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[RI-LETTO] - Edgar Pierre Jacobs - Blake e Mortimer: Il segreto della grande piramide

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MailMaster C.

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Mar 19, 2019, 2:58:46 PM3/19/19
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Salve a tutti.

Seconda avventura del duo Blake e Mortimer del sempre impagabile
Edgar Pierre Jacobs. Ancora una volta gli elementi di una classica
avventura, questa volta in terra d'Egitto, ci sono tutti: il nemico
principale, ritrovato dopo la prima avventura "Le secret de
l'Espadon", i ritrovamenti archeologici, una componente mistica o
magica, inganni, intrighi, ecc.

Un amico di Mortimer ritrova in una mummia alcuni frammenti di papiro
dell'opera di Manetone, lo storico sotto re Tolomeo che ha tracciato
la storia delle dinastie d'Egitto e di cui non abbiamo oggi che pochi
frammenti. Il ritrovamento è quindi stupefacente, e dalla traduzione
si capisce che nella Grande Piramide di Cheope (Khufu) ci deve essere
una stanza segreta con il tesoro del faraone Akhenaton (Amenofi IV o
Amenhotep IV), l'unico che ripudiò l'intero pantheon egizio a favore
di un unico dio Aton, il dio del Sole. Le indicazioni per arrivarci
sono ovviamente frammentate, e fin dall'inizio si capisce che i
sottoposti e gli aiutanti delle persone di spicco, in particolare gli
europei colonizzatori, anche se qui raffigurati (ovviamente) come
benevoli, sono tutti doppiogiochisti o comunque non affidabili.
Potrebbe essere questo un'eco del colonialismo europeo, ben vivo in
Francia grazie ai possedimenti in Algeria e in Inghilterra con il
controllo dell'Egitto. Il nemico personale di Mortimer e Blake,
Olrik, non si fa attendere e tramite una rete di spie riesce a sapere
del segreto e vuole impadronirsene. Da qui si sviluppa la classica
spy story con tutti i crismi del caso, fino ovviamente alla felice
(ed esoterica) soluzione del caso.

Si legge quindi volentieri, anche se per gli standard di oggi
talvolta i fumetti troppo lunghi di spiegazioni e ricostruzioni sono
un po' pesanti, ma la storia anche se a tratti dall'intreccio
prevedibile, per quanto ben sceneggiata, scorre piacevolmente, tavola
dopo tavola.

Mi pare di scorgere ancora un debito fin troppo evidente, soprattutto
nei personaggi secondari e nei paesaggi, alle modalità di Hergé e del
suo Tin Tin, stessi volti, stesse modalità espressive, stesse linee
cinetiche, particolari che nell'avventura successiva "Il Marchio
Giallo" sono meno evidenti.


--
Mandi
MailMaster C.
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