Google Groups no longer supports new Usenet posts or subscriptions. Historical content remains viewable.
Dismiss

Tommaso vs Abramo (una risposta a posi)

151 views
Skip to first unread message

loris.d...@fastwebnet.it

unread,
Feb 20, 2023, 10:24:04 AM2/20/23
to
Scriveva posi in risposta a Marco, in altro 3D ("Certezza e relativismo"):
--------------------
Io direi che esistono due tipi di fede: la fede razionale e la fede cieca. La fede razionale è la disposizione interiore riconoscere come vero un assioma anche se *non* è evidente. Dove per "evidente" intendo *apparente*. Non tanto, quindi, il fatto di essere dimostrato, visto che, per definizione, nessun assioma è dimostrato. Semplicemente qualcosa di percepibile attraverso i sensi o l'intuizione diretta.

La fede cieca, invece, è quando un enunciato non viene considerato un assioma, ma una (presunta) verità assoluta: il fedele cieco non riesce affatto a vedere un "dentro" e un "fuori". Per lui c'è solo un "dentro". Non riesce a concepire che possa esistere qualcosa di esterno al proprio paradigma, al proprio sistema, ai propri archetipi, alle proprie categorie cognitive per interpretare gli eventi naturali.
---------------------

Nelle polemiche(*) tra atei e credenti non e' un espediente nuovo quello usato dai secondi, consistente, in poche parole, nel ribattere ai primi che anche la loro e' una fede: fede nella ragione, nella scienza... nella "dea ragione" insomma. E' un espediente retorico, che vorrebbe nascondere sotto un unico termine, "fede", cio' che va semanticamente distinto. Ci sono due passi che non possono dispiacere al credente e possono servire per illustrare la distinzione da fare:

<<Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: "Abramo, Abramo!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò". [...] Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio.>> (Genesi 22, 1-10)

<<Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".>> (Giovanni, 20, 28-29)

Quale la differenza tra la fede di Tommaso (l'apostolo) e quella di Abramo? Qui sta il dito nella piaga... la fede di Abramo e' *incondizionata*, Tommaso invece crede dopo averci messo il dito: la sua e' una fede *condizionata*. Tommaso e' il piu' "scientifico" degli apostoli, la sua non e' una fede cieca.
Ecco la differenza: la fede del credente e' *incondizionata*, esige di credere anche in cio' che razionalmente non e' credibile, e il "credo quia absurdum" attribuito a Tertulliano in tre parole ne dice l'essenziale. L'altra e' una "fede" *condizionata*, tanto che ritengo opportuno chiamarla con altro nome, "fiducia"; perche' la fiducia, a differenza della fede, si puo' revocare, come quella che si aveva per qualcuno e al quale l'abbiamo tolta avendo disatteso alle nostre aspettative. Uno puo' avere fiducia nella scienza, nella medicina, per esempio, e perderla nel momento in cui essa e' impotente di fronte a una malattia incurabile: allora e' possibile che quell'uno si rifugi nella fede, che e' la fede nel tutto e' possibile compreso il razionalmente impossibile.
Saluti,
Loris

(*) PS: questo post non intende affatto essere polemico, o sicuramente non lo e' come lo era un mio di 5 anni fa in icf, firmandomi "Abelardo"
https://it.cultura.filosofia.narkive.com/eKWT6F5t/abramo-il-silenzio-dell-assassino

posi

unread,
Feb 21, 2023, 12:51:04 AM2/21/23
to
Il 20/02/23 16:20, loris.d...@fastwebnet.it ha scritto:

> Quale la differenza tra la fede di Tommaso (l'apostolo) e quella di
> Abramo?

Abramo ha fede in *Dio*. Cioè accetta gli assiomi "Dio esiste", "Dio è
mio Signore", "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza", ecc..

Tommaso ha fede nei propri *sensi*, cioè accetta l'assioma "se posso
vederlo e toccarlo, allora è vero".

Ora faccio io la domanda a te: chi dei due ha fatto bene a fidarsi e chi
è stato invece ingannato?

Qui sta il dito nella piaga... la fede di Abramo e'
> *incondizionata*, Tommaso invece crede dopo averci messo il dito: la
> sua e' una fede *condizionata*.

La fede in A condizionata a B non è evidentemente fede in A. E' fede in B.

Tommaso e' il piu' "scientifico"
> degli apostoli, la sua non e' una fede cieca.

Ognuno è libero di dare le sue definizioni, però se decidi di citare la
*mia* definizione di "fede cieca", poi è quantomeno inopportuno che
nello stesso post usi la stessa parole attribuendole un significato
completamente diverso.

Ecco la differenza: la
> fede del credente e' *incondizionata*, esige di credere anche in cio'
> che razionalmente non e' credibile, e il "credo quia absurdum"
> attribuito a Tertulliano in tre parole ne dice l'essenziale.

Nelle polemiche tra gli atei e i credenti non è un nuovo l'espediente
retorico usato dai primi, consistente nell'additare la fede come
qualcosa di irrazionale, magari citando Tertulliano.


L'altra
> e' una "fede" *condizionata*, tanto che ritengo opportuno chiamarla
> con altro nome, "fiducia"; perche' la fiducia, a differenza della
> fede, si puo' revocare, come quella che si aveva per qualcuno e al
> quale l'abbiamo tolta avendo disatteso alle nostre aspettative. Uno
> puo' avere fiducia nella scienza, nella medicina, per esempio, e
> perderla nel momento in cui essa e' impotente di fronte a una
> malattia incurabile: allora e' possibile che quell'uno si rifugi
> nella fede, che e' la fede nel tutto e' possibile compreso il
> razionalmente impossibile. Saluti, Loris
>

Mah... anche la fede si può revocare.

Non di rado c'è gente che perde la fede proprio di fronte ad una
malattia incurabile e magari si rifugia proprio nella scienza, pur
sapendo che è impotente.

Quanto all'avere o meno basi logiche/razionali... c'è un thread apposta!

Massimo 456b

unread,
Feb 21, 2023, 5:24:04 AM2/21/23
to
"loris.d...@fastwebnet.it" <loris.d...@fastwebnet.it> ha scritto:r
> Scriveva posi in risposta a Marco, in altro 3D ("Certezza e relativismo"):--------------------Io direi che esistono due tipi di fede: la fede razionale e la fede cieca. La fede razionale è la disposizione interiore riconoscere come vero un assioma anche se *non* è evidente. Dove per "evidente" intendo *apparente*. Non tanto, quindi, il fatto di essere dimostrato, visto che, per definizione, nessun assioma è dimostrato. Semplicemente qualcosa di percepibile attraverso i sensi o l'intuizione diretta.La fede cieca, invece, è quando un enunciato non viene considerato un assioma, ma una (presunta) verità assoluta: il fedele cieco non riesce affatto a vedere un "dentro" e un "fuori".

Posso farti una domanda?
L'amore di tua madre e il tuo amore per lei e' cieco o razionale?
Ad esempio noi cattolici non siamo piu' il popolo eletto ma siamo
la famiglia di Dio e siamo famiglia nella Chiesa.
La nostra ragione e' nella tenerezza di Cristo e di Maria per noi
e della loro vicenda narrata nei Vangeli.
Se quella vicenda te li fa amare non ci sono assiomi che tengano.
Pero' filosoficamente dovresti cercare le ragioni nell'amore che
mi pare si chiami agape presso i greci.
Potremmo discutere se agape e' razionalita' o no.
Forse altre religioni hanno altre ragioni ma la nostra e' quella.

--

ciao Massimo


________________________

##provare per credere##


----Android NewsGroup Reader----
https://piaohong.s3-us-west-2.amazonaws.com/usenet/index.html

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 21, 2023, 7:45:04 AM2/21/23
to
Massimo 456b ha scritto:
> "loris.d...@fastwebnet.it" <loris.d...@fastwebnet.it> ha scritto:r
>> Scriveva posi in risposta a Marco, in altro 3D ("Certezza e relativismo"):--------------------Io direi che esistono due tipi di fede: la fede razionale e la fede cieca. La fede razionale è la disposizione interiore riconoscere come vero un assioma anche se *non* è evidente. Dove per "evidente" intendo *apparente*. Non tanto, quindi, il fatto di essere dimostrato, visto che, per definizione, nessun assioma è dimostrato. Semplicemente qualcosa di percepibile attraverso i sensi o l'intuizione diretta.La fede cieca, invece, è quando un enunciato non viene considerato un assioma, ma una (presunta) verità assoluta: il fedele cieco non riesce affatto a vedere un "dentro" e un "fuori".
>

> Posso farti una domanda?
> L'amore di tua madre e il tuo amore per lei e' cieco o razionale?

Perche' mi fai una domanda cosi' facile?:-)
Naturalmente i sentimenti "non sentono ragione". Certo che nutrivo amore
per mia madre, anche senza credere in un Dio. Ma non ho bisogno di
dimostrare che mia madre esiste (esisteva, purtroppo devo usare un tempo
passato). E' quando si pretende di dimostrare che Dio esiste, che entra
in gioco la ragione.


--
Questa email è stata esaminata alla ricerca di virus dal software antivirus Avast.
www.avast.com

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 21, 2023, 9:03:05 AM2/21/23
to
posi ha scritto:
> Il 20/02/23 16:20, loris.d...@fastwebnet.it ha scritto:
>
>> Quale la differenza tra la fede di Tommaso (l'apostolo) e quella di
>> Abramo?
>
> Abramo ha fede in *Dio*. Cioè accetta gli assiomi "Dio esiste", "Dio è
> mio Signore", "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza", ecc..
>
> Tommaso ha fede nei propri *sensi*, cioè accetta l'assioma "se posso
> vederlo e toccarlo, allora è vero".
>

Tommaso ha *fiducia* nei propri sensi, ma la ritira accettando l'assioma
fideistico che un morto possa resuscitare. E' un medico mancato al quale
e' meglio non rivolgersi nemmeno per un raffreddore.

> Ora faccio io la domanda a te: chi dei due ha fatto bene a fidarsi e chi
> è stato invece ingannato?
>

E lo chiedi a un non credente? Non puo' che rispondere che ambedue si
autoingannano, caso mai con una preferenza per Tommaso, che almeno un
dubbio iniziale l'ha avuto.

>  Ecco la differenza: la
>> fede del credente e' *incondizionata*, esige di credere anche in cio'
>> che razionalmente non e' credibile, e il "credo quia absurdum"
>> attribuito a Tertulliano in tre parole ne dice l'essenziale.
>

> Nelle polemiche tra gli atei e i credenti non è un nuovo l'espediente
> retorico usato dai primi, consistente nell'additare la fede come
> qualcosa di irrazionale, magari citando Tertulliano.
>

Siccome questo post non e' polemico, non polemizzo, rimandando al al
thread apposito che citi alla fine.

>
> L'altra
>> e' una "fede" *condizionata*, tanto che ritengo opportuno chiamarla
>> con altro nome, "fiducia"; perche' la fiducia, a differenza della
>> fede, si puo' revocare, come quella che si aveva per qualcuno e al
>> quale l'abbiamo tolta avendo disatteso alle nostre aspettative. Uno
>> puo' avere fiducia nella scienza, nella medicina, per esempio, e
>> perderla nel momento in cui essa e' impotente di fronte a una
>> malattia incurabile: allora e' possibile che quell'uno si rifugi
>> nella fede, che e' la fede nel tutto e' possibile compreso il
>> razionalmente impossibile.
>>

>
> Mah... anche la fede si può revocare.
>
> Non di rado c'è gente che perde la fede proprio di fronte ad una
> malattia incurabile e magari si rifugia proprio nella scienza, pur
> sapendo che è impotente.
>

Questo e' vero, ma la fede si puo' perdere, non revocare, altrimenti
sarebbe una fiducia con una forte connotazione utilitaristica.

> Quanto all'avere o meno basi logiche/razionali... c'è un thread apposta!







Massimo 456b

unread,
Feb 21, 2023, 9:33:04 AM2/21/23
to
Loris Dalla Rosa <loris.d...@fastwebnet.it> ha scritto:r
> Massimo 456b ha scritto:> "loris.d...@fastwebnet.it" <loris.d...@fastwebnet.it> ha scritto:r>> Scriveva posi in risposta a Marco, in altro 3D ("Certezza e relativismo"):--------------------Io direi che esistono due tipi di fede: la fede razionale e la fede cieca. La fede razionale è la disposizione interiore riconoscere come vero un assioma anche se *non* è evidente. Dove per "evidente" intendo *apparente*. Non tanto, quindi, il fatto di essere dimostrato, visto che, per definizione, nessun assioma è dimostrato. Semplicemente qualcosa di percepibile attraverso i sensi o l'intuizione diretta.La fede cieca, invece, è quando un enunciato non viene considerato un assioma, ma una (presunta) verità assoluta: il fedele cieco non riesce affatto a vedere un "dentro" e un "fuori".> > Posso farti una domanda?> L'amore di tua madre e il tuo amore per lei e' cieco o razionale?Perche' mi fai una domanda cosi' facile?:-)Naturalmente i sentimenti "non sentono ragione". Certo che nutrivo amore
per mia madre, anche senza credere in un Dio. Ma non ho bisogno di dimostrare che mia madre esiste (esisteva, purtroppo devo usare un tempo passato). E' quando si pretende di dimostrare che Dio esiste, che entra in gioco la ragione.

Non e' molto ragionevole pensare che a Dio appartenga una cosa
effimera come l'esistenza.
Le cose che esistono prima o poi non esistono piu'.


-- Questa email è stata esaminata alla ricerca di virus dal
software antivirus Avast.www.avast.com


posi

unread,
Feb 21, 2023, 11:30:05 PM2/21/23
to
Il 21/02/23 14:59, Loris Dalla Rosa ha scritto:
> posi ha scritto:
>> Il 20/02/23 16:20, loris.d...@fastwebnet.it ha scritto:
>>
>>> Quale la differenza tra la fede di Tommaso (l'apostolo) e quella di
>>> Abramo?
>>
>> Abramo ha fede in *Dio*. Cioè accetta gli assiomi "Dio esiste", "Dio è
>> mio Signore", "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza", ecc..
>>
>> Tommaso ha fede nei propri *sensi*, cioè accetta l'assioma "se posso
>> vederlo e toccarlo, allora è vero".
>>
>
> Tommaso ha *fiducia* nei propri sensi, ma la ritira accettando l'assioma
> fideistico che un morto possa resuscitare. E' un medico mancato al quale
> e' meglio non rivolgersi nemmeno per un raffreddore.

Loris, io prima di usare la parola "fede" mi sono sforzato di darne una
definizione che fosse il più possibile chiara, completa e adeguata ad un
contesto logico rigoroso. Ho dato a questa parola un significato molto
preciso che ho spiegato in maniera, spero, esauriente.

Tu l'hai citata riportandola in questo thread senza alcuna obiezione o
correzione, e questo fa supporre che sia d'accordo ad utilizzarla anche
tu con quel significato. Se così non è, sarebbe il caso che spiegassi
che cosa non va nella mia definizione, e ne proponessi una migliore.

Alla luce di tutto questo, puoi essere un po' più esplicito nello
spiegare perché la parola "fiducia" la ritieni più appropriata rispetto
al concetto di "fede razionale" (o "assiomatizzazione") che io dato sopra?

E potresti anche spiegare che cosa tu supponi faccia una persona che
*mantiene* (e non ritira) la propria fede (o fiducia) nei propri sensi,
nel momento in cui i propri sensi gli stanno comunicando che un morto
possa resuscitare?

>
>> Ora faccio io la domanda a te: chi dei due ha fatto bene a fidarsi e
>> chi è stato invece ingannato?
>>
>
> E lo chiedi a un non credente?

No. Lo chiedo ad una persona *razionale*, che dato un insieme di
*ipotesi* è in grado di dedurre la verità o falsità di una *tesi* in
maniera del tutto indipendente da quelle che sono le proprie personali
convinzioni sulla verità di quelle ipotesi.

L'ipotesi è che quanto è scritto nella Bibbia sia vero.

La prima domanda è: stando a quanto è scritto nella Bibbia, ti risulta
che Abramo abbia poi avuto una discendenza, come il suo assioma
postulava? Se, sapendo come è andata a finire la storia, ritieni di sì,
allora la risposta da dare è "ha fatto bene a fidarsi", altrimenti è "è
stato ingannato".

La seconda domanda è: stando agli *indizi forniti dal Vangelo* nel suo
complesso, è ragionevole supporre che Cristo sia risorto nel senso
biologico-materiale di una rianimazione in stile zombie come *appariva*
a Tommaso, o invece ciò che ha percepito Tommaso è evidentemente
qualcosa di diverso da una realtà fisica?

Non ti ho chiesto se Cristo è veramente risorto, né ti ho chiesto di
fare ipotesi su *quale* fosse la realtà percepita da Tommaso, ma solo se
nel Vangelo ci sono elementi per pensare che sia una realtà *fisica* o no.

Non è credenza o non credenza. E' analisi del testo.

E per quanto invece riguarda la tua esperienza personale (quindi a
prescindere dalla verità dei vangeli): ti risulta che i sensi a volte
possono essere ingannati, o la percezione sensoriale è in grado di dare
sempre una risposta definitiva?

>>
>> L'altra
>>> e' una "fede" *condizionata*, tanto che ritengo opportuno chiamarla
>>> con altro nome, "fiducia"; perche' la fiducia, a differenza della
>>> fede, si puo' revocare, come quella che si aveva per qualcuno e al
>>> quale l'abbiamo tolta avendo disatteso alle nostre aspettative. Uno
>>> puo' avere fiducia nella scienza, nella medicina, per esempio, e
>>> perderla nel momento in cui essa e' impotente di fronte a una
>>> malattia incurabile: allora e' possibile che quell'uno si rifugi
>>> nella fede, che e' la fede nel tutto e' possibile compreso il
>>> razionalmente impossibile.
>
>>
>> Mah... anche la fede si può revocare.
>>
>> Non di rado c'è gente che perde la fede proprio di fronte ad una
>> malattia incurabile e magari si rifugia proprio nella scienza, pur
>> sapendo che è impotente.
>>
>
> Questo e' vero, ma la fede si puo' perdere, non revocare, altrimenti
> sarebbe una fiducia con una forte connotazione utilitaristica.
>

La fede può andare e venire, rafforzarsi e indebolirsi.

E questo non sono solo io a dirlo basandomi sulla definizione che ne ho
dato io, ma è ciò che sostiene qualunque teologo o mistico.

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 22, 2023, 5:51:05 AM2/22/23
to
posi ha scritto:
> Il 21/02/23 14:59, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>> posi ha scritto:
>>> Il 20/02/23 16:20, loris.d...@fastwebnet.it ha scritto:
>>>
>>>> Quale la differenza tra la fede di Tommaso (l'apostolo) e quella di
>>>> Abramo?
>>>
>>> Abramo ha fede in *Dio*. Cioè accetta gli assiomi "Dio esiste", "Dio
>>> è mio Signore", "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza", ecc..
>>>
>>> Tommaso ha fede nei propri *sensi*, cioè accetta l'assioma "se posso
>>> vederlo e toccarlo, allora è vero".

>>
>> Tommaso ha *fiducia* nei propri sensi, ma la ritira accettando
>> l'assioma fideistico che un morto possa resuscitare. E' un medico
>> mancato al quale e' meglio non rivolgersi nemmeno per un raffreddore.
>

> Loris, io prima di usare la parola "fede" mi sono sforzato di darne una
> definizione che fosse il più possibile chiara, completa e adeguata ad un
> contesto logico rigoroso. Ho dato a questa parola un significato molto
> preciso che ho spiegato in maniera, spero, esauriente.
>
> Tu l'hai citata riportandola in questo thread senza alcuna obiezione o
> correzione, e questo fa supporre che sia d'accordo ad utilizzarla anche
> tu con quel significato. Se così non è, sarebbe il caso che spiegassi
> che cosa non va nella mia definizione, e ne proponessi una migliore.
>

Va bene, riprendo allora quella tua distinzione tra fede razionale e
fede cieca. Riporto nuovamente:

--------------------
Io direi che esistono due tipi di fede: la fede razionale e la fede
cieca. La fede razionale è la disposizione interiore riconoscere come
vero un assioma anche se *non* è evidente. Dove per "evidente" intendo
*apparente*. Non tanto, quindi, il fatto di essere dimostrato, visto
che, per definizione, nessun assioma è dimostrato. Semplicemente
qualcosa di percepibile attraverso i sensi o l'intuizione diretta.

La fede cieca, invece, è quando un enunciato non viene considerato un
assioma, ma una (presunta) verità assoluta: il fedele cieco non riesce
affatto a vedere un "dentro" e un "fuori". Per lui c'è solo un "dentro".
Non riesce a concepire che possa esistere qualcosa di esterno al proprio
paradigma, al proprio sistema, ai propri archetipi, alle proprie
categorie cognitive per interpretare gli eventi naturali.
---------------------

Li' la tua distinzione non e' tra ragione e fede, ma tra "razionale" e
"cieca", *pre-supponendo* che siano due aggettivi applicabili a quella
che *comunque* e' una fede. Fai una distinzione (discorsivamente
efficace) tra "dentro" e "fuori": la fede cieca sarebbe quella di chi
rimane chiuso nel suo paradigma, le sue "categorie cognitive" (l'ho
colto come un riferimento a me); la fede razionale sarebbe quella di chi
sa vedere da "fuori" dal proprio paradigma e riconoscere la pari
dignita' razionale di sistemi fondati su assiomi tra loro in conflitto,
data la liberta' di ognuno di porre gli assiomi che vuole, basta che il
sistema che si fonda su di essi sia coerente (in fondo, coscientemente o
meno, ti stai appellando al principio di tolleranza di Carnap ed e'
emblematica la nostra discussione sulla IV antinomia kantiana). Ed e'
cosi', sul presupposto che due assiomi in conflitto (su cui si fondano
sistemi alternativi in se stessi veramente o presumibilmente non
contraddittori), che allora vale aver "fede" in uno nell'altro
indifferentemente. La mia obiezione e' che un conflitto della ragione e'
una contraddizione inaccettabile dalla ragione, perche' la ragione e'
*una*, nel senso di condivisa; anche nel contrasto delle tesi noi
ragioniamo grazie al fatto che abbiamo dei presupposti in comune, anche
se talvolta rimangono nascosti; il contrasto non e' tra la ragione di un
umano e quella di un extra-terrestre. Allora bisogna trovare la
*ragione* della contraddizione e la mia ("mia" si fa per dire) e' che lo
scacco non e' tra due assiomi incompatibili sullo stesso piano logico,
ma e' lo scacco della ragione stessa dovuto ai sui limiti. Piuttosto che
una differenza tra il "dentro" e un "fuori", io parlo allora di una
differenza tra il "sotto" e il "sopra", dove il "sotto" e' la scelta di
chi intende mantenersi entro i limiti della ragione, e il "sopra" quella
di chi fa il salto fideistico oltre tali limiti. Percio' il contrasto
non e' tra una fede "razionale" e una fede "cieca", ma tra la fede e la
ragione stesse.
Mi sono dilungato parecchio e mi fermo qui, sperando di essere stato chiaro.
Ciao,
Loris

Giorgio Pastore

unread,
Feb 22, 2023, 7:33:04 AM2/22/23
to
Il 20/02/23 18:11, posi ha scritto:
....
> Abramo ha fede in *Dio*. Cioè accetta gli assiomi "Dio esiste", "Dio è
> mio Signore", "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza", ecc..
....
> Nelle polemiche tra gli atei e i credenti non è un nuovo l'espediente
> retorico usato dai primi, consistente nell'additare la fede come
> qualcosa di irrazionale, magari citando Tertulliano.
....

Parli di assiomi. Ma gli assiomi hanno senso in un sistema deduttivo
basato su regole della logica. Il problema a usare questo punto di
riferimento con la fede è che esiste un "assioma" che non hai citato che
impedisce di poter trarre conseguenze. L'assioma è che il volere di Dio
è imperscrutabile. Quindi, se anche "Dio vuole il mio bene e mi darà una
discendenza" poi nel caso mi trovassi senza discendenza e in un mare di
sciagure dovrei usare questo "assioma" per rendere tutto " coerente". Ma
di fatto non comprendo nulla. Sto solo continuando a fare atto di fede.
Da cui la conclusione che la fede è irrazionale non risulta tanto peregrina.

Naturalmente in questo contesto l'aggettivo irrazionale non ha nessuna
connotazione di valore. Resta solo la constatazione di un fatto, non un
espediente retorico.

Giorgio

posi

unread,
Feb 22, 2023, 9:51:04 AM2/22/23
to
Il 22/02/23 10:26, Giorgio Pastore ha scritto:
> Il 20/02/23 18:11, posi ha scritto:
> ....
>> Abramo ha fede in *Dio*. Cioè accetta gli assiomi "Dio esiste", "Dio è
>> mio Signore", "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza", ecc..
> ....
>> Nelle polemiche tra gli atei e i credenti non è un nuovo l'espediente
>> retorico usato dai primi, consistente nell'additare la fede come
>> qualcosa di irrazionale, magari citando Tertulliano.
> ....
>
> Parli di assiomi. Ma gli assiomi hanno senso in un sistema deduttivo
> basato su regole della logica. Il problema a usare questo punto di
> riferimento con la fede è che esiste un "assioma" che non hai citato che
> impedisce di poter trarre conseguenze. L'assioma è che il volere di Dio
> è imperscrutabile. Quindi, se anche "Dio vuole il mio bene e mi darà una
> discendenza" poi nel caso mi trovassi senza discendenza e in un mare di
> sciagure dovrei usare questo "assioma" per rendere tutto " coerente". Ma
> di fatto non comprendo nulla. Sto solo continuando a fare atto di fede.
> Da cui la conclusione che la fede è irrazionale non risulta tanto
> peregrina.

Quello che stai cercando di dire è che gli assiomi relativi alla
religione sono *non falsificabili*: in pratica, qualunque cosa accada
posso giustificarmi dicendo "questa era proprio quello che voleva Dio".

Questa caratteristica li pone su un piano epistemologicamente diverso da
quello della scienza.

E' una distinzione che io riconosco, e infatti non metto la religione
sullo stesso piano della scienza (intesa come metodo sperimentale) o
dell'agnosticismo. La metto sullo stesso piano dell'ateismo, dello
scientismo, del positivismo, ecc.

Ora bisogna vedere se tu identifichi la *ragione* con la *scienza*- Cioè
se l'unico insieme di assiomi ammissibile per la tua ragione è quello
usato dalla scienza, o se invece riesci a "vedere", a concepire (anche
solo come esistenza *potenziale*, non necessariamente come qualcosa di
attualmente esistente, utile, e che valga la pena di considerare) anche
altri paradigmi *razionali* ma diversi dalla scienza. Nel primo caso,
catalogherai irrimediabilmente ciò che è al di fuori della scienza come
"irrazionale", nel secondo caso vorrai distinguere "ragione" da
"scienza", intendendo la ragione come qualcosa di più ampio, che include
*anche* ma *non solo* la scienza.

posi

unread,
Feb 22, 2023, 11:15:03 AM2/22/23
to
Il 22/02/23 11:47, Loris Dalla Rosa ha scritto:
Non esattamente. Io non mi sono limitato a spiegare la differenza tra
fede razionale e cieca ma, nella parte che hai tagliato, ho anche dato
una definizione completa del concetto di fede. Ed è proprio dal fatto di
poter dare tale definizione che emerge come la fede sia *parte* della
ragione e non qualcosa di estraneo. Almeno la "fede" per come l'ho
definita io.

Poi ci sono un'infinità di altre definizioni diverse. Ci sono i mistici
che hanno, per ovvi motivi, hanno un approccio totalmente diverso e che
un tempo si contrapponevano ai teologi.

Se vuoi criticare la definizione di fede data da qualcun altro, puoi
riportarla e la esaminiamo insieme.

Fai una distinzione (discorsivamente
> efficace) tra "dentro" e "fuori": la fede cieca sarebbe quella di chi
> rimane chiuso nel suo paradigma, le sue "categorie cognitive" (l'ho
> colto come un riferimento a me);

Ho usato l'espressione "categorie cognitive" perché mi è piaciuta e l'ho
trovata molto più efficace di quella che uso solitamente io, cioè
"paradigma". Non esito ad "appropriarmi" di espressioni altrui, quando
riconosco che sono migliori delle mie.

Ovviamente, se l'ho usata in maniera inadeguata, accetto volentieri
correzioni.

Non era un riferimento a te come persona. Tuttavia ritengo che la tua
tendenza ad assolutizzare gli assiomi (e non mi riferisco solo
all'esistenza di Dio, ma a qualunque assioma, dal pdnc al principio di
causa-effetto, da quello di finitezza o do infinitezza dello spazio o
del tempo a quello della possibilità di tutto ciò che non è impossibile)
sia strettamente legata a quella cosa che ho definito come "fede cieca"
e che, se ti offende il termine, potremmo ribettezzare con un nome diverso.

la fede razionale sarebbe quella di chi
> sa vedere da "fuori" dal proprio paradigma e riconoscere la pari
> dignita' razionale di sistemi fondati su assiomi tra loro in conflitto,

Non esattamente pari dignità. Sarebbe non solo totalmente utopistico, ma
anche controproducente.

A parte qualche raro caso di paradigmi di secondaria importanza, è umano
e quasi inevitabile che ognuno scelga alcuni paradigmi, si autoconvinca
che quelli siano i migliori mentre gli altri fanno tutti schifo, e
mantenga quindi una certa reticenza al cambiamento di idea. Altrimenti
faremmo la fine dell'asino di Buridano.

L'ottusità è una caratteristica fondamentale per la sopravvivenza umana.

Io invece per "fede cieca" mi riferisco proprio all'incapacità di
*vedere* altro: non è dire "il mio paradigma ha più dignità del tuo", ma
"il mio è il solo paradigma possibile, il resto *non esiste* o comunque
non è un paradigma".

> data la liberta' di ognuno di porre gli assiomi che vuole, basta che il
> sistema che si fonda su di essi sia coerente (in fondo, coscientemente o
> meno, ti stai appellando al principio di tolleranza di Carnap ed e'
> emblematica la nostra discussione sulla IV antinomia kantiana). Ed e'
> cosi', sul presupposto che due assiomi in conflitto (su cui si fondano
> sistemi alternativi in se stessi veramente o presumibilmente non
> contraddittori), che allora vale aver "fede" in uno nell'altro
> indifferentemente. La mia obiezione e' che un conflitto della ragione e'
> una contraddizione inaccettabile dalla ragione, perche' la ragione e'
> *una*, nel senso di condivisa; anche nel contrasto delle tesi noi
> ragioniamo grazie al fatto che abbiamo dei presupposti in comune, anche
> se talvolta rimangono nascosti; il contrasto non e' tra la ragione di un
> umano e quella di un extra-terrestre. Allora bisogna trovare la
> *ragione* della contraddizione e la mia ("mia" si fa per dire) e' che lo
> scacco non e' tra due assiomi incompatibili sullo stesso piano logico,
> ma e' lo scacco della ragione stessa dovuto ai sui limiti. Piuttosto che
> una differenza tra il "dentro" e un "fuori", io parlo allora di una
> differenza tra il "sotto" e il "sopra", dove il "sotto" e' la scelta di
> chi intende mantenersi entro i limiti della ragione, e il "sopra" quella
> di chi fa il salto fideistico oltre tali limiti. Percio' il contrasto
> non e' tra una fede "razionale" e una fede "cieca", ma tra la fede e la
> ragione stesse.
> Mi sono dilungato parecchio e mi fermo qui, sperando di essere stato
> chiaro.

Non hai spiegato quali siano questi limiti, ma non ha importanza perché
il discorso è comunque molto chiaro ed esauriente: tu ritieni che ci
siano una serie di paletti, i quali definiscono un paradigma e solo quel
paradigma, racchiuso dentro un certo insieme ben delimitato di assiomi.

Quel paradigma è ciò che tu chiami "ragione".

La domanda, a questo punto è: questi assiomi che tu consideri
imprescindibili sono dunque *verità assolute*?

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 22, 2023, 2:57:04 PM2/22/23
to
posi ha scritto:
Ho tagliato per ragioni di brevita' e non ho commentato l'intero tuo
post per questo motivo. Mi fai un piacere? Potresti riportarmi anche con
un semplice copia-incolla il passo cui ti riferisci? Ma anche,
eventualmente, altri passi che non ho commentato e per i quali vorresti
una risposta. Grazie.

> Poi ci sono un'infinità di altre definizioni diverse. Ci sono i mistici
> che hanno, per ovvi motivi, hanno un approccio totalmente diverso e che
> un tempo si contrapponevano ai teologi.
>
> Se vuoi criticare la definizione di fede data da qualcun altro, puoi
> riportarla e la esaminiamo insieme.
>

Ok, mi interessa la tua.

> Fai una distinzione (discorsivamente
>> efficace) tra "dentro" e "fuori": la fede cieca sarebbe quella di chi
>> rimane chiuso nel suo paradigma, le sue "categorie cognitive" (l'ho
>> colto come un riferimento a me);
>
> Ho usato l'espressione "categorie cognitive" perché mi è piaciuta e l'ho
> trovata molto più efficace di quella che uso solitamente io, cioè
> "paradigma". Non esito ad "appropriarmi" di espressioni altrui, quando
> riconosco che sono migliori delle mie.
>
> Ovviamente, se l'ho usata in maniera inadeguata, accetto volentieri
> correzioni.
>

Nessun problema.

> Non era un riferimento a te come persona. Tuttavia ritengo che la tua
> tendenza ad assolutizzare gli assiomi (e non mi riferisco solo
> all'esistenza di Dio, ma a qualunque assioma, dal pdnc al principio di
> causa-effetto, da quello di finitezza o do infinitezza dello spazio o
> del tempo a quello della possibilità di tutto ciò che non è impossibile)
> sia strettamente legata a quella cosa che ho definito come "fede cieca"
> e che, se ti offende il termine, potremmo ribettezzare con un nome diverso.
>

Ma no, non mi offendo affatto. Ti sembra che ti abbia risposto
polemicamente?

>  la fede razionale sarebbe quella di chi
>> sa vedere da "fuori" dal proprio paradigma e riconoscere la pari
>> dignita' razionale di sistemi fondati su assiomi tra loro in conflitto,
>
> Non esattamente pari dignità. Sarebbe non solo totalmente utopistico, ma
> anche controproducente.
>
> A parte qualche raro caso di paradigmi di secondaria importanza, è umano
> e quasi inevitabile che ognuno scelga alcuni paradigmi, si autoconvinca
> che quelli siano i migliori mentre gli altri fanno tutti schifo, e
> mantenga quindi una certa reticenza al cambiamento di idea. Altrimenti
> faremmo la fine dell'asino di Buridano.
>
> L'ottusità è una caratteristica fondamentale per la sopravvivenza umana.
>
> Io invece per "fede cieca" mi riferisco proprio all'incapacità di
> *vedere* altro: non è dire "il mio paradigma ha più dignità del tuo", ma
> "il mio è il solo paradigma possibile, il resto *non esiste* o comunque
> non è un paradigma".
>

Ti rispondo alla fine.
Questa domanda avrebbe potuto farla Ratzinger come nemico giurato del
relativismo:-). Difficile che io cada in questo "tranello":-). Perche'
io non rispondo pilatiscamente "che cos'e' la verita'?", ma secondo
quale *concezione* della verita'? Ci sono infatti varie concezioni della
verita': verita' come aletheia nel suo significato letterale di "non
nascondimento", la verita' secondo il vangelico <<Io sono la via, la
verita' e la vita>>, il cui disvelamento e' posticipato al giorno del
giudizio universale, la verita' come corrispondenza, ci sono le verita'
logiche, quelle empiriche... E' questa una verita'? No, e' una
meta-verita' sui molteplici sensi della verita', e rispetto ad essa non
ha senso chiedere se e' o no una verita' assoluta. E allora la
contro-domanda: sotto quale concezione della verita' ricade questa
nostra discussione?

Massimo 456b

unread,
Feb 22, 2023, 3:45:05 PM2/22/23
to
Giorgio Pastore <pas...@units.it> ha scritto:r
> Il 20/02/23 18:11, posi ha scritto:....> Abramo ha fede in *Dio*. Cioè accetta gli assiomi "Dio esiste", "Dio è > mio Signore", "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza", ecc......> Nelle polemiche tra gli atei e i credenti non è un nuovo l'espediente > retorico usato dai primi, consistente nell'additare la fede come > qualcosa di irrazionale, magari citando Tertulliano.....Parli di assiomi. Ma gli assiomi hanno senso in un sistema deduttivo basato su regole della logica. Il problema a usare questo punto di riferimento con la fede è che esiste un "assioma" che non hai citato che impedisce di poter trarre conseguenze. L'assioma è che il volere di Dio è imperscrutabile. Quindi, se anche "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza" poi nel caso mi trovassi senza discendenza e in un mare di sciagure dovrei usare questo "assioma" per rendere tutto " coerente". Ma di fatto non comprendo nulla. Sto solo continuando a fare atto di fede. Da cui la conclusione che la fede è irra
zionale non risulta tanto peregrina.Naturalmente in questo contesto l'aggettivo irrazionale non ha nessuna connotazione di valore. Resta solo la constatazione di un fatto, non un espediente retorico.


Quelli che nelle scienze e nella matematica sono assiomi sono i
punti di partenza evidenti da cui si elabora una
teoria.
La parola mancante e' verita' a cui la scienza ma di recente anche
la matematica e la geometria hanno rinunciato in favore della
temporaneita' anche degli assunti.
Non esistono assiomi religiosi come non esistono dogmi scientifici.
I dogmi discendono dalle scritture rivelate e non sono
modificabili mentre gli assiomi possono essere modificate (ad
essempio le geometrie non euclidee).
Questo pero' non vuol dire che i dogmi siano irrazionale.
Sono un aspetto importante in una religione perche' senza saldi
principi ognuno si farebbe la propria e il senso di appartenenza
a una comunita' (religo - legame) andrebbe a cadere in un caos in
cui, in questo caso si', essere religiosi sarebbe essere
irrazionali.

Giorgio Pastore

unread,
Feb 22, 2023, 3:45:05 PM2/22/23
to
Il 22/02/23 15:47, posi ha scritto:
....
>
> Quello che stai cercando di dire è che gli assiomi relativi alla
> religione sono *non falsificabili*: in pratica, qualunque cosa accada
> posso giustificarmi dicendo "questa era proprio quello che voleva Dio".
>
No. Parlo di qualcosa che viene *prima* della falsificabilità. La
possibilità di costruire una catena deduttiva i cui nessi siano uno per
uno comprensibili.
Se mi si dice che c'è un dio buono e che vuole il bene di ogni essere
umano e poi vedo tragedie in cui siano coinvolti bambini, la ragione non
trova modo di comprendere la conseguenza dalle premesse. A meno di non
introdurre quello che ho chiamato l'assioma dell'imperscrutabilità del
volere di Dio. Ma a quel punto la ragione posso metterla nel cassetto.


> Questa caratteristica li pone su un piano epistemologicamente diverso da
> quello della scienza.
....
> Ora bisogna vedere se tu identifichi la *ragione* con la *scienza*-
...

Spero che sia chiaro che la scienza entra poco nella questione della
razionalità della fede.

Giorgio

posi

unread,
Feb 22, 2023, 5:36:02 PM2/22/23
to
Il 22/02/23 16:40, Giorgio Pastore ha scritto:
> Il 22/02/23 15:47, posi ha scritto:
> ....
>>
>> Quello che stai cercando di dire è che gli assiomi relativi alla
>> religione sono *non falsificabili*: in pratica, qualunque cosa accada
>> posso giustificarmi dicendo "questa era proprio quello che voleva Dio".
>>
> No. Parlo di qualcosa che viene *prima* della falsificabilità. La
> possibilità di costruire una catena deduttiva i cui nessi siano uno per
> uno comprensibili.
> Se mi si dice che c'è un dio buono e che vuole il bene di ogni essere
> umano e poi vedo tragedie in cui siano coinvolti bambini, la ragione non
> trova modo di comprendere la conseguenza dalle premesse. A meno di non
> introdurre quello che ho chiamato l'assioma dell'imperscrutabilità del
> volere di Dio. Ma a quel punto la ragione posso metterla nel cassetto.
>

Se ti si dice che il volere di Dio è imperscrutabile e al tempo stesso
ti si dice che il volere di Dio è il bene di ogni essere umano, c'è già
un problema a monte, per cui forse chi parla non ha le idee molto chiare
o chi ascolta non ha capito bene, o magari si sta forse semplificando
oltre il dovuto una questione un po' più complessa.

Ma, comunque, tutto ciò non c'entra niente con l'esistenza in sé di Dio
inteso come "causa prima", non necessariamente il Dio della religione
cristiana.

Se poi vuoi prendere in considerazione nello specifico il Dio cristiano
e discutere sulla coerenza degli assiomi con cui gli vengono dati i vari
attributi, mi va bene, purché facciamo un discorso basato sulla logica,
non sulle lacrimuccie.

Ritieni che la morte sia un male assoluto e quindi se Dio fosse buono ci
avrebbe creato immortali? Benissimo: ne potrai legittimamente dedurre
che Dio non è buono, poiché l'uomo è indubbiamente mortale, *oppure* che
non è vero che la morte è un male assoluto. Non c'è mica bisogno di
tirar fuori le tragedie in cui siano coinvolti i bambini.

posi

unread,
Feb 22, 2023, 5:51:04 PM2/22/23
to
Il 22/02/23 20:55, Loris Dalla Rosa ha scritto:

> Ho tagliato per ragioni di brevita' e non ho commentato l'intero tuo
> post per questo motivo. Mi fai un piacere? Potresti riportarmi anche con
> un semplice copia-incolla il passo cui ti riferisci? Ma anche,
> eventualmente, altri passi che non ho commentato e per i quali vorresti
> una risposta. Grazie.
>

Oggi questo modo di procedere è usato anche nella logica, nella
matematica e nella scienza, oltre che nella spiritualità. Quindi
chiamarla "fede" può essere un po' fuorviante. Potremmo anche chiamarla
"assiomatizzazione".

La conseguenza di una assiomatizzazione è che si definisce un
*paradigma* ben preciso, e quindi un *dentro* e un *fuori* rispetto a
questo paradigma: chi accetta l'assioma è dentro (ammesso che lo
desideri e che accetti anche gli altri assiomi di tale paradigma) e chi
non lo accetta è inesorabilmente fuori. Ciò non vuol dire che chi è
fuori debba essere combattuto, ma non vuol dire nemmeno che in nome
della inclusività che va tanto di moda oggi, debba essere a tutti i
costi essere considerato dentro.


>> La domanda, a questo punto è: questi assiomi che tu consideri
>> imprescindibili sono dunque *verità assolute*?
>
> Questa domanda avrebbe potuto farla Ratzinger come nemico giurato del
> relativismo:-). Difficile che io cada in questo "tranello":-). Perche'
> io non rispondo pilatiscamente "che cos'e' la verita'?", ma secondo
> quale *concezione* della verita'? Ci sono infatti varie concezioni della
> verita': verita' come aletheia nel suo significato letterale di "non
> nascondimento", la verita' secondo il vangelico <<Io sono la via, la
> verita' e la vita>>, il cui disvelamento e' posticipato al giorno del
> giudizio universale, la verita' come corrispondenza, ci sono le verita'
> logiche, quelle empiriche... E' questa una verita'? No, e' una
> meta-verita' sui molteplici sensi della verita', e rispetto ad essa non
> ha senso chiedere se e' o no una verita' assoluta. E allora la
> contro-domanda: sotto quale concezione della verita' ricade questa
> nostra discussione?

Secondo tutte le concezioni di verità che tu ritieni accessibili dalla
ragione.

Per "accessibili" non intendo necessariamente "decidibili", ma anche
solo che si possa ammettere la *possibilità* di esistenza.

Giorgio Pastore

unread,
Feb 22, 2023, 7:36:05 PM2/22/23
to
Il 22/02/23 23:29, posi ha scritto:
....
> Se ti si dice che il volere di Dio è imperscrutabile e al tempo stesso
> ti si dice che il volere di Dio è il bene di ogni essere umano, c'è già
> un problema a monte, per cui forse chi parla non ha le idee molto chiare
> o chi ascolta non ha capito bene, o magari si sta forse semplificando
> oltre il dovuto una questione un po' più complessa.
>
> Ma, comunque, tutto ciò non c'entra niente con l'esistenza in sé di Dio
> inteso come "causa prima", non necessariamente il Dio della religione
> cristiana.

Ma sai benissimo che il Dio, sia della tradizione cristiana, sia di
quella dell'Antico Testamento non è solo causa prima. Se tu avessi
parlato di una causa prima non credo sarei mai intervenuto. Ma il thread
fa riferimento alla fede di Tommaso e Abramo. Entrambi avevano un Dio
con cui non ce la si cava solo con la causa prima.

>
> Se poi vuoi prendere in considerazione nello specifico il Dio cristiano
> e discutere sulla coerenza degli assiomi con cui gli vengono dati i vari
> attributi, mi va bene, purché facciamo un discorso basato sulla logica,
> non sulle lacrimuccie.

Tutta logica. Quelle che ritieni lacrimucce sono logica, anche se scomoda.
>
> Ritieni che la morte sia un male assoluto e quindi se Dio fosse buono ci
> avrebbe creato immortali?


Non ho detto questo e neanche lo penso.

> Benissimo: ne potrai legittimamente dedurre
> che Dio non è buono, poiché l'uomo è indubbiamente mortale, *oppure* che
> non è vero che la morte è un male assoluto. Non c'è mica bisogno di
> tirar fuori le tragedie in cui siano coinvolti i bambini.

Invece le tragedie in cui sono coinvolti i bambini servono per la
ragione, non per le lacrime. E' lì, che la ragione non trova il minimo
appiglio. L'uomo maturo che soffre potremo sempre pensare che lo abbia
meritato. Ma un bambino di 1-2 anni? E non vale neanche il ragionamento
per cui una sofferenza limitata nel tempo è nulla rispetto all'eternità.
Resta una sofferenza individuale *ingiustificata*. L'unico modo per
accettarlo "razionalmente" è di convincersi che faccia parte di un piano
superiore, per chi è in grado di autoconvincersene. Ma, razionalmente
cozza con l'assioma che Dio vuole il nostro bene (individuale). Qui può
entrare in gioco solo e unicamente una fede che non ha nessun supporto
razionale. Non ho niente contro questo punto di vista. Ma non vedo modo
di metterne l'accettazione su un piano di razionalità. Tutto qui.

Peraltro sono completamente convinto che non siamo solo razionaità.
Allora, meglio non pretendere di metterla anche dove non si vede modo di
poterlo fare senza arrampicarsi sugli specchi.

Giorgio

posi

unread,
Feb 23, 2023, 7:51:03 AM2/23/23
to
Il 23/02/23 00:16, Giorgio Pastore ha scritto:
> Il 22/02/23 23:29, posi ha scritto:
> ....
>> Se ti si dice che il volere di Dio è imperscrutabile e al tempo stesso
>> ti si dice che il volere di Dio è il bene di ogni essere umano, c'è
>> già un problema a monte, per cui forse chi parla non ha le idee molto
>> chiare o chi ascolta non ha capito bene, o magari si sta forse
>> semplificando oltre il dovuto una questione un po' più complessa.
>>
>> Ma, comunque, tutto ciò non c'entra niente con l'esistenza in sé di
>> Dio inteso come "causa prima", non necessariamente il Dio della
>> religione cristiana.
>
> Ma sai benissimo che il Dio, sia della tradizione cristiana, sia di
> quella dell'Antico Testamento non è solo causa prima. Se tu avessi
> parlato di una causa prima non credo sarei mai intervenuto. Ma il thread
> fa riferimento alla fede di Tommaso e Abramo. Entrambi avevano un Dio
> con cui non ce la si cava solo con la causa prima.
>

Ci sono un'enormità di religioni, chiese e credenze varie, più o meno
ufficiali, che si basano sul Dio di Abramo, ognuna con i suoi assiomi.

Si va dall'ebraismo, il cristianesimo, all'islam o i Testimoni di Geova.

Dalla vecchietta devota al mai esistito San Giorgio o il santero che
identifica San Lazzaro da Babalù, fino ai teologi che disquisiscono
sulla transustanziazione.

Capisco che probabilmente per te una vale l'altra, ma se vuoi fare una
critica dovresti prima decidere quale vuoi criticare.

> L'uomo maturo che soffre potremo sempre pensare che lo abbia
> meritato.

Tu sei liberissimo di pensare che l'uomo maturo soffre perché lo ha
meritato, ma non è questo che dice la chiesa cattolica.

Quindi, se poi la ragione ti porta a concludere che è una risposta
cretina, chi è quello che non usa la razionalità?

Per questo ti ho chiesto di scegliere qualcuno o qualcosa a cui
indirizzare le critiche.

Ma un bambino di 1-2 anni? E non vale neanche il ragionamento
> per cui una sofferenza limitata nel tempo è nulla rispetto all'eternità.
> Resta una sofferenza individuale *ingiustificata*. L'unico modo per
> accettarlo "razionalmente" è di convincersi che faccia parte di un piano
> superiore, per chi è in grado di autoconvincersene. Ma, razionalmente
> cozza con l'assioma che Dio vuole il nostro bene (individuale).

Può darsi.

Ma, di nuovo, la domanda è: chi è che adotta l'assioma che Dio vuole il
nostro bene *individuale*?

Se me lo dici, possiamo analizzare quali altri assiomi usa, e vedere se
al tempo stesso ritenga anche che la morte no possa *mai* in nessun caso
essere un bene per nessuno.


Qui può
> entrare in gioco solo e unicamente una fede che non ha nessun supporto
> razionale. Non ho niente contro questo punto di vista. Ma non vedo modo
> di metterne l'accettazione su un piano di razionalità. Tutto qui.
>
> Peraltro sono completamente convinto che non siamo solo razionaità.
> Allora, meglio non pretendere di metterla anche dove non si vede modo di
> poterlo fare senza arrampicarsi sugli specchi.
>

Ne sono convinto anche io, ma in questa sede sarebbe auspicabile
discutere sulla razionalità.

ppastor...@gmail.com

unread,
Feb 24, 2023, 7:27:03 AM2/24/23
to
La vicenda di Abramo non attesta fede cieca ma cecità d'intelletto. Abramo non capiva già da prima che Dio non chiedeva un gesto di morte ma solo un gesto sacrale. Non fu la fede ad occultare, tutt'altro: per fede Abramo si fermò. L'episodio è criminologico e mostra la funzione di limitazione della violenza che può assumere la fede.

Mauro Pastore

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 24, 2023, 8:15:04 AM2/24/23
to
ppastor...@gmail.com ha scritto:
Appunto fede cieca (priva) d'intelletto. Abramo *non* si fermo', ma fu
fermato dall'angelo. Beh, era solo un esempio, ad uso dei credenti, di
fede cieca.
Saluti,

ppastor...@gmail.com

unread,
Feb 24, 2023, 5:24:04 PM2/24/23
to
Abramo *si fermò* per la comunicazione dell'angelo, si fermò al fèrmati. È una distinzione su cui vale la pena di riflettere.

Mauro Pastore

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 24, 2023, 5:36:03 PM2/24/23
to
>> --
>> Questa email è stata esaminata alla ricerca di virus dal software antivirus Avast.
>> www.avast.com
>
> Abramo *si fermò* per la comunicazione dell'angelo, si fermò al fèrmati. È una distinzione su cui vale la pena di riflettere.
>

Anche un contrordine e' un ordine. Non penso valga la pena rifletterci.
Loris

ppastor...@gmail.com

unread,
Feb 25, 2023, 9:33:04 AM2/25/23
to
Intendevo dire che Abramo non obbedì semplicemente a un ordine, ma ebbe pure uno scrupolo di coscienza.

Mauro Pastore

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 25, 2023, 11:30:03 AM2/25/23
to
Questo il testo in Genesi 22:

<<Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: "Abramo,
Abramo!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Prendi tuo figlio, il tuo unico
figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in
olocausto su di un monte che io ti indicherò". Abramo si alzò di buon
mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco,
spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che
Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da
lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: "Fermatevi
qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi
ritorneremo da voi". Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò
sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi
proseguirono tutt'e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e
disse: "Padre mio!". Rispose: "Eccomi, figlio mio". Riprese: "Ecco qui
il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?". Abramo
rispose: "Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!".
Proseguirono tutt'e due insieme; così arrivarono al luogo che Dio gli
aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò il
figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. Poi Abramo stese
la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del
Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: "Abramo, Abramo!". Rispose:
"Eccomi!". L'angelo disse: "Non stendere la mano contro il ragazzo e non
fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo
figlio, il tuo unico figlio". Allora Abramo alzò gli occhi e vide un
ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere
l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel
luogo: "Il Signore provvede", perciò oggi si dice: "Sul monte il Signore
provvede".>>

Commenta Kierkegaard (in "Timore e tremore"):
<<Abramo non è perciò in nessun momento un eroe tragico, ma qualcosa di
tutt'altro: o un assassino o un credente.>>

Per l'etica e per le leggi umane e' un assassino. E per un credente? Tu
cosa dici? La prova richiesta da Dio ad Abramo consiste nel sacrificare
Isacco e con lui le leggi umane, razionali, l'etica, compresi gli
scrupoli di coscienza di cui dici tu.
Loris

posi

unread,
Feb 25, 2023, 3:24:04 PM2/25/23
to
Il 25/02/23 17:26, Loris Dalla Rosa ha scritto:

> Per l'etica e per le leggi umane e' un assassino. E per un credente? Tu
> cosa dici? La prova richiesta da Dio ad Abramo consiste nel sacrificare
> Isacco e con lui le leggi umane, razionali, l'etica, compresi gli
> scrupoli di coscienza di cui dici tu.
> Loris

Dici bene "le leggi umane", perché non esiste "la" legge umana, ma tante
leggi, una per ogni popolo: le leggi cambiano a seconda dei luoghi e dei
tempi.

Se hai usato "etica" al singolare è perché forse non è altrettanto
chiaro, ma lo stesso accade per l'etica. La realtà è che, proprio fino a
quel momento, l'etica e la leggi umane dicevano che i sacrifici umani
erano leciti. Così come sono continuati ad essere leciti per molti
popoli e molte religioni (presso il popolo Inca, per esempio, sono stati
comuni fino ad epoche relativamente recenti).

Pertanto, quello che Abramo stava commettendo non era affatto un
assassinio ma, anzi, un gesto che sarebbe stato considerato, per
l'epoca, eroico da tutti.

E' stato dopo quell'evento, *da* quell'evento, e *per* quell'evento che
"Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male!" è
diventato l'etica e la legge umana.

Ed è stato solo a seguito di chi ha diffuso più o meno forzatamente
*quella* etica imponendola al resto del mondo, convincendo tutti che
esiste un solo Dio e una sola etica, che tu, ora, parli di "etica" al
singolare e giudichi "assassino" chi non la rispetta, oltre a pensare al
Dio di Abramo quando leggi semplicemente "Dio".

posi

unread,
Feb 25, 2023, 3:36:03 PM2/25/23
to
Il 24/02/23 14:13, Loris Dalla Rosa ha scritto:
Che tu apprezzi o no gesto di Abramo, mi sembra che l'episodio non
c'entri assolutamente niente con il concetto di *fede cieca* che tu
stesso hai riportato all'inizio:

<<La fede cieca, invece, è quando un enunciato non viene considerato un
assioma, ma una (presunta) verità assoluta: il fedele cieco non riesce
affatto a vedere un "dentro" e un "fuori". Per lui c'è solo un "dentro".
Non riesce a concepire che possa esistere qualcosa di esterno al proprio
paradigma, al proprio sistema, ai propri archetipi, alle proprie
categorie cognitive per interpretare gli eventi naturali>>.

Un esempio di fede cieca, semmai, è l'incapacità giudicare tale episodio
utilizzando i parametri di giudizio in vigore nel luogo e nel tempo in
cui tale episodio si svolge, ma semplicemente applicare i propri, dando
per scontato che siano universali ed eterni.

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 26, 2023, 4:30:05 AM2/26/23
to
posi ha scritto:
> Il 25/02/23 17:26, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>
>> Per l'etica e per le leggi umane e' un assassino. E per un credente?
>> Tu cosa dici? La prova richiesta da Dio ad Abramo consiste nel
>> sacrificare Isacco e con lui le leggi umane, razionali, l'etica,
>> compresi gli scrupoli di coscienza di cui dici tu.

>
> Dici bene "le leggi umane", perché non esiste "la" legge umana, ma tante
> leggi, una per ogni popolo: le leggi cambiano a seconda dei luoghi e dei
> tempi.
>
> Se hai usato "etica" al singolare è perché forse non è altrettanto
> chiaro, ma lo stesso accade per l'etica. La realtà è che, proprio fino a
> quel momento, l'etica e la leggi umane dicevano che i sacrifici umani
> erano leciti. Così come sono continuati ad essere leciti per molti
> popoli e molte religioni (presso il popolo Inca, per esempio, sono stati
> comuni fino ad epoche relativamente recenti).
>
> Pertanto, quello che Abramo stava commettendo non era affatto un
> assassinio ma, anzi, un gesto che sarebbe stato considerato, per
> l'epoca, eroico da tutti.
>

A me non risulta che per quella comunita' di appartenenza di Abramo
fossero eticamente leciti i sacrifici umani. Il "capro espiatorio" era
l'agnello portato nel deserto per essere sacrificato al fine di purgare
l'intera comunita' dai suoi peccati. Tant'e' che infine Isacco nel
racconto viene sostituito da un ariete. Non c'entra neanche la
relativita' delle culture, ma il fatto che per *ogni* cultura l'etica ha
un valore sociale, relativo a questa o a quella comunita'(*). Cio' che
e' eticamente riprovevole per una determinata comunita' puo' non esserlo
per un'altra, ma *comune* ad ambedue, proprio per il suo concetto, e'
l'etica come valore *sociale*. Nell'episodio della Bibbia in questione
*non* vi e' alcuna mediazione etico-sociale che giustifichi l'uccisione
di Isacco, che e' del tutto innocente e che Abramo ama. Abramo e'
*solo*, di fronte a un ordine del tutto *irrazionale*, perche' cio' che
Dio gli chiede di sacrificare, con Isacco, e' proprio l'*etica*:
rinunciare alla sua razionalita' come funzione etico-sociale. In questo
c'e' cio' che differenzia un eroe tragico da un assassino.


> E' stato dopo quell'evento, *da* quell'evento, e *per* quell'evento che
> "Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male!" è
> diventato l'etica e la legge umana.
>
> Ed è stato solo a seguito di chi ha diffuso più o meno forzatamente
> *quella* etica imponendola al resto del mondo, convincendo tutti che
> esiste un solo Dio e una sola etica, che tu, ora, parli di "etica" al
> singolare e giudichi "assassino" chi non la rispetta, oltre a pensare al
> Dio di Abramo quando leggi semplicemente "Dio".

Con la mia nota di seguito e' superfluo che mi ripeta commentando questo.
Ciao,
Loris

(*) Il significato del sacrificio e' lo stesso, sia che sia riferito a
quella comunita' *particolare*, che lo sia alla comunita' *universale
degli uomini. Pensa al Cristo che nella liturgia cattolica viene
nominato come "*agnus* Dei, qui tollit peccata *mundi*". Il significato
e' lo stesso. E lo stesso e' per quelle comunita' che citi, come quella
degli Inca che praticavano sacrifici umani. Il sacrifico ha una valenza
*etico-sociale*, indipendentemente dalla relativita' delle culture e dal
fatto che per una sia un un rito per ingraziarsi gli dei e per un'altra
solo un abominevole omicidio.

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 26, 2023, 4:45:04 AM2/26/23
to
posi ha scritto:
Come dicevo nella mia precedente risposta, non c'entra la relativita'
delle culture, che differiscono nei *contenuti* delle regole etiche
prescritte e con cio' nelle forme di trasgressione ad esse. Le culture
sono relative, certo, ma l'etica ha per tutte un valore *sociale*, una
funzione di *coesione sociale* di questa o quella comunita' umana. Non
esiste una societa' senza tale funzione, perche' non sarebbe una
societa', almeno se ci rifiutiamo di considerare "societa'" la
condizione dell'homo homini lupus.
Ciao,

posi

unread,
Feb 26, 2023, 6:45:04 AM2/26/23
to
Il 26/02/23 10:38, Loris Dalla Rosa ha scritto:
Cero, su questo siamo d'accordo.

posi

unread,
Feb 26, 2023, 7:51:03 AM2/26/23
to
Il 26/02/23 10:25, Loris Dalla Rosa ha scritto:
> posi ha scritto:
>> Il 25/02/23 17:26, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>
>>> Per l'etica e per le leggi umane e' un assassino. E per un credente?
>>> Tu cosa dici? La prova richiesta da Dio ad Abramo consiste nel
>>> sacrificare Isacco e con lui le leggi umane, razionali, l'etica,
>>> compresi gli scrupoli di coscienza di cui dici tu.
>
>>
>> Dici bene "le leggi umane", perché non esiste "la" legge umana, ma
>> tante leggi, una per ogni popolo: le leggi cambiano a seconda dei
>> luoghi e dei tempi.
>>
>> Se hai usato "etica" al singolare è perché forse non è altrettanto
>> chiaro, ma lo stesso accade per l'etica. La realtà è che, proprio fino
>> a quel momento, l'etica e la leggi umane dicevano che i sacrifici
>> umani erano leciti. Così come sono continuati ad essere leciti per
>> molti popoli e molte religioni (presso il popolo Inca, per esempio,
>> sono stati comuni fino ad epoche relativamente recenti).
>>
>> Pertanto, quello che Abramo stava commettendo non era affatto un
>> assassinio ma, anzi, un gesto che sarebbe stato considerato, per
>> l'epoca, eroico da tutti.
>>
>
> A me non risulta che per quella comunita' di appartenenza di Abramo
> fossero eticamente leciti i sacrifici umani.

Io non ci metterei la mano sul fuoco che Abramo sia esistito veramente,
e quel fatto sia avvenuto. Non ci sono fonti storiche su quell'episodio.
Diciamo che questa rientra tra quelle assunzioni che possiamo fare o non
fare.

Tuttavia, quello che invece a me risulta è che presso il popolo dei
cananei, dal quale derivano gli ebrei di cui Abramo è considerato il
capostitpite, era all'epoca ampiamente diffuso il sacrificio umano. La
modalità era proprio quella: i bambini venivano sgozzati e bruciati in
olocausto. Ma lo stesso valeva per gran parte degli altri popoli, magari
seguendo procedure diverse.

Ora, quello che possiamo chiederci è: era una fede cieca, in base alla
definizione di fede cieca che hai riportato all'inizio di questo thread?

Di certo no, perché Abramo non si aspetta che tutto il mondo sacrifichi
il proprio figlio, anzi, pur dispiaciuto, si sente un privilegiato. Così
come lo stesso popolo ebraico si sente, ancora oggi, il popolo eletto.
Sono i cristiani, ad avere introdotto la smania di universalistica di
evangelizzare il mondo.

Possiamo dire, tuttavia, che la fede di Ambramo, pur non essendo cieca,
era autentica fede in Dio, in quanto disposto ad accettare una verità in
maniera incondizionata, senza metterla in discussione, senza chiedere
+dimostrazioni*. ovvero in maniera *assiomatica*. A differenza della
fede di Tommaso, che invece è una fede "condizionata", e quindi non è
affatto fede, così come un assioma che viene dimostrato non è più un
assioma.

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 26, 2023, 1:09:03 PM2/26/23
to
posi ha scritto:
Ah, figurati io se prendo per vero tutto quello che e' scritto nella
Bibbia... Per la discussione non interessa la verita' di quell'episodio.

> Tuttavia, quello che invece a me risulta è che presso il popolo dei
> cananei, dal quale derivano gli ebrei di cui Abramo è considerato il
> capostitpite, era all'epoca ampiamente diffuso il sacrificio umano. La
> modalità era proprio quella: i bambini venivano sgozzati e bruciati in
> olocausto. Ma lo stesso valeva per gran parte degli altri popoli, magari
> seguendo procedure diverse.
>

Il sacrificio umano era diffuso presso i cananei, adoratori di Moloc
https://www.treccani.it/enciclopedia/moloc/
Nella Bibbia se ne parla come di un popolo antico, ormai scomparso.
Preesitenti al popolo ebraico, i cananei erano politesti. Abramo era di
origine diversa. Ma non mi sono preso la briga di fare una ricerca
storica approfondita. Prendo da qui, sperando che sia tutto attendibile:
https://www.assopace.org/index.php/doc-multimedia/focus
e da qui:
https://www.adonaj.it/popolo_ebraico/008.htm

> Ora, quello che possiamo chiederci è: era una fede cieca, in base alla
> definizione di fede cieca che hai riportato all'inizio di questo thread?
>
> Di certo no, perché Abramo non si aspetta che tutto il mondo sacrifichi
> il proprio figlio, anzi, pur dispiaciuto, si sente un privilegiato. Così
> come lo stesso popolo ebraico si sente, ancora oggi, il popolo eletto.
> Sono i cristiani, ad avere introdotto la smania di universalistica di
> evangelizzare il mondo.
> Possiamo dire, tuttavia, che la fede di Ambramo, pur non essendo cieca,
> era autentica fede in Dio, in quanto disposto ad accettare una verità in
> maniera incondizionata, senza metterla in discussione, senza chiedere
> +dimostrazioni*. ovvero in maniera *assiomatica*. A differenza della
> fede di Tommaso, che invece è una fede "condizionata", e quindi non è
> affatto fede, così come un assioma che viene dimostrato non è più un
> assioma.

Visto che 3D e' piuttosto lungo, meglio che riporti ancora la
distinzione che hai fatto tra fede razionale e fede cieca(*).
Vediamo di chiarire bene cosa dici con tale distinzione; anzi, per
maggiore chiarezza faccio l'esempio di due personaggi fittizi che
rappresentino tale differenza. Immaginiamo allora un ateo, uno
scienziato radicalmente materialista, di stampo ottocentesco. E' un
esempio di quello che chiami "fedele cieco", che non sa uscire dal suo
"paradigma" scientifico fatto di certezze empiriche e non vede altro
"fuori" di esse. Quale puo' essere il suo antagonista, il "fedele
razionale"? Per esempio lo scienziato che sa vedere che "fuori" dal
paradigma scientifico si possono ipotizzare entita' metafisiche (esempio
per eccellenza Dio causa prima del mondo) di cui e' "assiomatizzabile"
l'esistenza, senza tema di essere smentiti, perche', anche se la loro
esistenza e' "assiomaticamente" negabile, non e' logicamente
*decidibile* chi abbia ragione. (Nota a margine: dato che concepisci la
fiducia nella scienza come una forma di un'unica fede, a questo punto
non devi escludere di principio lo scienziato materialista dal novero
dei credenti razionali). A questo punto si inserisce la mia
contestazione, di cui dico il nocciolo davvero brevemente. E' vero che
e' *indecidibile* la verita' dell'uno o dell'altro assioma (che Dio
esiste o che non esiste), ma i due assiomi *presi insieme* costituiscono
una contraddizione (come tu stesso riconosci): una contraddizione della
ragione. Ora, e' possibile credere e *non* credere nello stesso tempo
che qualcosa esista e *non* esista? No, per il pdnc che tu stesso
assumi; infatti questa non e' altro che la formulazione psicologica del
pdnc. Lasciando perdere per brevita' altre considerazioni, la
conseguenza principale e' questa: col porre assiomaticamente come vero
che Dio esista, come oggetto di "fede razionale" (secondo la tua
definizione), il "fedele razionale" non puo' che rifiutare
l'*indecidibilita'* della verita' dei due assiomi: non puo' che assumere
il *suo* oggetto di credenza ed essere "cieco" alla possibilita' che sia
vero l'assioma che contraddice il suo. Non puo' che "chiudersi" nel suo
"paradigma fideistico", esattamente come il fideista cieco della tua
definizione.
Ciao,
Loris

(*)
--------------------
Io direi che esistono due tipi di fede: la fede razionale e la fede
cieca. La fede razionale è la disposizione interiore riconoscere come
vero un assioma anche se *non* è evidente. Dove per "evidente" intendo
*apparente*. Non tanto, quindi, il fatto di essere dimostrato, visto
che, per definizione, nessun assioma è dimostrato. Semplicemente
qualcosa di percepibile attraverso i sensi o l'intuizione diretta.

La fede cieca, invece, è quando un enunciato non viene considerato un
assioma, ma una (presunta) verità assoluta: il fedele cieco non riesce
affatto a vedere un "dentro" e un "fuori". Per lui c'è solo un "dentro".
Non riesce a concepire che possa esistere qualcosa di esterno al proprio
paradigma, al proprio sistema, ai propri archetipi, alle proprie
categorie cognitive per interpretare gli eventi naturali.



---------------------

posi

unread,
Feb 26, 2023, 5:30:05 PM2/26/23
to
Il 26/02/23 01:17, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>> Mi sembrava che tu volessi in qualche modo correggere la mia
formalizzazione ◻︎ ∃ x| ∀ y x ≺ y cambiando qualcosa (non è chiaro cosa)
alla luce di non si capisce bene quale "novità" emersa quando ti ho
fatto notare che "una" è articolo indeterminativo.
>>
>
> Non era chiaro? La "novita'" e' quella che qui e' scritta sopra,
all'inizio ("Il fatto che il nesso causale ecc."). Se ammetti la
possibilita' che *non* tutti i fenomeni appartengano alla catena
causale, allora ammetti anche la possibilita' che *la* causa prima non
esista, potendone esistere molte, e al limite nessuna, potendo
ipotizzare che *ogni* fenomeno abbia la *sua* catena causale (o anche
che sia causa di se stesso). Per questo e' necessario che il sistema sia
rigorosamente deterministico.
>

Novità o no, mi pare che siamo d'accordo che "esiste *una* causa prima"
non esclude che ne esista più di una ed eventualmente infinite.

Altra cosa è l'assioma "esiste una e una sola causa prima", che è
ovviamente più restrittivo.

>> Se avevo capito male, tanto meglio.
>> Se ti serve una spiegazione dettagliata dei simboli che ho usato,
basta chiedere.
>
> La formula e' chiara. Provare a migliorarla? Ci ho anche pensato, ma
il problema e' sempre quel segno "<", che dovrebbe esprimere
*specificamente* il rapporto di causalita'. Nessuna della 16 tavole di
verita' si presta senza qualche ambiguita' ad esprimere il rapporto
causa-effetto, rendendolo disponibile per un calcolo logico. Questo per
via del rapporto asimmetrico tra causa ed effetto, per la freccia del
tempo insomma.
>

Il problema non è l'asimmetria: ne esistono quanti ne vuoi di operatori
per rappresentare i rapporti asimmetrici. Non c'è un simbolo specifico
semplicemente perché i filosofi non amano i simboli matematici e i
logici non amano discutere sulle cause e gli effetti.


>> Se invece prendo solo uno dei due assiomi, o nessuno dei due, devi
metterti l'anima in pace e aspettare che si definisca completamente un
paradigma prima di tentare di confutarlo.
>>
>
> Ma io per ipotesi te lo do per buono, non e' questo il punto. Io non
confuto il tuo sistema. Il punto sta precisamente nel fatto che al tuo
postulato (esiste una causa prima) io posso porne uno che contraddice il
tuo (non esiste una causa prima) e che tu non puoi confutare, essendo un
assioma, come io non posso confutare il tuo per lo stesso motivo.

Bravo.

> Possiamo dare per scontato che i sistemi costruiti su quegli assiomi
(insieme ad altri) *non* contengano contraddizioni (avremmo
un'antinomia), la cosa e' secondaria; primario e' invece il fatto che
*presi insieme* sono una contraddizione della ragione in generale. E'
risolvibile la contraddizione? Avendo ipotizzato che i due sistemi non
hanno in se' contraddizioni, la contraddizione *non* e' risolvibile
logicamente.

Una contraddizione è tale solo se avviene "sotto il medesimo riguardo".

Per risolverla, basta sottolineare che abbiamo a che fare con due
sistemi diversi: un enunciato è vero all'*interno* di un sistema,
l'altro enunciato è vero all'*interno* di un altro sistema.

Ecco allora che la contraddizione appare solo a chi non sa distinguere
un dentro e un fuori, e qui esce fuori il problema della fede cieca.

Ma e' risolvibile se essi si riferiscono a un comune
> contesto *extra-logico*, in base al quale e' decidibile quale dei due
e' vero e quale falso. Indovina qual e' questo contesto?
>

Quello delle tue care verità assolute?


>> Quanto al fatto che il
>> > concetto di causa-effetto sarebbe un'astrazione metafisica, temo che
>>> tu confonda l'astratto con il metafisico. Metafisico, infatti,
sarebbe qualsiasi concetto, che e' astratto;
>
>>
>> Beh, sì. Se non sbaglio, questo è stato uno dei problemi più
discussi in filosofia, noto col nome del "problema degli universali", ma
non era mia intenzione riaprire quel tipo di controversia.
>>
>> Ti faccio però notare che mentre alcuni concetti, pur essendo di per
sé astratti, hanno come *referente* qualcosa di concreto, come un
oggetto o una azione, o comunque sono legati ad un qualche tipo di
riscontro empirico, ne esistono altri, come come quello di "causa" ed
"effetto" che hanno lo stesso status epistemologico dello stregatto di
Alice, o delle teorie sui fulmini lanciati da Giove quando si arrabbia.
>>
>
> Qui va chiarito. Il concetto di "causa", o di "effetto", e' un
concetto relazionale, "causa-effetto", anche se talvolta nell'uso
linguistico si nomina l'uno senza nominare l'altro. Come dici, il
concetto (in quanto tale astratto) si riferisce al rapporto tra due
termini, che si riferiscono piu' spesso a due eventi empirici.

Il nesso causa-effetto può benissimo riferirsi a due eventi empirici, ma
esso stesso non ha niente di empirico, a differenza di quanto accade,
per esempio con la semplice *precedenza temporale*, o il concetto di
*necessità*, o di *sufficienza*.

Ma nulla impedisce che
> vengano relazionati, in modo alquanto azzardato, due termini di cui
uno e' concreto e l'altro metafisico. E' il nostro caso della causa
prima, "Dio", che sarebbe causa di quel molto concreto che e' il mondo.
Questo si', questo concetto metafisico, e' lo stregatto del mondo di
Alice, e solo esso, non il mondo di chi lo ha immaginato.
>
>> >>> Che il tempo non abbia un inizio non e' un postulato, perche'
non e' un concetto sotto il quale si raccolgano tutte le sue parti, ma
una intuizione pura, come del resto lo spazio. Il tempo *non e'* un
oggetto che puoi vedere standone al di fuori.
>> >>>
>> >>
>> >> Il postulato non è un "concetto sotto il quale si raccolgano
tutte le sue parti". E' un enunciato che, pur non essendo dimostrabile,
assumi per vero.
>> >>
>> >
>> > Se leggi con un po' piu' di attenzione vedrai che non ho detto la
corbelleria che il tempo e' un postulato, ma che il postulato e' "che il
tempo non abbia un inizio".
>> >
>>
>> Ho riletto bene, e ti ribadisco che hai scritto che *non* è un
postulato, ed è quella affermazione che ho contestato. Se è stato un
refuso, non c'è problema: a me capitano in continuazione.
>>
>
> Va bene, non mi sono espresso chiaramente. Quello che volevo dire e'
che non si puo' postulare che il tempo sia finito senza cadere
immediatamente in contraddizione, perche' che il tempo sia finito
significa o che ha un inizio, che puo' essere solo *nel* tempo, o che ha
una fine, che puo' essere concepita solo come il tempo in cui non c'e'
piu' il tempo. Possiamo concepire il tempo solo come *illimitato*.
>

Ma non è vero: se il tempo ha un inizio, è ovvio che tale inizio non
possa essere *nel* tempo ma semmai *col* tempo. Non ci può essere un
tempo in cui non esiste il tempo o in cui non c'è più il tempo.
Altrimenti, per forza hai una contraddizione.

> [...]
>
>> Prova a rileggerti il mio post originale: il riferimento alla
*possibile* assiomatizzazione di una causa prima era solo un *esempio*
del tutto marginale al termine di un discorso di validità ben più
generale. Sei tu che hai voluto trasformala a tutti i costi nel nucleo
centrale della nostra disputa, senza volere entrare nel merito della
questione centrale.
>>
>
> Ma io avevo poco da obiettare sulla tua storiella di Bob e Kiki, che
si risolve con uno scambio di esperienze, cioe' sul terreno di una
possibile *comune* esperienza.
> Il guaio e' che poi di quella storiella hai fatto la *metafora* del
tuo esempio ed e' saltata fuori la questione della della causa prima.
Questione molto sensibile:-).

La storiella di Bob e Kiki non era una metafora del mio esempio, ma del
discorso centrale che ti ho riportato, e che voleva avere una validità
molto più generale

posi

unread,
Feb 26, 2023, 6:09:04 PM2/26/23
to
Il 26/02/23 19:06, Loris Dalla Rosa ha scritto:
Ecco, bravo.

>> Tuttavia, quello che invece a me risulta è che presso il popolo dei
>> cananei, dal quale derivano gli ebrei di cui Abramo è considerato il
>> capostitpite, era all'epoca ampiamente diffuso il sacrificio umano. La
>> modalità era proprio quella: i bambini venivano sgozzati e bruciati in
>> olocausto. Ma lo stesso valeva per gran parte degli altri popoli,
>> magari seguendo procedure diverse.
>>
>
> Il sacrificio umano era diffuso presso i cananei, adoratori di Moloc
> https://www.treccani.it/enciclopedia/moloc/
> Nella Bibbia se ne parla come di un popolo antico, ormai scomparso.
> Preesitenti al popolo ebraico, i cananei erano politesti. Abramo era di
> origine diversa. Ma non mi sono preso la briga di fare una ricerca
> storica approfondita. Prendo da qui, sperando che sia tutto attendibile:
> https://www.assopace.org/index.php/doc-multimedia/focus
> e da qui:
> https://www.adonaj.it/popolo_ebraico/008.htm
>

Le migrazioni dei popoli non avvengono propriamente "scalzando la
popolazione colà residente". C'è una qualche inevitabile, più o meno
profonda, assimilazione: di fatto, la cultura dei primi insediamenti
israeliti è cananea, la ceramica rientra nella tradizione cananea locale
e l'alfabeto usato è protocananeo. Praticamente l'unico marcatore che
distingue i villaggi "israeliti" dai siti cananei è l'assenza di ossa di
maiale.

E comunque non è che in mesopotamia mancassero i sacrifici umani: a
quell'epoca si facevano ovunque: in Mesopotamia come a Gerusalemme, a
Cartagine, nell'antica società greca, romana, etrusca.

Prima che Jahweh si rivelasse ad Abramo, gli ebrei erano politeisti. Ci
sono anche nella stessa Bibbia tracce di politeismo.
La fiducia è una cosa abbastanza diversa dalla fede: è un sentimento che
si può provare verso un altro individuo, come una sorta di empatia, non
tanto verso un assioma o un paradigma. E' strettamente legato più a
concetti come la speranza o la stima che alla razionalità. E' un
concetto che ha poco o niente a che vedere con l'approccio dello
scienziato verso il suo metodo. Sei tu che chiami impropriamente
"fiducia" la fede razionale nella scienza.

Se proprio non ti piace chiamarla "fede" perché magari sei abituato a
dare a questo termine una connotazione esclusivamente religiosa (cosa
che in realtà non ha né a livello etimologico, né nell'uso comune
riportato dai vocabolari) puoi dire "assiomatizzazione".

a questo punto
> non devi escludere di principio lo scienziato materialista dal novero
> dei credenti razionali).

Non ho capito che cosa c'entri il fatto di essere scienziato, visto che
stiamo parlando della sua disposizione verso il trascendente, comunque
il materialista può avere una fede razionale o cieca, così come il credente.

A questo punto si inserisce la mia
> contestazione, di cui dico il nocciolo davvero brevemente. E' vero che
> e' *indecidibile* la verita' dell'uno o dell'altro assioma (che Dio
> esiste o che non esiste), ma i due assiomi *presi insieme* costituiscono
> una contraddizione (come tu stesso riconosci): una contraddizione della
> ragione.

Ti ho risposto nell'altro thread, comunque, sinteticamente: la sostanza
è questa: la contraddizione sussiste se li vuoi inserire insieme nello
stesso sistema. Non sussiste se vengono assunti in sistemi diversi.

Ora, e' possibile credere e *non* credere nello stesso tempo
> che qualcosa esista e *non* esista?

Ovviamente no.

Ma è perfettamente possibile credere che qualcosa esista pur essendo
perfettamente consapevoli di non poterla dimostrare.

Ed è altrettanto possibile non credere che qualcosa esista pur essendo
perfettamente consapevoli di non poterlo dimostrare.

E' quello che fa ogni persona ragionevole quando postula un *qualunque*
assioma: che si tratti dell'esistenza di Dio, della retta tra due punti,
del libero arbitrio o del pdnc.

Ovvio, però, che se si nega un assioma, si finisce inevitabilmente per
negare l'intero paradigma che viene retto da quell'assioma, e ciò a
volte può avere conseguenze più o meno problematiche.

Se neghiamo il pdnc possono sorgere grossi problemi anche solo per
discutere sulla liceità logica di un ragionamento.

Se ribaltiamo la relazione (del tutto assiomatica) di causa-effetto
nella frase "la presenza di materia *causa* una deformazione dello
spazio-tempo" non cambia, di fatto, assolutamente niente.

Se neghiamo l'esistenza di tutto ciò che è trascendente, possiamo
ugualmente andare fino alla Luna, o costruire computer ultra-veloci, ma
si pongono forse alcuni problemi filosofici.

No, per il pdnc che tu stesso
> assumi; infatti questa non e' altro che la formulazione psicologica del
> pdnc. Lasciando perdere per brevita' altre considerazioni, la
> conseguenza principale e' questa: col porre assiomaticamente come vero
> che Dio esista, come oggetto di "fede razionale" (secondo la tua
> definizione), il "fedele razionale" non puo' che rifiutare
> l'*indecidibilita'* della verita' dei due assiomi: non puo' che assumere
> il *suo* oggetto di credenza ed essere "cieco" alla possibilita' che sia
> vero l'assioma che contraddice il suo. Non puo' che "chiudersi" nel suo
> "paradigma fideistico", esattamente come il fideista cieco della tua
> definizione.

In tal caso la sua non sarebbe solo fede cieca, ma anche ignoranza del
significato del verbo "assumere".

posi

unread,
Feb 26, 2023, 7:24:04 PM2/26/23
to
Questo messaggio dove andare su "certezza e relativismo", ma ho spesso
problemi tecnici a postare sul thread .

ppastor...@gmail.com

unread,
Feb 27, 2023, 12:57:04 AM2/27/23
to
Sono costretto a ripetermi.
A mio avviso Dio chiede ad Abramo solo un gesto sacrale, sacrificio nel senso originario di fare sacro, è Abramo che fraintende e intromette una sua idealità di morte, però la fede lo dissuade. Dio non chiede nessuna morte ma Abramo inventa un comando di morte, poi continuando a credere in Dio si ferma.

Mauro Pastore

Omega

unread,
Feb 27, 2023, 5:36:03 AM2/27/23
to
Due osservazioni:
1. se qualcuno ha creato la vita, con la vita ha creato la morte. Se il
disporsi a uccidere un figlio è un "fare sacro", allora che cosa c'è più
della guerra per fare un mucchio di sacro?
2. Quelle dei due che avete nominato sono storie, leggende, che sono
nate per condire una qualche etica. Allora una discussione al riguardo
che significato ha? A che serve e a chi?

Scusate e buona giornata
Omega

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 27, 2023, 5:36:13 AM2/27/23
to
posi ha scritto:
> Il 26/02/23 01:17, Loris Dalla Rosa ha scritto:
> >> Mi sembrava che tu volessi in qualche modo correggere la mia
> formalizzazione ◻︎ ∃ x| ∀ y x ≺ y cambiando qualcosa (non è chiaro cosa)
> alla luce di non si capisce bene quale "novità" emersa quando ti ho
> fatto notare che "una" è articolo indeterminativo.
> >>
> >
> > Non era chiaro? La "novita'" e' quella che qui e' scritta sopra,
> all'inizio ("Il fatto che il nesso causale ecc."). Se ammetti la
> possibilita' che *non* tutti i fenomeni appartengano alla catena
> causale, allora ammetti anche la possibilita' che *la* causa prima non
> esista, potendone esistere molte, e al limite nessuna, potendo
> ipotizzare che *ogni* fenomeno abbia la *sua* catena causale (o anche
> che sia causa di se stesso). Per questo e' necessario che il sistema sia
> rigorosamente deterministico.
> >

> Novità o no, mi pare che siamo d'accordo che "esiste *una* causa prima"
> non esclude che ne esista più di una ed eventualmente infinite.
>
> Altra cosa è l'assioma "esiste una e una sola causa prima", che è
> ovviamente più restrittivo.
>

Io ho inteso che lo intendessi nel secondo senso, restrittivo. Se in
questo senso il concetto presenta x difficolta', nel primo senso ne
presenta almeno x^2.

> >> Se avevo capito male, tanto meglio.
> >> Se ti serve una spiegazione dettagliata dei simboli che ho usato,
> basta chiedere.
> >
> > La formula e' chiara. Provare a migliorarla? Ci ho anche pensato, ma
> il problema e' sempre quel segno "<", che dovrebbe esprimere
> *specificamente* il rapporto di causalita'. Nessuna della 16 tavole di
> verita' si presta senza qualche ambiguita' ad esprimere il rapporto
> causa-effetto, rendendolo disponibile per un calcolo logico. Questo per
> via del rapporto asimmetrico tra causa ed effetto, per la freccia del
> tempo insomma.
> >
>
> Il problema non è l'asimmetria: ne esistono quanti ne vuoi di operatori
> per rappresentare i rapporti asimmetrici. Non c'è un simbolo specifico
> semplicemente perché i filosofi non amano i simboli matematici e i
> logici non amano discutere sulle cause e gli effetti.
>

E' una "delle tue care verità assolute?" (cit)

>
> >> Se invece prendo solo uno dei due assiomi, o nessuno dei due, devi
> metterti l'anima in pace e aspettare che si definisca completamente un
> paradigma prima di tentare di confutarlo.
> >>

> > Ma io per ipotesi te lo do per buono, non e' questo il punto. Io non
>> confuto il tuo sistema. Il punto sta precisamente nel fatto che al tuo
>> postulato (esiste una causa prima) io posso porne uno che contraddice il
> tuo (non esiste una causa prima) e che tu non puoi confutare, essendo un
>> assioma, come io non posso confutare il tuo per lo stesso motivo.
>
> Bravo.
>
> > Possiamo dare per scontato che i sistemi costruiti su quegli assiomi
> (insieme ad altri) *non* contengano contraddizioni (avremmo
> un'antinomia), la cosa e' secondaria; primario e' invece il fatto che
> *presi insieme* sono una contraddizione della ragione in generale. E'
> risolvibile la contraddizione? Avendo ipotizzato che i due sistemi non
> hanno in se' contraddizioni, la contraddizione *non* e' risolvibile
> logicamente.

>
> Una contraddizione è tale solo se avviene "sotto il medesimo riguardo".
>

Infatti che x esista & non esista nel medesimo tempo e' una
contraddizione, come lo e' credere che x esista & credere che x non
esista nello stesso tempo e nella medesima mente. Percio' si puo'
credere che x esista e non esista solo se i credenti sono diversi: A
crede che x esista, B crede che x non esista. Ma se A e B condividono la
stessa logica, allora non possono non riconoscere che quella e' una
contraddizione incompatibile con una logica che sia in comune.

> Per risolverla, basta sottolineare che abbiamo a che fare con due
> sistemi diversi: un enunciato è vero all'*interno* di un sistema,
> l'altro enunciato è vero all'*interno* di un altro sistema.
>

No, l'enunciato e' logicamente *valido* all'interno di questo o quel
sistema, non *vero*. Non si da' contemporaneamente la verita' e la
falsita' di una medesima asserzione. Puo' darsi solo l'*indecidibilita'*
rispetto alla loro verita' o falsita'; come nel nostro caso.

> Ecco allora che la contraddizione appare solo a chi non sa distinguere
> un dentro e un fuori, e qui esce fuori il problema della fede cieca.
>

A me pare invece che qui venga fuori che e' la fede in se stessa ad
essere cieca. Un conto e' infatti *assumere* un'ipotesi, che puo' anche
essere assunta per assurdo (come appunto nelle dimostrazioni per
assurdo), un altro e' *postularne* la verita'. La sua verita' richiede,
come ho gia' detto, un riscontro che non e' puramente logico, in base al
quale la verita' diventa decidibile e senza il quale tale verita' puo'
solo essere creduta ciecamente.

>  Ma e' risolvibile se essi si riferiscono a un comune
> > contesto *extra-logico*, in base al quale e' decidibile quale dei due
> e' vero e quale falso. Indovina qual e' questo contesto?
> >
>
> Quello delle tue care verità assolute?
>

Ah ecco. Se vuoi facciamo il giochino dell'assolutamente relativo e del
relativamente assoluto, divertente quasi come quello dell'oca.

>
> >> Quanto al fatto che il
> >>  > concetto di causa-effetto sarebbe un'astrazione metafisica, temo che
> >>> tu confonda l'astratto con il metafisico. Metafisico, infatti,
> sarebbe qualsiasi concetto, che e' astratto;
> >
> >>
> >> Beh, sì. Se non sbaglio, questo è stato uno dei problemi più
> discussi in filosofia, noto col nome del "problema degli universali", ma
> non era mia intenzione riaprire quel tipo di controversia.
> >>
> >> Ti faccio però notare che mentre alcuni concetti, pur essendo di per
> sé astratti, hanno come *referente* qualcosa di concreto, come un
> oggetto o una azione, o comunque sono legati ad un qualche tipo di
> riscontro empirico, ne esistono altri, come come quello di "causa" ed
> "effetto" che hanno lo stesso status epistemologico dello stregatto di
> Alice, o delle teorie sui fulmini lanciati da Giove quando si arrabbia.
> >>
> >
>> > Qui va chiarito. Il concetto di "causa", o di "effetto", e' un
>> concetto relazionale, "causa-effetto", anche se talvolta nell'uso
>> linguistico si nomina l'uno senza nominare l'altro. Come dici, il
>> concetto (in quanto tale astratto) si riferisce al rapporto tra due
>> termini, che si riferiscono piu' spesso a due eventi empirici.

>
> Il nesso causa-effetto può benissimo riferirsi a due eventi empirici, ma
> esso stesso non ha niente di empirico, a differenza di quanto accade,
> per esempio con la semplice *precedenza temporale*, o il concetto di
> *necessità*, o di *sufficienza*.
>

*Qualsiasi* relazione tra oggetti e' astratta rispetto agli oggetti,
qualto lo e' la relazione causa-effetto. O pensi p.e. che, se il Monte
Bianco e' piu' alto del Monte Rosa, "piu'alto" sia una proprieta'
intrinseca del Monte Bianco e "meno alto" intrinseca al Monte Rosa?


> >> Ho riletto bene, e ti ribadisco che hai scritto che *non* è un
>>> postulato, ed è quella affermazione che ho contestato. Se è stato un
>>> refuso, non c'è problema: a me capitano in continuazione.
> >>

> > Va bene, non mi sono espresso chiaramente. Quello che volevo dire e'
> che non si puo' postulare che il tempo sia finito senza cadere
> immediatamente in contraddizione, perche' che il tempo sia finito
> significa o che ha un inizio, che puo' essere solo *nel* tempo, o che ha
> una fine, che puo' essere concepita solo come il tempo in cui non c'e'
> piu' il tempo. Possiamo concepire il tempo solo come *illimitato*.
> >

> Ma non è vero: se il tempo ha un inizio, è ovvio che tale inizio non
> possa essere *nel* tempo ma semmai *col* tempo. Non ci può essere un
> tempo in cui non esiste il tempo o in cui non c'è più il tempo.
> Altrimenti, per forza hai una contraddizione.
>

*"col tempo"*, la "soluzione" di Agostino, come dicevo. Soddisfacente?
Se la creazione del mondo e' un evento, che puo' avvenire solo *nel*
tempo, cioe' tra un prima e un dopo l'evento, come puo' averlo creato
senza che sia un evento, cioe' senza l'evento della sua creazione?
Questo Dio ha una logica un po' strana, certo non e' la nostra e allora
bisogna crederci, oppure accontentarsi di pensare.

> > [...]
> >
> >> Prova a rileggerti il mio post originale: il riferimento alla
> *possibile* assiomatizzazione di una causa prima era solo un *esempio*
> del tutto marginale al termine di un discorso di validità ben più
> generale. Sei tu che hai voluto trasformala a tutti i costi nel nucleo
> centrale della nostra disputa, senza volere entrare nel merito della
> questione centrale.
> >>

> >
> > Ma io avevo poco da obiettare sulla tua storiella di Bob e Kiki, che
> si risolve con uno scambio di esperienze, cioe' sul terreno di una
> possibile *comune* esperienza.
> > Il guaio e' che poi di quella storiella hai fatto la *metafora* del
> tuo esempio ed e' saltata fuori la questione della della causa prima.
> Questione molto sensibile:-).
>
> La storiella di Bob e Kiki non era una metafora del mio esempio, ma del
> discorso centrale che ti ho riportato, e che voleva avere una validità
> molto più generale

Le metafore non di rado hanno il difetto di portare non "oltre", ma
"fuori" da quello che vorrebbero significare. La tua storia di Bob e
Kiki, l'ho gia' detto, si risolve sul terreno di una possibile *comune*
esperienza. Non la puoi far valere come *indecidibilita'* di una
questione in cui di principio viene esclusa la possibilita' del
riscontro empirico.
Ciao,
Loris

ppastor...@gmail.com

unread,
Feb 27, 2023, 9:00:04 AM2/27/23
to
Disporsi a uccidere un figlio era la volontà di Abramo non quella di Dio, è ovvio che fare sacro è altro ed è proprio quello che io avevo detto.
Inoltre questo plurale che usi non tiene conto della differenza dei pensieri dei rispettivi interlocutori.
Sei pregato di leggere più attentamente e di non creare più confusione.

Mauro Pastore

posi

unread,
Feb 27, 2023, 9:00:04 AM2/27/23
to
Il 27/02/23 11:34, Loris Dalla Rosa ha scritto:
> posi ha scritto:
>> Il 26/02/23 01:17, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>  >> Mi sembrava che tu volessi in qualche modo correggere la mia
>> formalizzazione ◻︎ ∃ x| ∀ y x ≺ y cambiando qualcosa (non è chiaro
>> cosa) alla luce di non si capisce bene quale "novità" emersa quando ti
>> ho fatto notare che "una" è articolo indeterminativo.
>>  >>
>>  >
>>  > Non era chiaro? La "novita'" e' quella che qui e' scritta sopra,
>> all'inizio ("Il fatto che il nesso causale ecc."). Se ammetti la
>> possibilita' che *non* tutti i fenomeni appartengano alla catena
>> causale, allora ammetti anche la possibilita' che *la* causa prima non
>> esista, potendone esistere molte, e al limite nessuna, potendo
>> ipotizzare che *ogni* fenomeno abbia la *sua* catena causale (o anche
>> che sia causa di se stesso). Per questo e' necessario che il sistema
>> sia rigorosamente deterministico.
>>  >
>
>> Novità o no, mi pare che siamo d'accordo che "esiste *una* causa
>> prima" non esclude che ne esista più di una ed eventualmente infinite.
>>
>> Altra cosa è l'assioma "esiste una e una sola causa prima", che è
>> ovviamente più restrittivo.
>>
>
> Io ho inteso che lo intendessi nel secondo senso, restrittivo. Se in
> questo senso il concetto presenta x difficolta', nel primo senso ne
> presenta almeno x^2.
>

Che a te la cosa ponga delle difficoltà, lo si è capito, e non possiamo
che farcene una ragione.

Ma evidenziare che una cosa ponga difficoltà a *te*, in quanto in
contraddizione con i *tuoi* assiomi di cui *tu* non riesci a fare a meno
non è un modo razionale per confutare una tesi.

>>  >> Se avevo capito male, tanto meglio.
>>  >> Se ti serve una spiegazione dettagliata dei simboli che ho usato,
>> basta chiedere.
>>  >
>>  > La formula e' chiara. Provare a migliorarla? Ci ho anche pensato,
>> ma il problema e' sempre quel segno "<", che dovrebbe esprimere
>> *specificamente* il rapporto di causalita'. Nessuna della 16 tavole di
>> verita' si presta senza qualche ambiguita' ad esprimere il rapporto
>> causa-effetto, rendendolo disponibile per un calcolo logico. Questo
>> per via del rapporto asimmetrico tra causa ed effetto, per la freccia
>> del tempo insomma.
>>  >
>>
>> Il problema non è l'asimmetria: ne esistono quanti ne vuoi di
>> operatori per rappresentare i rapporti asimmetrici. Non c'è un simbolo
>> specifico semplicemente perché i filosofi non amano i simboli
>> matematici e i logici non amano discutere sulle cause e gli effetti.
>>
>
> E' una "delle tue care verità assolute?" (cit)

No, questa era una pura e semplice congettura senza alcuna rilevanza.
Va bene, ammesso che per "stessa logica" tu intenda "stesso paradigma,
stessa categoria interpretativa".

>
>> Per risolverla, basta sottolineare che abbiamo a che fare con due
>> sistemi diversi: un enunciato è vero all'*interno* di un sistema,
>> l'altro enunciato è vero all'*interno* di un altro sistema.
>>
>
> No, l'enunciato e' logicamente *valido* all'interno di questo o quel
> sistema, non *vero*.

No. Il concetto di validità è legata ad un *teorema*, non un qualsiasi
enunciato, e sta ad indicare che la sua dimostrazione rispetta i criteri
di derivazione del sistema logico in questione e pertanto è vero se le
ipotesi sono vere.

Noi invece stiamo parlando anche e soprattutto di *assiomi*, cioè
enunciati che non sono dimostrabili e quindi non ha senso disquisire
sulla loro *validità*. Gli assiomi semplicemente si assumono per veri.

Non si da' contemporaneamente la verita' e la
> falsita' di una medesima asserzione. Puo' darsi solo l'*indecidibilita'*
> rispetto alla loro verita' o falsita'; come nel nostro caso.
>

Si tratta sempre di verità *relative*, quindi dipendono dal sistema
considerato e dalla semantica.

Possiamo dire, tuttavia che la verità *assoluta* di un certo enunciato è
indecidibile.

E qui finalmente possiamo arrivare a porci la domanda se esistono verità
assolute che sono decidibili: io ho dimostrato che non esistono (in
quella parte del mio discorso che tu ti ostini a cancellare), ma ho come
l'impressione che tu quella dimostrazione non l'abbia neanche letta
perché troppo distratto da metafore ed esempi.

>> Ecco allora che la contraddizione appare solo a chi non sa distinguere
>> un dentro e un fuori, e qui esce fuori il problema della fede cieca.
>>
>
> A me pare invece che qui venga fuori che e' la fede in se stessa ad
> essere cieca. Un conto e' infatti *assumere* un'ipotesi, che puo' anche
> essere assunta per assurdo (come appunto nelle dimostrazioni per
> assurdo), un altro e' *postularne* la verita'.

L'unica differenza tra un'ipotesi qualsiasi e un assioma è che l'assioma
è un enunciato di basilare importanza per il sistema, senza la quale il
sistema non potrebbe reggersi in piedi. E' come una colonna portante
rispetto ad un edificio. Mentre l'ipotesi può benissimo cadere senza
significative conseguenze per il resto del sistema.

La sua verita' richiede,
> come ho gia' detto, un riscontro che non e' puramente logico, in base al
> quale la verita' diventa decidibile

Spero tu ti renda conto che usare la parola *decidibilità* per indicare
quello che tu stesso definisci un "riscontro che non è puramente logico"
è una mostruosità pazzesca.

e senza il quale tale verita' puo'
> solo essere creduta ciecamente.
>

Per favore, sostituisci quel "ciecamente" con "assiomaticamente", perché
la cecità, con quel tipo di atteggiamento, non c'entra niente nemmeno in
senso metaforico.


> *Qualsiasi* relazione tra oggetti e' astratta rispetto agli oggetti,
> qualto lo e' la relazione causa-effetto. O pensi p.e. che, se il Monte
> Bianco e' piu' alto del Monte Rosa, "piu'alto" sia una proprieta'
> intrinseca del Monte Bianco e "meno alto" intrinseca al Monte Rosa?
>

No, perché io posso prendere il metro e verificare empiricamente la
relazione "più alto", mentre lo stesso non posso fare con la relazione
di causa effetto. Quindi non puoi metterle sullo stesso piano.

>
>>  >> Ho riletto bene, e ti ribadisco che hai scritto che *non* è un
>>>> postulato, ed è quella affermazione che ho contestato. Se è stato un
>>>> refuso, non c'è problema: a me capitano in continuazione.
>>  >>
>
>>  > Va bene, non mi sono espresso chiaramente. Quello che volevo dire
>> e' che non si puo' postulare che il tempo sia finito senza cadere
>> immediatamente in contraddizione, perche' che il tempo sia finito
>> significa o che ha un inizio, che puo' essere solo *nel* tempo, o che
>> ha una fine, che puo' essere concepita solo come il tempo in cui non
>> c'e' piu' il tempo. Possiamo concepire il tempo solo come *illimitato*.
>>  >
>
>> Ma non è vero: se il tempo ha un inizio, è ovvio che tale inizio non
>> possa essere *nel* tempo ma semmai *col* tempo. Non ci può essere un
>> tempo in cui non esiste il tempo o in cui non c'è più il tempo.
>> Altrimenti, per forza hai una contraddizione.
>>
>
> *"col tempo"*, la "soluzione" di Agostino, come dicevo. Soddisfacente?
> Se la creazione del mondo e' un evento, che puo' avvenire solo *nel*
> tempo, cioe' tra un prima e un dopo l'evento, come puo' averlo creato
> senza che sia un evento, cioe' senza l'evento della sua creazione?

La risposta la sai: creando il tempo *insieme* all'universo. Se non ti
soddisfa, ciccia.

Fintanto che nessuno ti obbliga ad adottare quel paradigma, non si
capisce perché la cosa debba preoccuparti.

> Questo Dio ha una logica un po' strana, certo non e' la nostra e allora
> bisogna crederci, oppure accontentarsi di pensare.

Certo non è la *tua*, questo si è capito.
Quello che ora dovresti capire è che la logica tua, oltre al pdnc,
contiene anche uno sproposito di altri assiomi diversi.

>
>>  > [...]
>>  >
>>  >> Prova a rileggerti il mio post originale: il riferimento alla
>> *possibile* assiomatizzazione di una causa prima era solo un *esempio*
>> del tutto marginale al termine di un discorso di validità ben più
>> generale. Sei tu che hai voluto trasformala a tutti i costi nel nucleo
>> centrale della nostra disputa, senza volere entrare nel merito della
>> questione centrale.
>>  >>
>
>>  >
>>  > Ma io avevo poco da obiettare sulla tua storiella di Bob e Kiki,
>> che si risolve con uno scambio di esperienze, cioe' sul terreno di una
>> possibile *comune* esperienza.
>>  > Il guaio e' che poi di quella storiella hai fatto la *metafora* del
>> tuo esempio ed e' saltata fuori la questione della della causa prima.
>> Questione molto sensibile:-).
>>
>> La storiella di Bob e Kiki non era una metafora del mio esempio, ma
>> del discorso centrale che ti ho riportato, e che voleva avere una
>> validità molto più generale
>
> Le metafore non di rado hanno il difetto di portare non "oltre", ma
> "fuori" da quello che vorrebbero significare. La tua storia di Bob e
> Kiki, l'ho gia' detto, si risolve sul terreno di una possibile *comune*
> esperienza. Non la puoi far valere come *indecidibilita'* di una
> questione in cui di principio viene esclusa la possibilita' del
> riscontro empirico.


Per questo ti ho chiesto di cestinarle e di entrare nel merito del
discorso.

Te l'ho anche riportato epurandolo di esempi e metafore, ma
apparentemente ormai non c'è più niente da fare: ti sei fossilizzato su
Bob e Kiki e sull'esistenza di Dio e non ti schiodi di lì.

posi

unread,
Feb 27, 2023, 10:09:04 AM2/27/23
to
La morte ci ha permesso, attraverso l’evoluzione, di trasformarci da
protozoi ad essere senzienti.

Da qui possiamo concludere che non c’è niente di meglio di una guerra, o
magari catastrofica estinzione di massa per dare una bella spinta
all’evoluzione? Può darsi, ma non credo che valga come giustificazione.


> 2. Quelle dei due che avete nominato sono storie, leggende, che sono
> nate per condire una qualche etica. Allora una discussione al riguardo
> che significato ha? A che serve e a chi?
>

Non si tratta di “condire” ma di rappresentare e simboleggiare in qualche
modo un *cambiamento* di paradigma, e più nello specifico un cambiamento di
etica, con l’affermarsi di una nuova etica che *supera* il sacrificio
umano. Alla luce di queste considerazioni è irrilevante il fatto che il
racconto abbia o no valore storico-materiale.

Omega

unread,
Feb 27, 2023, 10:45:04 AM2/27/23
to
Affermazione tua, che aggiungei a un racconto già alquanto equivoco.

è ovvio che fare sacro è altro ed è proprio quello che io avevo detto.

Ed è ciò che ho criticato.

> Inoltre questo plurale che usi non tiene conto della differenza dei pensieri dei rispettivi interlocutori.

Ne tiene conto nel senso che li accomuna l'inutilità, considerate le
premesse.

> Sei pregato di leggere più attentamente e di non creare più confusione.

Purtroppo è proprio l'attenzione a suggerire le mie osservazioni.
Difficile affermare (o peggio dimostrare) che le mie due osservazioni
sono dovute a disattenzione. Non è neppure accertato che quei due
personaggi siano mai esistiti.
Entrare in polemica con me è ancora più inutile che fra voi - che lo
siete verosimilmente da millenni.
Perciò la mia critica è molto più estesa che a qualche partecipante a
icfm che si occupa della questione. Non è quindi il caso di prenderla
sul personale, se non, eventualmente, per mostrare che le mie due
osservazioni sono false. Coraggio :)

Omega

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 27, 2023, 1:57:03 PM2/27/23
to
Ok, ma questo tutto secondario rispetto alla discussione, non mi soffermo.
"Fede" e "fiducia" nel linguaggio comune vengono spesso usati come
sinonimi, ma anche nelle traduzioni della Bibbia, come in questi due
passi presi a caso:
<<Gesù allora disse loro: "Abbiate fede in Dio!">> (Marco 11,22)
<<Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che
avverrà come mi è stato annunziato.>> (Atti d. Apostoli, 27,25)
I teologi storcono il naso e distinguono
https://www.catt.ch/newsi/fede-e-fiducia-sono-la-stessa-cosa/
e non solo i teologi
https://www.fedelipsicoterapia.it/articoli/distinguere-tra-fiducia-e-fede/

Io preferisco riservare a "fede" la connotazione religiosa, potendola
pero' anche chiamarla "fiducia incondizionata", rispetto alla "fiducia",
che e' condizionata alle aspettative di chi le ripone in qualcuno o
qualcosa. "Assiomatizzazione" la lascerei ai matematici e ai logici come
uso esclusivo nell'esercizio del loro lavoro.

> a questo punto
>> non devi escludere di principio lo scienziato materialista dal novero
>> dei credenti razionali).

>
> Non ho capito che cosa c'entri il fatto di essere scienziato, visto che
> stiamo parlando della sua disposizione verso il trascendente, comunque
> il materialista può avere una fede razionale o cieca, così come il
> credente.
>

Perche' penso che proprio nella *figura* dello scienziato si focalizzi
meglio il contrasto tra sapere scientifico e credenza religiosa.

>  A questo punto si inserisce la mia
>> contestazione, di cui dico il nocciolo davvero brevemente. E' vero che
>> e' *indecidibile* la verita' dell'uno o dell'altro assioma (che Dio
>> esiste o che non esiste), ma i due assiomi *presi insieme*
>> costituiscono una contraddizione (come tu stesso riconosci): una
>> contraddizione della ragione.

>
> Ti ho risposto nell'altro thread, comunque, sinteticamente: la sostanza
> è questa: la contraddizione sussiste se li vuoi inserire insieme nello
> stesso sistema. Non sussiste se vengono assunti in sistemi diversi.
>

Ti ho gia' risposto anch'io nell'altro 3D.

> Ora, e' possibile credere e *non* credere nello stesso tempo
>> che qualcosa esista e *non* esista?

> Ovviamente no.
>

Bene.

> Ma è perfettamente possibile credere che qualcosa esista pur essendo
> perfettamente consapevoli di non poterla dimostrare.
>
> Ed è altrettanto possibile non credere che qualcosa esista pur essendo
> perfettamente consapevoli di non poterlo dimostrare.
>
> E' quello che fa ogni persona ragionevole quando postula un *qualunque*
> assioma: che si tratti dell'esistenza di Dio, della retta tra due punti,
> del libero arbitrio o del pdnc.

Si', ma non puoi "assiomatizzare" che sia vero. Ma su questo, se non e'
gia' chiaro, ti rispondo un po' piu' per esteso in risposta alla tua
piu' recente in questo stesso 3D; anzi, vado direttamente a quella, per
questa l'essenziale e' gia' stato detto.
Ciao,
Loris

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 27, 2023, 2:15:04 PM2/27/23
to
posi ha scritto:
A me sembra che i problemi non siano miei, ma del tuo assioma. A questo
punto dovresti caratterizzare questa famosa, o fumosa, causa prima, una
o molte che siano, con altri assiomi che ne stabiliscano le proprieta'
essenziali. In modo che se ne possa dire qualcosa di piu' chiaro, non
credi? I miei assiomi? Quali vuoi che siano, sono quelli della logica
classica e in primis il pdnc.

>>>
>>> Una contraddizione è tale solo se avviene "sotto il medesimo riguardo".
>>>
>>
>> Infatti che x esista & non esista nel medesimo tempo e' una
>> contraddizione, come lo e' credere che x esista & credere che x non
>> esista nello stesso tempo e nella medesima mente. Percio' si puo'
>> credere che x esista e non esista solo se i credenti sono diversi: A
>> crede che x esista, B crede che x non esista. Ma se A e B condividono
>> la stessa logica, allora non possono non riconoscere che quella e' una
>> contraddizione incompatibile con una logica che sia in comune.

>
> Va bene, ammesso che per "stessa logica" tu intenda "stesso paradigma,
> stessa categoria interpretativa".
>

Semplicemente la logica classica.

>>
>>> Per risolverla, basta sottolineare che abbiamo a che fare con due
>>> sistemi diversi: un enunciato è vero all'*interno* di un sistema,
>>> l'altro enunciato è vero all'*interno* di un altro sistema.
>>>

>> No, l'enunciato e' logicamente *valido* all'interno di questo o quel
>> sistema, non *vero*.
>

> No. Il concetto di validità è legata ad un *teorema*, non un qualsiasi
> enunciato, e sta ad indicare che la sua dimostrazione rispetta i criteri
> di derivazione del sistema logico in questione e pertanto è vero se le
> ipotesi sono vere.
>
> Noi invece stiamo parlando anche e soprattutto di *assiomi*, cioè
> enunciati che non sono dimostrabili e quindi non ha senso disquisire
> sulla loro *validità*. Gli assiomi semplicemente si assumono per veri.
>

Si', e' vero, ma e' altrettanto vero che non ha senso disquisire sulla
loro verita'. Postulare X come esistente non lo fa ipso facto esistere.
L'esistenza e' ben altra cosa dalla sua assiomatizzazione. Se mi
bastasse postulare che in tasca ho un milione di euro sarei ricco
(chissa' se ti ricorda qualcosa...). Per questo di un sistema si puo'
parlare solo di validita' logica e non di verita'.

>  Non si da' contemporaneamente la verita' e la
>> falsita' di una medesima asserzione. Puo' darsi solo
>> l'*indecidibilita'* rispetto alla loro verita' o falsita'; come nel
>> nostro caso.
>>
>
> Si tratta sempre di verità *relative*, quindi dipendono dal sistema
> considerato e dalla semantica.
>
> Possiamo dire, tuttavia che la verità *assoluta* di un certo enunciato è
> indecidibile.
>
> E qui finalmente possiamo arrivare a porci la domanda se esistono verità
> assolute che sono decidibili: io ho dimostrato che non esistono (in
> quella parte del mio discorso che tu ti ostini a cancellare), ma ho come
> l'impressione che tu quella dimostrazione non l'abbia neanche letta
> perché troppo distratto da metafore ed esempi.
>

Io sono intervenuto a proposito di cio' su cui non sono d'accordo, non
su quello con cui concordo.

>>> Ecco allora che la contraddizione appare solo a chi non sa
>>> distinguere un dentro e un fuori, e qui esce fuori il problema della
>>> fede cieca.
>>>
>>
>> A me pare invece che qui venga fuori che e' la fede in se stessa ad
>> essere cieca. Un conto e' infatti *assumere* un'ipotesi, che puo'
>> anche essere assunta per assurdo (come appunto nelle dimostrazioni per
>> assurdo), un altro e' *postularne* la verita'.

>
> L'unica differenza tra un'ipotesi qualsiasi e un assioma è che l'assioma
> è un enunciato di basilare importanza per il sistema, senza la quale il
> sistema non potrebbe reggersi in piedi. E' come una colonna portante
> rispetto ad un edificio. Mentre l'ipotesi può benissimo cadere senza
> significative conseguenze per il resto del sistema.
>

Accetto la tua distinzione, che e' quantitativa e non di concetto.
Quantitativa nel senso di grado di resistenza... ai terremoti della
contraddizione:-)

>  La sua verita' richiede,
>> come ho gia' detto, un riscontro che non e' puramente logico, in base
>> al quale la verita' diventa decidibile
>
> Spero tu ti renda conto che usare la parola *decidibilità* per indicare
> quello che tu stesso definisci un "riscontro che non è puramente logico"
> è una mostruosità pazzesca.
>

Che cosa *decide* se l'ippogrifo esiste o meno? Solo il riscontro
empirico. Mi sa che alle "mostruosita'" ti devi abituare.

>  e senza il quale tale verita' puo'
>> solo essere creduta ciecamente.
>>
>
> Per favore, sostituisci quel "ciecamente" con "assiomaticamente", perché
> la cecità, con quel tipo di atteggiamento, non c'entra niente nemmeno in
> senso metaforico.
>

No, come ho gia' detto assiomatizzare l'*esistenza* di X non fa si' che
X esista.

>
>> *Qualsiasi* relazione tra oggetti e' astratta rispetto agli oggetti,
>> qualto lo e' la relazione causa-effetto. O pensi p.e. che, se il Monte
>> Bianco e' piu' alto del Monte Rosa, "piu'alto" sia una proprieta'
>> intrinseca del Monte Bianco e "meno alto" intrinseca al Monte Rosa?
>>

>
> No, perché io posso prendere il metro e verificare empiricamente la
> relazione "più alto", mentre lo stesso non posso fare con la relazione
> di causa effetto. Quindi non puoi metterle sullo stesso piano.
>

Come no! Fulmine e tuono sono forse eventi metafisici? E il fulmine non
avviene prima (munisciti di cronometro e fallo partire) del tuono (ferma
il cronometro e guada quanti secondi sono passati); *regolarmente*
secondo il verificarsi di altri eventi sottostanti e secondo leggi
empiriche... ma posi, sei in vena di barzellette?
Che altro ti devo dire..., si vede che la tua logica e' quella di Dio e
io sono un po' tardo, non la capisco.

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 27, 2023, 4:24:03 PM2/27/23
to
posi ha scritto:
A me sembra che i problemi non siano miei, ma del tuo assioma. A questo
punto dovresti caratterizzare questa famosa, o fumosa, causa prima, una
o molte che siano, con altri assiomi che ne stabiliscano le proprieta'
essenziali. In modo che se ne possa dire qualcosa di piu' chiaro, non
credi? I miei assiomi? Quali vuoi che siano, sono quelli della logica
classica e in primis il pdnc.

>>>
>>> Una contraddizione è tale solo se avviene "sotto il medesimo riguardo".
>>>
>>
>> Infatti che x esista & non esista nel medesimo tempo e' una
contraddizione, come lo e' credere che x esista & credere che x non
esista nello stesso tempo e nella medesima mente. Percio' si puo'
credere che x esista e non esista solo se i credenti sono diversi: A
crede che x esista, B crede che x non esista. Ma se A e B condividono la
stessa logica, allora non possono non riconoscere che quella e' una
contraddizione incompatibile con una logica che sia in comune.

>
> Va bene, ammesso che per "stessa logica" tu intenda "stesso
paradigma, stessa categoria interpretativa".
>

Semplicemente la logica classica.

>>
>>> Per risolverla, basta sottolineare che abbiamo a che fare con due
sistemi diversi: un enunciato è vero all'*interno* di un sistema,
l'altro enunciato è vero all'*interno* di un altro sistema.
>>>

>> No, l'enunciato e' logicamente *valido* all'interno di questo o quel
sistema, non *vero*.
>

> No. Il concetto di validità è legata ad un *teorema*, non un
qualsiasi enunciato, e sta ad indicare che la sua dimostrazione rispetta
i criteri di derivazione del sistema logico in questione e pertanto è
vero se le ipotesi sono vere.
>
> Noi invece stiamo parlando anche e soprattutto di *assiomi*, cioè
enunciati che non sono dimostrabili e quindi non ha senso disquisire
sulla loro *validità*. Gli assiomi semplicemente si assumono per veri.
>

Si', e' vero, ma e' altrettanto vero che non ha senso disquisire sulla
loro verita'. Postulare X come esistente non lo fa ipso facto esistere.
L'esistenza e' ben altra cosa dalla sua assiomatizzazione. Se mi
bastasse postulare che in tasca ho un milione di euro sarei ricco
(chissa' se ti ricorda qualcosa...). Per questo di un sistema si puo'
parlare solo di validita' logica e non di verita'.

> Non si da' contemporaneamente la verita' e la
>> falsita' di una medesima asserzione. Puo' darsi solo
l'*indecidibilita'* rispetto alla loro verita' o falsita'; come nel
nostro caso.
>>
>
> Si tratta sempre di verità *relative*, quindi dipendono dal sistema
considerato e dalla semantica.
>
> Possiamo dire, tuttavia che la verità *assoluta* di un certo
enunciato è indecidibile.
>
> E qui finalmente possiamo arrivare a porci la domanda se esistono
verità assolute che sono decidibili: io ho dimostrato che non esistono
(in quella parte del mio discorso che tu ti ostini a cancellare), ma ho
come l'impressione che tu quella dimostrazione non l'abbia neanche letta
perché troppo distratto da metafore ed esempi.
>

Io sono intervenuto a proposito di cio' su cui non sono d'accordo, non
su quello con cui concordo.

>>> Ecco allora che la contraddizione appare solo a chi non sa
distinguere un dentro e un fuori, e qui esce fuori il problema della
fede cieca.
>>>
>>
>> A me pare invece che qui venga fuori che e' la fede in se stessa ad
essere cieca. Un conto e' infatti *assumere* un'ipotesi, che puo' anche
essere assunta per assurdo (come appunto nelle dimostrazioni per
assurdo), un altro e' *postularne* la verita'.

>
> L'unica differenza tra un'ipotesi qualsiasi e un assioma è che
l'assioma è un enunciato di basilare importanza per il sistema, senza la
quale il sistema non potrebbe reggersi in piedi. E' come una colonna
portante rispetto ad un edificio. Mentre l'ipotesi può benissimo cadere
senza significative conseguenze per il resto del sistema.
>

Accetto la tua distinzione, che e' quantitativa e non di concetto.
Quantitativa nel senso di grado di resistenza... ai terremoti della
contraddizione:-)

> La sua verita' richiede,
>> come ho gia' detto, un riscontro che non e' puramente logico, in
base al quale la verita' diventa decidibile
>
> Spero tu ti renda conto che usare la parola *decidibilità* per
indicare quello che tu stesso definisci un "riscontro che non è
puramente logico" è una mostruosità pazzesca.
>

Che cosa *decide* se l'ippogrifo esiste o meno? Solo il riscontro
empirico. Mi sa che alle "mostruosita'" ti devi abituare.

> e senza il quale tale verita' puo'
>> solo essere creduta ciecamente.
>>
>
> Per favore, sostituisci quel "ciecamente" con "assiomaticamente",
perché la cecità, con quel tipo di atteggiamento, non c'entra niente
nemmeno in senso metaforico.
>

No, come ho gia' detto assiomatizzare l'*esistenza* di X non fa si' che
X esista.

>
>> *Qualsiasi* relazione tra oggetti e' astratta rispetto agli oggetti,
qualto lo e' la relazione causa-effetto. O pensi p.e. che, se il Monte
Bianco e' piu' alto del Monte Rosa, "piu'alto" sia una proprieta'
intrinseca del Monte Bianco e "meno alto" intrinseca al Monte Rosa?
>>

>
> No, perché io posso prendere il metro e verificare empiricamente la
relazione "più alto", mentre lo stesso non posso fare con la relazione
di causa effetto. Quindi non puoi metterle sullo stesso piano.
>

Come no! Fulmine e tuono sono forse eventi metafisici? E il fulmine non
avviene prima (munisciti di cronometro e fallo partire) del tuono (ferma
il cronometro e guada quanti secondi sono passati); *regolarmente*
secondo il verificarsi di altri eventi sottostanti e secondo leggi
empiriche... ma posi, sei in vena di barzellette?

>>
Che altro ti devo dire..., si vede che la tua logica e' quella di Dio e
io sono un po' tardo, non la capisco.

ppastor...@gmail.com

unread,
Feb 27, 2023, 5:06:03 PM2/27/23
to
Ribadisco che non hai letto bene i miei messaggi.

Mauro Pastore

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 27, 2023, 6:24:04 PM2/27/23
to
Dovresti rileggere con piu' attenzione il testo: Dio mette alla prova la
fede in lui di Abramo. Questo e' indubitabile, indipendentemente dalla
verita' dell'episodio narrato.
Ciao,
Loris

posi

unread,
Feb 27, 2023, 9:30:04 PM2/27/23
to
Il 27/02/23 18:00, Loris Dalla Rosa ha scritto:


>
> "Fede" e "fiducia" nel linguaggio comune vengono spesso usati come
> sinonimi, ma anche nelle traduzioni della Bibbia, come in questi due
> passi presi a caso:
> <<Gesù allora disse loro: "Abbiate fede in Dio!">> (Marco 11,22)
> <<Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che
> avverrà come mi è stato annunziato.>> (Atti d. Apostoli, 27,25)
> I teologi storcono il naso e distinguono
> https://www.catt.ch/newsi/fede-e-fiducia-sono-la-stessa-cosa/
> e non solo i teologi
> https://www.fedelipsicoterapia.it/articoli/distinguere-tra-fiducia-e-fede/
>

Dal momento che Dio è effettivamente considerato dal credente come una
persona (tre persone, per l'esattezza), il concetto di "fiducia", con
tutte le sue implicazioni di relazione che questo comporta, è comunque
perfettamente appropriato, sia che si vogliano operare i dovuti
distinguo, sia che i termini vengano usati in maniera indifferente.

E' per la scienza che "fiducia" implica una personificazione del tutto
fuori luogo.

> Io preferisco riservare a "fede" la connotazione religiosa, potendola
> pero' anche chiamarla "fiducia incondizionata", rispetto alla "fiducia",
> che e' condizionata alle aspettative di chi le ripone in qualcuno o
> qualcosa. "Assiomatizzazione" la lascerei ai matematici e ai logici come
> uso esclusivo nell'esercizio del loro lavoro.

Ognuno è libero di usare le parole come gli pare, ci mancherebbe.

Diciamo, però che il termine "fede" usato da me, con una definizione che
ripropone in termini logici moderni la definizione di Paolo "pragmàton
èlenchos u blepomènon" ha forse una connotazione più razionale, rispetto
al termine "fiducia", che indica essenzialmente un *sentimento*.

>
>> a questo punto
>>> non devi escludere di principio lo scienziato materialista dal novero
>>> dei credenti razionali).
>
>>
>> Non ho capito che cosa c'entri il fatto di essere scienziato, visto
>> che stiamo parlando della sua disposizione verso il trascendente,
>> comunque il materialista può avere una fede razionale o cieca, così
>> come il credente.
>>
>
> Perche' penso che proprio nella *figura* dello scienziato si focalizzi
> meglio il contrasto tra sapere scientifico e credenza religiosa.
>

Curioso che una *figura* esplicitamente ispirata a dei convinti credenti
come Galilei e Newton a te evochi un contrasto tra sapere scientifico e
credenza religiosa.

Omega

unread,
Feb 28, 2023, 2:24:04 AM2/28/23
to
Il 27/02/2023 22:22, ppastor...@gmail.com ha scritto:
> Il giorno lunedì 27 febbraio 2023 alle 16:45:04 UTC+1 Omega ha scritto:
>> ...
>>> Sei pregato di leggere più attentamente e di non creare più confusione.
>> Purtroppo è proprio l'attenzione a suggerire le mie osservazioni.
>> Difficile affermare (o peggio dimostrare) che le mie due osservazioni
>> sono dovute a disattenzione. Non è neppure accertato che quei due
>> personaggi siano mai esistiti.
>> Entrare in polemica con me è ancora più inutile che fra voi - che lo
>> siete verosimilmente da millenni.
>> Perciò la mia critica è molto più estesa che a qualche partecipante a
>> icfm che si occupa della questione. Non è quindi il caso di prenderla
>> sul personale, se non, eventualmente, per mostrare che le mie due
>> osservazioni sono false. Coraggio :)
>>
>> Omega
>
> Ribadisco che non hai letto bene i miei messaggi.
>
> Mauro Pastore

Si vede che non erano abbastanza interessanti (o chiari). Ma comunque
sia ho detto abbastanza. Rileggi le mie due osservazioni e meditaci.

Omega

posi

unread,
Feb 28, 2023, 3:54:03 AM2/28/23
to
Il 27/02/23 18:06, Loris Dalla Rosa ha scritto:
Se intendi dire che *affinché tu possa giudicare un paradigma* è
necessario che prima io ti dica quali sono gli altri assiomi che ne
stabiliscano le proprietà essenziali, allora siamo d'accordo.

Se invece credi che un assioma A possa *implicare* un altro assioma B, e
per giunta che B contraddica A, ovvero stai sostenendo che A -> non-A,
allora il problema non è certo dell'assioma, ma di chi sostiene la
validità dell'implicazione.


>> No. Il concetto di validità è legata ad un *teorema*, non un qualsiasi
>> enunciato, e sta ad indicare che la sua dimostrazione rispetta i
>> criteri di derivazione del sistema logico in questione e pertanto è
>> vero se le ipotesi sono vere.
>>
>> Noi invece stiamo parlando anche e soprattutto di *assiomi*, cioè
>> enunciati che non sono dimostrabili e quindi non ha senso disquisire
>> sulla loro *validità*. Gli assiomi semplicemente si assumono per veri.
>>
>
> Si', e' vero, ma e' altrettanto vero che non ha senso disquisire sulla
> loro verita'. Postulare X come esistente non lo fa ipso facto esistere.
> L'esistenza e' ben altra cosa dalla sua assiomatizzazione. Se mi
> bastasse postulare che in tasca ho un milione di euro sarei ricco
> (chissa' se ti ricorda qualcosa...).

Di certo saresti ricco di *immaginazione*, e questo nessuno potrebbe
negarlo.

Il punto è che ci possono essere accezioni sotto le quali un enunciato
è vero e altre sotto le quali è falso. Sostenere che un qualche
enunciato sia vero "in assoluto", sotto "tutte" le accezioni, solo
perché è vero sotto quelle conosci tu, è un atteggiamento ingenuo,
perché io potrei benissimo costruire un accezione ad hoc solo per
smentirti. Lo stesso vale per gli enunciati nei sistemi logici: i
sistemi logici stabiliscono la verità di un enunciato *nel proprio
sistema*, ma le verità assolute sono indecidibili.

>>   Non si da' contemporaneamente la verita' e la
>>> falsita' di una medesima asserzione. Puo' darsi solo
>>> l'*indecidibilita'* rispetto alla loro verita' o falsita'; come nel
>>> nostro caso.
>>>
>>
>> Si tratta sempre di verità *relative*, quindi dipendono dal sistema
>> considerato e dalla semantica.
>>
>> Possiamo dire, tuttavia che la verità *assoluta* di un certo enunciato
>> è indecidibile.
>>
>> E qui finalmente possiamo arrivare a porci la domanda se esistono
>> verità assolute che sono decidibili: io ho dimostrato che non esistono
>> (in quella parte del mio discorso che tu ti ostini a cancellare), ma
>> ho come l'impressione che tu quella dimostrazione non l'abbia neanche
>> letta perché troppo distratto da metafore ed esempi.
>>
>
> Io sono intervenuto a proposito di cio' su cui non sono d'accordo, non
> su quello con cui concordo.
>

Capisco, ma è piuttosto strano essere d'accordo su un discorso
*generale* e dissentire sul *particolare*.

E' come se io dicessi che tutti gli uomini sono mortali e tu non fai una
piega, poi io aggiungessi "per esempio, Socrate è mortale" e non ti sta
più bene.

>>
>> Spero tu ti renda conto che usare la parola *decidibilità* per
>> indicare quello che tu stesso definisci un "riscontro che non è
>> puramente logico" è una mostruosità pazzesca.
>>
>
> Che cosa *decide* se l'ippogrifo esiste o meno? Solo il riscontro
> empirico. Mi sa che alle "mostruosita'" ti devi abituare.

Quindi un animale che non è mai stato visto da nessuno non esiste?

Già mi immagino il Cinnyris infrenatus che l'anno scorso, all'arrivo del
ricercatore, tira un sospiro di sollievo "mi hanno visto, quindi esisto!"

>
>>   e senza il quale tale verita' puo'
>>> solo essere creduta ciecamente.
>>>
>>
>> Per favore, sostituisci quel "ciecamente" con "assiomaticamente",
>> perché la cecità, con quel tipo di atteggiamento, non c'entra niente
>> nemmeno in senso metaforico.
>>
>
> No, come ho gia' detto assiomatizzare l'*esistenza* di X non fa si' che
> X esista.

E' chiaro, ma, analogamente, assiomatizzare l'inesistenza di X solo
perché non la si è mai vista non fa si che X scompaia.

>
>>
>>> *Qualsiasi* relazione tra oggetti e' astratta rispetto agli oggetti,
>>> qualto lo e' la relazione causa-effetto. O pensi p.e. che, se il
>>> Monte Bianco e' piu' alto del Monte Rosa, "piu'alto" sia una
>>> proprieta' intrinseca del Monte Bianco e "meno alto" intrinseca al
>>> Monte Rosa?
>>>
>
>>
>> No, perché io posso prendere il metro e verificare empiricamente la
>> relazione "più alto", mentre lo stesso non posso fare con la relazione
>> di causa effetto. Quindi non puoi metterle sullo stesso piano.
>>
>
> Come no! Fulmine e tuono sono forse eventi metafisici? E il fulmine non
> avviene prima (munisciti di cronometro e fallo partire) del tuono (ferma
> il cronometro e guada quanti secondi sono passati); *regolarmente*
> secondo il verificarsi di altri eventi sottostanti e secondo leggi
> empiriche... ma posi, sei in vena di barzellette?
>

No, stavo solo pensando che siccome ogni mattina *regolarmente*, qualche
minuto prima che sorga il sole, sento il gallo cantare, mi è venuto il
dubbio che sia lui a farlo sorgere. Tu che ne dici?

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 28, 2023, 7:30:03 AM2/28/23
to
posi ha scritto:
La definizione nella Lettera agli ebrei (falsamente attribuita a Paolo),
bravo!, e' quella piu' in tema con la nostra discussione. "πραγμάτων
ἔλεγχος οὐ βλεπομένων", cioe' "prova" di realta' che non si vedono. Qui
"prova" ha un significato forte, di una vera e propria "dimostrazione" ,
naturalmente non in senso logico, ma di certezza assoluta dell'esistenza
di realta' che non si vede. E' curioso che con questa definizione il
nostro contrasto si riduca drasticamente alla presenza o assenza di una
parolina, "οὐ", "non". Se la togliamo abbiamo la "prova" delle realta'
che si vedono, che e' la certezza, mai raggiunta completamente, che
persegue il pensiero scientifico e che e' antitetica alle certezze
assolute della fede. Ovviamente parlo della scienza empirica, le cui
"certezze" si fondano in ultima istanza sul riscontro empirico. Potrai
dirmi che esistono anche scienze puramente teoriche, p.e. la fisica
teorica, che costruisce modelli puramente astratti, ma nessun modello,
per quanto possa essere lontano mille miglia dalla realta' concreta
dell'esperienza, ha un qualche valore se non e' infine applicabile a
tale realta'. Come ben sapeva anche Einstein, la cui teoria della
relativita' poteva essere la fantasia fisico-matematica di un mondo
immaginario, senza il riscontro empirico dell'eclisse del 1919, e i vari
altri esperimenti che in seguito la corroborarono.
E la "cecita'" di cui noi parliamo? E' del sapere scientifico o della
fede? Prendiamo questi passi di Paolo di Tarso:
<<Abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle
che non si vedono; poiche' le cose che si vedono sono per un tempo, ma
quelle che non si vedono sono eterne.>> (L. ai Corinzi, 2, 4:18)
e ancora:
<<Camminiamo per fede e non per visione.>> (Corinzi 2, 5:7)
Quant'e' allora relativo anche il concetto di "cecicita'"!

>>
>>> a questo punto
>>>> non devi escludere di principio lo scienziato materialista dal
>>>> novero dei credenti razionali).
>>
>>>
>>> Non ho capito che cosa c'entri il fatto di essere scienziato, visto
>>> che stiamo parlando della sua disposizione verso il trascendente,
>>> comunque il materialista può avere una fede razionale o cieca, così
>>> come il credente.
>>>
>>
>> Perche' penso che proprio nella *figura* dello scienziato si focalizzi
>> meglio il contrasto tra sapere scientifico e credenza religiosa.
>>

> Curioso che una *figura* esplicitamente ispirata a dei convinti credenti
> come Galilei e Newton a te evochi un contrasto tra sapere scientifico e
> credenza religiosa.

Beh, come ben sappiamo i rapporti di Galilei con la Chiesa non e' che
fossero precisamente idilliaci. Ma io mi riferivo piu' in particolare al
positivismo e al materialismo radicale ottocentesco, in particolare
quello di scienziati tedeschi come p.e. il chimico Justus von Liebig.
Le risposte agli altri tuoi post piu' tardi.

posi

unread,
Feb 28, 2023, 10:51:03 AM2/28/23
to
Il 28/02/23 13:24, Loris Dalla Rosa ha scritto:
Sì, ma permettimi una correzione: il termine "assoluta" è a mio parere
decisamente fuori luogo. Puoi dire "apodittica", o meglio ancora
"assiomatica". Ma non è necessariamente una certezza *assoluta*: è una
certezza che riguarda il sistema che si sta definendo: se vuoi stare
*dentro* quel sistema, devi postulare che quell'enunciato sia vero. E'
dunque una necessità relativa a quel sistema.

Che poi tu riesca o meno a vedere un *fuori*, è un altro discorso. Se ci
riesci, allora parlerai di certezza relativa, altrimenti di certezza
assoluta.

E' curioso che con questa definizione il
> nostro contrasto si riduca drasticamente alla presenza o assenza di una
> parolina, "οὐ", "non". Se la togliamo abbiamo la "prova" delle realta'
> che si vedono, che e' la certezza, mai raggiunta completamente, che
> persegue il pensiero scientifico e che e' antitetica alle certezze
> assolute della fede.

Togliere quel "non", significa perdere di generalità e non parlare più
di un qualsiasi assioma o insieme di assiomi, ma riferirsi un assioma
ben preciso: "ciò che osservo attraverso i sensi, corrisponde al vero".

Se non si ammettono altri assiomi al di fuori di quello, allora ecco che
sorge l'incompatibilità con la fede. Quest'ultima è forse la posizione
tua, ma certamente non quella della scienza.

Ovviamente parlo della scienza empirica, le cui
> "certezze" si fondano in ultima istanza sul riscontro empirico. Potrai
> dirmi che esistono anche scienze puramente teoriche, p.e. la fisica
> teorica, che costruisce modelli puramente astratti, ma nessun modello,
> per quanto possa essere lontano mille miglia dalla realta' concreta
> dell'esperienza, ha un qualche valore se non e' infine applicabile a
> tale realta'.

Beh... quello non te lo dico, perché in effetti la fisica teorica non
esiste: esistono i fisici teorici. Tra scienziati ci si divide un po' il
lavoro, ed è normale che qualcuno si occupi più della teoria e qualcun
altro più dell'esperimento, fermo restando che sono entrambi indispensabili.

Posso invece menzionarti la logica, la matematica, ma soprattutto, visto
il luogo in cui ci troviamo, la filosofia.

Come ben sapeva anche Einstein, la cui teoria della
> relativita' poteva essere la fantasia fisico-matematica di un mondo
> immaginario, senza il riscontro empirico dell'eclisse del 1919, e i vari
> altri esperimenti che in seguito la corroborarono.
> E la "cecita'" di cui noi parliamo? E' del sapere scientifico o della
> fede? Prendiamo questi passi di Paolo di Tarso:
> <<Abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle
> che non si vedono; poiche' le cose che si vedono sono per un tempo, ma
> quelle che non si vedono sono eterne.>> (L. ai Corinzi, 2, 4:18)
> e ancora:
> <<Camminiamo per fede e non per visione.>> (Corinzi 2, 5:7)
> Quant'e' allora relativo anche il concetto di "cecicita'"!

Per quanto possa essere inteso in senso metaforico, il concetto di
"cecità" è inscindibilmente legato al *non* vedere qualcosa che c'è.
Quindi totalmente inappropriato al concetto che vuoi esprimere.

Se vuoi riferiti al vedere ciò che non c'è, puoi parlare semmai di
*allucinazione*.>
>>>
>>>> a questo punto
>>>>> non devi escludere di principio lo scienziato materialista dal
>>>>> novero dei credenti razionali).
>>>
>>>>
>>>> Non ho capito che cosa c'entri il fatto di essere scienziato, visto
>>>> che stiamo parlando della sua disposizione verso il trascendente,
>>>> comunque il materialista può avere una fede razionale o cieca, così
>>>> come il credente.
>>>>
>>>
>>> Perche' penso che proprio nella *figura* dello scienziato si
>>> focalizzi meglio il contrasto tra sapere scientifico e credenza
>>> religiosa.
>>>
>
>> Curioso che una *figura* esplicitamente ispirata a dei convinti
>> credenti come Galilei e Newton a te evochi un contrasto tra sapere
>> scientifico e credenza religiosa.
>
> Beh, come ben sappiamo i rapporti di Galilei con la Chiesa non e' che
> fossero precisamente idilliaci.

Il che è del tutto irrilevante rispetto ai rapporti di Galilei con la fede.

Ma io mi riferivo piu' in particolare al
> positivismo e al materialismo radicale ottocentesco, in particolare
> quello di scienziati tedeschi come p.e. il chimico Justus von Liebig.

Non so se il chimico Justus von Liebig possa considerarsi il più fulgido
esempio di positivismo e materialismo radicale ottocentesco, ma comunque
si tratta correnti di pensiero filosofiche, non scientifiche.

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 28, 2023, 12:54:03 PM2/28/23
to
posi ha scritto:
> Il 27/02/23 18:06, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>> posi ha scritto:
>>> Il 27/02/23 11:34, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>>> posi ha scritto:
>>>>> Il 26/02/23 01:17, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>>>>  >> Mi sembrava che tu volessi in qualche modo correggere la mia
>>>>> formalizzazione ◻︎ ∃ x| ∀ y x ≺ y cambiando qualcosa (non è chiaro
>>>>> cosa) alla luce di non si capisce bene quale "novità" emersa quando
>>>>> ti ho fatto notare che "una" è articolo indeterminativo.
>>>>>

[...]

>> A me sembra che i problemi non siano miei, ma del tuo assioma. A
>> questo punto dovresti caratterizzare questa famosa, o fumosa, causa
>> prima, una o molte che siano, con altri assiomi che ne stabiliscano le
>> proprieta' essenziali. In modo che se ne possa dire qualcosa di piu'
>> chiaro, non credi? I miei assiomi? Quali vuoi che siano, sono quelli
>> della logica classica e in primis il pdnc.

> Se intendi dire che *affinché tu possa giudicare un paradigma* è
> necessario che prima io ti dica quali sono gli altri assiomi che ne
> stabiliscano le proprietà essenziali, allora siamo d'accordo.
>
> Se invece credi che un assioma A possa *implicare* un altro assioma B, e
> per giunta che B contraddica A, ovvero stai sostenendo che A -> non-A,
> allora il problema non è certo dell'assioma, ma di chi sostiene la
> validità dell'implicazione.
>

Non e' un problema mio, che non sostengo questo. Quello che sostengo e'
che il tuo assioma e' insufficiente per esprimere il concetto di nesso
causale, tanto meno quindi il concetto di causa prima. Perche' prima di
tutto deve soddisfare due condizioni cosi' definibili:
1) Sufficienza: l'occorrenza di un evento f e' condizione sufficiente
per l'occorrenza di un evento g se e solo se ogni volta che si verifica
f si verifica anche g.
2)Necessita': l'occorrenza di un evento h e' condizione necessaria per
l'occorrenza di un evento i se e solo se ogni volta che si verifica i si
e' verificato anche h.
Noterai la differenza dei tempi verbali nelle due formulazioni. Questo
e' reso necessario perche' il concetto stesso di evento implica quello
di localizzazione spazio-temporale. Altrimenti il nesso di causa-effetto
non sarebbe distinguibile da quello tra soggetto e una sua proprieta'.
Per esempio: il fatto che io veda un canarino e' sufficiente perche'
veda una varieta' di giallo; che non dice certo un nesso causale tra il
canarino e il colore giallo. Sei in grado di esprimere tutto cio' con un
unico assioma? Io dico di no, hai bisogno di piu' assiomi; per non
parlare della causa *prima*, che comporta altre notevoli complicazioni.

>
>>> No. Il concetto di validità è legata ad un *teorema*, non un
>>> qualsiasi enunciato, e sta ad indicare che la sua dimostrazione
>>> rispetta i criteri di derivazione del sistema logico in questione e
>>> pertanto è vero se le ipotesi sono vere.
>>>
>>> Noi invece stiamo parlando anche e soprattutto di *assiomi*, cioè
>>> enunciati che non sono dimostrabili e quindi non ha senso disquisire
>>> sulla loro *validità*. Gli assiomi semplicemente si assumono per veri.
>>>
>>
>> Si', e' vero, ma e' altrettanto vero che non ha senso disquisire sulla
>> loro verita'. Postulare X come esistente non lo fa ipso facto esistere.
>> L'esistenza e' ben altra cosa dalla sua assiomatizzazione. Se mi
>> bastasse postulare che in tasca ho un milione di euro sarei ricco
>> (chissa' se ti ricorda qualcosa...).
>
> Di certo saresti ricco di *immaginazione*, e questo nessuno potrebbe
> negarlo.
>
> Il punto è che ci possono essere accezioni sotto le quali un enunciato è
> vero e altre sotto le quali è falso. Sostenere che un qualche enunciato
> sia vero "in assoluto", sotto "tutte" le accezioni, solo perché è vero
> sotto quelle conosci tu, è un atteggiamento ingenuo, perché io potrei
> benissimo costruire un accezione ad hoc solo per smentirti. Lo stesso
> vale per gli enunciati nei sistemi logici: i sistemi logici stabiliscono
> la verità di un enunciato *nel proprio sistema*, ma le verità assolute
> sono indecidibili.
>

Fammi pure un esempio, cosi' vediamo di scoprire in che consiste la mia
ingenuita'.

>>>   Non si da' contemporaneamente la verita' e la
>>>> falsita' di una medesima asserzione. Puo' darsi solo
>>>> l'*indecidibilita'* rispetto alla loro verita' o falsita'; come nel
>>>> nostro caso.
>>>>
>>>
>>> Si tratta sempre di verità *relative*, quindi dipendono dal sistema
>>> considerato e dalla semantica.
>>>
>>> Possiamo dire, tuttavia che la verità *assoluta* di un certo
>>> enunciato è indecidibile.
>>>
>>> E qui finalmente possiamo arrivare a porci la domanda se esistono
>>> verità assolute che sono decidibili: io ho dimostrato che non
>>> esistono (in quella parte del mio discorso che tu ti ostini a
>>> cancellare), ma ho come l'impressione che tu quella dimostrazione non
>>> l'abbia neanche letta perché troppo distratto da metafore ed esempi.
>>>
>>
>> Io sono intervenuto a proposito di cio' su cui non sono d'accordo, non
>> su quello con cui concordo.
>>
>
> Capisco, ma è piuttosto strano essere d'accordo su un discorso
> *generale* e dissentire sul *particolare*.
>
> E' come se io dicessi che tutti gli uomini sono mortali e tu non fai una
> piega, poi io aggiungessi "per esempio, Socrate è mortale" e non ti sta
> più bene.
>

Forse abbiamo un concetto diverso di "verita' assolute", il che le
renderebbe verita' assolute relative:-)

>>>
>>> Spero tu ti renda conto che usare la parola *decidibilità* per
>>> indicare quello che tu stesso definisci un "riscontro che non è
>>> puramente logico" è una mostruosità pazzesca.
>>>
>>
>> Che cosa *decide* se l'ippogrifo esiste o meno? Solo il riscontro
>> empirico. Mi sa che alle "mostruosita'" ti devi abituare.

>
> Quindi un animale che non è mai stato visto da nessuno non esiste?
>

Certo che no, ma non puoi per assioma farlo esistere.

> Già mi immagino il Cinnyris infrenatus che l'anno scorso, all'arrivo del
> ricercatore, tira un sospiro di sollievo "mi hanno visto, quindi esisto!"
>

Meno male, io amo gli animali. Perche' non facciamo la stessa cosa con
l'ippogrifo? Ma senza la scocciatura di andarlo a cercare: dichiariamolo
esistente per assioma!

>>>
>>>> *Qualsiasi* relazione tra oggetti e' astratta rispetto agli oggetti,
>>>> qualto lo e' la relazione causa-effetto. O pensi p.e. che, se il
>>>> Monte Bianco e' piu' alto del Monte Rosa, "piu'alto" sia una
>>>> proprieta' intrinseca del Monte Bianco e "meno alto" intrinseca al
>>>> Monte Rosa?
>>>>
>>
>>>
>>> No, perché io posso prendere il metro e verificare empiricamente la
>>> relazione "più alto", mentre lo stesso non posso fare con la
>>> relazione di causa effetto. Quindi non puoi metterle sullo stesso piano.
>>>
>>
>> Come no! Fulmine e tuono sono forse eventi metafisici? E il fulmine
>> non avviene prima (munisciti di cronometro e fallo partire) del tuono
>> (ferma il cronometro e guada quanti secondi sono passati);
>> *regolarmente* secondo il verificarsi di altri eventi sottostanti e
>> secondo leggi empiriche... ma posi, sei in vena di barzellette?

>
> No, stavo solo pensando che siccome ogni mattina *regolarmente*, qualche
> minuto prima che sorga il sole, sento il gallo cantare, mi è venuto il
> dubbio che sia lui a farlo sorgere. Tu che ne dici?

Dico che "post hoc propter hoc" e' una fallacia, e che la domanda e' un
po' ingenua se rivolta a me, che ogni volta che salgo in macchina ho la
pessima abitudine di accendere una sigaretta prima di girare la chiave
di avviamento del motore. Pensa che non mi e' mai venuto il sospetto che
il motore si avviasse a causa del mio vizio del fumo...

Loris Dalla Rosa

unread,
Feb 28, 2023, 3:57:05 PM2/28/23
to
posi ha scritto:
> Il 28/02/23 13:24, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>> posi ha scritto:
>>> Il 27/02/23 18:00, Loris Dalla Rosa ha scritto:

[...]

>> La definizione nella Lettera agli ebrei (falsamente attribuita a
>> Paolo), bravo!, e' quella piu' in tema con la nostra discussione.
>> "πραγμάτων ἔλεγχος οὐ βλεπομένων", cioe' "prova" di realta' che non si
>> vedono. Qui "prova" ha un significato forte, di una vera e propria
>> "dimostrazione" , naturalmente non in senso logico, ma di certezza
>> assoluta dell'esistenza di realta' che non si vede.

> Sì, ma permettimi una correzione: il termine "assoluta" è a mio parere
> decisamente fuori luogo. Puoi dire "apodittica", o meglio ancora
> "assiomatica".

Io uso "incondizionata", ma non formalizziamoci sulle parole.

>Ma non è necessariamente una certezza *assoluta*: è una
> certezza che riguarda il sistema che si sta definendo: se vuoi stare
> *dentro* quel sistema, devi postulare che quell'enunciato sia vero. E'
> dunque una necessità relativa a quel sistema.
>

Ma questo non verrebbe a dire una cosa del genere?: se vuoi stare
*dentro* la chiesa (la cerchia dei credenti) devi credere? Non so se e'
chiaro; sembra cioe' che la "chiesa" dei credenti esista prima che
esistano i credenti, quando invece prima c'e' la fede dei credenti, che
poi costruiscono la "chiesa" con le regole per chi puo' e chi non puo'
entraci. Insomma, la fede in un'entita' metafisica viene *logicamente*
prima della sua assiomatizzazione.

> Che poi tu riesca o meno a vedere un *fuori*, è un altro discorso. Se ci
> riesci, allora parlerai di certezza relativa, altrimenti di certezza
> assoluta.
>

Io penso che siamo ambedue "all'aperto", tu con la fede e io senza.
Ma in sintesi le posizioni sono logicamente tre e non due. Ci sono due
posizioni, due "assiomi" come a te piace chiamarle, ambedue metafisiche,
che si contraddicono e si beccano in continuazione tra di loro come le
tortore di Konrad Lorenz. Per ambedue le loro sono verita' assolute,
rinchiuse all'"interno" del loro assioma. Infine c'e' la posizione di
chi rimane "all'aperto", considerando che la verita' e' solo quella
dell'indecidibilita' irrisolvibile di certe questioni metafisiche,
perche' dovuta ai limiti della ragione, e che percio' non e' tanto
questione di "dentro" e "fuori" da questa o quella "chiesa", quanto
piuttosto di un "sopra" e "sotto" i limiti della ragione; e che allora
e' meglio occuparsi di problemi che presumibilmente abbiano una
soluzione. Di solito questa viene definita la posizione dell'agnostico;
il quale pero', pur facendo parte in pratica dell'ampia famiglia degli
atei, non e' detto che non si diletti anche di questioni metafisiche:-).

>  E' curioso che con questa definizione il
>> nostro contrasto si riduca drasticamente alla presenza o assenza di
>> una parolina, "οὐ", "non". Se la togliamo abbiamo la "prova" delle
>> realta' che si vedono, che e' la certezza, mai raggiunta
>> completamente, che persegue il pensiero scientifico e che e'
>> antitetica alle certezze assolute della fede.
>
> Togliere quel "non", significa perdere di generalità e non parlare più
> di un qualsiasi assioma o insieme di assiomi, ma riferirsi un assioma
> ben preciso: "ciò che osservo attraverso i sensi, corrisponde al vero".

Questo "assioma" asserisce che ogni conoscenza inizia dall'esperienza, e
non dice che questa e' una verita' assoluta, ma che e' il comunciamento,
l'inizio della *via* della ricerca della verita'. Quanto alla verita' di
cio' che si intuisce immediatamente attraverso i sensi, neanche il piu'
rigoroso dei sensisti sostiene che quella e' la verita'. Se un bastone
dritto immerso nell'acqua appare spezzato (esempio che risale agli
stoici, se non ricordo male) in realta' e' dritto o spezzato, visto che
sia l'un caso che l'altro derivano da osservazione diretta? Ecco che le
leggi di rifrazione della luce risolve il problema; ma la legge e'
astratta, non e' mica visibile.

> Se non si ammettono altri assiomi al di fuori di quello, allora ecco che
> sorge l'incompatibilità con la fede. Quest'ultima è forse la posizione
> tua, ma certamente non quella della scienza.
>

Quello che non va confuso, detto in soldoni, e' l'astratto (che e'
prodotto dell'attivita' dell'intelletto) col metafisico, inteso
quest'ultimo come realta' ontologica separata dall'intelletto.

> Ovviamente parlo della scienza empirica, le cui
>> "certezze" si fondano in ultima istanza sul riscontro empirico. Potrai
>> dirmi che esistono anche scienze puramente teoriche, p.e. la fisica
>> teorica, che costruisce modelli puramente astratti, ma nessun modello,
>> per quanto possa essere lontano mille miglia dalla realta' concreta
>> dell'esperienza, ha un qualche valore se non e' infine applicabile a
>> tale realta'.
>
> Beh... quello non te lo dico, perché in effetti la fisica teorica non
> esiste: esistono i fisici teorici. Tra scienziati ci si divide un po' il
> lavoro, ed è normale che qualcuno si occupi più della teoria e qualcun
> altro più dell'esperimento, fermo restando che sono entrambi
> indispensabili.
>
> Posso invece menzionarti la logica, la matematica, ma soprattutto, visto
> il luogo in cui ci troviamo, la filosofia.
>

Certamente, tutte attivita' che trattano concetti, che sono astratti; ma
non e' che la filosofia sia un'entita' metafisica.

> Come ben sapeva anche Einstein, la cui teoria della
>> relativita' poteva essere la fantasia fisico-matematica di un mondo
>> immaginario, senza il riscontro empirico dell'eclisse del 1919, e i
>> vari altri esperimenti che in seguito la corroborarono.
>> E la "cecita'" di cui noi parliamo? E' del sapere scientifico o della
>> fede? Prendiamo questi passi di Paolo di Tarso:
>> <<Abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle
>> che non si vedono; poiche' le cose che si vedono sono per un tempo, ma
>> quelle che non si vedono sono eterne.>> (L. ai Corinzi, 2, 4:18)
>> e ancora:
>> <<Camminiamo per fede e non per visione.>> (Corinzi 2, 5:7)
>> Quant'e' allora relativo anche il concetto di "cecicita'"!
>
> Per quanto possa essere inteso in senso metaforico, il concetto di
> "cecità" è inscindibilmente legato al *non* vedere qualcosa che c'è.
> Quindi totalmente inappropriato al concetto che vuoi esprimere.
>

E' legato anche al vedere qualcosa che non si vede, secondo San Paolo.
Questo in effetti e' un mistero della fede.

> Se vuoi riferiti al vedere ciò che non c'è, puoi parlare semmai di
> *allucinazione*.>

Vuoi forse dire che Paolo, con quel suo bel ossimoro dello sguardo
intento alle cose che non si vedono, era un allucinato? Posso essere
d'accordo:-).

posi

unread,
Feb 28, 2023, 5:06:03 PM2/28/23
to
Il 28/02/23 18:20, Loris Dalla Rosa ha scritto:
Sarebbe meglio che la finissi di chiamarlo il "mio" assioma, perché
l'unico assioma che io, in questo contesto, sto assumendo è il pdnc.

L'assioma dell'esistenza di una causa prima è semplicemente uno degli
infiniti assiomi che si possono assumere o negare o semplicemente ignorare.

Ovviamente, prima di contestarlo, bisognerebbe confrontarlo con gli
altri assiomi che si intende utilizzare.

Si potrebbe pensare che prima ancora di confrontarlo con gli altri
assiomi bisognerebbe dare/capirne una definizione rigorosa e impeccabile
dei concetti usati. Ma in realtà questo non è così essenziale. Quindi è
lecito dire "esiste una causa prima" anche se non abbiamo chiarito bene
cosa sia una "causa", così come possiamo dire "per un punto passano
infinite rette" anche senza aver dato una definizione precisa di punto e
di retta.

e' insufficiente per esprimere il concetto di nesso
> causale, tanto meno quindi il concetto di causa prima. Perche' prima di
> tutto deve soddisfare due condizioni cosi' definibili:
> 1) Sufficienza: l'occorrenza di un evento f e' condizione sufficiente
> per l'occorrenza di un evento g se e solo se ogni volta che si verifica
> f si verifica anche g.

Il concetto di causa ha poco o niente a che vedere con quello di
sufficienza.

Per esempio, noi siamo costantemente circondati da virus e batteri di
ogni genere, ma solo in una piccola percentuale di casi ci ammaliamo.

Ciò nonostante, si assume comunemente che le malattie infettive siano
*causate* da germi e batteri.

> 2)Necessita': l'occorrenza di un evento h e' condizione necessaria per
> l'occorrenza di un evento i se e solo se ogni volta che si verifica i si
> e' verificato anche h.

Il concetto di causa c'entra poco anche con quello di necessità: è
comunemente accettata l'idea che più cause diverse possano produrre uno
stesso effetto.

Quindi, se mi fa male la mano, può essere la conseguenza di una frattura
o forse di una ferita, o oppure entrambe le cose, o forse nessuna delle due.

> Noterai la differenza dei tempi verbali nelle due formulazioni.

Certo che l'ho notato: hai tentato di dare un senso logico al nesso di
causa-effetto inquadrandolo sotto la forma di una doppia implicazione e
aggiungendo un pizzico di precedenza temporale. Peccato che la cosa non
funzioni.
"Io sono ricco" potrebbe essere falsa se si intende ricchezza in denaro
ma vera se si intende in immaginazione. Allo stesso modo "la neve è
bianca" può essere vera se per "bianca" intendiamo "color neve", ma
falsa se intendiamo "democristiana".

Questo riguarda le definizioni delle parole, che sono del tutto
convenzionali: chi parla stabilisce il senso in cui vuole usare una
parola, tra quelli esistenti, ed eventualmente anche inventarne uno lui.

Se invece vogliamo entrare più in tema col nostro discorso e fissare le
definizioni ma considerare diversi possibili paradigmi, la verità della
frase "vendere cannabis è illegale" dipende dal paese che stai
considerando: pretendere di dare a questa verità un valore assoluto non
ha senso.

>
>>>>   Non si da' contemporaneamente la verita' e la
>>>>> falsita' di una medesima asserzione. Puo' darsi solo
>>>>> l'*indecidibilita'* rispetto alla loro verita' o falsita'; come nel
>>>>> nostro caso.
>>>>>
>>>>
>>>> Si tratta sempre di verità *relative*, quindi dipendono dal sistema
>>>> considerato e dalla semantica.
>>>>
>>>> Possiamo dire, tuttavia che la verità *assoluta* di un certo
>>>> enunciato è indecidibile.
>>>>
>>>> E qui finalmente possiamo arrivare a porci la domanda se esistono
>>>> verità assolute che sono decidibili: io ho dimostrato che non
>>>> esistono (in quella parte del mio discorso che tu ti ostini a
>>>> cancellare), ma ho come l'impressione che tu quella dimostrazione
>>>> non l'abbia neanche letta perché troppo distratto da metafore ed
>>>> esempi.
>>>>
>>>
>>> Io sono intervenuto a proposito di cio' su cui non sono d'accordo,
>>> non su quello con cui concordo.
>>>
>>
>> Capisco, ma è piuttosto strano essere d'accordo su un discorso
>> *generale* e dissentire sul *particolare*.
>>
>> E' come se io dicessi che tutti gli uomini sono mortali e tu non fai
>> una piega, poi io aggiungessi "per esempio, Socrate è mortale" e non
>> ti sta più bene.
>>
>
> Forse abbiamo un concetto diverso di "verita' assolute", il che le
> renderebbe verita' assolute relative:-)

No, il concetto di verità assoluta che abbiamo è lo stesso.

Solo che io dico che le verità assolute, quando esistono, sono indecidibili.

Tu invece pensi di conoscerle.

>
>>>>
>>>> Spero tu ti renda conto che usare la parola *decidibilità* per
>>>> indicare quello che tu stesso definisci un "riscontro che non è
>>>> puramente logico" è una mostruosità pazzesca.
>>>>
>>>
>>> Che cosa *decide* se l'ippogrifo esiste o meno? Solo il riscontro
>>> empirico. Mi sa che alle "mostruosita'" ti devi abituare.
>
>>
>> Quindi un animale che non è mai stato visto da nessuno non esiste?
>>
>
> Certo che no, ma non puoi per assioma farlo esistere.

E allo stesso modo non puoi per assioma farlo scomparire.

>
>> Già mi immagino il Cinnyris infrenatus che l'anno scorso, all'arrivo
>> del ricercatore, tira un sospiro di sollievo "mi hanno visto, quindi
>> esisto!"
>>
>
> Meno male, io amo gli animali. Perche' non facciamo la stessa cosa con
> l'ippogrifo? Ma senza la scocciatura di andarlo a cercare: dichiariamolo
> esistente per assioma!
>

Se la sua esistenza è necessaria all'interno di un qualche paradigma che
a sua volta ha una qualche utilità, o che comunque si ritiene di voler
accettare, non esito a "dichiararlo esistente". Questo modo di procedere
è molto comune nella scienza.

L'esistenza dei buchi neri, per esempio, non era più messa in dubbio da
nessuno, quando sono stati osservati. In quanto previsti dalla teoria
della relatività.

Tu sei liberissimo di credere sempre e solo a ciò che vedi, ma:
- non attribuire alla scienza questo atteggiamento.
- non tirare fuori concetti privi di un riscontro empirico, come
l'infinità del tempo (a meno che tu o qualche tuo conoscente non abbia
avuto esperienza di un tempo infinito) o come appunto quello di causa,
(almeno finché non riesci nei tuoi tentativi, finora falliti, di darne
un'interpretazione empirica).

>>>>
>>>>> *Qualsiasi* relazione tra oggetti e' astratta rispetto agli
>>>>> oggetti, qualto lo e' la relazione causa-effetto. O pensi p.e. che,
>>>>> se il Monte Bianco e' piu' alto del Monte Rosa, "piu'alto" sia una
>>>>> proprieta' intrinseca del Monte Bianco e "meno alto" intrinseca al
>>>>> Monte Rosa?
>>>>>
>>>
>>>>
>>>> No, perché io posso prendere il metro e verificare empiricamente la
>>>> relazione "più alto", mentre lo stesso non posso fare con la
>>>> relazione di causa effetto. Quindi non puoi metterle sullo stesso
>>>> piano.
>>>>
>>>
>>> Come no! Fulmine e tuono sono forse eventi metafisici? E il fulmine
>>> non avviene prima (munisciti di cronometro e fallo partire) del tuono
>>> (ferma il cronometro e guada quanti secondi sono passati);
>>> *regolarmente* secondo il verificarsi di altri eventi sottostanti e
>>> secondo leggi empiriche... ma posi, sei in vena di barzellette?
>
>>
>> No, stavo solo pensando che siccome ogni mattina *regolarmente*,
>> qualche minuto prima che sorga il sole, sento il gallo cantare, mi è
>> venuto il dubbio che sia lui a farlo sorgere. Tu che ne dici?
>
> Dico che "post hoc propter hoc" e' una fallacia, e che la domanda e' un
> po' ingenua se rivolta a me, che ogni volta che salgo in macchina ho la
> pessima abitudine di accendere una sigaretta prima di girare la chiave
> di avviamento del motore. Pensa che non mi e' mai venuto il sospetto che
> il motore si avviasse a causa del mio vizio del fumo...

La notizia mi consola: la facilità con cui attribuivi un valore empirico
alla causalità solo per aver osservato una regolarità nella precedenza
temporale, mi aveva fatto venire quel dubbio.

posi

unread,
Feb 28, 2023, 6:09:03 PM2/28/23
to
Il 28/02/23 21:55, Loris Dalla Rosa ha scritto:
> posi ha scritto:
>> Il 28/02/23 13:24, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>> posi ha scritto:
>>>> Il 27/02/23 18:00, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>
> [...]
>
>>> La definizione nella Lettera agli ebrei (falsamente attribuita a
>>> Paolo), bravo!, e' quella piu' in tema con la nostra discussione.
>>> "πραγμάτων ἔλεγχος οὐ βλεπομένων", cioe' "prova" di realta' che non
>>> si vedono. Qui "prova" ha un significato forte, di una vera e propria
>>> "dimostrazione" , naturalmente non in senso logico, ma di certezza
>>> assoluta dell'esistenza di realta' che non si vede.
>
>> Sì, ma permettimi una correzione: il termine "assoluta" è a mio parere
>> decisamente fuori luogo. Puoi dire "apodittica", o meglio ancora
>> "assiomatica".
>
> Io uso "incondizionata", ma non formalizziamoci sulle parole.
>

Va benissimo "incondizionata".

Mentre "assoluta" si oppone a "relativa".

>> Ma non è necessariamente una certezza *assoluta*: è una certezza che
>> riguarda il sistema che si sta definendo: se vuoi stare *dentro* quel
>> sistema, devi postulare che quell'enunciato sia vero. E' dunque una
>> necessità relativa a quel sistema.
>>
>
> Ma questo non verrebbe a dire una cosa del genere?: se vuoi stare
> *dentro* la chiesa (la cerchia dei credenti) devi credere? Non so se e'
> chiaro; sembra cioe' che la "chiesa" dei credenti esista prima che
> esistano i credenti, quando invece prima c'e' la fede dei credenti, che
> poi costruiscono la "chiesa" con le regole per chi puo' e chi non puo'
> entraci. Insomma, la fede in un'entita' metafisica viene *logicamente*
> prima della sua assiomatizzazione.

Sai per quante migliaia di anni la gente ha usato il teorema di Pitagora
prima che Euclide ne definisse esplicitamente gli assiomi su cui si basa?

E sai quanti assiomi Euclide ha dimenticato di menzionare esplicitamente
in quanto tali nel suo trattato, ma di fatto, senza accorgersene, li usava?

La realtà è che definire con precisione un paradigma, chiarendo che cosa
può essere dimostrato (cioè derivato da qualcos'altro) e che cosa non
può essere dimostrato, non è affatto semplice.

Imparare ad usare la logica significa che prima di dire "ma questo è
*ovvio*!" ci si ferma un attimo a ragionare e capire se può essere
dimostrato o è un assioma.

>
>> Che poi tu riesca o meno a vedere un *fuori*, è un altro discorso. Se
>> ci riesci, allora parlerai di certezza relativa, altrimenti di
>> certezza assoluta.
>>
>
> Io penso che siamo ambedue "all'aperto", tu con la fede e io senza.
> Ma in sintesi le posizioni sono logicamente tre e non due. Ci sono due
> posizioni, due "assiomi" come a te piace chiamarle, ambedue metafisiche,
> che si contraddicono e si beccano in continuazione tra di loro come le
> tortore di Konrad Lorenz.

Esatto: si può avere un assioma, si può avere la sua negazione, e si può
non averlo affatto. Le possibilità sono tre.

Ma, come spiegavo nell'altro thread, le tortore si beccano solo se
pretendono di stare nello stesso paradigma. Utilizzare assioma non
significa necessariamente attaccarci con la colla a quel paradigma. Se
due paradigmi sono incompatibili tra loro, si può benissimo metterne da
parte uno ed utilizzarne temporaneamente un altro. Un assioma fa parte
di un paradigma, una *persona* nel suo complesso no.

Per ambedue le loro sono verita' assolute,
> rinchiuse all'"interno" del loro assioma.

Se sono all'interno di un sistema, allora sono relative.

Infine c'e' la posizione di
> chi rimane "all'aperto", considerando che la verita' e' solo quella
> dell'indecidibilita' irrisolvibile di certe questioni metafisiche,
> perche' dovuta ai limiti della ragione, e che percio' non e' tanto
> questione di "dentro" e "fuori" da questa o quella "chiesa", quanto
> piuttosto di un "sopra" e "sotto" i limiti della ragione; e che allora
> e' meglio occuparsi di problemi che presumibilmente abbiano una
> soluzione. Di solito questa viene definita la posizione dell'agnostico;

E' la posizione in cui mi sono messo io nell'impostare il thread
"certezza e relativismo". Io lo chiamo "agnosticismo metodologico" per
distinguerlo da quello che menzioni sotto.

E' una sorta di lingua franca che permette il dialogo tra persone di
fedi diverse, purché razionali e non cieche.

Un agnosticismo perfetto e totale in cui non si assume niente di niente
sarebbe, da un lato, il massimo della tolleranza e dell'apertura
mentale, dall'altro estremamente limitato come possibilità di ragionamento.

Di fatto, almeno il pdnc o un qualche suo surrogato occorre assumerlo
anche solo per iniziare un discorso.

A questo va poi aggiunta una qualche forma sia pur limitata di realismo
("ciò che posso vedere esiste"), se non ci si vuole fossilizzare su un
dubbio cosmico.

Se poi aspiriamo anche a fare 2+2 servono anche tutti i numerosi assiomi
della matematica.

Se a questo aggiungiamo anche gli assiomi della scienza si riesce già ad
ottenere un bel paradigma che è abbastanza potente pur rimanendo anche
al tempo stesso ancora abbastanza universale.

Però c'è chi sente l'esigenza di avere una risposta anche domande sul
*perché* delle cose, e nessuno dei paradigmi sopra menzionati riesce
allo scopo. Si noti che anche risposte come "non c'è un perché" o "il
perché è in loro stesse", sarebbero pur sempre risposte, ma servono
comunque ulteriori assiomi.

> il quale pero', pur facendo parte in pratica dell'ampia famiglia degli
> atei, non e' detto che non si diletti anche di questioni metafisiche:-).
>

Detto fra noi, secondo me gran parte di coloro che si definiscono
agnostici, in realtà sono degli atei che non vogliono ammettere a loro
stessi di avere una fede e allora si auto-convincono di aver sospeso il
giudizio anche se una profonda convinzione al riguardo ce l'hanno.

Tu invece hai risolto il problema in un altro modo: hai deciso di non
chiamarla "fede" ma "fiducia" sei contento così.

>>   E' curioso che con questa definizione il
>>> nostro contrasto si riduca drasticamente alla presenza o assenza di
>>> una parolina, "οὐ", "non". Se la togliamo abbiamo la "prova" delle
>>> realta' che si vedono, che e' la certezza, mai raggiunta
>>> completamente, che persegue il pensiero scientifico e che e'
>>> antitetica alle certezze assolute della fede.
>>
>> Togliere quel "non", significa perdere di generalità e non parlare più
>> di un qualsiasi assioma o insieme di assiomi, ma riferirsi un assioma
>> ben preciso: "ciò che osservo attraverso i sensi, corrisponde al vero".
>
> Questo "assioma" asserisce che ogni conoscenza inizia dall'esperienza, e
> non dice che questa e' una verita' assoluta, ma che e' il comunciamento,
> l'inizio della *via* della ricerca della verita'. Quanto alla verita' di
> cio' che si intuisce immediatamente attraverso i sensi, neanche il piu'
> rigoroso dei sensisti sostiene che quella e' la verita'. Se un bastone
> dritto immerso nell'acqua appare spezzato (esempio che risale agli
> stoici, se non ricordo male) in realta' e' dritto o spezzato, visto che
> sia l'un caso che l'altro derivano da osservazione diretta? Ecco che le
> leggi di rifrazione della luce risolve il problema; ma la legge e'
> astratta, non e' mica visibile.

Un criterio comunemente usato per attenuare il problema delle illusioni
sensoriali è usare i sensi congiuntamente al pdnc: se una cosa mi appare
agli occhi ma non al tatto, oppure la vedo da una angolazione ma
scompare se la guardo da un'altra, oppure appare o scompare da
un'istante all'altro, allora è un'illusione.

Tuttavia, come tu stesso ha notato, l'unico modo per risolvere veramente
il problema è ricorre alle leggi della scienza, che vuol dire introdurre
molti altri assiomi.

>
>> Se non si ammettono altri assiomi al di fuori di quello, allora ecco
>> che sorge l'incompatibilità con la fede. Quest'ultima è forse la
>> posizione tua, ma certamente non quella della scienza.
>>
>
> Quello che non va confuso, detto in soldoni, e' l'astratto (che e'
> prodotto dell'attivita' dell'intelletto) col metafisico, inteso
> quest'ultimo come realta' ontologica separata dall'intelletto.
>

Allora non confondiamolo.

Io sto dicendo che il metafisico è *indecidibile* con i paradigmi empirici.


>> Ovviamente parlo della scienza empirica, le cui
>>> "certezze" si fondano in ultima istanza sul riscontro empirico.
>>> Potrai dirmi che esistono anche scienze puramente teoriche, p.e. la
>>> fisica teorica, che costruisce modelli puramente astratti, ma nessun
>>> modello, per quanto possa essere lontano mille miglia dalla realta'
>>> concreta dell'esperienza, ha un qualche valore se non e' infine
>>> applicabile a tale realta'.
>>
>> Beh... quello non te lo dico, perché in effetti la fisica teorica non
>> esiste: esistono i fisici teorici. Tra scienziati ci si divide un po'
>> il lavoro, ed è normale che qualcuno si occupi più della teoria e
>> qualcun altro più dell'esperimento, fermo restando che sono entrambi
>> indispensabili.
>>
>> Posso invece menzionarti la logica, la matematica, ma soprattutto,
>> visto il luogo in cui ci troviamo, la filosofia.
>>
>
> Certamente, tutte attivita' che trattano concetti, che sono astratti; ma
> non e' che la filosofia sia un'entita' metafisica.
>

Ovviamente no. Però la filosofia tratta *anche* di metafisica.

>> Come ben sapeva anche Einstein, la cui teoria della
>>> relativita' poteva essere la fantasia fisico-matematica di un mondo
>>> immaginario, senza il riscontro empirico dell'eclisse del 1919, e i
>>> vari altri esperimenti che in seguito la corroborarono.
>>> E la "cecita'" di cui noi parliamo? E' del sapere scientifico o della
>>> fede? Prendiamo questi passi di Paolo di Tarso:
>>> <<Abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle
>>> che non si vedono; poiche' le cose che si vedono sono per un tempo,
>>> ma quelle che non si vedono sono eterne.>> (L. ai Corinzi, 2, 4:18)
>>> e ancora:
>>> <<Camminiamo per fede e non per visione.>> (Corinzi 2, 5:7)
>>> Quant'e' allora relativo anche il concetto di "cecicita'"!
>>
>> Per quanto possa essere inteso in senso metaforico, il concetto di
>> "cecità" è inscindibilmente legato al *non* vedere qualcosa che c'è.
>> Quindi totalmente inappropriato al concetto che vuoi esprimere.
>>
>
> E' legato anche al vedere qualcosa che non si vede, secondo San Paolo.

No. Né San Paolo né nessun altro chiama *cecità* il vedere qualcosa che
non c'è. L'unico sei tu, e lo fai solo per coerenza con la tua
assunzione che la fede sia per sua natura "cieca".

> Questo in effetti e' un mistero della fede.
>
>> Se vuoi riferiti al vedere ciò che non c'è, puoi parlare semmai di
>> *allucinazione*.>
>
> Vuoi forse dire che Paolo, con quel suo bel ossimoro dello sguardo
> intento alle cose che non si vedono, era un allucinato? Posso essere
> d'accordo:-).

Voglio dire che, se proprio vuoi scambiarsi insulti con un credente, tu
puoi chiamare lui "allucinato" e lui chiamerà te "cieco".

Loris Dalla Rosa

unread,
Mar 1, 2023, 9:09:04 AM3/1/23
to
posi ha scritto:
> Il 28/02/23 18:20, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>> posi ha scritto:
>>> Il 27/02/23 18:06, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>>> posi ha scritto:
>>>>> Il 27/02/23 11:34, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>>>>> posi ha scritto:
>>>>>>> Il 26/02/23 01:17, Loris Dalla Rosa ha scritto:

>>> Se intendi dire che *affinché tu possa giudicare un paradigma* è
>>> necessario che prima io ti dica quali sono gli altri assiomi che ne
>>> stabiliscano le proprietà essenziali, allora siamo d'accordo.
>>>
>>> Se invece credi che un assioma A possa *implicare* un altro assioma
>>> B, e per giunta che B contraddica A, ovvero stai sostenendo che A ->
>>> non-A, allora il problema non è certo dell'assioma, ma di chi
>>> sostiene la validità dell'implicazione.
>>>

>> Non e' un problema mio, che non sostengo questo. Quello che sostengo
>> e' che il tuo assioma

>
> Sarebbe meglio che la finissi di chiamarlo il "mio" assioma, perché
> l'unico assioma che io, in questo contesto, sto assumendo è il pdnc.

Ohibo'! questa non l'ho mica scritta io
◻︎ ∃ x| ∀ y x ≺ y
e con tutta la buona volonta' non riesco a vederla come una
formalizzazione del pdnc.

> L'assioma dell'esistenza di una causa prima è semplicemente uno degli
> infiniti assiomi che si possono assumere o negare o semplicemente ignorare.
>
> Ovviamente, prima di contestarlo, bisognerebbe confrontarlo con gli
> altri assiomi che si intende utilizzare.
>
> Si potrebbe pensare che prima ancora di confrontarlo con gli altri
> assiomi bisognerebbe dare/capirne una definizione rigorosa e impeccabile
> dei concetti usati. Ma in realtà questo non è così essenziale. Quindi è
> lecito dire "esiste una causa prima" anche se non abbiamo chiarito bene
> cosa sia una "causa", così come possiamo dire "per un punto passano
> infinite rette" anche senza aver dato una definizione precisa di punto e
> di retta.
>

Non e' la stessa cosa, punto e retta sono nozioni intuitive, non
definibili, mentre il concetto di causa-effetto e' complesso perche'
relazionale e necessita del chiarimento della natura specifica di tale
relazione. Non la li puo' assumere acriticamente.

> e' insufficiente per esprimere il concetto di nesso
>> causale, tanto meno quindi il concetto di causa prima. Perche' prima
>> di tutto deve soddisfare due condizioni cosi' definibili:
>> 1) Sufficienza: l'occorrenza di un evento f e' condizione sufficiente
>> per l'occorrenza di un evento g se e solo se ogni volta che si
>> verifica f si verifica anche g.
>
> Il concetto di causa ha poco o niente a che vedere con quello di
> sufficienza.
>
> Per esempio, noi siamo costantemente circondati da virus e batteri di
> ogni genere, ma solo in una piccola percentuale di casi ci ammaliamo.
>
> Ciò nonostante, si assume comunemente che le malattie infettive siano
> *causate* da germi e batteri.
>

Infatti la presenza dei rinuvirus e' condizione *necessaria* perche' ti
prenda il raffreddore, ma non e' sufficiente.

>> 2)Necessita': l'occorrenza di un evento h e' condizione necessaria per
>> l'occorrenza di un evento i se e solo se ogni volta che si verifica i
>> si e' verificato anche h.

> Il concetto di causa c'entra poco anche con quello di necessità: è
> comunemente accettata l'idea che più cause diverse possano produrre uno
> stesso effetto.
>
> Quindi, se mi fa male la mano, può essere la conseguenza di una frattura
> o forse di una ferita, o oppure entrambe le cose, o forse nessuna delle
> due.

Il che significa che sia la frattura, sia la ferita, sia altro, sono
tutte cause sufficienti del dolore alla mano.
Riepilogando: contesti la condizione di sufficienza con un esempio di
condizione necessaria, e contesti la condizione di necessita' con un
esempio di condizioni sufficienti. Il tuo argomento e' fallace, non credi?

>> Noterai la differenza dei tempi verbali nelle due formulazioni.
>
> Certo che l'ho notato: hai tentato di dare un senso logico al nesso di
> causa-effetto inquadrandolo sotto la forma di una doppia implicazione e
> aggiungendo un pizzico di precedenza temporale. Peccato che la cosa non
> funzioni.

Peccato che tu non abbia un argomento logico valido da opporre.
Ma io non ho mai pensato che quella asserzione dica una verita'
assoluta. Neppure con l'aggiunta "vendere cannabis è illegale in alcuni
paesi" la considero verita' assoluta, ma una verita' che gia' di per se'
dice di essere relativa.
Non e' esatto, penso che se non vi e' un criterio di verita' per
accertare la verita' di una e la falsita' della sua contraddittoria,
allora non esiste ne' la verita' ne' la falsita' dell'una o dell'altra,
perche' e' la contraddizione a non esistere. Ma questa proposizione, "la
contraddizione non esiste" non e' forse una verita' assoluta? Cosi'
salterebbe fuori Carlo Pierini ad obiettare (chissa' che fine ha fatto
Carlo?). No, non e' una verita' assoluta, perche' che la contraddizione
non esista e' richiesto dal nostro modo di concepire il mondo; la
questione, cioe', non e' ontologica, ma epistemica, relativa alle nostre
facolta' cognitive che ci permettono di vedere un ordine laddove,
altrimenti, ci sarebbe solamente il caos.

>>
>>>>>
>>>>> Spero tu ti renda conto che usare la parola *decidibilità* per
>>>>> indicare quello che tu stesso definisci un "riscontro che non è
>>>>> puramente logico" è una mostruosità pazzesca.
>>>>>
>>>>
>>>> Che cosa *decide* se l'ippogrifo esiste o meno? Solo il riscontro
>>>> empirico. Mi sa che alle "mostruosita'" ti devi abituare.
>>
>>>
>>> Quindi un animale che non è mai stato visto da nessuno non esiste?
>>>
>>
>> Certo che no, ma non puoi per assioma farlo esistere.
>
> E allo stesso modo non puoi per assioma farlo scomparire.
>
>>
>>> Già mi immagino il Cinnyris infrenatus che l'anno scorso, all'arrivo
>>> del ricercatore, tira un sospiro di sollievo "mi hanno visto, quindi
>>> esisto!"
>>>
>>
>> Meno male, io amo gli animali. Perche' non facciamo la stessa cosa con
>> l'ippogrifo? Ma senza la scocciatura di andarlo a cercare:
>> dichiariamolo esistente per assioma!
>>
>
> Se la sua esistenza è necessaria all'interno di un qualche paradigma che
> a sua volta ha una qualche utilità, o che comunque si ritiene di voler
> accettare, non esito a "dichiararlo esistente". Questo modo di procedere
> è molto comune nella scienza.
>
> L'esistenza dei buchi neri, per esempio, non era più messa in dubbio da
> nessuno, quando sono stati osservati. In quanto previsti dalla teoria
> della relatività.
>

Ma non e' piu' messa in dubbio perche' prevista dalla teoria di Einstein
o perche' sono stati osservati?

> Tu sei liberissimo di credere sempre e solo a ciò che vedi, ma:
> - non attribuire alla scienza questo atteggiamento.
> - non tirare fuori concetti privi di un riscontro empirico, come
> l'infinità del tempo (a meno che tu o qualche tuo conoscente non abbia
> avuto esperienza di un tempo infinito) o come appunto quello di causa,
> (almeno finché non riesci nei tuoi tentativi, finora falliti, di darne
> un'interpretazione empirica).
>

Come puoi dire che l'intuizione del tempo necessiterebbe di un riscontro
empirico, se ogni riscontro empirico implica la condizione del tempo?
*Ogni* evento necessita dell'intuizione del tempo perche' sia possibile
che accada; come puo' allora un'esperienza empirica qualunque essere un
evento se non accade *nel* tempo?
[...]

>>>
>>> No, stavo solo pensando che siccome ogni mattina *regolarmente*,
>>> qualche minuto prima che sorga il sole, sento il gallo cantare, mi è
>>> venuto il dubbio che sia lui a farlo sorgere. Tu che ne dici?
>>
>> Dico che "post hoc propter hoc" e' una fallacia, e che la domanda e'
>> un po' ingenua se rivolta a me, che ogni volta che salgo in macchina
>> ho la pessima abitudine di accendere una sigaretta prima di girare la
>> chiave di avviamento del motore. Pensa che non mi e' mai venuto il
>> sospetto che il motore si avviasse a causa del mio vizio del fumo...

> La notizia mi consola: la facilità con cui attribuivi un valore empirico
> alla causalità solo per aver osservato una regolarità nella precedenza
> temporale, mi aveva fatto venire quel dubbio.

Quella che ho esposto e' fondamentalmente la teoria di J.S. Mill (nel
"Sistema di logica"), in seguito, nel dibattito contemporaneo, difesa da
K.Popper e C.G. Hempel. La teoria chiamata "regolarista" (che riduce la
causalita' a successione regolare di coppie di eventi) e' dovuta
piuttosto a Michael Scriven. Ma non e' che la regolarita' va cercata tra
i galli del pollaio, ma nelle leggi che regolano gli eventi naturali.
Per il gallo canterino basta che tu faccia l'esperimento: prendilo e
tiragli il collo, cosi' vedrai che l'indomani, al sole che e' sorto
anche senza il suo canto, ti fai un buon pranzo a base di galletto
amburghese arrosto.

Loris Dalla Rosa

unread,
Mar 1, 2023, 10:24:03 AM3/1/23
to
Ma su questo sono d'accordo.

>>
>>> Che poi tu riesca o meno a vedere un *fuori*, è un altro discorso. Se
>>> ci riesci, allora parlerai di certezza relativa, altrimenti di
>>> certezza assoluta.

>>
>> Io penso che siamo ambedue "all'aperto", tu con la fede e io senza.
>> Ma in sintesi le posizioni sono logicamente tre e non due. Ci sono due
>> posizioni, due "assiomi" come a te piace chiamarle, ambedue
>> metafisiche, che si contraddicono e si beccano in continuazione tra di
>> loro come le tortore di Konrad Lorenz.

>
> Esatto: si può avere un assioma, si può avere la sua negazione, e si può
> non averlo affatto. Le possibilità sono tre.
>
> Ma, come spiegavo nell'altro thread, le tortore si beccano solo se
> pretendono di stare nello stesso paradigma. Utilizzare assioma non
> significa necessariamente attaccarci con la colla a quel paradigma. Se
> due paradigmi sono incompatibili tra loro, si può benissimo metterne da
> parte uno ed utilizzarne temporaneamente un altro. Un assioma fa parte
> di un paradigma, una *persona* nel suo complesso no.
>
> Per ambedue le loro sono verita' assolute,
>> rinchiuse all'"interno" del loro assioma.
>
> Se sono all'interno di un sistema, allora sono relative.
>

Certo che sono relative, ma che lo siano puo' vederlo solo "all'aperto",
se ti poni fuori da ambedue i sistemi. E' come nella tua storia di Bob e
Kiki. E' rimanendo all'"interno" che le verita' appaiono assolute.
Tutte considerazioni di buon senso, su cui mi trovi d'accordo.

>> il quale pero', pur facendo parte in pratica dell'ampia famiglia degli
>> atei, non e' detto che non si diletti anche di questioni metafisiche:-).
>>

>
> Detto fra noi, secondo me gran parte di coloro che si definiscono
> agnostici, in realtà sono degli atei che non vogliono ammettere a loro
> stessi di avere una fede e allora si auto-convincono di aver sospeso il
> giudizio anche se una profonda convinzione al riguardo ce l'hanno.
>

Se alla domanda "Dio esiste?" e' impossibile la risposta, allora
rifiutando come impossibile la risposta e' rifiutato anche Dio. Perche'
Dio esiste o non esiste solo nella risposta.
Ma se non vogliamo confondere l'astratto con il metafisico, qual e' il
criterio per distinguere i due, e con cio' quello che e' decicidibile da
quello che non lo e'?

>
>>> Ovviamente parlo della scienza empirica, le cui
>>>> "certezze" si fondano in ultima istanza sul riscontro empirico.
>>>> Potrai dirmi che esistono anche scienze puramente teoriche, p.e. la
>>>> fisica teorica, che costruisce modelli puramente astratti, ma nessun
>>>> modello, per quanto possa essere lontano mille miglia dalla realta'
>>>> concreta dell'esperienza, ha un qualche valore se non e' infine
>>>> applicabile a tale realta'.
>>>
>>> Beh... quello non te lo dico, perché in effetti la fisica teorica non
>>> esiste: esistono i fisici teorici. Tra scienziati ci si divide un po'
>>> il lavoro, ed è normale che qualcuno si occupi più della teoria e
>>> qualcun altro più dell'esperimento, fermo restando che sono entrambi
>>> indispensabili.
>>>
>>> Posso invece menzionarti la logica, la matematica, ma soprattutto,
>>> visto il luogo in cui ci troviamo, la filosofia.
>>>
>>
>> Certamente, tutte attivita' che trattano concetti, che sono astratti;
>> ma non e' che la filosofia sia un'entita' metafisica.
>>

>
> Ovviamente no. Però la filosofia tratta *anche* di metafisica.
>

Sicuramente, ci mancherebbe altro.
Beh, non lo prenderei come un insulto, se essere cieco alle cose che non
si vedono non esclude che veda bene quelle che si vedono. E' quanto mi
basta.

posi

unread,
Mar 1, 2023, 12:51:04 PM3/1/23
to
Il 01/03/23 14:25, Loris Dalla Rosa ha scritto:
> posi ha scritto:
>> Il 28/02/23 18:20, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>> posi ha scritto:
>>>> Il 27/02/23 18:06, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>>>> posi ha scritto:
>>>>>> Il 27/02/23 11:34, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>>>>>> posi ha scritto:
>>>>>>>> Il 26/02/23 01:17, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>
>>>> Se intendi dire che *affinché tu possa giudicare un paradigma* è
>>>> necessario che prima io ti dica quali sono gli altri assiomi che ne
>>>> stabiliscano le proprietà essenziali, allora siamo d'accordo.
>>>>
>>>> Se invece credi che un assioma A possa *implicare* un altro assioma
>>>> B, e per giunta che B contraddica A, ovvero stai sostenendo che A ->
>>>> non-A, allora il problema non è certo dell'assioma, ma di chi
>>>> sostiene la validità dell'implicazione.
>>>>
>
>>> Non e' un problema mio, che non sostengo questo. Quello che sostengo
>>> e' che il tuo assioma
>
>>
>> Sarebbe meglio che la finissi di chiamarlo il "mio" assioma, perché
>> l'unico assioma che io, in questo contesto, sto assumendo è il pdnc.
>
> Ohibo'! questa non l'ho mica scritta io
> ◻︎ ∃ x| ∀ y x ≺ y
> e con tutta la buona volonta' non riesco a vederla come una
> formalizzazione del pdnc.
>

Quello non è affatto il mio assioma, ma semplicemente uno degli
innumerevoli esempi che ho fatto di assiomi che *si possono* assumere
all'interno di un ipotetico eventuale e non specificato paradigma.

Avrei anche potuto, invece di fare esempi, scrivere "A". Dove A è un
*qualsiasi* enunciato.

>> L'assioma dell'esistenza di una causa prima è semplicemente uno degli
>> infiniti assiomi che si possono assumere o negare o semplicemente
>> ignorare.
>>
>> Ovviamente, prima di contestarlo, bisognerebbe confrontarlo con gli
>> altri assiomi che si intende utilizzare.
>>
>> Si potrebbe pensare che prima ancora di confrontarlo con gli altri
>> assiomi bisognerebbe dare/capirne una definizione rigorosa e
>> impeccabile dei concetti usati. Ma in realtà questo non è così
>> essenziale. Quindi è lecito dire "esiste una causa prima" anche se non
>> abbiamo chiarito bene cosa sia una "causa", così come possiamo dire
>> "per un punto passano infinite rette" anche senza aver dato una
>> definizione precisa di punto e di retta.
>>
>
> Non e' la stessa cosa, punto e retta sono nozioni intuitive, non
> definibili,

Si chiamano "concetti primitivi", e non è che non siano definibili: si
*sceglie* di non definirli. Io potrei benissimo dare una definizione di
retta, dicendo, per esempio, che è il prolungamento di un *segmento*.

Solo che poi dovrei definire il segmento. E ovviamente *non* potrei più
definirlo come quella parte di retta compresa tra due punti. Quindi non
avrei risolto il problema, ma solo spostato un po' la.

Spesso i concetti primitivi sono nozioni intuitive, ma non è necessario
che lo siano.

mentre il concetto di causa-effetto e' complesso perche'
> relazionale e necessita del chiarimento della natura specifica di tale
> relazione. Non la li puo' assumere acriticamente.
>

Il chiarimento arriva nel momento in cui definisci anche tutti gli altri
assiomi.

>> e' insufficiente per esprimere il concetto di nesso
>>> causale, tanto meno quindi il concetto di causa prima. Perche' prima
>>> di tutto deve soddisfare due condizioni cosi' definibili:

A casa mia "prima di tutto deve soddisfare due condizioni" significa che
deve soddisfarle entrambe, non una a piacere della serie "fai un po'
come ti pare" :-)

>>> 1) Sufficienza: l'occorrenza di un evento f e' condizione sufficiente
>>> per l'occorrenza di un evento g se e solo se ogni volta che si
>>> verifica f si verifica anche g.
>>
>> Il concetto di causa ha poco o niente a che vedere con quello di
>> sufficienza.
>>
>> Per esempio, noi siamo costantemente circondati da virus e batteri di
>> ogni genere, ma solo in una piccola percentuale di casi ci ammaliamo.
>>
>> Ciò nonostante, si assume comunemente che le malattie infettive siano
>> *causate* da germi e batteri.
>>
>
> Infatti la presenza dei rinuvirus e' condizione *necessaria* perche' ti
> prenda il raffreddore, ma non e' sufficiente
Allora non puoi dirmi che la causa sia sempre una condizione sufficiente.

>
>>> 2)Necessita': l'occorrenza di un evento h e' condizione necessaria
>>> per l'occorrenza di un evento i se e solo se ogni volta che si
>>> verifica i si e' verificato anche h.
>
>> Il concetto di causa c'entra poco anche con quello di necessità: è
>> comunemente accettata l'idea che più cause diverse possano produrre
>> uno stesso effetto.
>>
>> Quindi, se mi fa male la mano, può essere la conseguenza di una
>> frattura o forse di una ferita, o oppure entrambe le cose, o forse
>> nessuna delle due.
>
> Il che significa che sia la frattura, sia la ferita, sia altro, sono
> tutte cause sufficienti del dolore alla mano.
> Riepilogando: contesti la condizione di sufficienza con un esempio di
> condizione necessaria, e contesti la condizione di necessita' con un
> esempio di condizioni sufficienti. Il tuo argomento e' fallace, non credi?
>

Non credo proprio: ho dimostrato che la causa non è una condizione
necessaria, e nemmeno sufficiente. Quindi l'unica cosa che la
caratterizza empiricamente è la precedenza temporale.

Tuttavia, tu stesso affermi che la causa è qualcosa di diverso dalla
semplice precedenza temporale.

>>> Noterai la differenza dei tempi verbali nelle due formulazioni.
>>
>> Certo che l'ho notato: hai tentato di dare un senso logico al nesso di
>> causa-effetto inquadrandolo sotto la forma di una doppia implicazione
>> e aggiungendo un pizzico di precedenza temporale. Peccato che la cosa
>> non funzioni.
>
> Peccato che tu non abbia un argomento logico valido da opporre.
>

Io non propongo *alternative* al concetto di causa.

Mi limito a farti notare che la scienza, intesa come metodo
sperimentale, è *agnostica* rispetto all'esistenza delle cause (non solo
alla "causa prima", ma a qualunque tipo di causa!).

Se poi mi vuoi dire che è una nozione importante, in quanto fa parte in
qualche modo della natura umana chiedersi il perché delle cose e quindi
i paradigmi della logica, dell'empirismo e della scienza non bastano a
rispondere a certe domande, sfondi una porta aperta.

A quel punto si tratta di vedere quali paradigmi si vogliono usare, ed
eventualmente discuterli.

>
> Ma io non ho mai pensato che quella asserzione dica una verita'
> assoluta. Neppure con l'aggiunta "vendere cannabis è illegale in alcuni
> paesi" la considero verita' assoluta, ma una verita' che gia' di per se'
> dice di essere relativa.

Lo stesso vale per qualunque enunciato, non solo per quello.


> Non e' esatto, penso che se non vi e' un criterio di verita' per
> accertare la verita' di una e la falsita' della sua contraddittoria,
> allora non esiste ne' la verita' ne' la falsita' dell'una o dell'altra,
> perche' e' la contraddizione a non esistere.

E se, come normalmente accade, di criteri ne esistono diversi?

>> L'esistenza dei buchi neri, per esempio, non era più messa in dubbio
>> da nessuno, quando sono stati osservati. In quanto previsti dalla
>> teoria della relatività.
>>
>
> Ma non e' piu' messa in dubbio perche' prevista dalla teoria di Einstein
> o perche' sono stati osservati?

Era ampiamente riconosciuta da *prima* che venissero osservati.

>
>> Tu sei liberissimo di credere sempre e solo a ciò che vedi, ma:
>> - non attribuire alla scienza questo atteggiamento.
>> - non tirare fuori concetti privi di un riscontro empirico, come
>> l'infinità del tempo (a meno che tu o qualche tuo conoscente non abbia
>> avuto esperienza di un tempo infinito) o come appunto quello di causa,
>> (almeno finché non riesci nei tuoi tentativi, finora falliti, di darne
>> un'interpretazione empirica).
>>
>
> Come puoi dire che l'intuizione del tempo necessiterebbe di un riscontro
> empirico, se ogni riscontro empirico implica la condizione del tempo?
> *Ogni* evento necessita dell'intuizione del tempo perche' sia possibile
> che accada; come puo' allora un'esperienza empirica qualunque essere un
> evento se non accade *nel* tempo?
> [...]
>

Dico che la nozione di *infinità* del tempo necessiterebbe di un
riscontro empirico. Non quella di *esistenza* del tempo.

>>>>
>>>> No, stavo solo pensando che siccome ogni mattina *regolarmente*,
>>>> qualche minuto prima che sorga il sole, sento il gallo cantare, mi è
>>>> venuto il dubbio che sia lui a farlo sorgere. Tu che ne dici?
>>>
>>> Dico che "post hoc propter hoc" e' una fallacia, e che la domanda e'
>>> un po' ingenua se rivolta a me, che ogni volta che salgo in macchina
>>> ho la pessima abitudine di accendere una sigaretta prima di girare la
>>> chiave di avviamento del motore. Pensa che non mi e' mai venuto il
>>> sospetto che il motore si avviasse a causa del mio vizio del fumo...
>
>> La notizia mi consola: la facilità con cui attribuivi un valore
>> empirico alla causalità solo per aver osservato una regolarità nella
>> precedenza temporale, mi aveva fatto venire quel dubbio.
>
> Quella che ho esposto e' fondamentalmente la teoria di J.S. Mill (nel
> "Sistema di logica"), in seguito, nel dibattito contemporaneo, difesa da
> K.Popper e C.G. Hempel. La teoria chiamata "regolarista" (che riduce la
> causalita' a successione regolare di coppie di eventi) e' dovuta
> piuttosto a Michael Scriven. Ma non e' che la regolarita' va cercata tra
> i galli del pollaio, ma nelle leggi che regolano gli eventi naturali.

Già nel momento in cui parli di "leggi che regolano gli eventi naturali"
anziché, semmai, di "leggi che *descrivono* gli eventi naturali" ti poni
su un piano non scientifico.

Il mio riferimento al canto del gallo, era, chiaramente, una metafora di
quella regolarità che vorresti cercare tu. Quello che si può fare, a
livello empirico, è studiare studiare l'esistenza di *correlazioni* tra
eventi (queste sì, hanno un senso a livello empirico!). Eventualmente,
queste correlazioni potrebbero essere anche talmente forti da
permetterti di fare *previsioni*, e quindi entrare a pieno titolo nel
mondo della scienza. Ma la traduzione di queste correlazioni in *cause*
è un'operazione piuttosto ardita: serve un salto concettuale che va
oltre le rilevazioni empiriche.

posi

unread,
Mar 1, 2023, 1:36:03 PM3/1/23
to
Il 01/03/23 16:15, Loris Dalla Rosa ha scritto:

>> Ma, come spiegavo nell'altro thread, le tortore si beccano solo se
>> pretendono di stare nello stesso paradigma. Utilizzare assioma non
>> significa necessariamente attaccarci con la colla a quel paradigma. Se
>> due paradigmi sono incompatibili tra loro, si può benissimo metterne
>> da parte uno ed utilizzarne temporaneamente un altro. Un assioma fa
>> parte di un paradigma, una *persona* nel suo complesso no.
>>
>> Per ambedue le loro sono verita' assolute,
>>> rinchiuse all'"interno" del loro assioma.
>>
>> Se sono all'interno di un sistema, allora sono relative.
>>
>
> Certo che sono relative, ma che lo siano puo' vederlo solo "all'aperto",
> se ti poni fuori da ambedue i sistemi. E' come nella tua storia di Bob e
> Kiki. E' rimanendo all'"interno" che le verita' appaiono assolute.
>

Sì. Diciamo che *appaiono* assolute.
Almeno fino a che non ci si rende conto di essere *dentro* ad un sistema
e non si riconosce l'esistenza di un *fuori*.

E qui entra in gioco la distinzione tra quella che chiamato "fede
razionale" e "fede cieca".


> Tutte considerazioni di buon senso, su cui mi trovi d'accordo.
>
>>> il quale pero', pur facendo parte in pratica dell'ampia famiglia
>>> degli atei, non e' detto che non si diletti anche di questioni
>>> metafisiche:-).
>>>
>
>>
>> Detto fra noi, secondo me gran parte di coloro che si definiscono
>> agnostici, in realtà sono degli atei che non vogliono ammettere a loro
>> stessi di avere una fede e allora si auto-convincono di aver sospeso
>> il giudizio anche se una profonda convinzione al riguardo ce l'hanno.
>>
>
> Se alla domanda "Dio esiste?" e' impossibile la risposta,

Alla luce di tutto quanto detto sopra, non mi pare il caso di liquidare
la questione con "è impossibile la risposta".

Semmai è *indecidibile* in un sistema metafisicamente agnostico.

Ma la decidibilità, e la conseguente eventuale verità o falsità dipende
dal paradigma considerato e dai suoi relativi assiomi, così come accade
per *qualunque* altro enunciato, da "la cannabis è legale" a "esistono i
buchi neri" e persino "esiste ciò che vedo con i miei occhi".

>>> Quello che non va confuso, detto in soldoni, e' l'astratto (che e'
>>> prodotto dell'attivita' dell'intelletto) col metafisico, inteso
>>> quest'ultimo come realta' ontologica separata dall'intelletto.
>>>
>
>>
>> Allora non confondiamolo.
>>
>> Io sto dicendo che il metafisico è *indecidibile* con i paradigmi
>> empirici.
>>
>
> Ma se non vogliamo confondere l'astratto con il metafisico, qual e' il
> criterio per distinguere i due, e con cio' quello che e' decicidibile da
> quello che non lo e'?

L'hai spiegato tu prima: l'astratto è il prodotto dell'attività
dell'intelletto, il metafisico è una realtà ontologica separata. Quindi
la distinzione, a livello concettuale, c'è.

Quello che manca è, per definizione, un criterio di tipo empirico.

Se questo ti basta per concludere che non esiste, va benissimo, basta
che non neghi di stare usando l'assioma "esiste solo ciò che è empirico".


>> Voglio dire che, se proprio vuoi scambiarsi insulti con un credente,
>> tu puoi chiamare lui "allucinato" e lui chiamerà te "cieco".
>
> Beh, non lo prenderei come un insulto, se essere cieco alle cose che non
> si vedono non esclude che veda bene quelle che si vedono.

Probabilmente neanche lui lo prenderebbe come un insulto, se essere
allucinato sulle cose che non si vedono non esclude che veda bene quelle
che si vedono.

Loris Dalla Rosa

unread,
Mar 1, 2023, 7:03:04 PM3/1/23
to
posi ha scritto:
Allora dal giono 20 del mese scorso abbiamo parlato per niente.

> Avrei anche potuto, invece di fare esempi, scrivere "A". Dove A è un
> *qualsiasi* enunciato.
>

Accidenti! potevi scriverlo, io scrivevo "non-A" e la discussione finiva
li':-)

>>> L'assioma dell'esistenza di una causa prima è semplicemente uno degli
>>> infiniti assiomi che si possono assumere o negare o semplicemente
>>> ignorare.
>>>
>>> Ovviamente, prima di contestarlo, bisognerebbe confrontarlo con gli
>>> altri assiomi che si intende utilizzare.
>>>
>>> Si potrebbe pensare che prima ancora di confrontarlo con gli altri
>>> assiomi bisognerebbe dare/capirne una definizione rigorosa e
>>> impeccabile dei concetti usati. Ma in realtà questo non è così
>>> essenziale. Quindi è lecito dire "esiste una causa prima" anche se
>>> non abbiamo chiarito bene cosa sia una "causa", così come possiamo
>>> dire "per un punto passano infinite rette" anche senza aver dato una
>>> definizione precisa di punto e di retta.
>>>
>>
>> Non e' la stessa cosa, punto e retta sono nozioni intuitive, non
>> definibili,
>
> Si chiamano "concetti primitivi", e non è che non siano definibili: si
> *sceglie* di non definirli. Io potrei benissimo dare una definizione di
> retta, dicendo, per esempio, che è il prolungamento di un *segmento*.
>
> Solo che poi dovrei definire il segmento. E ovviamente *non* potrei più
> definirlo come quella parte di retta compresa tra due punti. Quindi non
> avrei risolto il problema, ma solo spostato un po' la.
>

Puoi spostarlo piu' in la' all'infinito ma il problema non lo risolvi.
Una nozione intuitiva rimane tale; definirla significherebbe farlo in
base ad altre nozioni intuitive. Puoi solo usare circonlocuzioni con
nozioni esse stesse intuitive.

> Spesso i concetti primitivi sono nozioni intuitive, ma non è necessario
> che lo siano.
>
> mentre il concetto di causa-effetto e' complesso perche'
>> relazionale e necessita del chiarimento della natura specifica di tale
>> relazione. Non la li puo' assumere acriticamente.
>>
>
> Il chiarimento arriva nel momento in cui definisci anche tutti gli altri
> assiomi.
>
>>> e' insufficiente per esprimere il concetto di nesso
>>>> causale, tanto meno quindi il concetto di causa prima. Perche' prima
>>>> di tutto deve soddisfare due condizioni cosi' definibili:
>
> A casa mia "prima di tutto deve soddisfare due condizioni" significa che
> deve soddisfarle entrambe, non una a piacere della serie "fai un po'
> come ti pare" :-)
>

Correggi pure la mia espressione frettolosa, tenendo presente che la
condizione puo' essere sufficiente e non necessaria, necessaria e non
sufficiente, necessaria e sufficiente.

>>>> 1) Sufficienza: l'occorrenza di un evento f e' condizione
>>>> sufficiente per l'occorrenza di un evento g se e solo se ogni volta
>>>> che si verifica f si verifica anche g.
>>>
>>> Il concetto di causa ha poco o niente a che vedere con quello di
>>> sufficienza.
>>>
>>> Per esempio, noi siamo costantemente circondati da virus e batteri di
>>> ogni genere, ma solo in una piccola percentuale di casi ci ammaliamo.
>>>
>>> Ciò nonostante, si assume comunemente che le malattie infettive siano
>>> *causate* da germi e batteri.
>>>
>>
>> Infatti la presenza dei rinuvirus e' condizione *necessaria* perche'
>> ti prenda il raffreddore, ma non e' sufficiente

> Allora non puoi dirmi che la causa sia sempre una condizione sufficiente.
>

Chi ti ha detto che sia *sempre* sufficiente?

>>
>>>> 2)Necessita': l'occorrenza di un evento h e' condizione necessaria
>>>> per l'occorrenza di un evento i se e solo se ogni volta che si
>>>> verifica i si e' verificato anche h.
>>
>>> Il concetto di causa c'entra poco anche con quello di necessità: è
>>> comunemente accettata l'idea che più cause diverse possano produrre
>>> uno stesso effetto.
>>>
>>> Quindi, se mi fa male la mano, può essere la conseguenza di una
>>> frattura o forse di una ferita, o oppure entrambe le cose, o forse
>>> nessuna delle due.
>>
>> Il che significa che sia la frattura, sia la ferita, sia altro, sono
>> tutte cause sufficienti del dolore alla mano.
>> Riepilogando: contesti la condizione di sufficienza con un esempio di
>> condizione necessaria, e contesti la condizione di necessita' con un
>> esempio di condizioni sufficienti. Il tuo argomento e' fallace, non
>> credi?
>>
>
> Non credo proprio: ho dimostrato che la causa non è una condizione
> necessaria, e nemmeno sufficiente.

Hai "dimostrato" che non e' condizione necessaria quando e' sufficiente,
e che non e' sufficiente quando e' necessaria. Come sofista vedo che non
hai fatto progressi:-).

>Quindi l'unica cosa che la
> caratterizza empiricamente è la precedenza temporale.
> Tuttavia, tu stesso affermi che la causa è qualcosa di diverso dalla
> semplice precedenza temporale.
>

Naturalmente. Ma che senso ha andare sul piu' difficile come trattato da
J.L. Mackie, o su una teoria sofisticata come quella di D.Lewis o di C.
Stalnaker sui condizioneli controfattuali, quando tu parlavi di una cosa
e io di questa? Non ne ha nessuno. Quanto detto fin qui basta ed avanza,
se non altro a mostrare che la "causa prima", di cui mi sembra che
parlassimo, e' un concetto complesso che presenta molte problematicita'
e che percio' e' un po' ingenuo pensre di assiomatizzarlo con una
formalizzazione come questa:
◻︎ ∃ x| ∀ y x ≺ y

Loris Dalla Rosa

unread,
Mar 2, 2023, 5:45:04 AM3/2/23
to
posi ha scritto:
> Il 01/03/23 16:15, Loris Dalla Rosa ha scritto:
>
>>> Ma, come spiegavo nell'altro thread, le tortore si beccano solo se
>>> pretendono di stare nello stesso paradigma. Utilizzare assioma non
>>> significa necessariamente attaccarci con la colla a quel paradigma.
>>> Se due paradigmi sono incompatibili tra loro, si può benissimo
>>> metterne da parte uno ed utilizzarne temporaneamente un altro. Un
>>> assioma fa parte di un paradigma, una *persona* nel suo complesso no.
>>>
>>> Per ambedue le loro sono verita' assolute,
>>>> rinchiuse all'"interno" del loro assioma.
>>>
>>> Se sono all'interno di un sistema, allora sono relative.
>>>
>>

>> Certo che sono relative, ma che lo siano puo' vederlo solo
>> "all'aperto", se ti poni fuori da ambedue i sistemi. E' come nella tua
>> storia di Bob e Kiki. E' rimanendo all'"interno" che le verita'
>> appaiono assolute.
>>

>
> Sì. Diciamo che *appaiono* assolute.
> Almeno fino a che non ci si rende conto di essere *dentro* ad un sistema
> e non si riconosce l'esistenza di un *fuori*.
>

E fin qui siamo d'accordo.

> E qui entra in gioco la distinzione tra quella che chiamato "fede
> razionale" e "fede cieca".
>

Ecco, qui d'accordo non lo siamo piu'. Ma su cosa, *di preciso*, non
siamo piu' d'accordo? Vediamo di chiarire bene e piu' in sintesi quello
che in sostanza si e' gia' detto? Per chiarezza andiamo per punti.

1) Anzitutto dobbiamo prescindere dalla coerenza interna di due sistemi
concorrenti, A e B, dandola per ambedue scontata (altrimenti il sistema
e' contestabile dallo stesso che "ci e' dentro", naturalmente se ha
assunto il pdnc). (Nota, en passant, che ambedue i sistemi concorrenti
devono aver assunto il pdnc, altrimenti e' inutile confrontarli).
Mettiamo che tra gli assiomi di A ce ne sia uno che *afferma*
l'esistenza di D: D!. Mentre tra gli assiomi di B ce ne sia uno che
*nega* l'esistenza di D: non-D!

2) Ora, la tua distinzione tra fede razionale e fede cieca, poggia sul
concetto di "dentro" e di "fuori": la fede, in D! di chi sta dentro il
sistema, A, e' "cieca", perche' non "vede" che "fuori" c'e' il sitema B,
che afferma non-D!. Egualmente pero' per il sistema B: per chi ci sta
"dentro" la fede in non-D! e' altrettanto "cieca".

3) Quando invece parli di fede "razionale"? Quando chi sta dentro A e'
anche in grado di vedere dal di "fuori" di A che esiste il sistema B,
che nega per assioma cio' che in A per assioma si afferma, cioe'
l'esistenza di D. Allora la fede, da parte di chi e' in A, in D!, tu la
chiami "razionale", dovendo riconoscere che in B si ha fede in non-D!,
senza poterlo contestare essendo un assioma. Ma la stesso ragionamento
va fatto valere per chi sta dentro il sistema B. Avendo infatti data per
scontata la coerenza interna sia di A che di B, non siamo ancora di
fronte a una contraddittorieta' tra A e B, ma a una *antinomia* tra A e
B. Fino a questo punto cio' che e' dato per scontato sia per A che per B
e' l'*indecidibilita'* tra D! e non-D!, per cui sembrerebbe che, grazie
a tale indecidibilita' garantita dall'antinomia, credere D! o credere
non-D! sia una questione di scelta dettata da altri motivi di natura non
logica, ma psicologica, e che ognuno possa credere in quello che crede
in spirito di tolleranza per la credenza altrui. Il "razionale" della
"fede razionale" consisterebbe dunque nel credere in cio' che io credo,
nella semplice consapevolezza che c'e' chi crede il contrario di cio'
che io credo.

4) A questo punto si inserisce la mia contestazione. E' vero che siamo
di fronte alla indecidibilita' dell'antinomia, ma se sia chi e' in A,
sia chi e' in B sono in grado di "vedere" dal di "fuori" dal loro
sistema, non c'e' chi dei due non veda che i due corni dell'antinomia
*presi insieme* costituiscono una *contraddizione* tra D! e non-D!,
rispetto alla *verita'* dell'esistenza di D. Solo formalmente quei due
assiomi costituiscono un'antinomia, visto che l'esistenza e la non
esistenza sono date per affermazione assiomatica, che *non* rende vero
cio' che si postula *per* vero. Ecco allora che, di fronte alla
contraddizione, e sulla base della comune assunzione del pdnc, credere
in D! non puo' che comportare non solo il giudizio di *falsita'* di
non-D!, ma anche la vera e propria negazione *assiomatica* della verita'
di non-D! Egualmente per chi e' nel sistema B. Che ne e' allora della
fede "razionale"? Di fronte alla contraddizione non ne e' piu' nulla, la
fede non puo' che essere "cieca" a cio' che nega il suo oggetto.

Ho riassunto bene la tua posizione? E ho reso ben comprensibile la mia?

Prima Idea

unread,
Jun 27, 2023, 6:49:27 AM6/27/23
to
Il giorno martedì 21 febbraio 2023 alle 21:03:05 UTC+7 Loris Dalla Rosa ha scritto:
> posi ha scritto:
> > Il 20/02/23 16:20, loris.d...@fastwebnet.it ha scritto:
> >
> >> Quale la differenza tra la fede di Tommaso (l'apostolo) e quella di
> >> Abramo?
> >
> > Abramo ha fede in *Dio*. Cioè accetta gli assiomi "Dio esiste", "Dio è
> > mio Signore", "Dio vuole il mio bene e mi darà una discendenza", ecc..
> >
> > Tommaso ha fede nei propri *sensi*, cioè accetta l'assioma "se posso
> > vederlo e toccarlo, allora è vero".
> >
> Tommaso ha *fiducia* nei propri sensi, ma la ritira accettando l'assioma
> fideistico che un morto possa resuscitare. E' un medico mancato al quale
> e' meglio non rivolgersi nemmeno per un raffreddore.
> > Ora faccio io la domanda a te: chi dei due ha fatto bene a fidarsi e chi
> > è stato invece ingannato?
> >
> E lo chiedi a un non credente? Non puo' che rispondere che ambedue si
> autoingannano, caso mai con una preferenza per Tommaso, che almeno un
> dubbio iniziale l'ha avuto.
> > Ecco la differenza: la
> >> fede del credente e' *incondizionata*, esige di credere anche in cio'
> >> che razionalmente non e' credibile, e il "credo quia absurdum"
> >> attribuito a Tertulliano in tre parole ne dice l'essenziale.
> >
>
> > Nelle polemiche tra gli atei e i credenti non è un nuovo l'espediente
> > retorico usato dai primi, consistente nell'additare la fede come
> > qualcosa di irrazionale, magari citando Tertulliano.
> >
> Siccome questo post non e' polemico, non polemizzo, rimandando al al
> thread apposito che citi alla fine.
> >
> > L'altra
> >> e' una "fede" *condizionata*, tanto che ritengo opportuno chiamarla
> >> con altro nome, "fiducia"; perche' la fiducia, a differenza della
> >> fede, si puo' revocare, come quella che si aveva per qualcuno e al
> >> quale l'abbiamo tolta avendo disatteso alle nostre aspettative. Uno
> >> puo' avere fiducia nella scienza, nella medicina, per esempio, e
> >> perderla nel momento in cui essa e' impotente di fronte a una
> >> malattia incurabile: allora e' possibile che quell'uno si rifugi
> >> nella fede, che e' la fede nel tutto e' possibile compreso il
> >> razionalmente impossibile.
> >>
>
> >
> > Mah... anche la fede si può revocare.
> >
> > Non di rado c'è gente che perde la fede proprio di fronte ad una
> > malattia incurabile e magari si rifugia proprio nella scienza, pur
> > sapendo che è impotente.
> >
> Questo e' vero, ma la fede si puo' perdere, non revocare, altrimenti
> sarebbe una fiducia con una forte connotazione utilitaristica.
> > Quanto all'avere o meno basi logiche/razionali... c'è un thread apposta!
> --
> Questa email è stata esaminata alla ricerca di virus dal software antivirus Avast.
> www.avast.com


ideaprima

e; il contrario.
Si puo'perdere la fiducia, NON la fede.
La fede dipende da una evidenza percepita come tale in tutto se stessi.
E' uno stato oggettivo del proprio riconoscere tale evidenza che si mostra
e si percepire in se stessi come stato sostanziale di esistenza-presenza.
Una assolutezza semplicissima e innegabile.
La fiducia la si pone in qualcosa tuttavia distaccato da noi stessi.... ma la
fede e' altro.

Loris Dalla Rosa

unread,
Jun 27, 2023, 7:09:04 AM6/27/23
to
Prima Idea ha scritto:
Ma infatti. Piu' di una volta ho detto che la differenza tra fede e
fiducua sta nel fatto che la fiducia e' *condizionata*, ai risultati che
si attendono, mentre la fede e' *incondizionata*: interviene quando
"tutto e' perduto" per la ragione, e ci si affida talvolta (cioe' in chi
ha fede) a Colui che tutto puo' anche contro la ragione. La fede si puo'
perdere, ma allora era fiducia; la fede no, non si puo' revocare.

> La fede dipende da una evidenza percepita come tale in tutto se stessi.
> E' uno stato oggettivo del proprio riconoscere tale evidenza che si mostra
> e si percepire in se stessi come stato sostanziale di esistenza-presenza.
> Una assolutezza semplicissima e innegabile.
> La fiducia la si pone in qualcosa tuttavia distaccato da noi stessi.... ma la
> fede e' altro.
>

Appunto come ho detto nel mio linguaggio: la fede e' altro dalla fiducia.
Ciao,
Loris

Prima Idea

unread,
Jun 27, 2023, 11:33:04 AM6/27/23
to
ideaprima

ma......
allora com'e' che dici che la si puo' perdere?

Loris Dalla Rosa

unread,
Jun 27, 2023, 11:45:03 AM6/27/23
to
Perche' si dice "perdere la fede", che in realta' non era fede. Leggi
questa pagina di Tolstoj:
https://www.gliscritti.it/preg_lett/antologia/perdere_la_fede.htm

Ciao,
Loris

Omega

unread,
Jun 28, 2023, 5:57:05 AM6/28/23
to
Il 27/06/2023 17:18, Prima Idea ha scritto:
> Il giorno martedì 27 giugno 2023 alle 18:09:04 UTC+7 Loris Dalla Rosa ha scritto:
>> Prima Idea ha scritto:
>>> Il giorno martedì 21 febbraio 2023 alle 21:03:05 UTC+7 Loris Dalla Rosa ha scritto:
>>>> posi ha scritto:
>>>>> Il 20/02/23 16:20, loris.d...@fastwebnet.it ha scritto:

>>>>
>>>>>
Loris ha ragione, ma si può perdere come tutto si può perdere, se non si
è eterni e invulnerabili (o forse tu lo sei?) Fare della fede un mito
come fai tu credo la renda ancora più vulnerabile in quanto non è che
una definizione priva di fondamento come tante, niente di più. Infatti
ognuno la definisce a modo suo; del resto nessuno ha altro per
sostenerla che la propria opinione, o il proprio "sentire", che è quanto
di più arbitrario (e gratuito) si possa immaginare.

Saluti
Omega

Prima Idea

unread,
Jun 29, 2023, 12:09:04 AM6/29/23
to
ideaprima

se intendi parlare con me confrontando le proprie personali opinioni parliamone oggettivamente, senza finire come al solito in tuoi personalismi nei miei confronti.... peraltro sempre fuori bersaglio... io sono altro da quanto tu ritieni io sia (te l'ho detto e ripetuto piu'volte).
Detto questo... chiarisco per la buona pace di Luca Lallini, che qui in questo thread del gruppo moderato ci sono entrata senza manco rendermene conto.... pensavo fosse un thread del gruppo di cultura e filosofia in cui solitamente scrivo.... pensate un po' in che dimensioni sto io!
Oltretutto manco capisco come possa essere successo l'equivoco.
Che bello sarebbe il mondo se si desse valore a cio' che realmente vale e nel campo suo da non mischiare con altro insozzando sempre tutto!

Prima Idea

unread,
Jun 29, 2023, 12:09:04 AM6/29/23
to
Il giorno mercoledì 28 giugno 2023 alle 16:57:05 UTC+7 Omega ha scritto:
Omega
> Loris ha ragione, ma si può perdere come tutto si può perdere, se non si
> è eterni e invulnerabili (o forse tu lo sei?) Fare della fede un mito
> come fai tu credo la renda ancora più vulnerabile in quanto non è che
> una definizione priva di fondamento come tante, niente di più. Infatti
> ognuno la definisce a modo suo; del resto nessuno ha altro per
> sostenerla che la propria opinione, o il proprio "sentire", che è quanto
> di più arbitrario (e gratuito) si possa immaginare.

ideaprima

certamente si'... quando sono nello stato di fede li sono entrambi, eterna e invulnerabile.
Altrimenti non sarebbe fede... ed e' appunto quanto sto dicendo e sostenendo.
Se la si perdesse ci sarebbe da riconoscere di essersi autoingannati.

Prima Idea

unread,
Jun 29, 2023, 12:09:06 AM6/29/23
to
ideaprima

ti dispiace se dovendo esprimere il sentire mio e relativo mio pensiero
non leggo nessun altro, ma ascolto solo me stessa in me stessa e
relativi miei universi interiori ?
Comunque... in effetti io ho espresso la stessa cosa che dici rifacendoti
a Tolstoj, no?....ossia, cio' che si perde NON e' la fede, ma l'idea riguardo
a qualcosa che si ritiene erroneamente la fosse. Ma cio' che aggravia la
cosa e' continuare poi a credere che fosse fede nonostante la si sia persa.

Prima Idea

unread,
Jun 29, 2023, 12:12:05 AM6/29/23
to
Il giorno mercoledì 28 giugno 2023 alle 16:57:05 UTC+7 Omega ha scritto:
Omega
> Loris ha ragione, ma si può perdere come tutto si può perdere, se non si
> è eterni e invulnerabili (o forse tu lo sei?) Fare della fede un mito
> come fai tu credo la renda ancora più vulnerabile in quanto non è che
> una definizione priva di fondamento come tante, niente di più. Infatti
> ognuno la definisce a modo suo; del resto nessuno ha altro per
> sostenerla che la propria opinione, o il proprio "sentire", che è quanto
> di più arbitrario (e gratuito) si possa immaginare.
>
> Saluti
> Omega


ideaprima

vediamo se ora riesco a risponderti... prima non potevo accedere.
Il fatto e' che fede e'appunto quello stato di evidenza (e dunque certezza) che non viene meno.
Se viene meno non si trattava di fede.
Io faccio miti proprio di niente, e se tu non sai cosa siano certe cose sono fattacci tuoi. Lasciane fuori me.

--------------------------------

Loris Dalla Rosa

unread,
Jun 29, 2023, 1:30:04 AM6/29/23
to
A me non dispiace niente, perche' non mi interessa per quale via Saulo
sia diventato San Paolo; non e' cosa che mi tocchi, anche se sono
propenso a credere che le cadute da cavallo siano pericolose per la
salute non solo fisica. Comunque la fede e' misurabile, in ragione di
quanto uno e' disposto a sacrificare in nome di essa, come suggerisce
l'espressione "martire della fede".

> Comunque... in effetti io ho espresso la stessa cosa che dici rifacendoti
> a Tolstoj, no?....ossia, cio' che si perde NON e' la fede, ma l'idea riguardo
> a qualcosa che si ritiene erroneamente la fosse.

Su questo siamo d'accordo.

Prima Idea

unread,
Jun 29, 2023, 5:06:03 AM6/29/23
to
Loris Dalla Rosa
> A me non dispiace niente, perche' non mi interessa per quale via Saulo
> sia diventato San Paolo; non e' cosa che mi tocchi, anche se sono
> propenso a credere che le cadute da cavallo siano pericolose per la
> salute non solo fisica. Comunque la fede e' misurabile, in ragione di
> quanto uno e' disposto a sacrificare in nome di essa, come suggerisce
> l'espressione "martire della fede".

ideaprima
> > Comunque... in effetti io ho espresso la stessa cosa che dici rifacendoti
> > a Tolstoj, no?....ossia, cio' che si perde NON e' la fede, ma l'idea riguardo
> > a qualcosa che si ritiene erroneamente la fosse.

Loris Dalla Rosa

Prima Idea

unread,
Jun 29, 2023, 5:06:04 AM6/29/23
to
ideaprima

Prova.
Vediamo se oggi riesco a postare qui, in questo gruppo.
Se esce dovrei traslocare qui la risposta data a Omega nel non-moderato.


Prima Idea

unread,
Jun 29, 2023, 5:51:04 AM6/29/23
to
Loris Dalla Rosa
> A me non dispiace niente, perche' non mi interessa per quale via Saulo
> sia diventato San Paolo; non e' cosa che mi tocchi, anche se sono
> propenso a credere che le cadute da cavallo siano pericolose per la
> salute non solo fisica. Comunque la fede e' misurabile, in ragione di
> quanto uno e' disposto a sacrificare in nome di essa, come suggerisce
> l'espressione "martire della fede".

ideaprima

Saulo e' diventato " San Paolo" , secoli dopo, perche' questa messinscena serviva
per fondare la chiesa di Paolo il romano, autodefinitasi poi cattolica.. certamente
non un luogo per adunarsi come Gesu'Cristo a parlare su una qualche pietra
angolare simbolica lungo la strada come facevano lui e i suoi, per di piu' nello spirito
di cui egli aveva detto.
Che fede aveva sto Saulo ?? ... dava la caccia ai cristiani, a cavallo in lungo e in largo
come un forsennato, quando un giorno si spavento' terribilmente vedendosi venire
incontro dall'alto un Elohim sul suo nonsocosa volante, che piazzatosi a pochi metri sopra
la sua testa, con voce alto-sonante gli chiese scazzato da li' sopra perche' cavolo gli stava alle
calcagna da ore e non si faceva i cavoli suoi..
Be'.... fino a quel momento Saulo (poi Sanpaolo) di ste cose ne aveva solo sentito parlare e ....
insomma, uno spaventaccio. E penso' bene di redimersi.
Questa la storia reale, comprensibilissima se solo solo ci si mettesse nei suoi panni. I suoi, dico.



ideaprima
> > Comunque... in effetti io ho espresso la stessa cosa che dici rifacendoti
> > a Tolstoj, no?....ossia, cio' che si perde NON e' la fede, ma l'idea riguardo
> > a qualcosa che si ritiene erroneamente la fosse.




Loris Dalla Rosa

Omega

unread,
Jun 30, 2023, 1:51:03 AM6/30/23
to
Che sarebbe segno, finalmente, di recuperata salute mentale.

Omega

Omega

unread,
Jun 30, 2023, 1:57:04 AM6/30/23
to
Sei tu che ti ci ficchi dentro con le tue deliranti e contradittorie
affermazioni.
>

Marco V.

unread,
Jul 5, 2023, 8:36:03 AM7/5/23
to
Il giorno giovedì 29 giugno 2023 alle 07:30:04 UTC+2 Loris Dalla Rosa ha scritto:
>> Prima Idea ha scritto:
[...]
> > ideaprima
> >
> > ti dispiace se dovendo esprimere il sentire mio e relativo mio pensiero
> > non leggo nessun altro, ma ascolto solo me stessa in me stessa e
> > relativi miei universi interiori ?

LORIS
> A me non dispiace niente, perche' non mi interessa per quale via Saulo
> sia diventato San Paolo; non e' cosa che mi tocchi, anche se sono
> propenso a credere che le cadute da cavallo siano pericolose per la
> salute non solo fisica. Comunque la fede e' misurabile, in ragione di
> quanto uno e' disposto a sacrificare in nome di essa, come suggerisce
> l'espressione "martire della fede".

IDEAPRIMA
> > Comunque... in effetti io ho espresso la stessa cosa che dici rifacendoti
> > a Tolstoj, no?....ossia, cio' che si perde NON e' la fede, ma l'idea riguardo
> > a qualcosa che si ritiene erroneamente la fosse.

LORIS
> Su questo siamo d'accordo.

Ciao Loris (inserisco i nomi nel quotato per evitare confusioni...), qui c'è un punto interessante. A livello di significati, una cosa è parlare di "come si perde la fede, che in realtà non era fede"; un'altra è dire (come forse ha inteso ideaprima) che "quando si perde la fede, allora quella non era in realtà fede". Infatti solamente nella seconda frase c'è chiaramente di mezzo un enunciato universale sulla fede, mentre la prima, mediante quella relativa ('[...] la fede, che') può essere intesa come riguardante la perdita di un tipo particolare di fede: quella che era tale solo in apparenza, esteriormente, per abitudine etc.
Ovviamente, se si può perdere solamente la fede che non era tale, allora la confessione di Tolstoj può valere come illustrazione delle modalità con cui ciò avviene. Ma come stanno in verità le cose attorno alla fede? Davvero se si perde la fede, allora quella che si è persa non era in realtà fede? O, forse, questa non è altro che la fede che la fede ha in se stessa, cioè quella di non poter, se "autentica", essere persa? Si tratterebbe della *fede*, da parte della fede, di essere verità evidente.

Buon pomeriggio,

Marco

Loris Dalla Rosa

unread,
Jul 8, 2023, 2:57:03 PM7/8/23
to
Marco V. ha scritto:
Ciao Marco. In effetti bisogna dare atto a ideaprima (una volta tanto)
che la sua espressione coglie meglio la questione circa la possibilita'
o meno di "perdere la fede". Ribadisco la mia opinione, in questa forma:
se per fede si intende quella che per oggetto di se stessa ha cio' che
e' cieco alla ragione(*), allora non c'e' alcuna ragione per cui si
possa perdere la fede. Una affermazione decisamente forte, ma che mi
sembra inevitabile. E' la fede che ha la propria "evidenza" in se
stessa. Ma questo pone anche la questione inversa: se non la si puo'
perdere per volonta' umana, non la si puo' neanche acquisire per tale
volonta'. Come allora la si acquisisce? Per grazia divina, l'ovvia
risposta, del tutto estranea alla volonta' dell'uomo. Questo pone il
problema del libero arbitrio, come sviluppato nel dialogo epistolare tra
Erasmo da Rotterdam e Martin Lutero. E' quest'ultimo che sostiene che la
fede e' dono diretto della grazia divina e che percio' il libero
arbitrio non esiste. A me pare piu' convincente Lutero di Erasmo:
ammessa l'esistenza di Dio bisogna ammettere, in questa questione,
l'inesistenza del libero arbitrio umano.
Buona serata,
Loris

(*)<<[...] Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati
quelli che non hanno visto e hanno creduto!">> (Gv 20,24-29)

Marco V.

unread,
Jul 8, 2023, 4:57:05 PM7/8/23
to


Il giorno sabato 8 luglio 2023 alle 20:57:03 UTC+2 Loris Dalla Rosa ha scritto:
> [...]
> Ciao Marco. In effetti bisogna dare atto a ideaprima (una volta tanto)
> che la sua espressione coglie meglio la questione circa la possibilita'
> o meno di "perdere la fede". Ribadisco la mia opinione, in questa forma:
> se per fede si intende quella che per oggetto di se stessa ha cio' che
> e' cieco alla ragione(*), allora non c'e' alcuna ragione per cui si
> possa perdere la fede. Una affermazione decisamente forte, ma che mi
> sembra inevitabile. E' la fede che ha la propria "evidenza" in se
> stessa. Ma questo pone anche la questione inversa: se non la si puo'
> perdere per volonta' umana, non la si puo' neanche acquisire per tale
> volonta'. Come allora la si acquisisce? Per grazia divina, l'ovvia
> risposta, del tutto estranea alla volonta' dell'uomo. Questo pone il
> problema del libero arbitrio, come sviluppato nel dialogo epistolare tra
> Erasmo da Rotterdam e Martin Lutero. E' quest'ultimo che sostiene che la
> fede e' dono diretto della grazia divina e che percio' il libero
> arbitrio non esiste. A me pare piu' convincente Lutero di Erasmo:
> ammessa l'esistenza di Dio bisogna ammettere, in questa questione,
> l'inesistenza del libero arbitrio umano.
> Buona serata,
> Loris
>
> (*)<<[...] Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati
> quelli che non hanno visto e hanno creduto!">> (Gv 20,24-29)

Hai fatto bene a fare pubblicità a Erasmo, Martin Lutero, Giovanni e persino Gesù:-), perché proprio quelli sono i termini della questione. Insomma, l'uomo può perdere la ragione:-) ma non la fede, se davvero ce l'ha. Ma allora se non c'è nessuna ragione perché la fede possa essere persa, e se la fede può essere acquisita solo per grazia divina, l'esistenza della fede è ratio cognoscendi della grazia divina, come la legge morale lo è della libertà secondo Kant. Ovviamente con ciò si è solamente esposto il *concetto* della fede e non fornito la prova che una simile fede esista. Per la fede non può valere quello che per Kant vale per la legge morale: di essere, in quanto oggetto di una consapevolezza, un "fatto della ragione".

Buona serata anche a te,

Marco

Omega

unread,
Jul 9, 2023, 1:57:04 AM7/9/23
to
Il 08/07/2023 22:50, Marco V. ha scritto:
>
>
> Il giorno sabato 8 luglio 2023 alle 20:57:03 UTC+2 Loris Dalla Rosa ha scritto:
>> [...]
>> Ciao Marco. In effetti bisogna dare atto a ideaprima (una volta tanto)
>> che la sua espressione coglie meglio la questione circa la possibilita'
>> o meno di "perdere la fede".

Dipende da che cosa si intende per 'fede'

>> Ribadisco la mia opinione, in questa forma:
>> se per fede si intende quella che per oggetto di se stessa ha cio' che
>> e' cieco alla ragione(*), allora non c'e' alcuna ragione per cui si
>> possa perdere la fede. Una affermazione decisamente forte,

un'affermazione non dotata di senso, perché ' è ciò che è "cieco" alla
ragione' è un'espressione priva di senso. La tua amica 'ideaprima' si
serve solo i questi paradossi per darsi un dimensione, un senso che
altrimenti non ha e non ha i mezi per avere. Semplice spocchia, insomma,
intorno aqualcosa chee non sa neppure dire che cos'è.
Sai quanti libri sacri sono stati scritti su simili non-argomenti o
meglio fantasie di persone insodisfatte?
ma che mi
>> sembra inevitabile. E' la fede che ha la propria "evidenza" in se
>> stessa.

Espressione a sua volta priva di significato, essendone privo il
soggetto dell'espessione (la fede)
Ma questo pone anche la questione inversa: se non la si puo'
>> perdere per volonta' umana, non la si puo' neanche acquisire per tale
>> volonta'. Come allora la si acquisisce? Per grazia divina,

Conclusione arbitraria sostenute dalla stessa fonte (vuota, priva di senso)

l'ovvia
>> risposta, del tutto estranea alla volonta' dell'uomo. Questo pone il
>> problema del libero arbitrio, come sviluppato nel dialogo epistolare tra
>> Erasmo da Rotterdam e Martin Lutero. E' quest'ultimo che sostiene che la
>> fede e' dono diretto della grazia divina e che percio' il libero
>> arbitrio non esiste. A me pare piu' convincente Lutero di Erasmo:
>> ammessa l'esistenza di Dio bisogna ammettere, in questa questione,
>> l'inesistenza del libero arbitrio umano.

Ci si rende conto infine che si tratta di una marea di non sensi da cui
si ricavano altri non-sensi ancora più grossi. E magari ci si costruisce
il cosiddetto "sacro".

Noi siamo semplicemente in balia della natura, cellula per cellula per
così dire, ed è grazie a essa che possiamo inventare fedi e quant'altro.
Il tutto, questa volta, tangibile e persino misurabile. E soprattutto
dotato di senso

>> Buona serata,
>> Loris

Anche a te,
Omega

>> (*)<<[...] Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati
>> quelli che non hanno visto e hanno creduto!">> (Gv 20,24-29)
>
> Hai fatto bene a fare pubblicità a Erasmo, Martin Lutero, Giovanni e persino Gesù:-), perché proprio quelli sono i termini della questione. Insomma, l'uomo può perdere la ragione:-) ma non la fede, se davvero ce l'ha. Ma allora se non c'è nessuna ragione perché la fede possa essere persa, e se la fede può essere acquisita solo per grazia divina, l'esistenza della fede è ratio cognoscendi della grazia divina, come la legge morale lo è della libertà secondo Kant. Ovviamente con ciò si è solamente esposto il *concetto* della fede e non fornito la prova che una simile fede esista. Per la fede non può valere quello che per Kant vale per la legge morale: di essere, in quanto oggetto di una consapevolezza, un "fatto della ragione".
>
> Buona serata anche a te,

Non posso che commentare anche dopo il tuo scritto ciò che ho commentato
dopo lo scritto di Loris.

Omega
>
> Marco

Loris Dalla Rosa

unread,
Jul 9, 2023, 4:39:04 AM7/9/23
to
Omega ha scritto:
> Il 08/07/2023 22:50, Marco V. ha scritto:
>>

>> Il giorno sabato 8 luglio 2023 alle 20:57:03 UTC+2 Loris Dalla Rosa ha
>> scritto:
>>> [...]
>>> Ciao Marco. In effetti bisogna dare atto a ideaprima (una volta tanto)
>>> che la sua espressione coglie meglio la questione circa la possibilita'
>>> o meno di "perdere la fede".

>
> Dipende da che cosa si intende per 'fede'
>

Si intende secondo la definizione di qualsiasi vocabolario. E' una
convinzione soggettiva che non puo' essere garantita ne' da riscontri
empirici ne' da procedimenti razionali, e che anzi si fonda, tale
convinzione, sulla fede proprio perche' va contro o perlomeno oltre la
ragione. Qui si intende, almeno cosi' io l'intendo, come fede
specificamente religiosa: fede che ha il suo contenuto (fede *in*
qualcosa) in qualcosa di soprannaturale. La fede e' sempre fede *in*
qualcosa, esso non ha alcun altro supporto, nessun'altra giustificazione
che la fede stessa.

>>> Ribadisco la mia opinione, in questa forma:
>>> se per fede si intende quella che per oggetto di se stessa ha cio' che
>>> e' cieco alla ragione(*), allora non c'e' alcuna ragione per cui si
>>> possa perdere la fede. Una affermazione decisamente forte,

>
> un'affermazione non dotata di senso, perché ' è ciò che è "cieco" alla
> ragione' è un'espressione priva di senso. La tua amica 'ideaprima' si
> serve solo i questi paradossi  per darsi un dimensione, un senso che
> altrimenti non ha e non ha i mezi per avere. Semplice spocchia, insomma,
> intorno aqualcosa chee non sa neppure dire che cos'è.

Lasciamo perdere l'"amica"(?)ideaprima, che sarebbe capitata qui per
sbaglio (per sua ammissione, ma mentendo), con due post; uno di insulto
verso un altro utente (che ovviamente e' stato cassato), e uno piu'
volte ripetuto che e' quello pubblicato (comprese le repliche), perche'
nulla ostava affinche' lo fosse: dai, capita a tutti di lasciarsi
sfuggire qualcosa di sensato:-).
Buona domenica,
Loris






--
Questa email è stata esaminata alla ricerca di virus dal software antivirus Avast.
www.avast.com
0 new messages