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La guerra dei morti - 16 Capitolo

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Ladro d'Anime

unread,
Nov 22, 2022, 4:31:25 PM11/22/22
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L’Armigero, superata la sorpresa, con gesti bruschi ordinò ai suoi
sottoposti di attaccare ed essi, snudando le armi, circondarono il mago
preparandosi allo scontro.
“Fatevi da parte voi” minacciò il Ladro d’Anime.
“Il mio obbiettivo è sempre stato Remigio, non ho tempo da perdere in
stupidi duelli con i suoi servi.”
Quell’avvertimento non ebbe un effetto e anzi fece montare a dismisura
la loro rabbia, a tal punto che in maniera disordinata gli si gettarono
contro, ma quando le loro lame sfiorarono il corpo del mago si
trasformaono in polvere dissolvendosi come la sabbia della battigia a
contatto con le onde.
“Basta con queste scempiaggini!” disse il mago. “Le vostre capacità sono
troppo modeste per procurarmi danno.”
I guerrieri erano, probabilmente, ben consci della loro inferiorità,
tuttavia erano anche soldati e come tali avevano dei doveri nei
confronti del loro comandate, doveri che evidentemente andavano al di là
della vita stessa. Con rinnovato vigore, dunque, si scagliarono contro
di lui generando una scaramuccia che restituì in breve alla morte i loro
cadaveri.
“Il mio avvertimento valeva anche per te.” disse il mago rivolgendosi
all’Armigero.
“Che vuoi che me ne importi: in fondo sono già morto. Se soccombo so
bene che non mi aspettano i campi Elisi nell’aldilà, in caso contrario
sono in egual modo condannato a un periodo indefinito di umiliante
schiavitù.”
Messe da parte le parole, entrambi si prepararono alla battaglia. Il
Ladro d’Anime, nonostante la sicurezza che aveva mostrato, non
sottovalutava il suo avversario che era indubbiamente di ben altro
stampo rispetto ai suoi sottoposti. Ciò che lo incuriosiva maggiormente
era la corazza del suo avversario: i cadaveri ambulanti che aveva
affrontato prima sfoggiavano, infatti, vesti lacere e armature consunte;
la sua, invece, era all’apparenza nuovissima, senza quelle inevitabili
ammaccature e sfregi che avrebbero dovuto testimoniarne un uso passato.
“Noto che Remigio ti ha fornito di un nuovo gingillo: chissà se questa
armatura è a prova di frecce.” Con un gesto della mano fece comparire
dal nulla decine di dardi piumati e quadrelli da balestra che, una volta
assunta consistenza, si lanciarono con violenza contro di lui. Nessuno
di quei proiettili, però, riuscì in qualche modo a scalfire la sua corazza.
“Nulla è in grado di nuocermi: questa armatura è refrattaria anche alla
magia.”
“Mi scuserai se non mi fido della tua parola.” E dalle sue dita eruppe
un lampo di energia che, però, si infranse anch’esso senza esito sul
metallo della sua protezione.
Se un attacco diretto non aveva effetto su di lui, pensò, la magia
poteva comunque essere in grado di nuocere con i suoi effetti secondari,
ed evocando un furioso vortice di vento strappò dal terreno numerosi
ciottoli e pietre. Tutto quel pietrame, dopo aver circuitato a lungo
acquistò velocità trasformandosi in una pioggia letale.
L’idea del mago era corretta, e forse l’impatto violento delle pietre
sul metallo avrebbe potuto generare, in un uomo comune, un grave trauma
e perfino la morte, ma l’Armigero, oltre a non essere un uomo comune,
non era nemmeno vivo e le pietre rappresentarono per lui più un impaccio
che una seria minaccia.
“Hai fatto la tua mossa, mago, ora tocca a me.” Detto questo aprì le
braccia e facendo materializzare nelle sue mani una nuova lama colpì con
tutta la sua forza il terreno sottostante, che, per effetto del colpo,
tremò come se fosse scosso da un sisma.
Il mago non si aspettava quella mossa e venne sbalzato a terra con
violenza, apparentemente incapace di riprendere la lotta. L’Armigero gli
fu subito sopra e prima di infliggergli il colpo finale affermò esultante:
“Quando incontrerai il Re degli Inferi dì pure che ti mando io.”
Ma appena la sua ascia colpì il mago non trovò né stoffa e né carni
sulla sua strada, ma uno sciame di insetti scuri e indefinibili che
persero coesione, a contatto con la lama e gli si scagliarono contro
insinuandosi all’interno della sua invulnerabile armatura e facendosi
largo tra le sue vesti. Con gesti convulsi egli cercò di allontanarli,
ma erano troppo numerosi e la pesante armatura rendeva i suoi movimenti
particolarmente goffi. Come se si stesse assopendo, percepì la sua anima
scivolare via sull’onda delle centinaia di punture che stava ricevendo e
prima di abbandonare del tutto questo piano dell’esistenza sentì da
lontano una voce beffarda affermare.
“La prossima volta, al posto dell’armatura, avresti dovuto utilizzare
una zanzariera.”
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