Su più di un vocabolario risulta, oltre alla definizione da me citata, anche
una del tutto opposta: persona che accoglie: albergatore.
Ciò che mi lascia ancora più perplesso è il fatto che quest'ultima sia
sempre riportata come prima, e quindi più immediata, definizione.
Sapreste delucidarmi in proposito, ed eventualmente spiegarmi il motivo di
questo contrasto così forte nelle due definizioni?
Grazie fin d'ora per l'attenzione,
Max.
*Ospite* deriva dal latino *hospite(m)*col doppio significato, rimasto in
quasi tutte le lingue romanze, di *chi dà ospitalità* e * chi riceve
ospitalità*.
*La persona che ospita*: sec XV, leggenda di Lazzaro, Maria e Maddalena.
* La persona ospitata*: 1342, D. Cavalca.
lu.
*Io ho quel che ho donato* G. D'Annunzio
http://web.tiscalinet.it/LucianaGrazioli.
>Nell' accezione comune per "ospite" si intende la persona che viene accolta
>in un luogo: il forestiero...
>
>Su piů di un vocabolario risulta, oltre alla definizione da me citata, anche
>una del tutto opposta: persona che accoglie: albergatore.
>
>Ciň che mi lascia ancora piů perplesso č il fatto che quest'ultima sia
>sempre riportata come prima, e quindi piů immediata, definizione.
>
>Sapreste delucidarmi in proposito, ed eventualmente spiegarmi il motivo di
>questo contrasto cosě forte nelle due definizioni?
Tento una spiegazione "tecnica" che potrebbe pero' avere suběto gli
effetti dei bagordi delle trascorse feste.
"Ospite" e' inequivocabilmente un sostantivo derivato da "ospitare" il
quale e' verbo sia transitivo che intransitivo. Pertanto l'ospite e'
tanto colui che provoca l'azione quanto colui che l'azione la subisce.
Almeno.
Ciao.
Sergio.
Credo che la motivazione sia da ricercare, come spesso accade, nel latino.
L'hospes, termine che inizialmente indicava lo "straniero" proprio come
"hostis", doveva essere quella persona con la quale si erano stretti vincoli
di ospitalità - un'ospitalità bidirezionale, s'intende.
Per cui ti proporrei di continuare la tua ricerca su it.cultura.classica.
Saluti!
--
Wilmer Ricciotti
wi...@bigfoot.com
>"Max" <maxne...@libero.it> ha scritto nel messaggio
>news:93bt6c$54h$1...@lacerta.tiscalinet.it...
>> Nell' accezione comune per "ospite" si intende la persona che viene
>accolta
>> in un luogo: il forestiero...
>>
>> Su più di un vocabolario risulta, oltre alla definizione da me citata,
>anche
>> una del tutto opposta: persona che accoglie: albergatore.
>
>
>*Ospite* deriva dal latino *hospite(m)*col doppio significato, rimasto in
>quasi tutte le lingue romanze, di *chi dà ospitalità* e * chi riceve
>ospitalità*.
>*La persona che ospita*: sec XV, leggenda di Lazzaro, Maria e Maddalena.
>* La persona ospitata*: 1342, D. Cavalca.
In sostanza - e scusate due l'intromissione - il rapporto di
ospitalità è un rapporto a due: chi accoglie, e chi viene accolto.
Sono entrambi "ospiti", come due fratelli.
Nelle società antiche, in cui i diritti dell'individuo difficilmente
erano tutelati, il rapporto di ospitalità, insieme con il rapporto di
parentela, era sacro, in quanto rappresentava una delle più importanti
sicurezze a cui ci si poteva appellare. Non si era difesi dalla legge,
ma dai legami personali.
Nel canto VI dell'Iliade, il troiano Glauco e il greco Diomede, prima
di fare a botte, si fanno le presentazioni, e Diomede scopre che tanto
tempo prima suo nonno Eneo aveva ospitato per una ventina di giorni in
casa sua Bellerofonte, nonno di Glauco. Dunque Glauco è per lui
"antico ospite paterno" xeînos patróïós... palaiós. Quindi Diomede
cercherà altri Troiani da sbudellare, e Glauco altri Greci da
infilzare; ma fra di loro non ci sarà guerra. (O gran bontà dei
cavalieri antiqui!)
Per confermare l'amicizia, i due si scambiano le armi. E qui Omero,
che durante tutta questa manfrina ha avuto agio di fare i conti in
tasca all'uno e all'altro, commenta che le armi di Diomede, di bronzo,
valevano solo nove buoi, quelle di Glauco, d'oro, ne valevano cento.
Aggiungo infine, per tornare ai Latini, che la parola hospes "ospite"
è strettamente correlata con hostis, "nemico", venendo entrambe
dall'idea di estraneità. Il forestiero lo puoi accoppare come nemico,
o accogliere come ospite in casa tua; la prima azione appartiene al
diritto naurale delle genti; la seconda, è talmente straordinaria che
viene posta sotto la benedizione degli dèi.
Maurizio Pistone - Torino
http://www.mclink.it/personal/MG5960
mailto:pis...@mclink.it
strenua nos exercet inertia Hor.
Salve!
Non sarei così categorico. Nell'accezione comune, per ospite si
intende sia colui che ospita, sia colui che è ospitato.
>Su più di un vocabolario risulta, oltre alla definizione da me citata, anche
>una del tutto opposta: persona che accoglie: albergatore.
>
>Ciò che mi lascia ancora più perplesso è il fatto che quest'ultima sia
>sempre riportata come prima, e quindi più immediata, definizione.
Ospitare = dare alloggio; da ospite viene oste (sia pure popolare e
con senso diverso), ospitale... Pensa inoltre ad osteria, hotel,
hostess, ospedale, ostello... mi paiono tutte buone ragioni per
mettere come primo significato 'chi ospita', e non 'chi è ospitato'.
[Naturalmente l'impareggiabile De Mauro mette il significato 'chi
ospita' solo al sesto posto, ma... ça va sans dire.]
>Sapreste delucidarmi in proposito, ed eventualmente spiegarmi il motivo di
>questo contrasto così forte nelle due definizioni?
Fermo restando quando detto sopra, anche in latino hospes,itis (da
cui ospite deriva) ebbe i due significati che sappiamo. Non è del
tutto certo quale dei due fosse originario.
Hospes è un composto di hostis (nemico, straniero), ma non si sa se
il secondo componente sia -pot (da posse/potiri, sul tipo di
compos,otis, ad esempio) oppure -pet (da petere).
Hostis (non hospes) è affine al gotico gasts (gast in tedesco, guest
in inglese.
Dall'aggettivo latino hospitalis (ospitale), ecco i sostantivi
ospitale, ospedale e spedale, coi loro derivati.
Dal latino hospitium, ecco l'ospizio.
Ostaggio, che ci arriva attraverso l'antico francese ostage, viene da
un incrocio di obses,idis coi derivati di hospes.
Dal latino hosticum, ecco ostico, ostile, ostilità.
--
Bye.
Lem
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| "Ospite" e' inequivocabilmente un sostantivo derivato da "ospitare" il
| quale e' verbo sia transitivo che intransitivo.
Intransitivo?
| Pertanto l'ospite e'
| tanto colui che provoca l'azione quanto colui che l'azione la subisce.
| Ciao.
| Sergio
Sì. Entrambi, ospitante e ospitato, concorrono a "realizzare l'ospitalità".
E' possibile fare un parallelo con l'uso del verbo "imparare"? Un bambinetto
(famiglia del nord, qui al nord) mi fa: "Ho capito, mi hai imparato bene".
Altri termini che hanno questa caratteristica?
Ciao
Elan
>| "Ospite" e' inequivocabilmente un sostantivo derivato da "ospitare" il
>| quale e' verbo sia transitivo che intransitivo.
>
>Intransitivo?
Ettipareva! Di questi tempi non me ne va bene una! ;-((((
Era da leggersi: ......sia attivo che passivo.
Demenza senile?
>E' possibile fare un parallelo con l'uso del verbo "imparare"? Un bambinetto
>(famiglia del nord, qui al nord) mi fa: "Ho capito, mi hai imparato bene".
Ci fu un filone dedicato ad "imparare". Sembra che una volta (nell'uso
di insegnato) fosse una caratteristica (leggi errore) meridionale. Ora
invece sembra sia un gradito neologismo italiano. A me non piace!
Ciao.
Sergio.
Sergio wrote:
> Ci fu un filone dedicato ad "imparare". Sembra che una volta (nell'uso
> di insegnato) fosse una caratteristica (leggi errore) meridionale. Ora
> invece sembra sia un gradito neologismo italiano. A me non piace!
Non è un neologismo ma altro significato riportato, ad esempio, dal
Pianigiani.
Aiuterà sapere che in francese il verbo "apprendre" può ben significare
"insegnare".
Vince
Salve!
Un meridionalismo ed un uso dialettale. Col tempo, e con l'ignoranza,
da uso dialettale è diventato uso popolare e idiotismo, ormai diffuso
in tutt'Italia.
Mi rallegro che a Sergio non piaccia; per me è solo e soltanto un
errore, nonostante che nel Giusti si trovi: 'la voce domestica
gl'impara'...
>Aiuterà sapere che in francese il verbo "apprendre" può ben significare
>"insegnare".
Ehm... come dire... e allora? ;)
E poi: apprendere, in italiano, può essere usato col senso fattitivo
di 'insegnare' solo letterariamente: 'ti apprese al fine i dolci
sogni amor' (Carducci); 'certo nell'infanzia selvaggia | ei t'apprese
il crudo cipiglio' (D'Annunzio).
Guarda un po', l'italiano si comporta diversamente dal francese...
come in un mare di situazioni, del resto.
Fra l'altro: che c'entra apprendere con imparare?
Imparare è composto intensivo del latino 'parare' (affine a
'parere'), qui nel significato - reso bene dal francese s'emparer -
di impadronirsi, impossessarsi (nella fattispecie, d'una cognizione).
L'uso fattitivo ('ti imparo' nel senso di 'faccio sì che tu impari')
non si è diffuso (se non come errore) e non ha giustificazioni di
sorta: imparare è una conquista personale, benché possa realizzarsi
con l'aiuto altrui.
>Un meridionalismo ed un uso dialettale. Col tempo, e con l'ignoranza,
>da uso dialettale è diventato uso popolare e idiotismo, ormai diffuso
>in tutt'Italia.
In effetti io non dissi essere un neologismo, ma:
>Ora invece sembra sia un gradito neologismo italiano.
Dove un sorrisetto ironico mi sembrava facesse capolino. ;-)
>Mi rallegro che a Sergio non piaccia; per me è solo e soltanto un
>errore, nonostante che nel Giusti si trovi: 'la voce domestica
>gl'impara'...
Non mi piace, no! E' vero che nel suo significato originale "parare"
significa "mostrare" e quindi una qualcerta bidirezionalita' esiste,
ma e' pur vero che nel caso specifico delle "nozioni" e' bene
distinguere il discente che "impara" ed il docente che "insegna".
Circa il "meridionalismo", l'ho detto io e l'ho letto in alcuni
vocabolari e quindi non ritratto, una precisazione pero' vorrei farla.
In napoletano ho spesso sentito imparare nel senso di insegnare, ma in
siciliano la situazione e' totalmente opposta:
- n'all'autoscola 'nsignanu a purtari 'a magghina (nell' autoscuola
insegnano a guidare)
- mi 'nsignavu a purtari 'a magghina (ho imparato a guidare)
ed il detto italiano (beh, insomma) "nessuno nasce imparato" in
siciliano diventa "nuddu nasci 'nsignatu" (nessuno nasce insegnato).
Quindi piu' che meridionalismo, direi regionalismo.
Ciao.
Sergio.
Ciao, Sergio.
Quando ho scritto che mi rallegravo che a te non piacesse, non
intendevo essere ironico: in fondo, la tua posizione è ben più vicina
alla mia che non quella di Vince. :)
>E' vero che nel suo significato originale "parare"
>significa "mostrare" e quindi una qualcerta bidirezionalita' esiste,
>ma e' pur vero che nel caso specifico delle "nozioni" e' bene
>distinguere il discente che "impara" ed il docente che "insegna"
Attenzione!
In latino abbiamo:
paro,ere (quasi subito soppiantato da pario,peperi,partum,parere
(procurare, produrre, partorire) e parare, affine a parere,
che significa fondamentalmente:
1) procurare, procurarsi (specialmente col denaro): in italiano ecco
che assunse il senso di vestire, ornare (coi derivati paramenti
etc.);
2) trattenere, difendere, fermare: ed ecco perché, in italiano, il
portiere para un rigore;
3) (insieme a praeparo) far preparativi, allestire. Tale terzo
significato ha origine dal primo, e diventa poi il più comune anche
in latino.
La 'parata' (nel senso di sfilata, rivista, sfoggio) viene o
direttamente dal significato di 'ornare', oppure attraverso lo
spagnolo parada (stazione, fermata) ed il francese parade
(carosello, mostra, sfilata). Non esprime il significato originario
di parare, però, e non si collega ad imparare (che è proprio un
procurarsi).
Mostrare, nei suoi vari significati, in latino è monstrare,
ostendere, expromere, depromere, explicare, praestare, ostentare...
etc. etc. etc. Non parare, però.
Mostrare deriva da monstrare latino, che viene a sua volta da monere
(che è causativo in -e dalla radice men- 'pensare').
Una curiosa evoluzione di parare si ha nel veneto parare/pararsi (la
mano davanti agli occhi, per esempio), col significato di
mettere/cacciare avanti.
>On Fri, 12 Jan 2001 18:06:16 +0100, Sergio wrote:
>>Non mi piace, no!
>
>Ciao, Sergio.
>Quando ho scritto che mi rallegravo che a te non piacesse, non
>intendevo essere ironico: in fondo, la tua posizione č ben piů vicina
>alla mia che non quella di Vince. :)
Caro Lem, mai pensato che fossi ironico! Semplicemente rafforzavo il
tuo giudizio.
>>E' vero che nel suo significato originale "parare"
>>significa "mostrare" e quindi una qualcerta bidirezionalita' esiste,
>>ma e' pur vero che nel caso specifico delle "nozioni" e' bene
>>distinguere il discente che "impara" ed il docente che "insegna"
>
>Attenzione!
D'accordo, forse "mostrare" era poco adatto ("mettere in mostra" era
meglio?), ma il senso penso l'abbia capito.
Ciao.
Sergio.