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La guerra dei morti - 23 Capitolo

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Ladro d'Anime

unread,
Dec 26, 2022, 10:03:09 AM12/26/22
to
Appendice sugli avvenimenti successivi…
Quando Balar divenne re, intraprese molte azioni meritorie per
ricostruire il paese dopo la guerra. I profughi della parte orientale
del regno furono allettati con misure fiscali eccezionali a tornare alle
proprie case e la pace venne assaporata da tutti con gioia. La
cittadinanza della capitale onorò, a proprie spese, il sovrano con un
imponente gruppo scultoreo che in origine avrebbe dovuto rappresentare
Balar nell’atto di sconfiggere i suoi nemici. L’ex generale trovò,
tuttavia, da ridire su questa rappresentazione che inficiava, ai suoi
occhi, il ruolo del vero protagonista della storia e insistette che il
mago venisse rappresentato al suo fianco.
Ebbi, anch’io, misero scrivano, un posto in quella rappresentazione.
Ammetto con vergogna di avere provato piacere per quell’opera un po’
pacchiana, ma in fondo tutti gli uomini posseggono una vanità da
alimentare. Come dicevo, gli anni in cui Balar rimase alla guida del
regno furono meravigliosi e densi di soddisfazioni per tutti. Io stesso
venni onorato con la qualifica di archivista capo del tabularium reale,
una carica di responsabilità, che mi permetteva di dedicarmi ai miei
studi storici essendo quotidianamente a contatto con una incomparabile
fonte di informazioni. Come, purtroppo, aveva vaticinato il Ladro
d’Anime, non sempre i figli si dimostrano all’altezza dei padri e il
figlio di Balar, una volta succeduto al suo illustre predecessore, fece
dimenticare quanto di buono il generale aveva fatto per il regno. Tutto
tornò come prima: tornarono le guerre, si affermarono consiglieri
protervi e ambiziosi, le tasse aumentarono… Ogni cosa, insomma, assunse
la sua triste normalità trasformando il breve periodo di governo di
Balar in una parentesi di felicità. Mi è stato insegnato a non
nascondere la verità, ma a professarla senza paura e non posso fare
altro che denunciare questo stato di cose. I nostri governanti
dovrebbero essere servi del popolo non tiranneggiarlo e sottometterlo al
loro arbitrio…

“Come può vedere, maestà, questo è un incitamento alla sedizione.” disse
un uomo di circa quarant’anni che sedeva a fianco del sovrano.
“Non ho intenzione di giustificarmi per quello che ho scritto, condanno
il fatto che un uomo per questo debba essere incatenato e sottoposto a
tortura, non c’è bisogno di estorcermi alcunché, ho scritto io quel brano.”
Il sovrano lo guardava con un severo cipiglio, sembrava volesse imitare
lo sguardo fiero del padre, ma era un atteggiamento che non gli riusciva
altrettanto bene.
“In considerazione dei passati servigi che hai prestato al regno, sono
disposto a ignorare le accuse che ti sono state mosse, ma questo scritto
verrà bruciato e tu dovrai pubblicamente rinnegare le parole che hai
espresso.” disse il re con voce stridula.
“No, non lo farò, non intendo negare la verità. Maestà, mi ascolti, è
ancora in tempo per cambiare. Cattivi consigli e cattivi consiglieri
guidano la sua mano, se ne liberi per il suo bene e per il bene dei suoi
sudditi.”
“Ora basta!” urlò il re.
Si alzò con passo malfermo e si diffuse nell’aria un forte odore di vino.
“Quest’uomo,” affermò aprendo teatralmente le braccia. “ha offeso mio
padre e me con i suoi stupidi scritti. Gli ho dato una possibilità per
redimersi, ma non ha accettato, l’avete sentito tutti. Se gli concedessi
l’esilio quest’uomo continuerebbe nella sua attività diffamatoria nei
miei confronti. Solo una punizione può essere inflitta, dunque…”
Si sedette e si servì abbondantemente da un’anfora posta al suo fianco.
“La morte!”
Alcune lacrime passarono sul viso dello sventurato, ma la voce di
Alassius non mostrò cedimenti quando si rivolse per l’ultima volta al
sovrano.
“È duro sentire questa punizione dal figlio di un uomo che ho ammirato e
servito fedelmente per anni. Accetto la pena e sia la storia a
giudicarci tutti.”
Una notte insonne accompagnò il condannato nella sue ultime ore di vita
e ben pochi vennero a fargli visita, tra questi uno strano mendicante
chiese di vederlo.
“C’è un vecchio cencioso che chiede di te.” disse un gendarme
rivolgendosi ad Alassius.
“Non so chi sia ma fallo entrare. Se devo morire voglio condividere i
miei ultimi istanti con qualcuno.”
Lo vide avvicinarsi dalle sbarre della cella, sembrava un vecchio
druido, la tonaca che indossava era consunta, ma riconoscibile. Il suo
viso era del tutto coperto da un cappuccio e quindi, se anche fosse
stata una persona a lui nota, non avrebbe potuto riconoscerla, tuttavia…
c’era qualcosa di familiare il quel vecchio, ma non avrebbe saputo dire
cosa, solo quando parlò ebbe un’illuminazione.
“Non sei più giovane, ma vedo che sei rimasto uno sciocco.” affermò il
nuovo venuto scuotendo il capo.
“Ora, raccogli i tuoi stracci, perché stiamo per andarcene.”
“No, non intendo seguirti, almeno non questa volta.” gli rispose Alassius.
“Stai per venire ucciso, lo capisci? Hai forse sviluppato manie
suicide?” insistette il nuovo venuto.
“Se adesso fuggissi,” disse Alassius. “sarò da tutti considerato
colpevole e vigliacco, non voglio che questo accada. La mia esecuzione
sarà, invece, da esempio per molti e forse in futuro…”
“Qualcun altro si farà uccidere come stai facendo tu. Ascoltami bene: è
inutile, ci saranno sempre tiranni, disonesti e delinquenti nel mondo.
Pensa a vivere, piuttosto.”
“Non posso, e non è solo per gli altri, ma come potrei conservare il
rispetto di me stesso se scappassi ora?”
Il Ladro d’Anime rimase assorto per qualche minuto, poi abbassò il
cappuccio mostrando ad Alassius il suo viso, che prima d’ora era sempre
rimasto celato.
“Non condivido quello che stai facendo, ma i veri uomini, quelli dotati
di ideali e convinzioni sincere, meritano di essere guardati negli
occhi. Muori, dunque, come preferisci.”
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