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La guerra dei morti - 22 Capitolo

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Ladro d'Anime

unread,
Dec 26, 2022, 9:38:02 AM12/26/22
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Nessuno sapeva bene cosa aspettarsi da quella giornata: il generale,
come al solito, si buttò nei suoi doveri ben conscio che se il mago non
fosse riuscito a prevalere i suoi sforzi sarebbero stati vani. Da parte
mia cercai anch'io di fare qualcosa che mi permettesse di non pensare a
quello che stava succedendo o potesse accadere. Il mettere mano ai miei
appunti non fu molto d'aiuto: le mie stesse parole rappresentavano un
monito e quasi una profezia di quello che sarebbe potuto essere il
nostro destino. Il senso di impotenza che provavamo in quei momenti era
terribile, soprattutto per un uomo austero e pratico come Balar che era
abituato a far fronte agli eventi e a risolverli con le proprie forze.
Adattarsi a quella situazione gli risultava particolarmente difficile,
ma tentò di farlo, per quanto possibile. Quello che ci rincuorava era
che in fondo, fino a ora, tutto era andato bene e un certo cauto
ottimismo ci animava.
A corte, intanto, Nicia non era rimasto inoperoso: rivoltando il palazzo
da capo a piedi era infine riuscito a trovare un vecchio e desueto
passaggio che gli avrebbe permesso di fuggire con rapidità, se le cose
si fossero messe in malo modo. Il passaggio si trovava in un'ala del
palazzo da tempo abbandonata e, grazie ad accurate ricerche negli
archivi, fu possibile trovare un'antica pianta che lo raffigurava con
chiarezza. Per somma sfortuna, questo accesso era così angusto da
permettere a stento e con il capo chino l’accesso di una sola persona, e
ciò avrebbe reso arduo il trasporto delle sue ricchezze, frutto di anni
di mala amministrazione e ruberie. La cosa, peraltro, avrebbe fatto
scoprire le sue intenzioni agli altri membri della corte oltre a
costargli la vita: le persone con incarichi di responsabilità, infatti,
non potevano certo meditare la fuga a fronte del sacrificio dei propri
sottoposti, anche perché l'unica persona che forse avrebbe avuto una
certa legittimazione a scappare sarebbe stata proprio il re, ed egli non
era incluso nei progetti dell'infido consigliere.
Sugli spalti facevano la guardia un insieme male assortito di soldati,
guardie civiche e popolani, con armamenti ed equipaggiamenti molto
variegati per qualità, efficacia ma soprattutto per età di adozione. Il
mago comparve di fronte a una di queste sentinelle che era in servizio
in un piccolo torrione sulle mura orientali. Stupefatta per quella
apparizione, la guardia rimase immobile per alcuni istanti ma poi,
riordinando le idee, protese la lunga lancia in avanti appoggiandosi al
contempo al grande scudo bronzeo di cui era dotato e riuscì a dire:
"Chi sei! Fatti riconoscere!"
"Sono il Ladro d'Anime, stupido. Togliti di mezzo!"
Non convinta la sentinella insistette.
"Potresti anche essere Remigio travestito: fatti riconoscere o ti infilzo!"
"Ragazzo mio, cosa dovrei fare per convincerti?" affermò il mago non
senza bonarietà.
"Dovrei forse trasformarti in un cane perché tu possa identificarmi?"
La guardia ci pensò su
"Abbassa quel cappuccio, in modo da rendere riconoscibile il tuo volto."
"Molto bene, ma toglimi una curiosità: hai mai visto Remigio prima d'ora?"
La sentinella non l'aveva mai fatto, ma non poteva certo fare la figura
dello stupido: "Muoviti, sto perdendo la pazienza!" continuò.
“Accidenti che paura, mi trema anche l'orlo della sottoveste.”
Ma fece come gli era stato ordinato.
Quando il tessuto del cappuccio cadde alle spalle del mago, il milite si
rese conto di aver commesso un terribile errore e un brivido
incontrollato si diffuse nel suo corpo senza che lui ne avesse il minimo
sentore: chi o che cosa aveva potuto ridurre così il volto del mago?
"Se adesso è tutto a posto io me ne andrei…" disse il Ladro d'Anime.
Ma la guardia non rispose, rimase ferma come se fosse pietrificata e
quando arrivò un suo compagno a dargli il cambio dovette scuoterlo con
forza perché tornasse in sé. Immediatamente si accorse che la sua
vescica aveva ceduto e il suo primo pensiero coerente fu una silenziosa
preghiera rivolta agli dei con la quale si augurava che gli concedessero
il dono dell'oblio, prima di morire.
Quando vidi il mago dirigersi verso di me, non potei trattenere un urlo
di pura esultanza e dimentico di tutto lo abbracciai con forza. Quando
mi resi conto di ciò che stavo facendo mi ricomposi, ma il mago non
sembrava affatto adirato, appariva piuttosto imbarazzato come se non
fosse più avvezzo a quelle manifestazioni di affetto. Egli, comunque,
non rifiutò il mio abbraccio e quando quel mio momento di esultanza fu
esaurito, lo tempestai di domande: dovevo sapere tutto, ogni avvenimento
e ogni più piccolo particolare. Venni allora a conoscenza della vera
ragione per cui ci aveva aiutato: egli sapeva che Remigio amava
circondarsi di antichi maestri defunti e sperava che quell'antico
druido, ora membro dell'entourage del negromante, gli fornisse le
risposte che da tempo stava cercando. Venni anche a conoscenza del suo
fallimento in questo progetto e il mago glissò elegantemente quando gli
chiesi in che modo avrebbe risolto il problema che lo affliggeva. Mi
disse semplicemente di impicciarmi degli affari miei e compresi che non
amava troppo soffermarsi sulle proprie debolezze (e allora mi auguro che
non si adiri leggendo questo scritto).
"E ora che hai intenzione di fare?" gli domandai infine.
"Che domande, ho intenzione di rivendicare la mia ricompensa: credo di
essermela ampiamente meritata."
"Ma, io credevo…" abbozzai.
"Tu credevi che io non avessi seriamente intenzione di farlo, non è
vero? Beh ti sei sbagliato: sappi che il Ladro d'Anime riscuote sempre i
suoi crediti e ottempera sempre ai suoi debiti. Ma ora vieni, andiamo in
cerca del generale."
Balar si trovava nel suo studio e quasi morì per l'emozione quando ci
vide entrare entrambi. Egli dimostrò la sua gioia in maniera più
misurata, ma trattene a stento le lacrime quando ci strinse
energicamente la mano, a tal punto che il Ladro d'Anime esclamò:
"Ehi generale, la mano mi serve” e accostò la destra al viso quasi
volesse fare una rassegna delle proprie dita.
Io e Balar ridemmo di gusto di fronte a quell’atteggiamento farsesco.
"Ora basta!" ci disse il Ladro d’Anime. "Dobbiamo avvertire il re del
successo e, cosa più importante, è tempo che io riscuota la mia ricompensa."
"Cosa hai intenzione di chiedere?" gli domandai incuriosito.
"Lo saprai al momento giusto, non ora."
Il Ladro d'Anime non volle che il suo ritorno fosse segreto.
"Anche il popolo ha il diritto di gioire." ci disse.
Percorremmo, quindi, le strade della città avvolti dall'entusiasmo
popolare. Vino e birra scorrevano liberamente e per una volta anche i
tavernieri più taccagni si abbandonarono con generosità offrendo gratis
cibo e bevande. Forse i festeggiamenti sarebbero stati più frenetici se
le ristrettezze dell’assedio non avessero ridotto di molto le scorte, ma
che in quei momenti si godesse di una simile abbondanza è un'ulteriore
prova della natura arraffona dei commercianti in tempo di magra. Non
solo i tavernieri concorsero a rendere memorabili quei festeggiamenti:
tutti i venditori di generi alimentari, da quelli che fornivano cibo
dozzinale e a buon mercato per finire con i fornai, contribuirono
generosamente alle gozzoviglie. Chi aveva qualcosa da offrire, lo faceva
spontaneamente e con gioia, e lo stesso mago ebbe un parziale cedimento
di fronte alle offerte di una procace prostituta.
"Muoviamoci, prima che me ne possa pentire." ammise.
A palazzo trovammo alcuni eunuchi ad attenderci, ci avrebbero scortato
alla presenza di sua maestà, dissero. In realtà a loro si accodò anche
una squadra di guardie reali, cosa che non piacque né a me né al
generale, il quale ad alta voce arrivò a subodorare una qualche
macchinazione da parte di "quel maledetto consigliere".
Non c'erano possibilità di fraintendimenti e tutti noi compresi gli
eunuchi e le guardie comprendemmo bene a chi si riferisse, ma il mago
continuava a mostrarsi assolutamente tranquillo arrivando quasi a
rimproverare il generale "che si guardava attorno quasi si attendesse
degli assassini dietro le tende", né, peraltro, si mostrarono offesi i
nostri accompagnatori per quelle considerazioni poco lusinghiere nei
riguardi di chi era, in effetti, l'uomo più potente del regno.
Giungemmo, infine, sulla soglia della sala del trono e, come
d'abitudine, gli eunuchi ci presentarono al re.
Qui, a differenza del resto della città, si respirava tensione, non
gioia. Solo il venerando Abelardo ebbe un gesto amichevole nei nostri
confronti mostrando alto il pollice in segno di vittoria: la senilità,
probabilmente, e le ultime tensioni gli avevano fatto completamente
perdere il senso della realtà. Sembrava, infatti, il solo a non essersi
accorto dell'atmosfera pesante che aleggiava in quella sala.
“Molto bene, Ladro d'Anime,” esordì il re. “io e il popolo di Milasia ti
siamo grati per quello che hai fatto: sono pronto ad ascoltare le tue
richieste e se saranno ragionevoli sarò ben felice di accoglierle.”
“E se non lo saranno? Ti ricordo che non abbiamo inserito questa
clausola nel nostro accordo.”
“Se non lo saranno...” affermò imperturbabile il sovrano. “Ho uomini
sufficienti per riportarti alla ragione: non sto parlando soltanto di
maghi, ma anche di soldati, non è così generale?”
“È così.” affermò Balar a denti stretti.
“Sei uno stolto se credi di intimorirmi, o potente sovrano!” affermò con
scherno il Ladro d'Anime.
“I tuoi maghi si sono dimostrati incapaci di affrontare Remigio, credi
davvero che possano qualcosa contro di me, colui che l'ha sconfitto?"
Temevo che mi sarei presto trovato al centro di una battaglia e con
discrezione mi avvicinai a una colonna che sarebbe stata per me un buon
rifugio.
"Non preoccuparti, non ho debiti nei confronti tuoi e del tuo regno:
paradossalmente, dopo il servizio che ti ho reso, possiamo considerarci
in parità dal momento che le guerre che in questi anni hai scatenato
hanno contribuito al mio mantenimento. Dunque, no, non ho debiti verso
di te.”
Un'ondata di sollievo percorse la sala
“Tuttavia…”
“Tuttavia in questi anni sono morte innumerevoli persone a causa degli
sciocchi conflitti che sono avvenuti. I tuoi avversari hanno pagato un
prezzo salatissimo per le loro intemperanze e avrei potuto facilmente
abbandonare anche voi al medesimo destino: ma insieme ai responsabili
avrebbero pagato fin troppi innocenti. Ed è proprio a questi innocenti
che io e te dobbiamo rendere conto: io ho estinto il mio debito nei loro
confronti impedendo la distruzione di Milasia e tu cosa farai? Come
farai a saziare la loro sete di vendetta e giustizia?”
Pronunciate queste parole la sala divenne buia e tutto attorno a noi
percepimmo la presenza di una miriade di visi umani, alcuni, come il
generale Galdor, erano ben identificabili e portavano con chiarezza le
stigmate della morte, altri, molti altri, non li conoscevo. Erano
migliaia, ma che dico, decine di migliaia e dalle loro bocche uscivano
grida di odio e vendetta.
“Non potranno avere pace, o re, se non darai loro soddisfazione…”
Il re non sapeva che fare: iniziò a sudare copiosamente e fu sconvolto
da un incontrollabile tremore. Infine un malore lo colse portandolo
istantaneamente alla morte anche se, purtroppo, non fu il solo: nemmeno
l'anziano cuore del vecchio Abelardo seppe reggere a quelle emozioni, ma
la giustizia richiede spesso sacrifici pesanti e l'anziano consigliere
non era certo il primo a sacrificarsi per essa come non sarebbe certo
stato l'ultimo.
Nessuno di noi poté fare nulla per salvarli. Tutto era avvenuto in
maniera così improvvisa che rimanemmo letteralmente pietrificati per la
sorpresa.
“Vieni fuori, essere strisciante!” affermò infine il mago, e un tremante
Nicia uscì suo malgrado dal proprio rifugio, uno dei gradi scranni del
consiglio sotto il quale si era nascosto.
“Il tuo re ha almeno mostrato rimorso per quello che ha fatto: è stato
il rimorso e non io a ucciderlo, ma vedo che tu, cane scodinzolante, non
mostri nemmeno questo.”
“Ti prego.” mugolò. “Non uccidermi”.
“Povero sciocco, sarà come tu chiedi, ma non avrai affatto da gioirne!”
e tendendo la mano fece scaturire un flusso oscuro che trasformò il
consigliere in quello che forse era sempre stato: un animale infido
senza un briciolo di dignità.
Balar di fronte a tutto questo cercò di reagire mettendo mano alla
spada: fu un gesto inconsapevole e privo di malizia, frutto del suo
addestramento militare anche se il mago, evidentemente lo fraintese
perché disse:
“Non fare lo stupido, se ricordi bene ci hai già provato inutilmente una
volta.”
Balar lo guardò stupito, ma obbedì.
“Bene, disse il Ladro d’Anime, ti affido questa città e il suo popolo,
governalo con saggezza e soprattutto in pace.”
Poi, voltandosi verso di me mi disse:
“Abbandona la retorica e cerca la verità. Bada, però, che i potenti
spesso non amano i discorsi franchi e sinceri, ma prediligono la falsità
e l'adulazione.”
Nicia nel suo nuovo stato canino tremava incontrollabilmente e giaceva
carponi a terra. Con un energico calcio il mago lo costrinse ad alzarsi.
“Vieni, una nuova vita ti aspetta e sarà, te lo assicuro, un'esistenza
grama e piena di sofferenze.” accompagnando quelle parole con una risata
carica di sadismo.
Il mago stava ormai per uscire dalla sala quando il generale lo salutò
dicendo:
“Se tornerai in questa città, sarò ben lieto di ospitarti: ci hai
salvato da un pericolo terribile e quali che siano le ragioni che ti
hanno spinto a farlo, noi te ne saremo grati per sempre.”
“Sempre è una parola molto impegnativa: riguarda anche i tuoi
discendenti, ma meglio di no.”
E di fronte alla confusione del generale aggiunse.
“Sai bene quali sono i luoghi che mi vedono, mio malgrado, spettatore e
protagonista, se ci dovessimo rincontrare ti troveresti di nuovo
coinvolto in una guerra e davvero quello che vuoi?”
E senza aspettare una risposta uscì dalla sala e scomparve.
Non vedemmo mai più il Ladro d'Anime, ma sentimmo ancora parlare di lui:
del suo truce e sadico umorismo e del suo perverso senso di giustizia.
Per quanto mi riguarda non so se gli ho reso un buon servizio scrivendo
questa storia. Il mio stile è forse troppo scolastico e pedante, ma ho
cercato in ogni maniera di perseguire la verità nel mio resoconto. Un
precetto, quello della verità, che ho trasformato in un comandamento di
vita.
ALASSIUS
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