A via san Giovanni Pignatelli Maggiore, due mattine fa, un cerchio di popolo
ha stretto un gruppetto di carabinieri e un'ambulanza che si erano
presentati di mattina presto per uno sfratto al civico 15: un basso rifatto
di fresco, con un rosone di mattoncini colorati sotto la finestra sulla
strada e nessun nome sul citofono nuovo della signora Rita De Luca, madre di
Pino Daniele e di altri cinque figli.
Ed è per quel celebre figlio musicista - celebre, amato e lontano da
Napoli - che la scena usuale di uno sgombero diventa notizia oltre l'eco
della solidarietà di vicolo che, per quattro ore, proteggerà la casa di Rita
e di Salvatore Daniele, minore dei suoi figli, 42 anni.
Ore di assedio, Salvatore che grida e minaccia di ferirsi con una bottiglia
rotta, i carabinieri che le provano tutte, le buone e le cattive, la gente
che rumoreggia, protesta, arriva e riparte in una staffetta di curiosità e
parole che non lascerà mai sguarnita la postazione.
Alla fine il funzionario responsabile chiama sul cellulare Cristina Ribera
il pubblico ministero che, otto mesi fa, fece sigillare per la prima di due
volte l'allora cantiere dell'appartamentino in ristrutturazione. Le fa
presente che non sembra il caso di forzare la mano.
Vista «la situazione dell'ordine pubblico», scriverà poi il funzionario a
verbale, una proroga è stata concordata con il magistrato per il giorno 11
del mese di novembre. In quella data Rita De Luca e Salvatore, secondo il
magistrato, dovranno uscire di casa. Una casa ristrutturata, si afferma,
violando il vincolo che protegge palazzo Sforza, lo storico edificio ai cui
piedi è incastonato l'appartamentino rimesso a nuovo. Il sequestro, si
afferma, è necessario per impedire che il vincolo sia violato di nuovo. Non
solo. La casa, comperata da Salvatore Daniele lo scorso febbraio per
settantamila euro più mutuo, potrebbe essere addirittura confiscata. Il
reato di violazione dei sigilli sarebbe stato commesso due volte. E c'è la
possibilità - il magistrato lo ricorda nell'ordinanza - di confiscare
definitivamente quel che è servito a commettere un reato. Anche una casa.
Ultima, flebile, speranza è una richiesta di sospensione, o addirittura di
revoca, presentata dall'avvocato Marcello Fattore: «Daniele - dice l'
avvocato - desidera ripristinare la facciata e dovrà patteggiare per la
violazione dei sigilli, che non nega. Il pubblico ministero fa il suo
dovere, non si discute, ma chiediamo si tenga conto del fatto che si tratta
dell'abitazione di due invalidi al cento per cento: la signora come il
figlio che ha subito vari interventi cardiaci. Arrivare fino al sequestro,
addirittura alla confisca, forse, è eccessivo, valutata la situazione».
Salvatore Daniele, un lavoro al commissariato per l'emergenza rifiuti, pensa
che qualcuno, alla fine lo ascolterà.
Vorrebbe parlare con il magistrato, chiede udienza al sindaco, assicura
tutte le sue migliori intenzioni di buttare giù il rosone di mattoncini
colorati assieme al muretto tirato su abusivamente tagliando a mezzo il
grande ed antico ingresso da bottega. «Ma da qui - dice - non possiamo andar
via. Nè l'11, nè mai. Sarebbe una persecuzione, forse ci tengono troppo gli
occhi addosso, a noi». In questa indiretta maniera sarà evocato il nome
celebre. La signora Rita, che parla a monosillabi e cenni, lancia a questo
punto un'occhiata quasi scontenta. Sa che tanta curiosità le deriva,
inevitabilmente, da quei suoi figli, così simili e così diversi.
http://ilmattino.caltanet.it/hermes/20031029/NAZIONALE/CRONACA_NAPOLI/BUR.htm
qui invece un'intervista ai parenti
Le cose abusive devono essere abbattute.
Nulla di personale, ma magari facessero cosě con tutti.