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"25 modi per piantare un chiodo" di Enzo Mari

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Sunbather

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Apr 5, 2021, 5:11:05 AM4/5/21
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Il Mari Enzo si guadagnò un posto nel pantheon personale
di chi scrive già attorno al 1985, allorché durante un ciclo di
conferenze pubbliche proposte dall’Istituto d’Arte di Cantú — aventi
come protagonisti i maggiori designer del tempo (oltre a lui, Munari,
Castiglioni, etc.) — esordí con una frase del tipo «se volete diventare
dei designer, le conferenze non servono a niente, ma bisogna studiare
sui libri». Questo suo carattere fatto di originalità ed intransigenza lo
ritroviamo nell’autobiografia di cui sopra — pubblicata una decina d’anni
or sono presso Mondadori — dove comincia a raccontarsi a partire
dalla povertà originaria della sua famiglia, ed alla serie di diversi lavori
artigianali che, uniti ad un’indole artistica, nel contesto di ricostruzione
del dopoguerra milanese lo portarono ad avvicinarsi all’ideazione di
oggettistica industriale, trovando sovente approdo presso imprenditori
illuminati che osavano rischiare su progetti fuori dal comune.
La sua formazione autodidatta, basata fondamentalmente
sull’essenzialità della funzione pratica dell’oggetto invece che sul suo
aspetto estetico, era arricchita da una ricerca personale nei campi
della filosofia, della pedagogia, etc. che, in ragione di detto percorso
condotto fuori da tutti gli schemi, hanno fatto del Mari un unicum,
a tratti scontroso verso il sistema costituito (in riferimento al design,
ma non solo) che negli ultimi anni assieme ad un po’ di arterosclerosi
lo facevano sembrare un vecchio trombone, dal quale però si potevano
sempre trarre delle scintille illuminanti.

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