> per realizzare uno spettacolo a scuola su aracne (la proposta viene da
> alcune alunne danzatrici) vorrei approfondire le mie conoscenze intorno a
> questo personaggio e ai suoi legami eventuali con letterature diverse da
> quelle classiche. potete consigliarmi qualcosa?
Potresti partire da questo sito
Iperboreo
http://www.elicriso.it/mitologia-ambiente/gennaio/mito-di-aracne.htm
Aracne, figlia del tintore Idmone, era una fanciulla che viveva nella città
di Ipepe, nella Lidia. Era molto conosciuta per la sua abilità di tessitrice
perchè le sue creazioni erano di estrema bellezza e perchè aveva una grazia
ed una delicatezza uniche nell'eseguire le sue tele.
Aracne era molto orgogliosa della sua bravura tanto che un giorno ebbe
l'imprudenza di affermare che neanche l'abile Atena, anche lei famosa per
la sua abilità di tessitrice, sarebbe stata in grado di competere con lei e,
presa dalla superbia, ebbe l'audacia di sfidare la stessa dea in una
pubblica gara.
Atena, non appena apprese la notizia, fu sopraffatta dall'ira e si presentò
ad Aracne sotto le spoglie di una vecchia suggerendo alla stessa di
ritirare la sfida e di accontentarsi di essere la migliore tessitrice tra i
mortali. Per tutta risposta Aracne disse che se Atena non accettava la sfida
era perchè non aveva il coraggio di competere con lei. A quel punto Atena si
rivelò in tutta la sua grandezza e dichiarò aperta la sfida.
Una di fronte all'altra Atena ed Aracne iniziarono a tessere le loro tele e
via via che le matasse di lana si dipanavano apparivano le scene che le
stesse avevano deciso di rappresentare: nella tela di Atena erano
rappresentate le grandi imprese compiute dalla dea ed i poteri divini che le
erano propri; Aracne invece, raffigurava gli amori di alcuni dei, le loro
colpe ed i loro inganni.
Quando il lavoro fu completato, la stessa Atena dovette ammettere che la
tela di Aracne aveva una bellezza che mai si era vista: i personaggi
sembrava balzassero fuori dalla tela per compiere le imprese rappresentate.
Atena, non tollerando l'evidente sconfitta con rabbia afferrò la tela della
rivale e la stracciò in mille pezzi.
Aracne, sconvolta dalla reazione della dea, scappò via e tentò di suicidarsi
cercando di impiccarsi ad un albero. Ma Atena, pensando che quello fosse un
castigo troppo blando, decise di condannare Aracne a tessere per il resto
dei suoi giorni e a dondolare dallo stesso albero dal quale voleva uccidersi
ma non avrebbe più filato con le mani ma con la bocca perchè fu trasformata
in un gigantesco ragno.
Racconta Ovidio nelle Metamorfosi:
" ... Non lo patì l'infelice: furente si strinse la gola con un capestro e
restò penzoloni. Atena, commossa, la liberò, ma le disse: - Pur vivi o
malvagia, e pendendo com'ora pendi. E perchè ti tormenti nel tempo futuro,
per la tua stirpe continui il castigo e pei tardi nepoti -. Poscia partendo
la spruzza con sughi di magiche erbette: subito il crime toccato dal
medicamento funesto cadde e col crine le caddero il naso e gli orecchi:
divenne piccolo il capo e per tutte le membra si rimpicciolisce: l'esili
dita s'attaccano, invece dei piedi, nei fianchi: ventre è quel tanto che
resta, da cui vien traendo gli stami e, trasformata in un ragno, contesse la
tela di un tempo" .
Ancor oggi, quando si vede un ragno tessere la sua tela laboriosamente, si
ripensa alla sorte toccata alla tessitrice della Lidia condannata per il
resto della sua vita perchè era stata più abile di una dea.
M.G. Davoli
_______________________________________________________________
Fonti bibliografiche:
- "Miti dei eroi" - Luciano Risa - Liguori editore
- "Dei e Miti" - Corrado D'Alesio - Edizioni Labor
- "Gli dei e gli eroi della Grecia" - vol. I-II - Kerenyi
- "La mitologia classica" - M. Cristina Potenza
- "Miti e leggende del mondo greco romano" - Nicola Terzaghi
- "Miti saghe e leggende" - Anna Terry
>
> Aracne, figlia del tintore Idmone, era una fanciulla che viveva nella città
> di Ipepe, nella Lidia. Era molto conosciuta per la sua abilità di tessitrice
> perchè le sue creazioni erano di estrema bellezza e perchè aveva una grazia
> ed una delicatezza uniche nell'eseguire le sue tele.
>
Attenzione: in origine (Esiodo, _Opere_ 777) il ragno è un maschietto
(l'aspetto di una tenera e delicata fanciulla non l'ha, e anche il suo
comportamento da predatore non è tanto femmineo). Arachnes però si
femminilizza progressivamente (così già in Eschilo), evidentemente a
causa del fatto che pratica un'arte tipica delle donne come la
tessitura. Ma l'atto di hybris della fanciulla Aracne nei confronti di
Atena è poco compatibile con la mentalità greca: i grandi peccatori di
hybris sono generalmente maschi (Tereo, Tieste, Issione e così via).
Niobe sfida Latona per via del numero di figli: ma Latona è una dea
minore, che a sua volta si era salvata dalla collera di Hera per il
rotto della cuffia (e soprattutto grazie all'aiuto della
coraggiosissima sorella Asteria, dea dell'isola di Delo). Non per
niente, a punire Niobe provvedono i potentissimi figli di Latona,
Apollo e Artemide.
Il mito di Aracne deve essere piuttosto tardo: nella _Biblioteca_
dello Pseudo-Apollodoro non se ne parla. Non a caso, anche la favola
di Psiche (la fanciulla che tirò a cimento Afrodite a causa della sua
bellezza) ci è nota soprattutto attraverso Apuleio, anche se
probabilmente nasce in ambiente (neo?)platonico. Insomma, una Wonder
Woman mi sembra poco greca: la stessa Medea, donna indubbiamente
portentosa, è pericolosamente orientale e barbara (e questo tanto per
non addentrarci nel mito di quella grande extracomunitaria primigenia
che è Elena);-)
In conclusione, nella storia della cultura occidentale la femminilità
del ragno mi sembra un fatto episodico, anche se destinato ad una
certa fortuna come esempio 'negativo' di sfida alla divinità (Dante
etc.). Per acquisire uno status sociale accettabile, la 'ragna' dovrà
tornare maschio: Spiderman, appunto;-) E chi ci dice che il grazioso
ragnetto mutante non fosse la reincarnazione della superba Aracne?
Eleonora
> Attenzione: in origine (Esiodo, _Opere_ 777) il ragno è un maschietto
[...]
> In conclusione, nella storia della cultura occidentale la femminilità
> del ragno mi sembra un fatto episodico,
Vero. Pero' occorre forse tenere presente che secondo alcuni
interpretazioni, legate soprattutto alla scuola psicanalitica, il ragno
simboleggia la Grande Madre nel suo aspetto di determinare e tessere il
destino, o simboleggia le dee lunari. Il simbolo del ragno, d'altra parte,
si incontra in molte religioni e culture del mondo. Per i cristiani e'
simbolo del male. Nella religione egizia il ragno è un attributo di Neth: la
tessitrice del mondo. Pper i popoli dell'Asia Centrale e in Siberia
rappresenta l'anima liberata dal corpo.
ciao Iperboreo
Sì, però tu citi esempi tratti da religioni orientali o nordiche, dove
la femminilità non è così passiva come in Grecia (dove, quanto meno
nella sfera umana, la donna di solito se ne sta chiusa in casa a
piangere per il proprio sposo lontano; certo qualcuna si scoccia e
finisce per ammazzarlo al suo ritorno, ma questo è un problema
diverso).
Il nocciolo della questione è: può una donna greca giungere al punto
di sfidare una grande dea? A me viene in mente solo Niobe, di cui
abbiamo già parlato (ma Latona, ripeto, è molto meno potente di Atena:
la prima è figlia di un Titano sconfitto, la seconda di Zeus).
Psiche è la personificazione dell'anima: come tale può essere più
bella della stessa Afrodite, e fare innamorare Eros che,
platonicamente, è amante dell'anima.
Un dettaglio abbastanza repellente: nella superstizione degli antichi,
la testa di un ragno peloso(!), tagliata e svuotata, veniva appesa ad
un laccio e portata come collier da alcune donne che attribuivano a
siffatto monile funzione contraccettiva. La simbologia di quest'orrida
pratica mi sembra intuibile:-(
Eleonora
>
[...]
> Sì, però tu citi esempi tratti da religioni orientali o nordiche, dove
> la femminilità non è così passiva come in Grecia (dove, quanto meno
> nella sfera umana, la donna di solito se ne sta chiusa in casa a
> piangere per il proprio sposo lontano;
[...]
Questo vale per la Grecia in eta' classica.
Ma quanto puo' esserci, negli stessi miti ellenici, di proveniente da strati
piu' arcaici, quelli nei quali la donna non rivestiva un ruolo cosi'
passivo?
ciao Iperboreo
>per realizzare uno spettacolo a scuola su aracne (la proposta viene da
>alcune alunne danzatrici) vorrei approfondire le mie conoscenze intorno a
>questo personaggio
Ti hanno già risposto esaurientemente. Vorrei aggiungere solo che una
variante del mito di Aracne è narrata nel libro VI delle Metamorfosi di
Ovidio:
Aracne, una mortale, figlia di un tintore di porpora di Colofone, si
vantava di essere più brava di Atena, detentrice del monopolio
dell'industria tessile, e sfidò la dea in una gara. Atena le apparve
accanto al telaio sotto forma di una vecchia e le consigliò mafiosamente
prudenza, pena l'ira divina. Aracne le rispose con male parole e sfidò
Atena a gareggiare nell'ordito e nel ricamo. La dea si rivelò e la gara
ebbe inizio. Atena rappresentò nella tela gli dei e, per intimidire la
ragazza, ai quattro angoli della tela rappresentò altrettanti esempi di
superbia punita. Aracne disegnò invece gli amorazzi degli dei (Zeus che
si finge toro per ingannare Europa o cigno per ingannare Leda, ecc).
Cito Ovidio: "Neppure Pallade o Invidia avrebbero potuto denigrare
quell'opera. Ma la bionda dea guerriera si dolse del successo, fece a
brandelli la tela che illustrava i misfatti degli dei e, con in mano la
spola fatta col legno del monte Citoro, più volte in fronte colpì
Aracne, figlia di Idmone. La sventurata non lo resse e fuor di senno
corse a cingersi il collo in un cappio". Happy end: Atena la fece vivere
("n'ebbe pietà Pallade") e la trasformo' in ragno ("dicendo: "Vivi,
vivi, ma appesa come sei, sfrontata, e perché tu non abbia miglior
futuro, la stessa pena sarà comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi
discendenti").
Ciao,
Ferdinando
--
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> il ragno [SNIP]
> Per i cristiani e'
>simbolo del male.
Potresti darmi qualche riferimento?
A Leò'!.. ma come?
Prima mi convinci con le tue "impenitenti" di quanto fossero sveglie ed
anticonformiste le donne greche e poi me le chiudi nel gineceo? ;o))
Scherzi a parte, non credo che il problema sia tanto di tipo geografico
(la cultura greca, nel bene e nel male, mi sembra sia stata pesantemente
influenzata da quella orientale) quanto di tipo cronologico: il simbolo
del ragno cui accennava Alberto era fondamentalmente un simbolo lunare,
nella protostoria, almeno secondo Graves e, mi pare, anche Eliade.
In questo senso anche il monile con funzione contraccettiva potrebbe
assumere un significato diverso: la luna "vuota", quindi la luna nuova o
calante, tradizionalmente non propizia alla generazione ed al
concepimento.
Ma questa è solo una di quelle ipotesi che vengon fuori all'una di
notte!... :(
Ciao,
--
Righel
___________________________
FISA: http://www.ulixes.it/fisa
UAN: http://www.na.astro.it/uan
> >simbolo del male.
>
> Potresti darmi qualche riferimento?
From: "Ferdinando Chiodo"
> > Per i cristiani e'
> >simbolo del male.
>
> Potresti darmi qualche riferimento?
Non che siano decisive, piu' che altro mi pare che alludano alla fragilita'
ed alla precarieta' (in opposizione alla sicurezza ed alla saldezza), cito,
versione C.E.I.:
Giobbe 8:14
la sua fiducia è come un filo
e una tela di ragno è la sua sicurezza:
Isaia 59:5
Dischiudono uova di serpenti velenosi,
tessono tele di ragno;
chi mangia quelle uova morirà,
e dall'uovo schiacciato esce una vipera.
o, nella versione del DioFrom: "Ferdinando Chiodo"
> > Per i cristiani e'
> >simbolo del male.
>
> Potresti darmi qualche riferimento?
Non che siano decisive, piu' che altro mi pare che alludano alla fragilita'
ed alla precarieta' (in opposizione alla sicurezza ed alla saldezza), cito,
versione C.E.I.:
Giobbe 8:14
la sua fiducia è come un filo
e una tela di ragno è la sua sicurezza:
Isaia 59:5
Dischiudono uova di serpenti velenosi,
tessono tele di ragno;
chi mangia quelle uova morirà,
e dall'uovo schiacciato esce una vipera.
O, nella versione del Diodati
Giobbe 8:14
La sua fiducia sarà troncata e la sua sicurezza è come una tela di ragno
ciao Iperboreo
>"Iperboreo" <hyper...@KAOSsitoverde.com> wrote in message news:<KTYj9.4374$Eu.9...@twister1.libero.it>...
>> "Eleonora Cavallini" ha scritto:
>>
>> > Attenzione: in origine (Esiodo, _Opere_ 777) il ragno è un maschietto
>>
>> Vero. Pero' occorre forse tenere presente che secondo alcuni
>> interpretazioni, legate soprattutto alla scuola psicanalitica, il ragno
>> simboleggia la Grande Madre [cut]
>
>Sì, però tu citi esempi tratti da religioni orientali o nordiche, dove
>la femminilità non è così passiva come in Grecia (dove, quanto meno
>nella sfera umana, la donna di solito se ne sta chiusa in casa a
>piangere per il proprio sposo lontano; certo qualcuna si scoccia e
>finisce per ammazzarlo al suo ritorno, ma questo è un problema
>diverso).
Baccanti a parte.
Luca Carrera
> Potresti darmi qualche riferimento?
Non che siano decisive, piu' che altro mi pare che alludano alla fragilita'
ed alla precarieta' (in opposizione alla sicurezza ed alla saldezza), cito,
versione C.E.I.:
Giobbe 8:14
la sua fiducia č come un filo
e una tela di ragno č la sua sicurezza:
Isaia 59:5
Dischiudono uova di serpenti velenosi,
tessono tele di ragno;
chi mangia quelle uova morirą,
e dall'uovo schiacciato esce una vipera.
o, nella versione del Diodati:
Giobbe 8:14
La sua fiducia sarą troncata e la sua sicurezza č come una tela di ragno
ciao Iperboreo
>> > Per i cristiani e'
>> >simbolo del male.
>>
>Non che siano decisive, piu' che altro mi pare che alludano alla fragilita'
>ed alla precarieta' (in opposizione alla sicurezza ed alla saldezza), cito,
>versione C.E.I.: [SNIP]
>Giobbe 8:14
>Isaia 59:5
Pensavo che qualche padre della Chiesa avesse giustificato con la
teologia la propria paura dei ragni. Ricordavo infatti che
Sant'Agostino, nelle Confessioni, affermava che non si stancava di
osservare i ragni quando costruivano la tela e lodava pertanto Dio per
aver creato simili meraviglie (sto citando a memoria).
L'animale simbolo del male per i cristiani (e gli israeliti) dovrebbe
essere il serpente. Tuttavia il serpente viene ritenuto un animale
previdente. Nell'Antico Testamento in un salmo viene citata una vipera
che, nonostante sia sorda, si tura le orecchie per non udire la voce
dell'incantatore, mentre nel Vangelo Cristo suggerisce agli apostoli di
essere prudenti come i serpenti, nonché semplici come le colombe.
Ciao,
Ferdinando
P.S. A scuola ho frequentato le lezioni di religione. Una piccola
correzione: Giobbe e Isaia non erano cristiani; anzi, Giobbe
probabilmente non era neanche israelita.
Il mito di Penelope e quello di Deianira hanno origini molto antiche.
Certo, come ha osservato di recente anche Eva Cantarella, Penelope č
un personaggio estremamente ambiguo, abile com'č nella seduzione e
nell'inganno. Deianira invece č una credulona e come tale fa piů danni
delle sue colleghe accorte e scaltre. Poi c'č Elena, la straordinaria
cugina di Penelope: Elena č maga e maliarda, avendo appreso molte
misteriose arti durante il suo soggiorno in Egitto. Ma chi di loro osa
sfidare le grandi dee? Elena, a dire il vero, fa una partaccia ad
Afrodite (_Iliade_ III), ma poi, di fronte alle minacce della dea,
opta per un strategica ritirata. Nemmeno Clitemestra, l'assassina
traditrice, sfida apertamente la divinitŕ. Certo, non si puň dire che
Penelope, Elena e Clitemestra siano passive, tutt'altro: ma i mitici
spregiatori degli dči sono uomini (a proposito, mi stavo dimenticando
di Capaneo).
Naturalmente, non sto parlando di personaggi femminili che si
ribellano ad un dio: molte, donne o anche dee, lo fanno, ma di solito
per salvaguardare la propria virtů. Insomma, hanno ragione loro, anche
se il dio č piů potente e le punisce. L'indomita Asteria sfugge alle
insidie di Zeus (e successivamente aiuta la sorella Latona, sedotta
dal dio). Ma, stranamente, il nume che colleziona il maggior numero di
smacchi č il bellissimo Apollo: respinto da Cassandra, Marpessa,
Dafne, Ociroe, tradito da Coronide (madre di Asclepio), rinnegato da
Creusa (madre di Ione), Apollo č addirittura costretto ad assumere
l'aspetto della propria gemella Artemide per sedurre la ninfa
Callisto, safficamente amica della vergine dea cacciatrice.
> ...Apollo è addirittura costretto ad assumere
> l'aspetto della propria gemella Artemide per sedurre la ninfa
> Callisto, safficamente amica della vergine dea cacciatrice.
Come, Apollo? Anche lui? :)
Apollodoro (III, 8, 2) dice che fu Zeus a fare il giochino con Callisto,
generando Arcas...
Eddài!... Apollo non era tipo da ricorrere a questi trasformismi, era un
dio serio. Magari un po' "scalognato" con le donne ma con una sua feroce
dignità...
Mi ha sempre fatto intenerire il suo flop con Dafne. Vabbèh che era alle
prime armi, ma una figuraccia così non se la meritava.
Zeus, invece... vedi Leda, Europa e compagne...
> Il mito di Penelope e quello di Deianira hanno origini molto antiche.
> Certo, come ha osservato di recente anche Eva Cantarella...
Antiche, arcaiche, si. Ma io mi riferivo a sostrati piu' antichi ancora.
Quali tracce ci sono, e lo chiedo a te, specialista nel ramo, di
organizzazione matrifocale nella letteratura greca?
ciao Iperboreo
[...]
>... Apollo [...] era un dio serio... con una
> sua feroce dignità...
Una delle divinita' olimpiche piu' complesse, Apollo.
Di lui mi e' piaciuta la definizione del Colli in un volumetto
sulla nascita della filosofia: dio che dona la guarigione ed il
morbo... divinita' che colpisce da lontano... usa l'arco, arma
asiatica...
Chissa' perche' e' diventato nell'immaginario
popolare il "bell'Apollo" ;-)
Iperboreo
>
> Antiche, arcaiche, si. Ma io mi riferivo a sostrati piu' antichi ancora.
> Quali tracce ci sono, e lo chiedo a te, specialista nel ramo, di
> organizzazione matrifocale nella letteratura greca?
>
Mi vuoi condurre su un terreno minato. Tanto più che ormai riesce
difficile credere al mito bachofeniano del 'matriarcato'.
Dal punto di vista letterario, certo il personaggio odissiaco di Arete
obbliga ad una qualche riflessione: ma anche se Arete gode di immenso
prestigio, il re è pur sempre Alcinoo e Nausicaa è detta figlia di
lui.
Piuttosto, il ruolo della madre riveste un'importanza inusitata nelle
vicende dei tiranni, i quali si impadroniscono del potere grazie alla
posizione della madre (magari da loro incestuosamente posseduta, come
nei casi di Edipo e Periandro). Ma bisogna stare attenti: la presa di
potere per mezzo della madre è un atto ubristico, diciamo pure
illegale, proprio dunque dei _tyrannoi_ (cf. C. Catenacci, _Il tiranno
e l'eroe_, Bruno Mondadori 1996).
Tracce di organizzazione matrifocale parrebbero potersi individuare
anche nella poesia di Nosside, la nobildonna locrese che celebra
genealogie matrilineari. Ma siamo ormai sullo scorcio dell'età
ellenistica , ed è molto difficile credere che a quel tempo il potere
delle donne fosse effettivo. Si tratterà forse di residui di una
tradizione molto più antica, di cui è difficile ricostruire un quadro
attendibile. A Locri vi sono perfino indizi della famigerata
'prostituzione sacra' di origine orientale, paradossale spia di un
maggior potere delle donne (proprio per questo, è da credere,
condannate ad un'ccasionale quanto ritualizzata umiliazione).
Sono solo indicazioni sommarie, comunque.
Eleonora
In effetti hai ragione: nella vicenda in oggetto Apollo è solo un fake
di Zeus, alternativo ad Artemide. Probabilmente Apollo viene chiamato
in causa da pudichi mitografi restii ad ammettere il legame omoerotico
fra Callisto e Artemide. Rimane il fatto che la dea se la prende
moltissimo e trasforma la povera Callisto in un'orsa, poi destinata a
divenire l'Orsa Maggiore (il tema è di tua competenza, eh?).
Naturalmente la metamorfosi di Callisto in orsa non è un capriccio dei
mitografi, ma rispecchia antichi rituali, fra cui quello ateniese
dell' _arkteia_, fase essenziale nella procedura di passaggio dalla
fanciullezza all'età adulta. In tale fase le ragazze dovevano
trascorrere un certo periodo di tempo a Braurone e 'comportarsi come
orse'. Insorge il sospetto che in tale situazione fiorisse il
tribadismo, come a Lesbo e a Sparta: cosa indubbiamente imbarazzante
per la mentalità tardo-antica, che ammette ancora la pederastia ma
condanna duramente gli amori saffici (vedi ad esempio lo
pseudo-Luciano, _Questioni d'amore_; ma nemmeno Platone nel _Simposio_
è del tutto imparziale, nonostante il politically correct 'mito delle
sfere' narrato da Aristofane).
Eleonora
>
> Chissa' perche' e' diventato nell'immaginario
> popolare il "bell'Apollo" ;-)
>
Probabilmente a causa dell'iconografia, che lo rappresenta come un
modello di armonia suprema(dal frontone del tempio di Zeus ad Olimpia
in poi). Nell'_Inno Omerico ad Apollo_, il dio appare ai sacerdoti di
Crisa come un giovane bellissimo e forte, dalla lunga chioma (che è
poi un suo attributo ricorrente): ma questo di per sé non basterebbe a
farne il dio 'bello' per eccellenza, vale a dire più di Ares (che è
detto 'bello' dallo zoppo e geloso Efesto nell'ottavo libro
dell'_Odissea_) ovvero di Dioniso (sulla cui seducente avvenenza si
sofferma ripetutamente Euripide nelle _Baccanti_). Senonché Ares è dio
della guerra, e dunque rappresenta la contesa e il disordine (ma
pensiamo a Botticelli, che lo dipinge lucrezianamente addormentato ai
piedi dell'alma Venere!). Dioniso, dal canto suo, simboleggia l'estasi
e l'ebbrezza: ed anche lui può essere bellissimo, specie se si
considera che associa la sensualità alla dignità divina. Ma già i
Romani ne faranno un ciccione rubizzo (Pompei) e l'arte moderna
insisterà su questi lati deteriori.
Viceversa, Apollo Musagete, Apollo luminoso, dio solare, guaritore,
che allontana topi e cavallette, è destinato a rappresentare la
bellezza armonica, serena, perfetta. Con ciò si dimenticano i suoi
lati più oscuri e crudeli. Oltretutto Apollo è un emerito stupratore
(forse più del padre Zeus): ma non dobbiamo dimenticare che nella
mentalità arcaica lo stupro è un normale modo di agire di dèi ed eroi
'civilizzatori' (Eracle, Teseo), che in tal modo diffondono il seme di
una stirpe superiore. Non per niente il romanizzato Plutarco tratta
Teseo come un impenitente puttaniere, dimostrando così la perdita
dell'originaria valenza culturale di siffatti comportamenti.
Rimane un problema: perché Apollo viene (quasi) sistematicamente
respinto dalle femmine da lui concupite (Dafne, Marpessa, Coronide,
Ociroe etc.: fa eccezione Cirene) mentre Dioniso non ne sbaglia una?
Forse perché Dioniso è più comprensivo e 'democratico' (si accolla
perfino Arianna, abbandonata da Teseo)?
Eleonora
[...]
> Tanto più che ormai riesce
> difficile credere al mito bachofeniano del 'matriarcato'.
Le ipotesi "matriarcali" di Bachofen sono ormai di certo abbandonate. Ma
l'esistenza, per un lungo periodo, di civilta' nelle quali la posizione
della donna era quantomeno pari a quella dell'uomo (e' stato coniato il
termine di "gilania" per indicare questa collaborazione paritaria) mi pare
godano di sufficiente credito. Tuttavia, dal punto di vista delle fonti
scritte si fatica molto a trovarne traccia.
Iperboreo
....
> Ma l'esistenza, per un lungo periodo, di civilta' nelle quali la
> posizione della donna era quantomeno pari a quella dell'uomo (e'
> stato coniato il termine di "gilania" per indicare questa
> collaborazione paritaria) mi pare godano di sufficiente credito.
> Tuttavia, dal punto di vista delle fonti scritte si fatica molto a
> trovarne traccia.
Per forza!... :)
La "gilania", di gimbutiana memoria (*), è collocata temporalmente nel
periodo compreso fra il medio neolitico e la prima età dei metalli,
quando la scrittura era ancora di là da venire.
Poi, che ci si affidi alle ipotesi di invasioni militari dall'est o
piuttosto a quella della pacifica penetrazione, resta il fatto che la
struttura politico-religiosa del mediterraneo orientale (Grecia
compresa) subì una mutazione considerevole, sostituendo alla Grande Dea
(erede probabilmente delle veneri steatopigie del Paleolitico superiore)
il concetto di un dio uranico, maschile e maschilista ;o) : Diaus... poi
Zeus, Theos, Iovis, Deus...
(*) per la verità il termine, portato agli onori della cronaca dalla
Gimbutas, era stato in realtà coniato da Riana Eisler (The Chalice and
the Blade, 1987).
> Per forza!... :)
> La "gilania", di gimbutiana memoria (*), è collocata temporalmente nel
> periodo compreso fra il medio neolitico e la prima età dei metalli,
> quando la scrittura era ancora di là da venire.
Questo tipo di organizzazione sociale, se davvero e' esistito, come pare
dagli studi della Gimbutas, della Eisler e altri, appartiene all'epoca delle
civilta' senza scrittura, d'accordo. Ma non e' detto che non abbia lasciato
tracce, magari sotterranee e poco evidenti nel mito e quindi nelle
letterature delle civilta' che sono venute dopo (quella greca ma anche
altre, tutt'ora poco conosciute). Le societa' matrifocali sono durate un
lasso di tempo estremamente lungo e supporre che siano state completamente
rimosse... beh, direi che e' ancora da dimostrare.
Iperboreo
P.s.
Con questo post prendo temporaneamente congedo dal Ng.
Saro' assente per qualche tempo senza possibilita' di collegarmi
alla rete. Un saluto a tutti.
> ...Ma non e' detto
> che non abbia lasciato tracce, magari sotterranee e poco evidenti nel
> mito e quindi nelle letterature delle civilta' che sono venute dopo
> (quella greca ma anche altre, tutt'ora poco conosciute).
Infatti l'hanno lasciato. Altroché se l'hanno lasciato!
Basta rileggersi _I miti greci_, di Graves, per trovare un'infinità di
prove ed indizi, della maggior parte dei quali è difficile dubitare.
> P.s.
> Con questo post prendo temporaneamente congedo dal Ng.
> Saro' assente per qualche tempo senza possibilita' di collegarmi
> alla rete. Un saluto a tutti.
Buon viaggio, Alberto!
Spero di ricordarmi di inviarti un SMS di auguri per il tuo
onomastico/compleanno ;o)
(e tu, Ipazia.... capisc'a mme!)
>Tracce di organizzazione matrifocale parrebbero potersi individuare
>anche nella poesia di Nosside, la nobildonna locrese che celebra
>genealogie matrilineari.
Se non ricordo male secondo Erodoto anche gli abitanti della Licia
computavano il rapporto di parentela secondo la discendenza per linea
femminile. Non è detto tuttavia che nelle società matrilineari la
libertà delle donne sia maggiore. Le società matrilineari sono molto
diffuse nell'Africa subsahariana; in queste società, tuttavia, il capo
della famiglia è pur sempre un uomo, in genere un fratello della donna.
Ciao,
Ferdinando
>
> Se non ricordo male secondo Erodoto anche gli abitanti della Licia
> computavano il rapporto di parentela secondo la discendenza per linea
> femminile.
Erodoto I 173,4-5: "Questa sola usanza è loro caratteristica e in ciò
non trovano paragone fra tutti gli altri uomini: prendono i propri
nomi dalle madri e non dai padri. Se uno domanda al vicino chi sia,
questo si presenterà allegando il nome della madre ed elencherà le
madri della madre. E se una donna cittadina si unisce ad uno schiavo,
i figli sono considerati legittimi; se invece un uomo cittadino, anche
il primo fra loro, tiene come sposa o concubina una straniera, i figli
non godono del diritto di cittadinanza".
Se dobbiamo dare retta a Erodoto, sembra che il fenomeno costituisse
un _unicum_, quanto meno al suo tempo.
> Non è detto tuttavia che nelle società matrilineari la
> libertà delle donne sia maggiore. Le società matrilineari sono molto
> diffuse nell'Africa subsahariana; in queste società, tuttavia, il capo
> della famiglia è pur sempre un uomo, in genere un fratello della donna.
Sono d'accordo. Un meccanismo in qualche modo simile, sul piano
antropologico, giustifica le pretese successorie di Creonte, fratello
di Giocasta (la quale a sua volta legittima il potere di Edipo non
tanto perché sia sua madre, visto che questo non si sa, ma perché lo
ha sposato). Nessuno comunque si sognerebbe di affidare direttamente
le redini del governo a Giocasta.
Ciao,
Eleonora
>
> Ciao,
> Ferdinando
> Se non ricordo male secondo Erodoto anche gli abitanti della Licia
> computavano il rapporto di parentela secondo la discendenza per linea
> femminile. Non č detto tuttavia che nelle societą matrilineari la
> libertą delle donne sia maggiore. Le societą matrilineari sono molto
> diffuse nell'Africa subsahariana; in queste societą, tuttavia, il capo
> della famiglia č pur sempre un uomo, in genere un fratello della donna.
Penso che l'uso di porre a capo del clan il fratello della donna (usanza non
rara presso popolazioni arcaiche) possa rappresentare un momento di
transizione dall'organizzazione sociale matrifocale a quella patrifocale,
una sorta di compromesso, insomma, nel quale la linea di discendenza e'
femminile, mentre l'esercizio del comando e' maschile.
Iperboreo
>Luca Carrera <bor...@interfree.it> wrote in message news:<6tl5puk0q5tba3lfj...@4ax.com>...
>>
>> Baccanti a parte.
>>
>Scusa Luca, il tuo msg mi era sfuggito!
Ma figurati, era una roba buttata lì...
>Naturalmente le Baccanti non
>rimangono chiuse nell'_oikos_, ma questo, almeno alle origini, crea
>gravi turbative all'ordine pubblico (come dimostra, sul piano mitico,
>la reazione di Penteo). La fuga dal focolare domestico e l'abbandono
>delle donne all'estasi dionisiaca possono essere accettate solo in
>quanto manifestazione di una precisa ritualità, che appunto come tale
>prevede norme rigorose.
Immagino di sì. Tuttavia ho la sensazione che anche gli antichi Greci
si rendessero conto che sotto sotto le donne tengono le redini in
mano... Non compiono gesti eclatanti, ma la loro influenza sullo
scomposto agire maschile mi pare innegabile. Certo il tutto va
mascherato e non bisogna dirlo forte, altrimenti si fa la fine di
Pericle con Aspasia...
>Poiché conosci bene il libro di Kerényi,
glisso...
>certamente ricordi il mito delle argive Pretidi, punite da Hera (ma
>anche dallo stesso Dioniso) per avere infranto tali norme, ossia per
>avere baccheggiato in modo scomposto e indecente.
Non dare mai per scontato che io ricordi qualcosa! :-)
Ultimamente ho riletto quasi tutto Euripide, e l'impressione generale
che ne traggo, pur nella specificità della sua figura, è che chi tira
le fila del gioco siano proprio le donne. Ho finito ieri l'Elena e al
di là della riabilitazione del personaggio mi pare che stravinca il
confronto con quel pallone gonfiato di Menelao. Andromaca, Ecuba,
Medea (adesso mi dirai che non sono greche), sconfitte in apparenza ma
terribili... ci devo pensare un po' su.
Non sfidano le dee? Forse sono solo più intelligenti o pratiche...
Sfidare gli dei è da fessi, Capaneo che fine fa?
Luca Carrera
> Immagino di sì. Tuttavia ho la sensazione che anche gli antichi Greci
> si rendessero conto che sotto sotto le donne tengono le redini in
> mano... Non compiono gesti eclatanti, ma la loro influenza sullo
> scomposto agire maschile mi pare innegabile. Certo il tutto va
> mascherato e non bisogna dirlo forte, altrimenti si fa la fine di
> Pericle con Aspasia...
Spesso mi sono chiesta chi fosse la vera grancassa di Aspasia. Qualche
decennio prima, a Mileto, Targelia aveva fatto di più e di peggio di
lei, assicurando al Gran Re di Persia un gran numero di alleati e
fiancheggiatori in campo greco. Nel quarto secolo, Frine fece vedere i
sorci verdi non solo alla borghesia benpensante ateniese (in fondo
questo lo facevano tutte le etère), ma anche ad Alessando Magno, il
che non è poco. Eppure nessuna donna greca di età classica è tanto
ammirata e discussa quanto Aspasia. Suppongo ci sia sotto lo zampino
di Socrate e di Platone, anche se quest'ultimo (nel _Menesseno_) non
sembra prendere troppo sul serio le abilità retoriche e politiche
della compagna di Pericle. Probabilmente il mito di Aspasia è stato
creato da Plutarco, che, forse non avvertendo l'ironia implicita
negli scritti del suo adorato Platone, trasformò Aspasia in una di
quelle figure femminili 'eroiche' a lui tanto care.
>
> Ultimamente ho riletto quasi tutto Euripide, e l'impressione generale
> che ne traggo, pur nella specificità della sua figura, è che chi tira
> le fila del gioco siano proprio le donne. Ho finito ieri l'Elena e al
> di là della riabilitazione del personaggio mi pare che stravinca il
> confronto con quel pallone gonfiato di Menelao.
Elena è un personaggio eccezionale. Stravince sempre. Nell'_Odissea_
zittisce tutti versando un po' di polverina nel vino. Saffo la
considera un modello da imitare. Gorgia ne fa un banco di prova di
abilità retorica. Eschilo ne ammira il fascino e la determinazione, e
perfino Euripide, che per motivi politici dovrebbe denigrarla (è
l'eroina della nemica Sparta!) finisce per darle ragione, e non solo
nell'_Elena_ (412: momento di distensione nella guerra contro Sparta),
ma già nelle _Troiane_, dove chi fa davvero una gran brutta figura è
il solito Menelao.
> Andromaca, Ecuba,
> Medea (adesso mi dirai che non sono greche), sconfitte in apparenza ma
> terribili... ci devo pensare un po' su.
In effetti Medea rappresenta il mistero e la terribile potenza del
mondo orientale(suo figlio Medo è il capostipite della temuta stirpe
dei Medi). Andromaca invece ha comportamenti molto simili a quelli
delle eroine greche: trepida per il marito in pericolo, piange per il
figlioletto, eppure si adatta al talamo di Neottolemo, figlio
dell'uccisore di Ettore. Certo, nel mondo antico questa era la regola
imposta alle donne prigioniere di guerra. Ma Andromaca, oltre ad avere
da Neottolemo un figlio di nome Molosso, non esita a biasimare la
rivale Ermione (figlia di Elena!) accusandola di non essere una brava
e paziente donna di casa.
Una parentesi: all'epoca della spedizione ateniese contro Melos, pare
che Alcibiade applicasse le antiche regole mettendo incinta una donna
melia. Noi chiameremmo un simile agire 'pulizia etnica'. Eppure eroi
'civilizzatori' come Teseo ed Eracle erano soliti avere figli da donne
appartenenti ai popoli sconfitti, in nome di un preteso miglioramento
della stirpe. All'epoca della distruzione di Melos, discutibile atto
di forza della 'democrazia' ateniese, la mentalità doveva essere in
parte cambiata, se è vero che Alcibiade venne sottoposto a pesanti
critiche da alcuni dei suoi stessi contemporanei.
Tornando ad Andromaca: l'eroina, come dici tu, non è affatto passiva,
ma la sua pur forte personalità si esprime entro una logica che
potremmo definire di 'sottomissione', magari solo apparente. In età
ellenistico-romana, le eroine sconfitte avrebbero preso l'abitudine di
accoltellare o avvelenare gli uccisori dei loro mariti (Camma, nel
_Dialogo sull'amore_ plutarcheo).
Diverso il caso di Ecuba, che, pur nella totale disfatta, non rinuncia
ad infierire sui propri nemici, inclusi i figlioletti innocenti del
perfido Polimestore. Si ha l'impressione che Euripide, per tale
efferato gesto, la consideri una barbara, anzi un'orientale priva di
_eusebeia_, molto simile agli odiati ira...ehm persiani.
> Non sfidano le dee? Forse sono solo più intelligenti o pratiche...
> Sfidare gli dei è da fessi, Capaneo che fine fa?
Brutta. Però io pensavo che l'atteggiamento ubristico di molti eroi
greci fosse indizio di virile audacia, pur se male indirizzata, e non
di fessaggine. Ma ora sono io che devo pensarci su....;-)
A presto,
Eleonora
>
>Una parentesi: all'epoca della spedizione ateniese contro Melos, pare
>che Alcibiade applicasse le antiche regole mettendo incinta una donna
>melia. Noi chiameremmo un simile agire 'pulizia etnica'. Eppure eroi
>'civilizzatori' come Teseo ed Eracle erano soliti avere figli da donne
>appartenenti ai popoli sconfitti, in nome di un preteso miglioramento
>della stirpe. All'epoca della distruzione di Melos, discutibile atto
>di forza della 'democrazia' ateniese, la mentalità doveva essere in
>parte cambiata, se è vero che Alcibiade venne sottoposto a pesanti
>critiche da alcuni dei suoi stessi contemporanei.
Bè, forse è che Alcibiade, per quanto alta potesse essere l'opinione
che aveva di sè, difficilmente poteva essere innalzato al livello di
eroe come Teseo ed Eracle... il suo seme non era merce così pregiata
da sradicare la violenza dello stupro!
>Tornando ad Andromaca: l'eroina, come dici tu, non è affatto passiva,
>ma la sua pur forte personalità si esprime entro una logica che
>potremmo definire di 'sottomissione', magari solo apparente. In età
>ellenistico-romana, le eroine sconfitte avrebbero preso l'abitudine di
>accoltellare o avvelenare gli uccisori dei loro mariti (Camma, nel
>_Dialogo sull'amore_ plutarcheo).
Tolgo Andromaca dalla casistica.
>> Non sfidano le dee? Forse sono solo più intelligenti o pratiche...
>> Sfidare gli dei è da fessi, Capaneo che fine fa?
>
>Brutta. Però io pensavo che l'atteggiamento ubristico di molti eroi
>greci fosse indizio di virile audacia, pur se male indirizzata, e non
>di fessaggine. Ma ora sono io che devo pensarci su....;-)
Credo che Socrate ci possa aiutare a distinguere cosa è coraggio da
cosa è fessaggine. Personalmente se devo pensare a un archetipo di
c******e penso proprio a Capaneo. Può anche darsi che Dante mi abbia
fuorviato.
Ciao
Luca Carrera
Il problema, secondo me, non è il valore del DNA di Alcibiade (il
quale, ammesso che la storia sia vera e non sia frutto di propaganda a
lui avversa, si prestò all'operazione non certo per il proprio piacere
ma per un erroneo calcolo politico). Probabilmente il punto è un
altro: nella tradizione antica, quanto meno in età arcaica, i
vincitori avevano il diritto di prendersi le donne degli sconfitti e
generare figli da queste ultime. Solo che al tempo della presa di
Melos non c'era più una visione concorde su questo punto. Alcuni
ritengono addirittura che la tragedia euripidea _Le Troiane_ sia una
violenta critica contro l'attacco a Melos (specie se si considera che
Andromaca avrà appunto un figlio da Neottolemo). Ma tutto è molto
incerto: allo stesso Euripide è infatti attribuito un epinicio in
onore di Alcibiade, il che farebbe pensare ad un rapporto amichevole
fra i due.
Certo, lo stupro perpetrato sulle donne dei vinti dovette divenire
sempre più impopolare, come dimostra l'astuto atteggiamento di Filippo
il Macedone che, dopo ogni campagna di guerra, sposava regolarmente
una figlia del sovrano sconfitto per assicurarsene l'alleanza.
Alessandro Magno e, più tardi, Scipione l'Africano attireranno su di
sé l'ammirazione degli storiografi per il loro assoluto rispetto nei
confronti delle donne prigioniere.
>
Ciao,
Eleonora
Nel caso di Alessandro, ricordo di aver letto qualcosa sull'episodio
del grande conquistatore che arriva a salvare le mogli di Dario prima
che vengano stuprate dalla truppa... mi pare un'immagine un po'
romanzata. Non trovo particolarmente rispettosa la celebrazione dei
matrimoni di massa tra nobili macedoni e donne persiane al fine della
creazione della nuova classe dominante eurasiatica. Che fine fecero
queste spose quando i loro "mariti" tornarono in patria dalle loro
vere mogli?
Il rispetto di Alessandro mi pare mero calcolo politico.
Luca Carrera
Così è romanzata altroché: non avrai per caso letto questo racconto in
_Alexandros_ di V. M. Manfredi?
Non è immaginabile, infatti, che le truppe tentassero di possedere la
regina e le principesse di sangue reale, poiché era ovvio che gli
eventuali stupratori sarebbero incorsi nelle ire del proprio stesso
sovrano, unico ad avere il 'diritto' (si fa per dire) di accomodarsi e
favorire.
>> matrimoni di massa tra nobili macedoni e donne persiane al fine
della
> creazione della nuova classe dominante eurasiatica. Che fine fecero
> queste spose quando i loro "mariti" tornarono in patria dalle loro
> vere mogli?
Alessandro, personalmente, sposò Statira, figlia di Dario, e Roxane,
figlia del satrapo della Sogdiana. Non aveva mogli o figli in patria
(gli bastava la mamma), e quando lui morì il piccolo Alessandro, nato
da lui e di Roxane, venne considerato fra i principali candidati alla
successione. Naturalmente qualcuno pensò bene di far fuori la madre e
il bambino :-(
> Il rispetto di Alessandro mi pare mero calcolo politico.
Questo è indubbio, ma mi sembra un calcolo più ragionevole e
ponederato di quello che una parte delle fonti attribuisce ad
Alcibiade.
Eleonora
>Cosě č romanzata altroché: non avrai per caso letto questo racconto in
>_Alexandros_ di V. M. Manfredi?
Il libro non l'ho letto, puň darsi abbia letto una rece del medesimo
ma dovrei controllare... ero convinto fosse in qualche storico di
Alessandro, forse Arriano, ma come ti ho detto tendo a dimenticare
tutto quello che leggo :-)
Luca Carrera
Plutarco racconta, se non sbaglio, che Alessandro si vantava per il suo
"autocontrollo", che aveva risposto furioso alle lettere di un suo
comandante che gli proponeva di acquistare due bei fanciulli e che si
vantava non solo di non aver toccato la moglie di Dario (come nessun altra
persiana), ma anche di non aver voluto sentire chi gli parlava della sua
bellezza.
ciao
Annalisa
Ateneo, a sua volta, racconta che Alessandro rifiutò di baciare un bel
fanciullo per non addolorare un tizio che era innamorato di quello
stesso giovinetto (e che tuttavia era disposto a buttarlo nelle
braccia del re). Ma la questione di cui discutevo con Luca era
un'altra: mi sembra altamente improbabile che la soldatesca di
Alessandro si accingesse a stuprare la moglie e le figlie di Dario.
Era infatti scontato che donne di così alto rango toccassero al capo
(il quale comunque, con regale fair play, evitò di approfittarne). Un
comune soldato che avesse osato toccare le donne della famiglia di
Dario sarebbe stato, probabilmente, passato per le armi.
Del resto, già nell'_Iliade_ le prigioniere più nobili toccano ad
Agamennone e ad Achille, mica a Tersite.
Eleonora
>Ateneo, a sua volta, racconta che Alessandro rifiutò di baciare un bel
>fanciullo per non addolorare un tizio che era innamorato di quello
>stesso giovinetto (e che tuttavia era disposto a buttarlo nelle
>braccia del re). Ma la questione di cui discutevo con Luca era
>un'altra: mi sembra altamente improbabile che la soldatesca di
>Alessandro si accingesse a stuprare la moglie e le figlie di Dario.
>Era infatti scontato che donne di così alto rango toccassero al capo
>(il quale comunque, con regale fair play, evitò di approfittarne). Un
>comune soldato che avesse osato toccare le donne della famiglia di
>Dario sarebbe stato, probabilmente, passato per le armi.
>Del resto, già nell'_Iliade_ le prigioniere più nobili toccano ad
>Agamennone e ad Achille, mica a Tersite.
>
>Eleonora
Sto sforzando molto il cervellino e sono quasi sicuro che l'episodio
sia riportato in una biografia di Alessandro di un autore anonimo
piuttosto tardo pubblicata in traduzione italiana per la prima volta
quest'anno e recensita in un supplemento domenicale del Sole24Ore
quest'estate. Non so dire di più.
Luca Carrera
>
> Sto sforzando molto il cervellino e sono quasi sicuro che l'episodio
> sia riportato in una biografia di Alessandro di un autore anonimo
Curzio Rufo (III 2, 24; III, 12, 25; 4, 10, 2) racconta che "La madre e
la moglie di Dario, prigioniere, avevano attirato su di sé gli occhi e
le menti di tutti: la madre, veneranda non solo in maestà ma anche negli
anni; la moglie a causa della sua bellezza ancora non devastata dal
fato. (...) In grembo alla più vecchia giacevano due giovani, sue
nipoti, consumate dal dolore non solo per se stesse ma anche per lei".
Arriva Alessandro, dice di farsi coraggio; poi, quando la moglie di
Dario muore durante la sua deportazione, Alessandro piange "come se
fosse stata annunciata la morte di sua madre". Conosco il passo perché
senza di questo non si riesce a capire che cosa c'è nel decimno libro
del De Aetatibus_ fulgenziano di cui mi occupo. Nel decimo libro si
parla infatti di Dario: "praebet inanem misericordiae sepulturam illo;
filias etiam quas sorores... " e poi c'è lacuna, ma la ripresa dimostra
che Dario è stato punito perché incestuoso (patrem germanarum).
--
"Rottura di marroni, 1,30 euro" (pralineria di Torino, offerta
speciale).
it.cultura.classica: http://digilander.iol.it/mmanca
>Curzio Rufo (III 2, 24; III, 12, 25; 4, 10, 2) racconta che "La madre e
>la moglie di Dario, prigioniere, avevano attirato su di sé gli occhi e
>le menti di tutti: la madre, veneranda non solo in maestà ma anche negli
>anni; la moglie a causa della sua bellezza ancora non devastata dal
>fato. (...) In grembo alla più vecchia giacevano due giovani, sue
>nipoti, consumate dal dolore non solo per se stesse ma anche per lei".
>Arriva Alessandro, dice di farsi coraggio; poi, quando la moglie di
>Dario muore durante la sua deportazione, Alessandro piange "come se
>fosse stata annunciata la morte di sua madre". Conosco il passo perché
>senza di questo non si riesce a capire che cosa c'è nel decimno libro
>del De Aetatibus_ fulgenziano di cui mi occupo. Nel decimo libro si
>parla infatti di Dario: "praebet inanem misericordiae sepulturam illo;
>filias etiam quas sorores... " e poi c'è lacuna, ma la ripresa dimostra
>che Dario è stato punito perché incestuoso (patrem germanarum).
Potrebbe essere... anche se leggendo la rece mi ero immaginato un
intervento alessandresco un po' più radicale. Bisognerebbe vedere se è
uscita in questi ultimi mesi una nuova edizione della Storia di
Alessandro Magno.
Luca Carrera