Capita spesso, in particolare nei nostri ambienti, di chiederci in che
modo dovremmo porci come Chiesa per diventare più attraenti non solo
verso i lontani, ma anche con i vicini che ciclicamente perdono
passione, se ne disamorano, se ne distaccano. È bene che sia così,
perché è solo nella costante verifica che scopriamo i punti deboli e
possiamo concertare come porvi rimedio. Allora ben vengano gli incontri
a tutti i livelli, le assemblee e su su fino ai Sinodi, all’insegna di
un’attenzione che rifugga l’assuefazione e persegua un costante
aggiornamento a fianco di un mondo che cambia in continuazione. Stiamo
bene attenti, però, a non perdere nelle nostre analisi il senso della
nostra identità: non ci è richiesto di adeguarci, anzi, dobbiamo
continuare ad essere quella contraddizione che sola può tener vivo il
confronto. Ai miei tempi, parliamo del dopoguerra, in una società
provata e in fase di ripresa, la Chiesa e i suoi ambienti
rappresentavano un punto di riferimento indispensabile per tutti,
bambini e adulti, perché sapeva proporsi e proporre risposte alle
necessità della gente, a volte elementari, come quelle di cui abbiamo
parlato in occasione del ruolo degli oratori prima e dei patronati poi;
ma a volte anche impegnative, quali la formazione spirituale e delle
coscienze. Credenti o non credenti, nessuno sottraeva i propri figli al
Battesimo o li induceva a rinunciare al catechismo e al successivo iter
degli altri Sacramenti; la rincorsa poi al servizio all’altare era
spontanea, anche se l’accesso era subordinato all’apprendimento di tante
di quelle formule in latino da far paura. Certo, pure allora nel corso
dell’adolescenza si perdeva un po’ l’aggancio, spesso a causa della
rigidità interpretativa della morale da parte di qualche prete, sebbene
poi c’era sempre il ricorso al frate più indulgente… o viceversa.
Intervenivano anche forme di deflessione sulla fede, ma nessuno si
sognava di eludere il matrimonio in chiesa, perché se la sarebbe vista
con la società, tutta. Perché oggi non è più così? Forse la domanda è fi
n troppo retorica. Qualcuno si aggrappa all’evoluzione culturale, che
porta a non essere più condizionati da una Chiesa ingessata e
oscurantista; altri alla perdita di mordente da parte della stessa.
Speciosità. Per me siamo solamente obnubilati dal benessere, che in ogni
situazione sociale nel mondo è sempre stato inversamente proporzionale
alla religiosità. Ricordiamo la famosa parabola del cammello e la cruna
dell’ago? Qui il discorso si sposta verso un’analisi tutta da affrontare
---
Questa e-mail è stata controllata per individuare virus con Avast antivirus.
https://www.avast.com/antivirus
--
Newsgroup robomoderato - tutti gli articoli sono approvati automaticamente.