanti "doppie" ortografiche hanno la proprietà
("etimologica") di corrispondere quasi sempre alle vere geminate della
lingua italiana.

Questa proprietà, nei secoli passati, ha avuto la sua utilità
nell'insegnare ai milanesi ortografia e pronuncia corrette
dell'italiano: laddove il dialetto aveva una vocale breve, l'italiano
aveva quasi sicuramente una consonante geminata, e viceversa.

Oggi la stessa proprietà può essere sfruttata per lo scopo inverso di
insegnare il dialetto: laddove l'italiano ha una "doppia", è qusi
certo che il milanese abbia una vocale breve, e viceversa.

Insomma, i dialetti italiani non vengono dalla luna: sono stretti
parenti dell'italiano standard. Un'ortografia che mostri chiaramente
questa parentela, secondo me ha più vantaggi che difetti.

> >> O è forse [sa~ngw]?
> >
> >Cioè [g] con protrusione labiale?

No, il "sàngô" della canzone che dicevo è decisamente di due sillabe,
ed è in rima con "còrpô". Probabilmente, quella "ô" finale è solo
eufonica, oppure è una imitazione ironica dei suoni dell'italiano
"toscano".

Ora che ci penso, è anche possibile che "sàngô de bìss" e "còrpô de
bìss" siano storpiature di qualche parola latina, magari orecchiata a
messa. Mi vengono in mente "sanguinis" e "corporis": esistono in
latino queste parole? Ed è possibile che compaiano in qualche parte
molto nota della liturgia?

Ciao.
Marco

Danilo Giacomelli

unread,
Sep 2, 2002, 4:23:05 PM9/2/02
to

"Marco Cimarosti" <marco.c...@europe.com> ha scritto ...
......

> Ora che ci penso, è anche possibile che "sàngô de bìss" e "còrpô de
> bìss" siano storpiature di qualche parola latina, magari orecchiata a
> messa. Mi vengono in mente "sanguinis" e "corporis": esistono in
> latino queste parole? Ed è possibile che compaiano in qualche parte
> molto nota della liturgia?

Probabile.
Nella versione bresciana di "Martì e Marièta" vi è il continuo intercalare
di "sangue de vin" e "corpo de vin", dove il dialetto richiederebbe "sanc",
"còrp" e "vì" (o "ì").

ciao

--
Danilo Giacomelli
-------------
L'òm pié de solcc l'è ric: el siòr l'è chèl che gh-e n'empórta 'n fic.
(Ràsega)
-------------


Paolo M.

unread,
Sep 3, 2002, 3:19:49 AM9/3/02
to

"Marco Cimarosti" <marco.c...@europe.com> ha scritto nel messaggio
news:1604968.02090...@posting.google.com...
[...]

> > Esse indicano la quantità breve della vocale precedente, e pare anche un
> > certo rafforzamento o allungamento della consonante, quest'ultimo poco o
> > punto percettibile in posizione intervocalica.
>
> Esatto, e non è una soluzione poi così illogica: sarebbe molto più
> complicato e innaturale introdurre dei segni diacritici per le
> consonanti brevi e lunghe.
>
> BTW, anche altre lingue, come l'olandese, affidano la notazione della
> lunghezza delle vocali al raddoppiamento delle consonanti vicine.

L'olandese ha anche il raddoppiamento delle vocali... ha un'ortografia un
po' confusa...

> Inoltre, queste consonanti "doppie" ortografiche hanno la proprietà
> ("etimologica") di corrispondere quasi sempre alle vere geminate della
> lingua italiana.

Certo La mia domanda era:comunque: quelle geminate finali non sono
pronunciate tali, vero? È fisicamente impossibile pronunciare una geminata
in fine d'enunciato! Quello che non so è se il milanese pronunci queste
geminate quando precedano una consonante (poco probabile: es. "matt_da
ligà") oppure una vocale (più probabile)

> Questa proprietà, nei secoli passati, ha avuto la sua utilità
> nell'insegnare ai milanesi ortografia e pronuncia corrette
> dell'italiano: laddove il dialetto aveva una vocale breve, l'italiano
> aveva quasi sicuramente una consonante geminata, e viceversa.
>
> Oggi la stessa proprietà può essere sfruttata per lo scopo inverso di
> insegnare il dialetto: laddove l'italiano ha una "doppia", è qusi
> certo che il milanese abbia una vocale breve, e viceversa.
>
> Insomma, i dialetti italiani non vengono dalla luna: sono stretti
> parenti dell'italiano standard.

Parente sì, ma non strettisimo. Il milanese è certamente più lontano
dall'italiano standard del romanesco o dell'umbro, tanto per fare un paio
d'esempi.

[...]

Ciao,
Paolo

Marco Cimarosti

unread,
Sep 3, 2002, 4:55:45 AM9/3/02
to
Danilo Giacomelli ha scritto:

> "Marco Cimarosti" <marco.c...@europe.com> ha scritto ...
> ......
> > Ora che ci penso, è anche possibile che "sàngô de bìss" e "còrpô de
> > bìss" siano storpiature di qualche parola latina, magari orecchiata a
> > messa. Mi vengono in mente "sanguinis" e "corporis": esistono in
> > latino queste parole? Ed è possibile che compaiano in qualche parte
> > molto nota della liturgia?
>
> Probabile.
> Nella versione bresciana di "Martì e Marièta" vi è il continuo intercalare
> di "sangue de vin" e "corpo de vin", dove il dialetto richiederebbe "sanc",
> "còrp" e "vì" (o "ì").

Sembra proprio la stessa. I due personaggi della versione milanese
sono i coniugi Martìn(ô) e Mariàna. Mariàna è molto preoccupata perché
Martìn non si fa vede da tre giorni e, quando ricompare, sostiene di
essere stato al mercato a comprare un cappello.

Ciao.
Marco

Danilo Giacomelli

unread,
Sep 3, 2002, 7:08:19 AM9/3/02
to

"Marco Cimarosti" <marco.c...@europe.com> ha scritto ...

Errata corrige: Mariàna.

ciao

--
Danilo Giacomelli
_____________
Il sonno della ragione genera ragionieri
-------------------------


Marco Cimarosti

unread,
Sep 3, 2002, 8:33:02 AM9/3/02
to
Io (Marco Cimarosti) ho scritto:

> Sembra proprio la stessa. I due personaggi della versione milanese
> sono i coniugi Martìn(ô) e Mariàna. Mariàna è molto preoccupata perché
> Martìn non si fa vede da tre giorni e, quando ricompare, sostiene di
> essere stato al mercato a comprare un cappello.

Ma sì, dài, trascriviamolo integralmente questo capolavoro della
letteratura popolare. :-)

E' un duetto fra due cantanti, un uomo e una donna, accompagnato dai
tipici strumenti della tradizione popolare. A parte il prologo
malinconico, cantato dalla donna sola senza accompagnamento. Il testo
è abbastanza monotono, ma ha un ritmo incalzante e in crescendo. A me
che sono incompetente di muscia, l'accompagnamento del duetto ricorda
molto la musica kletzmer. Nell'incisione che ho sentito, dopo l'ultima
strofa partiva una parte strumentale molto veloce: suppongo che qui il
pubblico si mettesse a ballare.

Si tratta della versione milanese, trascritta secondo l'ortografia
super ridondante proposta da Giovanni Pontoglio ("ü" e "ô" invece
delle semplici "u" e "o"). Sarebbe interessante conoscere le
differenze con la versione bresciana, o sapere se ne esistono versioni
in altri dialetti, lombardi o no.


* Martin e Marianna *

[Prologo]

Hinn tri dì che 'l pioeuv e 'l fiòca, e 'l mè marii l'è nò tôrnaa.
Ô che 'l s'è sperdüü in la fiòca, ô che 'l s'è desmentegaa.
{Sono tre giorni che piove e nevica, e mio marito non è tornato. O si
è perso nella tormenta, o ha perso la memôria.}

[Duetto]

Sôn chì, sôn mi, còrpô de biss.
Sôn chì, sôn mi, sangô de biss.
Sôn chì, sôn mi, Mariana.
{Sono qui, sono io, corpo di bisce.
Sono qui, sono io, sangue di bisce.
Sono qui, sono io, Marianna.}

'Ndôa te see staa, còrpô de biss.
'Ndôa te see staa, sangô de biss.
'Ndôa te see staa, Martinô.
{Dove sei stato, corpo di bisce.
Dove sei stato, sangue di bisce.
Dove sei stato, Martino.}

Sôn staa al mercaa, còrpô de biss.
Sôn staa al mercaa, sangô de biss.
Sôn staa al mercaa, Mariana.
{Sono stato al mercato, ... Marianna.}

Côs' t'hee cômpraa, còrpô de biss.
Côs' t'hee cômpraa, sangô de biss.
Côs' t'hee cômpraa, Martinô.
{Che cos'hai comprato, ... Martino.}

Hôô cômpraa ôn capèl, còrpô de biss.
Hôô cômpraa ôn capèl, sangô de biss.
Hôô cômpraa ôn capèl, Mariana.
{Ho comprato un cappello, ... Marianna.}

Côs' te gh'hee daa, còrpô de biss.
Côs' te gh'hee daa, sangô de biss.
Côs' te gh'hee daa, Martinô.
{Quanto l'hai pagato, ... Martino.}

Gh'hôô daa cent franch, còrpô de biss.
Gh'hôô daa cent franch, sangô de biss.
Gh'hôô daa cent franch, Mariana.
{L'ho pagato cento franchi, ... Marianna.}

Te gh'hee daa tròp, còrpô de biss.
Te gh'hee daa tròp, sangô de biss.
Te gh'hee daa tròp, Martinô.
{L'hai pagato troppo, ... Martino.}

Sôn mi el parôn, còrpô de biss.
Sôn mi el parôn, sangô de biss.
Sôn mi el parôn, Mariana.
{Il padrone sono io, ... Marianna.}

Te dô ôn sdgefôn, còrpô de biss.
Te dô ôn sdgefôn, sangô de biss.
Te dô ôn sdgefôn, Martinô.
{Ti dò un ceffone, ... Martino.}

Sü, fèmm la pass, còrpô de biss.
Sü, fèmm la pass, sangô de biss.
Sü, fèmm la pass, Mariana.
{Dài, facciamo la pace, ... Marianna.}

Fèmm ôn balètt, còrpô de biss.
Fèmm ôn balètt, sangô de biss.
Fèmm ôn balètt, Martinô.
{Facciamo un balletto, ... Martino.}

Ciao.
Marco

Marco Cimarosti

unread,
Sep 3, 2002, 2:07:31 PM9/3/02
to
Paolo M. ha scritto:

> Certo La mia domanda era:comunque: quelle geminate finali non sono
> pronunciate tali, vero?

Vero. Fra "rat" ("rate") e "ratt" ("ratti") cambia solo la vocale:
/ra:t/ vs. /rat/.

> È fisicamente impossibile pronunciare una geminata
> in fine d'enunciato!

Sei sicuro? Non è una domanda retorica: quando studiavo arabo
l'insegnante giurava che la geminazione (la "shadda") c'è anche alla
fine della parola, anche se io non la sentivo proprio.

> Quello che non so è se il milanese pronunci queste
> geminate quando precedano una consonante (poco probabile: es. "matt_da
> ligà") oppure una vocale (più probabile)

Stando al mio orecchio, non si sentono mai: "dònna", per esempio, si
dice /'dOna/.

> > Insomma, i dialetti italiani non vengono dalla luna: sono stretti
> > parenti dell'italiano standard.
>
> Parente sì, ma non strettisimo. Il milanese è certamente più lontano
> dall'italiano standard del romanesco o dell'umbro, tanto per fare un paio
> d'esempi.

Certo. Ma milanese e italiano sono comunque talmente vicini da avere
in comune buona parte del vocabolario: sarebbe assurdo (e scomodo) che
un'ortografia genialoide occultasse questo fatto.

Ciao.
Marco

Giovanni Drogo

unread,
Sep 4, 2002, 7:47:30 AM9/4/02
to
On 3 Sep 2002, Marco Cimarosti wrote:

> Vero. Fra "rat" ("rate") e "ratt" ("ratti") cambia solo la vocale:

> Stando al mio orecchio, non si sentono mai: "dònna", per esempio, si
> dice /'dOna/.

Spesso talune grafie milanesi usano una doppia (assolutamente NON
pronunciata) per indicare l'apertura della vocale precedente (s'cenna
per indicare la pronuncia s-cEna /stSEna/, schiena). Le trovo
antietimologiche e mi lasciano perplesso quando le vedo.

Indubbiamente in molti altri casi le doppie sono puramente etimologiche
ma aiutano (appunto "donna") e quando mancano mi lasciano perplesso
(p.es. leggendo una favola bergamasca dove parlava della "casa da mort
del diaol", quella "casa" con la /s/ non con la /z/ e' una cassa da
morto ... lasciava perplessa perfino mia madre che e' nativa
bergamasca).

Pero' le doppie a fine parola (ratt, gatt, tusann) a me pare di
percepirle (ma e' noto che il mio orecchio e' comandato dall'occhio).

Giovanni Pontoglio

unread,
Sep 6, 2002, 2:38:51 AM9/6/02
to

Marco Cimarosti ha scritto nel messaggio
<1604968.02090...@posting.google.com>...

>Giovanni Pontoglio ha scritto:
>> Paolo M. ha scritto nel messaggio ...
>> >
>> Appunto, qui sta il pasticcio. Nell'uso promiscuo di <s> per /s/ e /z/ e
>> nella notazione di /z/ ora con <s>, ora con <z>.
>
>Non mi sembra un grande pasticcio, almeno in milanese: <s> fra vocali,
>prima di una consonante sonora o in fine di parola si pronuncia sempre
>/z/, in altre posizioni sempre /s/.
>
>Una una /z/ non intervocalica (es. all'inizio della parola) si scrive
>sempre <z>, mentre una /s/ fra vocali o in fine di parola si scrive
><ss> (oppure <zz>: questo è il solo pasticcio, che eliminerei).


La difficoltà a mio avviso è costituita da <z>, che viene usata
promiscuamente sia per /z/ che per /s/:
es. zenà "cenare" /s/ — zia /z/
senza /s/ — zanzara /z/
caliz "calice" /s/ (suppongo) — mezz "mezzo" /z/
(Grafia del vocabolario dell'Arrighi).

Se poi ci si volesse attenere alla vecchia pronuncia, pare non del tutto
scomparsa, che distingueva quattro sibilanti /s1/, /s2/, /z1/ e /z2/, allora
s'aggiunge una difficoltà ulteriore di con z- iniziale (e postcosonantica?
per quest'ultima non mi sovvengono esempi), che oltre che /s2/ e /z2/ (con 2
indico i fonemi piú dentali, eventualmente realizzabili come affricate, con
1 quelli piú arretrati in direzione palatale) se non erro indica anche /z1/:
p.es. in zerb "acerbo", trattandosi d'originaria -c- intervocalica, dovremmo
avere /z1/ e non /z2/ (mi baso qui sull'analogia con altri dialetti, quale
sia l'effetiva pronuncia nel milanese "a quattro sibilanti" non lo so).

>> >> Ulteriore complicazione la controversa questione delle doppie...

>> Esse indicano la quantità breve della vocale precedente, ...

>Esatto, e non è una soluzione poi così illogica: sarebbe molto più
>complicato e innaturale introdurre dei segni diacritici per le
>consonanti brevi e lunghe.


E infatti la trovo anch'io logica e accettabilissima. Essa non risolve però
il problema delle vocali toniche finali: la grafia tradizionale (-à
:: -aa, -é :: -ee e cosí via) è accettabile, però essa non permette di
distinguere /ö/ da /ö:/, scrivendo essa <oeu> per entrambi: ulteriore
motivo, a mio avviso, per abbandonare quell'infelice trigramma.

>

>Oggi la stessa proprietà può essere sfruttata per lo scopo inverso di
>insegnare il dialetto: laddove l'italiano ha una "doppia", è qusi
>certo che il milanese abbia una vocale breve, e viceversa.


Purché la regola grafica venga rispettata corentemente, anche in caso di
discrepanza tra italiano e dialetto (es, poetta / poeta).


>Insomma, i dialetti italiani non vengono dalla luna: sono stretti
>parenti dell'italiano standard. Un'ortografia che mostri chiaramente
>questa parentela, secondo me ha più vantaggi che difetti.
>


Il guaio è che la parentela è spesso mostrata in modo distorto, cioè come se
tutte le parole dialettali che presentano un parallelo in italiano fossero
derivate da quest'ultimo. Ora senza dubbio tutti i dialetti hanno assorbito
migliaia di termini italiani, quest'è chiaro, tuttavia il "nocciolo" di
diretta derivazione latinovolgare non è ancora scomparso (in ciò sta a mio
avviso una delle differenze tra dialetti e italiani regionali), e scrivere i
vocaboli appartenenti a tale strato secondo l'ortografia italiana è
storicamente fuorviante. Esempio classico: parecchi dialetti settentrionali
neutralizzano in fine di parola l'opposizione di sonorità, generalizzando la
sorda, es. (BS) "làrch" con [k] come "póch".
Spesso le ortografie dialettali anziché scrivere
(foneticamente) -p, -t, -c(h), -c('), -f ecc., oppure distinguere
etimologicamente in base al suono presumibilmente presente prima
dell'arcifonemizzazione (e in genere riconoscibile in base a parole
corradicali (es. femm. "làrga" con tro "póca") s'orientano meccanicamente
secondo l'italiano. Cosí parole come "föch" e "löch" rischiano di venire
scritte rispettivamente "föch" e "lögh" perché l'it. ha "fuoCo" e "luoGo", a
questo a causa d'un'anomalia dell'italiano, che a volte sonorizza in
posizione intervocalica e a volte no (il che è poi anche la causa della
duplice pronuncia di "s" italiana intervocalica).
Invece nei dialetti settentrionali lo sviluppo è stato senz'altro parallelo:

locus/locum > *l(u)oco > *l(ü)ögo > *lögh > löch
focus/focum > *f(u)oco > *f(ü)ögo > *fögh > föch

Una fase in cui il primo termine sonasse con [g] e il secondo con [k] non è
verosimilmente mai esistita.
O ancora: se può essere logico scrivere in genovese <ç> per /s/ dove alla
base c'è lat. c (es. çercâ), perché allora scrivere cäsetta (suppungo
[ka:'sEta]) "calza", < lat. calcea + suff., e non cäçetta? Solo perché
l'italiano non ha la "c" in questa parola? Peggio ancora in genovese lo
sdoppiamento grafico di /se/ (lat. < se) in <se> e <çe>: o se lava / çe
lavemmo. Il che sarebbe altrettanto logico che se in italiano volessimo
distinguere il *cuadrante (dell'orologio) dal quadrante (della
circonferenza), perché in franc. (lingua considerata "piú nobile" dell'it.
come l'it. è considerato "piú nobile" del dialetto) distingue "cadran" da
"quadrant".
E d'esempi di questo tipo se ne potrebbero fare parecchi.

Chiarito questo naturalmente sono d'accordo nell'evitare discrepanze
ortografiche non motivate né foneticamente né etimologicamente, bensí
puramente "dimostrative" dell'alterità del dialetto. Trovo quindi inutile e
dannoso, ad es., voler usare <k> nei dialetti italiani, abolire le maiuscole
nei dialetti tedeschi (anche bassotedeschi: è bensí vero che il
mediobassotedesco non le usava, ma neppure il coevo altotedesco), o scrivere
in andaluso "zinko" o "zinqo" per "cinco" ecc.


>No, il "sàngô" della canzone che dicevo è decisamente di due sillabe,
>ed è in rima con "còrpô". Probabilmente, quella "ô" finale è solo
>eufonica, oppure è una imitazione ironica dei suoni dell'italiano
>"toscano".


Possibilissimo.

>Ed è possibile che compaiano in qualche parte
>molto nota della liturgia?


Sí: nella formula della consacrazione eucaristica:
"hoc est corpus meum, quod pro vobis tradetur" — "hic est calix sanguinis
mei, qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum".

>Ciao.

G.P.


Marco Cimarosti

unread,
Sep 6, 2002, 9:53:40 AM9/6/02
to
Giovanni Pontoglio ha scritto:

> La difficoltà a mio avviso è costituita da <z>, che viene usata
> promiscuamente sia per /z/ che per /s/:

Appunto: io la terrei solo per /z/, contrariamente alla tradizione.
Tanto più che, contrariamente ai tempi dell'Arrighi, oggi c'è una
diffusa familiarità con l'inglese, per cui questa pronuncia della "z"
non stupisce più nessuno.

> >> >> Ulteriore complicazione la controversa questione delle doppie...
>
> >> Esse indicano la quantità breve della vocale precedente, ...
>
> >Esatto, e non è una soluzione poi così illogica: sarebbe molto più
> >complicato e innaturale introdurre dei segni diacritici per le
> >consonanti brevi e lunghe.
>
> E infatti la trovo anch'io logica e accettabilissima. Essa non risolve però
> il problema delle vocali toniche finali: la grafia tradizionale (-à
> :: -aa, -é :: -ee e cosí via) è accettabile, però essa non permette di
> distinguere /ö/ da /ö:/, scrivendo essa <oeu> per entrambi: ulteriore
> motivo, a mio avviso, per abbandonare quell'infelice trigramma.

Secondo me, /ö/ non esiste. Sono convinto che /ö:/ sia sempre lungo e
sia da considerare la versione lunga di /ò/ aperta. Come controprova,
/ò/ aperta e lunga non esiste.

Se questo è vero, non vedo perché l'"ö" di ispirazione tedesca debba
essere preferibile al tradizionale "oeu" di ispirazione francese, se
non per una mera questione di gusti.

Non bisogna poi trascurare i risvolti pratici della questione: non
credo che i produttori di computer siano ansiosi di produrre tastiere
milanesi... E la tastiera italiana, purtroppo, non ha la "ö".

> >Oggi la stessa proprietà può essere sfruttata per lo scopo inverso di
> >insegnare il dialetto: laddove l'italiano ha una "doppia", è qusi
> >certo che il milanese abbia una vocale breve, e viceversa.
>
> Purché la regola grafica venga rispettata corentemente, anche in caso di
> discrepanza tra italiano e dialetto (es, poetta / poeta).

E viceversa: "republica".

> >Insomma, i dialetti italiani non vengono dalla luna: sono stretti
> >parenti dell'italiano standard. Un'ortografia che mostri chiaramente
> >questa parentela, secondo me ha più vantaggi che difetti.
>
> Il guaio è che la parentela è spesso mostrata in modo distorto, cioè come se
> tutte le parole dialettali che presentano un parallelo in italiano fossero

> derivate da quest'ultimo. [...]

La parentela di cui parlo è "fratello/fratello", non "padre/figlio".
Le somiglianze dipendono dal fatto che sia l'italiano sia i dialetti
derivano da un volgare latino italiano che, probabilmente, era un
tempo piuttosto uniforme su tutta la penisola.

> [...] Esempio classico: parecchi dialetti settentrionali


> neutralizzano in fine di parola l'opposizione di sonorità, generalizzando la
> sorda, es. (BS) "làrch" con [k] come "póch".
> Spesso le ortografie dialettali anziché scrivere
> (foneticamente) -p, -t, -c(h), -c('), -f ecc., oppure distinguere
> etimologicamente in base al suono presumibilmente presente prima
> dell'arcifonemizzazione (e in genere riconoscibile in base a parole
> corradicali (es. femm. "làrga" con tro "póca") s'orientano meccanicamente
> secondo l'italiano. Cosí parole come "föch" e "löch" rischiano di venire
> scritte rispettivamente "föch" e "lögh" perché l'it. ha "fuoCo" e "luoGo", a
> questo a causa d'un'anomalia dell'italiano, che a volte sonorizza in
> posizione intervocalica e a volte no (il che è poi anche la causa della
> duplice pronuncia di "s" italiana intervocalica).

Sono d'accordo, se ho capito. Fra parentesi, questa "anomalia"
dell'italiano è probabilmente dovuta proprio alla frequente adozione
di voci lombarde (es. "luogo"), che si sono trovate a convivere con
voci genuinamente toscane (es. "fuoco").

Mi chiedo però come vadano scritti in dialetto i prestiti *recenti*
dall'italiano. Se si trattasse di prestiti da altre lingue non ci
sarebbero dubbi: a nessuno verrebbe in mente di scrivere "el
compioter" invece di "el computer". Analogamente credo che,
indipendentemente dalla pronuncia, si debba scrivere "el cellulare" e
non assurdità come "el celolare".

Ciao.
Marco

mb

unread,
Sep 6, 2002, 11:32:23 PM9/6/02
to
marco.c...@europe.com (Marco Cimarosti) wrote in message
> Sarebbe interessante conoscere le
> differenze con la versione bresciana, o sapere se ne esistono versioni
> in altri dialetti, lombardi o no.

Piccola variazione, nella versione che so io (non ci riesco però con
la tua grafia):
1a str.: Derva chell'uss, c d b...
7a str.: Gh'hoo daa cinq franch, c d b... (ma ho! 100 franch per on
capell... sèm matt?)

Danilo Giacomelli

unread,
Sep 7, 2002, 6:33:31 AM9/7/02
to

"Marco Cimarosti" <marco.c...@europe.com> ha scritto ...

> Ma sì, dài, trascriviamolo integralmente questo capolavoro della
> letteratura popolare. :-)
.......


> Sarebbe interessante conoscere le
> differenze con la versione bresciana, o sapere se ne esistono versioni
> in altri dialetti, lombardi o no.

Versione bresciana [grafia "a capocchia"].

I è tre dé che 'l piöf e 'l fiòca
E 'l me Martì l'è gnamò turnàt
O che 'l gh-à ciapàt la ciòca [sbronza]
O che'l s'è desmentegàt

Toc-toc, chi l'è?

Só me Martì, Mariàna
Corpo de vin só me Martì
Sangue de vin só me Martì, Mariàna

En dó sé'stat Martino
Corpo de vin en dó sè'stat
Sangue de vin en dó sè'stat, Martino

Só sta'l mercat Mariàna
Corpo de vin só sta'l mercat
Sangue de vin só sta'l mercat , Martino

Che m'ét cumprà' Martino
Corpo de vin che m'ét cumprà'
Sangue de vin che m'ét cumprà' , Martino

Ön scüsaröl Mariàna [fazzoletto da testa]
Corpo de vin ön scüsaröl
Sangue de vin ön scüsaröl, Martino

Quanta gh-ét dat Martino
Corpo de vin quanta gh-ét dat
Sangue de vin quanta gh-ét dat, Martino

G-ó dat sic franc Mariàna [cinque unità monetarie correnti]
Corpo de vin g-ó dat sic franc
Sangue de vin g-ó dat sic franc, Mariàna

Gh-é' dat tròp tat Martino
Corpo de vin gh-é' dat tròp tat
Sangue de vin gh-é' dat tròp tat, Martino

Gh-ó dat dei mé Mariàna
Corpo de vin gh-ó dat dei mé
Sangue de vin gh-ó dat dei mé, Mariàna

Me te n' dó giü Martino [te ne dò uno, sott. schiaffone]
Corpo de vin me te n' dó giü
Sangue de vin me te n' dó giü, Martino

E Me te n' dó dù Mariàna
Corpo de vin me te n' dó dù
Sangue de vin me te n' dó dù, Mariàna

Ma fóm la pas Martino
Corpo de vin ma fóm la pas
Sangue de vin ma fóm la pas, Martino

I è tre dé....etc.

ciao

--
Danilo Giacomelli
------------------------------------------
Dio non può cambiare il passato, gli storici si: è forse perché essi Gli
possono essere utili in questo modo che Egli tollera la loro esistenza.
----- Samuel Butler -----

giorgio...@gmail.com

unread,
Jun 14, 2016, 4:22:36 PM6/14/16
to
A Parma si dice "ruud" (italianizzato in "rudo") ma a Reggio è il "rusk" ( italianizzato in "rusco")

Fathermckenzie

unread,
Jun 14, 2016, 4:35:07 PM6/14/16
to
Il 14/06/2016 22:22, giorgio...@gmail.com ha scritto:
> A Parma si dice "ruud"

anche in Olanda
https://it.wikipedia.org/wiki/Ruud_Gullit
https://it.wikipedia.org/wiki/Ruud_Krol

--
Et interrogabant eum turbae dicentes: “Quid ergo faciemus?”.
Respondens autem dicebat illis: “Qui habet duas tunicas,
det non habenti; et, qui habet escas, similiter faciat”.
(Ev. sec. Lucam 3,10-11)

edevils

unread,
Jun 14, 2016, 5:35:05 PM6/14/16
to
On 14/06/2016 22:22, giorgio...@gmail.com wrote:
> A Parma si dice "ruud" (italianizzato in "rudo") ma a Reggio è il "rusk" ( italianizzato in "rusco")


https://groups.google.com/forum/#!topic/it.cultura.linguistica.italiano/9t7Ls7ua_rY

p.s. Ho l'impressione che "immondizia" sia una di quelle parole per cui
anche quando si parla in italiano si usa spesso la forma locale
piuttosto che quella ufficiale italiana...


Roger

unread,
Jun 15, 2016, 8:51:31 AM6/15/16
to
giorgio...@gmail.com ha scritto:
> A Parma si dice "ruud" (italianizzato in "rudo") ma a Reggio è il "rusk" (
> italianizzato in "rusco")

Piemonte: mnis

--
Ciao,
Roger
--
"C'è solo una cosa che si frappone tra me e la grandezza. E sono io"
(Woody Allen, 21/12/2005)

Klaram

unread,
Jun 15, 2016, 9:23:38 AM6/15/16
to
Roger ha spiegato il 15/06/2016 :
> giorgio...@gmail.com ha scritto:
>> A Parma si dice "ruud" (italianizzato in "rudo") ma a Reggio è il "rusk" (
>> italianizzato in "rusco")
>
> Piemonte: mnis

Che forse viene dal latino minutia.

Rusk viene da rusca, polvere di concia, di corteccia, di buccia,
detrito di fieno, scoria ecc.
Ha prodotto rüscà, rüsché, scorticare, sarchiare, lavorare duro.

k

Maurizio Pistone

unread,
Jun 15, 2016, 9:53:10 AM6/15/16
to
<giorgio...@gmail.com> wrote:

> A Parma si dice "ruud" (italianizzato in "rudo") ma a Reggio č il "rusk" (
>italianizzato in "rusco")

in piemonte mněs e rumenta

la prima corrisponde esattamente al romano monnezza, č la spazzatura che
si raccoglie scopando

la seconda dovrebbe essere originariamente la ramaglia, le schegge che
avanzano dai lavori nei boschi, indica per lo piů materiale rotto e
inservibile, parti di attrezzi spezzati ecc.

--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it

Roger

unread,
Jun 15, 2016, 11:06:13 AM6/15/16
to
Maurizio Pistone ha scritto:
> <giorgio...@gmail.com> wrote:
>
>> A Parma si dice "ruud" (italianizzato in "rudo") ma a Reggio è il "rusk" (
>> italianizzato in "rusco")
>
> in piemonte mnìs e rumenta
>
> la prima corrisponde esattamente al romano monnezza, è la spazzatura che
> si raccoglie scopando
>
> la seconda dovrebbe essere originariamente la ramaglia, le schegge che
> avanzano dai lavori nei boschi, indica per lo più materiale rotto e
> inservibile, parti di attrezzi spezzati ecc.

"Rumenta" è, per noi, materiale alla rinfusa, non necessariamente rotto
o di scarto.

Giacobino da Tradate

unread,
Jun 15, 2016, 11:43:50 AM6/15/16
to
Il 14/06/2016 22.22, giorgio...@gmail.com ha scritto:

> A Parma si dice "ruud" (italianizzato in "rudo")
> ma a Reggio è il "rusk" ( italianizzato in "rusco")

Varese here: ul rüüd, che el va in de la rüdéra.

In lingua, "il pattume" (interpretato da Gigi Proietti).





---
Questa e-mail è stata controllata per individuare virus con Avast antivirus.
https://www.avast.com/antivirus

Valerio Vanni

unread,
Jun 15, 2016, 3:16:14 PM6/15/16
to
On Wed, 15 Jun 2016 17:43:45 +0200, Giacobino da Tradate
<jacopino...@gmail.com> wrote:

>Varese here: ul rüüd, che el va in de la rüdéra.

Van de Sfroos cantava, a cavallo tra l'italiano e il dialetto:

"Sale e scende la marea
e riporta la sua rüdéra"

E' scorretto, quindi?


--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.

ADPUF

unread,
Jun 15, 2016, 5:26:40 PM6/15/16
to
giorgio...@gmail.com 22:22, martedì 14 giugno 2016:

> A Parma si dice "ruud" (italianizzato in "rudo") ma a Reggio
> è il "rusk" ( italianizzato in "rusco")


Furlano scovàcis


--
AIOE ³¿³

Giovanni Drogo

unread,
Jun 16, 2016, 3:53:52 AM6/16/16
to
Milano rüf(f) e rüéra

Roger

unread,
Jun 16, 2016, 4:06:50 AM6/16/16
to
Giovanni Drogo ha scritto:
> Milano rüf(f) e rüéra

Rüf?
In piemontese "daje 'l rüf" significa "brucialo", "incendialo"
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