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do re mi fa sol la si do

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Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 5:24:50 AM7/28/05
to
Ho appena visto DS9 7x05.

Mi ha colpito un momento, in cui delle persone facevano delle scale
vocali, in inglese.

Appunto "do re mi fa sol la si do".


Mi ha colpito, però, la loro pronuncia.

Dicevano, in pratica, con le pronunce inglesi delle singole consonanti
e vocali:

do re mi fa: so la TI do"

E' questo "TI" che mi lascia un po' sconcertato, e che non capisco.

Infatti ho riflettuto sul fatto che il fonema "si" gli anglosassoni
sono capaci di pronunciarlo. In "sea", per esempio.

Non capisco quindi perché pronunciare "TI".


Sono assolutamente certo di quello che ho sentito, anche perché l'ho
sentito per due minuti di seguito, visto che l'intera scena era di
scale sonore cantate nelle foggie più svariate.


Chiedo allora a tutti, e ai madrelingua inglesi: cosa ne pensate, e
come pronunciate, voi ultimi, la nota "si".

Questo, poi, non so come si lega al fatto che all'estero (non so in
quali paesi) si usa una diversa notazione.


Cercando sulla Rete, ho trovato:

" Più tardi, verso la fine del 1° millennio, Odone di Clun
perfezionò la notazione usata fino ad allora e, rifacendosi alla
tradizione musicale dei Greci, - definì le note musicali utilizzando
le prime lettore dell'alfabeto (tale notazione è ancora usata nei
paesi anglosassoni), dalla A alla G.

Fu invece Guido d'Arezzo, un monaco benedettino vissuto un
secolo dopo di Odone, l'inventore dei nomi utilizzati per le note
musicali presso i popoli neolatini

UT, RE, MI, FA, SOL, LA, SI

dalla prima strofa di un inno dedicato a San Giovanni Battista
ricavandole dal mezzo verso:
UT queant laxis REsonare fibris
MIra gestorum FAmuli tuorum,
SOLve polluti LAbii reatum,
Sancte Iohannes.

Nel 1600, l'UT, che viene ancora utilizzato presso i Francesi,
in Italia diventò il DO, per opera di Giovan Battista Doni. "

--

>Giò

-Tutto ciò che può esistere, esiste.
(Tullio Regge)

Adam Atkinson

unread,
Jul 28, 2005, 5:28:03 AM7/28/05
to
Se ricordo bene...

Doe: a deer, a female deer
Ray: a drop of golden sun
Me: a name I call myself
Far: a long, long way to run
Sew: a needle pulling thread
La: a note to follow So
Ti: a drink with jam and bread
and that brings us back to Do.

Quindi, in inglese, Do Re Mi Fa So(l?) La Ti Do

Father McKenzie

unread,
Jul 28, 2005, 5:32:29 AM7/28/05
to
Adam Atkinson, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces como
las huellas de las gaviotas en las playas

> Ti: a drink with jam and bread

So wireless telegraphs are tuned in TiTiTiiiiTiTiTiTiiii?
--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol
28/07/2005 11.26.51

FB

unread,
Jul 28, 2005, 5:36:36 AM7/28/05
to
On Thu, 28 Jul 2005 09:24:50 GMT, Kwizach Haderach (G. Neiman) wrote:

[...]


> do re mi fa: so la TI do"
>
> E' questo "TI" che mi lascia un po' sconcertato, e che non capisco.
>
> Infatti ho riflettuto sul fatto che il fonema "si" gli anglosassoni
> sono capaci di pronunciarlo. In "sea", per esempio.

Non dicono "si", dicono "ti", e lo pronunciano [ti:]. A questa stregua,
dicono [si:] perché non sanno pronunciare "do".


[...]


Ciao, FB
--
"Oh oh... Oh my God. My parents are having an affair."
(Gilmore Girls - 512)

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 6:05:49 AM7/28/05
to
Il Thu, 28 Jul 2005 09:36:36 GMT, FB <fam.baldu...@tin.it> ha
scritto:

>> do re mi fa: so la TI do"
>> E' questo "TI" che mi lascia un po' sconcertato, e che non capisco.
>> Infatti ho riflettuto sul fatto che il fonema "si" gli anglosassoni
>> sono capaci di pronunciarlo. In "sea", per esempio.
>Non dicono "si", dicono "ti", e lo pronunciano [ti:].

e io che ho detto?

>A questa stregua,
>dicono [si:] perché non sanno pronunciare "do".

non ho capito un fracco di gnente.

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 6:11:14 AM7/28/05
to
Il 28 Jul 2005 02:28:03 -0700, "Adam Atkinson" <gh...@mistral.co.uk>
ha scritto:

>Doe: a deer, a female deer

ok

>Ray: a drop of golden sun

ok~

>Me: a name I call myself

ok

>Far: a long, long way to run

ok, più o meno.

>Sew: a needle pulling thread

ok

>La: a note to follow So

Ok

>Ti: a drink with jam and bread

Vabbè...quindi inventate proprio.

>and that brings us back to Do.
>Quindi, in inglese, Do Re Mi Fa So(l?) La Ti Do

Ah. Vabbè...a ognuno il suo.

FB

unread,
Jul 28, 2005, 6:20:50 AM7/28/05
to
On Thu, 28 Jul 2005 10:05:49 GMT, Kwizach Haderach (G. Neiman) wrote:

> Il Thu, 28 Jul 2005 09:36:36 GMT, FB <fam.baldu...@tin.it> ha
> scritto:
>
>>> do re mi fa: so la TI do"
>>> E' questo "TI" che mi lascia un po' sconcertato, e che non capisco.
>>> Infatti ho riflettuto sul fatto che il fonema "si" gli anglosassoni
>>> sono capaci di pronunciarlo. In "sea", per esempio.
>>Non dicono "si", dicono "ti", e lo pronunciano [ti:].
>
> e io che ho detto?

Hai parlato di pronuncia: mica dicono "ti" perché non son capaci di dire
"si".


>>A questa stregua,
>>dicono [si:] perché non sanno pronunciare "do".
>
> non ho capito un fracco di gnente.

A ==> La
B ==> Si
C ==> Do
ecc.


Ciao, FB
--
"Is this Miss Prism a female of repellent aspect, remotely connected with
education?" "She is the most cultivated of ladies, and the very picture of
respectability" "It is obviously the same person".
("The Importance of Being Earnest", Oscar Wilde)

joscurtin

unread,
Jul 28, 2005, 6:35:57 AM7/28/05
to

"Adam Atkinson" <gh...@mistral.co.uk> wrote in message
news:1122542883.8...@g47g2000cwa.googlegroups.com...

I wonder if the cinematic/musical source of this is as well known to
Italian speakers as it is to English speakers?

Joe from Massachusetts


FB

unread,
Jul 28, 2005, 7:25:24 AM7/28/05
to

"The Sound of Music". I asked the same question a while back.


Bye, FB
--
Mrs. Palmer, in her way, was equally angry. 'She was determined to drop his
acquaintance immediately, and she was very thankful that she had never been
acquainted with him at all'. (Jane Austen)

FB

unread,
Jul 28, 2005, 7:31:55 AM7/28/05
to
On Thu, 28 Jul 2005 11:25:24 GMT, FB wrote:

[...]


> "The Sound of Music". I asked the same question a while back.

I didn't mean "un momento fa". Was that clear? I read it on a.u.e. some
time ago and assumed it meant... "some time ago".


Bye, FB
--
"Suppose I say I'm not interested."
"Does five hundred dollars interest you?"
"Very much."
"Then bring it: it's an expensive restaurant".
(The Cheap Detective)

Ramses the King

unread,
Jul 28, 2005, 8:53:24 AM7/28/05
to
Non rispondo in inglese vista la mia scarsa dimestichezza nello
scrivere, e perr questo mi scuso. Per la questione del "ti":
anticamente il "si" era bemolle nella scala. Anche oggi, per esempio nel
metodo di Roberto Goitre si usa questo modo di pronunciare i semitoni.
Spero di essere stato abbastanza chiaro! Per ulteriori fai pure domande!

A.

Francesca

unread,
Jul 28, 2005, 9:05:34 AM7/28/05
to

> Doe: a deer, a female deer


> Ray: a drop of golden sun
> Me: a name I call myself
> Far: a long, long way to run
> Sew: a needle pulling thread
> La: a note to follow So
> Ti: a drink with jam and bread
> and that brings us back to Do.

wow, "tutti insieme appassionatamente"??
mai sentita la versione inglese pero' me la fa tornare in mente..

francesca

--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 9:12:47 AM7/28/05
to
Il Thu, 28 Jul 2005 14:53:24 +0200, Ramses the King
<ramses...@gmail.com> ha scritto:

non ho capito niente.

stai dicendo che gli inglesi dicono/scrivono "ti" in quanto
anticamente il si era bemolle?

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 9:11:07 AM7/28/05
to
Il Thu, 28 Jul 2005 06:35:57 -0400, "joscurtin" <josc...@cox.net> ha
scritto:

>I wonder if the cinematic/musical source of this is as well known to
>Italian speakers as it is to English speakers?

se parli della filastrocca, neanche la conoscevo.

--

>Giň

-Tutto ciň che puň esistere, esiste.
(Tullio Regge)

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 9:12:02 AM7/28/05
to
Il Thu, 28 Jul 2005 10:20:50 GMT, FB <fam.baldu...@tin.it> ha
scritto:

>Hai parlato di pronuncia: mica dicono "ti" perché non son capaci di dire
>"si".

ah, quindi per loro la scala è do re mi fa so la ti do?

>>>A questa stregua,
>>>dicono [si:] perché non sanno pronunciare "do".
>> non ho capito un fracco di gnente.
>A ==> La
>B ==> Si
>C ==> Do

no, tu hai detto che:

a=la
b=TI
c=do
etc...

FB

unread,
Jul 28, 2005, 9:25:59 AM7/28/05
to
On Thu, 28 Jul 2005 13:12:02 GMT, Kwizach Haderach (G. Neiman) wrote:

> Il Thu, 28 Jul 2005 10:20:50 GMT, FB <fam.baldu...@tin.it> ha
> scritto:
>
>>Hai parlato di pronuncia: mica dicono "ti" perché non son capaci di dire
>>"si".
>
> ah, quindi per loro la scala è do re mi fa so la ti do?

Pare di sì.


>>>>A questa stregua,
>>>>dicono [si:] perché non sanno pronunciare "do".
>>> non ho capito un fracco di gnente.
>>A ==> La
>>B ==> Si
>>C ==> Do
>
> no, tu hai detto che:
>
> a=la
> b=TI
> c=do
> etc...

Puoi anche dire "Piero", "Giovanni" ecc. anziché "la", "si" ecc.


Ciao, FB
--
"I saw something nasty in the woodshed!"
(Cold Comfort Farm, the film)

Davide Pioggia

unread,
Jul 28, 2005, 9:59:37 AM7/28/05
to
Kwizach Haderach (G. Neiman) ha scritto:

> stai dicendo che gli inglesi dicono/scrivono "ti" in quanto
> anticamente il si era bemolle?

Sì.

Semplificando (parecchio, forse troppo) devi tenere presente tre cose:

1) come già ti è stato spiegato, anticamente il 'si' indicava una settima
minore, cioè stava un tono sotto al 'do' (tant'è che ancora oggi in tedesco
la lettera 'B' indica solitamente il 'si bemolle', mentre il 'si' viene
indicato con la lettera 'H');

2) nel solfeggio anglosassone le note non si leggevano 'do', 're', 'mi',
'fa', 'sol', 'la' e *si*, ma 'do', 're', 'mi', 'fa', 'so(l)', 'la' e *te*
(questo per evitare l'uso della consonante 's' - che è già in 'so' - e della
vocale 'i' - che come vedremo fra poco ci serve per un'altra cosa);

3) se dovevi leggere una nota "col diesis" (mi sto esprimendo in modo
osceno,
giusto per capirci), non la leggevi 'do', 're', 'fa', 'so', 'la' e 'te', ma
'di', 'ri', 'fi', 'si' e 'ti'.

A questo punto hai tutti gli elementi che ti occorrono per renderti conto
della ragione per cui il "si continentale" corrisponde al "ti anglosassone".

--
Ciao,
D.

Davide Pioggia

unread,
Jul 28, 2005, 10:14:32 AM7/28/05
to
Davide Pioggia ha scritto:

> (questo per evitare l'uso della consonante 's' - che è già in 'so' - e
> della vocale 'i' - che come vedremo fra poco ci serve per un'altra cosa);

Mi sembra che sia stato John Curwen a sostituire la 'si' di _Sancte
Iohannes_ con la 'te', per evitare di ripetere la 's' già presente in
'so(l)' e l'uso della 'i'.

In questa pagina web:
http://education.deakin.edu.au/music_ed/history/curwen.html
verso la metà c'è una immagine che associa le sette note a delle posizioni
della mano, e si può vedere che il settimo grado a partire dal basso (quello
corrispondente, appunto, a _Sancte Iohannes_) dovrebbe essere letto 'te'.

--
Ciao,
D.

pirlina

unread,
Jul 28, 2005, 10:40:30 AM7/28/05
to
>>
>> ah, quindi per loro la scala è do re mi fa so la ti do?
>
>
Da noi si dice anche "ti do la mi so(l) re lla" o in alternativa "la mi so
re la la si fa fa re un (che starebbe per pausa...)sol ...sol re..."


che stupidera!

sono proprio una pirlina!

ciao fasoi!


Father McKenzie

unread,
Jul 28, 2005, 4:44:32 PM7/28/05
to
Kwizach Haderach (G. Neiman), para que tú me oigas, mis palabras se

adelgazan a veces como las huellas de las gaviotas en las playas

> stai dicendo che gli inglesi dicono/scrivono "ti" in quanto


> anticamente il si era bemolle?

non so, pero' risulta anche a me che (non so esattamente in che epoca) la
lettera B designasse il si bemolle, tanto vero che per il si naturale era
usata la H; da qui le variazioni sul nome BACH, che altrimenti sarebbero
state impossibol.


--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

28/07/2005 22.38.40

Father McKenzie

unread,
Jul 28, 2005, 4:42:52 PM7/28/05
to
pirlina, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces como las

huellas de las gaviotas en las playas

> o in alternativa "la mi so

> re la la si fa fa re un (che starebbe per pausa...)sol ...sol re..."

io sapevo: mi so re la si fa fare sol sofà

--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

28/07/2005 22.37.45

Father McKenzie

unread,
Jul 28, 2005, 4:46:57 PM7/28/05
to
Kwizach Haderach (G. Neiman), para que tú me oigas, mis palabras se

adelgazan a veces como las huellas de las gaviotas en las playas

> stai dicendo che gli inglesi dicono/scrivono "ti" in quanto


> anticamente il si era bemolle?

non so, pero' risulta anche a me che (non so esattamente in che epoca) la


lettera B designasse il si bemolle, tanto vero che per il si naturale era

usata la H; da qui le variazioni sul nome BACH, che utilizzano le 4
tonalità si bem, la, do, si, che altrimenti sarebbero
state impossibol.


--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

28/07/2005 22.38.40

Gennaro

unread,
Jul 28, 2005, 5:20:27 PM7/28/05
to
"joscurtin" ha scritto...

[...]


>> Doe: a deer, a female deer
>> Ray: a drop of golden sun
>> Me: a name I call myself
>> Far: a long, long way to run
>> Sew: a needle pulling thread
>> La: a note to follow So
>> Ti: a drink with jam and bread
>> and that brings us back to Do.
>>
>> Quindi, in inglese, Do Re Mi Fa So(l?) La Ti Do
>
> I wonder if the cinematic/musical source of this is as well known to
> Italian speakers as it is to English speakers?

Oh my, this used to be one of my favourite movie, but I don't know
if the other Italians have the same feelings as me.

> Joe from Massachusetts

ciao
Gennaro


Gennaro

unread,
Jul 28, 2005, 5:25:03 PM7/28/05
to
"Kwizach Haderach (G. Neiman)" ha scritto...

[...]


> Cercando sulla Rete, ho trovato:
>

> (..)


> Fu invece Guido d'Arezzo, un monaco benedettino vissuto un
> secolo dopo di Odone, l'inventore dei nomi utilizzati per le note
> musicali presso i popoli neolatini
>
> UT, RE, MI, FA, SOL, LA, SI
>
> dalla prima strofa di un inno dedicato a San Giovanni Battista
> ricavandole dal mezzo verso:
> UT queant laxis REsonare fibris
> MIra gestorum FAmuli tuorum,
> SOLve polluti LAbii reatum,
> Sancte Iohannes.

[...]

Ma tutte queste belle cose non si studiano piu' al corso di
Educazione Musicale alle scuole medie??????


Gennaro

unread,
Jul 28, 2005, 5:18:04 PM7/28/05
to
"Francesca"...

>> Doe: a deer, a female deer
>> Ray: a drop of golden sun
>> Me: a name I call myself
>> Far: a long, long way to run
>> Sew: a needle pulling thread
>> La: a note to follow So
>> Ti: a drink with jam and bread
>> and that brings us back to Do.
>
> wow, "tutti insieme appassionatamente"??
> mai sentita la versione inglese pero' me la fa tornare in mente..

esattamente....


> francesca


Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 6:28:10 PM7/28/05
to
Il Thu, 28 Jul 2005 13:59:37 GMT, "Davide Pioggia"
<dpio...@despammed.com> ha scritto:

>A questo punto hai tutti gli elementi che ti occorrono per renderti conto
>della ragione per cui il "si continentale" corrisponde al "ti anglosassone".

ah.


peggio delle misure imperiali...'sti inglesi...

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 6:28:44 PM7/28/05
to
Il Thu, 28 Jul 2005 23:25:03 +0200, "Gennaro" <MC7...@MCLINK.IT.HELL>
ha scritto:

>Ma tutte queste belle cose non si studiano piu' al corso di
>Educazione Musicale alle scuole medie??????

sicuramente, ma ho avuto più di 10 anni per scordarmele.

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 6:43:50 PM7/28/05
to
Il Thu, 28 Jul 2005 13:25:59 GMT, FB <fam.baldu...@tin.it> ha
scritto:

>> a=la


>> b=TI
>> c=do
>> etc...
>Puoi anche dire "Piero", "Giovanni" ecc. anziché "la", "si" ecc.

No, perché Guido d'Arezzo, un monaco benedettino vissuto un
secolo dopo di Odone, fu l'inventore dei nomi utilizzati per le note


musicali presso i popoli neolatini

UT, RE, MI, FA, SOL, LA, SI

dalla prima strofa di un inno dedicato a San Giovanni Battista
ricavandole dal mezzo verso:

UT queant laxis REsonare fibris
MIra gestorum FAmuli tuorum,
SOLve polluti LAbii reatum,
Sancte Iohannes.

Nel 1600, l'UT, che viene ancora utilizzato presso i Francesi,
in Italia diventò il DO, per opera di Giovan Battista Doni. "

FB

unread,
Jul 28, 2005, 7:17:29 PM7/28/05
to
On Thu, 28 Jul 2005 22:43:50 GMT, Kwizach Haderach (G. Neiman) wrote:

[...]


> Nel 1600, l'UT, che viene ancora utilizzato presso i Francesi,
> in Italia diventò il DO, per opera di Giovan Battista Doni. "

'Sti italiani...


Ciao, FB
--
"If you followed me here, how did you contrive to be here before me?"
"I followed you... very fast."
(What's New Pussycat)

gcar...@ssfusd.k12.ca.us

unread,
Jul 28, 2005, 9:07:37 PM7/28/05
to
Hai capito benissimo. Guarda qui:

http://en.wikipedia.org/wiki/Solfege

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 28, 2005, 9:12:56 PM7/28/05
to
Il Thu, 28 Jul 2005 23:17:29 GMT, FB <fam.baldu...@tin.it> ha
scritto:

>[...]


>> Nel 1600, l'UT, che viene ancora utilizzato presso i Francesi,
>> in Italia diventò il DO, per opera di Giovan Battista Doni. "
>'Sti italiani...

Ah, non me ne parlare...

Sono (siamo? ci faccio parte?) un popolo di scemi.


Ma è comunque il popolo e il posto meno peggio...

Davide Pioggia

unread,
Jul 29, 2005, 12:55:42 AM7/29/05
to
Kwizach Haderach (G. Neiman) ha scritto:

> peggio delle misure imperiali...'sti inglesi...

Nel caso della musica il loro metodo è più razionale del nostro.

Infatti noi abbiamo perso la distinzione fra solfeggio "relativo" e
"assoluto".

Se tu costruisci un pianoforte e decidi di dare un nome specifico ad ogni
tasto (chiave, _key_, _clavis_) da quel momento ad ogni nome corrisponderà
una certa frequenza fissa. Dunque il nome di quel tasto indicherà un suono
in modo "assoluto". Questi nomi li possiamo prendere da una tradizione che
risale ai greci, e sono poi semplicemente le prime lettere dell'alfabeto:
'A', 'B', 'C'...

Ora supponiamo di voler cantare un brano, che abbia una certa nota 'tonica',
una 'dominante', eccetera. Tutti sanno che lo stesso brano può essere
cantato a qualunque "altezza" (ad esempio chi deve cantare, se non riesce ad
intonare le note più alte, chiederà a chi suona di «abbassarlo di un tono»).
Dunque ci serve un nome che indichi la 'tonica', un altro nome che indichi
la 'dominante', eccetera, e questo a prescindere da quale sia la 'chiave' su
cui si è deciso di porre quelle note. Abbiamo dunque dei "nomi relativi"
(vox, pl. voces) che, seguendo Guido d'Arezzo, indichiamo con 'do' ('ut'),
're', eccetera.

A questo punto è chiaro che se abbiamo, ad esempio, un brano che ha la sua
tonica sul tasto che abbiamo chiamato 'G', quel suono avrà 'G' come "nome
assoluto" (clavis) e 'do' come "nome relativo" (vox). Più in generale usando
questo metodo ogni tasto può chiamarsi 'do', 're', eccetera.

Questa cosa - pur essendo rigorosa - produceva tuttavia una qualche
confusione negli studenti alle prime armi, per cui nella Francia
postrivoluzionaria (e poi, di riflesso, in Italia) si decise di fondere il
"nome realativo" con il "nome assoluto", Di conseguenza si impose
l'associazione "fissa" C=do, D=re, eccetera, e si eliminò l'uso delle
lettere.

Invece nei paesi germanici ed anglosassoni (grazie soprattutto all'opera di
Sarah Glover e John Curwen), il "solfeggio assoluto" (che in linea di
principio è una assurdità, direi un ossimoro) non riuscì ad imporsi, e si
mantenne la distinzione fra _clavis_ e _vox_.

--
Ciao,
D.

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 29, 2005, 1:13:57 AM7/29/05
to
Il Fri, 29 Jul 2005 04:55:42 GMT, "Davide Pioggia"
<dpio...@despammed.com> ha scritto:

>> peggio delle misure imperiali...'sti inglesi...
>Nel caso della musica il loro metodo è più razionale del nostro.

ma io non sono campanilista, per queste cose che, dopotutto, io non
uso mai per "mestiere".

sull'SI, per esempio, già è tutta un'altra questione...

>cui si è deciso di porre quelle note. Abbiamo dunque dei "nomi relativi"
>(vox, pl. voces) che, seguendo Guido d'Arezzo, indichiamo con 'do' ('ut'),
>'re', eccetera.

continuo a non capire come mai non si esprime tutto quanto in hertz, o
qualcosa del genere...

ma penso di essere io ignorante, che faccio osservazioni così
naives...

>Invece nei paesi germanici ed anglosassoni (grazie soprattutto all'opera di
>Sarah Glover e John Curwen), il "solfeggio assoluto" (che in linea di
>principio è una assurdità, direi un ossimoro) non riuscì ad imporsi, e si
>mantenne la distinzione fra _clavis_ e _vox_.

ciò non toglie che in DS9 i personaggi quando dovevano canticchiare
dicevano

do re mi fa so la ti do

e non

A B C D E F G A...o quello che è...

Davide Pioggia

unread,
Jul 29, 2005, 1:36:52 AM7/29/05
to
Kwizach Haderach (G. Neiman) ha scritto:

> continuo a non capire come mai non si esprime tutto quanto in hertz,
> o qualcosa del genere...

Se esprimi tutto in hertz stai usando dei "nomi assoluti".

Dire «A» oppure dire «440 hertz» è in ogni caso una "etichetta" per indicare
il nome di un tasto o una corda accordati in un certo modo.

> ciò non toglie che in DS9 i personaggi quando dovevano canticchiare
> dicevano
> do re mi fa so la ti do
> e non
> A B C D E F G A...o quello che è...

Certo, perché se io ti canto un brano che tu conosci, e anziché fartelo in
tonalità originale te lo canto un tono sotto tu nemmeno te ne accorgi (a
meno che non hai l'orecchio assoluto), lo "riconosci" immediatamente e ti
sembra perfettamente "intonato" (ammesso che io sia intonato).

Ora, ipotizzando che quel brano inizi con la 'tonica' della scala e poi
passi alla 'dominante' noi, se usassimo un solfeggio relativo (cioè, l'unico
sensato e coerente) diremmo che quel brano inizia in 'do' e poi sale al
'sol'. E non ci metteremmo a discutere di frequenze, perché altrimenti
staremmo perdendo il dato essenziale, ovvero il fatto che tu lo "riconosci"
a prescindere dalla "altezza" alla quale lo canto.

Non solo, ma se tu il brano non lo conosci, ed io te lo canto tutto fin
quasi alla fine, ma quando manca una sola nota resto "sospeso" sulla
penultima, puoi star certo che a te verrà spontaneo cantare la nota "giusta"
che "manca". Dunque nella tua testa, da qualche parte, lo "sai" qual è la
'tonica' di quella scala, cioè il 'do' (qui mi limito a parlare della scala
maggiore, ma sono certo che ne "sai" anche altre, anche se non sai di
saperle). E, ancora una volta, questa cosa che "sai" non è una frequenza
assoluta, ma una frequenza relativa.

Dunque questa particolare infomazione che sta da qualche parte nella tua
testa bisogna esprimerla con un concetto, e questo concetto non può essere
indicato con 'C' o da una certa frequenza, perché è un'altra cosa.

--
Ciao,
D.

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 29, 2005, 1:44:08 AM7/29/05
to
Il Fri, 29 Jul 2005 05:36:52 GMT, "Davide Pioggia"
<dpio...@despammed.com> ha scritto:

>> continuo a non capire come mai non si esprime tutto quanto in hertz,
>> o qualcosa del genere...
>Se esprimi tutto in hertz stai usando dei "nomi assoluti".

Appunto. Sarebbe un po' come usare i gradi Kelvin invece dei
Centrigradi o dei Farenheit.
O come usare i Joule e non le calorie.

>Dire «A» oppure dire «440 hertz» è in ogni caso una "etichetta" per indicare
>il nome di un tasto o una corda accordati in un certo modo.

Beh no, la scala degli Hertz è assoluta. Come lo è la A.


Capisco che è poco romantico, though...

>> ciò non toglie che in DS9 i personaggi quando dovevano canticchiare
>> dicevano
>> do re mi fa so la ti do
>> e non
>> A B C D E F G A...o quello che è...
>Certo, perché se io ti canto un brano che tu conosci, e anziché fartelo in
>tonalità originale te lo canto un tono sotto tu nemmeno te ne accorgi (a
>meno che non hai l'orecchio assoluto),

Beh, non serve essere così dotati fisicamente. Se cantassero in acuto
un Nessun dorma, per quanto la cosa sia fattibile, mi accorgerei che
c'è qualcosa che non va.

Ho fatto un esempio estremo.

>Ora, ipotizzando che quel brano inizi con la 'tonica' della scala e poi
>passi alla 'dominante' noi, se usassimo un solfeggio relativo (cioè, l'unico
>sensato e coerente) diremmo che quel brano inizia in 'do' e poi sale al
>'sol'. E non ci metteremmo a discutere di frequenze, perché altrimenti
>staremmo perdendo il dato essenziale, ovvero il fatto che tu lo "riconosci"
>a prescindere dalla "altezza" alla quale lo canto.

il succo della melodia è come le "note" stanno in relazione tra di
loro.

>Non solo, ma se tu il brano non lo conosci, ed io te lo canto tutto fin
>quasi alla fine, ma quando manca una sola nota resto "sospeso" sulla
>penultima, puoi star certo che a te verrà spontaneo cantare la nota "giusta"
>che "manca".

beh, quello sì. ci sono regole matematiche sulle scale, le armonie,
gli accordi, roba simile (purtroppo non conosco il linguaggio
tecnico).

Father McKenzie

unread,
Jul 29, 2005, 2:23:01 AM7/29/05
to
Davide Pioggia, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces

como las huellas de las gaviotas en las playas

> A questo punto è chiaro che se abbiamo, ad esempio, un brano che ha la sua
> tonica sul tasto che abbiamo chiamato 'G', quel suono avrà 'G' come "nome
> assoluto" (clavis) e 'do' come "nome relativo" (vox). Più in generale usando
> questo metodo ogni tasto può chiamarsi 'do', 're', eccetera.

Sorry, but something don't fit :) Credo che anche il metodo che utilizza le
lettere dell'alfabeto abbia dei limiti nel nominare i suoni. Supponiamo di
star suonando il tasto n.88 del pianoforte, e che sia il do all'ottava piu'
alta. Ora, delle due l'una: o abbiamo un alfabeto di 88 lettere, o per
nominare questo suono dovremo utilizzare C esattamente come per il do alla
prima, seconda, terza, etc. ottava. Si tratta quindi di una denominazione
relativa come quella con do, re, mi. Dove sbaglio?
A questo punto mi pare che abbia ragione G. Neiman, se vogliamo una
classificazione assoluta dobbiamo ricorrere alle frequenze...

> Invece nei paesi germanici ed anglosassoni (grazie soprattutto all'opera di
> Sarah Glover e John Curwen), il "solfeggio assoluto" (che in linea di
> principio è una assurdità, direi un ossimoro) non riuscì ad imporsi, e si
> mantenne la distinzione fra _clavis_ e _vox_.

In linea di principio in musica si utilizza il termine "assoluto" per
definire la posizone di un suono indipendentemente dagli altri, quindi se
chiamo "88" quel do sto facendo un solfeggio assoluto; se invece lo chiamo
C, o do, o con un altro nome che si ripeta dalle ottave piu' basse a quelle
piu' alte, sto facendo un solfeggio relativo. Anche qui la tua definizione
non mi quadra. Scusa il disturbo.


--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

29/07/2005 8.09.52

Father McKenzie

unread,
Jul 29, 2005, 2:34:52 AM7/29/05
to
Davide Pioggia, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces
como las huellas de las gaviotas en las playas

> Se esprimi tutto in hertz stai usando dei "nomi assoluti".
> Dire «A» oppure dire «440 hertz» è in ogni caso una "etichetta" per indicare
> il nome di un tasto o una corda accordati in un certo modo.

E no, scusa. Lo sarebbe se chiamassi quel taso o quella corda "88", col suo
numero progressivo. C invece non è assoluto, in quanto lo stesso nome
ritorna di ottava in ottava, a meno di dare altre specificazioni (es.: C4
per C alla quarta ottava, C5 alla quinta, etc.)

> Certo, perché se io ti canto un brano che tu conosci, e anziché fartelo in
> tonalità originale te lo canto un tono sotto tu nemmeno te ne accorgi (a
> meno che non hai l'orecchio assoluto), lo "riconosci" immediatamente e ti
> sembra perfettamente "intonato" (ammesso che io sia intonato).

Cio' appunto perché, per la maggioranza di noi, i suoni hanno significato
nelle loro relazioni con gli altri; mantenendo immutate le relazioni tra i
suoni, si può "trasporre" un brano in qualsiasi tonalità mantenendolo
riconoscibile (uno che ha l'orecchio assoluto si renderà conto comunque
della differenza, pur riconoscendo il brano lo sentirà "diverso")
Tanto vero che molti brani scritti nel '600, quando per accordare gli
strumenti si usava un la a frequenza lievemente diversa dall'attuale (ca.
440Hz se ricordo male) suonerebbero diversi agli orecchi dell'autore che li
sentisse eseguiti da un'orchestra contemporanea. Dalla frequenza di
riferimento si ottengono le altre secondo la formula 440 * K^n (K= 1/12).
Altre informazioni: http://appunti.linux.it/a2572.htm

> Ora, ipotizzando che quel brano inizi con la 'tonica' della scala e poi
> passi alla 'dominante' noi, se usassimo un solfeggio relativo (cioè, l'unico
> sensato e coerente) diremmo che quel brano inizia in 'do' e poi sale al
> 'sol'. E non ci metteremmo a discutere di frequenze, perché altrimenti
> staremmo perdendo il dato essenziale, ovvero il fatto che tu lo "riconosci"
> a prescindere dalla "altezza" alla quale lo canto.

Ok.

> Dunque questa particolare infomazione che sta da qualche parte nella tua
> testa bisogna esprimerla con un concetto, e questo concetto non può essere
> indicato con 'C' o da una certa frequenza, perché è un'altra cosa.

Perché non tutti purtroppo siamo dotati di orecchio assoluto (allo stato
dell'arte suppongo che prevalga la tesi che l'o.a. è innato e solo in
piccola misura educabile...)


--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

29/07/2005 8.18.50

Father McKenzie

unread,
Jul 29, 2005, 2:44:21 AM7/29/05
to
Davide Pioggia, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces
como las huellas de las gaviotas en las playas

> A questo punto è chiaro che se abbiamo, ad esempio, un brano che ha la sua
> tonica sul tasto che abbiamo chiamato 'G', quel suono avrà 'G' come "nome
> assoluto" (clavis) e 'do' come "nome relativo" (vox). Più in generale usando
> questo metodo ogni tasto può chiamarsi 'do', 're', eccetera.

Sorry, but something doesn't fit :)

Credo che anche il metodo che utilizza le
lettere dell'alfabeto abbia dei limiti nel nominare i suoni. Supponiamo di
star suonando il tasto n.88 del pianoforte, e che sia il do all'ottava piu'
alta. Ora, delle due l'una: o abbiamo un alfabeto di 88 lettere, o per
nominare questo suono dovremo utilizzare C esattamente come per il do alla
prima, seconda, terza, etc. ottava. Si tratta quindi di una denominazione
relativa come quella con do, re, mi. Dove sbaglio?
A questo punto mi pare che abbia ragione G. Neiman, se vogliamo una
classificazione assoluta dobbiamo ricorrere alle frequenze...

> Invece nei paesi germanici ed anglosassoni (grazie soprattutto all'opera di


> Sarah Glover e John Curwen), il "solfeggio assoluto" (che in linea di
> principio è una assurdità, direi un ossimoro) non riuscì ad imporsi, e si
> mantenne la distinzione fra _clavis_ e _vox_.

In linea di principio in musica si utilizza il termine "assoluto" per


definire la posizone di un suono indipendentemente dagli altri, quindi se
chiamo "88" quel do sto facendo un solfeggio assoluto; se invece lo chiamo
C, o do, o con un altro nome che si ripeta dalle ottave piu' basse a quelle
piu' alte, sto facendo un solfeggio relativo. Anche qui la tua definizione
non mi quadra. Scusa il disturbo.

--
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29/07/2005 8.09.52

Father McKenzie

unread,
Jul 29, 2005, 2:48:29 AM7/29/05
to
Davide Pioggia, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces
como las huellas de las gaviotas en las playas

> A questo punto è chiaro che se abbiamo, ad esempio, un brano che ha la sua


> tonica sul tasto che abbiamo chiamato 'G', quel suono avrà 'G' come "nome
> assoluto" (clavis) e 'do' come "nome relativo" (vox). Più in generale usando
> questo metodo ogni tasto può chiamarsi 'do', 're', eccetera.

Sorry, but something doesn't fit :)

Credo che anche il metodo che utilizza le
lettere dell'alfabeto abbia dei limiti nel nominare i suoni. Supponiamo di
star suonando il tasto n.88 del pianoforte, e che sia il do all'ottava piu'
alta. Ora, delle due l'una: o abbiamo un alfabeto di 88 lettere, o per
nominare questo suono dovremo utilizzare C esattamente come per il do alla
prima, seconda, terza, etc. ottava. Si tratta quindi di una denominazione
relativa come quella con do, re, mi. Dove sbaglio?
A questo punto mi pare che abbia ragione G. Neiman, se vogliamo una
classificazione assoluta dobbiamo ricorrere alle frequenze...

> Invece nei paesi germanici ed anglosassoni (grazie soprattutto all'opera di


> Sarah Glover e John Curwen), il "solfeggio assoluto" (che in linea di
> principio è una assurdità, direi un ossimoro) non riuscì ad imporsi, e si
> mantenne la distinzione fra _clavis_ e _vox_.

In linea di principio in musica si utilizza il termine "assoluto" per

Father McKenzie

unread,
Jul 29, 2005, 2:54:39 AM7/29/05
to
Father McKenzie, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces

como las huellas de las gaviotas en las playas

guardate anche questo
http://xmau.com/musica/teoria/pillole.html#accordi


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Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

29/07/2005 8.49.31

Father McKenzie

unread,
Jul 29, 2005, 2:56:00 AM7/29/05
to
Father McKenzie, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces

como las huellas de las gaviotas en las playas

guardate anche questo
http://xmau.com/musica/teoria/pillole.html#accordi
secondo maurizio Codogno sono gli americani a dire ti


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Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

29/07/2005 8.49.31

Lilith

unread,
Jul 29, 2005, 7:39:37 AM7/29/05
to
Father McKenzie ha scritto:

> Tanto vero che molti brani scritti nel '600, quando per accordare gli
> strumenti si usava un la a frequenza lievemente diversa dall'attuale (ca.
> 440Hz se ricordo male) suonerebbero diversi agli orecchi dell'autore che li
> sentisse eseguiti da un'orchestra contemporanea.


Non esattamente. La scelta di usare un la fissato a xxx Hertz è solo
una prassi, dettata dalla comodità d'uso. Prassi, appunto, non teoria.
In molte orchestre il la di riferimento è a 442. In altre a 444, in
altre ancora a 446 (più alto è il la d'intonazione e più brillante
appare la sonorità dell'orchestra). Nelle orchestre dei teatri lirici il
la a 440 è più l'eccezione che la regola. Diciamo che, nella pratica
comune, il la può variare da un minimo di 392 Hertz a un massimo di 460.
Nella maggior parte degli ensemble di musica antica il la di riferimento
è a 415 Hz (quasi un semitono più basso rispetto a quello a 440!). Negli
ensemble che fanno musica di fine Settecento-primi dell'Ottocento con
strumenti originali il la di riferimento è in genere a 430 Hz. Ma anche
in questo caso la scelta è dettata più che altro da motivazioni
pratiche: se si usano strumenti d'epoca che non hanno la possibilità di
variare di molto la frequenza del la (come gli strumenti a fiato o
l'organo), bisogna attenersi a queste limitazioni, che però, ripeto,
sono dovute a motivi pratici e non necessariamente storici o
musicologici. La scelta di usare il la a 415 Hz nell'esecuzione di
*tutta* la musica antica, è nuovamente una convenzione, che spesso va a
cozzare con l'analisi storica sulle variazioni del la a seconda delle
epoche storiche e delle aree geografiche.
Qui di seguito ti ricopio un articolo interessante che parla proprio di
queste cose.

(vii) Classical pitches, 1765-1830.

By the last part of the 18th century church organs throughout Europe
tended to be in different pitches than orchestral instruments. Organs
were generally pitched as they had been a century before, which, in
relation to other instruments, made them too high in Germany and too low
in France and England.

The two principal orchestral pitches were A-1 and A+0, and in the course
of the Classical period the latter (more accurately a' = 430-440) become
predominant, although the process of change was gradual and not
universal. A+0 was already the predominant instrumental pitch in Venice
at the beginning of the 18th century, in Vienna and Prague about 1740,
in London and Rome by about 1770, in France about 1780 (officially in
the 1790s) and in northern Germany at the beginning of the 19th century.

The Classical period was characterized by minor pitch differences of
about a comma (a ninth of a whole-tone or about 21 cents) that could be
accommodated on woodwinds by using alternate joints or tuning slides.
Each theatre in Vienna and Paris, for instance, had its own slightly
different pitch until the 1820s. Multiple joints were usually numbered
from lowest to highest, and today often only one joint with a higher
number remains; this is an indication that pitch was generally on the
rise, since the lower-pitched joints were probably laid aside and
eventually separated from the instruments.

In northern Italy at the end of the 18th century wind players were
evidently getting their instruments from abroad; many woodwinds by
Augustin and Heinrich Grenser are found now in Italian collections.
Grensers are normally at about a' = 433, a pitch observed in Venice
throughout the century. Although the corista di S Pietro at A-2 was
maintained on organs at the Vatican until late in the 19th century, at
the end of the 18th there were reports of woodwinds in Rome at about the
same level as Venice. By this time, A+0 had come to be called coristo
Lombardo and was considered normal in most parts of Italy, including Naples.

In France Ton d'Opéra, which had been at A-2 in mid-century (since the
traditional repertory, including Lully's works, was still on the oards),
began fluctuating between A-2 and A-1½ in the 1770s as a result of
reforms and changing repertory. Harpsichords and woodwinds in France
varied between A-1 and A+0, the latter predominating by the 1780s. They
were sometimes classified according to their pitches as 'modern' (i.e.
at A+0) or 'ancien' (A-1). The Concert Spirituel regularly featured
soloists from abroad and had a reputation for a high pitch, probably A+0
(a' ? 435). At the end of the century this pitch, called Ton
d'orchestre, was officially adopted in Paris by the new Conservatoire.
Many of the best woodwinds were shortened at this period, in the hope
that they could be retained. The rationalist mentality of the age did
not eliminate small variations in pitch standard, as the multiple joints
of instruments made at the time testify. Even the Opéra was eventually
forced to adopt Ton d'orchestre, though the poor showing of the singers
of the time who attempted the earlier repertory was blamed on the raised
pitch level. Charles Delezenne (1854) reported pitches at various
theatres in Paris in 1823 as a' = 424, 428, 432 and, in 1834, 440.

The Italian influence on pitch throughout Europe was reinforced by the
dynamism of the so-called 'Wiener Klassik'. By the second third of the
century performances in Vienna were generally at a' ? 430-435. Pitch
remained at this level in Viennese instrumental, dramatic and much
church music until the end of the century. Prague and other cities in
the Habsburg empire were probably at the same pitch, since the court and
many musicians circulated frequently. The latter part of the century saw
much coming and going of wind players between Vienna and other places,
suggesting a general agreement on pitch: famous soloists would not have
switched instruments or set-ups merely for the sake of fluctuating pitch
standards.

Reports in the 1770s compared Berlin's low pitch with the high one in
Vienna. In some parts of northern Germany A-1 remained the standard
until at least 1832. In Dresden, the famous Cammerton organs by
Silbermann were probably responsible. It may also be that when A+0
became the general European standard, A-1 survived in many places
because it had become a church pitch. Not only had organs been made to
it in the mid-18th century, but being a whole tone below A+1, it
remained more practical than A+0 for transpositions with older organs.
Dresden was also a principal woodwind-making centre, and surviving
instruments from there are at both A-1 and A+0 (the latter apparently
for export). Berlin may have remained low as a result of the lingering
influence of Frederick the Great's court (being a flautist, Frederick
favoured a low pitch). A general pitch reference in Saxony at this time
was the organ at the Nicolaikirche Leipzig, at A-1 (although flutes were
made there at both A-1 and A+0).

viii) Pitch standards since c1830.

Since the early 19th century orchestral instruments have evolved through
small adaptations rather than revolutionary new designs. As a result,
fluctuations in pitch standards have been relatively minor. The mean
pitch in Europe in 1858, when the diapason normal (a' = 435) was
promulgated in France, was about a' = 446, just as it is today. The
universal standard a' = 440 established in 1939 was no less artificial
and unrealistic.

Historically, as we have seen, pitch has fluctuated both up and down.
Present-day pitch is noticeably lower than Victorian England's 'sharp
pitch' of a' = 452. Pitch at La Scala was at that same level in 1867, up
from a' = 450 in 1856. In Vienna a generation after Mozart's death pitch
seems to have been somewhat lower, at a' = 440-445. Thus almost from the
beginning singers have been obliged to perform the music of Mozart and
Verdi at a level several Hertz higher than the composers intended. At
present pitch appears once again to be on the rise from a theoretical
(and rarely used in orchestras) a' = 440 to as high as a' = 450. From a
broader perspective these vacillations can be seen as temporary
departures from a remarkably stable norm.

Mike Brewer

unread,
Jul 29, 2005, 9:16:37 AM7/29/05
to

"Father McKenzie" <nu...@mondo.int> wrote in message
news:fcra7z30j38v$.pnliimelebov.dlg@40tude.net...

> Father McKenzie, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces
> como las huellas de las gaviotas en las playas
>
> guardate anche questo
> http://xmau.com/musica/teoria/pillole.html#accordi
> secondo maurizio Codogno sono gli americani a dire ti
> --

What the English learn in school is also , as Adam said , do re mi fa so la
ti do ; unless they are specialist music students , they learn nothing else
, and remain blissfully ignorant of the existence of any such concepts as
absolute or relative solfa , and a fortiori ignorant of the ways of
indicating sharpened or flattened pitch , so 'te , ta , me , si ' etc. would
mean nothing . I don't know much about this , but there does seem to be a
fair amount of latitude about the actual syllables used for the variant
forms .

Mike


FB

unread,
Jul 29, 2005, 9:36:01 AM7/29/05
to
On Fri, 29 Jul 2005 14:16:37 +0100, Mike Brewer wrote:

[...]


> What the English learn in school is also , as Adam said , do re mi fa so la
> ti do ; unless they are specialist music students , they learn nothing else
> , and remain blissfully ignorant of the existence of any such concepts as
> absolute or relative solfa , and a fortiori ignorant of the ways of
> indicating sharpened or flattened pitch

How do you pronounce "a fortiori"? I say [afOr'tsiA.:ri] ([O] ==> RP
"ball"; [A.] ==> RP "dock").

[...]


Bye, FB
--
«"Plano su di lei come un paradiseo imbottito di Taurus... Faccio guizzare
la lingua come un pitone ubriaco". Prendo questo libro, lo butto nel
cestino.»
(Recensione di Antonio D'Orrico sul Corriere della Sera Magazine)

floria tosca

unread,
Jul 29, 2005, 9:37:39 AM7/29/05
to
. Nelle orchestre dei teatri lirici il
> la a 440 è più l'eccezione che la regola. Diciamo che, nella pratica
> comune, il la può variare da un minimo di 392 Hertz a un massimo di 460.

392 può darsi, ma 460 è improbabile, almeno quando c'è Pavarotti, e cmq mai
più su di 440 con dei cantanti....!
floria


Davide Pioggia

unread,
Jul 29, 2005, 10:02:42 AM7/29/05
to
Father McKenzie ha scritto:

>> Se esprimi tutto in hertz stai usando dei "nomi assoluti".
>> Dire «A» oppure dire «440 hertz» è in ogni caso una "etichetta" per
>> indicare il nome di un tasto o una corda accordati in un certo modo.

> E no, scusa. Lo sarebbe se chiamassi quel taso o quella corda "88", col
> suo numero progressivo. C invece non è assoluto, in quanto lo stesso nome
> ritorna di ottava in ottava, a meno di dare altre specificazioni (es.: C4
> per C alla quarta ottava, C5 alla quinta, etc.)

Sì, sì, è vero, devo anche indicare il numero dell'ottava. Cercavo di dire
che un tasto 'Cx' continua ad essere 'Cx' a prescindere dall'impianto tonale
nell'ambito del quale lo stiamo utilizzando.

> Dalla frequenza di
> riferimento si ottengono le altre secondo la formula 440 * K^n (K= 1/12).

Qui devi avere avuto una svista.

Quando n=12 si realizza un intervallo di ottava, cioè la frequenza
raddoppia, sicché k deve soddisfare l'equazione:

k^12 = 2

da cui segue:

k = 2^(1/12)

Cioè k è la radice dodicesima di 2. Se fosse ottenibile con una semplice
espressione algebrica non avremmo alle spalle millenni di discussioni sui
vari tipi di "comma".

> Perché non tutti purtroppo siamo dotati di orecchio assoluto (allo stato
> dell'arte suppongo che prevalga la tesi che l'o.a. è innato e solo in
> piccola misura educabile...)

Ho letto da qualche parte che ci sono dei buoni indizi per ritenere che i
bambini nascano dotati dell'orecchio assoluto, e poi lo perdano col tempo,
tranne alcuni che sono predisposti geneticamente oppure vengono educati alla
musica fin dalla più tenera età, sicché continuano a fare uso di quella
facoltà e non la lasciano "atrofizzare".

Chi lo sostiene si basa sugli studi comparati con le popolazioni che usano
le lingue tonali. Sembra infatti che fra quelle popolazioni ci siano un gran
numero di persone che hanno l'orecchio assoluto, e che ciò sia dovuto al
fatto che il sistema tonale costringe ad esercitarlo quotidianamente.

Non so quanto sia fondata questa cosa, perché l'ho letta una volta sola e
non ricordo nemmeno più dove. Oltretutto se anche fosse vero che fra coloro
che usano il sistema tonale ce ne sono un gran numero che hanno l'orecchio
assoluto, questa correlazione non dimostrerebbe necessariamente che si nasce
con l'orecchio assoluto e lo si mantiene continuando ad usarlo, ma potrebbe
essere un indizio del fatto che nel pool genetico di quelle popolazioni sono
molto diffusi i geni associati a quella facoltà, e di conseguenza esse hanno
potuto adottare facilmente un sistema tonale nella loro lingua, mentre altre
popolazioni sono strate costrette a complicare la struttura delle sillabe.

Tutte cose che mi ero ripromesso di approfindire prima o poi, ma la vita
breve e poi c'ho l'affitto da pagare.

--
Ciao,
D.

Davide Pioggia

unread,
Jul 29, 2005, 10:25:38 AM7/29/05
to
Father McKenzie ha scritto:

>> A questo punto è chiaro che se abbiamo, ad esempio, un brano che ha la
>> sua tonica sul tasto che abbiamo chiamato 'G', quel suono avrà 'G' come
>> "nome assoluto" (clavis) e 'do' come "nome relativo" (vox). Più in
>> generale usando questo metodo ogni tasto può chiamarsi 'do', 're',
>> eccetera.

> Sorry, but something doesn't fit :)
> Credo che anche il metodo che utilizza le
> lettere dell'alfabeto abbia dei limiti nel nominare i suoni. Supponiamo di
> star suonando il tasto n.88 del pianoforte, e che sia il do all'ottava
> piu' alta. Ora, delle due l'una: o abbiamo un alfabeto di 88 lettere, o
> per nominare questo suono dovremo utilizzare C esattamente come per il do
> alla prima, seconda, terza, etc. ottava. Si tratta quindi di una
> denominazione relativa come quella con do, re, mi. Dove sbaglio?

Dunque, come ho già detto nell'altro post è chiaro che per realizzare una
corrispondenza biunivoca fra delle "etichette" e tutte le frequenze
associate ai tasti del pianoforte oltre alla lettera devo indicare in
qualche modo (magari, appunto, con un numero) l'ottava.

Però questa cosa tutto sommato la si può dare per scontata. Anche perché un
brano normalmente si muove fra due o tre ottave, sicché potremmo benissimo
limitarci a scrivere, che so, C, C' e C".

Nella lunga querelle che attraversò l'Europa a partire dalla fine del XVIII
secolo e per buona parte del XIX non fu certo il problema delle ottave ad
essere cruciale, perché è sempre stato chiaro a tutti che quando passi da
una ottava a quella successiva le frequenze non restano le stesse, ma
raddoppiano.

La domanda cruciale era questa: se io canto un brano che ha 'Gx' come
'tonica', quando lo 'solfeggio' devo dire 'Gx' (cioè la frequenza, la
_clavis_) o devo dire 'tonica' (cioè il ruolo della nota nell'impianto
tonale, la _vox_)?

Nel primo caso mi concentro sul "valore assoluto" della nota, mentre nel
secondo mi concentro sul suo "valore relativo".

Ora, per quanto dicevo nell'altro post dovrebbe essere abbastanza chiaro
che, a meno che non voglia discutere di questioni di accordatura, quando
solfeggio un brano intendo "cantarlo", e a questo proposito ciò che è
cruciale è proprio il "valore relativo".

E siccome non posso solfeggiare usando "etichette" troppo lunghe, come
"tonica", o addirittura "primo grado", prendo una successione di sillabe ed
uso quelle: 'do', 're', 'mi', eccetera.

Quando in Europa la cultura musicale era ancora riservata alle classi più
benestanti e colte, tutto ciò era pacifico, e nessuno dubitava che il
solfeggio dovesse essere svolto in modo "relativo".

Tuttavia dopo la rivoluzione francese in Francia i conservatori vennero
aperti a tutti gli strati sociali, e si pose il problema di educare alla
musica persone che dovevano semplicemente eseguire certe "istruzioni" e che
spesso non avevano alle spalle una adeguata cultura musicale, o cultura in
genere (immagina il tipico bandista di una volta, che sapeva a malapena
leggere e scrivere e che magari leggeva la musica a prima vista, ma solo
perché era strato addestrato ad fare l'"esecutore", senza avere
consapevolezza dell'impianto tonale e armonico del brano che stava
eseguendo).

Dal momento che per questi scopi il solfeggio "relativo" poneva troppe
difficoltà, si decise di usarlo in modo "assoluto", così 'do' prese il posto
di 'C', eccetera.

L'Italia per una serie di ragioni seguì la francia, mentre - come dicevo -
ciò non accadde nei paesi germanici e anglosassoni. Qui i due sistemi
restarono ben distinti.

Col tempo però anche in questi paesi si fece sentire l'esigenza di insegnare
la musica a strati della popolazione che non avevano i mezzi culturali per
apprezzare le sfumature della notazione relativa, sicché si cominciò ad
usare prevalentemente la notazione assoluta. Ma la notazione assoluta,
l'abbiamo detto, era rimasta legata alle lettere. Così restarono le lettere
e sparirono le sillabe.

--
Ciao,
D.

Lilith

unread,
Jul 29, 2005, 11:11:51 AM7/29/05
to
floria tosca ha scritto:

> 392 può darsi, ma 460 è improbabile, almeno quando c'è Pavarotti, e cmq mai
> più su di 440 con dei cantanti....!
> floria


C'è scritto persino nell'articolo che ho postato:
"Pitch at La Scala was at that same level [452] in 1867, up from a' =

Father McKenzie

unread,
Jul 29, 2005, 12:44:09 PM7/29/05
to
Davide Pioggia, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces
como las huellas de las gaviotas en las playas

> k = 2^(1/12)

Certo, errore materiale fu.

> Ho letto da qualche parte che ci sono dei buoni indizi per ritenere che i
> bambini nascano dotati dell'orecchio assoluto, e poi lo perdano col tempo,
> tranne alcuni che sono predisposti geneticamente oppure vengono educati alla
> musica fin dalla più tenera età, sicché continuano a fare uso di quella
> facoltà e non la lasciano "atrofizzare".

Non so se abbiamo letto lo stesso articolo (di Nature un tre anni fa, ma
non ho la reference), ma ricordo anch'io qualcosa del genere. In piu'
diceva che probabilmente la facoltà di riconoscere l'altezza assoluta di un
suono non viene conservata perché comporterebbe uno svantaggio selettivo,
rendendo la persona che ne è portatrice meno competente nelle abilità
linguistiche... Come esempio portava una frase semplice come "Maria, ti
amo". Se maria ha l'orecchio assoluto, potrebbe percepire questa frase come
differente se pronunciata da parlanti con differente intonazione, poniamo
Marco che ha voce da baritono, Giulio che è untenore e Katia che è uno
squillante soprano. Forse la selezione naturale ha favorito i fenotipi
dotati di orecchio normale, pur non eliminando completamente i portatori di
orecchio assoluto, che, magari dopo qualche difficoltà iniziale, riuscivano
comunque a diventare competenti nell'uso del linguaggio :)

> Chi lo sostiene si basa sugli studi comparati con le popolazioni che usano
> le lingue tonali. Sembra infatti che fra quelle popolazioni ci siano un gran
> numero di persone che hanno l'orecchio assoluto, e che ciò sia dovuto al
> fatto che il sistema tonale costringe ad esercitarlo quotidianamente.

Questo è uno spunto interessante. In effetti, in cinese o in una lingua in
cui l'intonazione è significativa, credo che possedere l'OA sia un
vantaggio non da poco. Io credo che, non possedendolo, se fossi nato in
Cina mi avrebbero scannato da tempo, la prima volta che avessi provato a
dire al mio preside "ossequi grande timoniere" e lui avesse capito dal mio
tono: "heilà panzone omosessuale".


--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

29/07/2005 18.26.29

ADPUF

unread,
Jul 29, 2005, 5:42:20 PM7/29/05
to
on 11:24, giovedì 28 luglio 2005, Kwizach Haderach (G. Neiman)
wrote:

> Mi ha colpito un momento, in cui delle persone facevano delle
> scale vocali, in inglese.
>
> Appunto "do re mi fa sol la si do".
>
> Mi ha colpito, però, la loro pronuncia.
>
> Dicevano, in pratica, con le pronunce inglesi delle singole
> consonanti e vocali:
>
> do re mi fa: so la TI do"
>
> E' questo "TI" che mi lascia un po' sconcertato, e che non
> capisco.
[...]
> Sono assolutamente certo di quello che ho sentito, anche
> perché l'ho sentito per due minuti di seguito, visto che
> l'intera scena era di scale sonore cantate nelle foggie più
> svariate.
>
> Chiedo allora a tutti, e ai madrelingua inglesi: cosa ne
> pensate, e come pronunciate, voi ultimi, la nota "si".
>
> Questo, poi, non so come si lega al fatto che all'estero (non
> so in quali paesi) si usa una diversa notazione.


Leggo su "la grammatica della musica" di Ottó Károlyi, Piccola
Biblioteca Einaudi:

Sistema Tonic Sol-Fa (solfeggio)

Tonic Sol-Fa è un sistema usato per cantare su sillabe la musica
"a vista" e per esercitare l'orecchio. Il principio del metodo
è che ogni grado della scala è contraddistinto da una sillaba
facilmente cantabile: do, re, mi, fa, sol, la, ti [sic], do.
(Le sillabe presentano talvolta leggere variazioni di
pronuncia, ad esempio, in inglese: doh, ray, me, fah, soh, lah,
te, doh.)
Il grande vantaggio di qusto metodo è che esso insegna a leggere
la musica a prima vista, senza ausilio dello strumento, poiché
con il sistema del "do mobile" le sillabe, e quindi gli
intervalli corrispondenti, restano identici in ogni tonalità;
cioè a dire, do-sol significherà un intervallo di quinta sia
che lo si pensi in Do Maggiore, sia in Do# maggiore.
Sicché con tale metodo è altrettanto agevole cantare in Do
maggiore che, poniamo, in Fa# maggiore: il /do/ in ogni caso
starà a significare la tonica della scala. Allo stesso modo
il /la/ denoterà sempre la tonica di ogni scala minore. Donde
il nome inglese del sistema: /Tonic/ Sol-Fa.
[...]
... più tardi vennero ancora introdotte le note /ti/ , per
indicare la sensibile delle tonalità minori. Un ulteriore passo
avanti fu l'indicazione delle notre diesizzate mediante di, ri
e fi e di quelle bemollizzate mediante lo, ma, ra e ta.


Capito qualcosa?


--
A Plan for the Improvement of English Spelling
by Mark Twain

For example, in Year 1 that useless letter "c" would be
dropped to be replased either by "k" or "s", and likewise "x"
would no longer be part of the alphabet. The only kase in which
"c" would be retained would be the "ch" formation, which will
be dealt with later. Year 2 might reform "w" spelling, so that
"which" and "one" would take the same konsonant, wile Year 3
might well abolish "y" replasing it with "i" and Iear 4 might
fiks the "g/j" anomali wonse and for all.
Jenerally, then, the improvement would kontinue iear bai iear
with Iear 5 doing awai with useless double konsonants, and
Iears 6-12 or so modifaiing vowlz and the rimeining voist and
unvoist konsonants. Bai Iear 15 or sou, it wud fainali bi
posibl tu meik ius ov thi ridandant letez "c", "y" and "x" --
bai now jast a memori in the maindz ov ould doderez -- tu
riplais "ch", "sh", and "th" rispektivli.
Fainali, xen, aafte sam 20 iers ov orxogrefkl riform, wi wud
hev a lojikl, kohirnt speling in ius xrewawt xe Ingliy-spiking
werld.

FB

unread,
Jul 29, 2005, 5:54:06 PM7/29/05
to
On Fri, 29 Jul 2005 21:42:20 GMT, ADPUF wrote:

[...]


> Fainali, xen, aafte sam 20 iers ov orxogrefkl riform, wi wud
> hev a lojikl, kohirnt speling in ius xrewawt xe Ingliy-spiking
> werld.

So, Mark Twain said [&ft@], but [w@rld], I gather.


Bye, FB
--
"I saw something nasty in the woodshed!"
(Cold Comfort Farm, the film)

ADPUF

unread,
Jul 29, 2005, 6:43:24 PM7/29/05
to
on 13:39, venerdì 29 luglio 2005, Lilith wrote:

> Non esattamente. La scelta di usare un la fissato a xxx Hertz
> è solo una prassi, dettata dalla comodità d'uso. Prassi,
> appunto, non teoria. In molte orchestre il la di riferimento è
> a 442. In altre a 444, in altre ancora a 446 (più alto è il la
> d'intonazione e più brillante appare la sonorità
> dell'orchestra). Nelle orchestre dei teatri lirici il la a 440
> è più l'eccezione che la regola. Diciamo che, nella pratica
> comune, il la può variare da un minimo di 392 Hertz a un
> massimo di 460. Nella maggior parte degli ensemble di musica
> antica il la di riferimento è a 415 Hz (quasi un semitono più
> basso rispetto a quello a 440!). Negli ensemble che fanno
> musica di fine Settecento-primi dell'Ottocento con strumenti
> originali il la di riferimento è in genere a 430 Hz. Ma anche
> in questo caso la scelta è dettata più che altro da
> motivazioni pratiche: se si usano strumenti d'epoca che non
> hanno la possibilità di variare di molto la frequenza del la
> (come gli strumenti a fiato o l'organo), bisogna attenersi a
> queste limitazioni, che però, ripeto, sono dovute a motivi
> pratici e non necessariamente storici o musicologici. La

> scelta di usare il la a 415 Hz nell'esecuzione di tutta la


> musica antica, è nuovamente una convenzione, che spesso va a
> cozzare con l'analisi storica sulle variazioni del la a
> seconda delle epoche storiche e delle aree geografiche.


Come facevano per misurare la frequenza in Hertz senza i
frequenzimetri?
Cioè, evidentemente non era necessario sapere il valore esatto.


--
If one tells the truth, one is sure, sooner or later, to be
found out.
-- Oscar Wilde, "Phrases and Philosophies for the Use
of the Young"

ADPUF

unread,
Jul 29, 2005, 6:46:13 PM7/29/05
to
on 18:44, venerdì 29 luglio 2005, Father McKenzie wrote:

>> Chi lo sostiene si basa sugli studi comparati con le
>> popolazioni che usano le lingue tonali. Sembra infatti che
>> fra quelle popolazioni ci siano un gran numero di persone che
>> hanno l'orecchio assoluto, e che ciò sia dovuto al fatto che
>> il sistema tonale costringe ad esercitarlo quotidianamente.
>
> Questo è uno spunto interessante. In effetti, in cinese o in
> una lingua in cui l'intonazione è significativa, credo che
> possedere l'OA sia un vantaggio non da poco. Io credo che, non
> possedendolo, se fossi nato in Cina mi avrebbero scannato da
> tempo, la prima volta che avessi provato a dire al mio preside
> "ossequi grande timoniere" e lui avesse capito dal mio tono:
> "heilà panzone omosessuale".


Ma nelle lingue tonali (mi pare che anche le lingue bantu lo
siano) non conta la variazione relativa, più che il valore
assoluto?

--
Democracy is a device that insures we shall be governed no
better than we deserve.
-- George Bernard Shaw

FB

unread,
Jul 29, 2005, 7:55:26 PM7/29/05
to
On Fri, 29 Jul 2005 22:46:13 GMT, ADPUF wrote:

[...]


> Ma nelle lingue tonali (mi pare che anche le lingue bantu lo

> siano) non conta la variazione relativa, piů che il valore
> assoluto?

Credo proprio di sě. In svedese, dove l'accento 2 o bisillabico ha una
componente tonale, che io sappia si scende nella prima sillaba e si sale
sulla seconda. La frequenza non conta, e sarebbe alquanto curioso se non
fosse cosě.


Ciao, FB
--
"Golden orb... The golden orb... The golden orb..."

Lilith

unread,
Jul 30, 2005, 2:39:27 AM7/30/05
to
ADPUF ha scritto:

> Come facevano per misurare la frequenza in Hertz senza i
> frequenzimetri?


Con un diapason, suppongo.

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 30, 2005, 2:58:48 AM7/30/05
to
Il Fri, 29 Jul 2005 21:42:20 GMT, ADPUF <flyh...@mosq.it> ha
scritto:

>Capito qualcosa?

sommando a quanto già detto nel 3d, sì

Kwizach Haderach (G. Neiman)

unread,
Jul 30, 2005, 3:01:32 AM7/30/05
to
Il Fri, 29 Jul 2005 21:42:20 GMT, ADPUF <flyh...@mosq.it> ha
scritto:

> A Plan for the Improvement of English Spelling
> by Mark Twain

un capolavoro!

se non fosse stato per la risposta di FB, neanche l'avrei notato

:-))

salvato subito

--

>Giň

-Tutto ciň che puň esistere, esiste.
(Tullio Regge)

floria tosca

unread,
Jul 30, 2005, 3:29:33 AM7/30/05
to
>
> C'č scritto persino nell'articolo che ho postato:

> "Pitch at La Scala was at that same level [452] in 1867, up from a' = 450
> in 1856. In Vienna a generation after Mozart's death pitch seems to have
> been somewhat lower, at a' = 440-445".

Ti immagini il flauto magico, la poveretta che deve fare la regina della
notte? col la piů su di 440? Mmmmm......
floria


Lilith

unread,
Jul 30, 2005, 3:36:02 AM7/30/05
to
floria tosca ha scritto:
>>C'è scritto persino nell'articolo che ho postato:

>>"Pitch at La Scala was at that same level [452] in 1867, up from a' = 450
>>in 1856. In Vienna a generation after Mozart's death pitch seems to have
>>been somewhat lower, at a' = 440-445".
>
>
> Ti immagini il flauto magico, la poveretta che deve fare la regina della
> notte? col la più su di 440? Mmmmm......


"With great power comes great responsabilities".
:-)

Father McKenzie

unread,
Jul 30, 2005, 5:58:30 AM7/30/05
to
floria tosca, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces como

las huellas de las gaviotas en las playas

> Ti immagini il flauto magico, la poveretta che deve fare la regina della

> notte? col la più su di 440? Mmmmm......

Poveretta lei? Sì, povretti noi ascoltatori, semmei


--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

30/07/2005 11.53.39

Father McKenzie

unread,
Jul 30, 2005, 6:04:37 AM7/30/05
to
Lilith, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces como las

huellas de las gaviotas en las playas

> "With great power comes great responsabilities".

With too high pitch great steccas may come...


--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

30/07/2005 11.54.12

Father McKenzie

unread,
Jul 30, 2005, 6:06:38 AM7/30/05
to
floria tosca, para que tú me oigas, mis palabras se adelgazan a veces como

las huellas de las gaviotas en las playas

> Ti immagini il flauto magico, la poveretta che deve fare la regina della

> notte? col la più su di 440? Mmmmm......

Poveretta lei? Sì, poveretti noi ascoltatori, semmai


--
"I can't try to save humanity without holding on to what makes me human."
Cpt. Jonathan Archer to T'Pol

30/07/2005 11.53.39

Max M.

unread,
Jul 30, 2005, 6:44:58 AM7/30/05
to
Lilith wrote:

>
> "With great power comes great responsabilities".


Perché "comes" e non "come"?

Max

Davide Pioggia

unread,
Jul 30, 2005, 8:24:07 AM7/30/05
to
ADPUF ha scritto:

> Ma nelle lingue tonali (mi pare che anche le lingue bantu lo
> siano) non conta la variazione relativa, più che il valore
> assoluto?

Sicuramente conta la variazione relativa, tuttavia cosa succede se uno si
affaccia alla finestra e grida una "sillaba isolata", fuori da ogni
contesto?

Non potrebbe essere che in questi casi per dare un significato preciso si
debba emettere il suono vocalico non dico con una frequenza specifica, ma
quanto meno entro un certo intervallo di frequenze? Se così fosse già questo
sarebbe sufficiente per tenere in "allenamento" l'orecchio assoluto, ed
impedire che quella facoltà si "atrofizzi".

Viceversa, ribaltando il nesso causale, ovvero ipotizzando che in certe
popolazioni i geni corrispondenti all'orecchio assoluto siano
particolarmente diffusi, e che sia stata questa particolarità a indirizzare
quelle popolazioni verso l'uso dei "toni" anziché complicare la struttura
delle sillabe, dobbiamo tenere presente che chi abbia l'orecchio assoluto
non è uno che non sa impiegare i suoni in modo "relativo". Mozart, che aveva
un orecchio assoluto perfetto, non aveva ovviamente alcuna difficoltà ad
eseguire un brano qualche tono sotto o sopra la tonalità originale. Non si
deve pensare che chi ha l'orecchio assoluto sia "prigioniero" di esso. Anzi,
tutt'altro.

Ebbene, supponendo di avere una popolazione in cui la stragrande maggioranza
degli individui hanno un buon orecchio (e questo sarebbe dimostrato anche
dal fatto che per quelle popolazioni il temperamento equabile è "stonato" -
ed effettivamente lo è, rispetto alla successione degli armonici), e di
questi molti hanno anche l'orecchio assoluto, non stupisce che quella
popolazione si indirizzi verso un sistema tonale "relativo", poiché ci sono
donne, bambini, maschi adulti, ed ognuno usa un diverso registro; inoltre
non tutti hanno l'orecchio assoluto, e si deve mettere a punto un sistema
che sia più o meno accessibile a tutti.

--
Ciao,
D.

Lilith

unread,
Jul 30, 2005, 10:03:12 AM7/30/05
to
Max M. ha scritto:

>>"With great power comes great responsabilities".
>
>
>
> Perché "comes" e non "come"?


E perché "responsabilities" e non "responsibilities"?
Misteri dell'Uomo Ragno!
http://tinyurl.com/9wdtf

Laz

unread,
Jul 30, 2005, 10:08:51 AM7/30/05
to
Lilith wrote:

>>> "With great power comes great responsabilities".
>>
>> Perché "comes" e non "come"?
>
>
> E perché "responsabilities" e non "responsibilities"?

Be', quello e' solo un typo... sul "comes" invece mi perplimo anch'io.
Per qualche strano motivo si accorda col "great power", forse?

--
Laz - [http://www.dimensionedelta.net]
"Everybody darlin' sometimes bites the hand that feeds"


FB

unread,
Jul 30, 2005, 10:27:57 AM7/30/05
to
On Sat, 30 Jul 2005 16:08:51 +0200, Laz wrote:

> Lilith wrote:
>
>>>> "With great power comes great responsabilities".
>>>
>>> Perché "comes" e non "come"?
>>
>>
>> E perché "responsabilities" e non "responsibilities"?
>
> Be', quello e' solo un typo... sul "comes" invece mi perplimo anch'io.
> Per qualche strano motivo si accorda col "great power", forse?

Credo si debba dire "come", visto che il soggetto è "great
responsibilities". Forse se la frase è intesa come "what comes with great
power is great responsibilities", la versione col verbo al singolare ha
senso, ma io userei il verbo al plurale.


Ciao, FB
--
Mrs. Palmer, in her way, was equally angry. 'She was determined to drop his
acquaintance immediately, and she was very thankful that she had never been
acquainted with him at all'. (Jane Austen)

Laz

unread,
Jul 30, 2005, 11:03:49 AM7/30/05
to
FB wrote:

> Credo si debba dire "come", visto che il soggetto è "great
> responsibilities". Forse se la frase è intesa come "what comes with
> great power is great responsibilities", la versione col verbo al
> singolare ha senso, ma io userei il verbo al plurale.

Anch'io, ma la frase giusta e' proprio con "comes".

"I may be love's bitch, but at least I'm man enough to admit it."


Max M.

unread,
Jul 30, 2005, 12:22:05 PM7/30/05
to
FB wrote:

> Credo si debba dire "come", visto che il soggetto è "great
> responsibilities".

In realtà, cercando con Google, vedo che la versione più frequente (58000
ricorrenze) è quella con "responsibility", in cui "comes" ha ovviamente
senso. Quella con "comes" e "responsibilities", comunque, è discretamente
frequente (1800).

Qualche madrelingua vuole commentare?


Max

Mike Brewer

unread,
Jul 30, 2005, 4:55:22 PM7/30/05
to

"FB" <fam.baldu...@tin.it> wrote in message
news:1whe9jrvnj01.10...@40tude.net...
> On Fri, 29 Jul 2005 14:16:37 +0100, Mike Brewer wrote:
>
> [...]
>> What the English learn in school is also , as Adam said , do re mi fa so
>> la
>> ti do ; unless they are specialist music students , they learn nothing
>> else
>> , and remain blissfully ignorant of the existence of any such concepts as
>> absolute or relative solfa , and a fortiori ignorant of the ways of
>> indicating sharpened or flattened pitch
>
> How do you pronounce "a fortiori"? I say [afOr'tsiA.:ri] ([O] ==> RP
> "ball"; [A.] ==> RP "dock").
>
> [...]
>

The pronunciation of Latin tags in English tends to be pretty much ad
libitum ; the 't' , however , in 'a fortiori' is always just a 't' (it
appears to be 'ts' in your version , unless I've misunderstood your symbols
, or it's a typo ; or does it mean the sound in 'nation'? Anyway , it's not
that either!) ; and the stress is on the fourth syllable , the last 'o' . I
would pronounce it (sorry , no IPA) ah faw ti *aw* ri ; this would be the
more 'Latin' pronunciation ; some people prefer more anglicised versions of
the Latin , so you might hear ay faw ti *aw* reye (as 'eye'=occhio) . These
(the 'Latin' and the 'anglicised') are in general the two main options ,
heard in , e.g., the quite common phrases sine die and sine qua non ; but
you do tend to hear all sorts of minor variations .

Latin , as you're probably aware , has all but disappeared from state
schools in the UK .

cura ut valeas

Mike


FB

unread,
Jul 30, 2005, 6:19:25 PM7/30/05
to
On Sat, 30 Jul 2005 21:55:22 +0100, Mike Brewer wrote:

[...]


> The pronunciation of Latin tags in English tends to be pretty much ad
> libitum ; the 't' , however , in 'a fortiori' is always just a 't' (it
> appears to be 'ts' in your version , unless I've misunderstood your symbols
> , or it's a typo ; or does it mean the sound in 'nation'? Anyway , it's not
> that either!) ;

The pronunciation I use in Italian is ahfor tseeò ree.


[...]


Bye, FB

ADPUF

unread,
Jul 31, 2005, 7:14:57 PM7/31/05
to
on 08:39, sabato 30 luglio 2005, Lilith wrote:

>> Come facevano per misurare la frequenza in Hertz senza i
>> frequenzimetri?
>
> Con un diapason, suppongo.


Sě, oppure con tubi d'aria di lunghezza definita, o corde tese,
ma serve solo per fare confronti piů che dare una misura
assoluta.

Ma quando hanno inventato lo Hertz?
Sicuramente dopo la nascita di Heinrich Hertz (1857-1894).


--
Murder is always a mistake -- one should never do anything one
cannot talk about after dinner.
-- Oscar Wilde, "The Picture of Dorian Gray"

Alessandra Maione

unread,
May 20, 2023, 2:40:14 PM5/20/23
to

Wolfgang

unread,
May 20, 2023, 5:25:21 PM5/20/23
to
On Sat, 20 May 2023 at 20:40:13 +0200, Alessandra Maione wrote:
> Il giorno lunedì 1 agosto 2005 alle 01:14:57 UTC+2 ADPUF ha scritto:
>> on 08:39, sabato 30 luglio 2005, Lilith wrote:

Adpuf e Lilith, è da tanto tempo che non si leggono più questi nomi.

>>>> Come facevano per misurare la frequenza in Hertz senza i
>>>> frequenzimetri?
>>>
>>> Con un diapason, suppongo.
>>
>> Sě, oppure con tubi d'aria di lunghezza definita, o corde
>> tese, ma serve solo per fare confronti piů che dare una misura
>> assoluta.

Vedendo le lettere ě (e s háčkem) ed ů (u s kroužkem), mi chiedo se è
un’usanza ceca rispondere solo dopo diciotto anni. E che c’entra la
lingua inglese?

>> Ma quando hanno inventato lo Hertz?
>> Sicuramente dopo la nascita di Heinrich Hertz (1857-1894).

Il nome Hertz dell’unità della frequenza fu creato nel 1930 e introdotto
nel sistema internazionale di unità di misura (SI = Système
international d’unités) nel 1935.

Vedi https://de.wikipedia.org/wiki/Hertz_(Einheit) dove si legge:

Das Hertz (Einheitenzeichen: Hz) ist die SI-Einheit der Frequenz.
Sie gibt die Anzahl sich wiederholender Vorgänge pro Sekunde in
einem periodischen Signal an. Die Einheit wurde 1930 nach dem
deutschen Physiker Heinrich Hertz benannt.

Ciao,
Wolfgang

Ammammata

unread,
May 22, 2023, 8:02:13 AM5/22/23
to
After serious thinking Alessandra Maione wrote :
> Subject : Re: do re mi fa sol la si do

Gioco di parole mnemonico musicale ;o)

FALSARIO

suggerimento: y'beqvar qv nccnevmvbar qrv orzbyyr va puvnir

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........... [ al lavoro ] ...........
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