Dimenticavo questo, altrettanto suggestivo:
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Lang Lang
Quando il vero talento diventa spettacolo
di Fabrizio Festa
Tra le leggende che oramai circolano su di lui, ce n'è una che potrebbe
avere una conseguenza
imprevista. Pare che Lang Lang, come tutti i bambini, amasse i cartoni
animati. Tom e Jerry, si sa, sono un classico, e che nei cartoon la musica
sia protagonista è un fatto acclarato. Ecco, dunque, che Tom suona il
pianoforte e suona Liszt: la Seconda delle Rapsodie ungheresi. Lang Lang,
che pare all'epoca avesse solo due anni (in altre versioni, tre), ne resta
affascinato. Il resto è storia nota. La conseguenza imprevedibile è che
anche Lang Lang potrebbe finire nel mondo dei cartoni: sembrerebbe infatti
che si stia già realizzando una serie in cui il pianista cinese sarà
protagonista. Una vicenda in linea, del resto, con quella trasformazione dei
cartoon che li ha visti diventare un fenomeno culturale di massa, ampiamente
slegato dall'universo infantile; basti pensare che nella serie dei Simpson
le star del cinema e della musica, classica inclusa, fanno a gara per
esservi effigiate... Insomma, per Lang Lang il pianoforte non è il sacro
recinto entro il quale chiudere le sue potenzialità d'artista, né tantomeno
l'altare su cui sacrificare una vita d'asceta. Anzi, è chiaro che la sua
concezione del pianismo rimanda a un'idea spettacolare della performance
musicale, già cara (persino nelle buffonate) a Mozart, e poi passata
(con le dovute trasformazioni), attraverso i Clementi, i Thalberg e il già
citato Liszt, nei pianisti del Novecento. Horowitz e Rubinstein, tanto per
citare i due più noti. Poi, il modello assoluto, il più imitato: Keith
Jarrett, buono per la classica, per il jazz e con quel tanto di new age che
fa vendere dischi.
Che Lang Lang abbia osservato con cura la lunga schiera dei pianisti
espressivi (o, per i detrattori, scalmanati) non v'è dubbio alcuno; che da
questi abbia anche preso non solo l'attitudine a sapersi gestire ma anche
quell'onnivora attenzione verso il vecchio e il nuovo è un fatto altrettanto
evidente. D'altronde già Liszt e Chopin avevano i loro sponsor, e che
finalmente la Steinway si sia decisa a dedicare uno dei suoi pianoforti a un
pianista, a Lang Lang appunto, ci sembra solo il dovuto risarcimento alle
schiere di pianisti che della casa americana hanno fatto la fortuna. Sarebbe
quindi veramente riduttivo considerare il pianismo di Lang Lang solo come l'espressione
di una modesta e chiassosa contemporaneità, lontana dai fasti ascetici dei
Benedetti-Michelangeli. Al contrario, il pianista cinese fa parte del
mainstream della tastiera. Benedetti-Michelangeli e Bill Evans erano l'eccezione,
non la regola. Miles Davis commercializzava le sue T-shirt esattamente come
Lang Lang fa con le sue giacche.
Che quindi alla fine lo si ritrovi a ricevere il Crystal Award dalla Schwab
Foundation per le attività socialmente utili, proprio sul palcoscenico del
World Economic Forum, a Davos lo scorso 27 gennaio, è solo nell'ordine
"naturale" di queste vicende. Il suo modo d'intendere il mestiere d'artista
non è che un aggiornamento, dovremmo dire un upgrade, di quanto hanno fatto
la maggior parte dei suoi predecessori (inclusi quelli santificati, come
Beethoven e Verdi).
Lang Lang ha scelto Twitter (ma non Facebook), e qualcuno ha creato un Lang
Lang Theme per gli utenti di iGoogle. Su YouTube i suoi video non si contano
(oltre 526.000 a una prima ricerca, contro i poco più di 2500 di Jarrett),
mentre sfogliando il calendario dei suoi impegni par proprio di tracciare un
percorso ideale, che unisce tutte le maggiori sale da concerto del mondo.
Insomma, Lang Lang è un nostro contemporaneo, che usa il talento senza
ipocrisia. Un talento vero, non presunto. Un talento solido e del quale
nessuno dubita, piaccia o non piaccia il suo modo di esprimerlo.
http://www.sistemamusica.it/2010/maggio/12.htm