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Sensazioni d'inverno

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Riccardomustodario

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Oct 19, 2018, 3:52:51 AM10/19/18
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Riccardomustodario
11.1.2007

Sensazioni d’inverno

Quella volta lì era veramente freddo non come adesso con il termometro a meno sei gradi centigradi.
La settimana scorsa, il giorno prima dell’Epifania, avvertivo nell’aria una sensazione antica, conosciuta, piacevole, misteriosa, racchiusa nel freddo pungente di quando ero bambino, un momento andato nel dimenticatoio e rimbalzato all’improvviso nel suo ricordo, unico e particolare, rimasto in memoria.
Questo inverno è freddo, lo soffro da novembre, anche se non eccessivamente. Quando ero bambino gelava sovente, molto più d’adesso, ma il freddo era diverso, meno sintetico, si combatteva la temperatura rigida con più filato; l’ambiente circostante si colorava bianco, a volte di nebbia nel profumo di quel periodo dell’anno: l’inverno, o forse avvertivo ciò, perché dopo qualche anno, la campagna intorno la casa nostra, una delle prime del luogo ed eravamo appena nella zone a ridosso del centro città, scomparve alterando i valori naturali, e senza accorgercene salutavano anche i sapori dell’aria, per un buon arrivederci odierno sessanta anni dopo circa?
Arrivederci nell’aldilà orso polare artico, il tuo Iceberg si squaglia. – No! – Fa freddo! – Arrivederci pinguini dell’altro emisfero, idem con patate come sopra, e cosa sarà dell’orca che aspetta il suo banchetto prelibato in bianco e nero? - Dove andranno i pinguini? Non mica tutti in smoking: a teatro? La vita è qualcosa di prezioso e la natura altrettanto seria.
La speculazione edilizia ha condizionato le nostre abitudini rendendoci più contemporanei, laddove c’era la mucca cavalla, oggi impera il super mercato, a due piani, con scala mobile incorporata, magazzino incredibilmente grande, al fin che ogni cosa sia a prova di mano o di comodo cestello, dall’abbigliamento alla corsetteria, dall’intimo alla cartoleria, ai casalinghi e quanto altro si possa aver bisogno e tanto di piano sottostante esclusivo per derrate alimentari.
“ Sviluppo Città “ era il motto dell’industria che cercava manodopera negli anni del boom economico mentre le campagne si spopolavano dei loro figli naturali ovvero gli storici contadini stufi di lavorare la terra, ma felici di respirare aria metallurgica in fabbrica. - Ed a chi lo vado a raccontare che sto prendendo le pillole “ Aironitiche “ perché alle ultime analisi, è risultato il mio organismo, bisognevole di ferro? - Il freddo dei metalli, d’inverno trasmette un’ennesima sensazione di ghiaccio e le dita della mano e dei piedi s’intorpidiscono, allora mi guardo i pantaloni lunghi e penso ai tempi delle elementari, quando si andava a scuola con i calzoncini corti; ed ai chiari di carnagione cicciottelli, l’inverno disegnava polpacciotti dalle venature rosse, vividi dal formicolio attivo delle temperature basse. - I bambini del Nord indossovano pantaloni lunghi e sorridevano nel freddo, giocando con pupazzi e palle di neve – noi eravamo a conoscenza di ogni dove dei nostri coetanei, perchè in televisione notavamo queste cose qui e poi, lasciate le elementari, i pantaloni sarebbero diventati lunghi. - D’inverno era vietato giocare al dottore? - Non mi ricordo!
Il palazzo più in là del nostro, oltre il muro di cinta della civiltà d'allora, dalle parti più giù del bosco, dove si scambia anche la pelle se suoni il blues, era abitato da ragazzini terribili, così si vociferava a scuola; inutile aggiungere come vedessero la zona gli studenti del collegio nel bosco quando andai alle scuole medie; indubbiamente, noi di Viale Colli Aminei rappresentavamo i santarelli, i per bene della zona Capodimonte - gli snob.
La società cambia. – A leggere i giornali, risulta la perversione avanza su tutti i fronti, inoltre i tifosi organizzati in bande da combattimento stadio si fanno più audaci. - Quale sia la situazione attuale, con mamme alla ricerca di facili guadagni, pronte ad incolpare il povero prete di turno, vittima della mentalità ose’ di bambini sempre più incuriositi nell’emulare i loro genitori, impegnati in menage ogni stagione più complicati, in nome della perfezione della coppia gay cui ispirarsi e da raggiungere, non voglio proprio pensarlo.
La famiglia è diventata qualcosa di strano - difficile diagnosticare dove la troveremo tra cento anni, ma anche tra venti - esisteranno ancora i bambini o nasceranno già adulti?
La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte. – Com’era bello Natale - un periodo enorme – iniziava un paio di sabato prima del venticinque dicembre con il presepe, e finiva il sette gennaio, allorquando tutti i pastori ritornavano incartati nelle scatole, su nel ripostiglio. – Di questo lasso di tempo che copriva tre, quattro settimane, l’Epifania, significava per i bambini, il momento topico. - Il presepio piaceva a tutti, specialmente a noi fanciulli incantati al cospetto di cotanto spettacolo. – A detta d’amici di Via Epomeo, zona allora nota per gli inceneritori dell’immondizia, il mio quartiere sembrava fermo nelle sue abitazioni tolte da sopra i presepi, cui di siffatti capolavori, bisogna annotare, ve n’erano due importanti assai, uno dei quali addirittura con i pastori moventi, o entrambi? – Amici, conosciuti anni dopo quei giorni d’infanzia che sto raccontando; amici criticoni tanto, fino a farmi realizzare, abitavo sul tempo antico di mio piacimento. – Tra l’altro, una delle zone tagliate nel tufo della collina sottostante, si chiamava proprio “ ‘Ncopp’o Presepio “ e così appariva a Natale Donna Nannina sopra al carrettino di frutta e verdura con il suo ciuccio di fronte al baccalaiuolo, il quale per l’occasione metteva fuori il negozio, delle semi botti azzurre, nel senso di contenitori pieni, stracolmi di capitoni, i quali li acchiappi per la coda e scappano per la testa, e viceversa, e si rideva, nel raccontarlo a mo’ di barzellette alle elementari. – Era quel mondo, periodo cui i negozi alimentari del vicolo si vestivano a festa, strabocchevoli di mercanzie da tavola, squisitezze, tanto che una decantina d’anni dopo, il presepio iniziò ad essere definito “ Mangiatoia “. – A me non piaceva il nuovo termine coniato all’uopo, lo trovavo volgare e pensai tale nome da sacra stalla fosse frutto della fantasia dei vecchi, propri di quel luogo della mia infanzia, i quali giocavano a carte bevendo il vino nella cantina, mentre quelli del bar di fronte sorbivano il caffè, giocando a carte anch’essi. – Per la mia mamma, i vecchi del bar erano più degni degli anziani della cantina, quindi per me era facile additare tutto ciò che non mi piaceva in direzione pensione cantina e viceversa bar, in effetti mi fu subito chiara la divisione del bene e del male ovvero fuggire l’alcool, così come più in là avrei imparato a scampare le droghe.
Napoli centro era uno spettacolo di giocattoli nella serate illuminate delle bancarelle per noi giovinetti della collina, dove si giunge oltrepassando il quartiere visto dall’alto, lungo la strada sul ponte.
I banchi vendita in città erano pieni zeppi di giocattoli e dovevamo scegliere quali volevamo dalla Befana, specificandolo bene nella letterina da mettere sul comodino prima del bacino ai genitori e sogni d’oro accompagnati dal segno della croce, senza preghiere, poiché giovanissimi per la prima comunione, eravamo esenti da Ave Maria e Padre Nostro. – Ricordo una sera piovigginosa, quando sceglievo il trenino elettrico insieme ai miei genitori e mio fratello, sicuramente le sue richieste erano rivolte a pistole e fucili per la distruzione da eserciti nella polvere del mio treno veloce. – Si era allora, in piena esplosione cinematografia Colossal, film storici che impiegavano migliaia di persone: Cleopatra, Deserto dei Tartari, i Dieci Comandamenti o pellicole Western, non ancora spaghetti, ciò nonostante, avevano voglia, i cow boy pistoleros, a restare al palo, con i loro cavalli da staccionata buoni, giusto per gli attacchi alla diligenza, al cospetto del mio Trans Express Rapido. – Altresì mi sovviene di un’altra volta, ormai quasi militare: quella sera la mia mamma volle l’accompagnassi per andare ad acquistare la bambola che parlava per mia sorella, la quale ha sette anni meno di me. - Quel anno, il giocattolo da lei richiesto, era andato a ruba e non si trovava, figurarsi la gioia, quando riuscimmo ad accaparrarci del balocco ricercato.
Che tempi! – La fiducia del guadagno era ovunque, gli stessi venditori ambulanti con la bancarella illuminata a festa, passavano la domenica successiva del dopo festività ad offrire biglietti al campo sportivo, il cui costo veniva moltiplicato per due o per tre con semplicità estrema; faceva rabbia pagare tanto in eccesso per poter assistere alla partita, in uno stadio sempre gremito all‘inverosimile, e se parlavi loro, questi da bravi bagarini consumati, chiedevano il posto fisso per togliersi dalla strada, intanto è garantito: nessuno traeva profitti più di costoro che cambiavano attività ogni giorno. - Però l’inverno, era freddo ed il boom economico un giorno sarebbe pur finito, ma come facevano a saperlo e per tanto chiedevano impiego sicuro garantito dallo Stato? - Forse erano più intelligenti di quanto sembrassero, avevano ragione ed ora credo loro, nonostante la nostalgia di quei bianchi monti innevati che facevano da corollario al pennacchio candido del
Vesuvio, verso alto, affacciato sul golfo, ad osservare il tempo del voto elettivo, il quale faceva la differenza alle elezioni, allora erano tanti ad affermare che lavorare in strada significasse patire il freddo, quindi essere impiegati al coperto era sinonimo di benessere, testimoniato della televisione in bianco e nero, la quale vedeva ovunque presenti, personaggi animati da buona volontà economica, forse tenuti in penombra sullo schermo o che ne so, comunque pronti a spuntar fuori ad ogni minima occasione, fino ai “ Vuo’ cumpra’ “ i quali all’inizio veramente sembravano scesi dal presepe per inondare le spiagge, questi carichi di mercanzie, parevano i Re Magi, e ci si chiedeva i cammelli dove fossero? – Allo stato odierno, gli stadi si svuotano sempre più ed i giocattoli? - Qualcosa era successo lo so, ma ve lo racconterò domani, oggi a livello calcio siamo fuori dalle coppe europee, allora dichiaro rivedrei con piacere la commedia “ Natale in casa Cupiello “. Auguri! - Natale salutava e Capodanno si presentava; apriti cielo! - La sparatoria spaghetti western pacifica iniziava. – I fuochi d’artificio, con tanto di colonna sonora animata dai fischi che partivano a razzo dalle bottiglie, brillavano nell’aria buia; linee di fuoco sprizzavano improvvisi, petardi di varia potenza, tavolta si udivano veri e propri boati, i quali muovevano anche i palazzi e poi girandole, granate e l’indomani mattina era impossibile trovare un centimetro quadrato di strada senza i segni della notte di follia precedente. - E noi del ragassini d’Italia si usciva al mattino presto in cerca di botti non esplosi ed un mio amico si spappolò la mano, diventando uno dei tanti che affollavano il Pronto Soccorso, il quale in quel giorno di felice anno nuovo, puntualmente stilava un vero e proprio bollettino di guerra da arrivederi all’anno prossimo primo gennaio. Esistevano delle botte a muro che nemmeno si odono negli odierni telegiornali in diretta dai campi di battaglia – auguri!
Poi le case, in quegli anni da passeggio sereno, si riempirono di cani da compagnia che abbaiavano terrorizzati dai tanti decibel improvvisi; intanto il vicinato invecchiò, e l'aria carica d’ossidi di polvere da sparo, iniziava a guastare il buon senso e la festa man mano abbassava il sipario; mentre calavano i botti e si spegnevano i fuochi d’artificio, aumentava il volo dei cessi, porcellane in gloria d’arredo bagno, avere un tale accessorio scardato in casa, assurgeva a mera fortuna da carta igienica fumettata. - Amen!
Noi bambini di quel tempo, credevamo la Befana entrasse dalla finestra e ci preoccupavamo di lasciare gli infissi di una camera della casa apposta socchiusi, in modo la cara nonnina riempisse le calze d’ogni leccornia, altresì ponendo, regali a piacimento, entrando in casa facilmente e sempre sulla stessa scopa tornare a volare fin l’altra finestra, lasciata anch’essa leggermente aperta dai bimbi dell’appartamento accanto. – In questi pensieri fantastici avvolti nel mistero del perchè non si dice chi mai sarà che si sa la nonnina, ecco noi dell’asilo infantile, in quei giorni a guardare con ammirazione le vecchiette chiedendoci se non fosse proprio quella di turno di fronte ai nostri occhi, la Befana che avrebbe portato i doni e più era curva e più carica di giocattoli appariva nella nostra fantasia, come Donna Nannina, tale e quale l’avevo immaginata la prima volta che la notai, il suo asino poi, altro che scopa, lavava veramente il pavimento quando urinava; un rivolo liquido giallognolo interminabile scorreva fino alle latrine pubbliche accostate al muro di cinta del Bosco, dove giungeva dopo aver saltato i binari del tram, i quali ormai non passavano più, però tardavano da essere rimossi ed in certi punti erano stati riempiti dal catrame. – Cento metri e piu, tracciato di liquido, il quale da un punto scorreva fino a tutt’altro luogo, come se sapesse dove andare, piccione viaggiatore. - L’orinatoio era accostato al muro del Parco, laddove un albero capeggiava sul marciapiedi ad un passo dall’entrata dall’imponente cancello e tanta gente sulla fermata d’innumerevoli linee di autobus. - E si diceva tra i monelli la strada fosse stata toilettata ricevendo una latrina pubblica, di quelle cementate nel brecciame, le quali emanavano forti esalazioni di cloro. – Abbiamo trasmesso: tipi di servizi pubblici ormai scomparsi del tutto dalla città, unico esemplare rimasto, si può notare a Posillipo. – Nella piazzetta antistante il vicoletto tanto attivo, grigio, dal colore del selciato scuro di basalto antico, il quale, quando aumentò il traffico negli anni sessanta, ogni anno era battuto con martello e scalpello, per non far perdere attrito onde evitare alle auto di slittare sul lastricato lucidato dall’uso: a febbraio si presentava Carnevale ed ecco si presentava una luce calda, la quale mi è rimasta impressa, più delle luminarie di Natale, forse. – A carnevale si edificava un grande fuoco, partecipavano tutti, scugnizzi e non - si buttava il vecchio mobile ed è facile immaginare che pila enorme di legname si generasse in quegli anni dai forti fermenti innovativi e chissà quanti tesori sono stati arsi, per essere sostituiti dalla formica, simbolo del moderno d’allora. – Quando si appiccava il fuoco, la pira determinava un momento molto emozionante per noi bambini e più calava la sera e più il legno ardeva e le fiamme si alzavano alte, fino a far temere bruciasse i fili del lampione che illuminava la strada. - Un unico filo reggeva una cuffia di vetro, dalla quale una lampadina illuminava di un colore ormai in disuso, per scarsa visibilità rispetto alle moderne lampade allo iodio. – Era bello quel colore, come solo i pensieri romantici sanno dipingere, quindi non si rimpiangono, perché la vita va avanti, tra un palazzo a lato del fuoco in giallo nostrano ed un altro edificio faceva angolo a facciata rosso pompeano, colori mischiati alla luce del lampione che oscillava alta quando tirava vento, disegnando schermi ombrati tra piani non illuminati. – La stradina che conduce a Napoli centro, ove si giunge scendendo lungo il versante principale della collina della nostra zona, non si vedeva più, causa l’enorme lampata che si sprigionava da tale ammasso d’ogni cosa, non ultimo il trasbordo dal bosco vicino di quantità di rami secchi ottimi da ardere. – Ed in alto lei – la vecchiaccia sorridente, la quale poi, per noi bambini cambiò ruolo, trasformandosi in pennacchio da albero di Natale, quando questi diventò di moda dalle nostre parti. Orbene, eravamo sempre alla ricerca di ogni sorta di consumo – veramente era facile associare il pennacchio del cippo, la strega carnevalesca alla Befana, e poi gli americani giunsero primi con Babbo Natale, fischi e pennacchi e tutti i giocattoli che già se n’erano andati, rotti, ed il fuoco saliva e la strega bruciava e papà mi raccontava gli avvenimenti, raccomandando a priori nessun timore fosse solo una storia a lieto fine - una favola in attesa della cara vecchietta carica di doni, la quale sarebbe tornata l’anno seguente, perché nemmeno il fuoco o la neve o il vento fermano la Befana, quando viene il momento di portare i doni ai bambini. – Allora nel cielo si alzavano lucine piccole piccole e poi verso la fine delle elementari scoprii si chiamavano monachine o forse nel primo anno della scuola media e fu bello notarlo insieme ai compagni di classe studiando un brano dall’Antologia, e tutti pensammo, nello stesso momento, al Cippo di Sant’Antuono, al giogo che conoscevamo di quei lapilli nell’aria che sanno di magico movimento di luci mosse dalla cenere, fuoco che da sotto si alza leggero, dimostrazione che cenere e lapilli, caldo, luce e vita sono nell’aria. - Le fiamme s’inceneriscono leggere, volano e brillano, evitando il più possibile di spegnersi: il fuoco non vuole morire! – E si tornava a casa accaldati dagli odori del fuoco, festanti, e c’era il sanguinaccio; la mia mamma non sapeva cucinare. - Badava il mio papà ai fornelli, ma come faceva il sanguinaccio lei, e la pastiera e la cioccolata, non ha eguali ed a me andava benissimo così - adoro le leccornie. – Per la verità, sapeva cucinare e bene anche peperoni e melanzane, ma io non ne ero ghiotto. - Che periodo corpulento, da animali di cortile serviti a tavola e non, infatti alla Vigilia ventiquattro dicembre gallina in brodo, Natale a messa venticinque con mucca ed asinello nella stalla del Bambin Gesù ed al ritorno a casa si pranzava, c’era a tavola anche il capitone, che io ho sempre rifiutato, non mi piaceva; alla fine di tale periodo, ecco a febbraio c’era il sanguinaccio con il sangue di porco: una prelibatezza più unica che rara, si, e tra una specialità ed un’altra siamo a marzo, è Pasqua, o al più tardi in aprile; ma allora e sempre festa? - È tutto un gioco? - Essere bambini, a volte è un affare! – Quando fosse Carnevale, era sempre un mistero, la data cambiava, non si capiva perché; quel giorno un amichetto garantiva che si ricordava bene, era Carnevale, c’era il Cippo di Sant’Antuono! - Come mai, c’era chi s’interrogava tra i monelli, coloro i quali la mia mamma non voleva frequentassi, perché essendo più grandicelli si appendevano al tram, addirittura qualcuno aveva detto che il fuoco era da vedere la settimana prossima ed a lui gli sembrava che pure l’anno precedente ancora, fosse stato prima, infatti imparammo che i Patti Lateranensi erano buoni, perché l’undici febbraio era festa a scuola e gli scugnizzi del Vico Lieti, già si stavano preoccupando di raccogliere la legna da ardere. - E noi? - A parte preoccuparci come imparare a parlare e scrivere bene, tra i tanti verbi, coniugati come se fossero sposati e questi e quegli e né è e ne e qui e qua che l’accento va e non va, e figurati i cui e quanti ancora? – Nicchiavamo sulle pagine bianche durante il componimento in attesa di un’idea da raccontare e comunque facevamo la conta con la grammatica al fin che essa si rivelasse a noi senza la fragilità del nostro italiano. – La danza degli indiani che invocano la pioggia, mentre costruivamo case sotto terra, e poi vennero gli anni dei mobili a scomparsa e si andava nella Grotta di Maria Cristina, dove sopra in alto, c’è un foro e su quel buco altissimo, gli scugnizzi ballavano senza paura. Sotto, in fondo al foro, illuminata dall’apertura nella volta, una collinetta a mezzogiorno grazie alla lenza di sole – a pensarci ora, tale cumulo di terra attratta dalla luce solare, sembrerebbe un’ara con un anello sospeso nell’aria, il quale dal buio della caverna si apre al cielo con tanto di raggio solare a tagliare il buio della grotta. – Che posto incantevole! - Che storia incredibile! - Maria Cristina era una prostituta, la quale aveva un letto di pietra nella grotta e lì riceveva i suoi clienti tedeschi, durante la ritirata della seconda guerra mondiale e se uno di noi delle scuole elementari chiedeva cosa stessero favoleggiando i più grandicelli, allora questi ci conducevano in un viale dove su una lapide si leggono i nomi degli italiani della zona in quel posto trucidati, alcuni si commuovevano riconoscendo i propri zii; io, forse, diventavo fascistiello riconoscendo che alla fine si muore sempre, meglio salutare per una giusta causa, invece no, perché morire attualmente non è mai giusto, democraticamente e tecnologicamente possiamo essere mantenuti in vita sempre e poi si andava in un altro luogo dove cadde un aereo. – Com’è bello il Bosco, sui campi giocavamo a pallone, ero un campione. - Una volta entrammo nella Grotta di Maria Cristina con le torce e facemmo tutto il giro – era impressionante – pipistrelli, a iosa, attaccati alla parete aspettavano calassero le tenebre. – … E le scalette che conducevano al giaciglio di Maria Cristina, scavato un paio di metri in alto nella parete tufacea interna, nella grotta, di tutto ciò ne feci uno script grafico anni fa, lo postai sui vari newsgroup design che frequentavo allora ed ora non trovo, perché il computer vecchio s’è scassato definitivamente, però posseggo i floppy, i quali nel Mac Quattro non entrano. - Ai tempi antichi ciò non accadeva, direbbe la mia mamma; questi computer cambiano continuamente, sono peggio della Moda, senza mai portarci sulla luna. - Sulle scalette di Maria Cristina s’apriva un giaciglio di pietra, e noi in gruppo, composto da ragazzini con le fiaccole in mano, procedevamo stretti, spalla a spalla, il posto non incuteva paura solo perché aravamo in tanti a marciare in quella polvere, quanta ne era depositata sul fondo della grotta, la quale a percorrere in marcia, risultava esclusiva e mera questione di sentire proprio quel posto appartenente al Bosco e noi figli d’esso al passo nel nostro spazio privato di bambini naturali. – Noi eravamo sempre nel Bosco – cresciuti selvaggi sin dall’asilo al Primo Campo, laddove si giocavano partite di pallone a tambur battente; ogni pomeriggio ero lì, con i miei fratelli più grandi. Mi sembra sono stato all’asilo un anno nel bosco ed un altro dove c’è quel viale stretto che esce a San Rocco e la bidella si chiamava Messina, infine il viale non era tanto stretto, ma non vi erano case e gli alberi ai lati restringevano. Quanti bambini c’rtano allora, gli asili non bastavano mai.
Forse avevo cinque anni, poiché l’anno successivo iscrivendomi alle elementari, qualche ragazzaccio avrà svelato che la Befana è rappresentata dai nostri genitori, quando giocando tra i mobili, capitai nella credenza in camera da pranzo, la quale aveva due coppie di portelli, ed il gioco consisteva nell’entrare da un passaggio del mobile per uscirne dall’altro - intramezzo suspense – buio - nonostante le ante aperte - trepidante momento, allorquando si era immersi nel pezzo d’arredamento, facendo attenzione a non rovesciare piatti bicchieri e vettovaglie. – Le portiere erano assicurate a chiavi, e come mi apprestai ad aprirle, mio fratello più grande, si parò davanti per non farmi accedere, tanto meno curiosare. - Faceva molto freddo quel giorno, le finestre erano aperte, come solo a casa mia si poteva notare quando la temperatura era bassa; sarà forse stato la nostalgia della nostra mamma che andava a lavorare in fabbrica e tornando a casa non sopportava stare al chiuso in sette stanze ventilate - tanto noi ci si abituava alla sera, insomma in quel mobile, nel pentolone d’alluminio in esso stipato, enorme contenitore da venticinque coperti, nessuno me lo toglie di testa, c’erano i regali che avrei ricevuto il mattino seguente, in quel giorno dell’anno, cui svegliarsi prima di sempre era d’uopo, andando a letto con il pensiero rivolto ai doni. - Considerazioni di freddo invernale: oggi siamo a meno sei gradi, come la mettiamo con il pianeta che volge al surriscaldamento da un decennio a questa parte? – E poi ci fu la neve alta, mio padre con i suoi fratelli con il badile spazzò la neve dal terrazzo; acquistammo le castagne e le buttammo nella brace, dopo essere passati per un basso buio che vendeva i carboni, e la mia mamma odiava quella cosa lì che di notte con le finestre chiuse mieteva vittime. - La mia impressione è ci siamo abituati ai cibi transgenici, automanipolandoci geneticamente previo il vitto, ci corazziamo contro il freddo. - È fuori discussione - non avvertiamo più la sensazione freddo come una volta, e questi stessi medesimi geni si manifestano nella natura tutta, diffondendosi nell’aria ed ecco i fiori sono al mio balcone da anni ormai, d’estate come d’inverno e tutto va bene, fino al limite di guardia - quale? – L’orso polare rimane sul suo iceberg.
La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, per far felici i bambini di tutto il mondo ed oggi, dimenticato il tempo della vecchia dalla calza rammendata, con Babbo Natale sempre più presente, la cara nonnina non soffre più il freddo.



FINE











HYPERLINK "http://groups.google.com/group/ITechnodemocratic/browse_thread/thread/e787cd61891a8ebc/f5b5f5b1e2033081?hl=it&lnk=gst&q=Sensazioni+d%27Inverno" \l "f5b5f5b1e2033081" http://groups.google.com/group/ITechnodemocratic/browse_thread/thread/e787cd61891a8ebc/f5b5f5b1e2033081?hl=it&lnk=gst&q=Sensazioni+d%27Inverno - f5b5f5b1e2033081





Riccardomustodario
11 Gen, 17:54
Newsgroup: it.arti.scrivere
Da: Riccardomustodario <rmcl11...@blueyonder.co.uk>
Data: Thu, 11 Jan 2007 17:54:45 GMT
Locale: Gio 11 Gen 2007 17:54
Oggetto: Sensazioni d'inverno
Sensazioni d'inverno/.webloc
HYPERLINK "http://snipurl.com/1y357" http://snipurl.com/1y357








https://www.youtube.com/watch?v=zzJ1qejFDzE&t=92s









Riccardomustodario

unread,
May 10, 2021, 6:11:41 PM5/10/21
to
il palazzo di famiglia sorse un paio d'anni dopo la mia nascita. Casa mia aveva il lavatoio in cucina; gli elettrodomestici vennero durante il periodo delle elementari. Oggi anche l'auto elettrica è un elettrodomestico perchè è guidata da un robot come fosse lavatrice?
Non lo sapremo mai diceva mio zio su ICLI

Rimuda Riccardomustodario

unread,
Aug 5, 2022, 4:35:11 AM8/5/22
to
On Monday, May 10, 2021 at 11:11:41 PM UTC+1, Rimuda Riccardomustodario wrote:


Ad incontrare belle napoletane al nord, viene il freddo addosso.

riccardomustodario
22 ott 2007, 07:26:41
a
Incredible: sveglia alle sette di mattino perchč il piů grande scrittore che
una sensazione freddo abbia mai avuto deve andare a firmare e per la prima
volta, a quest'ora.
Potenza della cultura del Premio Nobel - il mondo veramente sta impazzendo,
premiano tutti e mai me.

Riccardomustodario
WINTER SENSATIONS











































English translation by Charl Bellanova
WINTER SENSATIONS


In those days it was really cold. But not like today, even if the
thermometer is signing minus six degrees Celsius.
Last week, the day before Epiphany, I was sensing in the air an antique
sensation, well known, pleasant and mysterious: the freezing cold of when I
was a little boy. A moment fallen into oblivion, buried under my memories
and rebounded all of a sudden in its recollection, unique and peculiar.
This winter is cold, since November I am suffering for it, but I can cope;
when I was a child, though, even if it was freezing more often than in
present times, the cold was different, less synthetic, you would have fought
the arctic temperature with more yarn; the surrounding environment would
colour itself in the smell of that season: winter. Or I sense that because a
few years later the countryside around my house disappeared, altering the
natural values, and, before we could take notice of it, we were saying
farewell to the flavours of the atmosphere too, for a good post-modern
goodbye?
Iąll see you on the other side arctic polar bear, your iceberg is quickly
melting.- No! Itąs cold! Farewell penguins of the other hemisphere, idem as
above. And what will be of the killer-whale that is waiting for its
favourite meal? Where the penguins will go, all wearing a tuxedo, to the
theatre? ­ Life is a precious thing and very serious, and so is nature.
Speculation in the building industry has conditioned our habits, has made us
more contemporary; where the cow and the mare were, now there is a shopping
centre, multiple floors and, obviously, automatic stairs. This are stores
incredibly huge, because everything must be close to the hand and to the
basket. From clothes to corsetry, from underwear to stationery, to
kitchenware or whatever you might ever need, with the ground floor dedicated
exclusively to foodstuffs.
łIn Town You Grow˛ was the motto of those factories that were looking for
workforce in the years of the łboom˛. In the meanwhile the countryside went
deserted of its natural sons, the ancient peasants, tired of working the
land and finally happy of breathing metallurgic air in the factory. ­ Who
can I tell? Iąm taking iron pills, because the latest analyses show my body
is lacking ironŠ ­
The cold of metals, in wintertime, transmits again an icy sensation, and
fingers and toes grow numb; then I look at my long trousers and think about
the time when it was customary to go to school in shorts, and to the very
pale skinned the winter drew fleshy calves with red veins, vivid for the
tingling activated by the low temperature. ­ In northern Italy children
dressed in long trousers and laughed in the cold, playing with puppets and
snowballs. We were aware of this thanks to television. However, after
primary schools, we would have worn proper trousers too. Was it forbidden to
play the doctor in winter..? ­ I canąt remember!
In the building further down the road, beyond the boundary-walls of
civilization, close to the Wood, where you exchange even your skin if you
play the blues, lived terrible kids; or so you would have heard at school. I
wonąt tell what they used to say , the students of the college by the Wood,
when I was there for secondary school. No doubt, we of Viale Colli Aminei
were the good guys, the upper class in the Capodimonte area ­ The posh.
Society changes. ­ If you read newspapers, itąs clear that perversion is
moving forward on every front; even the supporters of football teams are
becoming organized in gangs, up for fighting, every day more audacious. ­
This is the present situation, with mums in search of easy money, ready to
accuse the poor priest, the victim of the indecent mind of children more and
more curious in imitating their parents, who are engaged in relationships
every season more complicated, in the name of the perfection of the gay
couple, which should really inspire you and be your goal. I donąt want to
think about it.
Family has become a weird thing ­ difficult to diagnose where we will find
it in one hundred years time. Even in twenty years, actually. There will be
children anymore? Or will they be born adults already?
The Befana comes at night with broken shoesŠ[1] <#_ftn1> ­ How beautiful
Christmas was ­ very long period, which began a couple of Saturdays before
the 25th of December with the setting up of the Crib, and ended the 7th of
January, when all the shepherds went back into their boxes, up on the
shelves. ­ Of this period of time , three or four weeks long, the Epiphany
was for children the topic moment. ­ Everybody liked the Crib, especially
us, children, enchanted in front of such a show. ­ As some friends in Via
Epomeo, area then famous for the rubbish burner, said, my borough seemed
still with homes taken from the Crib, with such masterpiecesŠ there were two
very important, one of which, - or both? - had mobile shepherds.
By the way, one of the places cut into the tuff of the hill beneath, was
called Upon the Crib and so at Christmas Donna Nannina appeared on her
little cart pulled by her donkey in front of the fishmonger, who, for the
occasion, had put outside the shop blue half-barrels full, brimful of large
eels, those that you catch by the tail and slip away by the head and the
other way round and we would laugh a lot, telling this as a joke in the
classroom. ­ In the same way, all the grocery stores in the alley would
dress themselves properly for the celebration, overflowing with food
supplies; so much that ten years later, the Crib began to be called łThe
Manger˛. I didnąt like The Manger. I found it vulgar and I thought that such
name was due to the imagination of those elders who used to play cards and
drink wine in the tavern that was right there; while those in the bar close
by playing cards too, used to sip coffee. For my mum the people in the bar
were more trustworthy then those in the tavern, so for me was easy pointing
my finger to everything I didnąt like in the direction of the tavern and the
opposite for the bar, in fact the difference between good and evil was clear
to me very early on. That is, I learnt quite soon to stay away from alcohol
and drugs.
Naplesą city centre, reached following the road that crossed the bridge, in
the nights lit up by the stalls, was a spectacle of toys for us youngsters
from the far off hills. The stalls were full of toys and we had to choose
which one we wanted for the Epiphany, well specifying it in the letter to be
put on the bedside table before the goodnight kiss and sweet dreams to the
parents, coupled with the sign of the holy cross; no prayers though, because
we were too young for the First Communion, so we were free from Hail Mary
and Our Father.
I remember a rainy evening, when I chose the electric train together with my
parents, and my brotherąs requests, for sure, were aiming at guns and rifles
for the destruction of armies in the dust of my speedy train. We were in the
middle of the boom of the historical colossal, like Cleopatra or The Desert
of the Tartars or the Ten Commandments. Or even western films, not
łspaghetti˛ yet. Nonetheless they could just stay stuck to the starting
line; with their horses good for the fence, for attacks to the diligence,
they could nothing to my Rapid Trans Express.
Likewise another episode comes to mind. I was close to serve in the army,
one evening my mum asked me to go shopping with her to buy the talking doll
my sister, who is seven years younger than me, was longing for. Well, then I
wasnąt so close to soldierŠrightŠ, anyway, that year the toy she asked for
was sold out in a day and was extremely hard to get one. You can imagine our
joy when we secured one last item.
What a time! The confidence in the earnings was everywhere; the same street
vendors, on the following Sunday, offered tickets, very easily at double
price or more, for the match at the stadium; I felt angry for paying so much
to watch the game in a stadium always full to the limit, and if you spoke to
them, they, good skilled corner men, asked for a permanent position to get
off the streets. Of course they got the best income changing activity at
every opportunity. The winter was cold though, and the boom was going to
finish one day, but how could they know? Perhaps they were more clever than
I could guess, they were right and now I believe them, despite the nostalgia
for those white mountains covered in snow that were the frame for the
Vesuvioąs candid plume, on the northern side overlooking the gulf. Watching
the election time programs, there were many asserting that working on the
streets meant suffering the freezing weather, while working under a roof was
sign of affluence, witnessed by the black and white TV, that found
everywhere those people animated by economic good will, maybe being kept in
twilight on the screen or something, in any case ready to get out at the
smallest chance. Until the ł Vuoą cumprŕ˛[2] <#_ftn2> , who, at the
beginning, really looked like they had come down from the Crib, like Magi,
and we would ask: where did they leave the camels?
Nowadays, stadiums are emptier and emptier and what about the toys?
Something happened ŠI know, but I will tell you tomorrow, for today, talking
about football, we are out of the European Cups, then I say I would watch
again łNatale in casa Cupiello˛[3] <#_ftn3> .
Goodbye! Christmas said farewell and new yearąs eve came about- Good
heavens! The peaceful gunfight of a spaghetti western would start.
Fireworks, for a couple of hours, would light the sky with a soundtrack made
of whistles like rockets fired from bottles, lines of fire spurted in the
dark, blows and proper rumbles, which moved even the buildings, and then
Catherine-wheels and grenades and the day after it was impossible to find a
square inch of roadąs floor clear from the signs of the previous night. And
we, youngsters of Italy, went out early in the morning looking for
unexploded bangers. A friend of mine had his hand mangled, becoming one of
the many idiots crowding the emergency room, which in that day of happy new
year listed a war bulletin. I wish you aŠ
Then, in those years of quiet walking, pets filled up the houses, barking
with terror for the sudden rising in the decibel level. The neighbourhood
got older and the air charged with shooting powder began to waste the common
sense and the celebration slowly closed the curtains. But while the crackers
diminished, the flights of toilets went better. Having such object broken at
home became pure luck for toilet paper with cartoons.
We, children of that time, believed the Befana would come in using the
window, and we would leave oneąs frame slightly open, so the dear grandma
would fill the socks up with every delicacy and would place gifts at will,
coming in the house easily and, always on her broom, flying to the other
window, left slightly open by the kids next door. We, little toddlers from
the kindergarten, in those days were watching all the elderly women,
wondering if that one was the Befana who would bring us presents. The more
she was bent, the more she would look like her in our eyes; like Donna
Nannina, identical I had imagined her the first time I noticed her. Her
donkey was better than a broom, it washed the floor when urinated, a little
endless yellowish river flowed to the public toilets close to the
town-walls, where it came after crossing the streetcar track, which by now
werenąt passing anymore, but the rails were still there, in some points all
covered with tar. More than two hundred yards, a liquid trail that moved
from one place to the other as it knew where to go, like an homing pigeon.
The toilets were drawn near the Parkąs wall where there was a tree at the
entrance with a massive gate and many people waiting by the big bus stop.
And they used to say that the streets had been revamped, like those in
concrete with strong fumes of chlorine. Public services that are completely
disappeared from the city, the last specimen left can be seen in Posillipo.
In the little square in front of that narrow street, lively, grey, dark from
the colour of the pavement of ancient basalt, which, when the traffic
increased, every year was hit by hammer and chisel, to keep adherence, to
preserve the stability of cars that could slip on the shining paving: in
February came carnival time. Now, that is the light that most shines in my
memory, more than the luminaries at ChristmasŠperhaps. During the Carnival
we would start a big fire, everybody was up for it, street urchins and not.
We would throw into the pyre our old furniture, you can imagine what an
enormous pile of wood was put up together in those years of great ferments
of innovation and who knows how many treasures have been burnt, to be
replaced with formica, the symbol of post-modernity.
When the pyre was lighted up, that was an emotional moment for the children
and the more the day proceeded into the night, the more the wood would burn
and flames would rise higher, until we started to fear that the fire would
reach the wires of the public luminaries that were there to light the
street. Only one wire held a glass bonnet, under which a bulb would
illuminate with a colour now out of fashion, because of the limited
visibility compared to the modern iodine lamps. That colour was good like
only romantic thoughts can depict, so you donąt regret it, because life goes
on. Between a building on the side of the fire in local yellow and another
that was in the corner, with a Pompeian red façade, oscillated high the
light of the lamp in windy nights.
The narrow street to town that goes along the side of the hill wasnąt
visible anymore because of the imposing flame coming from the big pile of
any thing, threatening the near woods and the amount of dry boughs, perfect
to burn, that were found within one hundred yards. And on the top there she
was, the old smiling witch, that later became plume for a Christmas tree.
She looked like the Befana of Epiphany. With all the toys that were already
broken the fire went up and my dad assured me that it was just a story with
an happy end, a fable: the Befana would be back next year, because not even
the fire or the snow or the wind can stop her, when the time has come to
bring toys to the children.
Then little lights would rise up into the sky. At the end of my primary
schools I discovered, reading a short extract from the anthology textbook,
they were called Monachine[4] <#_ftn4> , or maybe it was the first year of
secondary, and it was nice to find out with my classroom friends. Everybody
thought at the same time of the Cippo di SantąAntuono[5] <#_ftn5> , of
those sparks in the air which have a magic flavour, motions of lights moved
by the ashes, by the fire which is beneath and rises lightly, to demonstrate
that ashes and sparks are in the air and glitter and the fire doesnąt want
to go off, doesnąt want to die.
And we would go back home hot for the fire and joyous and there was the
blood pudding. My mum wasnąt able to cook, my dad was in charge, but how he
made the blood pudding and the pastiera[6] <#_ftn6> and chocolate he has no
equal and for me that was fine, I love delicacies.- What a corpulent time of
poultry on the dining table and not. In fact, at the vigil you would eat hen
soup. At Christmasą mass with the cow and the donkey in the stable of Baby
Jesus. Back home we would have lunch with eel, which I never tasted, I
didnąt like it, and last the pork blood pudding: a speciality , rather
unique than rare.
And then March came and Easter, so itąs always holidayŠ is it all a game?
Being a child sometimes is a good business!
The exact day for Carnival has always been a mystery, the date would change
every year, we couldnąt understand why. One day a little friend of mine was
sure it was Carnival - there was the Cippo di SantąAntuono! - why then
somebody declared, one of the rascals, those who my mum didnąt want me to
associate with because, being a bit older, would hang themselves to the
tram, that the fire was planned for next week and to him it seemed that also
the preceding year it had been earlierŠ In fact we learnt that the Patti
Lateranensi[7] <#_ftn7> were good, because the 11th of February was school
holiday and the street urchins in the alley, joyful, were already preparing
the collection of the wood to burn.
And us? We hesitated building underground houses and the years of the
furniture with sliding doors came and we used to go in Maria Cristinaąs
Cave, which, up on the top, had a hole and on that hole the brats would
dance fearless and under the opening in the ceiling, which seen from the
floor opened to the sky, there was a little hill, illuminated by the sun at
midday. Thinking of it now it would seem an altar with a ring that from the
dark of the cave opened to the outside sky. ­ What a wonderful place! ­
Maria Cristina was a prostitute, who had a stony bed into the cave and there
she would receive her German customers during the WWII withdrawal, and if
any of us younger kids asked what they were fabling about, the older friends
would take us in an avenue where on a plaque were written the names of
Italians slaughtered there. Some of us would cry recognizing their uncles. I
became a bit fascist in these occasions, reckoning that at the end you
always die, itąs better to say hello for the right cause; but no, because to
die is actually always wrong; democratically and technologically we can be
kept alive for ever. After that we would go to a place where a plane had
precipitated.
How beautiful was the WoodŠ we would play football and I was a champion.
Once we entered Maria Cristinaąs cave with torches and made all the tour
around, it was amazing, uncountable bats attached to the walls were waiting
for the dark hour, Maria Cristinaąs bed, the little stairsŠ I made a graphic
script of it some years ago, I put it on various design newsgroups that I
used to follow at the time and that now I canąt find anymore because the old
PC is definitely broken. I have got the floppy disks though, but my new Mac
4 doesnąt read them ­ In the good old days this things didnąt happen, my mum
would say, this computers that change all the time are worse than fashion,
without even bringing us on the moonŠ On the top of the little stairs there
was Maria Cristinaąs stony bed, and we, in group, many of us torch in hand,
kept close our shoulders. The place didnąt arouse any fear just because
there were so many of us marching in that dust: there was so much of it on
the bottom of that cave that proceeding was just a question of feeling that
place as your own because pertaining to the woods, our private space of
natural children.
We were in the woods all the time, grown up wild since kindergarten in the
Primo Campo, where we used to play football restlessly and where every
afternoon I was with my older brothers.
Maybe I was five years old, because the following year getting to primary
school, some rascal revealed that the Befana is nobody else than our
parents.
While playing between the furniture once, it happened to me to get into the
cupboard in the dining room, which had two couples of shutter doors, and the
game was to enter from one passage and come out from the other, with some
suspense in between, a dark, trembling moment, when we were immersed into
the piece of furniture, being careful not to make plates and glasses and
provisions fall down. ­ The doors were closed with the keys, and as I was
going to open them, my older brother placed himself in front of it to keep
me from entering and looking around.
It was very cold that day, the windows were open, like only in my house you
could see, when temperature was low; it must have been our mumąs nostalgia;
she went to work at the factory and coming back home couldnąt stand being
shut in seven ventilated rooms ­ we would get used to it in the evening in
any case. Anyway, in that furniture, packed in the enormous aluminium pot
for twenty five covers, nobody will take it out of my mind, there were the
gifts I was going to receive the next morning, the day of the year when
waking up before the usual was obligatory, having fallen asleep with the
presents in mind.
Considerations of winter coldness: today we are minus six degrees Celsius,
what shall we say about the planet going towards overheating since at least
a decade? ­ My impression is that we are used to transgenic food, we have
manipulated ourselves genetically through the food, armoured against the
cold ­ itąs out of the question ­ we donąt feel anymore the sensations as we
did a few years ago. And the same genes manifest themselves in the whole
nature, propagating in the air and my flowers are blossoming at my balcony,
by this time, in summer as in winter and everything is fine, until the
edge.. which one?
The Befana comes at night with her broken shoesŠ, to make happy all the
children all over the world and at least today, that she is out of fashion,
knocked out by father Christmas success, she doesnąt suffer from the cold
any longer.


THE END

Dan

unread,
Aug 5, 2022, 11:36:04 AM8/5/22
to
Il 05/08/2022 10:35, Rimuda Riccardomustodario ha scritto:
> On Monday, May 10, 2021 at 11:11:41 PM UTC+1, Rimuda Riccardomustodario wrote:
> English translation by Charl Bellanova
Ecco il punto che ad una prima lettura mi era sfuggito, e che ha causato
la mia risposta (questa)
Ho pensatO caz ma questo scrive anche in inglese?!

Io ci ho provato ma non sono Conrad e non ho quella padronanza della
lingua di Albione: non so valutare il risultato ma temo fortemente che
non sia un granché.

Quindi, anche se ho capito che non scrivi in inglese, ormai sto
rispondendo e quindi proseguo.

Il fatto è che seppure tu esprimi qualche frammento che sarebbe pure
immaginifico ed evocativo, ho l'impressione che tu non sottoponga i tuoi
scritti a revisione critica. Mi sembra tutta roba buttata giù, per così
dire, senza filtri.

Non riesco a leggere più di 10 righe dei tuoi scritti, ma vedo che
insisti: quindi hai un disperato bisogno di esprimerti ed un ancor più
disperato bisogno di riconoscimento, ma soprattutto questa urgenza di
scrivere, il che ti giustifica in parte per la tua arroganza e saccenza.
In parte.
La traduzione in inglese in alcuni punti non è letterale: sembra quasi
meglio dell'originale.

Anche se ti ho sempre criticato e in alcune occasioni anche motteggiato,
non si può fare a meno di notare il tuo impegno, la tua condanna a scrivere.

Vuoi fare un esperimento? riscrivi le prime 50 righe di questo tuo brano
limando, aggiustando, perfezionando, fino ad arrivare a una sintesi
stilisticamente compiuta, non logorroica, chiara, condensata.

Beh è Agosto, avevo 10 minuti da buttare, ho scritto questo.
Mi ricordi me stesso, la mia cocciutaggine nell'insistere contro tutto e
tutti nelle mie convinzioni, nel ferreo convincimento di essere nel
giusto: per poi capire dopo 40 anni che non basta fare o dire la cosa
giusta, ma è il modo in cui la fai/dici/scrivi che fa la differenza.

Improvvisamente comprendo meglio quello che mi diceva mio padre secoli
fa: "E' il tono che fa la musica".

Beh, auguri di essere compreso ed apprezzato, vecchio testone.

Dan

Rimuda Riccardomustodario

unread,
Aug 14, 2022, 11:43:22 AM8/14/22
to
ok


Rimuda Riccardomustodario
19 ott 2018, 08:52:51



a
Riccardomustodario
11.1.2007

Sensazioni d’inverno

Quella volta lì era veramente freddo non come adesso con il termometro a meno sei gradi centigradi.
La settimana scorsa, il giorno prima dell’Epifania, avvertivo nell’aria una sensazione antica, conosciuta, piacevole, misteriosa, racchiusa nel freddo pungente di quando ero bambino, un momento andato nel dimenticatoio e rimbalzato all’improvviso nel suo ricordo, unico e particolare, rimasto in memoria.
Questo inverno è freddo, lo soffro da novembre, anche se non eccessivamente. Quando ero bambino gelava sovente, molto più d’adesso, ma il freddo era diverso, meno sintetico, si combatteva la temperatura rigida con più filato; l’ambiente circostante si colorava bianco, a volte di nebbia nel profumo di quel periodo dell’anno: l’inverno; o forse avvertivo ciò, perché dopo qualche anno, la campagna intorno casa nostra, una delle prime del luogo, ed eravamo appena nella zone a ridosso del centro città, scomparve, alterando i valori naturali, e senza accorgercene salutavano anche i sapori dell’aria, per un buon arrivederci odierno, sessanta anni dopo circa?
Arrivederci nell’aldilà orso polare artico, il tuo Iceberg si squaglia. – No! – Fa freddo! – Arrivederci pinguini dell’altro emisfero, idem con patate come sopra, e cosa sarà dell’orca che aspetta il suo banchetto prelibato in bianco e nero? - Dove andranno i pinguini? Non mica tutti in smoking, a teatro? La vita è qualcosa di prezioso e la natura altrettanto seria.

Dan

unread,
Aug 18, 2022, 9:53:43 AM8/18/22
to
Sarà una mia impressione, ma questo mi pare decisamente leggibile, direi
piuttosto buono. Se proprio devo dirla tutta la lunga frase con sequenza
di frasi subordinate (o sono coordinate? mah) ricorda la prosa latina ed
oggi è una originalità, dato che si va soprattutto di brevi frasi
(Hemingway ha cambiato per sempre lo stile). Ma nessuna critica su
questo: è una scelta dell'autore e va rispettata.

Per quello che può valere, questo mi piace: mi piace la scelta di parole
inusuali (il freddo "sintetico", ci si copriva di "filato", l'idea di
"un buon arrivederci odierno".
Hai tenuto "the good parts", mi pare.

Il ritmo del brano è decisamente migliorato: meno dispersivo,
addirittura in alcuni punti ultracondensato (La vita è qualcosa di
prezioso e la natura altrettanto seria").

Si apprezza qui anche qualche licenza stilistica, l'omissione del verbo
essere ove in effetti non strettamente necessario, ecc.

Ti racconto un aneddoto ma non so se sia credibilissimo.
Pare che Carver, autore dotato di grande sintesi e conclusioni
fulminanti (leggere almeno "Cattedrale" please, se non lo si è ancora
fatto) scrivesse di suo in modo mooolto più prolisso. Poi andava dal suo
editor, (o revisore, o l'editore stesso, non ricordo) e questo con
disinvoltura cassasse grandi parti dei racconti, ed in particolare
riducesse i finali ad un pajo di frasi fulminanti.
Da cui la fama di Carver, dovuta, quindi, pare, a questi interventi di
taglio impietoso.
L'intervista o articolo di commento (ancora, non ricordo bene), apparve
sul corriere della sera (terza pagina) poco dopo la morte di Carver, mi
dolgo molto di non aver conservato la pagina. Corredava l'articolo un
racconto terribile di Carver di un paio di tizi che escono una sera, non
sanno bene che cazzo fare e finiscono per violentare ed uccidere una
tipa. Anche qui c'è una conclusione bruciante, poche parole e un grande
senso di vuoto ineluttabile per il lettore.

Tagliare è a volte più difficile dello scrivere.
Beh, basta così. Credo di poter dire che non mi stai più tanto sulle
palle. :-)

Dan

Rimuda Riccardomustodario

unread,
Aug 20, 2022, 5:20:36 AM8/20/22
to
Dan hai rotto il cazzo!
Certe cose vanno fatte ma non dette.
È favoloso conservare " Verità " uniche, aiuta molto gli artisti.
Ogni artista ha il suo " Pathos " astratto.
Sei stato capace di farmi rivelare ciò che rappresenta uno dei mei più grandi segreti, più importanti veicoli della mia arte, la quale parte come da marchio registrato alla camera di commercio di Napoli " ... in stile italico elementare ".
Me ne sarei fregato altamente del tuo commento, se non fosse hai chiamato in ballo una persona terza, il Professor Carlo Bellanova, il quale ha tradotto al versione in inglese.
Tutto il mio lavoro parte in virtù della clonazione " Voglio a mammà e papà " - voi clonate il Mammut e mi avete proprio scocciato, andiamo al punto più su.
La chiesa è contro le clonazioni e pro alla ricerca di noi nella memoria delle nostre proteine.
Che io abbia conosciuto questa meravigliosa persona il Prof. C. Bellanova, capocomico di una brillante commedia dionisiaca " Le Baccali " l'ho sempre intravisto come ingerenza del pollo ecclesiastico che se non entra in tutte le cose soffre.
Il Professor Carlo Bellanova, decantò lo scritto " Sensazioni d'Inverno " giudicando con però scrivi a cavoli tuoi! - La punteggiatura ... ?
Dimostrai i tempi sono così come li vogliamo noi.
Questo scritto è in memoria del tempo durante i miei primi dieci anni tra asilo, famiglia ed elementari, allorquando non potevo essere preciso nel dialogo, fatalmente scoordinato a livello di punteggiatura, eppure in classe ero forse quello che leggeva meglio di tutti, ma quando si pensa, a dieci anni e figurati meno, e poi bisogna pur parlare, nonostante la conoscenza delle parole sia limitata, saltare i tempi è il minimo, mischiare o azzeccare le frasi, insomma la parte più divertente della mia letteratura è proprio ciò ed essendo tale, ed essendo geloso, me la tenevo segretamente per me.
La parte che hai riletto è uguale, presenta la punteggiatura acculturata.

--
ciak
riccardo


NB tra l'altro, i miei libri sono importanti, molto, originali, e per tanto avessi vinto il Nobel li avrei pure pubblicati, quindi devono per forza di economia maggiore presentare qualche difficoltà di lettura, altrimenti chi acquisterebbe i testi in libreria?
Sono partito alla grande: e non vinco il Nobel inutile pensare a pubblicare con un editore, non si vende una cippalippa, almeno il Nobel pubblicizza per la vendita.
Se vuoi leggere il massimo del lirismo della parola scritta in italiano prova Favoletta Erotica, lì puoi scoprire la lettura secondo il tuo tempo, insomma va bene per musica leggera, rock, jazz, Sillabica o quanto sei e cerchi.
La traduttrice cui mie ero affidato per Favoletta Erotica da ottenere in Inglese, laureata in letteratura inglese, ha affermato non si può tradurre, in inglese il racconto perde il senso, il lirismo.
Una volta avrei terminato con " Amen " ma ieri la mia ex socia ha scritto sulla sua Home facebook, che Amen al termine di una qualsiasi cosa va bene, perchè dona benedizione da Dio, quindi, per quanto mi concerne, meglio tralasciare, essere Dio anche per Amen, fa ridondanza per Noi Creazionismo Spiritualità of Art.

Rimuda Riccardomustodario

unread,
Aug 20, 2022, 5:34:33 AM8/20/22
to
On Thursday, August 18, 2022 at 2:53:43 PM UTC+1, Dan wrote:
ad una prima lettura di quanto citavi circa Carver, bisogna tener presente gli scrittori bravi scrivono a cazzo di cane, per loro importante è l'idea originale, lo stile, non rileggono le frasi, non correggono, ci pensano i correttori dell'editore a pianificare per bene l'opera.
Pensa, verso la fine degli anni novanta Cecchi Gori ammazzò il cinema dichiarando non vi fossero più idee originali, allora realizzò il film della domanda che il computer giapponese conservava di me alla fiera " Futuro Remoto " edizione prima.
Il computer chiedeva di scrivere qualcosa, Andreana Notaro, l'icona della danza contemporanea italiana, lesse la cosa e mi spronò a scrivere, allora ero Design Alta Moda famoso in Campania, la maggior arte dei tempi Alta Moda nazionali erano partoriti da me, allora il Made in Italy era leader sui mercati internazionali, la voce più era proprio la Moda, quindi quando dialoghi con me, tieni presente leggono tutti i più grandi stilisti del mondo, e le loro collezioni parlano chiaro; tieni presente hai fatto una figura dimmerda esagerata, custodita nel flone Sensazioni d'Inverno.
Scrissi al computer : fino a che punto al confusione mentale ti coinvolge nelle manifestazioni affettive, ciò era il tema della mia prossima collezione, il computer rispose " Ma è una domanda? "
tutte queste cose scritte si trovano nei miei libri antichi.

Rimuda Riccardomustodario

unread,
Apr 30, 2023, 5:52:52 AM4/30/23
to
STRUNZ!
Non capisci un cavolo di inglese, ciò nonostante sei pronto a denigrare criticamente in italiano.
" Sensazioni d'Inverno " è il massimo dello stile italico elementare, creato da me per l'Alta Moda negli anni ottanta, allorquando la " Collezione " era assurta a mero discorso per addetti ai lavori e niente o quasi recepiva il pubblico dal capo esposto in vetrina, ciò determinava l'esigenza di tornare alle origini della semplicità del discorso, in modo tale dieci o cent'anni ogni cosa venisse recepita immediatamente. - Essendo noi in una fase avanzata ove ci rendiamo conto la vita è troppo breve, conseguentemente manca tutto il tempo per comprendere ogni cosa, cui ci auguriamo il computer sfiori l'impossibile facendo chiarezza totale del nostro R.N.A. - siamo per la velocità della realtà ed allora ci rendiamo che il ricordo di cinquanta anni fa è pari all'altro ieri; basta solo fermarsi a pensare un paio d'ore e tutto riaffiora.



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