Google Groups no longer supports new Usenet posts or subscriptions. Historical content remains viewable.
Dismiss

La guerra dei morti - Prologo

40 views
Skip to first unread message

Ladro d'Anime

unread,
Nov 4, 2022, 6:02:26 PM11/4/22
to
Posto questo racconto, apparso qui una vita fa, in ricordo dei vecchi
tempi: l'avevo in passato leggermente revisionato, ma necessiterebbe di
nuove e radicali modifiche. Scusatemi, dunque, per gli errori e i refusi
presenti.



Prologo
Il mio nome è Alassius e sono il narratore di questa vicenda. Ho
intrapreso quest’arduo compito nel timore che gli avvenimenti di cui
stato stato testimone fossero dimenticati, un male che colpisce
immancabile la memoria umana, ma che la pergamena o il papiro permette
di mitigare. Mi auguro che abili copisti possano, dunque, contribuire a
perpetuarla.
Nel nostro tumultuoso mondo, sono numerosi coloro che possono affermare
di aver combattuto almeno una volta nella loro vita, ma ben pochi sono
stati testimoni di una battaglia senza avervi preso parte alcuna. Non
sto parlando del codazzo di mercanti e prostitute che segue di solito
gli eserciti, ma di un mago, forse il più potente che sia mai visto. Fra
coloro che avevano sentito parlare di lui, nessuno riusciva a spiegarsi
perché frequentasse i campi di battaglia: alcuni sostenevano che amasse
gli spettacoli cruenti e lo scorrere del sangue; altri, invece,
credevano che fosse una sorta di messaggero della morte e gli avevano
affibbiato l’inquietante nome di “Ladro d’Anime”. Ben pochi avevano
comunque avuto la possibilità di scorgerlo o addirittura di incontrarlo
da vicino; per questa ragione le voci sul suo conto sfociavano spesso
nel romanzesco, venendogli attribuiti, di volta in volta, i più turpi
misfatti e le azioni più incredibili. Non esistevano, d’altra parte,
nemmeno versioni concordi riguardo il suo aspetto e le uniche
indicazioni più o meno coerenti riguardavano la sua tunica, che veniva
descritta come simile a quella indossata dai druidi anche se priva delle
rune di cui questi ultimi si fregiavano.

Egli, dunque, come tante altre volte, attendeva con impazienza che lo
scontro avesse inizio, ma, come tutte le attività umane, anche la guerra
aveva le sue imprescindibili regole da seguire. I preliminari dello
scontro furono in quella occasione insolitamente lunghi: i contendenti
appartenevano, infatti, a popoli antichi e orgogliosi delle loro
tradizioni. Gli eserciti si schierarono l’uno di fronte all’altro con
esasperante lentezza, reggimento dopo reggimento. I due generali erano
soldati esperti, giacché disposero le proprie truppe cercando di godere
di un vantaggio sull’altro: chi si preoccupò di occupare una posizione
leggermente sopraelevata, chi, invece, posizionò il proprio schieramento
con il sole alle spalle.
Conclusi questi preparativi giunse il momento dell’arringa. Il mago non
poté trattenere un sorriso di disprezzo: entrambi i condottieri
avrebbero usato parole come onore, gloria o forse avrebbero fatto
appello all’avidità dei propri uomini evocando ricchezze e saccheggi.
Era in questa occasione che si poteva distinguere i veterani dalle nuove
leve: gli sguardi dei soldati più giovani erano ancora in grado di
illuminarsi di fronte a simili promesse, mentre i più anziani erano
ormai insensibili a esse. L’esperienza aveva loro amaramente insegnato
che non c’era gloria od onore in una battaglia, ma solo sangue e morte.
Nemmeno la prospettiva del saccheggio riusciva più a stimolarli:
sapevano bene che non sarebbe toccato a loro la parte migliore del
bottino, ma a nobili e ufficiali.
All’improvviso tutto tacque, e una calma irreale si sostituì
all’illusoria euforia di quei vuoti discorsi.
Finalmente era giunto il momento…
Nei due gli schieramenti il suono delle trombe annunciò l’inizio dello
scontro e gli eserciti si avventarono violentemente l’uno contro l’altro
con un moto lento, coordinato dalla rigidità di schematismi appresi con
fatica e dedizione in sede di addestramento. Ben presto anche
quell’incantesimo, quella parvenza di ordine si infranse e lo scenario
divenne confuso: fanti e cavalieri frammischiati in quella bolgia erano
ormai un tutt’uno e quasi non era possibile distinguere le peculiarità
delle casacche e delle armature. Dall’alto il mago osservava lo
spettacolo con distacco, sembrava non preoccuparsi dell’andamento degli
eventi. Le sorti dello scontro rimasero a lungo incerte, infine un
reparto di cavalleria, tenuto sapientemente di riserva, riuscì ad
aggirare l’esercito avversario e a metterlo in fuga. Nel caos generale
molti si sbandarono e vennero uccisi, ma alcuni reggimenti rimasero
miracolosamente intatti. Uno di questi attirò l’attenzione del mago:
coloro che lo componevano non apparivano affatto sconfitti, anzi,
conservavano ancora la parvenza di soldati nonostante le vesti lacere e
le ferite riportate nella recente battaglia. Li guidava un giovane
ufficiale, forse un subalterno, succeduto al vero comandante morto nello
scontro. Dopo averli osservati allontanarsi per qualche minuto il mago
scomparve.
Come un fantasma, egli seguì quel reggimento di fuggiaschi senza destare
in loro alcun sospetto, cosa che nella precaria situazione morale in cui
si trovavano avrebbe creato soltanto panico. Anche per questa ragione,
quando ormai lontani dalla furia del nemico essi si accamparono per
riposare e per fare riprendere fiato ai cavalli, si presentò allo
sparuto gruppo di sentinelle camminando tranquillo e non comparendo
all’improvviso in mezzo a loro come avrebbe potuto fare.
“Portatemi dal vostro capo.” disse soltanto, e quella scarna richiesta
bastò a dissuaderli da ogni atto ostile. Il mago confabulò con
l’ufficiale in maniera spiccia, poi, com’era giunto, si allontanò
scomparendo alla loro vista.
All’imbrunire nel campo di battaglia tutto era ormai finito e gli ultimi
focolai di resistenza erano stati debellati. La pianura traboccava di
cadaveri che nessuno si era ancora degnato di seppellire e fu proprio
allora che il mago fece la sua apparizione. Avanzava con lentezza, senza
preoccuparsi del terribile spettacolo di morte che lo circondava.
Sembrava, anzi, trarre forza da esso, perché dal suo corpo cominciò a
levarsi un’impressionante aura oscura. Nonostante questo, nessuno parve
accorgersi di lui: il campo di battaglia era, infatti, preda della
frenesia dei ghoul e di altri divoratori di carogne che avevano
trasformato quel funereo contesto nel teatro di un orrido festino.
All’interno dell’accampamento dei vincitori risuonavano, invece, canti e
grida di festa. Il vino scorreva in abbondanza e ormai anche le
sentinelle, solitamente all’erta e pronte a tutto, barcollavano stordite
dall’alcool. Il nemico non incuteva più alcun timore e molti già
presagivano un lungo periodo di pace e il ritorno a casa. Ciascun
soldato, in quel momento di euforia, aveva la sua storia da raccontare e
i suoi sogni da realizzare. I contadini pensavano al prossimo raccolto,
che si auguravano ricco e fecondo, gli artigiani vantavano le loro
qualità professionali e anche i detenuti, arruolati a forza per la
battaglia, erano pieni di buoni propositi per il futuro che con ogni
probabilità avrebbero dimenticato alla prima occasione.
Il mago passò in mezzo a loro senza essere visto né sentito, ascoltando
frammenti di queste storie pur non soffermandosi mai troppo. Solo una
volta giunto al di fuori dell’accampamento si volse come in attesa di
qualcosa. Proprio in quel momento una serie di incendi scoppiò ai
margini del campo tramutando tutte le manifestazioni di gioia in urla di
disperazione e terrore. Era in corso un attacco, ma chi mai poteva
essere il nemico? Si chiedevano sgomenti i pochi ancora sobri dopo i
bagordi appena interrotti. Alcuni riuscirono a imbracciare le armi, ma
resi lenti e malfermi dai fumi del vino vennero in breve tempo
eliminati. Altri vennero addirittura uccisi nel sonno, trafitti dalle
spade o bruciati dagli incendi. Un giovane ufficiale, lo stesso che
aveva guidato alla salvezza il reggimento di fuggiaschi, comandava gli
assalitori e urlando a squarciagola li incitava a non avere pietà.
L’ecatombe sembrava non avere mai fine: il numero degli attaccanti era
relativamente esiguo, ma nel caos che si era creato nessuno se ne
accorse. Il destino era stato davvero crudele con coloro che si
ritenevano vincitori, catapultandoli dalla vetta del trionfo al baratro
di una rovinosa sconfitta.
Lo sguardo del mago rimase indecifrabile: forse anch’egli era
rattristato dalla loro sorte o forse aveva visto troppe volte scene del
genere per poter provare qualcosa. Quando tutto ebbe fine e del campo
non rimasero che macerie fumanti, egli si allontanò. Dal suo corpo,
ancora una volta, si levò un alone di oscurità che, in breve tempo
ricoprì la sua figura. Sarebbe andato per la sua strada, ma un
forsennato scalpiccio di zoccoli destò la sua attenzione: qualcuno lo
stava seguendo.
La cosa lo incuriosì: nessuno avrebbe dovuto percepire la sua presenza,
dal momento che si celava dietro a una fitta rete di incantesimi; ma poi
si ricordò di essersene liberato dopo la distruzione del campo. Attese,
dunque, che l’inaspettato inseguitore gli fosse innanzi e riconobbe in
lui l’uomo che aveva guidato il recente attacco all’accampamento.
Quest’ultimo procedeva al galoppo e in breve tempo lo raggiunse facendo
impennare in maniera spettacolare il suo cavallo.
“Mi stavi cercando, per caso?” domandò il Ladro d’Anime, per nulla
intimorito da quella smargiassata.
Con fare sprezzante, il nuovo venuto rimase in sella: era evidente che
non nutriva affatto simpatia per il mago, ma quando gli rivolse la
parola, si sforzò di essere cortese:
“Ti ringrazio per l’aiuto, il mio re saprà ben ricompensarti per quello
che hai fatto.”
“Non ce n’è bisogno,” gli rispose lui. “Io non ho fatto nulla in fondo.”
La risposta lasciò interdetto l’ufficiale: non si sarebbe mai aspettato
che quel mago, in genere così arrogante e pieno di sé, ostentasse della
falsa modestia.
“Cosa vuoi dire?” gli domandò. “Non è forse grazie al tuo intervento se
l’attacco è risultato così inaspettato?”
“Niente affatto!” gli rispose con voce divertita. “Io mi sono limitato a
incoraggiare un poco te e i tuoi uomini, ma il merito della vittoria è
soltanto vostro.” e notando la sua espressione sorpresa continuò:
“Vedi, spesso la forza di una convinzione è più potente di tutte le
magie. Tu e i tuoi soldati non avreste mai attaccato un esercito così
superiore al vostro senza la sicurezza di un aiuto soprannaturale, e io
non amo adoperare invano i miei poteri.”
L’atteggiamento insolente del mago infastidì oltremodo l’ufficiale, che
non amava essere oggetto di scherno, ma trattenne i suoi istinti: come
avrebbe voluto rivolgere la spada contro di lui…
“Cosa sarebbe successo se i miei nemici fossero stati all’erta e
avessero sventato l’attacco? Tu saresti intervenuto in nostro aiuto?”
Il mago non rispose: si limitò a incrociare le braccia e a fissare
silenziosamente il suo interlocutore. L’ufficiale avrebbe scommesso che
dietro quel cappuccio, che copriva completamente le fattezze del mago,
si nascondesse un sorriso.
Di fronte a quella reazione qualcosa si ruppe dentro di lui: il ricordo
di tanti uomini, di tanti amici che non avrebbe rivisto mai più
riempirono i suoi occhi di lacrime. In preda all’ira perse ogni
cognizione della realtà e snudando la spada sferrò un violento fendente
contro il mago, come se fosse lui la sola causa di tutto quel dolore.
Prima, però, che la lama potesse incontrare la carne del Ladro d’Anime,
il metallo gli si sfaldò letteralmente fra le mani.
“Un gesto davvero coraggioso,” lo canzonò. “Ora cerchi di uccidere un
uomo disarmato?”
“Taci, le persone della tua risma non sono in grado di combattere
onorevolmente, con il nudo acciaio. Voi maghi siete la feccia della
società: con le vostre arti vi prendete gioco degli uomini, li
sfruttate, li schiavizzate. Chi esercita la magia non si può certo
definire un vero uomo.”
“Ma guarda…” gli rispose lui sbuffando di disprezzo. “E che mi dici di
te, invece? Dopo aver ucciso una massa di ubriachi hai forse una qualche
ragione di tirare in ballo l’onore?”
Imbarazzato l’ufficiale tacque, ma questa volta, in maniera del tutto
inaspettata, fu il mago a perdere la calma.
“Uomini come te usano spesso parole roboanti, piene di nobili
sentimenti. Ma i fatti sono spesso incrostati di fango e di sangue.
Guardati attorno: quanta povera gente è morta per soddisfare le brame
del tuo re? Quanti sogni sono stati infranti da questa battaglia? Riesci
a scorgere un briciolo di onore e di giustizia in tutto questo? Ho visto
uomini commettere i crimini più innominabili, in nome di astrazioni come
patria, divinità o quant’altro. Persone della mia risma, per usare le
tue parole, non si nascondono dietro l’ipocrisia di simili termini per
giustificare le proprie azioni.”
“Cosa vuoi dire?” gli chiese l’ufficiale. Quelle parole uscirono
spontanee dalla sua bocca, ma una strana considerazione mista a simpatia
erano iniziate ad affiorare in lui: eppure era un personaggio così bislacco…
“Non lo capisci da solo?” gli domandò. “Non mi pare che tu abbia molta
esperienza di guerra, è forse così che ti aspettavi una battaglia? Hai
mai udito ballate descrivere quello che è successo oggi? Guarda tutti
questi morti! Sai dirmi chi erano gli eroi e i furfanti? I buoni e i
cattivi?”
L’ufficiale rimase senza parole: nulla di ciò che gli era stato
insegnato lo aveva preparato a una simile esperienza. Era abituato a
tornei e giostre e aveva pensato che la guerra fosse un altro modo per
dimostrare la propria abilità, ma si sbagliava. Molti dei suoi amici,
cresciuti insieme a lui con le sue stesse illusioni erano morti e lui
stesso era consapevole di non essere più lo stesso uomo di prima.
Notando lo sguardo pensoso del giovane il mago riprese:
“Vedo che inizi a capire,” e poi, con un tono quasi paternalistico,
aggiunse:
“Ora credo sia meglio che tu ritorni presso i tuoi uomini . Vorranno
acclamarti come meriti, anche se temo che dopo le mie parole non ti
godrai più tanto questi festeggiamenti.”
L’ufficiale stava già per andarsene, ma poi ebbe un ripensamento, si
volse ancora una volta e guardò il mago in maniera decisa.
“Rispondi alla mia domanda, che cosa ti spinge a frequentare i campi di
battaglia, quali sono i tuoi scopi? Dalle tue parole mi pare di capire
che odi la guerra e allora perché mai ti limiti ad assistere alle lotte
degli uomini?”
“Tu mi sopravvaluti: cosa dovrei fare, secondo te, entrare in campo e
dividere i contendenti? La guerra, non importa le ragioni dalle quali
scaturisce, è il passatempo preferito dei mortali da secoli. Invano
profeti e sovrani illuminati hanno cercato di sradicare questa disumana
pratica, cosa potrei fare io?”
“Questa non è una risposta soddisfacente.” gli disse l’ufficiale.
“Cercane una tu, allora: le voci sul mio conto sono già innumerevoli.
Nuove assurdità non faranno certo la differenza.”
Vedendo l’espressione delusa dell’ufficiale il mago aggiunse:
“Suvvia! Tutti i maghi hanno i loro segreti: se venissero meno
perderebbero quell’alone di mistero che li contraddistingue.”
Detto questo il Ladro d’Anime gli diede le spalle e come bruma scomparve
nell’oscurità.
L’ufficiale rimase interdetto da quell’uscita di scena: molte, troppe
domande si affollavano nella sua mente, ma per ora avrebbero dovuto
rimanere in sospeso.

Salkaner il Nero

unread,
Nov 22, 2022, 4:54:05 PM11/22/22
to
Il 04/11/2022 23:02, Ladro d'Anime ha scritto:
> Posto questo racconto, apparso qui una vita fa, in ricordo dei vecchi
> tempi: l'avevo in passato leggermente revisionato, ma necessiterebbe di
> nuove e radicali modifiche. Scusatemi, dunque, per gli errori e i refusi
> presenti.
>

Bentrovato!

--
/ Salkaner il Nero
\/\
/ http://alearum.altervista.org

Ladro d'Anime

unread,
Nov 23, 2022, 5:23:30 PM11/23/22
to
> Bentrovato!
>

Ciao, vedo che resisti: magari metterò qui anche qualche recensione di
romanzi fantasy e legati al fantastico che leggerò: spero di abbandonare
le discussioni politiche e occuparmi d'altro

0 new messages