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La guerra dei morti - 15 Capitolo

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Ladro d'Anime

unread,
Nov 13, 2022, 2:12:58 PM11/13/22
to
Qui cominciano una serie di episodi in cui non posso dire di essermi
avvalso della mia autopsia, dovendomi accontentare della già citata
Cronaca dei Maghi e integrando le parti mancanti con lo scarno resoconto
ottenuto dal Ladro d’Anime. Vorrei, visto che rappresenta una delle mie
fonti principali, aprire un excursus sull’autore di queste Cronache e
sull’opera in questione.
Di recente è sorta nel novero delle discipline arcane una nuova branca:
la storia della magia, che si propone di analizzare l’evoluzione di
quest’arte negli anni e di fornire agli specialisti del campo un’ampia
gamma di exempla. A suo tempo l’autore delle Cronache volle interrogarmi
sugli episodi narrati da questo stesso scritto e volle addirittura, cosa
che feci volentieri, consultare i miei appunti. Egli, negromante come
Remigio, poté interrogare anche alcuni protagonisti, ma quando, una
volta conclusa, ebbi modo di leggere quell’opera, potei constatarne ben
presto la limitatezza. Innanzitutto era rivolta a un pubblico di
specialisti e utilizzava un linguaggio tecnico, a tratti addirittura
incomprensibile per un profano; in secondo luogo si perdeva in lunghe
disquisizioni su questioni a mio avviso secondarie, ma evidentemente di
primaria importanza per un mago. Ciò mi spronò a mettere le mani sui
miei appunti e intraprendere la redazione di questa storia. Molti di voi
si saranno chiesti la ragione dell’automutilazione di Remigio: la
sopraccitata cronaca dedica quasi un capitolo alla questione citando
episodi ed esperimenti empirici oltre, ovviamente, alle relative ipotesi
teoriche con una astrusità che ha imbarazzato anche me. Cercherò di
fornirne, dunque, una traduzione comprensibile cercando, nel contempo,
di non scadere in un eccessivo semplicismo. Secondo le più accreditate
teorie, il nostro corpo sarebbe composto di una grande quantità di
piccole parti, vitali anch’esse, la cui attività frenetica costituirebbe
quella che i maghi definiscono come “aura”. A differenza di ciò che si
crede, tutti hanno una loro peculiare aura: uomini, animali e alcuni
ritengono anche le piante (da non confondere con il mana che è
l’emanazione del potere di un mago). Negli esseri umani e nelle altre
creature superiori ( orchi, elfi, nani ecc….) si è potuto osservare che
questa sorta di alone energetico presenta alcune differenze da individuo
a individuo. Un mago che sa cosa cercare, dunque, può percepire anche a
grande distanza un essere animato e nei casi sopraccitati anche
determinarne con certezza l’identità. A patto, quindi, di preservarne la
vitalità, anche una piccola parte del nostro corpo può generare un
duplicato in scala ridotta della nostra aura. L’arto mozzato del
negromante costituiva, dunque, l’esca con la quale attirare il mago, ma
anche la trappola escogitata per lui aveva alle spalle una raffinata
riflessione teorico-magica. Chi fa uso di magia naturale, infatti,
alimenta i propri poteri in maniera più o meno invasiva con la forza
della natura. La trappola, una volta scattata, avrebbe isolato da questo
piano dell’esistenza il Ladro d’Anime catapultandolo fisicamente in una
sorta di limbo accessibile solo dall’esterno. Il compito di organizzare
la trappola venne affidato alla creatura guerriera nota con il nome di
Armigero, che non era altro che l’inquieto guerriero non morto che aveva
sfidato il mago di fronte alle mura di Milasia. Per quanto indubbiamente
malvagio, egli avrebbe preferito di gran lunga affrontare il suo
avversario in un confronto diretto, ma non aveva osato contraddire
nuovamente il suo padrone...

Mentre rimuginava sul mancato duello di cui Remigio lo aveva privato,
l’Armigero mitigò il suo disappunto pensando che si sarebbe accontentato
di recidere la testa del mago una volta che tutto fosse finito. Quella
prospettiva lo fece sorridere, ma il suo ghigno malvagio si fece ancor
più ampio al pensiero di accoppiarla con quella dello stesso negromante,
che non perdonava per le umiliazioni subite e sopratutto per essere
costretto a prendere ordini da lui.
Quando il mago comparve a breve distanza da dove era collocata l’esca,
la trappola scattò e il Ladro d’Anime si accorse di non potersi più muovere.
Circondato da ogni lato da una barriera invisibile, immediatamente
comprese che lo spazio in cui era stato rinchiuso era troppo ristretto
per far ricorso senza rischi agli incantesimi più orribili del suo
repertorio. Per alcune ore tentò, comunque, invano, di forzare quella
prigione osservato a distanza dall'Armigero e dai suoi accoliti, ma alla
fine, accorgendosi che le sue forze scemavano sempre più, desistette. La
disperazione, a quel punto, sarebbe stato il rifugio di molti: egli,
però, aveva vissuto troppo a lungo per lasciarsi cullare da essa.
Una fredda analisi della situazione gli fece comprendere la natura della
trappola in cui era caduto e dovette ammettere con riluttanza che
Remigio era stato molto astuto, ma i suoi nemici non avevano previsto
tutto. Poteva, infatti, ricorrere a qualcuno per uscire dall’impiccio,
ma quel qualcuno avrebbe richiesto un tributo pesante per il suo aiuto,
un tributo tale che non si sentiva in grado di pagarlo, nemmeno ora, in
quella situazione disperata.
Purtroppo, nella foga del momento, aveva sprecato troppe energie e
un’ulteriore tentativo di uscire avrebbe messo a repentaglio la sua vita
stessa. Se fosse stato necessario, si sarebbe giocato il tutto per tutto
in un ultimo incantesimo, ma prima voleva esplorare ogni alternativa
anche perché, se avesse avuto successo sarebbe, comunque, stato troppo
debole per affrontare i suoi nemici là fuori. Per un caso fortuito
furono proprio loro mostrargli una via di fuga: uno dei guerrieri non
morti, di sua iniziativa, scagliò la sua ascia contro di lui, la quale
attraversò la barriera in cui era imprigionato senza difficoltà
costringendolo a erigere una protezione. Dunque quella prigione era
accessibile dall'esterno, comprese.
Si preparò, quindi, a subire altri attacchi, ma l'Armigero guardando il
suo sottoposto con severità, gli proibì ulteriori atti di violenza. Poi,
rivolgendosi al Ladro d’Anime, disse:
“Dove hai lasciato la tua boria, mago? Dal tuo comportamento pare
proprio che tu ti sia dato per vinto.”
Le cose si stavano mettendo veramente male, pensò, doveva giocare
d’astuzia e provocarlo in ogni modo.
“Taci idiota” gli rispose. “La mia è soltanto un’astuta strategia, non
mi aspetto certo che tu possa comprendere.”
“Continua pure, allora, nessuno ti ostacolerà: vorrà dire che la tua
agonia sarà più lunga e che morirai lentamente di consunzione.”
“Morire io? Tu sogni: immagino, poi, che in quel caso dovrei condividere
l’eternità con esseri come te, non è proprio una prospettiva che mi
alletta.”
“È inevitabile, ed è meglio che tu ti rassegni: io stesso che ero
conosciuto come uno dei maghi guerrieri più abili, ho dovuto adattarmi a
questa degradante situazione. L’unico mio rimpianto è non potere ancora
calcare questa terra come un normale essere vivente, se non fosse stato
per quella freccia vagante…”
“La vita è un bene prezioso, cosa che tu non hai mai compreso: mi pare
che allora tu ti vantassi della tua invulnerabilità sdegnando ogni
protezione fisica e magica, dico bene? Forse il vero borioso eri proprio
tu, povero idiota!”
L’Armigero parve interdetto.
“Ma tu come fai a sapere tutto questo?” domandò
“Quanti anni credi che abbia? Ti conoscevo in vita, certo, anche se non
ti ho mai dato quell'importanza che tu ti attribuisci: eri soltanto uno
dei tanti eroi o presunti tali, maghi o imbelli cialtroni, santi o
crudeli tiranni che ho visto morire e le cui azioni, spesso definite con
ipocrisia crociate o atti di gloria, hanno alimentato i miei poteri. La
vita in ogni sua forma, come il tuo padrone ha correttamente intuito,
nutre e accresce la mia forza, ma a differenza di quello che si potrebbe
pensare io le porto rispetto: per questo frequento i campi di battaglia,
si potrebbe dire che approfitto degli stupidi come te che preferiscono
gettarla al vento.”
“Che senso può avere una vita vuota senza imprese gloriose?”
“Ah, la gloria, una parola che riempie la bocca degli sciocchi. Dove
sono finiti i frutti dei tuoi trionfi, ora che non sei più tra i vivi? I
ricordi delle tue imprese sono ormai appannati e presto verranno del
tutto cancellati dal tempo. Che cosa hai costruito nella tua dissennata
esistenza che tu possa perpetuare ai posteri? Hai assaporato delle gioie
futili: ti vantavi della tua abilità di guerriero, ma contro gli
avversari più coriacei imbrogliavi spudoratamente servendoti della
magia. Un atto da vero guerriero.”
“Credi che mi vergogni? Vincere, soltanto vincere, è questo quello che
conta.”
“E alla fine hai vinto? O sei perito come un imbecille?”
“Vedo che questa tua esistenza ti pesa: vorrà dire che vi porrò
definitivamente fine.”
E per avvalorare quella affermazione fece materializzare dal nulla
un'ascia che scagliò immediatamente contro di lui. Quando l’arma
attraversò la barriera che cingeva la prigione del mago, invece di
conficcarsi nel suo corpo come avrebbe dovuto, incontrò il vuoto: simile
a un vetro infranto il Ladro d’Anime scompose, infatti, il suo corpo in
una miriade di frammenti che attraversarono in breve tempo la piccola
fenditura creata dal passaggio dell’arma. Ricomponendosi di fronte ai
suoi stupiti avversari affermò allegramente:
“Nessuno ti ha mai avvertito che porta sfortuna rompere gli specchi?”
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