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Dizionario dei sininimi

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Natalia Alekhina

unread,
Oct 14, 2001, 9:08:12 PM10/14/01
to
Cerco da alcuni mesi il dizionario dei sinonimi il quale, oltre ad elencare
tali, spiegasse
le sfumature del significato. Sarei grata alla persona che mi possa
suggerire
che cosa devo cercare esattamente.

Grazie
Natalia

Nicola Nobili

unread,
Oct 15, 2001, 2:06:05 PM10/15/01
to
Natalia Alekhina

> Cerco da alcuni mesi il dizionario dei sinonimi il quale, oltre ad
elencare
> tali, spiegasse
> le sfumature del significato.

Come diceva giustamente una mia insegnante, guarda caso di russo, il
dizionario dei sinonimi e fatto per chi gia conosce le sfumature, dal
momento che veri e propri sinonimi non esistono mai in nessuna lingua.
Serve, essenzialmente, per suggerire un'alternativa, ma trovare un nome
nell'elenco dei sinonimi di un dato lemma non significa poter intercambiare
i due termini a piacere.
Il Tommaseo, il secolo scorso, scrisse un dizionario in questo senso
ottimo, ma purtroppo e un po' datato. Per il resto, un'analisi sistematica
di tutto il lessico italiano come desideri tu temo sia ancora di la da
venire.

Ciao,
Nicola

--
Multa non quia difficilia sunt non audemus, sed quia non audemus sunt
difficilia (Seneca).


Lem Novantotto

unread,
Oct 15, 2001, 6:48:19 PM10/15/01
to
In it.cultura.linguistica.italiano, Nicola Nobili wrote:
>veri e propri sinonimi non esistono mai in nessuna lingua

Uhm... A me sembra un po' forte, come affermazione.

Poi mi spieghi la differenza di significato che passa fra
'entrambi/e' e 'ambedue'? E fra 'tra' e 'fra'? Qui alcuni la
differenza la voglion vedere... E' che, interrogando dieci
linguisti, ottieni dieci teorie diverse e contrastanti. E fra
'poiché' e 'giacché'? E fra 'formaggio' e 'cacio'? E... ;)

Condivido che, nella grandissima maggioranza dei casi, vi siano
comunque diverse sfumature, o che la sinonimia sia limitata a
soltanto alcuni significati delle parole (anche /quinquennio e
/lustro sarebbero sinonimi perfetti, se non fosse che /lustro ha
anche un diverso significato). Ma i sinonimi perfetti esistono,
direi. Se poi considerassimo come sinonimi anche i differenti modi
di scrivere la medesima parola (spegnere e spengere, interpetrare ed
interpretare...), allora non ci sarebbe nemmeno da discutere.
--
Bye.
Lem
'CLOCK is what you make of it: partecipa ad un progetto diffuso'
Distributed computing: http://www.aspenleaf.com/distributed/

frank ruscalla

unread,
Oct 15, 2001, 7:09:02 PM10/15/01
to

Natalia Alekhina ha scritto

Cara Natalia,
tra i dizionari dei sinonimi che conosco, l'unico che si avvicina a
ciò che chiedi è il seguente:

Renato Rosselli,
Dizionario moderno dei sinonimi e dei contrari
SEI Società Editrice Internazionale / Edizioni Remo Sandron

Anche se è meno famoso di altri dizionari, a me sembra veramente ben
fatto.
--
Ciao
Frank


Vitt

unread,
Oct 16, 2001, 4:33:45 AM10/16/01
to
Lem Novantotto nel messaggio <9qg04...@ID-24474.user.dfncis.de> ha
scritto:

>E fra 'formaggio' e 'cacio'?

Forse una volta in Toscana.
Chi chiama cacio una mozzarella o uno stracchino?
--
Bye
Vitt

Nicola Nobili

unread,
Oct 16, 2001, 2:52:28 PM10/16/01
to
Lem Novantotto

> >veri e propri sinonimi non esistono mai in nessuna lingua
>
> Uhm... A me sembra un po' forte, come affermazione.

Al contrario, è moderata. Vedessi quello che scrivono i linguisti che ho
letto e studiato! Ma andiamo con ordine...

> Poi mi spieghi la differenza di significato che passa fra
> 'entrambi/e' e 'ambedue'?

Differenza stilistica: "ambedue" è termine piú desueto, di uso meno
comune, piú elegante, mentre "entrambi" è termine comune. Ricòrdati che
anche una differenza di registro o di frequenza d'uso è sufficiente per far
sí che due termini non siano perfettamente sinonimi.

> E fra 'tra' e 'fra'? Qui alcuni la
> differenza la voglion vedere...

Infatti... ma non ti tedio con spiegazioni etimologiche. Ne aggiungo
due, una eufonica ed una di collocazione. "Tra" non si usa, o non si
dovrebbe usare, se il termine successivo comincia con "tra" o con suoni che
stonano con "tra"; analogo il discorso per "fra". In certe espressioni
fisse, tipo "tra l'altro", si usa una delle due preposizioni, e non l'altra,
che pure sarebbe tecnicamente adatta. Quindi, non sono perfettamente
intercambiabili. Quindi, non sono perfetti sinonimi.

> E' che, interrogando dieci
> linguisti, ottieni dieci teorie diverse e contrastanti.

Su come categorizzare i quasi-sinonimi. Ma sul fatto che i "sinonimi" in
quanto tali non esistano, nessuno ha mai avuto dubbî, che io sappia.

> E fra
> 'poiché' e 'giacché'?

Poiché = uso comune, colloquiale
Giacché = aulico, poco comune, registro alto
Non sono affatto sinonimi, anzi, sono diversissimi. Penso che il
problema sia che tu ti limiti a considerare il "significato" in quanto
referente o funzione del termine, ma il "significato" è un enorme calderone,
che contiene mille altri elementi.

> E fra 'formaggio' e 'cacio'?

Per me sono diversissimi, visto che "cacio" è un tipo di formaggio. E
comunque, anche qui, in certe collocazioni si usa l'uno, in altre l'altro.
Quindi, non sono sinonimi.

> (anche /quinquennio e
> /lustro sarebbero sinonimi perfetti, se non fosse che /lustro ha
> anche un diverso significato).

Questo, con tutto il dovuto rispetto, è un ragionamento errato. L'altra
accezione di "lustro" non ha importanza, è un caso di "omonimia", non di
"sinonimia". Ma comunque i due termini non sono perfetti sinonimi. Tant'è
che un politico dirà quali sono i suoi progetti per il prossimo
"quinquiennio", non per il prossimo "lustro" (termine di alto registro, raro
e un po' poetico).

> Ma i sinonimi perfetti esistono,
> direi.

No. Per definizione. Mai, in nessun caso, in nessuna lingua.
Sfiderebbero l'organizzazione cerebrale del linguaggio, sarebbero
antieconomici. Nel momento stesso in cui, a causa di cambiamenti
linguistici, due termini vengono ad avere lo stesso significato, uno scalza
l'altro, che cade in disuso oppure modifica il proprio "significato".

> Se poi considerassimo come sinonimi anche i differenti modi
> di scrivere la medesima parola (spegnere e spengere, interpetrare ed
> interpretare...), allora non ci sarebbe nemmeno da discutere.

Infatti. Nessuno può piú discutere: i sinonimi perfetti non esistono. I
tuoi esempî sono "perfetti" per questo scopo. A parte il fatto che non
dobbiamo confondere "errore" con "sinonimo" ("interpetro" è una bestemmia,
concedimelo, visto che di mestiere faccio l'interprete :-)), in questi casi
una delle due forme è quella "neutra", mentre l'altra è marcata, in qualche
modo: regionale ("spengere", tipico della Toscana), di registro, versione
arcaica, equivalente poetico, etc.
Per approfondire la discussione, ti consiglio "Manuale di semantica
descrittiva" di Sorin Stati, dove troverai una luuuuunga trattazione
sull'argomento. In due parole, dirò che la "perfetta sinonima"
presupporrebbe le seguenti cose:
-referente assolutamente identico (quando c'è)
-funzione grammaticale assolutamente identica (quando c'è)
-registro stilistico assolutamente identico
-frequenza d'uso assolutamente identica
-connotazione assolutamente identica
-intercambiabilità completa, assoluta, onnipresente (pensa che "testa" e
"capo" NON sono sinonimi, secondo questo criterio, perché puoi dire "a capo
scoperto" ma non *"a testa scoperta", oppure "testa o croce" ma non *"capo o
croce").

Insomma, due perfetti sinonimi non possono esistere, per definizione. Ci
possono essere sinonimi in contesto, ossia "coreferenti". "Partirò domani" e
"partirò domenica", se oggi è sabato, sono due frasi coreferenti. Ma non
sono sinonime sempre, anzi, lo sono soltanto in determinate circostanze.

Natalia Alekhina

unread,
Oct 16, 2001, 8:27:48 PM10/16/01
to

"Lem Novantotto" <Le...@Hotmail.com> wrote in message
news:9qg04...@ID-24474.user.dfncis.de...

> Condivido che, nella grandissima maggioranza dei casi, vi siano
> comunque diverse sfumature, o che la sinonimia sia limitata a
> soltanto alcuni significati delle parole (anche /quinquennio e
> /lustro sarebbero sinonimi perfetti, se non fosse che /lustro ha
> anche un diverso significato). Ma i sinonimi perfetti esistono,
> direi. Se poi considerassimo come sinonimi anche i differenti modi
> di scrivere la medesima parola (spegnere e spengere, interpetrare ed
> interpretare...), allora non ci sarebbe nemmeno da discutere.

Non si trattava dei sinonimi "gemelli". In russo, che come una lingua
ha finito la sua evoluzione un po' prima dell'italiano e in cui i dialetti
sono quasi totalmente estinti per tante ragioni comprese quelle politiche,
dei sinonimi "gemelli" o quelli con il significato quasi identico ce ne sono
pochissimi.
Di solito si tratta dei casi quando una parola e' propria e un'altra e' un
prestito.
Ma io chiedevo di un' altra cosa. Nella grammatica russa c'e' un concetto
del "ordine sinonimico" o della "catena sinonimica" (dovrebbe esserci anche
in italiano, ma io non so come si dice). Una tale catena comincia con
una parola massimalmente priva di qualsiasi sfumatura di tipo
emozionale-espressivo;
invece l'elemento successivo la contiene. Piu' sinonimi ci sono nella catena
piu'
componenti "coloranti" possono includere. Non credo che sia giusto nominare
questo mucchio
di parole una "catena" perche' spesso manca la propieta' caratteristica a
base di cui
esse vengono messe in ordine, e poi la somiglianza tra il sinonimo-nucleo
(neutrale)
ed altri in alcuni casi e quasi apparente. Ma cmq, la situazione e' cosi.

Scusami questa spiegazione scolastica, ovvia per tutti, e prendila come una
premessa.
Per quanto riguarda me, io che sono autodidatta, mi sono trovata in una
situazione
un po' difficile. Sono venuta a Milano per due anni seguendo il marito e ho
portato il figlio
che non parlava l'italiano. Ha cominciato a frequentare la III media a
partire dal
novembre dello scorso anno, vale a dire, quando Verga e Calvino erano
ormai entrambi nel programma. Figurati che confusione nella mente! Non so
come,
ma e' riuscito a dare gli esami con il giudizio complessivo "ottimo". Penso
che questo sia
tutto il merito dei libri di qui e' appassionato.
Il suo italiano, sopratutto il parlato, rimane carente, perche' lo mettono
in imbarazzo
i fenomeni dovuti alla storia dell'italiano: dialettismi, sinonimi ormai
considerati
fuori uso et c. Nel liceo ha gia' dei problemi ed io non vorrei che si
annegasse in questa
marea di "sovente" e "spesso", "pure" e "anche" e cosi' via.

Cmq, grazie

Natalia


Natalia Alekhina

unread,
Oct 16, 2001, 8:28:30 PM10/16/01
to

"frank ruscalla" <rusc...@iol.itZZZ> wrote in message
news:i0Ky7.19885$YC3.5...@news1.tin.it...

Mille grazie!

> Cara Natalia,
> tra i dizionari dei sinonimi che conosco, l'unico che si avvicina a

> ciņ che chiedi č il seguente:


>
> Renato Rosselli,
> Dizionario moderno dei sinonimi e dei contrari

> SEI Societą Editrice Internazionale / Edizioni Remo Sandron
>
> Anche se č meno famoso di altri dizionari, a me sembra veramente ben
> fatto.
> --
> Ciao
> Frank
>
>

Lem Novantotto

unread,
Oct 16, 2001, 6:33:10 PM10/16/01
to
In it.cultura.linguistica.italiano, Nicola Nobili wrote:
>In due parole, dirò che la "perfetta sinonima"
>presupporrebbe le seguenti cose:
>-referente assolutamente identico (quando c'è)
>-funzione grammaticale assolutamente identica (quando c'è)
>-registro stilistico assolutamente identico
>-frequenza d'uso assolutamente identica
>-connotazione assolutamente identica
>-intercambiabilità completa, assoluta, onnipresente (pensa che "testa" e
>"capo" NON sono sinonimi, secondo questo criterio, perché puoi dire "a capo
>scoperto" ma non *"a testa scoperta", oppure "testa o croce" ma non *"capo o
>croce").
>
> Insomma, due perfetti sinonimi non possono esistere, per definizione.

Qualche osservazione personale. Comincio dal fondo.

Se si definisce la sinonimia in questo modo, concordo che i sinonimi
perfetti non esistano. Io non definisco la sinonimia in questo modo:
farlo mi sembra un po' sterile. D'altro canto, una definizione che
si basi, _fra_ l'altro, sull'assoluta identicità di cose che non
possono essere *precisamente* individuate (frequenza d'uso, magari
persona per persona? registro stilistico secondo chi?...), non vedo
che senso abbia. Come se definissi gemelli identici quegli individui
la cui esatta struttura atomica fosse istante per istante la
medesima: si capirebbe subito che la gemellanza identica non avrebbe
di per sé significato scientifico, quindi che la definirei a fare?


>Ricòrdati che
>anche una differenza di registro o di frequenza d'uso è sufficiente per far
>sí che due termini non siano perfettamente sinonimi.

Se definiamo così, non ho ovviamente obiezioni.

A questo punto, però, perché non introdurre la soggettività della
sinonimia? Per me due termini possono essere sinonimi, per altri no:
magari per il semplice fatto che non conoscono uno dei due, o gli
attribuiscono un erroneo significato. Al contrario, se uno non
conoscesse i significati minori di /papa e di /pontefice, vorrei
sapere come potrebbe non chiamarli sinonimi perfetti.
Anche per evitare queste possibili contraddizioni, IMO, la
definizione di sinonimia deve prescindere da tali eccessivi
pragmatismi.

>> E fra 'tra' e 'fra'? Qui alcuni la
>> differenza la voglion vedere...
>
> Infatti... ma non ti tedio con spiegazioni etimologiche. Ne aggiungo
>due, una eufonica ed una di collocazione. "Tra" non si usa, o non si
>dovrebbe usare, se il termine successivo comincia con "tra" o con suoni che
>stonano con "tra"; analogo il discorso per "fra".

Queste non sono affatto norme condivise da tutti. Ce ne sono
parecchie altre, in forte contrasto fra loro. Non ti tedio con
citazioni di Tommaseo e d'altri illustri. ;)

>In certe espressioni
>fisse, tipo "tra l'altro", si usa una delle due preposizioni, e non l'altra,

Fra_l'altro è usatissimo, suvvia. 39069 pagine sul web, 1/3 rispetto
a tra_l'altro.

>che pure sarebbe tecnicamente adatta. Quindi, non sono perfettamente
>intercambiabili. Quindi, non sono perfetti sinonimi.

Per me sono perfettamente intercambiaBILI. Non sono perfettamente
'intercambiaTI', casomai.

>> E' che, interrogando dieci
>> linguisti, ottieni dieci teorie diverse e contrastanti.
>
> Su come categorizzare i quasi-sinonimi. Ma sul fatto che i "sinonimi" in
>quanto tali non esistano, nessuno ha mai avuto dubbî, che io sappia.

Veramente io mi riferivo a tra e fra.

Se ricordo bene, c'è addirittura chi, non parla nemmeno di perfetti
(totali, assoluti) sinonimi, ma addirittura di doppioni (gota e
guancia, per esempio), rimarcando la completa intercambiabilità.

> Poiché = uso comune, colloquiale
> Giacché = aulico, poco comune, registro alto
> Non sono affatto sinonimi, anzi, sono diversissimi.

Sarà. Io li uso indifferentemente. /Poiché colloquiale? Mi sembra
molto meno colloquiale di /perché.

Per me sono sinonimi perfetti (ovvero doppioni) due vocaboli che
*possono* sempre essere sostituiti l'uno all'altro. Che poi qualcuno
(anche a seconda della sua zona di residenza) sia più abituato
all'uno o all'altro...

>Penso che il
>problema sia che tu ti limiti a considerare il "significato" in quanto
>referente o funzione del termine, ma il "significato" è un enorme calderone,
>che contiene mille altri elementi.

Difatti (infatti) è per me l'elemento di gran lunga più importante,
se non l'unico. Per me /temperamatite e /temperalapis sono proprio
la stessa identica cosa.

> Per me sono diversissimi, visto che "cacio" è un tipo di formaggio.

Errr... ma no.
Volevi dire il contrario? Il formaggio, originariamente, è il cacio
messo in forma. Ma oggi si chiama formaggio anche lo Jocca,
quindi...

>E comunque, anche qui, in certe collocazioni si usa l'uno, in altre l'altro.
>Quindi, non sono sinonimi.

Non mi viene in mente alcuna situazione in cui non siano fungibili.
A volte si sente persino dire 'formaggio sui maccheroni'...

> Questo, con tutto il dovuto rispetto, è un ragionamento errato. L'altra
>accezione di "lustro" non ha importanza, è un caso di "omonimia", non di
>"sinonimia".

Mi riferivo al 'lustro' come sacrificio espiatorio nell'antica Roma,
che avveniva appunto ogni cinque anni. Proprio perché quinquennio ha
solo un significato, e lustro due (anzi di più, ma lasciamo perdere
quello che viene da lustrare), non possono dirsi perfetti sinonimi.

>Ma comunque i due termini non sono perfetti sinonimi. Tant'è
>che un politico dirà quali sono i suoi progetti per il prossimo
>"quinquiennio", non per il prossimo "lustro" (termine di alto registro, raro
>e un po' poetico).

Ma potrebbe usarlo in tutta tranquillità.
BTW: poveri politici, così scaduti dal tempo di Cicerone... ora non
venite manco sospettati d'usare un registro alto. ;)))))

>> Ma i sinonimi perfetti esistono,
>> direi.
>
> No. Per definizione.

Ah, beh, se è per definizione... Per definizione può esser vera
qualsiasi cosa, basta definirla come tale. Basta dire che due
sinonimi, quando pronunciati, devono pure avere lo stesso suono
(cosa che può certamente essere rilevante in certi contesti), che
abbiamo chiuso. ;)
Ma è produttivo questo atteggiamento? Secondo me no.

>Mai, in nessun caso, in nessuna lingua.
>Sfiderebbero l'organizzazione cerebrale del linguaggio, sarebbero
>antieconomici. Nel momento stesso in cui, a causa di cambiamenti
>linguistici, due termini vengono ad avere lo stesso significato, uno scalza
>l'altro, che cade in disuso oppure modifica il proprio "significato".

Istantaneamente? Perché, altrimenti, tu stesso ammetteresti la
possibile esistenza, almeno pro tempore, dei sinonimi perfetti.
Anzi, quasi la certificheresti.

>A parte il fatto che non
>dobbiamo confondere "errore" con "sinonimo" ("interpetro" è una bestemmia,
>concedimelo, visto che di mestiere faccio l'interprete :-))

Sai che solo mezzo secolo fa /interpetrare era l'unica forma che si
trovasse sui dizionari? Neanche a me piace, per inciso, e non la
uso. Ma sta tornando ad essere estremamente comune.

In tal caso, credo comunque sia meglio parlare di termini allotropi
(come anche domani e dimani, insieme e assieme etc.).

>regionale ("spengere", tipico della Toscana), di registro, versione
>arcaica, equivalente poetico, etc.

Bah... sento un sacco di gente usare /spengere e /spegnere in modo
assolutamente identico. Io per primo.

> Per approfondire la discussione, ti consiglio "Manuale di semantica
>descrittiva" di Sorin Stati, dove troverai una luuuuunga trattazione
>sull'argomento.

Grazie. Ci troverò l'opinione di Sorin Stati, penso. :)

Nicola Nobili dai labirintici meandri dell'ortografia disaccentata

unread,
Oct 17, 2001, 6:30:20 AM10/17/01
to
Lem Novantotto
> Se si definisce la sinonimia in questo modo, concordo che i sinonimi
> perfetti non esistano. Io non definisco la sinonimia in questo modo:
> farlo mi sembra un po' sterile.

La questione è terminologica. Oggigiorno, che io sappia, che
"sinonimia" sia quello che ho affermato non mi pare messo in dubbio da
alcun linguista. Semmai parliamo di "sinonimia in contesto", concetto
piú concreto.

> D'altro canto, una definizione che
> si basi, _fra_ l'altro, sull'assoluta identicità di cose che non
> possono essere *precisamente* individuate (frequenza d'uso, magari
> persona per persona? registro stilistico secondo chi?...), non vedo
> che senso abbia.

Allora l'etichetta "sinonimia" è errata. Un po' come dire "ideogramma"
per "logogramma", come s'è detto. Non è preciso, a prescindere dal
fatto che ci sia gente che lo usa.

> A questo punto, però, perché non introdurre la soggettività della
> sinonimia? Per me due termini possono essere sinonimi, per altri no:

Uso personale della lingua. Ha a che fare piú cólla stilistica che con
altro. Le lingue in quanto tali sono astrazioni statistiche, e vedrai
che non trovi mai nulla di assolutamente identico.

> magari per il semplice fatto che non conoscono uno dei due, o gli
> attribuiscono un erroneo significato.

Di striscio avevo invitato a non confondere "errore" e "sinonimia"...

> Al contrario, se uno non
> conoscesse i significati minori di /papa e di /pontefice, vorrei
> sapere come potrebbe non chiamarli sinonimi perfetti.

DOVREBBE. Esempio perfetto, anzi, è proprio quello che diceva un mio
professore! "Questo è un contesto da PONTEFICI DEFUNTI, non da PAPI
MORTI". I due termini non sono perfettamente intercambiabili.
Qualcuno, ignorante, può conoscere solo "papa", ma se conosce entrambi
i termini, non li usa del tutto indifferentemente. "Pontefice",
ovviamente, è piú formale, di registro piú elevato.

> Anche per evitare queste possibili contraddizioni, IMO, la
> definizione di sinonimia deve prescindere da tali eccessivi
> pragmatismi.

Allora non serve a nulla. O meglio, facciamo confusione. "Sinonimia"
non è un termine che calzi molto in pragmatica (branca della
linguistica). Si dovrebbe parlare di "equivalenza" o di
"coreferenzialità". La "sinonimia" è un concetto del tutto astratto.

> Sarà. Io li uso indifferentemente. /Poiché colloquiale? Mi sembra
> molto meno colloquiale di /perché.

Ma piú di "giacché". Fai una ricerchina, guarda quante volte compaiono
questi connettori, e in che contesti. Come si può seriamente dire che
non appartengono a registri differenti?

> Per me sono sinonimi perfetti (ovvero doppioni) due vocaboli che
> *possono* sempre essere sostituiti l'uno all'altro.

SEMPRE? Questo è il punto. Nessuno degli esempî che citi (e che potrai
mai citare) è SEMPRE valido. Semplicemente perché la lingua non
funziona in questo modo. Hai mai sentito qualcuno dire "a testa
scoperta" invece di "a capo scoperto"? Dubito. E se lo sentirai,
avvertirai la sua frase come "strana", ossia come marcata.

> Difatti (infatti) è per me l'elemento di gran lunga più importante,
> se non l'unico. Per me /temperamatite e /temperalapis sono proprio
> la stessa identica cosa.

Per te. Ma la lingua, che, ribadisco, è un'astrazione statistica, si
basa sull'insieme dei parlanti. Per gente ignorante i sinonimi sono
migliaia, ma sono carenze individuali.

> Non mi viene in mente alcuna situazione in cui non siano fungibili.
> A volte si sente persino dire 'formaggio sui maccheroni'...

Quante volte? Rispetto a "cacio"? E il fatto stesso che tu lo colga,
dimostra che lo avverti come marcato, altrimenti non ci faresti caso.

> Mi riferivo al 'lustro' come sacrificio espiatorio nell'antica Roma,
> che avveniva appunto ogni cinque anni.

Ribadisco: omonimia. Non rientra minimamente nel presente discorso,
che tratta di "sinonimia".

> Proprio perché quinquennio ha
> solo un significato, e lustro due (anzi di più, ma lasciamo perdere
> quello che viene da lustrare), non possono dirsi perfetti sinonimi.

Errore. La "sinonimia" (presunta o tale) riguarda SINGOLE ACCEZIONI di
un termine. Se "lustro" nel senso di "5 anni" e "quinquiennio" nel
senso di "5 anni" fossero perfettamente sinonimi, queste loro
accezioni sarebbero perfettamente sinonime, e chi se ne frega dei
sacrifici dei Romani! Ma non lo sono, come ti ho dimostrato.

> >Ma comunque i due termini non sono perfetti sinonimi. Tant'è
> >che un politico dirà quali sono i suoi progetti per il prossimo
> >"quinquiennio", non per il prossimo "lustro" (termine di alto registro, raro
> >e un po' poetico).
>
> Ma potrebbe usarlo in tutta tranquillità.

Alzando il registro. Marcando il proprio discorso. Gli interlocutori
ravviserebbero qualcosa di "strano", di meno neutro. Quindi, di
sinonimia non si tratta.

> > No. Per definizione.
>
> Ah, beh, se è per definizione... Per definizione può esser vera
> qualsiasi cosa, basta definirla come tale. Basta dire che due
> sinonimi, quando pronunciati, devono pure avere lo stesso suono
> (cosa che può certamente essere rilevante in certi contesti), che
> abbiamo chiuso. ;)

No, le definizioni vanno concordate. Poiché il discorso sulla
sinonimia, oggigiorno, mi sembra molto chiaro, non vedo la ragione di
offrire interpretazioni alternative gratuite.
E comunque, non mescolare i livelli linguistici. Saprai bene che la
linguistica normalmente individua quattro livelli: fonema, morfema,
lessema e frase. Qui trattiamo di lessemi. Certo, si può parlare di
"sinonimia" (sempre astraendo) anche agli altri livelli, ma non vorrei
divagare o estendere troppo il discorso.

> Ma è produttivo questo atteggiamento? Secondo me no.

Lo è. Perché, come apprenderai se leggerai il buon Stati, scoprirai
che questo atteggiamento ti esorta ad esaminare le minutissime
differenze tra i termini, invece di prenderli semplicemente come
sinonimi, approfondendo e raffinando lo studio del lessico, elaborando
una precisissima teoria dell'analisi sèmica, etc. Se invece pensi: "Ma
tanto vogliono dire la stessa cosa!", apri la strada al
pressappochismo, tagli le gambe allo studio lessicologico.

> Istantaneamente? Perché, altrimenti, tu stesso ammetteresti la
> possibile esistenza, almeno pro tempore, dei sinonimi perfetti.
> Anzi, quasi la certificheresti.

Si trattava di una dimostrazione per assurdo. Sai, piú o meno come
quegli psicologi che dicono che la felicità è iiraggiungibile, perché
appena la raggiungi va altrove. Il momento dell'ipotetico contatto
(peraltro istantaneo) è un'astrazione. Come cercare di fotografare un
treno in corsa, la foto è sempre un po' sfocata.

> In tal caso, credo comunque sia meglio parlare di termini allotropi
> (come anche domani e dimani, insieme e assieme etc.).

Appunto. Vedi che stai migliorando? :-) Prima dicevi solo "vogliono
dire la stessa cosa". Adesso (ora?) stai analizzando minutissimi
particolari. Si raggiungono questi particolari soltanto sbarazzandosi
della vecchia ed inutile definizione di "sinonimia".

> Bah... sento un sacco di gente usare /spengere e /spegnere in modo
> assolutamente identico. Io per primo.

Per caso sei toscano? E Comunque, vorrei vedere quante di queste
persone, se istruite, direbbe "spengere" per iscritto o in situazioni
formalissime. Persino il purista Paolo da Empoli, se non ricordo male,
lo ammise!

> > Per approfondire la discussione, ti consiglio "Manuale di semantica
> >descrittiva" di Sorin Stati, dove troverai una luuuuunga trattazione
> >sull'argomento.
>
> Grazie. Ci troverò l'opinione di Sorin Stati, penso. :)

No, troverai le opinioni di molti linguisti, nonché un'estesa
bibliografia. Non ti ho consigliato quel libro a caso...

Ciao,
Nicola

Lem Novantotto

unread,
Oct 17, 2001, 4:54:57 PM10/17/01
to
In it.cultura.linguistica.italiano, Nicola Nobili dai labirintici
meandri dell'ortografia disaccentata wrote:
>Allora non serve a nulla. O meglio, facciamo confusione. "Sinonimia"
>non è un termine che calzi molto in pragmatica (branca della
>linguistica). Si dovrebbe parlare di "equivalenza" o di
>"coreferenzialità". La "sinonimia" è un concetto del tutto astratto.

Ma è quello che dico anch'io. Mi pare che sia tu a portare elementi
pragmatici (il registro, la frequenza d'uso...) dentro al discorso.

>SEMPRE? Questo è il punto. Nessuno degli esempî che citi (e che potrai
>mai citare) è SEMPRE valido.

Quand'è che non potrei usare temperamatite al posto di temperalapis,
o viceversa?

>Semplicemente perché la lingua non
>funziona in questo modo. Hai mai sentito qualcuno dire "a testa
>scoperta" invece di "a capo scoperto"? Dubito. E se lo sentirai,
>avvertirai la sua frase come "strana", ossia come marcata.

Il fatto è proprio questo: per me questa differenza, posto che sia
reale, non ha rilevanza ai fini della sinonimia.
Lasciando perdere capo e testa, esempio tuo. Temperamatite e
temperalapis indicano incontrovertibilmente sempre e solo il
medesimo oggetto? Hanno il medesimo significato? Sì. Sono sinonimi
perfetti, per me. E anche per De Mauro, pare, che dicono sia un
linguista, per quanto io lo bistratti abitualmente. Egli definisce
la sinonimia come la "uguaglianza di significato tra due o più
vocaboli o locuzioni; sinonimia relativa, approssimata, quando
l'uguaglianza di significato si limita ad alcuni specifici contesti
linguistici; sinonimia totale, assoluta, quando l'uguaglianza di
significato è tale in tutti i possibili contesti".

Si parla di uguaglianza di significato, non di frequenza nel parlato
di questi o quelli.

Questo NON significa affatto trascurare le altre differenze.
Significa non considerarle rilevanti nello specifico contesto. :)

>> Per me /temperamatite e /temperalapis sono proprio
>> la stessa identica cosa.
>
>Per te. Ma la lingua, che, ribadisco, è un'astrazione statistica, si
>basa sull'insieme dei parlanti. Per gente ignorante i sinonimi sono
>migliaia, ma sono carenze individuali.

Ma vorrei davvero che si facesse avanti qualcuno che vedesse una
differenza fra temperamatite e temperalapis. :)

>Errore. La "sinonimia" (presunta o tale) riguarda SINGOLE ACCEZIONI di
>un termine. Se "lustro" nel senso di "5 anni" e "quinquiennio" nel
>senso di "5 anni" fossero perfettamente sinonimi, queste loro
>accezioni sarebbero perfettamente sinonime, e chi se ne frega dei
>sacrifici dei Romani! Ma non lo sono, come ti ho dimostrato.

Uhm... Hai anche scritto:


"(pensa che "testa" e "capo" NON sono sinonimi, secondo questo
criterio, perché puoi dire "a capo scoperto" ma non *"a testa
scoperta", oppure "testa o croce" ma non *"capo o croce")."

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Ora, la differenza che passa fra il lustro "sacrificio
quinquennale" ed il lustro "quinquennio" mi pare del tutto analoga
alla differenza che passa fra testa e testa "faccia d'una moneta".

Questa è la sola cosa che avevo inteso scrivere. Vedi un po'...

>> >Ma comunque i due termini non sono perfetti sinonimi. Tant'è
>> >che un politico dirà quali sono i suoi progetti per il prossimo
>> >"quinquiennio", non per il prossimo "lustro" (termine di alto registro, raro
>> >e un po' poetico).
>>
>> Ma potrebbe usarlo in tutta tranquillità.
>
>Alzando il registro. Marcando il proprio discorso. Gli interlocutori
>ravviserebbero qualcosa di "strano", di meno neutro. Quindi, di
>sinonimia non si tratta.

Forse ravviserebbero, forse no. Lo stabilisco io? tu? Chiediamo di volta
volta? La sinonimia deve dipendere da quello che ravvisa l'uditore del
momento? Dev'essere dunque soggettiva? A questo mi riferisco, scrivendo
dei rischi dell'eccessivo pragmatismo. Se si tratta di significato,
possiamo arrischiare delle generalizzazioni, a prescindere dai singoli
parlanti. Se si tratta di registri, frequenza d'uso etc. la cosa è molto
più arbitraria, secondo me.

>E comunque, non mescolare i livelli linguistici. Saprai bene che la
>linguistica normalmente individua quattro livelli: fonema, morfema,
>lessema e frase. Qui trattiamo di lessemi. Certo, si può parlare di
>"sinonimia" (sempre astraendo) anche agli altri livelli, ma non vorrei
>divagare o estendere troppo il discorso.

Io parlo di rapporto semantico fra segni e significato. Di sememi,
insomma, in rapporto ai quali sinonimia e antinomia sono usualmente
definite. Va beh, cambia poco.

>> Ma è produttivo questo atteggiamento? Secondo me no.
>
>Lo è. Perché, come apprenderai se leggerai il buon Stati, scoprirai
>che questo atteggiamento ti esorta ad esaminare le minutissime
>differenze tra i termini, invece di prenderli semplicemente come
>sinonimi, approfondendo e raffinando lo studio del lessico, elaborando
>una precisissima teoria dell'analisi sèmica, etc.

Un'analisi che IMO vuol essere troppo precisa, per gli strumenti che ha
a disposizione. Non posso pretendere d'osservare l'atomo colla lente
d'ingrandimento. Non mi scandalizzo a dire che due automobili dello stesso
modello, colore etc. siano identiche. Ovviamente non lo sarebbero, se
scegliessi una definizione di identicità su scala microscopica. Ma, mi
ripeto, avrebbe senso nella vita di tutti i giorni?

>> In tal caso, credo comunque sia meglio parlare di termini allotropi
>> (come anche domani e dimani, insieme e assieme etc.).
>
>Appunto. Vedi che stai migliorando? :-) Prima dicevi solo "vogliono
>dire la stessa cosa". Adesso (ora?) stai analizzando minutissimi
>particolari.

Non ho fatto ricadere la categoria degli allotropi in quella dei
sinonimi. Ho sostenuto che, se lo si facesse, l'esistenza dei
sinonimi perfetti sarebbe palese (ma tu non sei d'accordo neppure su
questo, ne prendo atto).

Ad ogni buon conto, ti assicuro che i particolari li analizzavo anche
prima.
Discriminare fra sinonimi perfetti e imperfetti non significa non
riconoscere distinzioni nell'uso *effettivo* di due sinonimi perfetti:
significa riconoscere che tali distinzioni dipendono da fattori
geografici, culturali, personali, pragmatici, ma *non* strettamente
semantici, e che quindi spesso sono molto vaghe e arbitrarie.
Pertanto si decide di escluderle, e di concentrarsi sull'uso
*potenziale* di tali sinonimi.

Tu, invece, i particolari li analizzi, e non discrimini mai (fra
perfetti -che non esistono per definizione- e imperfetti)... e
pretendi che quello che 'va giò col falciott' sia io. Sarà...

>Si raggiungono questi particolari soltanto sbarazzandosi
>della vecchia ed inutile definizione di "sinonimia".

Ma non è la mia posizione. Trascurarli ai fini di qualcosa non
significa trascurarli sempre e comunque.

>> Bah... sento un sacco di gente usare /spengere e /spegnere in modo
>> assolutamente identico. Io per primo.
>
>Per caso sei toscano?

No, lombardo. Non ho parenti toscani, non sono mai vissuto in
toscana. Strano, comunque: è la seconda volta che mi vien chiesto,
su questo gruppo.
Direi quasi: 'mumble'... ;)

Vitt

unread,
Oct 18, 2001, 5:52:35 AM10/18/01
to
Lem Novantotto nel messaggio <9qiql...@ID-24474.user.dfncis.de> ha
scritto:

>Per me /temperamatite e /temperalapis sono proprio
>la stessa identica cosa.

Condivido, ma l'origine è diversa: matita infatti era la "mina" e
lapis era quanto sorreggeva la matita.
"Toccalapis" era quello che oggi si chiama portamina
--
Bye
Vitt

Nicola Nobili dai labirintici meandri dell'ortografia disaccentata

unread,
Oct 18, 2001, 6:08:16 AM10/18/01
to
Lem Novantotto

> > La "sinonimia" è un concetto del tutto astratto.

> Ma è quello che dico anch'io. Mi pare che sia tu a portare elementi
> pragmatici (il registro, la frequenza d'uso...) dentro al discorso.

Ah, beh... Se si tratta di concetto astratto, non è possibile mai
ravvisarla in "parole" concrete, che hanno una concreta realizzazione
grafica, fonica, etc.
Se il concetto è concreto, bisogna tenere conto di registro, frequenza
d'uso, etc.
In ogni caso, il conto non torna mai. Vogliamo fare un'astrazione?
Allora definiamo la "sinonimia": identità di significato. Allo stesso
modo possiamo definire "felicità", "libertà", "amore", etc. Nella vita
reale, però, questi concetti, che pure lasciano evidenti tracce, non
si trovano mai in quanto tali.

> Quand'è che non potrei usare temperamatite al posto di temperalapis,
> o viceversa?

Su due piedi non so dirtelo (se non che "temperalapis", almeno nella
mia esperienza personale, suona come termine molto raro, mentre
"temperamatite" è comunissimo). Ma il fatto che qualcuno non sia in
grado di trovare differenze tra due cose non significa che le
differenze non ci siano. Anzi, fare uno sforzo per trovare le
differenze è comunque un esercizio produttivo, perché analizzi in
profondità i significati e le accezioni delle parole, a prescindere
dal risultato del tuo sforzo.
Vedi anche sotto.

> Si parla di uguaglianza di significato, non di frequenza nel parlato
> di questi o quelli.

Appunto. Che cos'è il significato? Se non ci capiamo su questo, è
tutto inutile. Ora, il significato è MOLTO piú ampio di quello che
pensi. Oltretutto, non è mai chiaro, ha sempre i contorni poco nitidi.
Non riesci mai a capire dove finisce il significato di una parola e
comincia quello di un altro. Quindi, non potendo mai definire con
certezza il significato di una parola (di qualsiasi parola!), come
puoi affermare che due parole abbiano il medesimo significato?
Semplicemente non puoi.
Ti faccio un esempio. Ti dànno due fotografie sfocate e ti chiedono se
rappresentano la stessa persona. Se le due persone sono
sufficientemente diverse, puoi sbilanciarti e dire che non sono la
stessa persona. Se le due fotografie sono simili, devi andarci MOLTO
cauto. Forse sono persone simili che ti sembrano la stessa perché non
le vedi bene. Forse uno ha una cicatrice che non si vede perché è di
profilo dall'altra parte. Eccetera. Puoi anche credere che siano la
stessa persona, ma non puoi dimostrarlo, coi mezzi a tua disposizione.
E non è bene identificare una persona, e magari condannarla
all'ergastolo, quando esiste un ragionevole dubbio...
Si tratta di un concetto chiave della linguistica, che non vedo come
si possa mettere in discussione. Non sono uno di quegli estremisti (e
ce ne sono tanti!) che, riconoscendo di non poter identificare il
significato di nulla, affermano che none esiste nemmeno la
comunicazione, che in realtà noi capiamo sempre qualcosa di diverso da
ciò che ci intendono comunicare. Ma di certo la "sinonimia perfetta"
non esiste, e non può esistere. È comodo, me ne rendo conto, ricorrere
a questo termine, in certi contesti, ma parlando in un àmbito
specialistico, come questo gruppo, ritengo che il tuo uso di
"sinonimia perfetta" sia stato inappropriato.
Diciamo che la sinonimia è un continuum: dalla totale assenza (anche
questa è un'astrazione!) alla totale presenza. A un certo punto,
variabile, la somiglianza tra due termini è tale da non poter essere
sondata ulteriormente, o da non poterlo essere in quel momento, con
quei mezzi. Allora "mi arrendo" anch'io, ma può darsi benissimo che,
in séguito, scopra qualcosa che mi fa cambiare idea.

> Ora, la differenza che passa fra il lustro "sacrificio
> quinquennale" ed il lustro "quinquennio" mi pare del tutto analoga
> alla differenza che passa fra testa e testa "faccia d'una moneta".
>
> Questa è la sola cosa che avevo inteso scrivere. Vedi un po'...

Mmmm... Per me "testa" indica il lato per sineddoche: su un lato della
moneta c'è una testa. Ma poiché la testa è anche il "capo", non vedo
perché, in linea teorica, non si potrebbe dire "capo o croce". Ma
nessuno lo dice. O, se lo dici, tutti lo notano come marcato.

> >Alzando il registro. Marcando il proprio discorso. Gli interlocutori
> >ravviserebbero qualcosa di "strano", di meno neutro. Quindi, di
> >sinonimia non si tratta.
>
> Forse ravviserebbero, forse no. Lo stabilisco io? tu? Chiediamo di volta
> volta? La sinonimia deve dipendere da quello che ravvisa l'uditore del
> momento? Dev'essere dunque soggettiva? A questo mi riferisco, scrivendo
> dei rischi dell'eccessivo pragmatismo.

Teoria, non pragmatismo. Il registro è un concetto anche teorico. Dici
bene: chi lo stabilisce? Chi stabilisce il significato? L'accezione di
un termine? La sua appropriatezza? La sua piacevolezza? L'effetto che
farà sugli interlocutori? Chi stabilisce cos'è errore e cos'è
corretto? Eccetera.
Nella linguistica, nulla può essere stabilito con certezza. E nessuno
ha stabilito tutto ciò che diamo per scontato. Per questo adagiarsi
sugli allori di definizioni vecchie, statiche ed imprecise, come
"sinonimia" come "identità di significato", mi pare limitativo.

> Se si tratta di significato,
> possiamo arrischiare delle generalizzazioni, a prescindere dai singoli
> parlanti. Se si tratta di registri, frequenza d'uso etc. la cosa è molto
> più arbitraria, secondo me.

MA il significato include registro, frequenza d'uso, caratteristiche
regionali o sociali, etc. Sono elementi imprescindibili. Tu ti
confondi con "referente", che ignora queste tematiche, ma i due
termini sono molto chiari (nei limiti del possibile!). Il significato
è arbitrario per natura. Si veda de Saussure. Il significato di
"vodka" non è solo quello di un particolare liquore. O meglio, da noi
è cosí, ma tutto ciò che stimola e fa emergere alla coscienza la
parola "vodka" in Russia è ben diverso (e piú nutrito) di quello che
emerge nella mente di un italiano. Questi sono concetti chiave, la cui
consapevolezza fa la differenza tra un buon traduttore ed un
trascrittore di parole.

> Un'analisi che IMO vuol essere troppo precisa, per gli strumenti che ha
> a disposizione. Non posso pretendere d'osservare l'atomo colla lente
> d'ingrandimento.

Certo, ma se giunti a questa conclusione, gli scienziati avessero
smesso di studiare l'atomo, la scienza si sarebbe arrestata, avrebbe
solo ripetuto le vecchie sciocchezza. Bisogna spingersi oltre, coi
mezzi che si hanno, facendo magari supposizioni errate, limando e
correggendo di volta in volta. L'obiettivo finale, quello di definire
con esattezza tutto il lessico, rimarrà per sempre un utopia, ma deve
essere un faro nelle nostre analisi, continuamente.

> Non mi scandalizzo a dire che due automobili dello stesso
> modello, colore etc. siano identiche.

Se devo andare al mercato, faccio poca strada, etc. Va benissimo. Se
devo vincere un Gran Premio di Formula Uno, no, bisogna prestare
moltissima attenzione a dettagli che per me sono insignificanti. Tutto
dipende, al solito, dall'uso che ne si fa. Se uno mi dice "sono
sinonimi" nella vita di tutti i giorni, o per spiegarmi due termini
settoriali che non conosco, o per spiegarmi una lingua che sto
cominciando a imparare e che conosco pochissimo, mi va bene. Ma a
livello specialistico, no. E qui siamo in un gruppo di linguistica.

> Non ho fatto ricadere la categoria degli allotropi in quella dei
> sinonimi. Ho sostenuto che, se lo si facesse, l'esistenza dei
> sinonimi perfetti sarebbe palese (ma tu non sei d'accordo neppure su
> questo, ne prendo atto).

Infatti. Prova ad andare in Toscana, e conta quante volte senti
"adesso". Pochissime. Forse nessuna, in certi giorni. Sentirai solo
"ora". Da me è l'esatto opposto. Se uno dice spesso "ora", lo
identifico come toscano. Oltretutto, in certi contesti i due termini
non sono intercambiabili. Se dico: "Eh, adesso!" come interiezione
(cioè: "Ma va, chi ti crede!"), dico "adesso", non direi mai "Eh,
ora!".

> Discriminare fra sinonimi perfetti e imperfetti non significa non
> riconoscere distinzioni nell'uso *effettivo* di due sinonimi perfetti:

Di due coreferenti, allora. Termine pragmatico, che ha senso nella
"vita reale". E comunque l'uso "effettivo" è un continuum anche
quello...

> significa riconoscere che tali distinzioni dipendono da fattori
> geografici, culturali, personali, pragmatici

Che fanno parte del "significato".

> Pertanto si decide di escluderle, e di concentrarsi sull'uso
> *potenziale* di tali sinonimi.

Allora giungi a qualcosa di astratto. Come certi stranieri che
prendono il dizionario dei sinonimi (mai usarlo in una lingua
straniera! Bisogna avere una competenza linguistica enorme), e poi va'
a spiegare che i teoricamente corretti: "Sono euforico di conoscerla"
o "Scusi, dov'è il cesso?" non vanno bene! ("Cesso" sarebbe
esattamente sinonimo di "bagno", se non consideriamo il registro
linguistico...).

> Tu, invece, i particolari li analizzi, e non discrimini mai (fra
> perfetti -che non esistono per definizione- e imperfetti)... e
> pretendi che quello che 'va giò col falciott' sia io. Sarà...

Al contrario, discrimino alla morte. Come ti ho detto, cerco di
analizzare un continuum: quanto piú simile ogni termine sia ad un
altro, sulla base dei suoi componenti semantici minimi, etc.

Ciao,
Nicola

Giovanni Drogo

unread,
Oct 18, 2001, 8:19:49 AM10/18/01
to
On Thu, 18 Oct 2001, Vitt wrote:
> Lem Novantotto scritto:

>
> >Per me /temperamatite e /temperalapis sono proprio

C'era stato un thread alcuni mesi fa su "temperamatite" (nordico) e
"appuntalapis' (toscano). "temperalapis" mi pare un ibrido (inusitato
quanto appuntalapis qui in Padania Cispadana).

> Condivido, ma l'origine è diversa: matita infatti era la "mina" e
> lapis era quanto sorreggeva la matita.

Che cosa sarebbe "quanto sorreggeva" ? L'involucro di legno ?

Non credo proprio. Suppongo che "matita" derivi in qualche modo da
"ematite" (presumendo che un tempo si usasse tale minerale per scrivere
invece della grafite ... di certo si usavano carboncini, punte
d'argento e punte di piombo), e "mina" in qualche modo da "miniera" e
"minerale". Ma sono supposizioni.

Pero' sicuramente "lapis" (latino "pietra") indica qualcosa di minerale
e petroso, dunque la mina di grafite o altro.

magica

unread,
Oct 18, 2001, 9:05:29 AM10/18/01
to
In [<d8518dbc.01101...@posting.google.com> 18 ottobre 2001 03:08:16
-0700] Nicola Nobili dai labirintici meandri dell'ortografia disaccentata ha
scritto...
>Lem Novantotto

[...snippone...]

>> Se si tratta di significato,
>> possiamo arrischiare delle generalizzazioni, a prescindere dai singoli
>> parlanti. Se si tratta di registri, frequenza d'uso etc. la cosa è molto
>> più arbitraria, secondo me.

>MA il significato include registro, frequenza d'uso, caratteristiche
>regionali o sociali, etc. Sono elementi imprescindibili.

Vedo ora questo filone e mi ricordo che simili argomentazioni, mutatis mutandis,
ricalcano quelle che lessi qualche mese fa in sci.lang (filone "It is not true
that synonyms do not exist!").

Cerco con google ed ecco ad esempio che cosa scriveva Peter T. Daniels...

Exactly: IDENTICAL. If the words have differnet connotations, they're not
synonyms. If the words aren't used in the same area, time, or fashion, they're
not synonyms.

..e che cosa gli rispondeva Richard Green...

If you want that meaning for synonym, go ahead. But then the term becomes
useless, since by your definition there aren't any.

Beh, anch'io sono del parere che un termine che descrive qualcosa di
"inesistente" non sia di alcuna alcuna utilità pratica. E, almeno stavolta,
preferisco una definizone più imprecisa, come quella del Merriam-Webster ...

one of two or more words or expressions of the same language that have the same
or nearly the same meaning in some or all senses

Ciao.

Gian Carlo


Lem Novantotto

unread,
Oct 18, 2001, 6:34:10 AM10/18/01
to
In it.cultura.linguistica.italiano, Vitt wrote:
>Condivido, ma l'origine è diversa: matita infatti era la "mina" e
>lapis era quanto sorreggeva la matita.

Ciao.
Se n'è già parlato tempo fa, se ben ricordo. Direi che l'origine sia
la medesima per entrambi. Il passo è breve, quindi mi permetto di
riportare, per comodità, quanto scrissi in
<960e9e122146e163...@HerenotThere.hbe151601.invalid>.

[...]
Se interessa, /matita viene dal latino /haematite(m), sott.
lapide(m), mentre /lapis è tratto dalla loc. lat. /lapis_haematites
propr. "pietra di color rosso sangue". Le matite (o lapis)
coll'anima di grafite (la vera e propria 'mina') sono molto, molto
più tarde. :)
Infatti, dalla Rizzoli Larousse: 'Fino al XVI sec., le matite
erano semplici bastoncini di ematite o di carbone di legna, oppure
tubetti di rame entro cui veniva colato piombo fuso. Con la
scoperta, avvenuta verso il 1564, nel Cumberland di alcune
miniere di grafite, iniziò la fabbricazione delle matite con mina di
questa sostanza. Nel 1792 il francese N.-J. Conté ideò la matita con
mina di grafite miscelata con argilla, contenuta in un involucro
cilindrico di legno di cedro, che si diffuse poi nel mondo intero.'
[...]

>"Toccalapis" era quello che oggi si chiama portamina

Il che contrasterebbe con la definizione di lapis che hai dato
sopra. Se il lapis fosse quanto sorregge la mina, toccalapis sarebbe
quella cosa che tocca ciò che sorregge la mina. Che sarebbe? ;)

Comunque ho scelto apposta temperamatite e temperalapis, e non
matita e lapis. ;) Entrambi sono la stessa cosa, e ben si
distinguono dal temperamine.

Nicola Nobili

unread,
Oct 18, 2001, 3:46:44 PM10/18/01
to
magica

> Beh, anch'io sono del parere che un termine che descrive qualcosa di
> "inesistente" non sia di alcuna alcuna utilità pratica.

Ma guarda che la società umana si regge su termini inesistenti! Volendo
essere estremisti, potremmo anche dire che tutti i termini sono inesistenti,
trattandosi di approssimazioni non dimostrabili. L'astrazione serve come
punto di riferimento, all'interno della imperfetta società umana.

> E, almeno stavolta,
> preferisco una definizone più imprecisa, come quella del Merriam-Webster
...
>
> one of two or more words or expressions of the same language that have the
same
> or nearly the same meaning in some or all senses

Beh, la definizione è "d'uso", se vogliamo. "Significato identico o
quasi". Quel "quasi" prende in considerazione l'uso comune, colloquiale, del
termine, quello che puoi usare col lattaio o col panettiere. Anche io, per
carità, a volte ricorro a "sinonimo" in modo improprio. Però, in contesti
specifici, credo sia "evirante", poiché arresta il processo d'analisi
lessicale.

Andrea Rossi

unread,
Oct 18, 2001, 4:38:46 PM10/18/01
to

"Giovanni Drogo" <dr...@rn.bastiani.it> ha scritto nel messaggio
news:Pine.OSF.4.30.01101...@poseidon.ifctr.mi.cnr.it...

> On Thu, 18 Oct 2001, Vitt wrote:
> > Lem Novantotto scritto:
> >
> > >Per me /temperamatite e /temperalapis sono proprio
>
> C'era stato un thread alcuni mesi fa su "temperamatite" (nordico) e
> "appuntalapis' (toscano). "temperalapis" mi pare un ibrido (inusitato
> quanto appuntalapis qui in Padania Cispadana).

Non per fare il rompipalle, ma in Toscana, almeno nel gergo dei ragazzi, si
dice semplicemente "appuntino".


> Non credo proprio. Suppongo che "matita" derivi in qualche modo da
> "ematite"

Lo Zingarelli conferma.

>(presumendo che un tempo si usasse tale minerale per scrivere
> invece della grafite ... di certo si usavano carboncini, punte
> d'argento e punte di piombo), e "mina" in qualche modo da "miniera" e
> "minerale". Ma sono supposizioni.

Mina, miniera e minerale hanno tutti la stessa origine: fr. "mine", di
origine celtica.


> Pero' sicuramente "lapis" (latino "pietra") indica qualcosa di minerale
> e petroso, dunque la mina di grafite o altro.
>

Secondo lo Zingarelli, viene da "lapis haematitos", cioč "pietra color di
sangue" (gr. haima).


Ciao,
Andrea.

Lem Novantotto

unread,
Oct 18, 2001, 3:29:32 PM10/18/01
to
In it.cultura.linguistica.italiano, magica wrote:
>Vedo ora questo filone e mi ricordo che simili argomentazioni, mutatis mutandis,
>ricalcano quelle che lessi qualche mese fa in sci.lang (filone "It is not true
>that synonyms do not exist!").

Uéila!
Non seguo sci.lang, ma mi pare che sia frequentato da due 'sinonimi
umani', uno di Nicola e uno mio. ;)))))
--
Bye.
Lem
Le risposte con 'R: ' finiscono automaticamente nel mio killfile.
OE e "R: ": problema e soluzione su www.vene.ws/mail/r-out.asp

Lem Novantotto

unread,
Oct 18, 2001, 3:27:52 PM10/18/01
to
In it.cultura.linguistica.italiano, Nicola Nobili dai labirintici
meandri dell'ortografia disaccentata wrote:
>Ah[...]

Nicola: taglio tutto. Le nostre posizioni mi paiono
inconciliabili. :)

Mi preme solo scriverti quanto segue:

- dal punto di vista del traduttore, io credo che sia proprio il
caso, come dici, di soppesare anche quelle differenze di registro
etc. che io non considero rilevanti ai fini della sinonimia: su
questo non ci piove. Non ho mai pensato il contrario. Il lavoro
dell'interprete deve IMHO tenere in considerazione, inoltre, per chi
si stia traducendo: se traduci per un contadino lombardo, userai
probabilmente temperamatite e non temperalapis: il fine ultimo è far
sì che il contadino capisca. A tal fine immagino che a volte si
debba scendere a compromessi anche molto più pesanti, quando
necessario;

- mi sembra eccessivo considerare l'uso particolare di un certo
termine in una polirematica, ai fini della sinonimia: se un detto è
così e non cosà, ciò non ha alcuna diretta e necessaria connessione
col significato, ma con l'abitudine. Se dicessi 'la mattina ha l'oro
in bocca', il significato non cambierebbe d'una virgola;

- ho usato il termine 'significato' secondo lo schema semantico
segno-significante-significato. Il significato non è che l'immagine
mentale del referente, e a me pare che calzi bene con quanto
sostenevo: il registro o la frequenza d'uso sono fenomeni esterni.
Da soli non ce la fanno a modificare il significato: l'idea che ho
del temperalapis e del temperamatite, e quella della gota e della
guancia, sono sempre le stesse, a prescindere dal registro, o dalla
frequenza d'uso, o dal fatto che esista un modo di dire che contenga
solo uno dei significanti. Spessissimo - questo è vero! - differenze
di registro e di frequenza sono un sintomo, utilissimo per trovare
poi, analizzando approfonditamente, sfumature di significato diverse.
Secondo me non è detto che sia *sempre* così, che le differenze ci
siano *per* *forza*. Se passiamo al piano pragmatico, e consideriamo
il 'significato pragmatico', allora le cose possono cambiare.

Forse dovremmo dir così: io vedo la sinonimia come fenomeno
prettamente semantico, tu come fenomeno pragmatico (e, facendo il
traduttore, per te è certamente l'ottica più giusta e...
significativa ;)). Come sempre, quando si tratta di definizioni
concordate, basta intendersi.
Salutoni.
--
Bye.
Lem
Su it.news.votazioni è in corso la CFV per it.comp.software.p2p.
L'articolo ha ID: <MK.it.comp.so...@news.nic.it>.

frank ruscalla

unread,
Oct 18, 2001, 5:43:33 PM10/18/01
to

Nicola Nobili ha scritto

>magica
>
>> Beh, anch'io sono del parere che un termine che descrive qualcosa
>> di "inesistente" non sia di alcuna alcuna utilità pratica.
>
> Ma guarda che la società umana si regge su termini inesistenti!
>Volendo essere estremisti,
>potremmo anche dire che tutti i termini sono inesistenti,
>trattandosi di approssimazioni non dimostrabili. L'astrazione serve
>come punto di riferimento, all'interno della imperfetta società
>umana.

E' un'opinione "nobile" (è il caso di dirlo ;o)) ), se non altro per
anzianità, dato che risale almeno al pensiero di Platone.
Io la trovo francamente insostenibile, per non dir di peggio. Secondo
questa posizione noi parliamo usando nient'altro che fantasmi, ma mi
risulta inspiegabile come sia possibile che ci si capisca benissimo.

La gentile Natalia ha fatto una richiesta comprensibilissima, e
difatti io le ho risposto nell'ambito delle mie scarse competenze
linguistiche, e in quello un po' più ampio delle conoscenze librarie.

Tutto il resto era una disquisizione che non c'entrava molto. Immagina
che qualcuno chieda: "Di che colore sono i capelli di Nicola Nobili?",
e che qualcuno risponda: "No, i colori non esistono, quello che noi
chiamiamo colore è solo un modo in cui il nostro cervello, attraverso
i coni e i bastoncelli, nonché il nervo ottico, "traduce" certe onde
elettromagnetiiche di lunghezza d'onda di valore X".

Non ti sembra che la risposta sarebbe totalmente inadeguata alla
richiesta?

Tralascio il fatto che la posizione che esponi presuppone l'esistenza
di un mondo iperuranio, perfetto ma impalpabile, su cui ci sarebbe
molto da dire. Da Nietzsche in poi Platone è stato ucciso almeno mille
volte, per fortuna, e non mi metterò certo io a infierire. :o)))

>> E, almeno stavolta,
>> preferisco una definizone più imprecisa, come quella del
>> Merriam-Webster

>> one of two or more words or expressions of the same language that


>> have the
>> same or nearly the same meaning in some or all senses

> Beh, la definizione è "d'uso", se vogliamo.

Quali altre definizioni ci sono? Il significato è l'uso: non conosco
alternative. E' ovvio che in contesti diversi il significato cambia.

Il chimico: "La formula dell'acqua è H2O"
L'avventore: "Ma questo vino è acqua!"
L'uomo perso nel deserto: "Per carità, un po' d'acqua!"

La stessa parola, tre usi diversi, tre significati diversi (altro che
sinonimi!).
Eppure, noi che abbiamo competenza nei diversi "giochi linguistici",
capiamo benissimo. O forse riteniamo che l'oste disonesto sarebbe
legittimato a rispondere: "No signore, questo vino non è acqua, la
quale è composta solamente da idrogeno e ossigeno nel rapporto di 2 a
1, possiede un pH uguale a 7 ecc. ecc."?

>"Significato identico o
>quasi". Quel "quasi" prende in considerazione l'uso comune,
>colloquiale, del termine, quello che puoi usare
>col lattaio o col panettiere. Anche io, per
>carità, a volte ricorro a "sinonimo" in modo improprio.

Non è un modo improprio, come non è improprio dire che "questo vino è
acqua".
E' un errore concettuale profondo, anche se comunissimo, ritenere che
l'unico uso proprio sia quello scientifico. Anche qui ci sarebbe molto
da dire, perché sembra che questo tipo di "scientismo" stia
avvelenando le nostre capacità comunicative.

Ci sono diversi contesti comunicativi, ci sono usi diversi, ognuno con
la sua "sintassi". Punto.

>Però, in contesti
>specifici, credo sia "evirante", poiché arresta il processo d'analisi
>lessicale.

In altri contesti, la smania di precisione (che poi è comunque una
precisione fasulla) arresta il processo di comprensione degli altri.

--
Ciao, omotrico. ;o)))
Frank


Paolo Bonardi dall'Osceno Tempio e Sacrilego

unread,
Oct 19, 2001, 7:16:58 AM10/19/01
to
L'Uomo Arancione "frenc ruscalla" <rusc...@iol.itVELOCEFUMO> ha
osservato:

> In altri contesti, la smania di precisione (che poi è comunque una
> precisione fasulla) arresta il processo di comprensione degli altri.

Ahimè: sono d'accordo con l'Uomo Arancione.
Un eccesso di precisione spacca inutilmente il capello [arancione] in
quattro. E rende difettoso il processo di comunicazione.
Ho trovato sul sito dell'Ans[i]a questa notizia:

> VIOLENZA SESSUALE: Fermati nove marocchini; Per
> abusi su donna di Rovigo
> ROVIGO - Nove cittadini marocchini sono stati
> fermati dai carabinieri di Rovigo per violenza
> sessuale nei confronti di una 30enne rodigina. La
> presunta violenza sessuale è avvenuta lo scorso
> fine settimana in un paese del polesine. La donna
> era andata con una amica a trovare il fidanzato
> di quest'ultima, un extracomunitario che vive con
> altri 10 connazionali. I nove indagati, avrebbero
> abusato della donna contro la volontà di
> quest'ultima. (ANSA).


Notate lo schema della comunicazione:
"Nove cittadiini marocchini sono stati fermati dai CC per violenza
carnale".
Poi l'estensore della notizia vuole essere più preciso e sottolinea che
si tratta di
"presunta violenza sessuale".
Bene, il dubbio che scaturisce in un lettore del "popolo ignorante"
(come direbbe Nobili) è che la violenza, essendo presunta, non sia vera.
Poi la perla finale: "I nove indagati, avrebbero
abusato della donna contro la volontà di quest'ultima".
Se io abuso di una donna lo faccio necessariamente contro la sua
volontà. Perché infarcire la frase di inutile ridondanza credendo di
essere più precisi?
Questa frase può fare nascere un dubbio: che se io abuso di qualcuno
contro la sua volontà, ebbene allora può succedere di abusare di
qualcuno che sia consenziente; da cui il dubbio: se io abuso di una
donna, lei può essere consenziente?

P.

--
Per creare it.cultura.linguistica.francese è necessario dimostrare
traffico pregresso di almeno 300 post al mese sul gruppo padre.
Aggiungete la tag [francese] ai vostri messaggi in tema e postateli
su it.cultura.linguistica

Nicola Nobili dai labirintici meandri dell'ortografia disaccentata

unread,
Oct 19, 2001, 8:56:45 AM10/19/01
to
"frank ruscalla"

> Secondo
> questa posizione noi parliamo usando nient'altro che fantasmi, ma mi
> risulta inspiegabile come sia possibile che ci si capisca benissimo.

Come puoi dire che ci si capisca "benissimo"? Non hai modo né di
dimostrarlo, né di spiegarlo, né di esserne certo. Tutt'al piú puoi
esserne convinto, come certa gente è convinta che Dio esista o che
domani spunterà il sole.
Il discorso (che conosco molto bene, ho seguito parecchie conferenze
sull'argomento) ci porterebbe lontano, e toccherebbe temi piú
filosofici che linguistici.
In breve: non c'è modo di sapere se noi davvero ci capiamo
"perfettamente". Anzi, è probabile che noi capiamo solamente parte di
ciò che sentiamo, e in maniera un po' approssimativa. Certo, la
società umana ha fatto tanti e tali progressi da indurre a ritenere
che la comunicazione sia "sufficientemente" efficace, ma pensare che
sia totale è un'illusione.

> Tutto il resto era una disquisizione che non c'entrava molto. Immagina
> che qualcuno chieda: "Di che colore sono i capelli di Nicola Nobili?",
> e che qualcuno risponda: "No, i colori non esistono, quello che noi
> chiamiamo colore è solo un modo in cui il nostro cervello, attraverso
> i coni e i bastoncelli, nonché il nervo ottico, "traduce" certe onde
> elettromagnetiiche di lunghezza d'onda di valore X".

Tutto adeguato al contesto, come ribadito mille volte durante la
conversazione. Obietto all'uso di Lem di "perfetta sinonimia" su un
gruppo di linguistica, non altrove.

> Non ti sembra che la risposta sarebbe totalmente inadeguata alla
> richiesta?

Una volta una mia insegnante di matematica diceva che il risultato di
un'equazione era "pressapoco" quello. Anche questa è una risposta del
tutto inadeguata.

> Tralascio il fatto che la posizione che esponi presuppone l'esistenza
> di un mondo iperuranio, perfetto ma impalpabile, su cui ci sarebbe
> molto da dire.

Non stavo facendo filosofia! Mi stavo limitando ad osservare quanto
siano imperfette le etichette linguistiche. D'altronde, c'è qualcuno
qui che non ne sia convinto ormai da tempo? Spero di no.

> Quali altre definizioni ci sono? Il significato è l'uso: non conosco
> alternative.

Poi sono io, quello "pragmatico". No, l'uso determina il "valore"
(secondo Saussure il "significato in rapporto al contesto", o qualcosa
di analogo), il "referente" o altro. Il significato è un'astrazione.
Continuiamo a fare confusione coi termini.

> Eppure, noi che abbiamo competenza nei diversi "giochi linguistici",
> capiamo benissimo.

Uno dei tuoi esempî è però metaforico. È opportuno omettere in toto la
retorica dal discorso, non perché sia inopportuna, ma perché la
trattazione occuperebbe tonnellate di spazio virtuale e non sarebbe
mai conclusiva. Vedi "Metafose e vita quotidiana", se ne vuoi sapere
di piú.

> Non è un modo improprio, come non è improprio dire che "questo vino è
> acqua".

Metafora. In questo caso non importa il "significato" dei termini, ma
la "differenza" tra i due significati. Se mi dicessi che "vino" e
"acqua", in questa frase, sono sinonimi, commetteresti un errore.
Proprio perché NON LO SONO la metafora ha senso.

> E' un errore concettuale profondo, anche se comunissimo, ritenere che
> l'unico uso proprio sia quello scientifico.

Macché scientifico! La stragrande maggioranza delle parole ha un
significato privo di scientificità. Grande, piccolo, bello, brutto,
vago, simpatico, etc.

> In altri contesti, la smania di precisione (che poi è comunque una
> precisione fasulla) arresta il processo di comprensione degli altri.

Concordo. Infatti non avrei mai ripreso il barista o il taxista se
avesse usato l'espressione che contesto a Lem.

Ciao,
Nicola

Nicola Nobili dai labirintici meandri dell'ortografia disaccentata

unread,
Oct 19, 2001, 9:06:07 AM10/19/01
to
Lem Novantotto

> Il lavoro
> dell'interprete deve IMHO tenere in considerazione, inoltre, per chi
> si stia traducendo

[Carognata pignolissima] Adesso mi confondi "traduttore" e
"interprete"! Comunque, anche il traduttore deve tenere in
considerazione chi leggerà il suo lavoro.

> Se dicessi 'la mattina ha l'oro
> in bocca', il significato non cambierebbe d'una virgola;

Immediatamente rileverei qualcosa di strano, se cosí dicessi. Potrei
passarci sopra, potrei chiedermi se è un lapsus o un tuo tentativo di
essere originale... ma avvertirei (o potrei avvertire) una deviazione,
per quanto piccola.

> - ho usato il termine 'significato' secondo lo schema semantico
> segno-significante-significato.

Permettimi però di dire che quella "trilogia" è vetusta e non troppo
accurata, oggigiorno...

> Il significato non è che l'immagine
> mentale del referente

Altra definizione che lascia moltissimo a desiderare. Il referente non
sempre esiste, il significato sí. "Immagine mentale" è un termine che
poteva usare Saussure all'inizio del XX secolo, ma non ha né capo né
coda oggi, è imprecisa, non significa niente. All'epoca, quando la
linguistica scientifica era abbastanza nuova, si mutuavano termini dal
linguaggio della filosofia o di altre discipline, oggi non ha senso.
Data la tua definizione, il significato è quanto mai astratto ed
inafferrabile. Come puoi affermare che due significati sono identici,
se sono "immagini mentali"? Come puoi paragonare "immagini mentali"?
Capisci perché rigetto questa terminologia inutile e obsoleta.

> Da soli non ce la fanno a modificare il significato: l'idea che ho
> del temperalapis e del temperamatite, e quella della gota e della
> guancia, sono sempre le stesse

Questo apre la strada all'impoverimento della lingua, all'uso
indiscriminato delle parole. Prova, in concreto, a dare un dizionario
dei sinonimi ad uno straniero e dirgli di usare, per ogni entrata, la
voce che vuole, indifferentemente. Il poverino parlerà in maniera a
dir poco maccheronica, farà ridere e basta. Eppure su quel dizionario
trova "gota = guancia" (per me DIVERSISSIME!), etc.

> Spessissimo - questo è vero! - differenze
> di registro e di frequenza sono un sintomo, utilissimo per trovare
> poi, analizzando approfonditamente, sfumature di significato diverse.

Il registro è una differenza di significato. Non devi pensare ai
termini come etichette che appiccichi a referenti.

> Forse dovremmo dir così: io vedo la sinonimia come fenomeno
> prettamente semantico, tu come fenomeno pragmatico

No, io parlo per astratto. Sapessi quante volte, in cabina, posso
permettermi il lusso di usare termini affini ma non proprio sinonimi
senza che cambi alcun che. Pragmaticamente i "sinonimi" aumentano, non
diminuiscono.

> Come sempre, quando si tratta di definizioni
> concordate, basta intendersi.

Già. Ma mi spieghi come puoi dire che due significati sono identici,
visto che nessuno è in grado di definire con precisione il significato
di nessuna cosa? Al massimo lo sono "per un certo parlante", come dici
tu. Ma questa è pragmatica, non quello che dico io.

Ciao,
Nicola

Roscio

unread,
Oct 19, 2001, 10:23:09 AM10/19/01
to
"Paolo Bonardi dall'Osceno Tempio e Sacrilego" <pb...@mac.com> wrote in
message news:9qp2aj$p3oj5$1...@ID-27084.news.dfncis.de...

> Poi l'estensore della notizia vuole essere più preciso e sottolinea che
> si tratta di "presunta violenza sessuale".

Questo è un obbligo giuridico: si deve premettere l'aggettivo "presunto",
se il soggetto non è ancora stato condannato da un tribunale con sentenza
passata in giudicato, altrimenti si è passibili di querela.

--
Er Roscio.

Vitt

unread,
Oct 19, 2001, 12:46:23 PM10/19/01
to
Lem Novantotto nel messaggio <9qmi8...@ID-24474.user.dfncis.de> ha
scritto:


>>Condivido, ma l'origine è diversa: matita infatti era la "mina" e
>>lapis era quanto sorreggeva la matita.
>

>Se n'è già parlato tempo fa, se ben ricordo.

Ricordo benissimo tutto il filone.
La mia era una integrazione derivata dalla lettura del mio vecchio
vocabolario Petrocchi (1906) dal quale ho riassunto.


>
>>"Toccalapis" era quello che oggi si chiama portamina
>
>Il che contrasterebbe con la definizione di lapis che hai dato
>sopra. Se il lapis fosse quanto sorregge la mina, toccalapis sarebbe
>quella cosa che tocca ciò che sorregge la mina. Che sarebbe? ;)
>

Condivido la perplessità: i vocabolari non sono perfetti!
Riporto comunque per approfondimento.

LAPIS e pop. LAPISSE, s.m. Cannellino di legno con piombaggine o altra
pietra dentro usato a disegnare, prènder appunti.

TOCCALAPIS, s.m. Sòrta di lapis con matita o lapis mobile.


--
Bye
Vitt

Nicola Nobili

unread,
Oct 19, 2001, 2:17:05 PM10/19/01
to
Lem Novantotto

> Uéila!
> Non seguo sci.lang, ma mi pare che sia frequentato da due 'sinonimi
> umani', uno di Nicola e uno mio. ;)))))

Perdonami, mi spiegheresti che cosa vuol dire? Sembra carina, ma proprio
non c'arrivo...

Nicola Nobili

unread,
Oct 19, 2001, 2:20:21 PM10/19/01
to
Paolo Bonardi dall'Osceno Tempio e Sacrilego, luogo adatto alla discussione,
scrisse:

> Bene, il dubbio che scaturisce in un lettore del "popolo ignorante"
> (come direbbe Nobili) è che la violenza, essendo presunta, non sia vera.

Fin qui, a parte lo stile pesante, è corretto. Sono stati fermati per
violenza sessuale. Ossia: questa è l'accusa, ma va dimostrata in tribunale,
ecco perché è "presunta".

> Poi la perla finale: "I nove indagati, avrebbero
> abusato della donna contro la volontà di quest'ultima".

Qui si abusa d'una virgola inutile...
Comunque l'ANSA non è l'esempio piú eccelso dell'uso dei sinonimi.

Lem Novantotto

unread,
Oct 20, 2001, 5:29:28 AM10/20/01
to
In it.cultura.linguistica.italiano, Nicola Nobili wrote:
>Perdonami, mi spiegheresti che cosa vuol dire?

Volevo semplicemente dire che, per quello che magica ha riportato, i due
sembravano avere le nostre stesse rispettive posizioni.
--
Bye.
Lem
'CLOCK is what you make of it: non sprecare i cicli idle della tua CPU'
Conoscere meglio le proteine: www.stanford.edu/group/pandegroup/Cosm/

frank ruscalla

unread,
Oct 21, 2001, 8:40:46 AM10/21/01
to

Nicola Nobili ha scritto .

>"frank ruscalla"
>
>> Secondo
>> questa posizione noi parliamo usando nient'altro che fantasmi, ma
>> mi risulta inspiegabile come sia possibile
>> che ci si capisca benissimo.

>Come puoi dire che ci si capisca "benissimo"?Non hai modo né di


>dimostrarlo, né di spiegarlo, né di esserne certo.
>Tutt'al piú puoi
>esserne convinto, come certa gente è convinta che Dio esista o che
>domani spunterà il sole.

Sofisma da due lire.

Nella parte che hai tagliato dici


<<Ma guarda che la società umana si regge su termini inesistenti!
Volendo essere estremisti, potremmo anche dire che tutti i termini
sono inesistenti,>>

Io ti dico che quando affermo "Ho comprato del pane", "Sono andato al
cinema", "Mi piacerebbe andare a visitare Londra", la gente capisce
cosa io voglio dire. Come sarebbe possibile se tutti i termini sono
inesistenti?

>Il discorso (che conosco molto bene, ho seguito parecchie conferenze
>sull'argomento)

Vedo che hai ravvivato la rubrica di "Cuore" <<E chi se ne frega>>
:o)))

>ci porterebbe lontano, e toccherebbe temi piú
>filosofici che linguistici.

Appunto, il problema è filosofico.

>In breve: non c'è modo di sapere se noi davvero ci capiamo
>"perfettamente".

Io non ho detto perfettamente, ho detto benissimo, e la mia vita
quotidiana me lo conferma ogni giorno. Se tutti i termini fossero
inesistenti come dici tu, la vita sarebbe im-pos-si-bi-le.

>Anzi, è probabile che noi capiamo solamente parte di
>ciò che sentiamo, e in maniera un po' approssimativa. Certo, la
>società umana ha fatto tanti e tali progressi da indurre a ritenere
>che la comunicazione sia "sufficientemente" efficace, ma pensare che
>sia totale è un'illusione.

Stai nuovamente distorcendo ciò che io ho affermato. Non ho detto
"totale".

>> Tutto il resto era una disquisizione che non c'entrava molto.
>> Immagina che qualcuno chieda:
>> "Di che colore sono i capelli di Nicola Nobili?",
>> e che qualcuno risponda: "No, i colori non esistono, quello che noi
>> chiamiamo colore è solo un modo in cui il nostro cervello,
>> attraverso i coni e i bastoncelli, nonché il nervo ottico,
>> "traduce" certe onde
>> elettromagnetiiche di lunghezza d'onda di valore X".

>Tutto adeguato al contesto, come ribadito mille volte durante la
>conversazione. Obietto all'uso di Lem di "perfetta sinonimia" su un
>gruppo di linguistica, non altrove.

Questo è il nocciolo della discussione, e purtroppo la memoria ti fa
difetto.
Il thread è stato avviato da Natalia: ti riporto i termini della
discussione

NATALIA
<<Cerco da alcuni mesi il dizionario dei sinonimi il quale, oltre ad
elencare tali, spiegasse le sfumature del significato.>>

Il fatto è questo: esistono dizionari che non si limitano a dare un
elenco di sinonimi, ma SPIEGANO le differenze tra un sinonimo e
l'altro, in modo da indirizzare chi li consulta a scegliere un
sinonimo adeguato il contesato. Io ho indicato a Natalia uno di questi
dizionari.

Ti riporto la TUA risposta alla stassa domanda

<<Come diceva giustamente una mia insegnante, guarda caso di russo, il
dizionario dei sinonimi e fatto per chi gia conosce le sfumature, dal
momento che veri e propri sinonimi non esistono mai in nessuna
lingua.>>

Questa risposta è inadeguata alla richiesta. *Alcuni* dizionari dei
sinonimi insegnano le sfumature. e non sono meri elenchi di parole.
Aggiungere poi che sinonimi veri e propri non esistono fa slittare la
discussione su un piano totalmente diverso rispetto alla richiesta di
Natalia. QUI sta la inadeguatezza della risposta.
Natalia fa una richiesta "normale", tu ti sposti su una disquisizione
"scientifica"

>> Non ti sembra che la risposta sarebbe totalmente inadeguata alla
>> richiesta?

>Una volta una mia insegnante di matematica diceva che il risultato di
>un'equazione era "pressapoco" quello. Anche questa è una risposta del
>tutto inadeguata.

>> Tralascio il fatto che la posizione che esponi presuppone
>> l'esistenza
>> di un mondo iperuranio, perfetto ma impalpabile, su cui ci sarebbe
>> molto da dire.
>
>Non stavo facendo filosofia!

Stavi facendo filosofia anche senza rendertene conto.
I problemi relativi alla "perfezione" delle etichette linguistiche,
dell'adeguatezza, della comprensione tra i comunicanti, sono problemi
squisitamente filosofici, e ogni posizione (la tua come la mia)
sottende una diversa concezione del mondo.

Se scavi abbastanza, tutti i problemi diventano filosofici. :-))

>Mi stavo limitando ad osservare quanto
>siano imperfette le etichette linguistiche. D'altronde, c'è qualcuno
>qui che non ne sia convinto ormai da tempo? Spero di no.

Ti va male. Io non credo all'iperuranio, e quindi le etichette
linguistiche sono proporzionate a tutti gli altri aspetti della vita
umana. Imperfetta, dici? Paragonandola a cosa?

>> Quali altre definizioni ci sono? Il significato è l'uso: non
>> conosco alternative.

>Poi sono io, quello "pragmatico". No, l'uso determina il "valore"
>(secondo Saussure il "significato in rapporto al contesto", o
>qualcosa
>di analogo), il "referente" o altro. Il significato è un'astrazione.
>Continuiamo a fare confusione coi termini.

Plurale maiestatis? ;o))

>> Eppure, noi che abbiamo competenza nei diversi "giochi
>> linguistici", capiamo benissimo.

>Uno dei tuoi esempî è però metaforico. È opportuno omettere in toto
>la
>retorica dal discorso, non perché sia inopportuna, ma perché la
>trattazione occuperebbe tonnellate di spazio virtuale e non sarebbe
>mai conclusiva. Vedi "Metafose e vita quotidiana", se ne vuoi sapere
>di piú.

>> Non è un modo improprio, come non è improprio dire che "questo vino
>> è acqua".

>Metafora. In questo caso non importa il "significato" dei termini, ma
>la "differenza" tra i due significati. Se mi dicessi che "vino" e
>"acqua", in questa frase, sono sinonimi, commetteresti un errore.
>Proprio perché NON LO SONO la metafora ha senso.

Io stavo parlando di diversi possibili usi del termine acqua per
illustrare il problema dei significati. Non mi riferivo ai sinonimi in
particolare. Può darsi che se sono stato equivocato lo sbaglio sia
mio.

>> E' un errore concettuale profondo, anche se comunissimo, ritenere
>> che l'unico uso proprio sia quello scientifico.

>Macché scientifico! La stragrande maggioranza delle parole ha un
>significato privo di scientificità. Grande, piccolo, bello, brutto,
>vago, simpatico, etc.

>> In altri contesti, la smania di precisione (che poi è comunque una
>> precisione fasulla) arresta il processo di comprensione degli
>> altri.

>Concordo. Infatti non avrei mai ripreso il barista o il taxista se
>avesse usato l'espressione che contesto a Lem.

Ma tu hai ripreso Natalia, che usava il termine "sinonimi" in maniera
perfettamente legittima (e comprensibile). Vatti a riguardare il
thread.

Omotricamente tuo,
Frank


Nicola Nobili

unread,
Oct 21, 2001, 9:26:47 AM10/21/01
to
frank ruscalla

> Io ti dico che quando affermo "Ho comprato del pane", "Sono andato al
> cinema", "Mi piacerebbe andare a visitare Londra", la gente capisce
> cosa io voglio dire. Come sarebbe possibile se tutti i termini sono
> inesistenti?

Non si può dimostrare nulla sull'esistenza di certi termini. Tutt'al
piú, quando c'è una INTERAZIONE SOCIALE (poche volte, credimi, rispetto a
quelle in cui si parla), puoi essere RAGIONEVOLMENTE SICURO che la
comunicazione sia avvenuta in maniera SUFFICIENTE. Se vai al bar, ordini un
cornetto e il cameriere ti porta un cornetto, abbiamo un caso lampante.
Quasi sempre non è cosí. Se, per esempio, vai in varie città d'Italia ed
ordini una "focaccia", ti porteranno cose anche diversissime. Esempio "terra
terra" di come la comunicazione, l'identificazione dei termini non sia mai
perfetta.

> >In breve: non c'è modo di sapere se noi davvero ci capiamo
> >"perfettamente".
>
> Io non ho detto perfettamente, ho detto benissimo

Ah! Vedi la difficoltà di intendersi sui sinonimi? :-)

> e la mia vita
> quotidiana me lo conferma ogni giorno. Se tutti i termini fossero
> inesistenti come dici tu, la vita sarebbe im-pos-si-bi-le.

Chi te lo dice? Io ho detto che i significati dei termini, SECONDO CERTI
ESTREMISTI (dai quali mi dissocio) sono inesistenti. Io credo che esista una
"area di significato", mai troppo ben definita, che in qualche modo può
coincidere, permettendo la comunicazione. Tutto qui. Questo rende la vita
"possibile", ma ritengo anche che noi, ingenuamente e perché ci fa comodo
avere delle certezze, riteniamo di capire molto di piú di quello che davvero
capiamo di come avviene la comunicazione. Basta leggere un po' di
letteratura psicologica su disturbi del linguaggio, incomprensioni verbali,
eccetera per avere qualche sano dubbio al riguardo.

> > Certo, la
> >società umana ha fatto tanti e tali progressi da indurre a ritenere
> >che la comunicazione sia "sufficientemente" efficace, ma pensare che
> >sia totale è un'illusione.
>
> Stai nuovamente distorcendo ciò che io ho affermato. Non ho detto
> "totale".

Ah! Io pensavo che "capire benissimo" e "comprensione totale" fossero
"perfetti sinonimi"! Ti chiedo umilmente scusa...

> Questo è il nocciolo della discussione, e purtroppo la memoria ti fa
> difetto.
> Il thread è stato avviato da Natalia: ti riporto i termini della
> discussione

Ti ringrazio, mi sono chiari. Ma la discussione è avvenuta tra Lem e me,
non tra Natalia e me. Io ho risposto a Natalia, Lem s'è attaccato ad un
dettaglio dei tanti del mio discorso, e da lí siamo partiti (siamo! tutti e
due) per la tangente. Niente di male o di strano, mi sembra.


> Il fatto è questo: esistono dizionari che non si limitano a dare un
> elenco di sinonimi, ma SPIEGANO le differenze tra un sinonimo e
> l'altro

Pochi, e da quello che ho visto io (posso sbagliarmi, chiaro), sempre in
maniera molto imperfetta.

> <<Come diceva giustamente una mia insegnante, guarda caso di russo, il
> dizionario dei sinonimi e fatto per chi gia conosce le sfumature, dal
> momento che veri e propri sinonimi non esistono mai in nessuna
> lingua.>>
>
> Questa risposta è inadeguata alla richiesta. *Alcuni* dizionari dei
> sinonimi insegnano le sfumature. e non sono meri elenchi di parole.

E sono comunque PERICOLOSISSIMI. Ribadisco: il dizionario dei sinonimi è
fatto per i madrelingua, o per POCHISSIMI stranieri il cui livello
linguistico sia elevatissimo. Altrimenti si inducono i discenti in errori
piuttosto ilari.

> Aggiungere poi che sinonimi veri e propri non esistono fa slittare la
> discussione su un piano totalmente diverso rispetto alla richiesta di
> Natalia. QUI sta la inadeguatezza della risposta.

Infatti la risposta era di Lem, poi a Lem, poi di Lem...

> Natalia fa una richiesta "normale", tu ti sposti su una disquisizione
> "scientifica"

Io ho risposto alla richiesta "normale": ho detto che secondo me non
esiste nulla di ciò che desidera. Al massimo posso sbagliarmi, ma ti assicur
o che l'ho fatto in buona fede.

> >Concordo. Infatti non avrei mai ripreso il barista o il taxista se
> >avesse usato l'espressione che contesto a Lem.
>
> Ma tu hai ripreso Natalia, che usava il termine "sinonimi" in maniera
> perfettamente legittima (e comprensibile).

No, dopo aver risposto alla sua domanda, in maniera negativa, le ho
spiegato perché penso che non sia opportuno per uno straniero servirsi del
dizionario dei sinonimi. La discussione con lei è finita lí.

Paolo Bonardi dall'Osceno Tempio e Sacrilego

unread,
Oct 21, 2001, 11:01:15 AM10/21/01
to
Nicola Nobili scripsit:

> No, dopo aver risposto alla sua domanda, in maniera negativa, le ho
> spiegato perché penso che non sia opportuno per uno straniero servirsi
> del dizionario dei sinonimi. La discussione con lei è finita lí.

Ma questo atteggiamento porta a conclusioni aberranti: e cioè che uno
straniero che impari e parli l'italiano sia quasi obbligato a usare un solo
lemma per descrivere un oggetto: un russo dovrebbe usare solo "mais" e non
"granturco"? La "lattina" di Coca Cola non potrà mai essere "barattolo" di
Coca Cola? Dirai tu: ma lattina e barattolo non sono sinonimi!
Puah! E' vero che non sono sinonimi, ma alcuni italiani usano lattina,
altri barattolo e si intendono benissimo.
E un tedesco dovrà dire solo cornetto e non brioche? Puah!
E che dire di un turco che può dire solo "sedia" e non "seggiola"?
No, dice Nicola Nobili, egli potrà usare solo "sedia", perché il discente
non deve conoscere i sinonimi, a meno che egli non sia uno dei pochissimi
stranierri che posseggano copnoscenza dell'italiano solo a liverlli
altrissimi: ovvero a livello di interprete. Bah!

P.


--
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Nicola Nobili

unread,
Oct 21, 2001, 1:57:14 PM10/21/01
to
Paolo Bonardi dall'Osceno Tempio e Sacrilego

> Ma questo atteggiamento porta a conclusioni aberranti: e cioè che uno


> straniero che impari e parli l'italiano sia quasi obbligato a usare un
solo
> lemma per descrivere un oggetto

Questa, mi permetto di dire, è una tua liberissima interpretazione di
quanto ho detto io. Mi permetto di sottolineare "liberissima".

> un russo dovrebbe usare solo "mais" e non
> "granturco"?

All'inizio, difficilmente sentirà entrambi, userà quello che sente per
primo (verosimilmente "mais"). Il resto verrà col tempo.

> No, dice Nicola Nobili, egli potrà usare solo "sedia", perché il discente
> non deve conoscere i sinonimi, a meno che egli non sia uno dei pochissimi
> stranierri che posseggano copnoscenza dell'italiano solo a liverlli
> altrissimi: ovvero a livello di interprete.

Proprio non hai capito. E dire che mi sembrava semplice... Non ho mai
detto che uno straniero non deve usare "sinonimi". Ho detto che non dovrebbe
usare il "dizionario dei sinonimi" fino a quando ha raggiunto un livello
molto elevato della lingua, a meno che non se la senta di accollarsi un
grosso rischio. Penso che tu conosca la differenza tra un "sinonimo" ed un
"dizionario". Io che sono interprete (sono malizioso se noto un'allusione
personale nella tua scelta terminologica?), diffido sempre del dizionario
dei sinonimi. In inglese ce l'ho, a volte lo uso, ma di rado, e sempre
coadiuvato da altro materiale. Molto piú spesso ricorro alle concordanze:
se, con un programma apposito, scorro un corpus di milioni di parole in
inglese e trovo tutti i casi in cui un vocabolo ricorre, me li studio come
si deve, etc., capisco come usare quel vocabolo molto meglio di come
potranno insegnarmi tutti i dizionarî del mondo.
Peraltro, quando si comincia a studiare una lingua, si notano sempre due
fenomeni. Il primo è che per molti termini non si conoscono affatto
sinonimi, è già tanto se sai come dirlo nella lingua straniera. A questo
livello è assurdo, oltre che impossibile, usare i sinonimi. Un dizionario
dei sinonimi, a questo punto, è solo dannoso, fai confusione senza parlare
meglio la lingua.
In séguito, uno impara tanti termini, ma poiché non comprende troppo
bene la distinzione tra termini affini, tende a usarli talvolta a
sproposito. Che differenza c'è tra "grande", "imponente", "possente",
"grosso", "alto", "enorme", etc.? O tra "importante", "famoso", "notevole",
etc.? Gli stranieri, in questa fase, parlano piú speditamente, si fanno
capire meglio, talvolta però sbagliano termine. Poco male, se lo scopo è
solamente la comunicazione. Se uno si vuole correggere, allora basta (anzi,
è meglio) il dizionario italiano monolingue, dove si cercano i termini
affini e si evidenziano le differenze. Meglio ancora cercare le concordanze,
ma non è per tutti, me ne rendo conto.
Infine, c'è una fase in cui la fluidità e la correttezza grammaticale
sono generalmente buoni. Manca, a questo punto, un po' di vocabolario:
l'arricchimento lessicale è l'ultimo àmbito linguistico a venire raffinato,
e continua per tutta la vita, anche per i madrelingua. A questo punto,
apprendere qualche "alternativa" (diffido sempre dal termine "sinonimo") fa
solo bene. Però, per uno straniero c'è sempre il rischio di imparare una
parola astrattamente, senza saperla usare nel suo giusto contesto. Esempio
banale. Uno straniero apre il dizionario dei sinonimi, legge che "capo" e
"testa" sono sinonimi, e se ne esce con espressioni tipo "lui è la testa
della banda", "giochiamo a capo o croce?", etc. Ecco, in questa fase la
tentazione di avvalersi del dizionario dei sinonimi è grande, ma
l'esperienza personale ed il mio curriculum di studî (durante il quale sono
stato spesso a contatto con discenti l'italiano ed ho studiato la didattica
delle lingue) mi hanno indotto a ritenere che sia una scelta poco felice.
Il dizionario dei sinonimi non è per chi deve imparare: è per chi già
sa, e semplicemente ha bisogno di un suggerimento, di un'ispirazione per
variare un po'. Per un traduttore (per iscritto, quindi), è fondamentale,
perché non sempre ti viene súbito in mente il termine piú azzeccato, e non
puoi scervellarti per ore in attesa dell'illuminazione. Per uno studente di
una lingua straniera è un pericolo.
Io, italiano, uso il dizionario dei sinonimi solamente in italiano,
sostanzialmente. Molto occasionalmente anche in inglese, ma con molta
cautela. In russo non l'ho nemmeno ancora comprato, per darti un'idea. E non
mi considero un superman, onestamente.
Spero di essermi chiarito. Vorrei davvero evitare di litigare
gratuitamente.

magica

unread,
Oct 22, 2001, 2:58:53 AM10/22/01
to
In [<9qnca8$of6mm$3...@ID-64088.news.dfncis.de> 18 ottobre 2001 21:46:44 +0200]
Nicola Nobili ha scritto...

>magica
>
>> Beh, anch'io sono del parere che un termine che descrive qualcosa di
>> "inesistente" non sia di alcuna alcuna utilità pratica.

> Ma guarda che la società umana si regge su termini inesistenti!

Ma non nel senso che tu attribuisci a sinonimi. Adesso guardo fuori dalla
finestra e vedo delle piante (strano che qui riescanoa sopravvivere) con le
foglie ancora verdi. E' preciso il verde? Certo che no: è tutta una gamma di
tinte, e però ognuna di queste, a un occhio non daltonico, appare avere una
caratteristica speciale che ne giustifica il nome. Eppure parlare di verde serve
a comunicare.

L'indaco dell'arcobaleno, ecco, è un concetto astratto. Perché non lo vede
nessuno come gamma di tinte distinte dal viola e dal blu.

E infatti non serve ad altro che a fingere di vedere sette "colori"
dell'arcobaleno invece di sei. (-:

>Volendo essere estremisti, potremmo anche dire che tutti i termini sono inesistenti,
>trattandosi di approssimazioni non dimostrabili. L'astrazione serve come
>punto di riferimento, all'interno della imperfetta società umana.

A me non sembra che le parole siano in maggioranza "inesistenti". Piuttosto
invece che sono "relative". Una persona che per me è alta, può non esserlo per
un watusso (che parli l'italiano).

>> one of two or more words or expressions of the same language that have the
>> same or nearly the same meaning in some or all senses

> Beh, la definizione è "d'uso", se vogliamo. "Significato identico o
>quasi". Quel "quasi" prende in considerazione l'uso comune, colloquiale, del
>termine, quello che puoi usare col lattaio o col panettiere. Anche io, per
>carità, a volte ricorro a "sinonimo" in modo improprio. Però, in contesti
>specifici, credo sia "evirante", poiché arresta il processo d'analisi
>lessicale.

In tali contesti sarebbe allora da evitare tout court, o da usare solo in senso
negativo, dal momento che due sinonimi nel senso che intendi tu non credo
esistano.

Ciao.

Gian Carlo

Nicola Nobili dai labirintici meandri dell'ortografia disaccentata

unread,
Oct 22, 2001, 5:37:03 AM10/22/01
to
magica

> Ma non nel senso che tu attribuisci a sinonimi. Adesso guardo fuori dalla
> finestra e vedo delle piante (strano che qui riescanoa sopravvivere) con le
> foglie ancora verdi. E' preciso il verde? Certo che no: è tutta una gamma di
> tinte, e però ognuna di queste, a un occhio non daltonico, appare avere una
> caratteristica speciale che ne giustifica il nome. Eppure parlare di verde serve
> a comunicare.

L'esempio che hai scelto, del tutto in buona fede, non è forse il piú
calzante, perché per quanto riguarda i colori, pare che ci sia una
(parziale) giustificazione dovuta alla struttura universale
dell'apparato visivo. In altre parole, hanno scoperto analogie e
parallelismi sorprendenti nella maniera di esprimere i colori tra le
varie lingue del mondo... Il discorso è un po' complesso, magari un
giorno ci scrivo un messaggio apposito, su ICL.
Quel che dici, comunque, non contraddice il mio pensiero: se mi dici
"verde", non capirò mai di preciso cosa intendi dire. Nel miglore dei
casi, ne avrò un'idea. Se poi tu mi dici di prenderti la borsa verde
in un luogo dove ci sono borse di svariati colori molto diversi tra
loro, per esclusione riuscirò a soddisfare la tua richiesta, ma se me
lo dici in un posto dove ci sono borse di colori tutti simili al
verde, pur essendo, magari, i termini sinonimi, la comprensione non
funziona.
Davvero ti pareva che avessi detto qualcosa di molto diverso?

> A me non sembra che le parole siano in maggioranza "inesistenti". Piuttosto
> invece che sono "relative". Una persona che per me è alta, può non esserlo per
> un watusso (che parli l'italiano).

Opinione ragionevole. Io sono d'accordo con te, a scanso d'equivoci.
Però c'è chi dissente, chi addirittura afferma che il linguaggio crea
il mondo, e non viceversa. Non entro nell'argomento. Io non facevo che
riportare l'opinone estrema a cui si può giungere.

> In tali contesti sarebbe allora da evitare tout court, o da usare solo in senso
> negativo, dal momento che due sinonimi nel senso che intendi tu non credo
> esistano.

Infatti. Come dicevo, il problema è sempre quello dell'appropriatezza,
relativamente alla situazione. Se al bar uso un'espressione impropria
perché in quel momento non mi viene in mente niente di meglio,
pazienza, finché il barista mi dà quello che voglio. In questo caso
"sinonimo" copre taaaaaante cose, anche significati che non
assumerebbe normalmente.

Ciao,
Nicola

magica

unread,
Oct 22, 2001, 6:07:18 AM10/22/01
to
In [<d8518dbc.0110...@posting.google.com> 22 ottobre 2001 02:37:03

-0700] Nicola Nobili dai labirintici meandri dell'ortografia disaccentata ha
scritto...
>magica

>> Ma non nel senso che tu attribuisci a sinonimi. [...] E' preciso il verde? Certo


>> che no: è tutta una gamma di tinte, e però ognuna di queste, a un occhio
>> non daltonico, appare avere una caratteristica speciale che ne giustifica il
>> nome. Eppure parlare di verde serve a comunicare.

>L'esempio che hai scelto, del tutto in buona fede, non è forse il piú
>calzante, perché per quanto riguarda i colori, pare che ci sia una
>(parziale) giustificazione dovuta alla struttura universale
>dell'apparato visivo. In altre parole, hanno scoperto analogie e
>parallelismi sorprendenti nella maniera di esprimere i colori tra le
>varie lingue del mondo...

La cosa non mi stupisce.

Ma, per tornare all'esempio, tutto era partito dal fatto che, avendo io
scritto...

>>>> Beh, anch'io sono del parere che un termine che descrive qualcosa di
>>>> "inesistente" non sia di alcuna alcuna utilità pratica.

..riferendomi, dato il contesto, al fatto che tu ririeni che la parola
"sinonimo" descriva qualcosa che in realtà non esiste, mi hai risposto...

>>> Ma guarda che la società umana si regge su termini inesistenti!
>>la società umana si regge su termini inesistenti!

Ora i termini "inesistenti" su cui si regge la società umana non sono, come il
sinonimo della tua definizione, termini ideali di cui la realtà costituisce solo
un'approssimazione, ma semmai termini, direi, già imprecisi e relativi di per
sé. Come lo è il verde. Ma come lo è il bene, ad esempio. O una casa.

>Davvero ti pareva che avessi detto qualcosa di molto diverso?

Sì, mi pareva. In ogni caso direi che la società non può, di sicuro, basarsi su
termini inesistenti nel senso che tu attribuisci a sinonimo.

>> A me non sembra che le parole siano in maggioranza "inesistenti". Piuttosto
>> invece che sono "relative". Una persona che per me è alta, può non esserlo per
>> un watusso (che parli l'italiano).
>
>Opinione ragionevole. Io sono d'accordo con te, a scanso d'equivoci.
>Però c'è chi dissente, chi addirittura afferma che il linguaggio crea
>il mondo, e non viceversa.

Beh, io direi che c'è un'interazione fra parole e mondo. E quindi posso
parzialmente consentire con chi dissente. Naturalmente occorrerebbe precisare
che cosa si intende con creare il mondo. Una vera creazione a partire dalla
parola sarebbe arte... magica.

Ciao.

Gian Carlo


Roscio

unread,
Oct 22, 2001, 5:30:58 AM10/22/01
to
"Vitt" <v.m...@iol.it> wrote in message
news:t0pvstgdq93ke708m...@4ax.com...

>
> Condivido la perplessità: i vocabolari non sono perfetti!
> Riporto comunque per approfondimento.
>
> LAPIS e pop. LAPISSE, s.m. Cannellino di legno con piombaggine o altra
> pietra dentro usato a disegnare, prènder appunti.
>
> TOCCALAPIS, s.m. Sòrta di lapis con matita o lapis mobile.

Signori,
approfitto della vostra competenza per chiedere: ma quell'altro aggeggio,
che io non ho mai visto di presenza, ma che conosco per averlo notato nella
litografia "Mani che disegnano" di M. C. Escher, che serve per poter usare
fino alla fine i "mozziconi" di matita e che consiste di due mezzi tubicini
a sezione esagonale uniti alle estremita con due elastici, come cavolo
si chiama ?... Reggimozzicone ?... :-)))))

--
Er Roscio.

Roscio

unread,
Oct 22, 2001, 7:15:58 AM10/22/01
to
"Nicola Nobili dai labirintici meandri dell'ortografia disaccentata"
<nicolan...@libero.it> wrote in message
news:d8518dbc.0110...@posting.google.com...

> Però c'è chi dissente, chi addirittura afferma che il linguaggio crea
> il mondo, e non viceversa.

Lo dice anche la Bibbia: "In principio era il verbo".
Il complemento oggetto venne molto tempo dopo... ;-)))

--
Er Roscio.

frank ruscalla

unread,
Oct 22, 2001, 2:19:05 PM10/22/01
to

Nicola Nobili ha scritto
>frank ruscalla

>> Io ti dico che quando affermo "Ho comprato del pane", "Sono andato
>> al cinema", "Mi piacerebbe andare a visitare Londra", la gente
>> capisce cosa io voglio dire. Come sarebbe possibile se tutti i
>> termini sono inesistenti?

> Non si può dimostrare nulla sull'esistenza di certi termini.

Non puoi dimostrare che *esistono* i termini "pane", "cinema",
"Londra"?
Vui dire che non esistono sui tuoi dizionari?
Nicola, sei sicuro di sentirti bene?
Lo senti il suono dellambulanza? :o))

>Tutt'al piú, quando c'è una INTERAZIONE SOCIALE (poche volte,
>credimi, rispetto a quelle in cui si parla), puoi essere
>RAGIONEVOLMENTE SICURO che la comunicazione sia avvenuta in maniera
>SUFFICIENTE. Se vai al bar, ordini un cornetto e il cameriere ti
>porta un cornetto, abbiamo un caso lampante.
>Quasi sempre non è cosí.

Esageri. Quasi sempre è così. O vuoi darmi a intendere che tu passi la
maggior parte del tuo tempo a spiegare e rispiegare ciò che dici
perché quasi mai i tuoi interlocutori intendono ciò che dici?

>Se, per esempio, vai in varie città d'Italia ed
>ordini una "focaccia", ti porteranno cose anche diversissime. Esempio
>"terra terra" di come la comunicazione, l'identificazione dei termini
>non sia mai perfetta.

Siamo sempre lì: tu hai sempre questa "perfezione" come pietra di
paragone, ma se si va a indagare un po', si capirà che questa
perfezione metafisica di cui parli è l'unica cosa che veramente non
esiste.

>> >In breve: non c'è modo di sapere se noi davvero ci capiamo
>> >"perfettamente".

>> Io non ho detto perfettamente, ho detto benissimo

> Ah! Vedi la difficoltà di intendersi sui sinonimi? :-)

Basta consultare un buon dizionario dei medesimi. :o))

>> e la mia vita
>> quotidiana me lo conferma ogni giorno. Se tutti i termini fossero
>> inesistenti come dici tu, la vita sarebbe im-pos-si-bi-le.

> Chi te lo dice? Io ho detto che i significati dei termini,
>SECONDO CERTI ESTREMISTI (dai quali mi dissocio) sono inesistenti.

Mi compiaccio che tu ti dissoci, ma sei tu ad aver scritto

<<Ma guarda che la società umana si regge su termini inesistenti!>>

>o credo che esista una


>"area di significato", mai troppo ben definita, che in qualche modo
>può coincidere, permettendo la comunicazione. Tutto qui.

Appunto, tutto qui.
Quindi dire che i termini, o i significati, o i sinonimi *non
esistono* è una sciocchezza.
Noi usiamo i termini, i significati e i sinonimi in maniera
sufficiente per poter comunicare.
Sulla perfezione ribadisco quanto detto: è una perfezione che non
esiste, questo sì che è un termine vuoto.
Se non esiste (e non può esistere, come spiega bene Wittgenstein), è
inutile preoccuparsene.

>questo rende la vita


>"possibile", ma ritengo anche che noi, ingenuamente e perché ci fa
>comodo avere delle certezze, riteniamo di capire molto di piú di
>quello che davvero
>capiamo di come avviene la comunicazione. Basta leggere un po' di
>letteratura psicologica su disturbi del linguaggio, incomprensioni
>verbali, eccetera per avere qualche sano dubbio al riguardo.

Siamo d'accordo. Questo ovviamente non implica che i termini *non
esistano*.

>> > Certo, la
>> >società umana ha fatto tanti e tali progressi da indurre a
>> >ritenere
>> >che la comunicazione sia "sufficientemente" efficace, ma pensare
>> >che sia totale è un'illusione.

>> Stai nuovamente distorcendo ciò che io ho affermato. Non ho detto
>> "totale".

> Ah! Io pensavo che "capire benissimo" e "comprensione totale"
>fossero "perfetti sinonimi"! Ti chiedo umilmente scusa...

>> Questo è il nocciolo della discussione, e purtroppo la memoria ti
>> fa difetto.
>> Il thread è stato avviato da Natalia: ti riporto i termini della
>> discussione

> Ti ringrazio, mi sono chiari. Ma la discussione è avvenuta tra
>Lem e me,
>non tra Natalia e me. Io ho risposto a Natalia, Lem s'è attaccato ad
>un dettaglio dei tanti del mio discorso, e da lí siamo partiti
>(siamo! tutti e
>due) per la tangente. Niente di male o di strano, mi sembra.

Niente di male o di strano: tuttavia la tua discussione con Lem è
coerente con la risposta data a Natalia, risposta incongrua. Per non
parlare del fatto che a Lem dici che la nostra società si regge su
termini inesistenti, un'affermazione che è una bestialità.
A volte il tuo gusto per l'arte della disputa ti fa deragliare.
:o))

>> Il fatto è questo: esistono dizionari che non si limitano a dare un
>> elenco di sinonimi, ma SPIEGANO le differenze tra un sinonimo e
>> l'altro

> Pochi, e da quello che ho visto io (posso sbagliarmi, chiaro),
>sempre in maniera molto imperfetta.

Sei ossessionato dalla perfezione, e per questo continuo a ritenerti
un platonico perfetto. :o))
Nessuna automobile è perfetta, quindi le automobili non esistono? Tu
sei un interprete perfetto? Esisti?

>> <<Come diceva giustamente una mia insegnante, guarda caso di russo,
>> il dizionario dei sinonimi e fatto per chi gia conosce le
>>sfumature, dal
>> momento che veri e propri sinonimi non esistono mai in nessuna
>> lingua.>>

>> Questa risposta è inadeguata alla richiesta. *Alcuni* dizionari dei
>> sinonimi insegnano le sfumature. e non sono meri elenchi di parole.

> E sono comunque PERICOLOSISSIMI. Ribadisco: il dizionario dei
>sinonimi è
>fatto per i madrelingua, o per POCHISSIMI stranieri il cui livello
>linguistico sia elevatissimo. Altrimenti si inducono i discenti in
>errori piuttosto ilari.

Una sciocchezza. Tu continui a pensare a dizionari dei sinonimi
compilati coome se fossero elenchi del telefono, ma ne esistono altri
dove le differenze sono spiegate. Solo perché tu non ne conosci, non
vedo perché tu debba negarne l'esistenza. Sulla tua linea di
ragionamento, anche i vocabolari potrebbero essere pericolosissimi in
mano a chi non conosce bene la lingua.

Sei uno strano tipo di anarchico (ti definisci tale, vero?): quasi un
aristo-anarchico.
Dai l'impressione di descrivere il processo comunicativo come se i
dizionari servissero solo a chi la lingua la sa già. E allora, mi
chiedo, come si apprende la lingua?

Ho letto nel frattempo altre cose che hai scritto, e mi rendo conto
che le tue posizioni sono poi diverse da come appaiono a prima vista,
tanto che tu ti senti "frainteso" anche da magica. Ti piace troppo la
polemica, caro Nicola, e ti fraintendi da solo... ;o)))

>> Aggiungere poi che sinonimi veri e propri non esistono fa slittare
>> la discussione su un piano totalmente diverso rispetto alla
>> richiesta di
>> Natalia. QUI sta la inadeguatezza della risposta.

> Infatti la risposta era di Lem, poi a Lem, poi di Lem...

>> Natalia fa una richiesta "normale", tu ti sposti su una
>> disquisizione "scientifica"

>Io ho risposto alla richiesta "normale": ho detto che secondo me non
>esiste nulla di ciò che desidera. Al massimo posso sbagliarmi, ma ti

>assicuro che l'ho fatto in buona fede.

Non avevo dubbi, ci mancherebbe altro.

--
Ciao
Frank

P.S.: a proposito della *impossibilità di dimostrare*: Bertrand
Russell (uno che ti dovrebbe piacere, anche lui aveva un sacco di ex
fidanzate ;-)) ) sosteneva che è impossibile "dimostrare" che il mondo
non è stato creato cinque minuti fa. Russell usava
quest'argomentazione come provocazione e paradosso, mentre tu, quando
parlavi dell'inesistenza dei termini, sembravi serio. :o))


Nicola Nobili

unread,
Oct 23, 2001, 2:50:25 PM10/23/01
to
frank ruscalla

> Non puoi dimostrare che *esistono* i termini "pane", "cinema",
> "Londra"?

Non puoi dimostrare che i referenti di questi termini esistono. Non puoi
dimostrare che un'altra persona, sentendo questi termini, ha la stessa
impressione che hai tu.

> Esageri. Quasi sempre è così. O vuoi darmi a intendere che tu passi la
> maggior parte del tuo tempo a spiegare e rispiegare ciò che dici
> perché quasi mai i tuoi interlocutori intendono ciò che dici?

A parte la lingua scritta, del tutto priva di interazione sociale, e che
da sola ci dà una bella botta, ribadisco, raramente c'è una chiara
interazione sociale. Ci illudiamo di capire benissimo quando parliamo, ma
poi, quando andiamo a raccontare a qualcuno ciò che ci ha detto Tizio,
inevitabilmente salta fuori una storia diversa... :-) (ma non troppo
ridente, questa faccina).

> Siamo sempre lì: tu hai sempre questa "perfezione" come pietra di
> paragone, ma se si va a indagare un po', si capirà che questa
> perfezione metafisica di cui parli è l'unica cosa che veramente non
> esiste.

Se c'ho fame, mangio la "focaccia" punto e basta, non mi pongo nemmeno
il problema, credimi. Ma se vogliamo essere precisi, senza adagiarci sugli
allori...

> > Chi te lo dice? Io ho detto che i significati dei termini,
> >SECONDO CERTI ESTREMISTI (dai quali mi dissocio) sono inesistenti.
>
> Mi compiaccio che tu ti dissoci, ma sei tu ad aver scritto
>
> <<Ma guarda che la società umana si regge su termini inesistenti!>>

Ma non hai fatto caso ai due diversi contesti, che cambiano
drammaticamente la mia asserzione! (Vedi come ci si può confondere
facilmente coi sinonimi?). Una volta ho detto che secondo certi estremisti I
TERMINI (cioè, TUTTI i termini) sono inesistenti. Non concordo con questa
teoria. In un altro punto ho detto che la società umana si regge su TERMINI
(cioè, ALCUNI TERMINI) inesistenti. Non ricordo se ho citato "libertà",
"amore", "democrazia", o che altro. Il discorso è ben diverso, in
quest'ottica, me ne darai atto.

> Appunto, tutto qui.
> Quindi dire che i termini, o i significati, o i sinonimi *non
> esistono* è una sciocchezza.

Riporto ciò che dicono gli estremisti. Io credo proprio che esistano,
solo che noi siamo incapaci di adoperarli o definirli in maniera perfetta.

> Per non
> parlare del fatto che a Lem dici che la nostra società si regge su
> termini inesistenti, un'affermazione che è una bestialità.

"L'Italia è una Repubblica, fondata sul lavoro".
Dimmi un po' se esistono "Repubblica" e "lavoro". E siamo solo al primo
articolo della Costituzione! Come si può negare che la nostra società si
regge (o è fondata?) su termini inesistenti? :-)

> Una sciocchezza. Tu continui a pensare a dizionari dei sinonimi
> compilati coome se fossero elenchi del telefono, ma ne esistono altri
> dove le differenze sono spiegate.

Dove ALCUNE differenze sono spiegate, con un numero del tutto
insufficiente di esempî. L'unica eccezione può essere data da glossarî
tematici, con un lessico molto limitato. Per spiegare differenze e sfumature
a dovere ci vogliono corpora di milioni di parole ed uno studio che un
dizionario, semplicemente, non può dare.

> Sulla tua linea di
> ragionamento, anche i vocabolari potrebbero essere pericolosissimi in
> mano a chi non conosce bene la lingua.

Intendi i monolingua o i bilingue? Il dizionario monolingue non dovrebbe
essere usato in una fase iniziale d'apprendimento della lingua, anche perché
non sei in grado di usarlo. Il bilingue è già adoperabile, ma è meglio
sempre usarlo il meno possibile.

> Dai l'impressione di descrivere il processo comunicativo come se i
> dizionari servissero solo a chi la lingua la sa già. E allora, mi
> chiedo, come si apprende la lingua?

Anzitutto immergendosi nella lingua, leggendo e ascoltanto testi "veri",
buttandosi a capofitto senza paura di sbagliare, eccetera. Il dizionario è
importante, ma non è la cosa piú importante, e non dovrebbe subentrare
súbito, soprattutto certi tipi di dizionario.

> Ho letto nel frattempo altre cose che hai scritto, e mi rendo conto
> che le tue posizioni sono poi diverse da come appaiono a prima vista,

Me ne rallegro, vuol dire che leggi i miei messaggi con piú attenzione
di quel che credessi :-)

> P.S.: a proposito della *impossibilità di dimostrare*: Bertrand
> Russell (uno che ti dovrebbe piacere, anche lui aveva un sacco di ex
> fidanzate ;-)) )

Credo che lui ne abbia avuta qualcuna di piú...

> sosteneva che è impossibile "dimostrare" che il mondo
> non è stato creato cinque minuti fa.

Infatti. Come si suol dire, non puoi dimostrare che il sole domani
sorgerà. Anche io, come ho detto, nella vita di tutti i giorni non me ne
curo, ma quando affronto un problema specifico, le fini disquisizioni
epistemologiche non possono mai essere accantonate.

frank ruscalla

unread,
Oct 29, 2001, 2:05:51 AM10/29/01
to

Nicola Nobili ha scritto
>frank ruscalla
[...]

>> Appunto, tutto qui.
>> Quindi dire che i termini, o i significati, o i sinonimi *non
>> esistono* è una sciocchezza.
>
> Riporto ciò che dicono gli estremisti. Io credo proprio che
>esistano, solo che noi siamo incapaci di adoperarli
>o definirli in maniera perfetta.

Forse sei troppo giovane per ricordare quella canzone cantata da Mina
e Alberto Lupo:
"Non cambi mai, non cambi mai..."
:o)))

[...]


>> Sulla tua linea di
>> ragionamento, anche i vocabolari potrebbero essere pericolosissimi
>> in mano a chi non conosce bene la lingua.

> Intendi i monolingua o i bilingue? Il dizionario monolingue non
>dovrebbe
>essere usato in una fase iniziale d'apprendimento della lingua, anche

>perché non sei in grado di usarlo.[...]

Come fanno quindi i bambini ad apprendere il linguaggio?

>> P.S.: a proposito della *impossibilità di dimostrare*: Bertrand
>> Russell (uno che ti dovrebbe piacere, anche lui aveva un sacco di
>> ex fidanzate ;-)) )

> Credo che lui ne abbia avuta qualcuna di piú...

Solo perché è campato fino a 98 anni.
:o)))

>> sosteneva che è impossibile "dimostrare" che il mondo
>> non è stato creato cinque minuti fa.

> Infatti. Come si suol dire, non puoi dimostrare che il sole
> domani sorgerà.

Nicola!
Sei rimasto fermo a Hume? Cosa facevi durante le ore di filosofia
dell'ultimo anno? Sonnecchiavi?

Ciao, re degli scettici. ;-))
Frank


Nicola Nobili

unread,
Oct 29, 2001, 8:58:54 AM10/29/01
to
frank ruscalla

> "Non cambi mai, non cambi mai..."

Eh, già, me lo dicono tutte... :-)

> > Il dizionario monolingue non
> >dovrebbe
> >essere usato in una fase iniziale d'apprendimento della lingua, anche
> >perché non sei in grado di usarlo.[...]
>
> Come fanno quindi i bambini ad apprendere il linguaggio?

Infatti. Esempio perfetto. I bambini NON apprendono il linguaggio col
dizionario. Lo usano quando già lo sanno e lo parlano da anni.

> > Infatti. Come si suol dire, non puoi dimostrare che il sole
> > domani sorgerà.
>
> Nicola!
> Sei rimasto fermo a Hume? Cosa facevi durante le ore di filosofia
> dell'ultimo anno? Sonnecchiavi?

Sí, lo ammetto, per tutto il secondo semestre mi sono dato poco da fare.
Avevo già deciso di portare italiano e inglese. Sai come andavano le cose,
cólla vecchia maturità...

Stellario Panarello

unread,
Nov 3, 2001, 3:30:35 AM11/3/01
to

>
> non c'arrivo...
> Ciao,
> Nicola


In un sito di cultura, questa non me l'aspettavo. Forse perché sono un nuovo
arrivato?
Stellario.

Lem Novantotto

unread,
Nov 3, 2001, 8:25:24 AM11/3/01
to
In it.cultura.linguistica.italiano, Stellario Panarello wrote:
>Forse perché sono un nuovo
>arrivato?

Salve!
Direi di sě. ;)
Si č parlato tante volte della questione, e sono state proposte varie e
fantasiose alternative grafiche, tutte un po'... improbabili. Insomma:
quando s'adotta un registro colloquiale, non ne si fa un problema. :)


--
Bye.
Lem
'CLOCK is what you make of it: non sprecare i cicli idle della tua CPU'

Combatti il cancro: http://members.ud.com/projects/cancer/

Paolo Bonardi dall'Osceno Tempio e Sacrilego

unread,
Nov 3, 2001, 8:56:29 AM11/3/01
to
Riporto ciň che ha scritto Stellario Panarello e commento:

Se ti riferisci al "c'arrivo" di Nicola Nobili, ebbene, dovrai farci
l'abitudine; come a moltre altre cose singolari...

Nicola Nobili

unread,
Nov 3, 2001, 1:54:53 PM11/3/01
to
Paolo Bonardi dall'Osceno Tempio e Sacrilego

> Se ti riferisci al "c'arrivo" di Nicola Nobili, ebbene, dovrai farci


> l'abitudine; come a moltre altre cose singolari...

Mi chiedo come uno che scrive dall'Osceno Tempio e Sacrilego (per quanto
ancora, poi?) possa dire che io scrivo moltre [sic] cose signolari... :-)

Mariuccia Ruta

unread,
Nov 3, 2001, 4:13:25 PM11/3/01
to
On Sat, 3 Nov 2001 19:54:53 +0100, in it.cultura.linguistica.italiano
"Nicola Nobili" <nicolan...@libero.it> wrote:

> Paolo Bonardi:


> > Se ti riferisci al "c'arrivo" di Nicola Nobili, ebbene, dovrai farci
> > l'abitudine; come a moltre altre cose singolari...

> Mi chiedo come uno che scrive dall'Osceno Tempio e Sacrilego (per quanto
> ancora, poi?) possa dire che io scrivo moltre [sic] cose signolari... :-)

Beh, devo dire che la tua pignoleria mal si sposa con il "carrivo" che
richiama il tuo "c'arrivo". Stesso disappunto mi coglie ogni qual
volta leggo i tuoi "c'ha" e simili :((
--
Ciao,
Mariuccia®mi scuso ma non ho resistito :)))
è per caso tratta da Camilleri?

Mariuccia Ruta

unread,
Nov 3, 2001, 4:21:17 PM11/3/01
to
On Sat, 3 Nov 2001 19:54:53 +0100, in it.cultura.linguistica.italiano
"Nicola Nobili" <nicolan...@libero.it> wrote:

> Paolo Bonardi:


> > Se ti riferisci al "c'arrivo" di Nicola Nobili, ebbene, dovrai farci
> > l'abitudine; come a moltre altre cose singolari...

> Mi chiedo come uno che scrive dall'Osceno Tempio e Sacrilego (per quanto
> ancora, poi?) possa dire che io scrivo moltre [sic] cose signolari... :-)

Beh, devo dire che la tua pignoleria mal si sposa con il "carrivo" che

Nicola Nobili

unread,
Nov 4, 2001, 7:03:13 AM11/4/01
to
Mariuccia Ruta

> Beh, devo dire che la tua pignoleria mal si sposa con il "carrivo" che
> richiama il tuo "c'arrivo". Stesso disappunto mi coglie ogni qual
> volta leggo i tuoi "c'ha" e simili :((

Mariuccia, ma non lo sai che genio e pignoleria non sono necessariamente
antitetici?
Au revoir,

Mariuccia Ruta

unread,
Nov 4, 2001, 8:51:03 AM11/4/01
to
On Sun, 4 Nov 2001 13:03:13 +0100, in it.cultura.linguistica.italiano
"Nicola Nobili" <nicolan...@libero.it> wrote:

> Mariuccia Ruta
> > [...]

> Mariuccia, ma non lo sai che genio e pignoleria non sono necessariamente
> antitetici?

Non è che sia molto convinta, ma se lo dici tu...:).
Io, comunque, mi riferivo piuttosto alla pignoleria con cui si guarda
agli errori altrui, piú(tosto:)) che a quelli proprî [to', ti faccio
omaggio di un bel circonflesso, per farmi perdonare; contento? :))].

> Au revoir,
Hasta la vista y chao,

> Nicola®
Mariuccia®

frank ruscalla

unread,
Nov 4, 2001, 9:37:56 AM11/4/01
to

Nicola Nobili ha scritto
>L'iberico Pablo Bonardi

>moltre [sic] cose signolari... :-)

La nemesi, Nicola! La nemesi del pignolo...
;-)))

--
Ciao
Frank


Nicola Nobili

unread,
Nov 4, 2001, 1:32:11 PM11/4/01
to
frank ruscalla

> >moltre [sic] cose signolari... :-)
>
> La nemesi, Nicola! La nemesi del pignolo...
> ;-)))

Hai notato la faccina al termine della frase testé riportata? Cribbio,
c'ho [!] messo un tre quarti d'ora per escogitare questo tocco di genialitŕ,
e tu manco la carpisci! Ohimč, č la dura legge dei genî incompresi...

Vitt

unread,
Nov 4, 2001, 3:04:31 PM11/4/01
to
frank ruscalla nel messaggio <8pcF7.10718$zl4.3...@news2.tin.it> ha
scritto:


>La nemesi, Nicola! La nemesi del pignolo...

Sapete come il Devoto spiega l'etimologia di pignolo?

crepué vapnfgengb arv ertbynzragv pbzr vy cvtabyb 9fvp0 aryyn cvtan.

--
Bye
Vitt

Roscio

unread,
Nov 5, 2001, 10:49:06 AM11/5/01
to
"Lem Novantotto" <Le...@Hotmail.com> wrote in message
news:9s0uol...@ID-24474.user.dfncis.de...

> Si è parlato tante volte della questione, e sono state proposte varie e


> fantasiose alternative grafiche, tutte un po'... improbabili. Insomma:
> quando s'adotta un registro colloquiale, non ne si fa un problema. :)

Anche "ne si fa" è notevole !... :-)))

--
Er Roscio.

Roscio

unread,
Nov 5, 2001, 10:52:19 AM11/5/01
to
"Vitt" <v.m...@iol.it> wrote in message
news:80rautgul81671t7r...@4ax.com...

Ma il seme della pigna non era il pinolo ?... :-)))

--
Er Roscio.

Vitt

unread,
Nov 5, 2001, 12:41:42 PM11/5/01
to
Roscio nel messaggio <9s6bk2$rdv$3...@fe2.cs.interbusiness.it> ha
scritto:


>> >La nemesi, Nicola! La nemesi del pignolo...
>>
>> Sapete come il Devoto spiega l'etimologia di pignolo?
>>
>> crepué vapnfgengb arv ertbynzragv pbzr vy cvtabyb 9fvp0 aryyn cvtan.
>
>Ma il seme della pigna non era il pinolo ?... :-)))

Ciò mi ha stupito!

--
Bye
Vitt

martinabr...@gmail.com

unread,
Jun 19, 2015, 8:44:31 AM6/19/15
to
Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola prestate

orpheus

unread,
Jun 19, 2015, 9:06:59 AM6/19/15
to
martinabr...@gmail.com ha scritto:
> Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola prestate

sicuramente *etatserp* :')

A parte gli scherzi, facendo l'esempio dei libri
- Mi presti quei libri?
- No,adesso ne ho bisogno, me li tengo io,
non te li posso prestare.

Quindi come contrario di prestate direi: tenute, trattenute.

Valerio Vanni

unread,
Jun 19, 2015, 9:07:40 AM6/19/15
to
On Fri, 19 Jun 2015 05:44:30 -0700 (PDT), martinabr...@gmail.com
wrote:

>Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola prestate

"Prese in prestito".


--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.

Maurizio Pistone

unread,
Jun 19, 2015, 10:37:27 AM6/19/15
to
<martinabr...@gmail.com> wrote:

> Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola prestate

mutuate


--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it

Giacobino da Tradate

unread,
Jun 19, 2015, 3:48:51 PM6/19/15
to
Il 19/06/2015 14.44, martinabr...@gmail.com ha scritto:

> Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola "prestate"

se capisco bene, "prese in prestito"

offro temporaneamente delle cose - le cose risultano "prestate"

Richiedo temporaneamente delle cose - le cose risultano "prese in prestito"



--
Per un giacobinismo in salsa padana

edevils

unread,
Jun 20, 2015, 7:15:03 AM6/20/15
to
On Friday, June 19, 2015 at 2:44:31 PM UTC+2, martinabr...@gmail.com wrote:
> Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola prestate

Il contrario o l'inverso?

L'inverso di "prestate", nel senso di "date in prestito", è "prese in prestito".

Il contrario di "prestare", invece, è "non prestare".
Quindi anche "rifiutare il prestito".
Le cose "non prestate" sono quelle "tenute".

Roger

unread,
Jun 20, 2015, 10:06:54 AM6/20/15
to
edevils ha scritto:

> On Friday, June 19, 2015 at 2:44:31 PM UTC+2, martinabr...@gmail.com wrote:
>> Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola prestate

> Il contrario di "prestare", invece, è "non prestare".

Infatti.
La gran parte dei verbi non ha il contrario o meglio, ce l'ha
mettendo un "non" davanti.

Se il contrario di "ridere" è "piangere", il contrario di "cacare"
è "non cacare" :-)

--
Ciao,
Roger

Klaram

unread,
Jun 20, 2015, 1:59:42 PM6/20/15
to
Roger ha pensato forte :
A parte la volgarità dell'esempio, c'è il contrario con il "non" e il
contrario semantico:

ridere/ non ridere; ridere/piangere;
prestare/non prestare; prestare/prendere in prestito.

E tra "contrario" e "inverso" non c'è nessuna differenza?

k

orpheus

unread,
Jun 20, 2015, 2:58:01 PM6/20/15
to
Klaram ha scritto:
[...]
> E tra "contrario" e "inverso" non c'è nessuna differenza?

*on*

edevils

unread,
Jun 21, 2015, 3:39:14 AM6/21/15
to
Mmh.
"Prendere il prestito" è la stessa azione vista dal punto di riceve.
Quello che si inverte è il punto di vista.
Ma non direi che "prendere in prestito" sia il "contrario" di "prestare".

Vedi per esempio questo dizionario dei sinonimi e contrari.
Per "prestare" dà come verbi Contrari
respingere, rifiutare

http://parole.virgilio.it/parole/sinonimi_e_contrari/index.html

Roger

unread,
Jun 21, 2015, 3:43:50 AM6/21/15
to
Klaram ha scritto:

> Roger ha pensato forte :
>> edevils ha scritto:
>>
>>> On Friday, June 19, 2015 at 2:44:31 PM UTC+2, martinabr...@gmail.com
>>> wrote:
>>>> Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola prestate
>>
>>> Il contrario di "prestare", invece, è "non prestare".
>>
>> Infatti.
>> La gran parte dei verbi non ha il contrario o meglio, ce l'ha
>> mettendo un "non" davanti.
>>
>> Se il contrario di "ridere" è "piangere", il contrario di "cacare"
>> è "non cacare" :-)
>
> A parte la volgarità dell'esempio, c'è il contrario con il "non" e il
> contrario semantico:

Quello che intendevo dire con il mio volgare esempio fisiologico
era che per gran parte dei verbi l'opposto semantico non esiste.
Se per "mangiare" c'è "digiunare", per "bere" c'è solo "non bere".

Ciao e buona domenica.

--
Ciao,
Roger

Roger

unread,
Jun 21, 2015, 3:44:33 AM6/21/15
to
Klaram ha scritto:

> Roger ha pensato forte :
>> edevils ha scritto:
>>
>>> On Friday, June 19, 2015 at 2:44:31 PM UTC+2, martinabr...@gmail.com
>>> wrote:
>>>> Vorrei sapere il contrario o l' inverso della parola prestate
>>
>>> Il contrario di "prestare", invece, è "non prestare".
>>
>> Infatti.
>> La gran parte dei verbi non ha il contrario o meglio, ce l'ha
>> mettendo un "non" davanti.
>>
>> Se il contrario di "ridere" è "piangere", il contrario di "cacare"
>> è "non cacare" :-)
>
> A parte la volgarità dell'esempio, c'è il contrario con il "non" e il
> contrario semantico:

Giacobino da Tradate

unread,
Jun 21, 2015, 4:25:38 AM6/21/15
to
Il 21/06/2015 9.43, Roger ha scritto:

> Se per "mangiare" c'è "digiunare", per "bere" c'è solo "non bere".

astenersi :-)

Klaram

unread,
Jun 21, 2015, 1:11:13 PM6/21/15
to
edevils scriveva il 21/06/2015 :

>> ridere/ non ridere; ridere/piangere;
>> prestare/non prestare; prestare/prendere in prestito.
>
> Mmh.
> "Prendere il prestito" è la stessa azione vista dal punto di riceve.
> Quello che si inverte è il punto di vista.
> Ma non direi che "prendere in prestito" sia il "contrario" di "prestare".

Ma se il soggetto non cambia, prestare e prendere in prestito sono due
azioni contrarie.


> Vedi per esempio questo dizionario dei sinonimi e contrari.
> Per "prestare" dà come verbi Contrari
> respingere, rifiutare

Non mi sembra che respingere e rifiutare, da soli, siano il contrario
di prestare.
"Rifiutare il prestito" sì, ma è come dire "non prestare".


k

ADPUF

unread,
Jun 21, 2015, 3:23:35 PM6/21/15
to
orpheus 20:57, sabato 20 giugno 2015:
Quali sono l'inverso di "contrario" e il contrario d'"inverso"?


--
AIOE ³¿³

orpheus

unread,
Jun 21, 2015, 3:32:34 PM6/21/15
to
ADPUF ha scritto:
oirartnoc + medesimo (forse)

edevils

unread,
Jun 22, 2015, 1:45:40 PM6/22/15
to
On Sunday, June 21, 2015 at 7:11:13 PM UTC+2, Klaram wrote:
> edevils scriveva il 21/06/2015 :
>
> >> ridere/ non ridere; ridere/piangere;
> >> prestare/non prestare; prestare/prendere in prestito.
> >
> > Mmh.
> > "Prendere il prestito" è la stessa azione vista dal punto di riceve.
> > Quello che si inverte è il punto di vista.
> > Ma non direi che "prendere in prestito" sia il "contrario" di "prestare".
>
> Ma se il soggetto non cambia, prestare e prendere in prestito sono due
> azioni contrarie.

Comunque la domanda era su "prestate". :)
In quel caso, "prese in prestito" cambia solo il punto di vista.


> > Vedi per esempio questo dizionario dei sinonimi e contrari.
> > Per "prestare" dà come verbi Contrari
> > respingere, rifiutare
>
> Non mi sembra che respingere e rifiutare, da soli, siano il contrario
> di prestare.
> "Rifiutare il prestito" sì, ma è come dire "non prestare".


Questo dizionario inglese offre altre possibilità, ma anche borrow:

http://www.thesaurus.com/browse/lend
Antonyms for lend
conceal withhold withstand decrease lessen deny
refuse subtract disapprove take hold keep
remove take away withdraw borrow
Roget's 21st Century Thesaurus, Third Edition Copyright
© 2013 by the Philip Lief Group.
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