>quele è corretta di queste due forme?
>Alla mia auto fatele ciò che volete
>Alla mia auto fategli ciò che volete
La prima.
Ciao.
Gian Carlo
In italiano anche gli oggetti hanno un sesso e il pronome si sceglie di
conseguenza.
>Ovvero, quele č corretta di queste due forme?
>Alla mia auto fatele ciň che volete
>Alla mia auto fategli ciň che volete
In particolare, per un italiano, l'auto č molto femminile ed č amata di un
amore appassionato ed esclusivo. Nessuno direbbe quindi le frasi sopra
riportate, al massimo direbbe "alla mia auto non fatele neanche una
carezza..."
La stessa regola grammaticale si applica ovviamente alla motocicletta.
Ciao,
Epimeteo
---
"... sei come la mia moto,
sei proprio come lei,
andiamo a farci un giro
fossi in te io ci starei..."
(cit. motoristica)
Sei sempre molto sottile nelle risposte: talvolta penso che tu e Musto siete
la medesima persona! :-)
--
Maurizio Pistone - Torino
strenua nos exercet inertia Hor.
http://www.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
>> Sei sempre molto sottile nelle risposte: talvolta penso che tu e Musto
siete
> la medesima persona! :-)
Impossibile!
GraZia
djake wrote:
> Mi č venuto questo dubbio: i pronomi personali gli/le riferiti alla
> terza persona singolare nel caso di oggetto e non persona devono
> essere sempre al maschile, oppure prendono il genere del nome che
> sostituiscono?
> Ovvero, quele č corretta di queste due forme?
> Alla mia auto fatele ciň che volete
> Alla mia auto fategli ciň che volete
Per me sono entrambe scorrette. Perché quella ripetizione del dativo
"alla mia auto" e "gli/le"?
Io lascerei "alla mia auto fate ciň che volete"
Finalmente!
Stavo perdendo ogni speranza...
Bruno
>> Ovvero, quele è corretta di queste due forme?
>> Alla mia auto fatele ciò che volete
>> Alla mia auto fategli ciò che volete
>
> Per me sono entrambe scorrette. Perché quella ripetizione del dativo
> "alla mia auto" e "gli/le"?
Si tratta di uno spostamento a sinistra del complemento marcato.
> Io lascerei "alla mia auto fate ciò che volete"
Molto meglio, come sarebbe molto meglio "le" per il femminile. :-)
k
Che significa?
Già, ma quod licet accusativo, non licet dativo, stranamente,
mi sembra, ma così è la regola. Ma forse si tratta solo di uno
sghiribizzo di pedantesche maestrine...
> > Io lascerei "alla mia auto fate ciò che volete"
>
> Molto meglio, come sarebbe molto meglio "le" per il femminile. :-)
Avendo letto la pagina di Maurizio Pistone http://tinyurl.com/j948g,
non ne sono più tanto sicuro. Del resto, visto che il «gli»
femminile (e perfino al plurale) è già accettato nelle combinazioni
con i pronomi atoni all'accusativo («glielo», «gliela» ecc.) nonché
con «ne» («gliene»), sono convinto che i giorni del «le» dativo
siano contati.
Ciao, Wolfgang
>>talvolta penso che tu e Musto siete la medesima persona! :-)
>Impossibile!
Non dirmi che siete tu e Musto la stessa persona. :-)
Ciao.
Gian Carlo
> In italiano anche gli oggetti hanno un sesso e il pronome si sceglie di
> conseguenza.
Sì, però dipende dal tipo di pronome. Io ho scoperto poco tempo fa che
nel caso ci si riferisca a cose inanimate non si dovrebbe usare né "gli"
né "le, ma "ci". Così prescriverebbe la... Regolaaa! :)
Però ora c'è il neo-standard, si fa come si vuole! Ormai è molto comune
dire
"Passami quella rivista, vorrei darle(/dargli) un'occhiata".
A dispetto della suddetta regola, che prescriverebbe invece:
"Passami quella rivista, vorrei darci un'occhiata".
> Sì, però dipende dal tipo di pronome. Io ho scoperto poco tempo fa che
> nel caso ci si riferisca a cose inanimate non si dovrebbe usare né "gli"
> né "le, ma "ci". Così prescriverebbe la... Regolaaa!
Uhmmmmmmmm...
Non mi pare che /ci possa sostituire a buon diritto /le né /gli.
La grammatica del Serianni pare d'accordo con me (cfr. VII,31 e
VII,48-49).
--
Bye, Lem
Ceterum censeo ISLAM esse delendum
__________________________________
Combatti l'AIDS col tuo computer: http://fightaidsathome.scripps.edu/
Perché?
> La grammatica del Serianni pare d'accordo con me (cfr. VII,31 e
> VII,48-49).
Purtroppo non posso consultare tale grammatica. Se puoi, spiegami! ^_^
>>
> Non dirmi che siete tu e Musto la stessa persona. :-)
Ahhhhhhhhhhh, mi hai scoperto!
GraZia
> Sì, però dipende dal tipo di pronome. Io ho scoperto poco tempo fa che nel
> caso ci si riferisca a cose inanimate non si dovrebbe usare né "gli" né
> "le, ma "ci". Così prescriverebbe la... Regolaaa! :)
Mi piace questa regola!
Sono sicuro che entro cento anni "ci" sarà il pronome universale della terza
persona (maschile, femminile, neutro, singolare e plurale).
E' bello vedere una particella che, partita dal basso (era solo
"avverbiale"), è destinata a fare così tanta carriera...
Ciao,
Epimeteo
---
"... amarci un po'
è come bere,
più facile
è respirare...
Basta guardarci e poi
avvicinarci un po'
e non lasciarci mai
impaurire, no..."
(cit. futurista)
>> La grammatica del Serianni pare d'accordo con me (cfr. VII,31 e
>> VII,48-49).
>
> Purtroppo non posso consultare tale grammatica. Se puoi, spiegami! ^_^
Segue un quasi-copincollo.
Pronomi personali - forme atone (VII, 31):
[...]
la 3° e la 6° distinguono invece tra c. oggetto (/lo, /li; /la, /le) e c.
di termine (maschile: /gli sing. e plur; al plurale è di regola lo
pseudoatono /loro; femminile: /le al singolare e /gli/loro al plurale).
Alcuni grammatici sconsigliano l'uso di /gli e /le in rif. a cosa. In
realtà, una frase come " Quest'orologio non funziona: che gli hai fatto?"
è normale nella lingua parlata e ha tutte le carte in regola per figurare
bene anche in quella scritta. Comunque, l'alternativa non potrebbe
consistere nel pronome /esso (è molto improbabile: "che cosa hai fatto ad
esso?"), ma in un diverso giro di frase.
[...]
Nota mia: vedi bene che /ci non compare neppure, qui.
Pronomi personali - /ci e /vi (VII, 48 e 49):
[...]
/Ci e /vi, oltre che riferirsi alla 4° e 5° persona, svolgono altre
funzioni:
[...]
Pronomi dimostrativi con valore neutro (=di ciò, a ciò, in ciò, su ciò,
da ciò): non ci penso, ci conto, ci credo, questo non c'entra; spesso
come ripresa di un nome posto ad inizio frase: con queste scarpe non ci
cammino. /Ci può riferirsi anche ad esseri animati, purché corrisponda ad
un pronome dimostrativo o personale costruito con le preposizioni /con,
/su, /da, /in: "Enzo voleva conoscere la gente, andarci d'accordo"
[...]
Non è accettabile, invece, l'uso di /ci come complemento di termine
riferito alla 3° o alla 6° persona: "ci dico" per "gli, le dico, dico
loro". Si tratta d'un uso presente in tutt'Italia, ma limitato al livello
linguistico più popolare [...]
Nota mia: qui Serianni poteva essere più chiaro, distinguendo meglio i
vari casi. Comunque mi pare davvero sia d'accordo con me. Se la pensi
diversamente, approfondiamo. :)
>> La grammatica del Serianni pare d'accordo con me (cfr. VII,31 e
>> VII,48-49).
>
> Purtroppo non posso consultare tale grammatica. Se puoi, spiegami! ^_^
VII, 31
"Alcuni grammatici sconsigliano l'uso di gli e le in riferimento
a cosa. In realtà, una frase come: <Quest'orologio non funziona:
cosa gli hai fatto?> è normale nella lingua parlata e ha tutte le carte
in regola per figurare bene anche in quella scritta.
Comunque l'alternativa non potrebbe consistere nel pronome esso
(è molto improbabile: <che cosa hai fatto ad esso?>) ma in un
diverso giro di frase."
Mi chiedo dove mai abbia udito in Italia una frase come:
<Quest'orologio non funziona: cosa gli hai fatto?>.
Credo che su tutto il territorio nazionale si dica:
<Quest'orologio non funziona: cosa "c'hai" fatto?>
Quanto poi a scriverlo dovrebbero sussistere alternative.
Io non scriverei <cosa gli hai fatto?> preferendo
"un diverso giro di frase".
Comunque la tua regola la conosco bene: la ricordo
da quando "vestivamo da Figli della Lupa".
Bruno
> Sono sicuro che entro cento anni
per fare una domanda molto piů facile, che faranno le Telecom Italia fra
un anno? Perché oggi si pigliano con un boccon di pane.
>Mi chiedo dove mai abbia udito in Italia una frase come:
><Quest'orologio non funziona: cosa gli hai fatto?>.
>Credo che su tutto il territorio nazionale si dica:
><Quest'orologio non funziona: cosa "c'hai" fatto?>
Per essere compiutamente suburban italian si dovrebbe preferire
"che c'hai fatto"
--
I don't know why nobody told you how to unfold your love
I don't know how, someone controlled you, they bought and so-ld you
> Mi chiedo dove mai abbia udito in Italia una frase come: <Quest'orologio
> non funziona: cosa gli hai fatto?>. Credo che su tutto il territorio
> nazionale si dica: <Quest'orologio non funziona: cosa "c'hai" fatto?>
Io credo di no.
Fra "che bel libro, posso dargli un'occhiata?" e "che bel libro, posso
darci un'occhiata?", non userei ***mai*** la seconda. E credo proprio di
non essere affatto il solo.
Ti dirņ che da noi (in Romagna) il "che" in luogo di "cosa"
suona un po' romanesco.
Che pensi... che fai... son molto meno usati dei
corrispondenti cosa pensi... cosa fai...
Bruno
> Che pensi... che fai... son molto meno usati dei corrispondenti cosa
> pensi... cosa fai...
"Cosa", da solo, per me è scorretto: non è un pronome interrogativo. Si
usa moltissimo nel parlato, ma nello scritto eviterei come la peste.
E' un argomento ricorrente, qui.
Un po' troppo categorico :-)
Ecco 'cosa' ne dice lo Zingarelli sotto la qualifica grammaticale B,
cioè in funzione di pronome interrogativo:
Quale cosa, quali cose (ellitt. di che rispetto a che cosa, in prop. interr.
dirette e indirette e in prop. esclamative):
cosa vuoi?; a cosa pensi?; cosa diavolo hai combinato?;
‘Cosa comanda?’ rispose subito don Abbondio (MANZONI);
Tu? cosa hai?… cosa fai? (NIEVO);
non capisco cosa vuole; cosa devo sentire!
Ciao,
Roger
--
FAQ di ICLIt:
http://www.mauriziopistone.it/testi/linguaitaliana.html
La gola e ’l sonno e l’oziose piume
hanno del mondo ogni vertù sbandita,
ond’è dal corso suo quasi smarrita
nostra natura vinta dal costume.
(F.Petrarca)
>Ti dirò che da noi (in Romagna) il "che" in luogo di "cosa"
>suona un po' romanesco.
Sarà una questione geografica: da noi è il "cosa" che suona strano,
anche se è usato. Non direi mai, incontrando un amico: "Ciao, cosa
fai?".
--
Communismum appellamus motum realem qui praesentem societatem interimit
(Karoli Marxii De Germanica Fictione)
>Fra "che bel libro, posso dargli un'occhiata?" e "che bel libro, posso
>darci un'occhiata?", non userei ***mai*** la seconda. E credo proprio di
>non essere affatto il solo.
si vede che attribuisci personalità ai libri che leggi. Del resto, un
libro è un amico. Quindi il gli ci può stare, anzi.
Ma se fosse un sasso?
> Ecco 'cosa' ne dice lo Zingarelli sotto la qualifica grammaticale B,
> cioè in funzione di pronome interrogativo:
>
> Quale cosa, quali cose (ellitt. di che rispetto a che cosa, in prop.
> interr. dirette e indirette e in prop. esclamative): cosa vuoi?; a cosa
> pensi?; cosa diavolo hai combinato?; ‘Cosa comanda?’ rispose subito don
> Abbondio (MANZONI); Tu? cosa hai?… cosa fai? (NIEVO);
> non capisco cosa vuole; cosa devo sentire!
Don Abbondio[*] permettendo, è un'evoluzione recente. Nel 1950, su un
Palazzi si leggeva: "erroneo, come eccessivamente familiare, usarlo
senza farlo precedere dal che nelle interrogative dirette e
indirette...".
Quando facevo le elementari io, parecchio dopo, era ancora considerato
erroneo. Per me resterà sempre erroneo. Intendimi: lo uso anch'io, ma non
lo scriverei mai in un testo formale.
[*] In generale le citazioni che provengono dai dialoghi dei romanzi IMHO
lasciano un po' il tempo che trovano, quantomeno vanno valutate con
estrema azztenzione. Se in un romanzo faccio parlare un analfabeta,
putacaso, chissà che gli metto in bocca. ;)
> si vede che attribuisci personalità ai libri che leggi. Del resto, un
> libro è un amico. Quindi il gli ci può stare, anzi. Ma se fosse un
> sasso?
Idem.
Che bel sasso, posso dargli un'occhiata?
Che bella conchiglia, posso darle un'occhiata?
Vedi quella parete? Dalle una mano di vernice.
Vedi quell'auto? Falle fare qualche chilometro, per assicurarti che
funzioni bene.
E' un bel televisore, ma gli manca il telecomando.
I "ci", nelle frasi sopra, mi parrebbero da molto improbabili ad
addirittura abominevoli.
> Quando facevo le elementari io, parecchio dopo, era ancora considerato
> erroneo. Per me resterà sempre erroneo. Intendimi: lo uso anch'io, ma non
> lo scriverei mai in un testo formale.
>
> [*] In generale le citazioni che provengono dai dialoghi dei romanzi IMHO
> lasciano un po' il tempo che trovano, quantomeno vanno valutate con
> estrema azztenzione. Se in un romanzo faccio parlare un analfabeta,
> putacaso, chissà che gli metto in bocca. ;)
Sono d'accordo per quanto riguarda le citazioni, anche se Renzo Tramaglino,
modesto filatore di seta, parla un italiano perfetto, ben diverso, non solo
da
quello degli operai delle nostre fabbriche, ma anche da quello di tanti
uomini politici, che hanno fatto dell'oratoria la loro professione.
Però torno a sottolineare che lo Zingarelli ha promosso "cosa" al rango di
(facente funzione di) pronome interrogativo.
Con questo non voglio fare una guerra santa su questo argomento,
però dissento decisamente con quelli che lo considerano errore.
> Credo che su tutto il territorio nazionale si dica:
> <Quest'orologio non funziona: cosa "c'hai" fatto?>
...e, ovviamente, si pronuncia "kosa kai fatto?" ():-o
Ciao,
Epimeteo
---
"... qu'as-tu fait, ô toi que voilà
pleurant sans cesse,
dis, qu'as-tu fait, toi que voilà,
de ta jeunesse?"
(cit. poétique)
> per fare una domanda molto più facile, che faranno le Telecom Italia fra
> un anno? Perché oggi si pigliano con un boccon di pane.
O la borsa o la lingua!
Epimeteo
---
"... se, telefonando, io potessi dirti addio,
ti chiamerei...
Se io, rivedendoti, fossi certo che non soffri,
ti rivedrei...
Se, guardandoti negli occhi, sapessi dirti basta..."
(cit. telefonica)
>Però torno a sottolineare che lo Zingarelli ha promosso "cosa" al
>rango di (facente funzione di) pronome interrogativo.
>Con questo non voglio fare una guerra santa su questo argomento,
>però dissento decisamente con quelli che lo considerano errore.
Neppure io intendo farne una questione capitale, ti assicuro. :)
Ricordando una battuta di Maurizio Pistone, per celia mi chiedo però
se non dovremmo allora promuovere al rango di pronome interrogativo
anche /cazzo in "cazzo vuoi?". ;)
Ah, furbetto del quartierino...
Perché pensi l'abbia messo fra virgolette?
Io son fra color che ammettono il " c' " solo
davanti a " i " ed " e ".
E non sapevo come scrivere il suono stereofonico " ciai ".
Quinci fur quete le lanose gote
al nocchier della livida palude
ch'intorno agli occhi avea di fiamme rote
Bruno
> "Cosa", da solo, per me è scorretto: non è un pronome interrogativo. Si
> usa moltissimo nel parlato, ma nello scritto eviterei come la peste.
Intanto la buona Agnese (così si chiamava la madre di Lucia), messa in
sospetto e in curiosità dalla parolina all'orecchio, e dallo sparir
della figlia, era discesa a veder cosa c'era di nuovo. (II)
Quand'ebbe però capito bene cosa il dottore volesse dire, e quale
equivoco avesse preso, gli troncò il nastro in bocca, dicendo: (III)
Strascinato al convento, non sapeva quasi dove si fosse, né cosa si
facesse; (IV)
era (vedete un po' cosa si va a pensare!) uno di quegli stessi
malandrini travestito da pellegrino; (XI)
Andando avanti, senza saper cosa si pensare, vide per terra certe
strisce bianche e soffici, come di neve; (XI)
Son tutte citazioni al di fuori dal discorso diretto - e anche da quello
indiretto, per maggior cautela.
> Ah, furbetto del quartierino...
> Perché pensi l'abbia messo fra virgolette?
> Io son fra color che ammettono il " c' " solo
> davanti a " i " ed " e ".
> E non sapevo come scrivere il suono stereofonico " ciai ".
"Ci-hai"?
"Ci_hai"?
"Cihai"?
Non lo sapremo mai...
Ci-ha-o!
Epimeteo
---
"...chissà che fine ha fatto Eugenio,
barba da mascalzone,
sotto che stelle si fa la notte,
sotto che sole fa colazione...
Lui che ci_ha gli occhi così tranquilli,
chissà che mare avrà incontrato,
se le onde avevano i capelli bianchi
quando l'ha attraversato..."
(cit. eugenica)
>Son tutte citazioni al di fuori dal discorso diretto - e anche da
>quello indiretto, per maggior cautela.
Lo so, lo so. E sono, tutte quante, esempi di perfetto italiano. ;)
Idem dicasi per quel "si pensare" di:
>senza saper cosa si pensare
o quei "si fosse" o "si facesse" (che naturalmente non sono affatto
impersonali) di:
>Strascinato al convento, non sapeva quasi dove si fosse, né cosa si
>facesse
>
> Pronomi personali - forme atone (VII, 31):
>
> [...]
> la 3° e la 6° distinguono invece tra c. oggetto (/lo, /li; /la, /le) e c.
> di termine (maschile: /gli sing. e plur; al plurale è di regola lo
> pseudoatono /loro; femminile: /le al singolare e /gli/loro al plurale).
> Alcuni grammatici sconsigliano l'uso di /gli e /le in rif. a cosa. In
> realtà, una frase come " Quest'orologio non funziona: che gli hai fatto?"
> è normale nella lingua parlata e ha tutte le carte in regola per figurare
> bene anche in quella scritta. Comunque, l'alternativa non potrebbe
> consistere nel pronome /esso (è molto improbabile: "che cosa hai fatto ad
> esso?"), ma in un diverso giro di frase.
> [...]
>
> Nota mia: vedi bene che /ci non compare neppure, qui.
Già, è vero.
>
> Pronomi personali - /ci e /vi (VII, 48 e 49):
>
> [...]
> /Ci e /vi, oltre che riferirsi alla 4° e 5° persona, svolgono altre
> funzioni:
> [...]
> Pronomi dimostrativi con valore neutro (=di ciò, a ciò,
Ecco! "A ciò"!
> [...]
> Nota mia: qui Serianni poteva essere più chiaro, distinguendo meglio i
> vari casi. Comunque mi pare davvero sia d'accordo con me. Se la pensi
> diversamente, approfondiamo. :)
Beh, a voler essere cavillosi, Serianni non dice che non si debba usare
"ci" per gli inanimati, però non dice nemmeno che si debba usarlo. E
secondo me ha ragione, e sono d'accordo con te quando, in un altro tuo
messaggio successivo a questo, affermi che non diresti mai "ci" in certe
frasi e fai degli esempi.
La cosa simpatica è che andando a rivedere quel brano di Berruto che io
ricordavo, mi sono resa conto che nemmeno lì era detto nulla di
categorico; quella sopra, che io spacciavo come Regola, è in realtà una
mia illazione. Siccome tu sei stato così gentile da trascrivermi
Serianni, io ti ricambio il favore trascrivendoti Berruto:
<<... e d'altra parte 'gli' entra in un gioco delicato di molteplici
opposizioni , opponendosi a 'lui' per atonia, a 'loro' per numero, a
'lei' per genere, a 'lo' per caso, ed eventualmente a 'ci' per il tratto
[+Animato].
--(osservazione mia: nota l'avverbio "eventualmente")--
...E infatti, Berretta ha notato altre tendenze di sviluppo verso
un'estensione degli ambiti di 'gli' e una almeno parziale
regolarizzazione del sistema: "si delinea una prevalenza di 'gli'
rispetto a 'ci' non solo per tutti i dativi, ma per tutti gli obliqui,
animati e non.
--(qui ha sentito il bisogno di puntualizzare "animati e non")--
'Gli' tenderebbe a rimanere l'unico vero pronome personale atono
obliquo di terza persona, e 'ci' ne costituirebbe una variante
selezionata lessicalmente (da verbi determinati) e sintatticamente (da
nessi di clitici)."
Una tendenza, per quel che riguarda le forme, opposta a quella
dell'italiano popolare, dove 'ci' invade i contesti di 'gli'. Sarebbero
quindi sempre più frequenti gli usi del genere di quello dell'esempio
seguente, di un parlante colto: "Mi può mandare quella pagina? Vorrei
dargli un'occhiata.">>
Se è chiaro che considera quest'ultima frase come deviante dalla Regola,
non si sa esattamente cosa consideri corretto secondo la Regola ("darci"
o "darle"?)
Leggendo questo testo un annetto fa, ho dedotto che la forma corretta
fosse "darci un'occhiata", ma ora non ci giurerei.
> [...] mi chiedo però
> se non dovremmo allora promuovere al rango di pronome interrogativo
> anche /cazzo in "cazzo vuoi?". ;)
Non passerà molta acqua sotto i ponti prima che ciò avvenga :-)
> --
> Bye, Lem
>(II)
(III)
(IV)
>(XI)
Sě, ma di autori che non fossero milanesi?
>dovremmo allora promuovere al rango di pronome interrogativo
>> anche /cazzo in "cazzo vuoi?". ;)
>
>Non passerà molta acqua sotto i ponti prima che ciò avvenga :-)
ecco un'espressione che qui al sud non dico non si capisca, perché
ormai la tv l'ha resa popolare, ma non si sente su bocche autoctone
"Cosa?" è indubbiamente un settentrionalismo, molto antico se si pensa
che in alcuni dialetti non si può dire "che cosa?" o "che?" ma solo "cosa?".
Oggi è accettato in italiano, ma sicuramente è molto meno corretto del
semplice "che?" che è il vero pronome interrogativo.
Gabrielli, pur accettando "cosa" che ritiene più incisivo e più netto di
"che cosa", dice che spesso, ad un buon orecchio, "che" (a che pensi?)
non pare sostituibile né con "cosa" né con " che cosa". :-))
k
> [...]
> Sì, ma di autori che non fossero milanesi?
Va bene Giovanni Verga?
Nessuno sapeva cosa ci stesse a fare; ma quando s'affacciava all'uscio
comare Lucia, Pino la guardava di soppiatto
(Pane Nero)
Le olive saranno scarse.
A voi cosa ve ne importa? che campate sulle rane - gli diceva Lucia
(Pane Nero)
allora Malpelo spaventato si affannò a cercargli nel naso e dentro la bocca
cosa gli avesse fatto
(Rosso Malpelo)
Cotesto è il quarto d'ora delle storie... - Oppure...
- Oppure cosa?
- Chissà... Cosa fa mio marito?
(Le Storie Del Castello Di Trezza)
È perché gli hanno portato via la madre, e non sa più cosa si faccia -
osservava il pastore.
(Jeli Il Pastore)
Davvero? - Sì, davvero. - E massaro Agrippino cosa dirà?
(Jeli Il Pastore)
E allorché sarete nelle fiamme eterne, poi, cosa farete?... Guai!
- Cos'è? - borbottò donna Orsola Giuncada
Il Peccato Di Donna Santa)
E Grazia Deledda?
La lettera gialla! Giallo, brutto colore.
Chissà cosa doveva ancora accadere alle sue padrone.
(Canne Al Vento)
...uno di questi si arrampicava sul muro e vi si affacciava come per
guardare cosa c'era di là, nel mondo.
(Canne Al Vento)
Vedi, va come non avesse neanche sella.
E dimmi, tu, cosa è venuto a frugare qui quel vagabondo di mio nipote?
(Canne Al Vento)
Se tu mi amassi non parleresti così. Tu leggi troppo, ma non sai ancora cosa
sia la vita
(Amori Moderni)
... e per concatenazione d'idee domandò: «E cosa si dice di Maria Noina? E'
onesta?»
(La Via Del Male)
Vi risparmio ulteriori citazioni.
>Va bene Giovanni Verga?
vissuto a Milano.
Sě, ma di autori che, pur essendo milanesi, non cercassero di parlare come i
toscani?
Epimeteo
---
http://spaceflight1.nasa.gov/gallery/images/shuttle/sts-114/lores/s114e6646.jpg
> "Cosa?" è indubbiamente un settentrionalismo, molto antico se si pensa
> che in alcuni dialetti non si può dire "che cosa?" o "che?" ma solo "cosa?".
in quali dialetti? Sicuramene non in piemontese.
> Oggi
definisci "oggi"
> è accettato in italiano, ma sicuramente è molto meno corretto del
> semplice "che?" che è il vero pronome interrogativo.
su questo sono d'accordo. La storia di "cosa?" è la stessa storia di
"mai" e di tanti altri rafforzativi che sono diventati così forti da
eliminare il rafforzato.
> > Sě, ma di autori che non fossero milanesi?
>
> Va bene Giovanni Verga?
Giovanni Verga si č formato culturalmente a Milano, ed era un manzoniano
fin nel midollo
> > Sě, ma di autori che non fossero milanesi?
>
> Sě, ma di autori che, pur essendo milanesi, non cercassero di parlare come i
> toscani?
ecco, questo č il punto.
Qualcuno ha voglia di vedere sulla prima edizione dei Promessi, e magari
sul Fermo e Lucia, se c'erano tutte queste cose?
>Qualcuno ha voglia di vedere sulla prima edizione dei Promessi, e magari
>sul Fermo e Lucia
Controllata la prima metà del Fermo e Lucia: *tutti* "che cosa", nessun
"cosa".
Milàn rulez! ;)))
Altro che risciacquare i panni in Arno: mi si analfabetizzò, por
Lisander! :(((
>Controllata la prima metà del Fermo e Lucia: *tutti* "che cosa", nessun
>"cosa".
>Milàn rulez! ;)))
L'avrà sentito dire da un lavandaio dell'arno e avrà pensato che era
la forma toscana
Nei dialetti romagnoli "che cosa" e "che" proprio non esistono:
solo "cosa".
Nel corretto parlar comune - e anche nel corretto scriver comune -
"cosa" la fa ancora da padrone su "che cosa"; "che" essendo
praticamente inesistente.
Bruno
> " c' " solo
> davanti a " i " ed " e ".
> E non sapevo come scrivere il suono stereofonico " ciai ".
Ovvio: "c'iai"!
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it
Leggo nel tuo sito:
"Aggiungo che le grammatiche piemontesi contemplano il cosa? pronome
interrogativo; ma mio padre, quando parlava nel dialetto di Santo
Stefano Belbo, non lo usava mai: la sua forma interrogativa era « lòn
che 't fase? lòn che 't veule? » (che fai? che vuoi?). Ed anche al mio
orecchio l'interrogazione con cosa? in piemontese suona come italianismo."
"Lòn" si usa come pronome interrogativo, significa "quello", "ciò", "a
l'è lòn ch'i diso, e persino "lòn dj pòver" (Gribaudo), ma non esiste in
tutte le varianti.
Nel cebano non si dice "lòn ch'it veuli?" ma solo "còs ti veuj?"; e
anche nel dialetto ligure si dice "cusse ti veu?". Non si può dire né
"che?" né "che cosa?".
>> Oggi
>
> definisci "oggi"
Intendevo dire che con gli strafalcioni che si sentono oggi (in questi
anni, dai nostri contemporanei) figuriamoci se si può contestare "cosa?"
che si è affermato al posto di "che?", e che è stato usato persino dal
Manzoni!
>> è accettato in italiano, ma sicuramente è molto meno corretto del
>> semplice "che?" che è il vero pronome interrogativo.
>
> su questo sono d'accordo. La storia di "cosa?" è la stessa storia di
> "mai" e di tanti altri rafforzativi che sono diventati così forti da
> eliminare il rafforzato.
È vero, ma, forse perché al Sud non è usato, in "cosa?" si sente di
più la connotazione regionale.
k
Leggo sul Migliorini che "cosa?" si sarebbe diffuso nell'italiano
all'inizio dell'Ottocento, e che fu contestato, ma anche difeso (da
Fonaciari e da Gherardini). :-))
k
> Leggo nel tuo sito:
>
> "Aggiungo che le grammatiche piemontesi contemplano il cosa? pronome
> interrogativo; ma mio padre, quando parlava nel dialetto di Santo
> Stefano Belbo, non lo usava mai: la sua forma interrogativa era « lòn
> che 't fase? lòn che 't veule? » (che fai? che vuoi?). Ed anche al mio
> orecchio l'interrogazione con cosa? in piemontese suona come italianismo."
Ho scritto più avanti che "cosa?" si è diffuso nell'italiano ai primi
dell'Ottocento, e vedo che Edoardo Ignazio Calvo*, poeta torinese di
fine Settecento usa sempre "cosa?":
"Còsa veule fé
dë sta canaja,
dë sti sgnori titolà?
(Sairà dij piemontèis)
"Còs mai significh-ne
tante fandònie,
tichëtte, regole
e sirimònie?"
(Su la vita 'd campagna)
e così di seguito.
Io ho invece l'impressione che "lon" sia più moderno, tanto più che
"cosa?" è diffuso in tutto il Nord compreso il Veneto (cossa tiento fato?).
Forse viene direttamente da "causa" e non da "che cosa".
È possibile? Andrò a cercare su testi più antichi.
k
* Questa sera lo presento presso un centro culturale. Speriamo in bene! :-)
>> È vero, ma, forse perché al Sud non è usato, in "cosa?" si sente di più
>> la connotazione regionale.
Non è che non sia usato in italiano- con la televisione le varie forme
regionali si mescolano assai rapidamente-, ma non è la prima scelta.
In dialetto invece è "chi ffai? cchi bboi"?
--
Aequam memento rebus in arduis servare mentem.
http://picasaweb.google.com/rebmin9
"amarrado al recuerdo yo sigo esperando" (Enrique Cadícamo)
> * Questa sera lo presento presso un centro culturale. Speriamo in bene!
Ignoro chi sia Edoardo Ignazio Calvo, ma sono certo che tutti rimarranno
affascinati dalle tue parole.
Chi può dubitarne?
In bocca al lupo.
Epimeteo
---
"... guarda come son tranquillo io,
anche se attraverso il bosco
con l'aiuto del buon Dio,
stando sempre attenta al lupo..."
(cit. incoraggiante)
> È vero, ma, forse perché al Sud non è usato, in "cosa?" si sente di
> più la connotazione regionale.
dunque "cosa", essendo prevalentemente settentrionale, appare come un
regionalismo deplorevole. L'indicativo per il congiuntivo, invece, che è
tipicamente meridionale (se ne è discusso a lungo, recentemente), è
ormai panitalico, e l'uso del congiuntivo viene condannato come un
esibizionismo antiquato, fastidioso e inutile.
Bah, certe volte penso che ve lo siete(*) voluto, il Bossi.
===
(*) l'indicativo è voluto.
>L'indicativo per il congiuntivo, invece, che è
>tipicamente meridionale (se ne è discusso a lungo, recentemente), è
>ormai panitalico, e l'uso del congiuntivo viene condannato come un
>esibizionismo antiquato, fastidioso e inutile.
Io sono meridionale e il congiuntivo lo uso.
Forse confondi con qualche cafone.
> Siccome tu sei stato così gentile da trascrivermi Serianni, io ti
> ricambio il favore trascrivendoti Berruto:
Ed io te ne ringrazio. :)
--
* Bye, Lem
* Ceterum censeo ISLAM esse delendum
* __________________________________
* Combatti l'AIDS col tuo computer: http://fightaidsathome.scripps.edu/
Quando parlo di lingue e dialetti mi limito a registrare i fatti,
senza moralismi, regionalismi (politici), razzismi.
> Bah, certe volte penso che ve lo siete(*) voluto, il Bossi.
Bossi (ma se fosse stato qualcun altro era* meglio!) lo abbiamo voluto
per motivi ben diversi.
*voluto anche questo.
k
> Ignoro chi sia Edoardo Ignazio Calvo, ma sono certo che tutti rimarranno
> affascinati dalle tue parole.
> Chi può dubitarne?
Non sai che cosa ti perdi! :-))
(è il maggior poeta piemontese del Settecento)
Comunque è andata bene.
La sala era fornita di un'attrezzatura di prim'ordine per proiettare
dal computer su un grande schermo, e con la scusa di far vedere la
grafia ho proiettato le poesie. Il vero motivo era di distrarli in modo
che non notassero troppo la differenza tra la mia dizione e quella della
Proclemer (o di Albertazzi o di Gasman) :-((
k
> In friulano non esiste "cosa", c'č il "ce".
>
> In triestino c'č invece: "cos te vol, picio?"
>
Torinese: Cņ 't veule, picio?
talvolta anche: Cņ 't veule, picio ėd nata?
:-)
Uhm... A giudicare dal "picio" mi sembra un po' piemontese, e non dev'essere
un complimento.
Ciao,
Epimeteo
---
"... che cretino sono stato,
anche il gatto m’hai venduto,
eri piccola, piccola,
piccola, così... "
(cit. piemontese)
Esatto!
È un po' come dire "Cosa vuoi, stupidello?" :-)
> Ciao,
> Epimeteo
Ciao,
Roger
--
FAQ di ICLIt:
http://mauriziopistone.it/linguaitaliana.html
Tutto quello che chiedo è la possibilità di verificare
che la ricchezza non rende felici.
> Esatto!
> È un po' come dire "Cosa vuoi, stupidello?" :-)
attento a come parli.
Il picio s'inalbera facilmente.
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://www.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
> attento a come parli.
> Il picio s'inalbera facilmente.
fino a una certa età. poi si dà una calmata.