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[Ant.] "La pioggia nel pineto" (D'Annunzio)

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Sauron

unread,
Feb 12, 2000, 3:00:00 AM2/12/00
to
Dalle "Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi".
Libro terzo: Alcyone. "La pioggia nel pineto".
Versi 1-64 e 97-128 (strofe 1,2 e 4)
*********

1 Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gòcciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
10 Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
20 piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
30 che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
40 Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
50 diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
60 auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

...

97 Piove, su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga,
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
107 son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
117 silvani;
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
128 o Ermione.

********

Alla poesia magniloquente e dalla straripante grandiosità dei versi di Maia
si affiancano le produzioni più celebri del D'Annunzio, reputate un po'
ovunque come le più lette ed amate: quelle di Alcyone (pubbl. nel 1904): il
poeta abbandona i toni vertiginosi e le vette della magniloquenza della
"Laus vitae" per approdare ad una ricerca nuova e ad esiti di diverso
registro. Eppure questi non devono essere visti come due momenti
assolutamente sciolti l'uno dall'abbraccio dell'altro, ma come parti
complementari di un unico progetto.
Ecco dunque che una volta epurata dalle scorie della retorica e dal gusto
dello straordinario, il D'Annunzio si abbandona ai "brividi più tenui ed
impalpabili della natura", in un linguaggio a tratti mimetico, sicuramente
evocativo, completamente rivolto alla sub-creazione di una "voce" adatta a
cantare il messaggio supremo della "stagione" alcionea.
Il tema del superomismo (trattato in precedenza in Maia) a ben guardarlo non
viene affatto accantonato, anzi. Non a caso è possibile rinvenire (come più
di un lettore ha fatto) nel momento alcioneo la vera e propria
realizzazione di questa istanza: ma per far questo il poeta sceglie una via
diversa, un modo diverso di porsi di fronte a quel mondo delle cose che egli
aveva così disperatamente cercato di imbrigliare nel fiume impetuoso che era
quell'inno alla vita de "La mia anima visse come diecimila!": D'Annunzio al
grido, all'urlo perentorio di quei versi ora affianca la voce sommessa,
sussurrata, tutta tesa a catturare anche i più minuti brividi del cosmo, a
trasfigurarlo attraverso il linguaggio poetico.
Non più desiderio di dominazione delle cose e delle loro essenze ma ricerca
umile, e per questo direi più vera, di un nuovo dialogo col mondo:
paradossalmente il tentativo di dominio del D'Annunzio sulle sostanze riesce
nel momento in cui egli più si abbandona a quei brividi, a quei sussulti,
rinunciando alla propria "potestà".
Per questo dico che D'Annunzio non abbandona il superomismo e le teorie
nietzschiane, solo egli propone un nuovo modo (forse più vero) di essere
Ubermensch: egli avverte come sia possibile approdare ad una nuova umanità,
ad una nuova dimensione nel momento in cui sa piegarsi all'ascolto, alla
comunione con la natura, ad un nuovo "panismo".
Del panismo dannunziano si è molto discusso: di cosa consista forse non
esiste miglior esemplificazione che un'altra poesia, quella dal titolo di
"Meriggio". Eppure anche "La pioggia nel pineto" ben rappresenta in molti e
varii punti questo particolarissimo "sentire" che giunge ad esiti a dir poco
unici per la letteratura italiana.
In Alcyone D'Annunzio canta la gloria di un'estate tirrenica, la poesia
delle spiagge toscane: le parole continuamente perdono e acquistano
consistenza, si sciolgono in accenni, in sussurri, poi in canto tenue e
raffinatissimo; il magistero dannunziano è qui, nella sapienza del gioco
sonoro, nella perfezione formale, nella capacità di generare emozioni
lievissime e sorprendenti e guidare il lettore ai misteri di una poesia
che recuperi un più intimo rapporto con la realtà e con se stessi.

In questa lirica è padrona della scena una pineta immersa nella pioggia
estiva in cui si aggirano due figure: quella del poeta/io narrante e quella
vaghissima ed eterea di Ermione.
Se ne "La sera fiesolana" il poeta cantava il preludio all'estate, qui il
D'Annunzio ci dice la pienezza della stagione estiva, uno scenario
verdeggiante nei pressi di una marina. L'intero componimento è parte di un
discorso iniziato in Alcyone, un discorso come ho già detto solare e marino
insieme, i due tratti portanti della poesia di questa Laude. Ma nonostante
la freschezza di certe immagini e della sostanza stessa che è materia di
canto, il poeta non dimentica le voci più malinconiche e lievi, inserite
organicamente in quest'opera con grande capacità lirica.
La sensibilità del poeta è qui totale e totalizzante: il suo io tende ad
avviluppare e a lasciarsi avviluppare dal "pineto" in cui si aggira, la
leggerissima figura di Ermione incanta con la sua discrezione ma anche con
la sua latente sensualità appena accennata, il mondo cantato dal poeta
prende nuova vita mentre anche egli stesso si perde e si ritrova in un
gioco fantastico di suoni e di colori, la potenza espressiva di un poeta che
cerca con la propria arte di ri-creare il mondo attorno a sè attraverso la
magia della poesia che spezza e ricostruisce nuovi legami e nuove valenze
col reale.
Tutto potrebbe però rimanere esteriore, fragile, un semplice gioco fonetico
e arido se il poeta non trovasse la forza di abbandonarsi al "gioco",
all'impalpabile, all'immedesimazione con le forze naturali: ecco allora la
connotazione "panica" di cui si è tanto discusso, la capacità del D'Annunzio
direi di "aderire" alla "tela", di fondersi anima e corpo con la natura
stessa.
Forse parlare di superomismo in D'Annunzio non è poi tanto sbagliato: ma un
superomismo rivolto all'interno piuttosto che all'esterno, un superomismo
che non neghi l'uomo per superarlo ma che lo riconosca come parte di un
tutto, un superomismo che abbandoni la vis retorica e la straparola di Maia
per approdare ai risultati più alti della poesia dannunziana, quella di
Alcyone.

************

Il metro usato è composto da quattro strofe ciascuna di 32 versi di varia
misura (si va dai trisillabi ai novenari). Anche le rime e le assonanze sono
liberamente disposte. Insomma un classico esempio di metro libero
dannunziano, musicalissimo e forse ineguagliato.
Lo stesso v.1 è un'introduzione alla musica: l'invito è rivolto dal poeta ad
Ermione, figura femminile che vaga con il protagonista in un bosco investito
dalla pioggia (per godere appieno della poesia forse è bene pensare allo
scenario cui fa riferimento il poeta, cioè quello di un bosco che si trova
nelle vicinanze del litorale sabbioso della Toscana). Il bisillabo sembra
darci il modello stesso del tipo di molti dei versi che incontreremo nella
poesia: parole brevi, brevissime, accenni, spesso ancora una volta validi
più per le grandi suggestioni fonetiche che per il loro reale significato
all'interno delle strofe.
Inoltre quel "Taci" impone sin dall'inizio una sorta di "leit motif" alla
lirica: la poesia è ascolto, oltre che parola parlata, il simbolo di
un'attesa che indichi al lettore (come il protagonista indica ad Ermione)
la strada da seguire per capire davvero il senso fondo dell'opera poetica,
della Poesia. Solo attraverso un silenzio (prima di tutto fisico, reale, ma
anche dell'animo) è possibile fruire dell'opera d'arte. Per come lo leggo
io il "Taci" dannunziano è un invito alla lettura, alla degustazione dei
versi franti in decine di minuscole sillabe, al silenzio creatore, insomma
al triplice paradosso del poeta: attraverso le tante parole cantare un
silenzio che possa dirci un senso. E subito dopo il "Taci" una forte
cesura, come a prolungare quel silenzio, come a porre un vero e proprio
"incipit" dal valore semantico: la pausa e il silenzio richiesto finiscono
col coincidere, testo e contesto si fondono.
Poi il verso prosegue con un "su": vedremo che nella prima strofa questa
breve parola si ripete ben 11 volte. A ben osservare ad essa si affianca
anche la ripetizione del "piove" che incontreremo in v.8 e che troverà
"riverbero" in altri 5 versi (vv.10-12-14-20-22). Senza voler forzare la
lettura direi che il D'Annunzio stesso cerca di operare una mimesi per
quanto possibile accurata proprio di quella pioggia che va cantando: ecco
allora un altro dei significati attribuibili a quei mono- e bi-sillabi di
cui si diceva: un ritmo perpetuo, appunto mimetico, a tratti gioioso della
"pioggia nel pineto" (da cui il nome della poesia).
Inoltre ancora un indizio: sin dal primo verso il poeta si rivolge ad un
ipotetico "tu": un espediente assai sottile per introdurre un clima di
intimità e di delicatezza, atto a immergerci in un'aura di dialogo e di
attenzione. Eppure, se ne accorgerà ben presto il lettore, la presenza di
Ermione sarà e rimarrà sempre piuttosto vaga, eterea come dicevo poc'anzi,
quasi a metà tra un'angelizzazione cavalcantesca e una liquidità figurale
tipica di certo manierismo secentesco (eppure personalmente trovo che
Ermione rievochi soprattutto certe aeree immagini femminili della pittura
preraffaelita).
Il v.1 sempre ci specifica l'ambientazione dell'opera: i due amanti si
trovano al limitare di uno bosco dove il poeta si premura di specificare ad
Ermione (ma quindi a noi lettori) che le parole da lei avvertite come umane,
tali non sono (vv.2-4). Al "non" di v.2 fa eco dunque l'avversativa di v.4
("ma") che specifica come siano le gocce e le foglie (v.6) a produrre quelle
parole "più nuove" (v.5) (e quanto è importante quella specificazione: più
nuove). Anzi, ancora meglio: gocce e foglie "lontane" (nota come
l'aggettivo isolato al v.7 subito seguito da forte cesura crei davvero una
sensazione di distanza tra le parole e quindi per induzione tra questi
suoni e gli spettatori).
Il v.8 inizia con un parallelismo: al "taci" di v.1 corrisponde ora un
"ascolta", un invito a udire le voci della natura (le uniche voci che siano
plausibili in questo contesto).
Quindi la serie di "piove" di cui si parlava prima: una pioggia che viene da
"nuvole sparse" (v.9) e che scende sulle "tamerici": da notare come gli
aggettivi scelti dal poeta per definirle meglio non solo siano assai
musicali (doppia corrispondenza incrociata di "s" e "r") ma anche scelte
"significative" e assai esatte: sono salmastre per la vicinanza col mare,
arse perchè bruciate dal sale e dalla canicola. In pochi brevi tratteggi
ecco il D'Annunzio dipingere con estrema finezza un paesaggio evocativo e
meraviglioso: due figure che si aggirano al limitare di un bosco nei pressi
di una marina in piena estate mediterranea (e che sia mediterranea se ne
avvedrà il lettore attento dal tipo di vegetazione nominata con grande
accuratezza dal poeta di qui in avanti).
Ecco allora i "pini" subito detti "scagliosi" (per la corteccia ruvida) e
"irti" (a causa delle foglie ad ago); ecco la pioggia che cade su i mirti
definiti "divini" (perchè da sempre consacrati alla divinità Venere) (ma a
ben vedere oltre che per la rima baciata con i "pini" precedenti, è un
aggettivo che come vedremo allude alla nuova vita cui stanno andando
incontro i due amanti); poi le ginestre fiorite, le coccole (ossia il
frutto) dei ginepri dal forte odore selvatico (vv.12-19), il tutto in un
susseguirsi di richiami fonetici e intertestuali attuati per mezzo di rime,
assonanze e allitterazioni di vario genere e grado).
E nota anche come mentre qui si avvicendano termini che suggeriscono una
sensazione di aridità, di secchezza, più tardi le immagini naturali saranno
di tutt'altro tipo, morbide e lucenti, come se la pioggia avesse dato loro
nuova vita.
Ma dal v.20 possiamo renderci conto anche di come questa strofe sia stata
idealmente suddivisa dal poeta in due diversi momenti: all'ascolto teso a
captare anche i minimi suoni naturali e a farli propri si affianca ora una
serie di immagini riferentisi ai due protagonisti, l'io narrativo ed
Ermione. Insomma, come a dire che se prima l'attenzione era rivolta alla
natura ora essa viene spostata su di loro, ma a ben vedere operando non una
netta scissione, una divisione, bensì un accomunamento, attuato
attraverso una similare struttura dei versi e sulla ripetizione di accenti e
termini finora già incontrati.
Il "piove" di v.20 fa eco agli altri dei versi precedenti, così come i "su"
che si ripetono da qui a v.29: osserva come l'autore riesca a trasmetterci
il compenetrarsi dei due corpi nello scenario silvestre che va dipingendo.
E' grazie a queste capacità che il poeta dice "silvani" il suo volto e
quello di Ermione (vv.20-21), che parla di mani nude e di vesti leggere, ma
soprattutto della pioggia che bagna queste e quelle. Non solo la pioggia
cade incessante e vitale su mani, volti e vestiti, ma anche sui pensieri,
sulle loro anime, sulla loro "favola bella", in quelli che sono forse i
versi più struggenti della poesia, con quell'accenno a metà tra la gioia di
quell'esperienza e il mesto riconoscimento di una favola, di un'illusione
eppur bella, ma il tutto modulato in maniera così sapiente e delicata da
far risultare impercettibile lo stacco tra la parte naturalistica e la
storia d'amore tra lui ed Ermione, temi intrecciati dal fitto susseguirsi
di rime.
Altro particolare da notare: il nome di lei non era stato finora citato e fa
la sua apparizione solo nel verso 32, benchè la sua presenza fosse stata
avvertita sin dal primo verso. Il nome stesso ha un importante
"significanza" poichè è un nome che rievoca qualcosa di mitico, dal gusto
grecizzante,

Nella seconda strofa prosegue il canto del poeta alla ricerca di un ascolto
ancora più vero delle voci naturali: si rafforza l'invito ad Ermione ad
ascoltare ("Odi?", v.33) il canto della pioggia che il poeta descrive con
minuziosa attenzione: dal fatto che essa cada su una vegetazione
"solitaria", ossia affrancata dalla presenza umana (tranne che per la
presenza dei due protagonisti), e di come il crepitio delle gocce risuoni
diversamente nell'aria a seconda che esse cadano su un luogo dove vi siano
più o meno foglie ("più rade, men rade", v.39):senti come il poeta è
riuscito a rendere con grande sensibilità e leggerezza questo concetto in
pochi versi che tratteggiano un mondo silvestre inesplorato e
lussureggiante.
Ancora un "ascolta" introduttivo in v.40 che serve ad introdurre le voci
delle cicale che con il loro canto "rispondono al pianto" che discende da un
cielo torbido ("cinerino"). Poi inizia la descrizione vivida e attentissima
dell'orchestra delle foglie: non più il cadere "sparso" di cui si parlava
nei primi versi, ma di uno scroscio continuo.
Dapprima il pino, poi il mirto, il ginepro, insomma quelli che D'Annunzio
definisce come veri e propri "stromenti" (arcaismo) suonati da "innumerevoli
dita" (che sono ovviamente quelle della pioggia, ma osserva come quel "dita"
la antropomorfizzi!): la sensibilità del poeta è tutta tesa a captare suoni
che a sentirli di sfuggita parrebbero uguali ma che se ascoltati con l'animo
desto e pronto del superuomo, ossia dell'uomo capace di cogliere i nessi
profondi che legano le cose, i suoni, gli odori, le sensazioni tattili,
etc... e il mondo viene ricreato dal poeta in forma nuova e sorprendente.
Così il poeta giunge a dire che ora lui ed Ermione sono pienamente immersi
nello "spirto silvestre", essi sono divenuti esseri viventi in tutto e per
tutto simili alla natura che li circonda: viventi di vita arborea,
primigenia.
Il suo sguardo si posa su lei ed eccola trasumanarsi, metamorfizzarsi in
qualcosa che è come è più della sua Ermione (il viso bagnato ed ebbro di
pioggia per l'estasi panica, i capelli profumati come candide ginestre. Ma
nota "auliscono": un preziosismo): i vv. 62-64 sono sorprendenti, potenti
e poetici oltre ogni dire: quella creatura che ha di fronte non è più umana
ma "terrigena", come fosse germogliata or ora dal suolo, e il suo nome è
solo qualcosa che resta fuori da lei, un accessorio sembra quasi:
Ermione, dice il poeta, ma quella donna non è più Ermione.

L'ultima strofa conclude la poesia culminando nella trasformazione quasi
completa di Ermione e del poeta stesso (una trasformazione spirituale,
ovviamente, ma che per riflesso rende reale e vivida ogni sensazione,
amplificandola oltremodo).
Le ciglia di Ermione, bagnate dalla pioggia (v.97) rifulgono come se
accogliessero delle lacrime (e il poeta specifica, non di dolore ma di gioia
"panica", appunto). E' un pianto voluttuoso, fatto di passione e di ebbrezza
e di rapimento: una fotografia cui il poeta capisce di non poter rinunciare
(nota come quel verso 99 inizi con "ma di piacere" come staccato dal
precedente v.98, una specie di approfondimento di quanto già detto, una
ripresa della canzone subito dopo una breve pausa). Ella sembra vagare
appena nata, ma non bianca bensì verdeggiante ("virente"), poichè è arborea
ormai.
La vita stessa, di lei e di lui, è vita originaria, immacolata e
lussureggiante (vv.102-115): ne sentono la freschezza raggiante, la
delicatezza di un cuore che tanto assomiglia ad una pesca vellutata e non
ancora colta, percepiscono i loro stessi occhi come corsi d'acqua sorgiva, i
propri denti come "mandorle acerbe" (un paragone che trovo perfetto e
poeticissimo); vagano tra gli arbusti tenendosi per mano e lasciandosi
subito dopo, per poi riprendersi e lasciarsi ancora, mentre la vegetazione
li avviluppa: "chi sa dove, chi sa dove", è un oblio di spazio e tempo, un
rapimento musicale, una nota di malinconia.
Una maliconia subito rafforzata dalla chiusa finale (vv.116-128), perfetta
ripetizione dei precedenti vv.20-32, se non per il penultimo verso della
poesia: un'inversione tra le parole "che ieri / M'illuse, che oggi T'illude
/ o Ermione", come una variazione sul tema delicatissimo e sovrumano di una
storia d'amore e di struggimento narrata sulla soglia di un epico e nuovo
modo di "sentire" il mondo.

Sauron

germano

unread,
Feb 12, 2000, 3:00:00 AM2/12/00
to
Ma non fai prima ad indicarci la pagina del libro dove scopiazzi ? E magari
metti la bibliografia !
Sauron azzeccagarbuli ,farfugli farfallando di poesia fallace ,fugace è il
tuo fine famoso, fecondo è il tuo fine secondo ma orrendo il tuo modus
donandi .
Ma dì un pò , stai seguendo la retta via indicata da parruccone ???
E non è meglio leggere i post di gidì che mere trasmigrazioni di pagine
cartacee in pagine virtuali?
La dialettica mira al poco per arrivare al tutto , con questi post
giganteschi mi fai perdere il filo e la voglia di partecipare . Ti consiglio
qualcosa di più piccolo che questi dinosauri di parole che al massimo si fa
finta di leggere e magari di capire .
Un consiglio da chi ti è antipatico .
Oaic.
Onamreg.


Dark Angel

unread,
Feb 12, 2000, 3:00:00 AM2/12/00
to

Sauron <dic...@tin.it> wrote in message 883arm$7ov$2...@nslave1.tin.it...

Che marea di parole (copiate o no? Fidarsi è bene...)... Peccato che non ci
sia il minimo sentimento alla base (positivo o negativo). La critica sembra
un'attività oggettiva, astratta, ma non lo è affatto!

Niniel

unread,
Feb 12, 2000, 3:00:00 AM2/12/00
to

> [cut]

Grazie, Oscuro Sire, di continuare ad inviare tali componimenti e di
ricordarci con esempio e parole cosa sia e come sia bella quell'arte detta
Poesia.

Saluti

Yaricha

unread,
Feb 12, 2000, 3:00:00 AM2/12/00
to

Sauron ha scritto nel messaggio
----cut----

Grazie, Sauron.
Il tuo lavoro č prezioso.

A presto,
Yaricha

KLAUS

unread,
Feb 12, 2000, 3:00:00 AM2/12/00
to
On Sat, 12 Feb 2000 10:55:15 +0100, "Sauron" <dic...@tin.it> wrote:

>Dalle "Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi".
>Libro terzo: Alcyone. "La pioggia nel pineto".

Grazie per l'ottimo lavoro che vai facendo.
Forse (forse) sarebbe più utile (almeno a quelli come me che non hanno
una cultura molto estesa) trattare quelle composizioni che
difficilmente trovi nel percorso scolastico (un esempio: Caproni).
Sto forse facendo come Eby ? hai già in mente qualche "minore" ?

Allegri !

Claudio

federico russo

unread,
Feb 12, 2000, 3:00:00 AM2/12/00
to
Ottimo lavoro Sauron; ti aiuterņ te l'ho promesso e che sai... come critico
sono una frana e di fronte a un testo *laureato* ho un po' di soggezione:
cazzate ne sparo tante, ma spararle su Artod o Aleksandra č un conto, su
Pascoli o Montale č tutta un'altra cosa.
Ad ogni modo -per rispondere a Germano e a Dark Angel- guardate che questo č
autentico stile Sauroniano; certo sono cose che in parte ha studiato "sui
libri", ma certo non le ha "scopiazzate": mica esiste la *scienza infusa*
in fondo!!!
Apprezzo molto il tuo lavoro, amico:
é bene che in un Newsgroup di poesia si parli anche di quella con la"P"
maiuscola
A presto
federico

Sauron <dic...@tin.it> wrote in message 883arm$7ov$2...@nslave1.tin.it...

e b y

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to
Qualcuno adesso chiamerà il 113 per farmi
ricoverare di urgenza, ma visto che ci sono
abituato (entro ed esco dal manicomio con
eguale frequenza), sputo il rospo.
E se dicessimo che il D'Annunzio è il primo
vero grande regista italiano? La parola come
macchina da presa e gli ingredienti per un
grande film da oscar, ne La pioggia nel pineto,
ci sono tutti:
- sceneggiatura;
- primi piani;
- colonna sonora;
- attori protagonisti;
- immagini originali.
- dialoghi.
Credo proprio che non manchi niente.
Non la pensate così? Ok! Indosso la camicia
di forza e vado, mancherò per qualche giorno.
Ciao a tutti. :-)))))
===================> Enrico <===========
--
Pubblicità progresso:
<< chi non quota avvelena anche te, digli di smettere! >>
Campagna a cura del Ministero della Salute sul NG.

Sauron

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to
> Ottimo lavoro Sauron
[cut]

Ti ringrazio per i tuoi apprezzamenti Federico.
Pensavo che ogni tanto parlare dei Poeti invece che di noi sarebbe stata
cosa buona: č da quando si č formato che IAP che si č pensato (tutti, me
incluso) piů a noi che alla vera Poesia.
Grazie.

Sauron

Sauron

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to
>Che marea di parole (copiate o no? Fidarsi è bene...)...
Cara Dark Angel, se le parole erano troppe e il senso del post ti è sfuggito
mi dispiace molto.
Che poi tu mi accusi di plagio, ecco, forse capisco che la tua intelligenza
non ti è di molto aiuto e che (forse) il commento era un po' eccessivo per
le tue capacità: se vuoi posso mandarti una versione ridotta e più
accessibile.

>Peccato che non ci sia il minimo sentimento alla base (positivo o
>negativo).
>La critica sembra un'attività oggettiva, astratta, ma non lo è affatto!

La mia critica è, come ogni opera d'intelletto, per definizione a sua volta
criticabile.
Pur cercando di intendere quali siano i motivi fondanti della tua critica al
mio commento non li ho trovati.
E se parli di "attività oggettiva" purtroppo credo che tu non abbia ben
chiara in cosa consista un'attività critica di qualsivoglia tipo. Peccato,
questo sì: mi sarei aspettato maggiore studio ed applicazione, soprattutto
da qualcuno capace di postare affermazioni come:
"Non mi dispiacerebbe affatto iniziare una fitta comunicazione con gli
amanti della letteratura e delle arti in genere."

Per favore, per favore: riflettiamo prima di aprire bocca.


Sauron

Sauron

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to
Grazie a tutti per le gentili parole nei confronti dei miei umili tentativi.

Sauron

Sauron

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to
> Grazie per l'ottimo lavoro che vai facendo.
> Forse (forse) sarebbe più utile (almeno a quelli come me che non hanno
> una cultura molto estesa) trattare quelle composizioni che
> difficilmente trovi nel percorso scolastico (un esempio: Caproni).
> Sto forse facendo come Eby ? hai già in mente qualche "minore" ?

Forse hai ragione tu, sarebbe bene alternare un minore ad un maggiore: certo
Caproni tra i "minori" è cosa assai strana! (ma intendo cosa volevi dire:
"minore" nel senso di trascurato dai corso di studi superiori).

Per la prossima ero indeciso tra Luzi, Sereni, Caproni e Fortini (alcuni dei
maggiori tra i "minori")

Spero che Emma Doria legga questo post e magari sia interessata (in quanto
la so amante come me della poesia fortiniana) a trattare lei questo poeta:
sempre che ne abbia voglia e tempo. O No?


Sauron

Dark Angel

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to

Sauron <dic...@tin.it> wrote in message 886geo$rgf$4...@nslave1.tin.it...
...forse capisco che la tua intelligenza

> non ti è di molto aiuto e che (forse) il commento era un po' eccessivo per
> le tue capacità: se vuoi posso mandarti una versione ridotta e più
> accessibile.
>

Io mi sono resa conto di aver sbagliato e l'ho ammesso e mi sono scusata....
Le tue parole cmq mi hanno profondamente ferito.

Sauron

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to
>Io mi sono resa conto di aver sbagliato e l'ho ammesso e mi sono
>scusata.... Le tue parole cmq mi hanno profondamente ferito.

Mi dispiace molto.
Ma la mia reazione è stata aspra in proporzione al tipo di "osservazione"
che mi è stato mossa.
Come potrà dirti più di una persona in ng, non sono un falco nè un
attaccabrighe: solo che a immotivati attacchi rispondo con asprezza, come
dicevo.
Ripeto mi dispiace molto averti offesa, ma non sentirti ferita: avevo
scritto la risposta ben prima di leggere le tue gentili scuse.
Spero che considereremo chiuso il discorso e che si possa costruire un nuovo
tipo di dialogo.
Le tue critiche sono pronto ad accettarle, perchè accetto sempre le regole
della democrazia: sono certo che non approvi il mio commento e sarò ben
lieto di discuterne con te se vorrai.

A presto
Sauron

Fabrizio Miletto

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to
"germano" <germano...@tiscalinet.it> ha scritto nel messaggio
news:883ru1$ocg$1...@pegasus.tiscalinet.it...

> Ma non fai prima ad indicarci la pagina del libro dove scopiazzi ? E
magari
> metti la bibliografia !
> Sauron azzeccagarbuli ,[taglio]. Ti consiglio

> qualcosa di più piccolo che questi dinosauri di parole che al massimo si
fa
> finta di leggere e magari di capire .
> Un consiglio da chi ti è antipatico .

Sauron, ma chi è questo germano?
Un'anatra sul lago?

Ho salvato il tuo post su questo capolavoro.
Adesso me lo leggo e gusto con calma,
poi ti dico.

Fabrizio


Fabrizio Miletto

unread,
Feb 13, 2000, 3:00:00 AM2/13/00
to
"Sauron" <dic...@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:886gem$rgf$2...@nslave1.tin.it...

> > Grazie per l'ottimo lavoro che vai facendo.
> > Forse (forse) sarebbe più utile (almeno a quelli come me che non hanno
> > una cultura molto estesa) trattare quelle composizioni che
> > difficilmente trovi nel percorso scolastico (un esempio: Caproni).
> > Sto forse facendo come Eby ? hai già in mente qualche "minore" ?
>
> Forse hai ragione tu, sarebbe bene alternare un minore ad un maggiore:
certo
> Caproni tra i "minori" è cosa assai strana! (ma intendo cosa volevi dire:
> "minore" nel senso di trascurato dai corso di studi superiori).
>
> Per la prossima ero indeciso tra Luzi, Sereni, Caproni e Fortini (alcuni
dei
> maggiori tra i "minori")

Luzi, Luzi!

Grazie anticipate.

Fabrizio


Turin

unread,
Feb 14, 2000, 3:00:00 AM2/14/00
to
>Grazie, Oscuro Sire, di continuare ad inviare tali componimenti e di
>ricordarci con esempio e parole cosa sia e come sia bella quell'arte detta
>Poesia.


Non posso che associarmi alla mia dolce consorte....

Namarie,
Turin Turambar

Sauron

unread,
Feb 16, 2000, 3:00:00 AM2/16/00
to
> Sauron, ma chi č questo germano?

> Un'anatra sul lago?
> Ho salvato il tuo post su questo capolavoro.
> Adesso me lo leggo e gusto con calma,
> poi ti dico.

Grazie per la gentilezza delle tue parole Fabrizio Miletto.
So che puņ essere un po' pesante ma rispecchia quello che č il mio stile
critico: forse un po' pesante ma spero che lo accetterai per quel che č.
Di certi personaggi prefrisco invece non parlare, ma vedo che hai colto nel
segno.

A presto
Sauron

Sauron

unread,
Feb 16, 2000, 3:00:00 AM2/16/00
to
> Luzi, Luzi!
> Grazie anticipate.

Lo leggerň volentieri.
Magari evitando le introduzioni che sono davvero pesantine e andando subito
all'analisi testuale.
O no?

Sauron

(caro Fabz, Luzi č anche per me uno dei piů grandi)

Sauron

unread,
Feb 16, 2000, 3:00:00 AM2/16/00
to

Ad entrambi voi Adan dal cuore gentile (fin troppo nei miei confronti, chè
non merito tanto), il mio tenebroso saluto.

Sauron

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